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Recercare

XVI 2004
Recercare
rivista per lo studio e la pratica Sommari in inglese / English summaries
della musica antica Susan Scott
journal for the study and practice of early music
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organo della / journal of the Paola Borriero
Fondazione Italiana per la Musica Antica
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RECERCARE XVI 2004

Brian E. Power
The Swiss connection.
Manuscript transmission and the introits of Trent Codex 93
7

Bettina Hoffmann
Dal concerto alto al concerto basso:
accordature delle viole da gamba nellItalia del Cinquecento
23

Patrizio Barbieri
Music printers and booksellers in Rome (15831600)
With new documents on Coattino, Diani, Donangeli,
Tornieri, and Franzini
69

Paolo Gozza
Anche i megafoni hanno unanima:
la Tromba parlante (1678) di Geminiano Montanari
113

Huub van der Linden


Benedetto Pamphilj as librettist: Mary Magdalen
and the harmony of the spheres
in Handels Il trionfo del Tempo del Disinganno
133

Diana Blichmann
Ariette teatrali in den venezianischen Ospedali?
Versuch einer nheren Bestimmung der Solomotetten
in der Zeit Antonio Vivaldis
163
Peter Williams
Remarks on the text of Domenico Scarlattis sonatas
215

Comunicazioni

Biancamaria Brumana
Mecenatismo musicale dei Cesi:
madrigali di Dragoni per Federico Cesi e Olimpia Orsini
241

Elena Biggi Parodi


Preliminary observations on the Ballo primo
of Europa riconosciuta by Antonio Salieri:
Milan, La Scala Theatre, 1778
263

Libri e musica
303

Recensioni: ROBERT L. KENDRICK, The sounds of Milan, 15851650 (Davide Daolmi). Sche-
de: VINCENZO RUFFO ANDREA FESTA, Completorium cum quinque vocibus. Otto salmi e un cantico
a cinque voci per lora di compieta, a c. di M. Tarrini (am). GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA,
Motecta festorum totius anni cum communi sanctorum quaternis vocibus, a c. di D. V. Filippi (am).
Chromatic and enharmonic music and musical instruments in the 16th and 17th centuries (Schwei-
zer Jahrbuch fr Musikwissenschaft) (Stefano Lorenzetti). SIGISMONDO DINDIA, Mottetti con-
certati a due, tre, quattro, cinque e sei voci. Novi concentus ecclesiastici e Liber secundus sacrorum
concentuum (1610), a c. di G. Collisani (am). Tullio Cima, Domenico Massenzio e la musica del
loro tempo, atti del convegno, a c. di F. Carboni, V. De Lucca, A. Ziino (Renzo Ernesto Ca-
merini). OSVALDO GAMBASSI LUCA BANDINI, Vita musicale nella cattedrale di Forl tra XV e XIX
secolo (Silvia Gaddini). Larchivio musicale della basilica di San Giovanni in Laterano. Catalogo
dei manoscritti e delle edizioni (secc. XVIXX), a c. di G. Rostirolla (am). Rifiorir dantichi suoni.
Tre secoli di pianoforti, a c. di Alain Roudier, Bruno Di Lenna (Patrizio Barbieri). Piano. An
encyclopedia. Second edition, a c. di Robert Palmieri (Patrizio Barbieri).

Note per gli autori / Directions to contributors


321
Bettina Hoffmann

Dal concerto alto al concerto basso:


accordature delle viole da gamba nellItalia del Cinquecento

La viola da gamba pu a buon diritto vantarsi dessere uno degli gli strumenti
favoriti dai trattatisti italiani del Rinascimento. Ben nutrita infatti la msse di te-
stimonianze che ne descrivono i modi di accordare le varie taglie, spesso contrad-
distinte da un amore per il dettaglio che pecca pi per prolissit che per reticenza.
Riscontriamo poi, anche tra scrittori cronologicamente e geograficamente distanti,
unampia, quasi univoca concordanza su alcuni aspetti importanti: che il numero
delle corde sia sei; che gli intervalli tra le corde siano identici a quelli del liuto,
ossia quarta-quarta-terza-quarta-quarta; che le taglie della viola siano non pi di
tre, bastando unidentica accordatura per contralto e tenore. Non meno diffusa
infine una certa tolleranza sugli intervalli che possono correre tra queste tre taglie:
basso e tenore/contralto possono distare una quarta o una quinta; lo stesso vale tra
tenore/contralto e soprano; normalmente, basso e soprano risultano quindi accor-
dati allottava, ma anche la distanza di settima o nona viene proposta come alterna-
tiva.
Fin qui, il quadro appare chiaro e di agevole interpretazione. Eppure, quando
interroghiamo i testimoni circa le altezze assolute delle accordature, ci troviamo di
fronte ad un conflitto palese e radicale: alcune fonti prescrivono che il basso della
viola da gamba sia accordato in Re1, il tenore in Sol1 o La1, il soprano in Re2;1 altre
fonti che il basso sia in Sol0 o La0, il tenore in Re1, il soprano in Sol1 o La1. Sotto la
stessa denominazione vengono a trovarsi quindi unaccordatura alta e una bassa, e
di conseguenza per ineluttabile necessit acustica e costruttiva strumenti di
dimensioni notevolmente diverse. In altre parole, lo strumento con la stessa accor-
datura in Re1 pu essere chiamato basso in un trattato, tenore in un altro; lo
strumento in La1 chiamato ora tenore, ora soprano. In tempi odierni si sono date
varie spiegazioni a questa vistosa discrepanza: alcuni ipotizzano che la viola da gamba

1 Per snellire lesposizione indicher le accordature delle viole da gamba solo col nome della

corda pi bassa, laddove gli intervalli tra le corde seguano lo schema regolare quarta-quarta-terza-
quarta-quarta. Per viola da gamba in Re1 si intenda quindi lo strumento accordato Re1-Sol1-Do2-
Mi2-La2-Re3; la viola da gamba in La1 accordata La1-Re2-Sol2-Si2-Mi3-La3; la viola in Sol1 ac-
cordata Sol1-Do2-Fa2-La2-Re3-Sol3, etc. Le corde saranno sempre indicate con i consueti numeri
romani, contando dallacuto verso il grave, indipendentemente dal procedimento degli autori presi
in esame.
24 BETTINA HOFFMANN

del Cinquecento sia stato uno strumento traspositore alla quarta inferiore: il violi-
sta avrebbe quindi letto in Re, ma suonato in La. Le indicazioni dellaccordatura
alta sarebbero state allora puramente nominali e uno strumento soprano in Re2
non sarebbe mai esistito.2 C chi pensa invece che le due famiglie di accordature
avessero convissuto nello stesso tempo e luogo e che le taglie ricevessero il loro
nome di volta in volta dalla parte che era loro affidata.3 Molti infine si rassegnano
semplicemente a prendere atto di questo raro caso di doppia nomenclatura. Vedre-
mo ora se da ulteriori analisi e contestualizzazioni delle fonti sar possibile rico-
struire un quadro storico pi chiaro e coerente.

1. Altezza assoluta e trasporto

Prima di passare allesame dettagliato delle fonti cinquecentesche, sar utile ri-
chiamare lattenzione sul fatto che le altezze delle note in esse indicate siano da
considerare relative.
In un periodo storico in cui la voce era considerata regina della musica e lo
strumento un suo imperfetto imitatore, la questione dellaltezza assoluta delle note
era trascurabile a un punto tale che il nostro pensiero tonale moderno fatica a com-
prendere. Va ricordato, infatti, che lo stesso sistema modale implica ed impone il
trasporto.4 Mentre infatti il sistema tonale mette a disposizione del compositore
una certa successione di toni e semitoni che replicabile ed utilizzabile in qualsiasi
ottava, il sistema modale lega il compositore a un determinato ambitus, ossia a una
precisa estensione. Sebbene il sistema modale ammetta numerosi aggiustamenti ed
eccezioni, rimane comunque il fatto che era la scelta del tono a determinare lm-
bito di un brano, non gi la naturale estensione della voce umana. La necessit di
trasportare un brano a vista fino a farlo collimare con le possibilit degli esecutori
quindi insita nel sistema modale; la rigorosa limitazione della scrittura richiede la
massima flessibilit nel momento dellinterpretazione. In esecuzioni puramente vo-
cali questa pratica potrebbe essere avvenuta in maniera tacita, addirittura inconsa-
pevole; il cantante che sceglieva laltezza di un brano secondo la sua comodit vo-
2 ANNETTE OTTERSTEDT, The viol: history of an instrument, Kassel, Brenreiter, 2002, in particolare p.

31; ID., voce Viola da gamba in Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Kassel, Brenreiter, 1998, Sa-
chteil, vol. IX, coll. 15711597; EAD., introduzione a Diego Ortiz, Trattado de glosas, new edition in four
languages of the original Spanish and italian editions, Rome 1553, Kassel, Brenreiter, 2003, in parti-
colare alle pp. 2022; EAD, It is said that a smaller specimens also existed: the descant viol in Germany, in
preparazione. Ringrazio cordialmente Annette Otterstedt per avermi con generosit messo a dispo-
sizione i suoi lavori prima della loro pubblicazione e per le franche e stimolanti discussioni che mi
hanno dato limpulso ad intraprendere questo studio.
3 Questa teoria, esposta da IAN WOODFIELD in The early history of the viol, Cambridge, Cambridge

University Press, 1984, pp. 145147, si basa essenzialmente sulla sua interpretazione errata, a mio
parere della quarta regola di Ganassi, di cui parleremo a suo luogo.
4 Per unestesa discussione del rapporto tra sistema modale e trasporti, che qui pu essere solo

riassunta brevemente, cfr. PATRIZIO BARBIERI, Chiavette and modal transposition in Italian practice (c. 1500
1837), Recercare, III, 1991, pp. 579.
DAL CONCERTO ALTO AL CONCERTO BASSO 25

cale nemmeno si chiedeva se stesse cantando nel tono scritto, se avesse cambiato il
diapason di riferimento o se loperazione fosse da definirsi come trasporto di tono,
e quali e quante alterazioni fossero state aggiunte. Tra i molti testimoni citiamo
Zacconi, che consiglia al direttore dellesecuzione dhaver riguardo a quelli che
hanno da cantare, che stiano commodi di tuono non troppo alto n troppo basso
e, nel passare da un brano ad un altro di tono diverso ma poco distante, di rintona-
re le voci per il nuovo brano alquanto pi alto over pi basso per evitare ogni
confusione col tono del primo brano.5 Compito dello strumentista era quello di
seguire il cantante; a testimonianza di quanto labilit nel trasporto fosse suo indi-
spensabile bagaglio tecnico basta citare, tra i molti, Giovanni Paolo Cima che rico-
nosce di quanta importanza sia agli organisti, per commodit de cantori nei con-
certi loro, il saper sonare in qual si voglia luogo & intervallo del nostro instrumento.6
Soltanto dallinizio del Seicento si registrano i primi tentativi di imporre diret-
tive ai trasporti e alla scelta del tono desecuzione effettivo. Il primo a formulare
una regola esplicita Adriano Banchieri che nella sua Cartella chiede che i brani di
scrittura particolarmente acuta e perci notati in chiavi alte, vengano abbassati di
una quinta se per bequadro, ossia senza alterazioni in chiave, di una quarta se per
b molle.7 Pi che il testimone di una pratica universalmente accettata e applicata,
si intravede in queste pagine della Cartella uno spirito ordinatore che vuole porre
un limite al caos regnante; non per niente Banchieri sottolinea che la mutazione di
tono debba avvenire per intentionalmente. intuibile che con ci voglia favo-
rire gli strumenti, componenti sempre meno casuali e sempre pi determinanti de-
gli organici musicali, che con trasporti a distanze inusitate si troverebbero a suonare
in tonalit tecnicamente difficili nonch date le accordature non equabili
insopportabilmente stonate. Esplicito in questo senso Agazzari, quando dichiara
senza mezzi termini che il trasporto nei toni impropri fa bruttissimo sentire, per-
ch cos vien a guastarsi il conserto, et offender ludito de glascoltatori con tal
crudezza; oltretutto esso comporta il pericolo che il suonatore inciampi in qual-
che contraria voce. Conclude quindi: trasportar alla quarta o quinta pi natura-
le, e commodo di tutti e tal volta una voce pi gi o pi su.8 Non abbiamo inve-
ce nessun indizio per supporre che gi nel Cinquecento questi trasporti si attenessero
5 LUDOVICO ZACCONI, Prattica di musica [], Venezia, Girolamo Polo, 1592 (facsimile: Sala Bologne-

se, Forni, 1967), libro I, cap. LXIX, c. 78.


6 GIOVANNI PAOLO CIMA, Partito de ricercari & canzoni alla francese [] et in ultimo una breve regola per

imparare a far prattica di suonare in qualsivoglia luoco o intervallo dellistromento [], Milano, erede di
Simone Tini e Filippo Lomazzo, 1606 (facsimile a c. di Clare G. Rayner, s. l., American Institute of
Musicology, 1969), p. 73.
7 ADRIANO BANCHIERI, Cartella overo regole utilissime a quelli che desiderano imparare il canto figurato [],

Giacomo Vincenti, Venezia, 1601, pp. 2223. Potr essere utile ricordare che nella scrittura musicale
dellepoca, che evitava i tagli addizionali, la chiave veniva scelta in modo da aderire perfettamente
allestensione della parte. La chiave non aveva quindi nessun significato astratto, n era legata alle
abitudini di certi strumenti, come lo sar pi tardi; ci indica invece con fedelt lambito della parte
ed in particolare il registro vocale.
8 AGOSTINO AGAZZARI, Del sonare sopral basso con tutti li stromenti [], Siena, Domenico Falcini,

1607, p. 10.
26 BETTINA HOFFMANN

alle regole formulate da Banchieri e codificate molto pi tardi sotto il nome di


chiavette, ossia che avvenissero sempre in presenza di chiavi alte e che i soli in-
tervalli ammessi fossero la quarta e la quinta. Come unica, precoce testimonianza
di questa presunta pratica viene talvolta citato un paragrafo dalla Lettione seconda di
Silvestro Ganassi,9 che per tolto da un contesto contingente e cos strettamente
legato alla prassi violistica da inficiarne la validit generale: Ganassi, ben sapendo
che le prime corde della viola facilmente si spezzano e che non sempre v modo
e tempo per sostituirle, istruisce il violista su come arrangiarsi con sole quattro o
addirittura tre corde. Propone accordature che arrivino a coprire almeno gli mbiti
ordinari e medi delle voci; ma per brani scritti in chiavi acute, vale a dire con esten-
sioni eccezionalmente alte, labbassamento di una quinta diventa inevitabile. Le sue
istruzioni rimangono legate a questi rari e specifici modi daccordare lo strumento,
perch illustrate da intavolature che per loro natura non sono applicabili neanche
sulle viole in accordatura ordinaria (fig. 2): non certo questo il tipo daffermazio-
ne che pu servirci da base teorica generalizzabile.
Abbiamo viceversa numerose testimonianze che nel Cinquecento, come ancora
molto pi tardi, si usasse trasportare per intervalli diversi dai soli favorevoli a limi-
tare le alterazioni. Ne citiamo brevemente solo alcune, ad iniziare dalle lunghe liste
distruzioni di Vincenzo Galilei per trasportare sul liuto in tutti i toni10 (limitate al
numero di dodici per soli motivi di superstizione, come ci confessa egli stesso) e
quelle di Virgiliano per violino, traverso, flauto, cornetto, viola da gamba, trombone
e qualsivoglia instromento.11 Numerose intavolature per liuto forniscono testi-
monianze pratiche; particolarmente significative sono quelle per voce e liuto, come
i madrigali di Verdelot intavolati da Willaert,12 perch riportano la parte della voce
nel tono originale, mentre la nota reale deducibile solo da istruzioni come el
canto a tre tasti dalla sottana, da intendere come la prima nota del cantante sia
uguale a quella del terzo tasto sulla seconda corda. Supponendo un liuto in La o
in Sol risultano trasporti di tono, terza, quarta e quinta con conseguenti armature
di chiave a due e tre alterazioni virtuali.
A complicare ulteriormente la questione si aggiunga che nel Cinquecento man-
cava una norma che regolasse il diapason assoluto. Non questo il luogo per ap-
profondire questa complessa questione;13 ci basti rievocarla con una testimonianza
tolta dal nostro campo di ricerca, dove si dipinge il violista da gamba alle prese con

9 SILVESTRO GANASSI, Lettione seconda pur della prattica di sonare il violone darco da tasti [], Venezia,

per lautore, 1543 (facsimile: Sala Bolognese, Forni, 1970), cap. XXII.
10 VINCENZO GALILEI, Il Fronimo [], Venezia, erede di Girolamo Scotto, 1584 (facsimile: Sala Bolo-

gnese, Forni, 1969), pp. 912.


11 AURELIO VIRGILIANO, Il dolcimelo [], manoscritto, non datato, facsimile a c. di Marcello Castella-

ni, Firenze, SPES, 1979, libro terzo. Castellani colloca questo trattato manoscritto in mbito setten-
trionale ma non veneto, intorno al 1600.
12 ADRIANO WILLAERT, Intavolature de li madrigali di Verdelotto [], Venezia, Ottaviano Scotto, 1536

(facsimile a c. di Orlando Cristoforetti, Firenze, SPES, 1980).


