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Firenze e la musica

Fonti, protagonisti, committenza


Scritti in ricordo di Maria Adelaide Bartoli Bacherini

A cura di
Cecilia Bacherini, Giacomo Sciommeri e Agostino Ziino

ISTITUTO ITALIANO PER LA STORIA DELLA MUSICA


ROMA 2014
ISTITUTO ITALIANO PER LA STORIA DELLA MUSICA
Fondazione
Presidente
Agostino Ziino
Consiglio di Amministrazione
Bruno Cagli
Giovanni Carli Ballola

Volume pubblicato con il contributo del Ministero dei Beni e delle


Attività Culturali e del Turismo - Direzione Generale per lo Spettacolo
dal Vivo e Direzione Generale Biblioteche e Istituti Culturali

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© 2014 Istituto Italiano per la Storia della Musica
Via Vittoria, 6 – 00187 Roma
Tel. (+39) 06.36000146 – http://www.iism.it

Impaginazione a cura di Giacomo Sciommeri

In copertina:
Giuseppe Zocchi, Piazza della Signoria di Firenze, collezione privata

ISBN: 978-88-95349-15-2
INDICE

7 Ricordo di Maria Adelaide


di Raffaello Monterosso e Anna Maria Monterosso Vacchelli
11 Una lettera interrotta e mai inviata
di Maria Adelaide Bartoli Bacherini

13 FEDERICO BARDAZZI
Musiche per la Divina Commedia
25 STEFANO CAMPAGNOLO
Nota sul «più antico polifonista italiano del secolo XIV»
33 GIANLUCA D’AGOSTINO
Ancora su Musica e Umanesimo: spigolature braccioliniane

45 JOHN NÁDAS
Some New Documentary Evidence Regarding Heinrich Isaac’s Career
in Florence
65 PEDRO MEMELSDORFF
John Hothby, Lorenzo il Magnifico e Robert Morton in una nuova fonte
manoscritta a Mantova
111 BLAKE WILSON
Jannes, Jean Japart, and Florence
137 ANTHONY M. CUMMINGS
The Semiotics of Ceremonial Space and Sound in Pope Leo X’s Rome

183 LAURA MELOSI


Fasti medicei in una raccolta di nuptialia
189 JOHN WALTER HILL
Francesca Caccini and Jacopo Peri: New Ascriptions
213 ALBERTO MAMMARELLA
Echi cacciniani e ‘stile antico’ nel Prato di sacri fiori musicali di Antonio
Brunelli (1612)
245 PIERO GARGIULO
Da «favola» a «opera». Musica per il teatro da Euridice (1600) a Poppea (1643)
257 TERESA M. GIALDRONI
Una nuova fonte per Uccialì: da Roma a Firenze, fra storia e mito

269 AGOSTINO ZIINO


“Canzon da me ti parti, che non ti può dar vita altri, ch’il Sarti”:
un omaggio poetico di Romolo Bertini a Domenico Sarti
283 ANTONELLA D’OVIDIO
Sul mecenatismo musicale di Vittoria della Rovere, granduchessa di Toscana:
alcune considerazioni
313 GIULIA GIOVANI
Tra mondanità e ufficialità. Ancora sulla prima visita a Venezia del Gran
Principe Ferdinando de’ Medici
341 GIOVANNI CARLI BALLOLA
Le opere italiane di Cherubini
369 GREGORIO NARDI
Il giovane Luigi Ferdinando Casamorata: spunti per un approfondimento sul
primo Romanticismo a Firenze
397 ANTONIO CAROCCIA
Un’amicizia epistolare: Mabellini e Florimo
441 MARCELLO DE ANGELIS
Giovanni Rosadi interlocutore di Puccini e Mascagni e… la gelosia di Elvira
465 PAOLA GIBBIN
La Sala Musica prima della Sala Musica. Vicende alle origini delle collezioni
musicali della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze

477 JOHANNES STREICHER


Le corrispondenze fiorentine di Arnaldo Bonaventura per la rivista «Musica»
(1907-1912)
527 MILA DE SANTIS
Presenze di Don Giovanni di Mozart nella drammaturgia musicale di
Dallapiccola
551 Elenco delle principali pubblicazioni di Maria Adelaide Bartoli Bacherini
555 Indice dei nomi
Stefano Campagnolo
NOTA SUL «PIÙ ANTICO POLIFONISTA ITALIANO DEL SECOLO XIV»

«Io vidi ombre e vivi a paragone / provarsi di cantar meglio e più bello»: que-
sto, l’incipit di un sonetto di Niccolò de’ Rossi intorno al quale Nino Pirrotta
scrisse un memorabile studio sulla musica dell’ars nova italiana.1 Questo so-
netto, con la sua elencazione di musici celebri nel loro tempo,2 è pieno, per i
moderni studiosi, assai più di ‘ombre’, che di vivi musicisti di cui ci sia rimasta
una traccia meno che flebile: un caso consueto per la musica medievale, per
motivi piuttosto ovvi.
In molti casi alcuni dei nomi che affiorano dalle fonti documentarie, dalle
cronache, dalla letteratura stessa, chiamano in causa, in ragione della natura
musicale e letteraria della fioritura italiana della musica trecentesca, i massimi
esponenti della nostra letteratura: Casella, Scochetto e Lippo richiamano
Dante; Confortino e Floriano da Rimini evocano Petrarca; Mino d’Arezzo:
Boccaccio.3 Tanto scarse sono le evidenze su tali musici, veri e propri fantasmi,

1
NINO PIRROTTA, Due sonetti musicali del sec. XIV, in Miscelànea en homenaje a Monseñor
Higinio Angles, Barcelona, 1958-1961, II, pp. 651-662, poi ripubblicato in ID., Musica tra
Medioevo e Rinascimento, Torino, Einaudi, 1984, pp. 52-62.
2
Nell’ordine sono elencati (fra parentesi le identificazioni di Pirrotta): Casella, el guerço
(Guerzo, o Guercio da Montesanto), Quintinello, Mino, Lippo (Lippo Pasci de’ Bardi), Se-
gna, Scochetto, Giovanni (di Bonandrea), Nerone, Parlantino (da Firenze), Bertuccio (Alber-
tuccio dalla Viola), Ceccarello, Marchetto (da Padova), Confortino, Angelo, Blasio, Floriano
(da Rimini), Maestro Pietro, Garzone (Garzo dell’Incisa) e Ceccolino. A questo elenco di
musicisti sarebbero da aggiungerne molti altri su cui sappiamo poco o nulla, come Ottolino
da Brescia (citato da Sacchetti nelle carte autografe come intonatore di vari suoi componi-
menti), e altri che appaiono con uno o due pezzi in un unico manoscritto senza lasciare altro
indizio di sé, caso questo piuttosto frequente che riguarda, esempi tra i tanti, il Ser Feo atte-
stato in unicum nel ms. Panciatichi 26, Giovanni da Genova e Corrado da Bologna, testimo-
niati nel ms. Estense lat. 568.
3
Casella è citato nella Commedia (Purgatorio, II.76-133) in un celeberrimo passo; Scochetto
appare quale intonatore di una ballata dantesca nell’annotazione presente in un manoscritto
perduto, Lippo è destinatario di un sonetto caudato inviato ad accompagnare una canzone cui
26 STEFANO CAMPAGNOLO

che ogni segno, intuizione, congettura diventano preziosi.