13 Rimando agli approfonditi studi di ARTHUR MENDEL, Pitch in Western Music since 1500, a Re-exa-

mination, Acta Musicologica, vol L, 1978, fasc. I/II, pp. 193, 328; e BRUCE HAYNES, Pitch in northern
DAL CONCERTO ALTO AL CONCERTO BASSO 27

strumenti di diverso diapason: quando volesti accompagnarti con il tuo stromento


con alcun altro simile o desimile & chel tuo fusse di natura uno tono overo uno
semitono pi basso della sua accordatura, sar necessario spianar il dedo indice
[] su pi corde in modo da curtar il manico di uno o due tasti.14 Il consiglio
di suonare un intero brano col primo dito in barr posizione quanto mai sco-
moda e tecnicamente limitante ci d la misura delle torture che gli strumentisti
subivano a causa del vuoto normativo.
In molti casi, la questione del diapason e quella del trasporto sintrecciavano ine-
stricabilmente. Prendiamo lesempio di uno strumento a fiato: uno stesso flauto po-
teva risultare in Sol se suonato insieme ad uno strumento in un determinato tono,
in Fa se suonato insieme ad uno strumento accordato un tono sopra. Ancora pi
vaga era la situazione per liutisti e violisti, privilegiati accompagnatori della voce
umana, perch il loro strumento gli permetteva di cambiare accordatura con relati-
va facilit. Se il tono del cantante differiva dal loro, decidevano in base a considera-
zioni puramente pratiche se preferire il trasporto a vista o se riaccordare lo stru-
mento, cambiando eventualmente lo spessore delle corde o addirittura come
suggerisce Ganassi in altro contesto spostando il ponticello. Dovremmo allora
concludere che questi musicisti, per mancanza di un riferimento normativo, non
avessero un loro diapason, e che non si ponessero neanche la domanda se stessero
suonando in tono o trasportando? Con altre parole, che il flautista non sapesse se il
suo flauto era tagliato in Fa, in Sol o in un altro tono ancora? Possiamo forse esclu-
dere che egli possedesse un suo proprio riferimento daltezza, basato sulle consue-
tudini dellambiente che pi gli era familiare, che pi frequentava, che pi autorit
esercitava sulla sua pratica musicale?
Per rispondere a questi dubbi bisogna innanzitutto ricordare la posizione premi-
nente, tanto nella teoria quanto nella pratica musicale, ricoperta allepoca dalla mano
guidoniana: iniziando in basso dal Gammaut (il nostro Sol1) e finendo in acuto con
ee la (il nostro Mi4), essa abbracciava non a caso lmbito medio, ragionevol-
mente accessibile, dei registri vocali umani; nessuna mutazione degli esacordi era
prevista oltre queste colonne dErcole. La natura e lorigine squisitamente vocale di
questo sistema ci porta a credere che fosse ancorato a unaltezza fissa orientativa,
che se non vogliamo ipotizzare un improbabile cambiamento nella fisiologia
delle corde vocali umane nei secoli ricostruibile tuttoggi con un margine
derrore accettabile. La voce costituiva un riferimento sufficientemente naturale e
inequivocabile da poter essere usata come misura nella costruzione degli organi: in
un contratto del 1507 si stabiliva che il nuovo organo della chiesa di Santa Maria di
Monteortone sea coristo a voce de homo over da coro.15 Unaltra prova della

Italy in the sixteenth and seventeenth centuries, Recercare, VI, 1994, pp. 4160, e ID., The story of A: a
history of performing pitch, Lanham, Scarecrow, 2002.
14 GANASSI, Lettione seconda, cap. XX.
15 Contratto con lorganaro Leonardo dAlemagna per la costruzione del nuovo organo della

chiesa di Monteortone (Padova), 28 gennaio 1507; citato da RENATO LUNELLI, Studi e documenti di storia
organaria veneta, Firenze, Olschki, 1973, p. 37.
28 BETTINA HOFFMANN

forza normativa della voce, della sua capacit dannullare cambiamenti di tono do-
vuti ad esigenze puramente strumentali, ci viene fornita da Juan Bermudo, nella
sua Declaracin: dovendo istruire lorganista sui convenienti trasporti dei modi per
agevolare il coro, egli prende in considerazione anche lesecuzione su organi accor-
dati pi alti di una quarta, ovvero con le canne pi corte di tre quarti.16 In tal caso
raccomanda allorganista di trasportare tutti i modi di una quarta in basso. Se ci si
fosse trovati in un campo completamente aperto, talmente privo di riferimenti sul-
le altezze da annullare anche la distanza di quarta, questavvertenza non avrebbe
avuto senso. Ancora maggiore coscienza di riferirsi ad unaltezza determinata rive-
lano i cornettisti del Doge di Venezia che nel 1559 stipulano un contratto con i
costruttori Bassano per alcuni cornetti nuovi, se chiedono cornetti alti s de mezo
ponto come etiam de tuto ponto da una parte, cornetti muti de tuti i toni dal-
laltra.17 Pi in generale, sorprendente osservare come il diapason di tutti i cor-
netti misurati da Haynes converga su un La compreso fra 458 e 484 Hz.18 Lesem-
pio del cornetto acquista validit universale se ricordiamo il basso grado di
specializzazione del musicista dellepoca. Non solo il diffuso polistrumentismo, ma
gi la stessa educazione musicale, basata sul canto e la composizione prima che sul-
lapprendimento tecnico duno strumento specifico, impediva di creare comparti
stagni in cui isolare abitudini di riferimento daltezza.19
La ricerca intorno al diapason nel Rinascimento crea frustrazione: nonostante
approfonditi studi sui pochi strumenti conservati nella loro forma originale e su
altre fonti, non stato possibile stabilire una frequenza di riferimento neanche per
limitati mbiti storici, geografici e culturali. Temo che lerrore stia nella nostra do-
manda, troppo precisa se consideriamo levoluzione della mentalit scientifica che
col passar dei secoli si fatta incomparabilmente pi rigorosa. Se la nostra indagine
si ostina a cercare una nota di riferimento esatta almeno, poniamo, al semitono,
non otteniamo risposte soddisfacenti. Non per questo siamo autorizzati a credere
che la notazione rinascimentale fosse priva di un qualsiasi riferimento daltezza, n
a supporre che le note chiamate per nome o segnate sul pentagramma avessero, al
pari dei gradi dellesacordo, una mera funzione nominale, utile solo a individuare
la loro posizione rispetto ai semitoni. Appare al contrario molto probabile che un
16 JUAN BERMUDO, El libro llamado declaracin de instrumentos musicales [], Osuna, Juan de Len,

1555 (facsimile: Kassel, Brenreiter, 1957), libro IV, cap. XLIV, c. LXXXVv: Otra manera ay de organos,
que son un diatessaron mas alto, que los sobredichos. Estos contienen nueve palmos y medio, que es
la sesquitercia proporcion con quatorze [] En tales organos, todo lo ya dicho dexaran un diatessa-
ron abaxo, delo que mandan las dos reglas superiores. Demanera, que si en los primeros organos un
modo primero que dava en Dsolre: en estos quedara en Are. Si en cfaut por aquellos: en gamaut por
estos y assi todos los demas.
17 Citato da HAYNES, Pitch in northern Italy, p. 44.
18 HAYNES, Pitch in northern Italy, pp. 5253.
19 Si veda in particolare STEFANO LORENZETTI, Musica e identit nobiliare nellItalia del Rinascimento.

Educazione, mentalit, immaginario, Firenze, Olschki, pp. 18190; NICOLETTA ANDREUCCETTI, Del modo di
insegnare al principiante. Teoria e prassi della letteratura didattica tra 500 e 600, Sassari, Gallizzi, 1997, pp.
3648. Ringrazio cordialmente Stefano Lorenzetti per i numerosi e preziosi consigli che hanno ar-
ricchito e guidato questo mio lavoro.
DAL CONCERTO ALTO AL CONCERTO BASSO 29

seppur vago riferimento, ancorato alla volubile ma onnipresente voce umana, fa-
cesse da guida tanto alla teoria quanto alla pratica musicale del Rinascimento.

2. Testimonianze dellaccordatura alta: le fonti a stampa

Data la particolare flessibilit degli strumenti a corda e la loro precipua scrittura


in intavolatura, comunque comprensibile che i teorici del Cinquecento, per quanto
espliciti, dettagliati e certi nel descrivere i rapporti tra le corde di una singola viola
e tra i vari membri della famiglia delle viole, risultino spesso sfuggenti quando si
tratta dindicare i nomi assoluti delle note da intonare. Giovanni Maria Lanfranco,
nel capitolo dedicato alla viola da gamba del suo Scintille di musica (1533), non ac-
cenna mai al nome di una sola nota; per indicare la sua accordatura preferisce fare
riferimento a quella del liuto, del quale nel capitolo precedente aveva descritto lac-
cordatura in La1-Re2-Sol2-Si2-Mi3-La3.20 Liuto e viola devono essere allora accor-
dati alla stessa maniera, ossia con gli stessi intervalli; la differenza sta soltanto nelle
corde: doppie per il liuto e semplici per la viola. Non gli resta quindi che descrive-
re le varie taglie della viola, iniziando dal tenore: partecipato [= accordato] che sia
il tenore del violono per s solo nel modo che si detto del liuto. Come dobbia-
mo interpretare questa frase? Lanfranco vuole il tenore allunisono con il liuto op-
pure intende solo ribadire che gli intervalli tra le sue corde sono identici a quelli
del liuto? Il buon senso farebbe propendere per la prima interpretazione, anche se
la frase difetta dellultima, definitiva esplicitezza che troviamo pi tardi quando ci
comunica che il contralto va accordato allunisono con il tenore: or chi con que-
ste tre vi volesse aggiungere il contralto, faccialo di chorda in chorda unisono col
tenore.21 Ma per quale ragione avrebbe dovuto iniziare la sua esposizione proprio
dal tenore, se non fosse per la sua effettiva eguaglianza daccordatura col liuto? Un
percorso esplicativo che iniziasse dal basso sarebbe stato molto pi ovvio e conso-
no al suo periodo storico, quando si predicava che la parte del basso pi degna
chogni altra parte: per questo ser il principale come guida in tutto il mio parla-
re, per dirla con le parole di Ganassi.22 da registrare infine che per nessuno degli
altri strumenti ad arco trattati nelle Scintille, la lira e le viole da braccio, Lanfranco
ci comunica le altezze nominali delle corde, ma si limita ad indicarne gli intervalli.
La sua indifferenza rispetto alle altezze assolute quindi palese; leccezione del liu-
to, seguto dalla sua parente, la viola da gamba, appare tanto pi significativa. Il re-
sto delle sue istruzioni dagevole interpretazione e perfettamente in linea con le
molte altre che analizzeremo: il soprano da accordare una quarta sopra al tenore,
il basso una quinta sotto, seppure ci sia chi lo accorda una quarta sotto. Citiamo le
20 GIOVANNI MARIA LANFRANCO, Scintille di musica [], Brescia, Ludovico Britannico, 1533 (facsimile:

Sala Bolognese, Forni, 1970), parte IV, cap. Dei violoni da tast: & da arco, p. 142.
21 LANFRANCO, Scintille di musica, p. 142.
22 SILVESTRO GANASSI, Regola rubertina. Regola che insegna sonar de viola darcho tastada [], Venezia,

lautore, 1542 (facsimile: Sala Bolognese, Forni, 1970), cap. VIIII.


30 BETTINA HOFFMANN

sue testuali parole su questo punto perch, come vedremo poi, significativa la
scelta dei termini tirare e risuonare che indicano univocamente unaccordatura
ed unaltezza di suono diversa: il basso [] di chorda in chorda sotto le chorde
del detto tenore per quinta le tireremo. quantunque alcuni siano, che nella quarta
sola sotto di esso tenore il facciano risonare.23 Se, effettivamente, viola tenore e
liuto si equivalgono, abbiamo qui la prima testimonianza dellaccordatura alta, col
soprano in Re2, contralto e tenore in La1 e il basso in Re1 oppure Mi1.
Apparso dieci anni dopo le Scintille di Lanfranco, il trattato di Silvestro Ganassi
Regola rubertina, con il seguito della Lettione seconda, interamente dedicato alla viola
da gamba, ben pi esauriente ed approfondito; tuttavia, la prosa involuta, a tratti
sgrammaticata, lesposizione tortuosa, non priva di lungaggini, ripetizioni e salti lo-
gici, spesso interrotta e fiorita da disquisizioni filosofiche e infine litaliano orto-
graficamente incerto, incurante delle riforme bembesche intorno ai segni diacritici
e dinterpunzione, rendono ardua la comprensione del pensiero di Ganassi e hanno
generato qualche fraintendimento tra gli studiosi del nostro tempo. Potr quindi
essere utile ripercorrere brevemente quei capitoli che attengono al nostro tema.
Come gi Lanfranco, anche Ganassi, nellottavo capitolo della Regola, affronta il tema
dellaccordatura indicandoci allinizio gli intervalli tra le corde, anzich i nomi del-
le note; anche per lui questi sono identici a quelli del liuto, come sono identici i
nomi delle sei corde: basso, bordon, tenor, mezana, sotana e canto. Il
capitolo porta il titolo Modo de laccordarlo solo e la sua perfetta indifferenza a qualsi-
asi nota di riferimento certo condizionata anche dal fatto che una viola sola pu
collocarsi liberamente a qualsiasi altezza. Solo successivamente infatti, quando nel
nono capitolo affronta laccordatura dellinsieme delle viole, si preoccupa di comu-
nicarci i nomi delle note, indicando la loro posizione sulla mano guidoniana e le
specie dintervalli che corrono tra le corde, a cominciare ancora una volta dal bas-
so: si debbe intonare [] il basso con il bordone re.sol che specie prima di
diatessaron, & trovasi in su la mano tre gradi disotto gamma ut che la ottava di-
sotto D.sol.re.grave, il qual luogo della prima corda nominata basso. Ganassi rias-
sume poi le sue istruzioni in due grafici (fig. 1), uno per basso e soprano, accordati
allottava, laltro per tenore e contralto, allunisono. Nel primo grafico Ganassi con-
fonde e mescola le ottave: la nota della corda bassa indicata nellottava della viola
soprano; la nota del bordone Gammasolreut un ibrido tra Gammaut e Gsolreut;
lintervallo tra bordone e tenore contempla anche il Si bemolle che nellottava gra-
ve non esiste; il canto porta invece il nome dellottava della viola bassa. Ma ci
perfettamente comprensibile, visto che i due strumenti descritti stanno fra loro a
distanza dottava e che lultima corda del basso, uscendo dalla mano guidoniana,
non possiede un suo proprio nome; perdipi, la spiegazione della pagina preceden-
te risulta essere perfettamente coerente. quindi fuor di dubbio che Ganassi in-
tenda definire, con questa prima accordatura, un basso in Re1, un tenore e alto in
Sol1 ed un soprano in Re2.
23 LANFRANCO, Scintille di musica, p. 142.
DAL CONCERTO ALTO AL CONCERTO BASSO 31

Fig. 1: SILVESTRO GANASSI, Regola rubertina, p. XI

Ma che laltezza effettiva dellesecuzione dipenda non gi da qualche parametro


misurabile da macchinari fisico-acustici, bens in buona parte da elementi contin-
genti come lo strumentario a disposizione, risalta dallundicesimo capitolo: Ganassi
ci istruisce su come comportarci quando ci troviamo alle prese con un concerto di
viole composto da strumenti incoerenti e sproporzionati tra di loro. Consiglia dov-
viare alla disuguaglianza scegliendo corde pi grosse o pi fini oppure spostando,
gi lo citavamo, il ponticello. Principalmente gli sta a cuore che, nel dubbio, sia da
privilegiare il registro basso: avvertirai [] pi tosto peccar ad incordarle un tono
pi basso che uno semitono pi alto, sia per favorire le corde che non crepano &
pi durano, sia perch rende larmonia pi dolce. A questo proposito, sar utile
mettere in luce quanto ridotto potesse essere il margine di questi aggiustamenti.
Laltezza delle viole, come di altri strumenti a corda, non infatti cos flessibile
come potrebbe apparire a prima vista.24 Lintervallo considerevolmente ampio di
due ottave abbracciato dalle corde vuote estreme lascia poco spazio di manovra tra
una prima corda spezzata per eccesso di tensione ed unultima corda inudibile ed
insuonabile perch poco tirata; anzi, la distanza tra le corde estreme costituisce pro-
babilmente il risultato-limite realizzabile con corde di solo budello. Le istruzioni

24 JRGEN EPPELSHEIM, Stimmlagen und Stimmung der Ensemble-Streichinstrumente im 16. und frhen 17.

Jahrhundert, in Capella Antiqua Mnchen, Festschrift zum 25jhrigen Bestehen, hrsg. Thomas Drescher,
Tutzing, Schneider, 1988, pp. 145173: 166; Eppelsheim di diverso avviso perch considera il mar-
gine di flessibilit di una sola corda e non linsieme dellincordatura duno strumento.
32 BETTINA HOFFMANN

che frequentemente si trovano nei trattati di liuto e di viola secondo cui laccorda-
tura da regolare tirando la prima corda appena sotto al suo limite di rottura, sono
allora pi vincolanti di quel che si crede comunemente: il punto di rottura duna
corda costruita in un dato materiale determinato unicamente dalla sua lunghezza
vibrante ed implica quindi per ogni strumento un insuperabile limite in acuto. Em-
blematico il contratto tra lAccademia Filarmonica di Verona ed il cembalaro Dio-
nisio Dionisi, cui viene ordinato un cembalo accomodatto al tono delle violle gran-
de e a cui si dovettero poi portare le viole in bottega per tor el ton, ossia prenderne
il tono.25 Leggere di viole da gamba che danno il tono al cembalo certo una
sorpresa per chi ha esperienza quotidiana della loro instabilit daccordatura: ma
per chi si accontentava dun approssimativo riferimento daltezza, per chi non rica-
vava nessun guadagno dal fissare precise frequenze di riferimento, le viole erano
perfettamente sufficienti allufficio.
Nei capitoli successivi Ganassi definisce e tratta diffusamente tre diverse maniere
daccordare il concerto delle viole. Oltre a quella gi esposta (chegli evidentemen-
te privilegia), chiamata prima incordatura o prima regola (capp. XII-XIIII), vi la
seconda regola (cap. XV), secondo cui il tenore ed il contralto si collocano una
quinta sopra al basso, mentre basso e soprano rimangono invariatamente distanti
unottava; infine la terza regola (cap. XVI), in cui le distanze tra gli strumenti sono
tutte di una quarta. Per la comodit dei nostri lettori riassumiamo qui sotto le tre
regole traducendole in note musicali, ma bene tenere presente che solo nel ca-
pitolo VIIII, dedicato alla prima accordatura, Ganassi si esprime in questi termini. Le
altre accordature sono deducibili, in maniera univoca ma indiretta, dalle tavole illu-
strative che raffrontano lintavolatura con le note sul pentagramma; ad ulteriore con-
ferma delle altezze effettive, Ganassi indica su quale corda e su quale tasto si trovi-
no le note indicate dalle tre chiavi, ossia il Fa2, il Do3 e il Sol3. La differenza di
metodo descrittivo nella teoria sottile, nella pratica inesistente, ma aggiunge un
piccolo tassello alla comprensione del procedimento logico di Ganassi e dei suoi
contemporanei.
Le tre accordature di Ganassi per viole a sei corde sono dunque:
Prima regola: basso in Re1, contralto e tenore in Sol1, soprano in Re2
Seconda regola: basso in Re1, contralto e tenore in La1, soprano in Re2
Terza regola: basso in Re1, contralto e tenore in Sol1, soprano in Do2

Si tratta quindi di tre varianti dellaccordatura alta. Laccordatura, o meglio, il


rapporto tra nota scritta e nota tastata, tra pentagramma e intavolatura, o ancora, la
posizione delle chiavi sui tasti, per legata nelle parole di Ganassi stesso alle
propriet, ossia alle alterazioni che si trovano in chiave. Per ogni regola e per
25 Verona, Archivio di Stato, Atti, Libro primo, Comune, reg. 603, c. 21, e Verona, Accademia Filar-

monica, Libro de li esattori, reg. 90, c. 13b I due documenti sono riportati in MARCO DI PASQUALE, Gli
strumenti musicali dellAccademia Filarmonica di Verona: un approccio documentario, Il flauto dolce, n. 17
18, 19871988, p. 12. Ringrazio lautore per aver attirato la mia attenzione su questo documento.
DAL CONCERTO ALTO AL CONCERTO BASSO 33

ogni taglia di viola vengono esposte tutte le note nelle tre propriet, con grave
dispendio di carta e fatica, deplorato dallo stesso autore. Abbiamo lordine in pro-
priet di bequadro ossia senza alterazioni, lordine in propriet di bemolle ossia
con il Sib in chiave, e lordine in propriet di musica finta ossia con Sib e Mib in
chiave. Che le note, pur passando dalla propriet di bequadro a quella di bemolle,
quindi pur subendo una mutazione ossia uno spostamento alla quarta alta, non cam-
bino posizione sulla tastiera, degno dessere rimarcato: Nota che nel primo &
secondo ordine la sua chiave non fa mutation.26 Il passaggio nella musica ficta inve-
ce, il doppio innalzamento di quarta che, ottavizzando, equivale ad un abbassamen-
to di un tono, richiede un cambiamento delle posizioni sulla tastiera: nel terzo
ordine io muto la chiave da uno tasto la mezana agli tre tasti. In corrispondenza
delle stesse intavolature troviamo perci le note sul pentagramma spostate dun tono
verso il basso. Allultima corda vuota della viola bassa ad esempio, non corrisponde
pi un Re1 ma un Do1; sul secondo tasto della stessa corda si trova il Re1 anzich il
Mi1, e cos via dicendo per tutte le corde di tutte le taglie e tutte le regole. Que-
sta nuova relazione tra note e intavolature, spostata di un tono, pu essere letta in
due diversi maniere. Al primo colpo docchio sembrerebbe richiedere unaccorda-
tura pi bassa delle viole, ma allo stesso modo pu essere letta come il trasporto di
un tono in alto; Ganassi, ben diversamente da Lanfranco, ci nega un qualsiasi cenno
esplicito per indirizzarci verso una delle due interpretazioni. Quando egli avverte
che le incordature da lui esposte sono solo tre, sembra escludere che se ne diano
altre: questo ci farebbe propendere per la seconda ipotesi. Ma si potrebbe obiettare
che laccento della sua trattazione posto sul rapporto tra le tre taglie di viole;
lautore potrebbe quindi aver contato lo spostamento di tono del concerto di viole
in toto non gi come accordatura diversa, ma come semplice variante della medesi-
ma. Cerchiamo una spiegazione analizzando le parole testuali di Ganassi: la succita-
ta espressione muto la chiave intende forse lo spostamento della tastiera rispetto
ad una nota fissa dunque il cambiamento dellaccordatura oppure uno spo-
stamento virtuale e quindi unistruzione di trasporto?27 La risposta si evince da una
situazione parallela che lautore descrive nella Lettione seconda, dove, insegnandoci
come si deve accordar la viola quando le prime corde si sono spezzate, illustra pro-
prio con un cambiamento della chiave labbassamento duna quinta. Essendo fisi-
camente impossibile tirare le residue corde basse alla quinta alta, il cambiamento di
chiave devessere indubbiamente inteso come un trasporto. Dobbiamo infine con-
siderare un argomento puramente pratico: ben sa ogni violista quanto tempo im-
pieghi una corda per assestarsi su unaccordatura pi bassa dun tono. Lo stesso Ga-

26 GANASSI, Regola, cap. XIII.


27 HOWARD MAYER BROWN, Notes (and transposing notes) on the viol in the early sixteenth century, in
Music in medieval and early modern Europe, ed. Iain Fenlon, Cambridge, Cambridge University Press,
1981, pp. 6178, postula apoditticamente che mutar la chiave intende una diversa accordatura; lo
stesso autore passato a sostenere la tesi opposta in un successivo articolo di pochi anni pi tardi;
cfr. KATHLEEN MORETTO SPENCER HOWARD MAYER BROWN, How Alfonso della Viola tuned his viols, and
how he transposed, Early music, XIV, 1986, pp. 520533: 524 e nota 22,.
34 BETTINA HOFFMANN

Fig. 2: SILVESTRO GANASSI, Lettione seconda, c. [I ii] La pagina raffronta intavola-


tura e notazione su esagramma, ad uso delle viole con sole quattro corde
(ba[sso], bo[rdon], te[nor] e m[ezana]) per le tre taglie (basso, tenore
e soprano) e nelle tre propriet (per bequadro, per bemolle e per musica fin-
ta). Le chiavi rovesciate poste tra lintavolatura e lesagramma descrivono la
situazione normale, mentre quelle poste davanti alle scale indicano il traspor-
to necessario in presenza di brani acuti.

nassi, come abbiamo visto sopra, preferisce suonare col primo dito in barr piutto-
sto che riaccordare lo strumento secondo il diverso diapason dun altro strumento.
quindi poco credibile chegli intenda riaccordare tutte le corde della viola ogni
volta che incontra un brano con due bemolli.
Se siamo quindi pi inclini a credere che con la mutazione della chiave Ganassi
intenda non unaccordatura al tono inferiore, bens un trasporto al tono superiore,
dobbiamo tuttavia prendere atto che la mancanza dun suo cenno esplicito verso
una delle due ipotesi sia comunque indizio duna sostanziale indifferenza davanti
alla questione: che le corde siano pi basse o le diteggiature pi alte, quel che im-
porta naturalizzare i brani composti nei toni finti. La stessa situazione, seppure
di segno opposto, si presenta nella terza regola dove le distanze di quarte tra gli
strumenti generano, come abbiamo visto, un soprano in Do2, le cui sei corde sono
quindi Do2-Fa2-Sib2-Re3-Sol3-Do4. Ganassi trova questaccordatura del soprano un
puoco stranio massime nel suo primo ordine che per bequadro; in altre parole,
evidentemente disturbato dalla corda in Sib, specialmente quando il brano non ha
il bemolle in chiave. Consiglia perci in quel caso di spostare in tutta la regola le
DAL CONCERTO ALTO AL CONCERTO BASSO 35

chiavi di due tasti in basso. Anche queste istruzioni potrebbero essere intese tanto
come un trasporto in basso quanto come unaccordatura pi alta, col risultato di
un basso in Mi1, un tenore e contralto in La1, un soprano in Re1. Ritroveremmo
cos laccordatura che gi Lanfranco aveva data come alternativa. Se la faticosa e
ingombrante esposizione delle accordature costringe Ganassi a limitarsi nel primo
libro alle sole quattro regole, egli promette di insegnarne altre nella Lettione secon-
da.28 Qui, al cap. XXII, troviamo infatti un brevissimo cenno a unulteriore relazione
tra le tre taglie della viola a proposito dellaccordatura con sole quattro corde. In
quella specifica situazione la necessit delle corde mancanti impone di accordare le
viole a distanza di quinte, una scelta talmente facile e utile che si ben havesti sei
corde potrai servirte de tal accordatura ma le parte ser di accordarsi de quinta
come il tenor e contralto di sopra al basso & il sopran ancora lui in quinta di sopra
al tenor e alto. La brevit dellinciso e la gi nota indifferenza alle note assolute ci
permette di dedurre solo in via ipotetica unulteriore accordatura col basso in Re1,
il tenore in La1 ed il soprano in Mi2. Inoltre, disquisendo dei trasporti alla quarta
alta, Ganassi fa cenno a viole con sole cinque corde, prive cio della corda bassa:
una realt per lui certo marginale, che per bene da tenere a mente.29 La lista
delle accordature conosciute e divulgate da Ganassi completata infine, nella Let-
tione seconda, da quelle legate alla gi citata situazione demergenza in cui le prime
due o tre corde della viola si fossero spezzate (cfr. fig. 2). Riportiamo qui in manie-
ra schematica le accordature proposte:
Con quattro corde
soprano Sol2-Si2-Mi3-La3
contralto e tenore Do2-Mi2-La2-Re3
basso Fa1-La1-Re2-Sol2
Con tre corde
soprano Sol2-Re3-La3
contralto e tenore Do2-Sol2-Re3
basso Fa1-Do2-Sol2

Come si vede, Ganassi ha trovato un compromesso accettabile: alza un poco le corde


basse rimaste (che mantengono i loro nomi basso, bordon, tenor, mezana) e au-
menta le distanze tra le tre taglie della viola. Nel caso estremo in cui il violista fosse
rimasto con sole tre corde, egli accorda lo strumento addirittura per quinte, seppure ci
imponga una diteggiatura completamente diversa; il maggiore impiego del quarto dito
potr tuttavia servire come esercizio per suonare nelle posizioni acute.
Con questultimo caso, abbiamo esposto tutte le varianti con cui, secondo Ga-
nassi, potevano essere accordate le viole da gamba, notando, per inciso, come nes-
suna di queste istruzioni faccia riferimento a uno strumento diverso dalla viola.

28 GANASSI, Regola, cap. XIIII.


29 GANASSI, Lettione seconda, cap. XXII, con riferimento ai capp. XVIII e XIX della Regola rubertina.
36 BETTINA HOFFMANN

Lunico, debole legame al di fuori del mondo violistico costituito dalla sua tra-
scrizione del madrigale, attribuito a Giacomo Fogliano, Io vorrei Dio damore, che
risulta nel tono originale se eseguito su una viola in Re1.30 Come nella tradizione
liutistica, anche questa trascrizione porta tuttavia unistruzione: ma avvertisse let-
tor chel madrigal che seguir in servitio del violon la voce del sopran ser equal a
quella della sottana al terzo tasto,31 aprendo cos le porte a tutti gli immaginabili
trasporti, di cui gli esecutori possono addirittura ignorare il tono.
Per il resto, i passi e le tavole della Regola rubertina e della Lettione seconda non ci
informano su ulteriori accordature, ma solo sui modi di trasportare, prassi quoti-
diana degli strumentisti dellepoca. Ganassi pur professando di amare il suo let-
tore come fratello over figliuolo32 riesce a confondergli non poco le idee por-
tandolo a credere che, nel capitolo XIIII, gli insegner quattro modi dincordar over
sonar. La quarta regola, la cui intavolatura dista una quarta da quella della prima
regola, stata perci da molti interpretata come unulteriore accordatura con il
basso in La0, tenore e contralto in Re1 e soprano in La1, e da l esibita quale primis-
sima testimonianza del consort basso.33 Tuttavia, non solo la didascalia Modo di so-
nar una quarta pi alta chiarisce in maniera univoca la vera funzione di questa
tavola, ma lo stesso Ganassi che nel capitolo finale della Regola, si scusa per lequi-
voco: la quarta regola non variata ne lo accordo suo: ma bene il loco delle chia-
ve come hai veduto essere una quarta pi alta di quello che nella prima regola,
abbench io abbia ditto essere quattro incordature, ogniuno atto a fallare, non
importa niente quando della cosa gli il rimedio. Si tratta quindi di unistruzione
di trasporto, che, secondo Ganassi, anzi luso pi comune: il pi di sonatori si
sona le viole una quarta pi alta de la prima regola nostra. Inoltre, come spiegher
poi nel capitolo XXII della Lettione seconda, questo anche il modo per suonare con
sole cinque corde, dato che, trasportando in alto di una quarta, la corda bassa non
viene mai toccata. Lestensione dello strumento ne risulta ridotta perch in alto si
limita, come sempre, alla nota da suonare sul settimo ed ultimo tasto. A questo tra-
sporto cos comune Ganassi dedica alcuni esercizi nella pagina intitolata Modo del
pratichar il manicho, tutti per la viola bassa che si conferma quindi essere la sua
favorita e tutti da leggere alla quarta alta come si deduce dalle brevi intavolature
poste allinizio dei primi tre pentagrammi.
Un altro tipo di trasporto invece descritto nei gi citati capitoli dedicati alle
viole a quattro o tre corde. Data lestensione limitata di queste viole cos malridot-
te, un trasporto alla quinta bassa si rende necessario ogni volta che vederai la com-
positione ordenada per la parte sopra acuta, ossia in presenza di chiavi acute, con
la parte del basso scritta in una non meglio specificata chiave di Do, quella di teno-
re e contralto in chiave di soprano, quella del soprano in chiave di Sol. Il trasporto
30 GANASSI, Lettione seconda, cap. XVI. La versione originale del madrigale fu pubblicata in Delli ma-

drigali a tre voci,Venezia, Ottaviano Scotto, 1537.


31 GANASSI, Lettione seconda, fine del cap. XV.
32 GANASSI, Regola, cap. XV.
33 IAN WOODFIELD, The early history, pp. 142151.
DAL CONCERTO ALTO AL CONCERTO BASSO 37

ci viene illustrato nelle tavole successive, dove la scala scritta sul pentagramma im-
piega due chiavi diverse. Che anche in questo caso si tratti, come dicevamo, di un
effettivo trasporto, non di un cambiamento daccordatura, espresso chiaramente:
Nota ancora questo che tu ser accomodado per via de questa regola qui in figura
il poter sonar alcuna cosa una quinta pi bassa. Si noti che questo trasporto viene
applicato solo in propriet di bemolle o di musica finta; nella propriet di bequa-
dro la chiave rimane invariata (fig. 2). Ancora una volta Ganassi associa in qualche
modo lidea del trasporto alla mutazione; non solo lestensione acuta, ma anche lo
spostamento dellesacordo che porta nella propriet di bemolle e di musica ficta lo
rendono necessario. tanto pi degno di nota che il trasporto alla quinta bassa
non diminuisca ma aumenti le alterazioni virtualmente in chiave: la direzione
esattamente opposta a quella del suo ordine terzo in propriet de musica finta in
cui le alterazioni venivano cancellate.
A mo di conclusione, potr essere istruttivo e curioso riassumere i trasporti che
Ganassi ci propone. Secondo le sue istruzioni, un suonatore di viola bassa poteva
trovarsi a realizzare lo stesso Do centrale sul 1 tasto della II corda (se le viole sono
accordate per quarte secondo la terza regola e non ci sono alterazioni in chiave),
sul 3 tasto della II corda (suonando in tono su un basso in Re), sul 4 tasto della II
corda (suonando insieme ad uno strumento pi alto di un semitono, col 1 dito in
barr sul 1 tasto), sul 5 tasto della II corda (suonando insieme ad uno strumento
pi alto di un tono, col 1 dito in barr sul 2 tasto), sulla I corda vuota (con due
bemolle in chiave), sul 3 tasto della I corda (trasportando una quarta in su), sul 5
tasto della gi III, ora I corda (se le prime due corde si sono spezzate), sul 3 tasto
della gi IV, ora II corda (suonando in chiave di Do anzich in Fa quando le prime
due corde si sono spezzate), sul 5 tasto della gi V, ora II corda (suonando in chiave
di Do quando le prime tre corde si sono spezzate). Se poi teniamo presente che lo
stesso violista sapeva realizzare i trasporti anche sul tenore in Sol e in La e sul so-
prano in Re e in Do, con ulteriori possibilit combinatorie, non possiamo certo
trattenere un moto dammirazione davanti a tanta duttilit. Ma il nostro uno stu-
pore anacronistico: basti pensare alla familiarit del violista con le tre chiavi in tutte
le posizioni per renderci conto che per il musicista dellepoca il rapporto tra segno
scritto e posizione sullo strumento era ben diverso dal nostro.
Nella vita di Diego Ortiz, che pure al giorno doggi noto quasi esclusivamen-
te come autore del Trattado de glosas, uno dei primi trattati di viola da gamba, lo
strumento non deve aver svolto un ruolo preminente.34 Nel 1601, il napoletano
Scipione Cerreto non annovera infatti Ortiz tra i suonatori di viola darco o di

34 DIEGO ORTIZ, Trattado de glosas sobre clausulas y otros generos de puntos en la musica de violones, Roma,

Valerio e Luigi Dorico, 1553; edito nello stesso anno e presso lo stesso editore, parzialmente tradotto
in lingua italiana, sotto il titolo El primo libro de Diego Ortiz tolletano nel quale si tratta delle glose sopra le
cadenze & altre sorte de punti in la musica del violone nuovamente posti in luce (facsimile a c. di Marco Di
Pasquale, Firenze, SPES, 1984). Le citazioni qui utilizzate provengono dalledizione in italiano.
38 BETTINA HOFFMANN

lira, ma soltanto tra i compositori.35 Se la classificazione di Cerreto potr appari-


re di poco peso perch, per motivi cronologici, basata probabilmente su informa-
zioni di seconda mano, titolo e contenuto del Trattado de glosas ce ne danno unin-
diretta conferma. Il libro di Ortiz fondamentalmente un trattato di diminuzioni
che alle questioni tecnico-strumentali riserva solo poche, incidentali frasi. Anche
sulle accordature dello strumento veniamo informati en passant e per lo pi indi-
rettamente. La prima parte del libro dedicata alle diminuzioni necessarie nel con-
certo di viole; il prontuario dei passaggi da cui attingere per abbellire una parte
dun brano polifonico, inizia dalle cadenze in g.sol.re.ut sopracuto, precedute dalla
seguente spiegazione: cadenze in G.sol.re.ut acuto che vengono a stare nel sopra-
no ne la terza corda nel terzo tasto. Et nel contrabasso viene ad essere lo medesimo
ottava, a basso perch il soprano se ha da temperare, ottava del basso, ma il tenore &
il contralto diapente.36 Abbiamo quindi appreso che la viola soprano ha la terza
corda in Mi3 e che lo strumento accordato unottava sopra il basso; che la terza
corda del basso quindi un Mi2; sappiamo infine che tenore e contralto sono ac-
cordati allunisono e una quinta sopra il basso. La distanza dottava tra tutte le cor-
de di soprano e basso viene confermata pi tardi quando lautore afferma che la
mayor parte de las clausolas del soprano; sabiendosse aprovechar dellas pueden ser-
vir al baxo, poryr todas por unos mismos trastes.37
Chi ha pratica, pu riportare le cadenze del soprano sul basso: evidentemente, il
salto dottava non costituisce per Ortiz un ostacolo serio. Tanto pi perdonabile
quindi la svista in cui incorre, come laccorto lettore avr gi notato, quando pre-
senta le cadenze come G.sol.re.ut acuto anzich sopracuto, una svista spiegabile
anche dal solo fatto che il Sol3 costituisce appunto la nota di passaggio tra ottava
acuta e sopracuta. Addurre questerrore per argomentare che a Ortiz mancasse la
sicurezza o linteresse di collocare le viole ad unaltezza precisa, mi pare una forza-
tura, tanto pi che egli sbaglia solo la denominazione della nota, mentre la posizio-
ne sul pentagramma e la posizione sulla tastiera della viola sono correttamente ab-
binate.38
Lunico passo in cui Ortiz parla esplicitamente di accordature si trova allinizio
del secondo libro, che dedicato alla maniera di suonare la viola contrapuntando
con altra sorte de instromenti.39 Sotto il titolo Lordine che se ha da tener in accordar
il violone col cimbalo, Ortiz scrive:40

35 SCIPIONE CERRETO, Della prattica musica vocale, e strumentale [], Napoli, Giovanni Giacomo Car-

lino, 1601 (facsimile: Sala Bolognese, Forni, 1969), p. 158.