È per questo che presento questa nota intorno a un musicista che invece
ci ha pur lasciato una impronta tangibile – una importante composizione e
una citazione in una cronaca contemporanea –, ma di cui ci piacerebbe sapere
di più. A maggior motivo di interesse, la notizia è legata a Giovanni Boccaccio.
Nel trattare delle intonazioni madrigalistiche cinquecentesche su testi di Boc-
caccio,4 mi sono imbattuto nel solo madrigale che abbia attinto a una delle
Rime: come noto, le Rime boccacciane rimasero perlopiù inedite, ma erano
conosciute dagli studiosi della nostra lirica, già nel corso del Cinquecento, a
partire da Gian Giorgio Trissino che ne accluse alcune nella sua Poetica.5 È dal
circolo dei cultori della letteratura del Trecento che infatti sortisce quest’unico
madrigale, intonato da Jacques Arcadelt e pubblicato nel 1541, sul testo della
ballata I’ non ardisco di levar più gli occhi.6

avrebbe dovuto prestare il son (su queste occorrenze cfr. ancora PIRROTTA, Musica tra Me-
dioevo e Rinascimento, cit., pp. 46-47, 55); Confortino è destinatario di alcune rime da porre
in musica secondo le annotazioni dello stesso Petrarca derivabili dagli abbozzi della Biblioteca
Casanatense, mentre Floriano è citato nelle Epistole metricae (cfr. STEFANO CAMPAGNOLO,
Petrarca e la musica del suo tempo, Atti del Convegno Internazionale di Studi (Arezzo, 18-20
marzo 2004), a cura di Andrea Chegai e Cecilia Luzzi, Lucca, Libreria Musicale Italiana, 2005,
pp. 3-41); Mino d’Arezzo appare nel Decameron (X.7) in qualità di musicista (cfr. STEFANO
CARRAI, Un musico del tardo Duecento (Mino d’Arezzo) in Nicolò De’ Rossi e nel Boccaccio (Dec.
X.7), «Studi sul Boccaccio», XII, 1980, pp. 39-46).
4
STEFANO CAMPAGNOLO, Boccaccio in musica nel Cinquecento: letture e interpretazioni dei
madrigalisti, in Atti del convegno Boccaccio veneto (‘Casa Artom’, Wake Forest University - Fon-
dazione Levi, Venezia, 21-22 giugno 2013), a cura di Luciano Formisano e Roberta Morosini,
Roma, Aracne, in corso di stampa.
5
Vicenza, Tolomeo Gianicolo 1529. Trissino incluse alcune rime del Boccaccio a illustrare le
forme del madrigale (Come su ‘l fonte fu preso Narciso, cogliendo peraltro una delle musicate
nel Trecento), della ballata mezzana (I’ son si vaga de la mia belleza, Decameron, prima gior-
nata), e della canzone (Il gran disio, che l’amorosa fiamma).
6
Nel Primo libro dei madrigali di Maistre Ihan, Venezia, Antonio Gardano, 1541, ed. mo-
derna: JACOBI ARCADELT, Opera omnia, ed. Albertus Seay, vol. VII: Madrigali miscellanei,
Rome, American Institute of Musicology, 1969, pp. 21-23 (“Corpus Mensurabilis Musicae”,
31).
NOTA SUL «PIÙ ANTICO POLIFONISTA ITALIANO DEL SECOLO XIV» 27

La tradizione testuale di questa ballata è basata su dieci manoscritti in cui


sono distinguibili vari raggruppamenti. 7 La versione musicata da Arcadelt ap-
partiene a un «aggiornamento cinquecentesco» della ballata,8 ed è basata su un
testo perfettamente sovrapponibile alla versione contenuta nel ms. Conventi
Soppressi 430 della Biblioteca Nazionale di Firenze, manoscritto esemplato di
mano di Benedetto Varchi. L’intellettuale, letterato e storico fiorentino quali-
fica questa ballata con l’appellativo di ‘madrigale’, forse sulla base di una sug-
gestione musicale. Tale suggestione è derivata dalla messa in musica di un con-
temporaneo, o dall’antigrafo utilizzato? Il dubbio è suscitato da due mano-
scritti, fra loro collegati, entrambi bolognesi: il ms. 3467 della Biblioteca
dell’Archiginnasio (Ba3467) e il ms. 177 della Biblioteca Universitaria
(Bo177).9
Il manoscritto dell’Universitaria, Bo177, Rime di varij, è di mano di Gio-
van Maria Barbieri (Modena 1519-1574), il massimo studioso cinquecentista
di poesia provenzale,10 ed è stato esemplato, si deduce dall’intestazione, su «un
libro antiquissimo di [i.e. appartenuto a] M. Gio. Georgio Tressino, che gli fu