36 ORTIZ, El primo libro, c. 4r.
37 ORTIZ, El primo libro, c. 16v: La maggior parte delle cadenze del soprano, sapendo approfittarne,

pu servire anche al basso perch vanno tutti sugli stessi tasti. Nelledizione in italiano, ottenuta per
motivi deconomia dagli stessi impianti tipografici di quella spagnola, le frasi inserite tra gli esempi
musicali sono rimaste in spagnolo.
38 OTTERSTEDT, Diego Ortiz, p. 21.
39 ORTIZ, El primo libro, c. 3, A li Lettori.
40 ORTIZ, El primo libro, c. 26.
DAL CONCERTO ALTO AL CONCERTO BASSO 39
Sono molte maniere di accordar il violone col cimbalo, perch si pu sonare per
qual si voglia tuono, alzando o calando nel sonare un punto o pi secondo il tuono
del cimbalo ricerca, il che quantunque sia difficile, col essercitio continuo se render
facile, pero la pi facile & miglior maniera di accordar il violone col cimbalo e che la
quinta del violone in vodo [a vuoto] sia unisono col gamaut del cimbalo, per che a
questo modo participano egualmente delli bassi & alti, & in questo modo de tempe-
ramento se ha da sonar tutto quello che qui se scriver di questi instrumenti.

Abbiamo ancora una volta la conferma che numerose erano le maniere di ac-
cordare la viola e che, tuttavia, non tutte ricevevano lonore dessere menzionate
negli scritti teorici. Vediamo ancora una volta il violista alle prese con strumenti
accordati diversamente e ci sentiamo partecipi delle sue difficolt a trasportare per
tutti gli intervalli. Ma soprattutto troviamo indicata laccordatura di unaltra corda
della viola, che viene espressa con preciso riferimento ad un altro strumento: in
qualunque tono sia accordato il cembalo, sia il suo Sol1 a determinare la quinta
corda della viola che cos potr coprire tutta lestensione richiesta.41
Queste preziose ma ancora lacunose informazioni si completano felicemente se
consideriamo le estensioni di tutto quello che qui se scriver di questi instrumen-
ti: le Recercadas del Trattado non passano il Re1 in basso; in alto eccezion fatta
per le diminuzioni della parte del soprano di O felici occhi miei e Doulce memoire
si fermano al La3 con un solo Sib3 nella Recercada segunda della seconda manera.42 Si
adattano quindi perfettamente alla tastiera di un ipotetico basso in Re1. Anche le
clausulas per il soprano del primo libro non superano mai il La4, ultimo tasto
dun ipotetico soprano in Re2. Tutti gli elementi concordano quindi su unaccor-
datura alta, ossia col basso in Re1, il tenore e contralto in La1 e il soprano in Re2 e
le sei corde accordate secondo lordinario schema quarta-quarta-terza-quarta-quarta.
Aurelio Marinati, dottor di legge che si prefisse lambizioso progetto di scrivere
una Somma di tutte le scienze, ha la nostra piena comprensione se per la compilazio-
ne di alcuni capitoli, sui quali difettava desperienza personale approfondita, attinse
a pubblicazioni specialistiche.43 Infatti, sebbene faccia precedere la sezione del suo
libro dedicata alla musica dallimmagine di un fantasioso strumento violiforme con
sei piroli, tasti e arco (fig. 3), il capitolo Delle viole et violoni non ci comunica niente
di nuovo, dal momento che esso non altro che una parafrasi di quanto esposto da
41 Non questo il luogo per discutere la teoria, avanzata in particolare da JOHN D. SHORTRIDGE,

Italian harpsichord building in 16th and 17th centuries, in Contributions from the Museum of History and
Technology, Washington, Smithsonian Institution, 1960, pp. 94107, secondo cui i clavicembali del Cin-
quecento erano pi bassi duna quarta. Sarebbe comunque utile rivederne le argomentazioni, basate
unicamente su misurazioni di strumenti antichi senza tenere conto delle pesanti manomissioni che
questi strumenti hanno subto nei secoli e del frequente impiego che nel Cinquecento si faceva
delle corde di ferro, con cui si potevano raggiungere tensioni molto maggiori rispetto allottone e di
consueguenza frequenze acute anche su corde molto lunghe.
42 ORTIZ, El primo libro, c. 31.
43 AURELIO MARINATI, Somma di tutte le scienze nella quale si tratta delle sette arti liberali, in modo tale che

ciascuno potr da se introdursi nella gramatica, rettorica, logica, musica, aritmetica, geometria & astrologia, di
Aurelio Marinati dottor di legge da Ravenna, Roma, Bartolomeo Bonfadino, 1587.
40 BETTINA HOFFMANN

fig. 3: AURELIO MARINATI, Somma di tutte le scienze, p. 72

Lanfranco. La fedelt alloriginale fa incorrerre Marinati perfino in un involontario


nonsense, quando riporta da Lanfranco una didascalia priva per della relativa figu-
ra.
DAL CONCERTO ALTO AL CONCERTO BASSO 41

Come nelle Scintille, abbiamo quindi il tenore uguale al liuto in La1, il soprano
una quarta pi alto, il basso una quinta pi basso e il contralto di corda in corda
unisono col tenore. Dato latteggiamento acritico e pedissequo del Marinati, non
, tuttavia, possibile addurre questa fonte come ulteriore testimonianza dellaccor-
datura alta.
Lunico elemento originale pu essere invece letto tra le prime righe di questo
breve capitolo. Passando dalla descrizione della viola sola a quella di tutto il con-
certo, Marinati ci fa indirettamente capire che il suo strumento solista il basso:
ma se vorremi accordare pi viole insieme col basso o violon grande. Lanfranco,
in questo punto era stato pi generico, contrapponendo il violone semplice a
pi violoni insieme. Notiamo infine che Marinati pi selettivo del suo ispira-
tore, dato che fin dallinizio premette che perch molti [strumenti] sono in desue-
tudine & in poca stima, ragioneremo di quelli, che sono in consideratione.44 Si-
gnificativamente rimangono perci escluse, insieme alla cetra, le violette da braccio,
a conferma della loro posizione sociale inferiore rispetto alla viola da gamba.
Nel suo trattato Della prattica musica vocale et strumentale, apparso circa mezzo se-
colo dopo Ganassi e Ortiz, il napoletano Scipione Cerreto dedica lultimo capitolo
alla viola da gamba.45 Al pari del liuto, egli la classifica come strumento perfetto,
non solo perch pu realizzare qualsiasi intervallo, per piccolo e insolito che sia,
ma, in particolare, perch linsieme di quattro o cinque viole, se ben suonato, ren-
de allorecchie delluditori una perfetta e soave armonia [] e tal perfettione si
causa perch fanno pi quattro o cinque sonatori perfetti insieme, che non sar
sonandosi un solo strumento da un solo perfetto sonatore. Questa presa di posi-
zione a favore dellesecuzione polifonica contro lintavolatura su uno strumento
armonico, esposta nel 1601, appare quantomeno poco innovativa e suona un po
antiquata; ancora una volta Cerreto, ligio alla tradizione anche nei suoi insegna-
menti di teoria musicale, si colloca in una posizione alquanto conservatrice.
Lesposizione prosegue insegnandoci che i membri del concerto di viole pren-
dono le loro denominazioni dalle parti che eseguono. Oltre alle consuete viole basso,
tenore, alto e soprano, coerenza vuole che ci siano quindi, in brani a pi di quattro
voci, viole quinto, viole sesto e via dicendo. una terminologia singolare di cui
non abbiamo nessun altro riscontro e che non ci deve certo indurre ad ipotizzare
nuove taglie con nuove accordature; si tratta pi semplicemente di nomi che mo-
mentaneamente servono a distinguere viole identiche per accordatura ma diverse
per funzioni, pratica questa che ci gi familiare per il tenore ed il contralto. Di
facile ed univoca interpretazione la successiva descrizione delle accordature: dopo
averci confermato che gli intervalli tra le corde sono uguali sia tra le varie taglie
delle viole sia tra liuto e viola, Cerreto elenca ad una ad una le note di tutte le
corde vuote; ce le mostra sul pentagramma confrontandole collintavolatura; ci de-
scrive le posizioni delle tre chiavi su ogni strumento; infine indica, con nuove so-

44 MARINATI, Somma, p. 92.


45 CERRETO, Della prattica, pp. 32935.
42 BETTINA HOFFMANN

vrapposizioni di pentagrammi ed intavolature, la posizione delle note sulla tastiera.


Abbiamo quindi sovrabbondante conferma che la sua accordatura identica a quella
di Ortiz, con il basso in Re1, il tenore e contralto in La1, il soprano in Re2; le due
testimonianze concordano anche nel proporci una sola accordatura con il tenore/
contralto alla quinta, il soprano allottava del basso. In questo contesto potr essere
di qualche marginale interesse losservazione che Cerreto, come gi Ortiz, numera
le corde dallalto al basso e dispone lintavolatura con la prima corda in alto, men-
tre Ganassi chiamava prima la corda bassa e la poneva in alto nellintavolatura. Per
future considerazioni sui registri delle viole da gamba annotiamo inoltre che Cer-
reto, quando ci mostra le note intavolate per ogni strumento, si limita allambito
compreso dalle chiavi appropriate, senza oltrepassare le note con un taglio sopra e
sotto il pentagramma. Per la viola bassa le chiavi sono quella di contrabbasso (chia-
ve di Fa sul quinto rigo), di basso, di baritono, di tenore; lestensione va quindi da
Re1 a Sol3. Del tenore intavola le note della chiave di tenore e di contralto, quindi
da Do2 a Sib3; del contralto quelle della chiave di contralto, di mezzosoprano e di
soprano, quindi da Re2 a Fa4, ossia un semitono fuori dallultimo tasto; infine, del
soprano annota solo la chiave di soprano e di violino46 con estensione da Do3 a
La4: le ultime due corde, che pure nelle pagine precedenti aveva dettagliatamente
descritto, non vengono quindi mai impiegate. Il trattato di Scipione Cerreto costi-
tuisce dunque lultima testimonianza italiana dellaccordatura alta sulla viola da gamba.

3. Le fonti manoscritte del primo Cinquecento

Se finora abbiamo considerato i trattati divulgati grazie alla stampa, ci resta ora
da prendere in esame alcuni appunti manoscritti anonimi che limprevedibilit del
caso ci ha tramandato. Per loro natura, queste fonti risultano difficili da collocare
cronologicamente e geograficamente; inoltre, il carattere rapsodico, privo di qualsi-
asi intento metodologico di queste annotazioni personali ne rende ardua linter-
pretazione. Tra queste, la testimonianza probabilmente pi antica, forse addirittura
una delle prime attestazioni della viola da gamba, una pagina appartenente ad un
trattato musicale noto sotto il titolo Regulae de contrapunto ed attribuito solitamente
ad Antonius de Leno; il manoscritto conservato a Venezia e viene messo da Har-
rn in rapporto con la famiglia veneziana Contarini, con una datazione approssi-
mativa alla fine del Quattrocento.47 La pagina viene occupata per met da alcune
istruzioni sulla distribuzione delle sillabe in musica, scritte in un italiano di chiara
46 Pur consapevole dallanacronismo di questultimo termine, preferisco impiegare i nomi cor-

renti delle chiavi per tenere sempre presente il loro legame con i registri vocali che, con luso del
razionale ma neutro F4, C3, G2 etc., si potrebbero perdere di vista.
47 Venezia, Biblioteca Marciana, ms. Lat. 336, coll. 1581. Per una descrizione dettagliata dellinser-

to cfr. DON HARRN, In pursuit of origins: the earliest writing on text underlay (c. 1440), Acta Musicologi-
ca, L, 1978, pp. 21740, e ID., Intorno a un codice veneziano quattrocentesco, Studi Musicali, 1979, pp.
4160 (con la riproduzione del foglio in facsimile dopo p. 48). Cfr. anche KLAUS-JRGEN SACHS, Anto-
nius de Leno, in Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Personenteil, vol. I, p. 795.
DAL CONCERTO ALTO AL CONCERTO BASSO 43

origine settentrionale, seguite da un breve appunto con i nomi della scala; infine in
basso, senza alcun legame col testo iniziale se non quello della grafia dello scriven-
te, troviamo un diagramma con la tastiera di uno strumento non meglio identifica-
to a sei corde e sette tasti, accordato, dallalto verso il basso, D-A-E-C-G-D. Un
riferimento dottava ci viene sia dal gamma che dalla chiave di Do coerentemente
segnata al terzo tasto della seconda corda. Le corde sono denominate cante, sot-
tanelli, tenorcelli, tenor, bordon e contra. Di quale strumento si parla? Ov-
viamente, laccordatura in Re1 fa correre il pensiero immediatamente alla viola da
gamba. Bisogna per prendere nota che gli unici due tra i nomi delle corde che
siano completi di morfema, sottanelli e tenorcelli, sono declinati al plurale; uno
sguardo comparativo al testo sovrastante rivela, nonostante lincertezza ortografica
tipica dellepoca, una perfetta coerenza nelluso delle desinenze di numero. Nasce
insomma il sospetto che le corde siano effettivamente pi duna e che si tratti in
realt dun liuto o di un altro strumento a corde doppie. Ma unattestazione cos
antica di un liuto in Re1 ha certo bisogno di indizi pi solidi di questo cavillo
morfologico; non potendo approfondire la questione in questo contesto, la conse-
gnerei volentieri ai colleghi liutisti. Alla nostra indagine sulle accordature alte o
basse, il documento non aggiunge comunque niente di decisivo, perch se anche
crediamo che si tratti di una viola in Re1, non sappiamo ancora se lautore di que-
stannotazione la considerasse tenore o basso.
In un manoscritto conservato alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze tro-
viamo due pagine dappunti di trasporto riferiti ad uno strumento con sei corde
accordate quarta-quarta-terza-quarta-quarta a cui la prudenza cimpedisce di dare,
per il momento, un nome. Il manoscritto una raccolta di opere vocali a quattro
voci di varia provenienza, copiata negli anni Venti del Cinquecento.48 Su alcune
delle pagine rimaste inutilizzate nella parte staccata del basso, unaltra mano ha ap-
puntato note ed intavolature, che qui riproduciamo in facsimile (fig. 4).49 Le due
pagine successive sono state poi predisposte dalla stessa mano per lintavolatura: ad
ognuno dei pentagrammi, gi tracciati col rastro in tutti i volumetti, stato ag-
giunto un sesto rigo. probabile quindi che gli appunti dovessero servire come
guida per unintavolatura mai iniziata.
Sulla datazione possiamo solo costatare che deve essere posteriore alla stesura del
corpo principale del manoscritto, e dunque post 1520. Ma non abbiamo nessun ter-
mine ante quem; la preziosit della carta potrebbe aver consigliato un riutilizzo di
quelle pagine anche ben pi tardi. Troviamo infatti in questo, come negli altri libri
48 Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, ms. Magl. XIX, 165, cc. 116v117. IAIN FENLON JAMES
HAAR, The Italian madrigal in the early sixteenth century, sources and interpretation, Cambridge, Cambridge
University Press, 1988, pp. 1736, ipotizzano che la copia risalga agli anni 152223.
49 Le pagine sono state trascritte da HOWARD MAYER BROWN in Sixteenth-century instrumentation: the

music for the Florentine intermedii, s. l., American Institute of Musicology, 1973, p. 229; con una breve
discussione del ms. alle pp. 5253, nota 52. La trascrizione, spezzando il primo rigo al cambio di
pagina, ne oscura ulteriormente il senso. Dalla disposizione originale, in cui il rigo scorre da pagina
a pagina, appare invece logico che i titoli alla bassa e allalta siano anche da riferirsi rispettiva-
mente alla terza e quarta scala.
44
BETTINA HOFFMANN

Fig. 4: I-Fn, Magl. XIX, 165, cc. 116v-117


DAL CONCERTO ALTO AL CONCERTO BASSO 45

parte, frammenti musicali tracciati da mani diverse, alcuni databili addirittura nella
seconda met del Cinquecento. Cerchiamo ora di risalire da queste istruzioni di
trasporto allo strumento a cui erano riferite. Escludendo immediatamente uno stru-
mento in Re1 perch sia il trasporto alla bassa che allalta abbasserebbero di fat-
to le note intavolate, potremmo supporre che una delle due indicazioni sia da leg-
gere come loco, come sta, un uso di cui abbiamo numerose testimonianze nel
primo Seicento. In tal caso, avremmo a che fare con uno strumento o in La1 o in
Mi1. Solo su uno strumento in Sol1 invece escludendo astruse accordature mai
documentate le due istruzioni darebbero trasporti nelle direzioni indicate.
Ma il lapidario titolo sul margine sinistro della prima pagina, Vio/le, d origi-
ne ad altre ipotesi ancora: le istruzioni potrebbero facilmente riferirsi a strumenti
diversi con accordature diverse che lautore, in un appunto cos precipuamente per-
sonale, non era certo tenuto a specificare. La prima e terza scala potrebbe allora
riferirsi ad uno strumento in Re1, la seconda e quarta ad uno in La1; ma molte
altre ancora sono le combinazioni che potrebbe escogitare chi cerca dinterpretare
queste istruzioni. Non devessere infine sottovalutata la possibilit che viole in-
tenda, anche in questo caso, designare dei liuti, secondo una terminologia molto
diffusa nel Cinquecento.50 Davanti a tante possibili interpretazioni, tutte pi o meno
plausibili, dobbiamo rinunciare a identificare con certezza gli strumenti che ligno-
to autore voleva intavolare. Possiamo solo rilevare, ancora una volta, limportanza
dei trasporti sugli strumenti a corda anche in toni lontani: dal Re sul primo tasto
del primo e terzo esempio del secondo rigo, apprendiamo che una corda vuota
poteva essere intonata (realmente o virtualmente) addirittura in Do diesis. Notia-
mo inoltre che lautore di questi appunti oscilla, come gi Ganassi, tra la possibilit
di cambiare o meno lintavolatura in propriet di bemolle. Nel primo caso (illu-
strato dallultima scala del primo rigo e la prima met del secondo) egli alza linta-
volatura di tono, procedimento che Ganassi riservava alla propriet della musica ficta.
Pochi sono gli elementi a nostra disposizione per speculare su un rapporto per-
sonale tra due violisti italiani del Cinquecento, il celebre Alfonso della Viola (ca.
1508ca.1573) e Silvestro Ganassi, pressappoco coetanei: abbiamo le parole di am-
mirazione del Ganassi davanti alla precisione di Alfonso nel suonare fuori dai tasti e

50 STEFANO LORENZETTI, Viola da mano e viola da arco: testimonianze terminologiche nel Cortegiano

(1528) di Baldassare Castiglione, Liuteria. Musica e cultura, I, 1996, pp. 223. I molti documenti ad-
dotti in questo studio a sostegno del doppio significato del termine viola si completano con ulte-
riori testimonianze. In un inventario ferrarese del 1511 vengono registrati Quattro violoni alla na-
politana tra i liuti anzich tra le viole (Modena, Archivio di Stato, Archivio Estense, Registro
damministrazione del Cardinal Ippolito dEste, 1511, c. 245r). GIOSEFFO ZARLINO, Sopplimenti musicali,
Venezia, Francesco de Franceschi, 1588 (facsimile: Ridgewood, NJ, Gregg, 1966), Tavola de gli istru-
menti arteficiali, p. 217, annovera il liuto, la viola & altri simili tra gli strumenti che si suonano
toccando le chorde con una mano; ben distinto invece il violone, elencato tra gli strumenti con
tasti che si suonano con larchetto. Ancora nellultimo decennio del Cinquecento, Luigi Zenobi,
nella sua lettera ad un principe ignoto, parla della chitarra alla spagnuola o per dir meglio viola; cit.
in BONNIE J. BLACKBURN EDWARD E. LOWINSKY, Luigi Zenobi and his letter on the perfect musician, Studi
musicali, XXII, 1993, p. 88.
46 BETTINA HOFFMANN

un foglio manoscritto anonimo, che ci rivela una buona intesa tra i due sul modo
daccordare le viole.51 Sotto il titolo Il modo de sonar il violon segondo Alfonso de la
Viola il compilatore di questa pagina, indicando la posizione delle chiavi sui tasti
delle tre taglie, indirettamente ci istruisce sulle loro accordature. Nellordine di be-
quadro il Sol3 della chiave si trova sul soprano al 3 tasto della III corda, il Do3 sulla
IV corda a vuoto. Nello stesso ordine tenore e contralto hanno il Do3 sul 1 tasto
della III corda; il Fa2 si trova sul basso al 3 tasto della IV corda. Nellordine di be-
molle, invece, le posizioni delle tre chiavi sono alzate di un tono. La disposizione
che se ne pu dedurre perfettamente identica alla terza regola di Ganassi: in
propriet di bequadro i due autori fanno riferimento ad unaccordatura reale o
virtuale del basso in Mi1, tenore e contralto in La1, soprano in Re2; in propriet
di bemolle del basso in Re1, tenore e contralto in Sol1, soprano in Do2. Ancora una
volta, ci mancano gli elementi espliciti per decidere se Alfonso scordasse la viola
ogniqualvolta cambiava propriet o se trasportava di tono; per i motivi addotti a
proposito della Regola rubertina, siamo anche in questo caso pi inclini ad abbracciare
la seconda ipotesi. Non sappiamo poi quale dei due ordini corrisponda allesecuzio-
ne in tono; distinto siamo portati a decidere in favore della propriet naturale, ma il
confronto con la terza regola di Ganassi ce ne toglie la certezza. Non dobbiamo
per chiedere a questo testo pi di quanto prometta: la sua ambiguit logica conse-
guenza dellapproccio annunciato fin dal titolo, che mette al centro il modo de so-
nar, ossia il tastare le note; non si tratta dunque di unistruzione di accordatura. A
questa dedicata invece la seconda parte del breve testo sotto il titolo Il modo daccor-
dar li violoni secondo il detto authore, che per non indica note assolute ma solo le rela-
zioni tra le tre taglie, confermandoci soltanto che esse stanno a distanza di quarte.
Secondo la testimonianza raccolta su questo foglio, Alfonso della Viola potrebbe aver
accordato il suo concerto di viole in Mi1, La1, Re2 oppure in Re1, Sol1, Do2; si tratta,
in ogni caso, di unulteriore conferma delluso dellaccordatura alta.

4. Fonti secondarie del primo Cinquecento

Se fino a questo punto abbiamo riscontrato un notevole accordo tra i trattatisti


della prima met del Cinquecento nel descrivere laccordatura alta delle viole da
gamba, dobbiamo ora verificare quanto le loro indicazioni siano compatibili con le
notizie che si raccolgono fuori dallmbito trattatistico. Solo nel caso in cui doves-
sero presentarsi insormontabili incompatibilit, dovremo rivedere i risultati fin qui
registrati e ipotizzare che tutti i teorici si riferissero alla viola come a uno stru-
51 La pagina si trova ora a New Haven (CT), Yale University Music Library, Misc. Ms. 243. Era

stata rilegata insieme a un esemplare di un libro di cucina di Michele Savonarola. Una riproduzione
in facsimile, con discussione del contenuto, si trova in MORETTO SPENCER BROWN, How Alfonso della
Viola, pp. 520533. Gli autori, in base ad una pur debole traccia della filigrana, datano il foglio negli
anni 6070 del Cinquecento, invalidando convincentemente la datazione proposta da WOODFIELD,
The early history, pp. 140141.
DAL CONCERTO ALTO AL CONCERTO BASSO 47

mento traspositore. necessario anzitutto focalizzare la nostra attenzione sul reper-


torio eseguito da questi strumenti e sulla loro funzione nel consesso musicale; poi-
ch le fonti musicali primarie sono quasi sempre reticenti sulla strumentazione, dob-
biamo rivolgerci a quelle secondarie: descrizioni di particolari esecuzioni, liste di
pagamento ed altri documenti contabili o letterari. Non minori aspettative ripo-
niamo in unindagine intorno alle viole visibili, studiando cio reperti iconografici
e strumenti conservati a tuttoggi.
I documenti archivistici e letterari che testimoniano limpiego della viola da gamba
non sono numerosissimi; troppo pochi in ogni caso per azzardare statistiche tese a
dimostrarne prevalenze duso. Ci rivelano per che la viola da gamba veniva suo-
nata in pressoch tutti gli mbiti musicali: nel momento dintrattenimento a corte
e nelle case dellalta borghesia; nelle accademie, nei banchetti, nei festeggiamenti
solenni e negli spettacoli della nobilt; addirittura nelle processioni allaperto, su
carri trainati. Non mancava chi impiegasse la viola come strumento didattico. Non
conosciamo invece testimonianze delluso della viola, come pure di altri strumenti,
in contesti liturgici nella prima met del Cinquecento. Sia che la viola venisse suo-
nata da dilettanti nobili o borghesi di vasta cultura musicale che comunque di-
sdegnavano dapplicarsi al virtuosismo di un singolo strumento sia da professio-
nisti anche loro versati nella pratica di diversi strumenti si deve osservare che
non esisteva in quel periodo la figura del violista da gamba tout court, n tantomeno
una casta professionale di violisti. Diego Ortiz era noto ai suoi contemporanei
soprattutto come compositore; Ganassi scrisse del flauto con tanta perizia quanto
della viola; Alfonso della Viola era celebre per diminuire sul liuto oltre che sulla
viola, ed era stimato come compositore, solo per citare alcuni dei violisti pi ce-
lebri. Ampio poi lo spettro degli organici in cui trova posto la viola. Da una parte
abbiamo testimonianze di concerti di viole da gamba: quattro, cinque o sei ele-
menti che raramente suonavano da soli e pi comunemente si univano a cantanti o
ad altri strumenti. Dallaltra parte troviamo singole viole che accompagnano grup-
pi di voci e strumenti variamente assortiti. Infine il violista, non diversamente dal
cantante e dagli altri strumentisti, poteva farsi protagonista diminuendo e fiorendo
virtuosisticamente un brano polifonico.52 Suonata da sola, la viola considerata in-
vece incompleta; in quanto strumento essenzialmente monodico, non viene rite-
nuta autosufficiente n del tutto soddisfacente per accompagnare da sola la voce.53

52 Evitiamo qui di proposito la parola solista perch si tratta comunque di una performance collet-
tiva.
53 ALESSANDRO PICCOLOMINI, Della istitution morale libri XII, Venezia, Francesco Ziletti 1582, p. 154: Et

quantunque la viola sia honoratissimo instrumento e dolcissimo; nondimeno per essere bisognoso
delle altre parti e conseguentemente essendo instrumento obligato [] giudico che il gravicembalo
e il liuto per tal cosa siano commodissimi. ANNIBALE GUASCO, Ragionamento ad Lavinia sua figliola della
maniera di governarsi in corte, Torino, erede di Bevilacqua, 1586, cc. 20r-v: Et oltre alla viola, ottima
compagnia ti far il clavicordo, strumento molto pi della viola compiuto; col quale potrai nelle
sopradette cose da te stessa nel canto aiutarti. Le due citazioni riportate in LORENZETTI, Musica e
identit, pp. 180, 184 risalgono alla seconda met del secolo, ma ci pare lecito ritenerle valide
anche per un periodo precedente.
48 BETTINA HOFFMANN

Lo stesso Ganassi, lunico autore che ci trasmetta un madrigale per voce e viola
sola, si scusa delle imperfezioni di questa forma perch listromento in tal prattica
non e il suo natural.54 Non vi insomma traccia, in tutti i documenti dellepoca,
dellesistenza di una nicchia professionale riservata dentro cui la viola da gamba
avrebbe potuto, riparata dal contatto con le altre discipline musicali, coltivare e man-
tenere attraverso gli anni e i paesi un modo di leggere la musica diverso da quello
degli altri strumenti. Sarebbe necessario avere notizia di una corporazione o alme-
no di una scuola di violisti che gelosamente custodisse e tramandasse i suoi segreti
professionali, per poter credere che su tutte le viole di Italia, per un buon secolo, si
trasportasse sempre e sempre duna quarta. Le fonti ci presentano, al contrario, una
realt in cui la viola da gamba strettamente integrata nella vita musicale e nel
gioco di scambio con gli altri strumenti e con la voce.
Sarebbe risolutivo per la nostra indagine se le fonti archivistiche dellepoca po-
tessero indicarci precisamente quali brani venivano eseguiti dal concerto delle vio-
le; quali tipi di viole realizzavano una determinata parte; in quale ottava ed in quale
tono, perch potremmo dedurne definitivamente i registri e le estensioni per ogni
membro della famiglia. Ma le fonti musicali tacciono ogni dettaglio di strumenta-
zione, mentre le descrizioni coeve delle esecuzioni sono solo poco meno lapidarie
ed difficile credere che futuri ritrovamenti ci possano restituire informazioni cos
dettagliate. Le fonti oggi disponibili ci comunicano tuttal pi di quanti elementi
era composto il concerto delle viole: leggiamo di una musica nascosa di quattro
viole, e poi quattro voci con viole che cantorno una stanza;55 di sei voci, sei viuole
allinterno dun grande complesso strumentale;56 di quattro violoni che accom-
pagnano i soprani;57 di sei violoni ingaggiati per un banchetto.58 Intorno agli au-
spicati dettagli tecnico-musicali queste fonti redatte da scalchi, notai, poeti, di-
plomatici, ma raramente da musicisti rimangono mute e, se insistessimo a
54 GANASSI, Lettione seconda, cap. XVI.
55 Intermedio finale della commedia La Calandria di Bernardo Bibbiena descritto da Baldassarre
Castiglione in una sua lettera a Ludovico di Canossa, da Urbino, febbraio 1513, pubblicata in BALDAS-
SARRE CASTIGLIONE, Le lettere, a c. di Guido La Rocca, Milano, Mondadori, 1978, vol. I, p. 348.
56 Le quali cose mentre si mangiarono, fece una musica messer. Alphonso dalla Viuola, nella quale

erano sei voci, sei vivole una lira, un lauto, una cittara, un trombone, un flauto grosso, un flauto
mezano un flauto alla alemana, una sordina e due stromenti da penna, un grande, & un picciolo, la
qual musica fu tanto bene concertata, che ad ognuno pareva essere di quivi alle superne parti passa-
to. Il banchetto, avvenuto a Ferrara nel 1529, descritto da CHRISTOFARO DI MESSISBUGO, Libro novo nel
qval sinsegna a far dogni sorte di vivanda [],Venezia, eredi di Giovanni Padoano, 1557 (facsimile: Sala
Bolognese, Forni, 1982), c. 14v.
57 Nel terzo [atto] cantarono su quattro violoni, voci soprane. Si tratta della musica da interme-

dio a una commedia di Lorenzo Strozzi, data a Firenze nel 1518 e descritta da FRANCESCO ZEFFI, Di
Lorenzo Strozzi autore di queste vite. Ragionamento, pubblicata in LORENZO DI FILIPPO STROZZI, Le vite degli
uomini illustri della casa Strozzi, a. c. di Pietro Stromboli, Firenze, Landi, 1892, p. XIII.
58 Si tratta dei festeggiamenti veneziani in onore dei duchi di Ferrara del 1534, di cui si conserva

un resoconto delle spese: Spese fatte per la collatione el zorno della festa stando la signora duchessa
in buzentoro; Venezia, Archivio di Stato, Ufficiali alla Rason vecchie, Notatorio, reg. 27, c. 188, docu-
mento pubblicato in POMPEO MOLMENTI, La storia di Venezia nella vita privata, dalle origini alla caduta della
repubblica, [Venezia, 1879], Bergamo, Istituto italiano darti grafiche, 19062, vol II, p. 638.
DAL CONCERTO ALTO AL CONCERTO BASSO 49

interrogarle con precise domande, inevitabilmente otterremmo risposte fuorvianti.


A ci si aggiunga la gi ricordata genericit del termine viola e la non univocit
di violone, che indubbiamente designa in molti casi la viola da gamba; sia Ganassi
sia Lanfranco sentono infatti il bisogno di circostanziarlo come violoni da tasto &
da arco per evitare ogni confusione con la famiglia del violino e con gli strumenti
a pizzico. Inoltre, il semplice accrescitivo nel termine violone non sufficiente a
farci ipotizzare che si trattasse di strumenti di taglia particolarmente grande e per-
ci bassa: tutta la famiglia della viola da gamba, che rispetto a quelle della viola da
braccio pi larga e profonda anche nelle sue taglie pi piccole, potrebbe a buon
diritto essersi guadagnata questo nome. Per individuare il repertorio destinato al
concerto delle viole dobbiamo allora ripiegare su ipotesi e intuizioni, un terreno
su cui dobbligo procedere con la massima cautela. Bisogna anzitutto partire da
unimprescindibile premessa dordine generale: losservazione della stretta e vicen-
devole compenetrazione tra musica vocale e strumentale che caratterizza, nella musica
profana, il primo secolo della vita della viola da gamba; infatti, nellestetica come
nella pratica musicale del Rinascimento, non ha senso una delimitazione tra i due
mbiti.59 Dobbiamo quindi credere che le viole, coinvolte a pieno titolo in questo
intreccio e spesso affiancate ai cantanti, siano predestinate a raddoppiare o sostituire
le voci della polifonia; cos sembra suggerire la simmetria tra le quattro viole e le
quattro voci de La Calandria, oppure quella tra le sei viole e le sei voci del ban-
chetto di Ferrara. difficile allora difendere lidea che il concerto delle viole avesse
unestensione del tutto difforme da quella dei cantanti, che arrivasse ad un La0,
umanamente irraggiungibile, e che necessitasse di uno strumento soprano col La1,
precluso alla voce femminile quanto a quella puerile; tutte conseguenze, insomma,
della supposizione che le viole fossero strumenti traspositori. Vi per una pecu-
liarit della viola da gamba che rende pi intricata la questione: rispetto alle voci
umane, la sua estensione decisamente troppo ampia; solo strumenti destinati per
loro natura a suonare polifonicamente (come organo, cembalo, liuto e arpa) vanta-
no mbiti tonali simili. Le sei corde della viola, ereditate dal liuto, concedono
unestensione di due ottave e mezzo in regime normale, cio rimanendo sui tasti e
senza voler arrivare alla fine della tastiera, come racconta Ganassi dei virtuosi del
suo tempo. Un solo strumento abbraccia dunque comodamente due registri vocali
e addirittura tre, senza grande sforzo. Cos dunque, per eseguire una parte di sopra-
no, sar sufficiente uno strumento in La1: per raggiungere il Mi4, picco massimo
nella stragrande maggioranza delle parti vocali cinquecentesche, non occorre ne-
anche uscire dai tasti di quello strumento; molte volte la viola soprano potrebbe
quindi risultare superflua. Uno strumento basso in Re1, a sua volta, giunge in acuto
a coprire tranquillamente una parte vocale scritta in chiave di contralto, mentre in
basso dispone di note pi gravi di quelle richieste normalmente ad un cantante
basso. quindi comprensibile che Giovanni Nasco consigli agli accademici Filar-
monici di Verona di affidare alcuni suoi madrigali a voce mutate ossia dai registri
59 STEFANO LORENZETTI, Musica e identit nobiliare, pp. 181190.
50 BETTINA HOFFMANN

Fig. 5: SILVESTRO GANASSI, Fontegara, frontespizio


spostati presumibilmente verso il basso e composti originalmente per tromboni, a
le vostre flauti grosse se no almeno per le viole,60 perch le viole, grazie alla loro
estensione, sono predestinate a mutar voce. Proprio nelleccezionale estensione delle
viole da gamba potrebbe stare la chiave di comprensione della destinazione alle
lyris maioribus di una raccolta di Nicolas Gombert. La sua Musica quatuor vocum,
vulgo motecta nuncupatur, lyris maioribus, ac tibijs imparibus accomodata, , a mia cono-
scenza, lunica edizione italiana di musica polifonica del periodo che, seppur para-
frasandone i nomi in latino, richieda espressamente delle viole da gamba.61 Allin-
terno dellopera troviamo brani in tutte le chiavi ed estensioni, in verit non
diversamente da altre raccolte del periodo. Ma Gombert sapeva e prudentemente
avvertiva lesecutore che per composizioni cos varie la prima voce spazia dalla
chiave di violino a quella di tenore sarebbero occorsi strumenti flessibili come
le viole, oppure dei tibijs imparibus ossia una buona scelta di strumenti a fiato di
varia taglia.
stato spesso rilevato che tra i reperti iconografici del primo Cinquecento ra-
ramente si incontrano viole cos piccole da poter immaginare che sostenessero una

60 Lettera del 22 marzo 1552, pubblicata in GIUSEPPE TURRINI, Il maestro fiammingo Giovanni Nasco a

Verona (15471551), Note darchivio per la storia musicale, XIV, 1937, pp. 180225: 206.
61 NICOLAS GOMBERT, Musica quatuor vocum, vulgo motecta nuncupatur, lyris maioribus, ac tibijs imparibus

accomodata, s. l. [Venezia], Girolamo Scotto, s. d. [1539].