7
Faccio riferimento alla più recente edizione critica delle Rime, che si deve a Roberto Lepo-
ratti: GIOVANNI BOCCACCIO, Rime, Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2013 (“Archivio Ro-
manzo”, 26). Leporatti ha provveduto a un riordino delle rime, modificando la sequenza tra-
dizionale della storica edizione critica di Massèra (ID., Rime, testo crit. a cura di Aldo France-
sco Massèra, Bologna, Romagnoli - Dall’Acqua, 1914), già rivista ed emendata da Branca
(ID., Le Rime, L’Amorosa visione, La Caccia di Diana, a cura di Vittore Branca, Bari, Laterza,
1939 e successive). Ancora modifica l’ordinamento Antonio Lanza (ID., Rime, a cura di An-
tonio Lanza, Roma, Aracne, 2010), ma su considerazioni storico-silistiche e non basate sulla
critica del testo. La ballata in oggetto è numerata LXXV nella versione Massèra-Branca e 118
da Leporatti (Rime-Massèra, pp. 104-106; Rime-Branca, pp. 44, 339; Rime-Leporatti, pp. 325-
326).
8
Rime-Leporatti, p. 325.
9
Se ne veda la descrizione in Rime-Leporatti, pp. XIV-XVI e pp. XVIII-XX, rispettivamente,
con ulteriori rinvii a studi, bibliografie e repertori.
10
Cfr. GIANFRANCO FOLENA, “Barbieri, Giovanni Maria”, sub voce, in Dizionario Biografico
degli Italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, vol. VI, 1964, pp. 226-230.
28 STEFANO CAMPAGNOLO

donato a Bologna da un libraro, il quale appena si poteva leggere per l’anti-


quita»,11 mentre il manoscritto dell’Archiginnasio contiene la minuta e la co-
pia, non autografe, dell’opera maggiore di Barbieri: L’arte del rimare, che, ine-
dita, vide la luce solo nel 1790 per la cura di Tiraboschi.12
Molte delle rime citate ne L’arte del rimare sono comuni a Bo177, ma non
sono tratte da questa copia realizzata da Barbieri stesso, bensì dal codice origi-
nale.13 Quindi, alla base dei due manoscritti bolognesi sta un solo e medesimo
antigrafo: il perduto codice appartenuto a Trissino.
Chiarita la relazione fra i due manoscritti, bisogna specificare che la ballata
I’ non ardisco è attribuita a Boccaccio in tutti i testimoni, tranne appunto
Bo177 e Ba3467 dove è ascritta a un «Domini Bartholi de biccis florentini».14
La tradizione, complessa, delle Rime del Boccaccio contiene molte liriche di
dubbia attribuzione,15 ma non è questo il caso: pur estranea al nucleo più so-
lido della tradizione, la ballata è indubbiamente boccacciana.16 Per questo mo-
tivo già Massèra si sentì in obbligo di giustificare questa erronea attribuzione
a un altrimenti ignoto Bartolo de’ Bicci fiorentino, supponendo che ci fosse
stato «un semplice scambio di paternità fra due componimenti consecutivi»,17