DAL CONCERTO ALTO AL CONCERTO BASSO 51

prima corda in Re4.62 Particolarmente significativo sembrato a qualcuno il fatto


che i tre strumenti raffigurati sul frontespizio della Regola rubertina siano tutti di
registro medio-basso; si sono perfino volute trarre da questa immagine occulte ese-
gesi del trattato. Ma quando sinterrogano le fonti iconografiche per ricavarne in-
formazioni musicologiche od organologiche, non si pu non tener conto della loro
funzione, destinazione e, non ultima, della loro qualit tecnico-pittorica. Proprio
nel caso della Regola di Ganassi, ci troviamo di fronte ad una xilografia delineata da
una mano sgraziata e piuttosto primitiva, dove gli evidenti errori di proporzione
anatomica ci avvertono che non affatto prudente voler considerare questimma-
gine come unaffidabile fonte dinformazione riguardo alle proporzioni degli stru-
menti raffigurati. Inoltre, per ridimensionare il peso semantico di questo frontespi-
zio, che esaurisce il suo compito nellabbellire ledizione, baster confrontarlo con
quello della Fontegara dello stesso autore, delineato da una mano pi esperta, dove
troviamo raffigurati tre flauti dalla grandezza pressoch identica (fig. 5).63 Il rappor-
to tra dimensione ed intonazione, ben pi vincolante negli strumenti a fiato che in
quelli a corda, ci vieta di tessere un qualsiasi legame con gli strumenti descritti
allinterno del libro.
Proprio nella xilografia della Fontegara potremmo ravvisare una delle rare testi-
monianze iconografiche del concerto di viole in accordatura alta: appese al muro
dietro ai flautisti e cantori si intravedono tre viole di cui quella al centro, proprio
come predicava Lanfranco, ha le stesse dimensioni del liuto che le pende vicino.
Ma ancora una volta dobbiamo stare attenti a non sovraccaricare di significato un
dettaglio che altro non vuol essere che ornamento dellincisione.
Altre raffigurazioni di viole piccole comunque non mancano: si trovano in un
quadro di Timoteo Viti, Madonna con bambino (15011505 ca.),64 nel dipinto di Ber-
nardo Zenale che decora lorgano destinato alla chiesa di Santa Maria di Brera a
Milano (1508),65 e negli affreschi della chiesa di San Maurizio di Milano, eseguiti
da Aurelio Luini.66 Ancor pi rare sono invece le immagini dello stesso periodo
che ci mostrino un basso darco cos grande da rendere credibile unaccordatura in
La0.67 Dobbiamo aspettare gli anni 156263 per trovare il primo, famoso esempio
62 Dato il carico di rottura del budello, una corda lunga un metro indipendentemente dal suo

diametro pu salire fino a un massimo di 260 Hz; per ottenere 650 Hz si pu quindi calcolare
che la distanza tra ponte e capotasto di questo strumento non pu superare i 40 cm circa.
63 SILVESTRO GANASSI, Opera intitulata Fontegara [], Venezia, per lautore, 1535 (facsimile: Roma

Societ Italiana del Flauto Dolce, 1991).


64 Riprodotto in WOODFIELD, The early history, p. 86.
65 Riprodotto in RENATO MEUCCI, Early evidence of the viola da gamba in Italy, in The Italian viola da

gamba. Proceedings of the international symposium on the Italian viola da gamba, ed. Susan Orlando, Torino,
Angolo Manzoni, 2002, pp. 1733: 28.
66 Riprodotto in WOODFIELD, The early history, p. 160.
67 Una lunghezza minima per le corde basse ben pi difficile da determinare, perch, diversa-

mente dalla lunghezza massima delle corde acute, dipende non gi da un valore oggettivo come il
punto di rottura della corda, ma dal risultato sonoro, tanto pi indefinito quanto pi la corda corta
e perci bassa di tensione. quindi in gioco gusto e tolleranza personali, ma difficilmente la lun-
ghezza vibrante di un basso in La, incordato con sole corde di budello, pu essere inferiore a cm 85
52 BETTINA HOFFMANN

nelle Nozze di Cana di Veronese, il cui contesto potrebbe oltretutto suggerire un


carattere volutamente fantastico degli strumenti.68 La preferenza dei pittori va, in
definitiva, allo strumento medio-basso, dalle approssimative dimensioni delle viole
tenore e basso dei secoli successivi. Senza voler elevare questo rilievo statistico a
prova definitiva, dobbiamo per mettere in luce la coincidenza con lopinione espres-
sa da Ganassi, Ortiz, Marinati e molti altri, per i quali lo strumento basso in Re1
principe e guida di tutta la famiglia.
Infine, dobbiamo invitare alla massima cautela chi volesse trarre conclusioni da-
gli strumenti antichi conservati fino ai nostri giorni. Desolatamente sono pochi gli
strumenti originali che il caso ha voluto far giungere fino ai nostri giorni, e molti
fra questi hanno subto profonde modifiche nel passare di generazione in genera-
zione, come hanno dimostrato con particolare accuratezza le indagni di Karel Mo-
ens.69 Abbiamo, vero, nello strumento di Giovanni Maria da Brescia, conservato
al museo di Oxford, lesempio di un soprano del primo Cinquecento, ma finch
un approfondito esame scientifico non dimostrer la sua autenticit e lintegrit di
almeno quelle parti che determinano la lunghezza vibrante della corda, sar pru-
dente sospendere ogni giudizio.
Il nostro breve esame delle fonti secondarie del primo Cinquecento non ha dato
risposte decisive allindagine intorno al conflitto delle accordature, ma non ha ne-
anche rivelato incompatibilit con laccordatura alta descritta dai teorici, che d
piuttosto limpressione di essere stata la favorita.

5. Notizie dalla Germania meridionale

Se volgiamo lo sguardo fuori dallItalia per rintracciarvi eventuali filiazioni o


relazioni con le accordature italiane della viola da gamba, vi troviamo accordature
dimpostazione talmente diversa da farci escludere che vi sia stata uninfluenza di-
retta. A Lione, nel 1556, Jambe de Fer descrive laccordatura delle viole francesi per
sole quarte, distinguendola esplicitamente da quella italiana che justement come
le lucz, assavoir quarte, & tierce;70 anche Mareschall accorda la viola per sole quar-
te.71 Ma lalternanza italiana tra quarte e terza era in uso da tempo anche nella

90. Dato che la dimensione della cassa di risonanza poi determinante per una buona resa sonora
delle note basse, dobbiamo aspettarci uno strumento che arrivi almeno alle spalle di un uomo adulto.
68 RODOLFO BARONCINI, Lettura di un concerto angelico: lAssunzione di Santa Maria in Agro a Pallanza

in Le immagini della musica, atti del seminario di iconografia musicale (Roma, 1994), a c. di Francesca
Zannoni, Roma, Palombi, 1996, pp. 7274, e nota 8.
69 KAREL MOENS, Authenticiteitsproblemen bij oude strijkinstrumenten, Musica antiqua, III, 1986, pp.

8087, 105111; ID., Problems of authenticity in sixteenth-century Italian viols and the Brussels collection, in
The Italian viola da gamba, pp. 97114.
70 PHILIBERT JAMBE DE FER, Epitome musical, Lyon, Michel du Bois, 1556, pp. 5659: esattamente

come il liuto, vale a dire per quarta e terza.


71 SAMUEL MARESCHALL, Porta musices [] mit einem kurtzen Bericht und Anleitung zu den Violen [],

Basel, Sebastian Heinrich Petri, 1589.


DAL CONCERTO ALTO AL CONCERTO BASSO 53

Germania centrale: Martin Agricola, nella Musica instrumentalis deudsch, scritto a


Magdeburg e stampato nella vicina Wittemberg nel 1529, ci comunica la seguente
accordatura per le Grosse Geygen, le viole grandi:72
Discantus: Fa2-La2-Re3-Sol3-Do4
Altus/Tenor: Do2-Fa2-La2-Re3-Sol3
Bassus: Sol1-Do2-Fa2-La2-Re3-Sol3

Come si vede, questaccordatura d la preferenza, nel rapporto tra le tre taglie,


allunit delle note Altus e Tenor addirittura non sono altro che un Bassus senza
la VI corda a scapito delluniforme successione degli intervalli: lintervallo di ter-
za viene a trovarsi tra corde sempre diverse per rimanere costantemente ancorato
alle note Fa2 e La2. un procedimento fondamentalmente diverso da quelli visti
finora, che favorisce chi legge non da unintavolatura ma dalle note: la Tabelthur
di Agricola, che segue la tradizione organistica tedesca, segna infatti non la posizio-
ne sulla tastiera bens i nomi delle note.
Dalla Germania meridionale ci giungono invece due testimonianze che appaio-
no pi strettamente imparentate con quelle italiane, perch mantengono linterval-
lo di terza costantemente tra III e IV corda. Luna proviene da un libro dappunti
manoscritti di Jrg Weltzell, studente alluniversit di Ingolstadt;73 laltra dalla Musi-
ca teusch del liutaio norimberghese Hans Gerle, stampato a Norimberga nel 1532 e
ristampato come Musica und Tabulatur nel 1546.74 In entrambe le fonti laccento
posto sul metodo dintavolatura, come rimarca il titolo della ristampa di Gerle; en-
trambe completano la parte teorica con intavolature di brani a quattro voci; ed en-
trambe ci rivelano la stessa accordatura e lo stesso tipo di trasporto. Il loro sistema
dintavolatura quello impiegato dai liutisti tedeschi, documentato per la prima
volta nella Germania meridionale: Sebastian Virdung, originario dAmberg, il pri-
mo a darcene testimonianza nel suo Musica getutscht, ne fa risalire linvenzione al
norimberghese Conrad Paumann.75 Si tratta di unintavolatura che indica la posi-
zione sulla tastiera, favorendo cos la lettura su strumenti accordati per note sempre
diverse. Dato che gli appunti di Weltzell e la stampa di Gerle mettono le lettere
dellintavolatura in relazione con il pentagramma e le tre chiavi, ci possibile de-
durne indirettamente la seguente accordatura:76

72 MARTIN AGRICOLA, Musica instrumentalis deudsch [], Wittemberg, Georg Rhau, 1529 (facsimile:

Hildesheim, Georg Olms, 1985), cap. VIII, cc. XLIVv-XLVI.


73 Il manoscritto conservato a Mnchen, Universittsbibliothek, 4 Cod. ms. 718.
74 HANS GERLE, Musica und Tabulatur, auff die Instrument der kleinen und grossen Geygen [], Nrn-

berg, Hieronymus Formschneider, 15462. Colgo loccasione ma molte altre ce ne sarebbero


per ringraziare Kathryn Bosi della Biblioteca Berenson,Villa I Tatti, Firenze, per il suo costante aiuto.
75 SEBASTIAN VIRDUNG, Musica getutscht und ausgezogen [], Basel, [M. Furter], 1511.
76 GERLE, Musica, c. H4; WELTZELL, cc. 9899.
54 BETTINA HOFFMANN

Discant: Re2-Sol2-Si2-Mi3-La3
Tenor/Alt: Sol1-Do2-Mi2-La2-Re3
Bass: Re1-Sol1-Si1-Mi2-La2

Se viole a cinque corde sono quindi la norma, Gerle conosce per anche stru-
menti a sei, seppur trovi che ist gleich wohl an den fnffen gnug;77 questeven-
tuale VI corda si pone ancora una quarta sotto alla V. Ecco dunque la prima testimo-
nianza dellaccordatura bassa, che non vale solo sul raro strumento basso a sei corde
di Gerle ma che si riconosce anche sulle viole a sole cinque corde, dato che le
prime tre sono accordate in La2, Re3 e La3. Su viole cos basse lesecuzione di brani
particolarmente alti costituir un problema, perch facilmente sar superato il limi-
te del settimo tasto. La soluzione proposta dai due autori identica: in quel caso
necessario trasportare il brano alla quarta bassa. Le parole con cui introducono le
nuove tabelle dintavolatura abbassate di una quarta, ci confermano univocamente
che ancora una volta da intendere un trasporto reale, non una diversa accordatu-
ra; scrive Gerle: wan du ein Gesang in die Tabulatur setzen wolst und er ging so
hoch das du nit so vil bnd auff der Geygen hettest so mustu die nachfolgenden
Defelen darzu brauchen;78 e oltre: Wann aber ein Gesang mit den noten hher
ging dann die Tablatur in der Scala auweist so must du den selben gesang einer
quart nidrer anfahen dann es verzeychnet ist.79 Weltzell nei suoi schizzi invece
pi lapidario: Dar nach auff die Quartt her ab so der Discantus zu hoch geht.80
Infine, quasi a voler fugare il nostro sospetto che le altezze indicate dalle chiavi
sulla tastiera fossero solo relative,81 Gerle dedica alcune pagine a ein kurtze Un-
derricht welcher das figural Gesang singen kan wie er soll au den Noten Geygen
all Stim,82 in cui mette le note della scala guidoniana in relazione con le intavola-
ture e d i nomi di tutte e cinque le corde; la V e ultima corda del basso , per
esempio, il Dsolre under dem gamaut.83 Il riferimento alle note assolute perfet-
tamente coerente con lesposizione precedente. Ancora una volta, notiamo che questo
riferimento non entra in contrasto con una certa tolleranza verso le oscillazioni del
diapason assoluto. Fin dallinizio Gerle aveva concesso al violista daccordare la pri-

77 GERLE, Musica, c. A2v: seppur con cinque ve n a sufficienza. Una viola a sei corde raffigura-

ta a c. A4r; dellaccordatura della sesta corda si parla a c. A4v.


78 GERLE, Musica, c. I2v: Quando vuoi intavolare una melodia che fosse cos alta da non bastarti i

tasti sulla viola, devi usare le seguenti tavole.


79 GERLE, Musica, c. K2: Se per un canto andasse pi in alto della scala intavolata, allora devi

iniziare quel canto una quarta pi bassa di come scritto. Gerle intende con scala quella guido-
niana; il trasporto viene quindi ritenuto necessario quando la melodia supera il Mi4.
80 WELTZELL, c. 98v: Segue alla quarta bassa se il canto va troppo in alto.
81 Tesi sostenuta, tra i molti, da EPPELSHEIM, ad esempio, nel suo contributo Stimmlagen und Stim-

mung, pp. 149150, nota 14. significativo che Gerle lasci dedurre laccordatura solo indirettamente
finch si rivolge a chi legge dallintavolatura, mentre indichi qui i nomi delle note di ogni corda
senza esitazione.
82 GERLE, Musica, cc. K1K2: Una breve istruzione per chi sa cantare il canto figurato, come pu

suonare sulle viole tutte le parti dalle note.


83 GERLE, Musica, c. K2: Dsolre sotto il gamaut.
DAL CONCERTO ALTO AL CONCERTO BASSO 55

Fig. 6: NIKOLAUS SOLIS, Banchetto durante le nozze del duca bavarese (particolare)

ma corda in rechter Ma wie du wilt doch nit zu hoch auff das sie es erleiden
mg und nit zerspring;84 ma avevamo gi messo in luce come questa regola, pre-
cedentemente formulata da Agricola, e spesso riportata dai trattati sul liuto, non sia
cos elastica come potrebbe apparire alla prima lettura. Linvito ad accordare come
vuoi appare logico davanti alla molteplicit dei diapason in vigore, ma non toglie
che le corde si debbano comunque collocare su precise note della scala guidoniana
che lo ripetiamo offriva seppur vago riferimento daltezza assoluta.
Ancora dalla Germania meridionale, questa volta da Monaco, ci giunge una bre-
ve ma preziosa testimonianza nella descrizione dei solenni festeggiamenti delle nozze
del duca Guglielmo V di Baviera con Renata di Lorena nel 1568. A descriverci gli
strumenti che intrattennero i commensali tra le innumerevoli portate del banchet-
to nuziale , in questo caso, un esperto musicista quale il compositore e cantante
napoletano Massimo Troiano.85 Leggiamo che tra la quinta e sesta portata fu fatta
una sontuosa musica, con sei viole di gamba grosse, quali vanno quarta pi basso
delli altri ordinarii, sei flauti, sei voci e lo strumento di penna.86 Le sue parole
84 GERLE, Musica, c. A4v: nella giusta misura come vuoi, ma non troppo alto affinch lo regga e

non si spezzi.
85 MASSIMO TROIANO, Discorsi delli trionfi, giostre, apparati, e delle cose pi notabili fatte nelle sontuose

nozze dellillustrissimo & eccellentissimo signor duca Guglielmo, Mnchen, Adam Berg, 1568; ristampa am-
pliata e con traduzione in spagnolo: ID., Dialoghi [], Venezia, Bolognino Zaltieri, 1569, edizione in
facsimile in HORST LEUCHTMANN, Die Mnchner Frstenhochzeit von 1568, Mnchen, Salzburg, Katzbi-
chler, 1980.
86 TROIANO, Discorsi, p. [146].
56 BETTINA HOFFMANN

trovano riscontro nellincisione di Nikolaus Solis che raffigura lo stesso banchetto:


in primo piano, nel gruppo dei musicisti, vediamo due viole suonate in piedi che
in altezza superano i loro suonatori, mentre altri strumenti ad arco pi piccoli sin-
travedono in secondo piano (fig. 6).87
Non meno eloquente la famosa miniatura di Hans Mielich che raffigura la
stessa cappella della corte bavarese con Orlando di Lasso al cembalo, da cui pri-
meggia ancora in primo piano un basso darco di simili dimensioni.88 C anzi un
che di ostensivo in questa disposizione delle figure: i grandi bassi darco sono orgo-
glio e meraviglia della cappella. Anche per litaliano Troiano, venuto in Germania
da pochi mesi, queste viole, insieme ai sei tromboni grossi, chil basso va otto voci
pi basso degli altri comuni,89 sono degne di nota proprio per lestensione insoli-
tamente bassa; rispetto alle viole ordinarie a lui note, sono accordate alla quarta
bassa. Si noti che, diversamente dai tromboni, non si tratta di un singolo strumento
che arriva a note particolarmente gravi e che avremmo potuto interpretare come
contrabasso in Re0; Troiano ci comunica che a Monaco tutto il concerto di viole
abbassato duna quarta, fornendoci un perfetto riscontro delle informazioni che leg-
giamo negli scritti dei teorici, Gerle e Weltzell da una parte, Lanfranco, Ganassi e
Ortiz dallaltra. Abbiamo quindi tre fonti nel non breve arco di tempo che va dal
1532 al 1568, che con perfetta concordanza ci descrivono laccordatura bassa in uso
nella Germania meridionale.

6. Le testimonianze italiane dellaccordatura bassa

da ritenere una coincidenza che la prima fonte italiana che parli dellaccorda-
tura bassa delle viole da gamba sia concepita e scritta proprio alla corte bavarese di
Guglielmo V? Ludovico Zacconi, pesarese di nascita, trova impiego come musico
del serenissimo duca di Baviera dal 1590 al 1596 presso la cappella tedesca guidata,
fino al 1594, da Orlando di Lasso. In quegli anni scrive la sua Prattica di musica utile
et necessaria s al compositore per comporre i canti suoi regolatamente, s anco al cantore per
assicurarsi in tutte le cose cantabili. Divisa in quattro libri, stampata a Venezia presso Gi-
rolamo Polo nel 1592 ed ivi ristampata nel 1596 presso Bartolomeo Carampello.
qui, nei capitoli dedicati agli strumenti musicali, che leggiamo per la prima
volta da un autore italiano dellesistenza di viole da gamba accordate in Sol0 per il
basso, Re1 per il tenore e La1 per il soprano. Ancora una volta possiamo ricostruire

87 Mnchen, Staatliche Graphische Sammlung, inv. 1910:226 Andr. 32; riprodotto in LEUCHTMANN,

Die Mnchner Frstenhochzeit, tav. 34, con nota a pp. 466467. Non certo il caso, in un particolare
di unincisione corale come questa, di contare il numero delle corde e dei piroli di questi strumenti,
o di elencare altri dettagli liutari come tasti, ponti e via dicendo: i risultati porterebbero inevitabil-
mente a conclusioni organologiche fuorviate.
88 Dal Mielenkodex, Mnchen, Bayrische Staatsbibliothek, Mus. ms. AII, c. 187. Una riproduzione

si trova nel New Grove dictionary of music and musicians, London, MacMillan,1980, alla voce Lassus.
89 TROIANO, Discorsi, p. [140].
DAL CONCERTO ALTO AL CONCERTO BASSO 57

queste accordature solo indirettamente. Sebbene Zacconi in giovent avesse impa-


rato a suonare, oltre allorgano, anche il cembalo, il liuto e la viola,90 egli non rivol-
ge le sue istruzioni allo strumentista, bens al compositore, affinch chi voglia fare
una superba compositione, con animo & proposito dintrodurvi questo instrumen-
to & quello, possa disporre la compositione insieme con essi, senza verun manca-
mento.91 Dopo secoli di musica prevalentemente vocale, senza specifica strumen-
tazione, in cui era lo strumento a doversi adattare al testo musicale, intuiamo qui
un nascente interesse del compositore verso le caratteristiche e le esigenze dello
strumento, la cui scelta avviene secondo criteri che entrano a far parte del processo
compositivo. Le istruzioni di Zacconi, comunque, si riducono alla semplice descri-
zione delle estensioni degli strumenti: siamo soltanto ai primi timidi passi verso un
consapevole sfruttamento degli idiomi strumentali. Delle tre taglie delle viole da
gamba vengono quindi indicate le estensioni complessive, descritte a parole e tra-
scritte sul pentagramma. Le note pi basse sono il Gsolreut basso basso ossia il
Sol0 per il basso; il Dsolre basso basso, ossia il Re1, per il tenore; il Are, ossia il
La1, per il canto. La nota pi acuta viene calcolata, come gi per il violino, misu-
rando una quinta sopra alla nota del cantino suonato a vuoto, equivalente al setti-
mo ed ultimo tasto; nello strumento basso essa diventa dunque un Re3, mentre nel
tenore un La3; riguardo al soprano, il testo di Zacconi incorre in unincoerenza tra
la descrizione verbale, dove la nota pi acuta si dice arrivare allAlamire fuori della
mano (il La4), e lesempio musicale su pentagramma, dove invece si limita al Mi4.
difficile decidere quale delle due estensioni sia da considerare giusta; la minore
coerente con quella delle altre taglie, ma non possiamo certo escludere che Zacco-
ni volesse spingere oltre lo strumento acuto della famiglia, tantopi che nei capitoli
precedenti aveva classificato la viola tra gli strumenti che passano i loro naturali
termini perch il loro limite destensione pu essere superato per larte del suo-
natore.92 Anche se non ci vengano indicate le accordature delle singole corde, sap-
piamo per da altri passi del libro di Zacconi che la viola ne aveva sei, accordate
come il liuto;93 per imparare gli intervalli tra le corde, lautore rimanda il lettore al
testo di Lanfranco.94 Non c quindi motivo di dubitare, data la complessiva coe-
renza delle informazioni, che le sue viole fossero cos accordate:
soprano: La1-Re2-Sol2-Si2-Mi3-La3
contralto e tenore: Re1-Sol1-Do2-Mi2-La2-Re3
basso: Sol0-Do1-Fa1-La1-Re2-Sol2

90 FRANCESCO VATIELLI, Un musicista pesarese nel secolo XVI, Pesaro, Nobili, 1904 (facsimile: Sala Bolo-

gnese, Forni, 1968), p. 12. Riporto la dicitura viola da Vatielli senza averla potuta verificare sullori-
ginale dellautobiografia di Zacconi. Questo termine, comunque, non necessariamente equivale a
viola da gamba; il fatto anzi che Zacconi vi suonasse balli veneziani per guadagnarsi da vivere, fa
propendere piuttosto per il violino o per unaltra viola da braccio.
91 ZACCONI, Prattica, libro IV, cap. LVI, p. 218.
92 ZACCONI, Prattica, libro IV, cap. XL, p. 214.
93 ZACCONI, Prattica, libro IV, cap.L, p. 216.
94 ZACCONI, Prattica, libro IV, cap. LV, p. 217.
58 BETTINA HOFFMANN

Negli ultimi decenni del Cinquecento, tra Monaco e Venezia non correvano sol-
tanto i libri di Troiano e di Zacconi, ma fiorivano molteplici e vivaci contatti mu-
sicali. Andrea Gabrieli visit la cappella del duca Alberto V di Baviera nel 1562 e in
quelloccasione allacci una durevole amicizia con Orlando di Lasso. Questi ricambi
la visita nel 1567, giungendo a Venezia durante il suo primo viaggio in Italia. Negli
anni Settanta del Cinquecento, membri della famiglia Laudis, piffari di San Mar-
co, lavorarono per alcuni anni alla corte bavarese.95 Infine, Giovanni Gabrieli fu
virtuoso del serenissimo duca di Baviera dal 1575 al 1578 circa e potrebbe essere
stato allievo di Lasso. Insieme ai musicisti viaggiavano le idee: a Monaco la pratica
veneziana dei cori spezzati aveva trovato fertile sviluppo nella cappella guidata da
Orlando di Lasso. Un resoconto di Massimo Troiano descrive unesecuzione poli-
corale sostenuta da diversi gruppi di strumenti: la sua testimonianza riveste un par-
ticolare interesse perch forse per la prima volta vediamo rivelati i dettagli della
strumentazione dei cori stabiliti in virt dei distinti timbri e registri: una musica a
dodeci, compartiti a tre chori: primo choro, con quattro viole da gamba; secondo
quattro flauti grossi; terzo quattro stromenti varii, cio una dolzaina, una cornamu-
sa, un fiffaro & uno corno muto.96 Grandi organici si nutrono del sostegno dei
suoni contrabassi e la policoralit si ravviva dal contrasto non solo dei timbri, ma
anche dei registri sonori. Molto appropriati si rivelano dunque il trombone allot-
tava bassa o i tre famosi cantanti bassi bavaresi della cappella di Lasso che se
possiamo credere alle parole del fido Praetorius raggiungevano il Fa0 gar starck
und mit vlliger Stimm,97 come pure le viole grandi accordate alla quarta bassa. I
due Gabrieli, nelle loro opere policorali, sono tra i primi a spingere lestensione
delle parti notevolmente oltre lambito medio vocale e la scala guidoniana, perch
assegnano distinti registri ai cori spezzati; la creazione di cori alti e cori bassi mol-
tiplicava gli mbiti vocali ed incoraggiava lesplorazione di nuovi territori. Cos non
raro, gi nei Concerti del 1587,98 imbattersi nel Do1; dieci anni pi tardi, nelle
Sacrae symphoniae del 1597 di Giovanni Gabrieli, si trovano brani che spaziano dal
Si0 al La4.99 questo il contesto in cui il concerto di viole basso trova la sua appli-
cazione e la sua utilit; ed da quel momento che comincia ad essere descritto in
numerose fonti.
significativo, per esempio, che anche la testimonianza dellaccordatura bassa di
Adriano Banchieri nelle Conclusioni nel suono dellorgano sia legata allesecuzione di
un particolare brano policorale. A Verona, in occasione della domenica delle Palme

95 ELEANOR SELFRIDGE-FIELD, La musica strumentale a Venezia da Gabrieli a Vivaldi, Torino, ERI, 1980, p.
22.
96 TROIANO, Discorsi, p. [152].
97 MICHAEL PRAETORIUS, Syntagma musicum [], Wolfenbttel, Elias Holwein, 1619 (facsimile: Kas-
sel, Brenreiter, 2001), vol. II, p. 17: molto forte e con piena voce.
98 Concerti di Andrea, et di Gio: Gabrieli [] per voci et stromenti musicali a 6. 7. 8. 10. 12 et 16 [],

Venezia, Angelo Gardano, 1587.


99 Per esempio nel Magnificat a dodici voci in tre cori.
DAL CONCERTO ALTO AL CONCERTO BASSO 59

del 1607, viene commissionata a Banchieri una messa composta sotto la guida di
un musico detto, forse non casualmente, il Bavierante, il cui organico cos de-
scritto dallautore:100

una messa in concerto a quattro chori, la quale faceva effetto di otto chori: il pri-
mo erano tre violini da braccio & una voce in tenore; secondo choro altre quattro
viole con voci a quelle apropriate; il terzo quattro viole da gamba con altre tanti voci
humane; & appresso lultimo tre tromboni & una voce in contralto []; & oltre gli
sudetti stromenti fu ornata con lorgano grosso dolce & soave [], appresso dui vio-
loni continoi in contrabasso, dui clavacembali, tre liuti & dui chittaroni.

Lo strumentario evidentemente insolito anche per lesperto Banchieri, tanto


da suscitare la sua curiosit professionale: mi cadde in pensiero volere un giorno
per mio virtuoso diporto, porre alla pratica le accordature degli suddetti stromen-
ti, e dato che non professi il suono di tali stromenti da corde budellate fa
ricorso a un esperto per capire tali accordature. Particolare enfasi posta da Ban-
chieri nel rapporto con le ottave dellorgano o clavicembalo, delle quali poche pa-
gine prima aveva definito la terminologia. Il concerto delle viole da gamba della
solenne messa veronese era composto da un basso in Sol0, un tenore e alto in Re1
e un soprano in Sol1; vi era inoltre un violone in contrabasso con tasti in Re0
che per, svolgendo funzione di basso continuo, non viene annoverato tra il con-
certo delle viole e rimane escluso dalla descrizione quando Banchieri ristamper
lopera nel 1611.101 Vale la pena di citare in questo contesto listruzione di prassi
che Girolamo Giacobbi, bolognese e amico intimo di Banchieri, fornisce nei suoi
Salmi concertati a due e pi chori [] commodi da concertare in diverse maniere (Venezia,
Angelo Gardano, 1609), in cui chiede che il choro grave o vogliamo dire a voci
mutate sia eseguito da un contralto e accompagnato un corpo dinstromenti, per
le parti che restano, come tromboni, viole o simili. Seppure senza specificarne lac-
cordatura, Giacobbi conferma la funzione del concerto delle viole come coro basso
allinterno di una composizione policorale. Preziose informazioni ci giungono at-
traverso le opere di Claudio Monteverdi, compositore insolitamente generoso e pre-
ciso nelle sue istruzioni strumentali: ne LOrfeo, edito nel 1609, alle viole da gamba
vengono affidate esclusivamente le parti inferiori, dai tre bassi da gamba, che poi
si rivelano essere duoi bassi da gamba, & un contrabasso de viola; negli Altri canti
di Marte (1638) la viola da gamba suona parti in chiave di tenore. Inoltre Monte-
verdi impiega il contrabasso da gamba, nel Combattimento di Tancredi e Clorinda e nel
Vespro della Beata Vergine.
Le testimonianze fin qui citate ci sono preziose perch mettono in relazione le
viole in accordatura bassa con la loro funzione nel contesto compositivo, permet-

100 ADRIANO BANCHIERI, Conclusioni del suono dellorgano [], Bologna, eredi di Giovanni Rossi, 1609

(facsimile: Sala Bolognese, Forni, 1968), pp. 4955.


101 ADRIANO BANCHIERI, Lorgano suonarino [] terza impressione [], Venezia, Alessandro Vincenti,

1611 (facsimile: Sala Bolognese, Forni, 1969), p. 43.


60 BETTINA HOFFMANN

Fig. 7: GIOVANNI FRANCESCO PRANDI, Compendio della musica [], I-Bc E.19, c. 53v

tendoci di dedurre che il concerto basso trovava la sua naturale collocazione negli
organici ampi e fastosi dellItalia settentrionale, assurti a formazione tipica a partire
dagli ultimi decenni del Cinquecento.
Altre attestazioni dellaccordatura bassa provengono da due fonti manoscritte in-
complete. Tra le molte pagine lacunose del Dolcimelo di Aurelio Virgiliano v pur-
troppo anche quella intitolata Come si accordi insieme il concerto delle viole:102 dopo il
promettente titolo ed il disegno di cinque viole in tre diverse grandezze, il foglio
rimasto desolatamente vuoto. Nelle pagine successive per, dedicate ai trasporti su
tutti gli strumenti, troviamo il capitolo su Tvtti i modi da sonar le violle in conserto: cos
per bemolle come per bequadro che illustra i trasporti sulle viole da gamba con laiuto
duna scala notata sia su pentagramma sia in intavolatura italiana. Queste pagine ci
permettono di dedurre con certezza le prime cinque corde di ogni viola:

102 VIRGILIANO, Il dolcimelo, p. [93].


DAL CONCERTO ALTO AL CONCERTO BASSO 61
C[anto] Re2-Sol2-Si2-Mi3-La3
A[lto] e T[enore] Sol1-Do2-Mi2-La2-Re3
B[asso] Re1-Sol1-Si1-Mi2-La2

La sesta corda, per la quale pure predisposto un sesto rigo nellintavolatura,


non viene mai toccata. Bisogna per ricordare che con queste pagine Virgiliano
non ci vuole insegnare lestensione della viola, bens il trasporto di una scala fino
alla settima bassa: qui si fermano le sue istruzioni, poich lintervallo dellottava sa-
rebbe stato ovvio e superfluo da descrivere. Solo per questo contingente motivo,
dunque, gli esempi di Virgiliano non arrivano ad interessare la VI corda. Anche nella
corrispettiva pagina dedicata ai tromboni, con la stessa logica, non simpiegano mai
le note pi basse degli strumenti. Non sappiamo dunque in quale tono sia accorda-
ta la VI corda, n se la viola da gamba di Virgiliano la possedesse. I suoi accurati
disegni ci tramandano limmagine di viole a cinque piroli e cinque corde, tranne la
pi piccola che ne possiede solo quattro. Questa pur minima incoerenza, che po-
trebbe essere dovuta a banali motivi di spazio e di penna, ci induce ancora una
volta a non prendere alla lettera le informazioni di natura iconografica. Prudente-
mente dobbiamo allora limitarci a supporre che Virgiliano, come Gerle e Ganassi,
conoscesse viole sia a cinque sia a sei corde, ma considerasse la VI corda verisi-
milmente in La0 per il basso, Re1 per alto e tenore e La1 per il soprano come
unaggiunta di scarsa utilit.
Tra le pagine del manoscritto Compendio della musica di Giovanni Francesco Prandi,
compilato nel 1606 a Bologna,103 dedicato ai fondamenti di teoria musicale, pochi
e incompleti sono i cenni di carattere organologico. Unaccordatura del lauto
annunciata nellindice, ma la carta relativa perduta; inserite, senza essere previste
nellindice, sono invece le tavole sui tromboni e sui violoni, questultima per giun-
ta incompleta (fig. 7). Sotto il titolo notte da far ne violoni sono predisposti alla
c. 53v pentagrammi e relative intavolature a sei righe per il basso, il tenore ed il
soprano, ma solo quella del tenore completato con una scala intavolata. Se ne
deduce che si trattava duno strumento con le prime quattro corde intonate in Re3-
La2-Mi2-Do2; con ogni probabilit le altre corde, che non vengono impiegate, era-
no in Sol1 e in Re1: tutto il concerto di viole era dunque basso.
Non dobbiamo certo biasimare i grandi eruditi del passato se usavano arricchire
le loro opere copiando dai teorici che li avevano preceduti. Per loro, intenti a com-
pilare ponderosi volumi animati da ambizioni enciclopediche, era al contrario un
vanto poter raccogliere nella maniera pi esauriente possibile lo scibile di tutti tempi
e luoghi; per i loro lettori poi, la completezza costituiva un pregio e conferiva au-
torit allopera. Ai nostri giorni questa impostazione ostacola invece la compren-
sione, perch ci impone di scindere le informazioni di prima mano da quelle inse-
rite per amor di completezza e senza verifica, non necessariamente rappresentative
del loro periodo, del loro ambiente, della loro esperienza. Se quindi la tabella con
le accordature delle viole da gamba che ci viene offerta da Michael Praetorius bru-
103 Bologna, Civico Museo Bibliografico Musicale, ms. E.19.
62 BETTINA HOFFMANN

lica delle pi diverse ed incompatibili varianti, non significa che chiedesse al suo
violista una sovrannaturale flessibilit di corde e di mente, ma pi semplicemente
che egli aveva attinto dagli scritti di due autori considerevolmente distanti, ossia
Martin Agricola e Ludovico Zacconi, oltre che dalla sua esperienza personale.104
Marin Mersenne, invece, nellHarmonie universelle copia da Ganassi: non solo ri-
porta le stesse accordature, ma lascia facilmente scoprire lorigine della sua fonte
quando dal libro veneziano riprende i nomi delle corde lasciandoli nella tipica for-
ma dialettale, con le consonanti scempie di sotana e mezana (cfr. fig. 1). Cerca
poi di riassumere in poche righe le molte regole di Ganassi annunciando voicy
comme les Italiens marquent cet accord que lon ma envoy de Rome.105 Evi-
dentemente il suo corrispondente da Roma, Jean-Jacques Bouchard, sguinzagliato
alla ricerca di un metodo per viola da gamba, come sappiamo dal suo scambio epi-
stolare con Mersenne, non aveva potuto che rinvenire una copia del vecchio Ga-
nassi.106 Le singolari istruzioni che ne scaturiscono, col contralto una quarta sopra
al tenore ed il soprano un tono sopra al contralto, potrebbero costituire il malde-
stro risultato di un tentativo di conciliare tra loro le diverse e talvolta oscure regole
di Ganassi; di certo, non trovano riscontro in Italia.
Col Melopeo di Pietro Cerone, altro esempio di trattato dal respiro enciclopedi-
co, torniamo alle fonti primarie italiane.107 Le oltre mille pagine del suo testo rive-
lano debiti verso molte fonti; non costituiscono perci uneccezione le informa-
zioni sulle accordature delle viole da gamba che provengono palesemente dai trattati
di Lanfranco e Zacconi, sia pur passate al vaglio di una riflessione personale. Di
Lanfranco viene riportata, nel capitolo XIX, la tabella delle relazioni tra le sei corde
e tra le tre taglie delle viole, priva come gi era nelle Scintille dun riferimen-
to daltezza assoluto. Ma lo spirito pi modernamente didattico di Cerone richiede
che queste relazioni si traducano in note assolute, da lui proposte con ogni cautela:
Poniendo en pratica y por punto todas tres partes, seian en esta manera; y las ima-
ginamos, que esten assi.108 Il risultato di questo cauto travaso sul pentagramma d
il soprano in Sol1, il tenore in Re1 e il basso in Sol0. Egli conosce inoltre unaccor-

104 PRAETORIUS, Syntagma musicum, vol. II, p. 25. Tanta la fedelt di Praetorius alloriginale di Zac-

coni da fargli riportare nella stessa tabella anche i fantomatici strumenti che Zacconi chiama dop-
pioni, sui quali Praetorius confessa candidamente di non sapere nulla; cfr. PRAETORIUS, Syntagma mu-
sicum, vol. II,, p. 23 e 39.
105 MARIN MERSENNE, Harmonie universelle [], Paris, Pierre Ballard, 163637, Trait des instruments

chordes, livre quatriesme, p. 194: Ecco come gli italiani segnano questaccordatura che m stata spedita
da Roma. Che Mersenne avesse letto il metodo di Ganassi viene confermato a p. 204: Fontanego
[sic] remarque dans sa regle Rubertine [].
106 BETTINA HOFFMANN, Viola: Gambe, Bratsche oder Cello? Probleme der Katalogisierung barocker Gam-

benmusik Italiens nach 1640, in Viola da gamba und Viola da braccio. Symposium im Rahmen der 27. Tage
Alter Musik in Herne 2002, hrsg. Christian Ahrens Gregor Klinke, MnchenSalzburg, Katzbichler,
in corso di stampa.
107 PIETRO CERONE, El Melopeo y maestro. Tractado de musica theorica y pratica, Napoli, Gargano, 1613

(facsimile: Sala Bolognese, Forni, 1996), libro XXI, cap. XIX e XXIII, pp. 10581064.
108 CERONE, El Melopeo, p. 1059: Ponendo nella pratica e su tutte tre le taglie, sarebbe in questa

maniera; e ci immaginiamo che sia cos.