11
Rime-Leporatti, p. XIX.
12
GIOVANNI MARIA BARBIERI, Dell’origine della poesia rimata opera di Giammaria Barbieri
modenese pubblicata ora per la prima volta e con annotazioni illustrata dal cav. ab. Girolamo
Tiraboschi, Modena, Società tipografica, 1790.
13
Chiarifica la questione (e l’esistenza dell’antigrafo appartenuto a Trissino alla base di Bo177,
messa in dubbio da GIULIO BERTONI, I codici di rime italiane di Gio. Maria Barbieri, «Gior-
nale Storico della Letteratura Italiana», XLV, 1905, pp. 35-47) ALDO MASSÈRA, Ancora dei
codici di rime volgari adoperati da G. M. Barbieri, «Studi Medievali», II, 1906-1907, pp. 11-
36: 22-28.
14
È sotto questo nome infatti che appare nell’opera di Barbieri edita da Tiraboschi a p. 166.
15
Cfr. Rime-Leporatti, pp. CCXX-CCXLI.
16
Rime-Branca, p. 339: «Il tono generale caratteristicamente boccaccesco conferma l’attribu-
zione trasmessaci da tradizioni manoscritte diverse, e che possiamo ritenere sicura».
17
Rime-Massèra, p. XCIII. L’ordinamento di Bo177 non fa testo in questo caso, poiché è
all’originale perduto cui bisognerebbe fare riferimento. Nell’edizione de L’arte del rimare, Ti-
raboschi riproduce fedelmente anche le annotazioni di Barbieri, che riporta l’indicazione della
fonte da cui trae i testi, corredata con il numero della carta. Massèra (Ancora dei codici, cit., p.
NOTA SUL «PIÙ ANTICO POLIFONISTA ITALIANO DEL SECOLO XIV» 29

o ipotizzando che, come accade sovente, «nell’archetipo da cui emanò il ms.


del Trissino fosse registrato il nome del musico invece di quel dell’autore».18
Riprese quest’ultima ipotesi Domenico De Robertis in un suo lungo studio
sulla tradizione delle Rime di Boccaccio,19 mentre si è mostrato perplesso Le-
poratti poiché, riportando le parole di Massèra, ha sottolineato come il critico
abbia supposto sia esistito un musico a nome Bartolo de’ Bicci «senza però
poter addurre precise testimonianze sulla sua attività».20
L’ipotesi del Massèra è invece credibile. Come sanno tutti gli studiosi della
musica del Trecento italiano, è esistito un musicista trecentesco fiorentino a
nome Bartolo, autore di una sola composizione: il Credo contenuto nel ms.
Fonds Italien 568 della Bibliothèque Nationale de France (Pit), famoso codice
musicale dell’Ars nova italiana, come parte di un ciclo, il primo polifonico in
ambito italiano, dell’Ordinarium missae.21
Bartolo deve essere stato, malgrado sia sopravvissuta questa sola composi-
zione, un musicista importante, per essere egli menzionato fra i principali mu-
sici fiorentini nelle Vite d’uomini illustri fiorentini contenute nella seconda
parte del Liber de origine civitatis Florentiae di Filippo Villani:22

27) ricostruisce su questa base l’ipotetica tavola del codice Trissino: in questa ricostruzione, la
ballata di Boccaccio/Bartolo segue a una lacuna e precede una ballata di Niccolò Soldanieri (È
non è donna gioco).
18
Rime-Massèra, p. XCIII.
19
DOMENICO DE ROBERTIS, A norma di stemma (per il testo delle «Rime» del Boccaccio), «Studi
di Filologia Italiana», XLII, 1984, pp. 109-149. «Bartolo de’ Bicci (l’intonatore?)», p. 145.
20
Rime-Leporatti, p. 325.
21
Su Bartolo ha scritto in particolare e per primo ETTORE LI GOTTI, Il più antico polifonista
italiano del secolo XIV, «Italica», XXIV, 1947, pp. 196-200, sciogliendo l’equivoco inerente al
Liber di Filippo Villani (cfr. sotto) che nella edizione ottocentesca curata da Galletti (Philippi
Villani liber de civitatis Florentiae famosis civibus, […] in lucem prodeunt cura et studio Gustavi
Camilli Galletti, Firenze, Mazzoni, 1847) a causa di una sciatta edizione del testo, attribuiva
a Giovanni da Cascia quanto invece Villani diceva di Bartolo. Li Gotti è stato ripreso poi in
tutta la letteratura sull’Ars nova. Si è occupato di Bartolo in particolare KURT VON FISCHER,
Il ciclo dell’ Ordinarium Missae del Ms F-Pn568 (Pit), in L’Ars Nova Italiana del Trecento, V,
a cura di Agostino Ziino, Palermo, Enchiridion, 1985, pp. 123-137.
22
FILIPPO VILLANI, De origine civitatis Florentie et de eiusdem famosis civibus, edidit Giuliano
Tanturli, Padova, Antenore, 1997, p. 408.
30 STEFANO CAMPAGNOLO