DAL CONCERTO ALTO AL CONCERTO BASSO 63

datura alternativa in cui il basso, come gi per Lanfranco, sta alla quarta del tenore,
ma in cui allo stesso momento il soprano dista duna quinta dal tenore; avremmo
quindi un concerto in La1, Re1 e La0. Il capitolo XXIII di Cerone parafrasa invece
quello di Zacconi sulle estensioni degli strumenti, riportando con poche varianti
anche la descrizione e la tabella sulle viole da gamba. Se per Zacconi, come sappia-
mo, le tre taglie erano in La1, Re1 e Sol0, e quindi in un rapporto ancora diverso
da quelli esposti nel Melopeo pochi capitoli prima Cerone non se ne accorge o
non se ne cura; appiana per lincoerenza della Prattica quando giunge a descrivere
il soprano, decidendo dassegnargli unestensione di 22 toni, da La1 a La4.
Cerone lultimo trattatista italiano a descrivere laccordatura del concerto delle
viole; la magnifica parabola di questa formazione, travolta dalla moda dellopera te-
atrale e delle sonate violinistiche, si conclude in Italia da l a pochi anni. Sopravvive
in sporadiche e riservate esperienze: quella, per esempio, della corte romana di Fran-
cesco Barberini, dove ancora fino alla met del Seicento simpiegheranno le vec-
chie viole da gamba per mettere in pratica speculazioni ed esperimenti sui rapporti
cromatici ed enarmonici. infatti nelle opere del suo segretario Giovanni Battista
Doni che troviamo per lultima volta la familiare figura dun manico di viola con
tasti contrassegnati dai nomi delle note:109 si tratta duna viola adattata per realizza-
re i semitoni nei modi dorico e frigio. Ma queste pur raffinatissime viole diarmo-
niche e panarmoniche rimasero, comprensibilmente, senza seguito.

7. Conclusioni

Come primo risultato della nostra disamina si profila nel contesto italiano una
separazione di spazio e di tempo sorprendentemente netta tra il concerto alto e
basso delle viole: il primo attestato nella prima met del Cinquecento in tutta
Italia; del secondo abbiamo notizie a partire degli ultimi decenni del secolo in am-
biente veneto e bolognese. Alle due famiglie daccordature corrispondono altret-
tanto funzioni storico-musicali: laccordatura alta, regolata sui quattro registri della
voce umana, fiorisce in un periodo in cui idiomi vocali e strumentali erano indis-
solubilmente intrecciati; laccordatura bassa trova la sua naturale applicazione dal
momento in cui i compositori iniziano a impiegare le peculiariet strumentali in
maniera cosciente ed innovativa. Un cos chiaro quadro storico ci esonera quindi
dal giustificare una qualche presunta convivenza tra le due denominazioni delle
viole e dal supporre un anarchico uso della loro nomenclatura; ma ci rimane da
chiarire ununica eccezione nella Napoli del primo Seicento. La novit delle viole
basse non sembra aver preso piede n a Roma n a Napoli; ce lo testimonia non
109 GIOVANNI BATTISTA DONI, Compendio del trattato de generi e de modi della musica, Roma, Andrea

Fei, 1635, foglio inserito tra p. 30 e 31; ID., Lyra Barberina, Firenze, Stamperia imperiale, 1763 (facsi-
mile: Sala Bolognese, Forni, 1974), foglio inserito tra p. 378 e 379. Sul tema si veda in particolare
MARTIN KIRNBAUER, Wherein the most complete harmony was heard: the viola da gamba in chromatic and
enharmonic music in seventeenth-century Rome, in: The Italian viola da gamba, pp. 3552.
64 BETTINA HOFFMANN

solo il conservatore Scipione Cerreto, ma perfino alcune opere del Seicento inol-
trato che richiedono il concerto alto.110 Questassunto solo apparentemente con-
traddetto dalle viole basse del napoletano Cerone; ben sappiamo infatti che egli
saffida per queste informazioni allo Zacconi, testimone di pratiche tedesche e ve-
neziane, creando cos e presumibilmente solo sulla carta lunica occasione
dincontro e di equivoco tra le due denominazioni delle taglie delle viole.
Che cosa possiamo invece rispondere a chi suppone che la viola da gamba ita-
liana del primo Cinquecento fosse uno strumento traspositore? Abbiamo riscon-
trato tra autori delle pi varie provenienze una concordanza sullaccordatura alta
delle viole davvero notevole. Abbiamo visto che il sistema notazionale rinascimen-
tale offriva un seppur approssimativo riferimento daltezza e che non quindi af-
fatto pacifico come oggi talvolta viene suggerito che il musicista dellepoca
fosse del tutto disinteressato alla nota reale che stesse eseguendo. Abbiamo trovato
che i trasporti in tutti i toni venivano richiesti alla viola da gamba n pi n meno
che ad altri strumenti. Abbiamo infine avvertito che presumendo una situazione
chiusa, con regole valide solo per un particolare strumento, disattenderemmo tutte
le informazioni sul diffuso polistrumentismo dellepoca. Arriviamo perci a una
conclusione di tautologica semplicit: chi, in un trattato del Cinquecento, descri-
veva una viola da gamba accordata in Re1 intendeva una viola da gamba in Re1 o
meglio in uno di quei toni che in tempi posteriori confluiranno nella precisa al-
tezza del Re1. Non ci sono gli elementi per poter sostenere che sulla viola da gam-
ba venisse applicata una convenzione traspositrice tacita ma universalmente accet-
tata e riservata a questo strumento soltanto. Nel campo liutario possiamo quindi
concludere che uno strumento soprano piccolo in Re2 devessere esistito in Italia
gi nel primo Cinquecento seppur di importanza subordinata al basso. Abbiamo
poi notato che il concerto basso delle viole si consolida nella Germania meridio-
nale molto prima che in Italia, ma sarebbe fuorviante sostenere che la viola bassa in
La0 o in Sol0 sia stata importata in Italia dalla Baviera alla fine del Cinquecento o
che sia addirittura una invenzione tedesca, termine quanto mai inadeguato. Lin-
troduzione di una nuova taglia, se solo la tecnica liutaria ne permette la realizzazio-
ne, non richiede un processo inventivo; non occorrono n scosse storiche n rivo-
luzioni organologiche perch una famiglia di strumenti si arricchisca o si impoverisca
di un suo membro. Gi a Ferrara nel 1529, allepico banchetto descritto da Messi-
sbugo, si ascoltava la viuola chiamata la Orchessa, certamente un contrabasso dal-
110 GIOVANNI MARIA TRABACI, Il secondo libro de ricercate [], Napoli, Giovanni Giacomo Carlino,

1615. A p. 114 si trova una Canzon Francesa 4, la qual Canzona st stampata nel primo libro de
miei ricercate, ma qui sta bene inordinata per concerto de viole ad arco o violini., con la prima
parte in chiave di violino. CHERUBINO WAESICH, Canzoni a cinque [] da sonarsi con le viole da gamba []
opera seconda, Roma, Paolo Masotti, 1632, con la prima parte in chiave di violino, che raggiunge note
acute come il La4 e il Si4; DOMENICO MAZZOCCHI, Madrigali a cinque voci [], Roma, Francesco Zannet-
ti, 1638; GIOVANNI SALVATORE, Ricercari a quattro voci, canzoni francesi, toccate e versi [] libro I, Napoli,
Ottavio Beltrano, 1641. Le due canzoni francesi che portano la dicitura questa canzone pu sonarsi
con il concerto di viole sono identiche per estensione agli altri brani del libro. Purtuttavia, con
concerto di viole potrebbe essere inteso anche un gruppo di viole da braccio.
DAL CONCERTO ALTO AL CONCERTO BASSO 65

le dimensioni imponenti, che tuttavia non faceva parte del gruppo delle cinque o
sei viole che partecipava alla stessa manifestazione.111 Proprio negli anni in cui ap-
paiono le prime attestazioni del concerto basso delle viole, fioriscono sperimenta-
zioni di segno opposto: nel 1589 a Firenze sascolta un sopranino di viola sonato
in ogni maggiore eccellenza da Alessandro Striggio.112 Quel che avviene negli ul-
timi decenni del Cinquecento quindi pi realistico definirlo come uno sposta-
mento del baricentro allinterno del gruppo delle diverse viole: quando, verso la
fine del secolo, le grandi estensioni degli strumenti diventano elemento costruttivo
del processo compositivo, maestri di cappella e compositori, alla ricerca di sonorit
estreme che potessero ampliare lefficacia della policoralit, assegnano alla viola da
gamba il posto ufficiale nel coro basso.
Pur essendo consci dellinefficacia probatoria delle comparazioni fra le arti mi si
conceda un confronto con larte pittorica del coevo periodo manierista. Non sar
inutile evidenziare come, nella seconda met del Cinquecento, larte figurativa av-
verta la necessit di moltiplicare gli spazi e campirli con pennellate sempre pi lar-
ghe e meno definite, con effetti luministici e chiaroscurali estremi. Le sgranate pen-
nellate di Tintoretto o Palma il Giovane, incomprensibili se guardate da vicino o
alla distanza da cui si era soliti osservare gli accurati dipinti di Mantegna o di Belli-
ni, riuscivano di grande impatto ed efficacia se percepite da distanze fino ad allora
impensate. Analogamente, la musica andava guadagnando uno spettro sonoro sem-
pre pi largo, si estremizzavano gli mbiti delle voci e si ricercavano contrasti so-
nori sempre pi vari: in questottica, se la scura massa sonora delle viole o dei trom-
boni in registro basso che comincia ad essere impiegata dallultimo quarto del
Cinquecento offuscava la purezza melodica delle singole linee, pure conferiva unine-
dita profondit e spessore ai vasti edifici sonori a cui era chiamata ad unirsi.
Cos, gli italiani relegano il concerto delle viole da gamba nel registro basso, dove,
correndo dietro alla moda del violino e del cantante virtuoso, lo abbandoneranno
da l a poco. un percorso tortuoso, ma non per questo meno verisimile: rare sono
infatti le vie diritte nella storia del genere umano.

Bettina Hoffmann, violista da gamba e violoncellista, partecipa ai maggiori festival europei


sia come solista sia come direttrice dellensemble Modo Antiquo. Insegna viola da gamba al
Conservatorio di Vicenza e alla Scuola di musica di Fiesole. Come musicologa ha curato un
Catalogo della musica solistica per viola da gamba (Lucca, 2001), la traduzione italia-
na delle Regulae concentuum partiturae di G. Muffat (Roma, 1991) e ledizione del-
lopera per viola da gamba di S. Ganassi (Bologna, 1998) e delle opere complete per violon-
cello di D. Gabrielli (Kassel, 2001). Recentemente ha curato il facsimile (Firenze, 2003) e
unedizione critica (Kassel, 2003) di tutte le sonate per violoncello di Vivaldi.
111MESSISBUGO, Libro novo, c. 17.
112 Primo intermedio alla commedia La Pellegrina, descritta in CRISTOFANO MALVEZZI, Intermedii et
concerti [],Venezia, Giacomo Vincenti, 1591, citato da Musique des Intermdes de La Pellegrina, di-
tion critique, tudes par Federico Ghisi et Daniel P. Walker, Paris, ditions du Centre National de la
Recherche Scientifique, 1963, pp. XXXVIII.
66 BETTINA HOFFMANN

SUMMARY

Taking an overview of the numerous sixteenth- and early seventeenth-century


treatises on the tuning of the viola da gamba, we can divide them into two opposing
camps: for some, the bass should be tuned to D or C (taking the lowest string as
the note of reference), the tenor and alto to A or G, and the treble to d or c. For
others, the bass is tuned to A or G, tenor and alto to D, and treble to A or G. In
essence, on one hand we have information about high tuning, and on the other
about low tuning of the viols. We are thus faced with the paradox that viols with
the same tuning, and thus of the same size, can be indicated sometimes as bass and
tenor, and sometimes as tenor and treble.
To understand the reasons for this discrepancy, we have to look again at the sources
available and place them in their context, without demanding from them a consist-
ency that would be anachronistic. Thus it emerges that the Regola rubertina by Ga-
nassi, sometimes cited as evidence of the coexistence of the two different ways of
tuning in the work of the same author, in fact calls for just the higher tuning, even
though open to numerous variations and even more numerous transpositions, while
the presumed lower tuning is merely the result of an error on the part of the au-
thor, who promptly corrects it later in his text. Lanfranco, Alfonso della Viola, and
Ortiz all follow Ganassis line. Ortiz even though treating the matter only mar-
ginally and making a negligible slip expounds the higher tuning clearly and
consistently. Some anonymous manuscript sources can offer only a limited contri-
bution to clarification of the problem, both because they do not specify the size of
the instrument in question and because it is not always clear if they are speaking of
the viol or the lute. Finally, we can take as only relatively decisive the evidence
offered by the encyclopaedic works, which use for their technical information the
work of often much earlier authors; therefore, for the purposes of this study, the
indications on tuning given by Marinati, Praetorius, Mersenne, and Cerone, clearly
dependent on the treatises by Lanfranco, Agricola, Ganassi, and Zacconi, are not
considered on the same level as primary, autonomous sources.
The picture that emerges from the analysis of these and other sources presents
surprisingly clear geographical and historical boundary lines: high tuning is wide-
spread in the early sixteenth century throughout all of Italy and continues in Rome
and Naples until well into the seventeenth. On the other hand, in certain cities of
northern Italy, such as Venice,Verona, Bologna, and Mantua, we find, starting in the
closing decades of the sixteenth century, the first descriptions of low tuning. The
various witnesses to this innovation show two elements in common, which help
us to explain the reasons for it: 1) low tuning is prevalent in areas with direct or
indirect contact with southern Germany, where the low consort had been well-
established for a long time; 2) their musical and historical context is that of the
magnificent ensembles and polychoral compositions with elaborate instrumental
accompaniment characterized by an aware and deliberate use of the range possible
for the instruments. This is fertile ground for pushing the sounds available to the
DAL CONCERTO ALTO AL CONCERTO BASSO 67

composer to the limit, and it is in this context that the bass tuned to A or G is
integrated into the tuning of viols, now no longer fettered to the same pitch as the
voices and free to take a new role among the bass instruments.
To explain the slide in the names of the various sizes of viols, some scholars have
hypothesized that from the beginning of its history, the instrument had a sound a fourth
or a fifth lower than the descriptions given by all the writers of treatises, who are pre-
sumed to have been basically not interested in the absolute pitch of the notes, and thus
ignorant of the fact that the viol was in reality a transposing instrument. Accordingly,
viols would have been much larger than during the baroque age, and a small treble viol
tuned to d would never have existed at any time during the Renaissance.
This thesis should be answered first of all by pointing out that musical notation
did not at all lack a reference to a fixed pitch. The Guidonian scale is anchored to
the overall range of the vocal registers, enabling musicians both then and now to
determine the pitch of the notes with a margin of error of perhaps one tone, cer-
tainly not a fourth or a fifth. Then too, if we consider that during the Renaissance
both amateur and professional musicians consistently played various instruments,
not just one, it becomes difficult to believe that there could have been a tacit prac-
tice widespread all over Italy but applicable to only one instrument. Moreover, rarely
do we find the viol isolated in the performance context: the pure consort of viols,
which had a great future ahead of it in seventeenth-century England, was quite the
exception in sixteenth-century Italy. And we have to note that in the treatises, in-
structions concerning transpositions are indicated for the viol and for other instru-
ments with equal frequency. Finally, while it is true that the visual sources rarely
show us small treble instruments, even more significant is the absence of images of
basses big enough to sustain G strings made solely of catgut with any credibility.
In conclusion, the consort of viols in the early sixteenth century was faithful in
practice as well as in theory to tuning in the high range, with the four sizes orient-
ed to the pitch of the relative registers of the voices that the viol was so often
called on to accompany. The lower tuning, conversely, is the product of the radical
formal changes that took place at the end of that century. In Italy, however, it was
destined to have no future: the viola da gamba would fall into almost total oblivion
just a few decades later, while the more fortunate ensembles of northern Europe
would take up again the high tuning.

Bettina Hoffmann, who plays the viola da gamba and the cello, participates in the
major European festivals both as a soloist and as conductor of the Modo Antiquo en-
semble. She teaches the viola da gamba at the Conservatory in Vicenza and the Scuola
di Musica di Fiesole. As a musicologist, she edited the Catalogo della musica soli-
stica per viola da gamba (Lucca, 2001), the Italian translation of the Regulae con-
centuum partiturae by G. Muffat (Rome, 1991) and the edition of S. Ganassis
work for the viol (Bologna, 1998) and D. Gabriellis complete works for the cello (Kas-
sel, 2001). She recently edited the facsimile edition (Florence, 2003) and a critical edi-
tion (Kassel, 2003) of all of Vivaldis cello sonatas.

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