Musice artis disciplinam multi memorabiles florentini perfectissime habuere, sed qui in ea
scientia aliquid ediderint pauci extant. Inter quos Bartolus et ser Laurentius Masini pre ceteris
prestantius et artificiosius cecinerunt. Quorum primus, cum alternatim organo et modulatis
vocibus in nostra maiori ecclesia symbolum caneretur, tam suavi dulcique concentu diligentia
artis ipsum intonuit, ut, relicta consueta organi interpositione, magno concursu populi, voca-
lem sequentibus armoniam deinceps vivis vocibus caneretur primusque omnium antiquam
consuetudinem virilis chori organique abolere coegit.23

Come si vede, anche la testimonianza di Villani fa riferimento al Credo di Bar-


tolo. Si rilevi poi l’associazione con Lorenzo Masini, associazione che avviene
anche nel codice Pit, poiché al suo Credo segue il Sanctus proprio di Lorenzo.24
Ancor più stimolante è notare come Lorenzo sia colui che ha messo in musica
due delle tre rime del Boccaccio che ci siano giunte tramandate col supporto
della notazione musicale.25
È possibile dunque che il perduto codice del Trissino registrasse effettiva-
mente il nome dell’intonatore al posto di (o insieme a) quello dell’autore del
testo? E che Bartolo de’ Bicci sia il Bartolo di Filippo Villani? Se così fosse,
Bartolo sarebbe associato a Lorenzo anche per essere tra gli intonatori di rime
del Boccaccio, circostanza questa che porterebbe entrambi a vederne ancor più

23
Nella traduzione italiana di Gallo: «Molti fiorentini degni di memoria ebbero perfetta co-
noscenza dell’arte musicale, ma pochi sono coloro che in quest’arte pubblicarono qualche
cosa; tra costoro Bartolo e ser Lorenzo Masini composero in maniera più eccellente e abile
degli altri. Il primo di essi quando nella nostra chiesa maggiore si cantava il Credo alternando
il suono dell’organo alle voci del coro, lo intonò invece con tanto soave e dolce concento e
perizia d’arte che, abbandonata la consueta interposizione dell’organo, con grande affluenza
di popolo che seguiva l’armonia vocale, tutto il pezzo fu intonato vocalmente, e Bartolo fu
così il primo che costrinse ad abbandonare l’antica consuetudine del coro e dell’organo» (F.
ALBERTO GALLO, Il Medioevo II, in Storia della Musica, a cura della Società Italiana di Musi-
cologia, EdT, Torino, 1977, v. II, p. 130).
24
Precede il Gloria opera di Gherardello e completano il ciclo l’Agnus ancora di Gherardello e
il Benedicamus di Paolo da Firenze. Si veda l’articolo di Von Fischer citato.
25
Un madrigale (Come in sul fonte fu preso Narciso), e una ballata (Non so qual i’ mi voglia),
entrambe musicate da Lorenzo Masini; la ballata O giustitia regina, al mondo freno è stata
messa in musica da Niccolò da Perugia. Tutt’e tre le composizioni sono contenute in testi-
mone unico nel celeberrimo Palatino 87 della Biblioteca Mediceo Laurenziana (Codice Squar-
cialupi).
NOTA SUL «PIÙ ANTICO POLIFONISTA ITALIANO DEL SECOLO XIV» 31

plausibilmente riconosciuta una posizione di assoluto rilievo nella élite citta-


dina, posizione che la testimonianza di Villani indubbiamente gli attribuisce.
Accogliendo l’ipotesi, si accrescerebbe di una ballata – la citata I’ non ardisco,
di perfetta musicabilità, come attesta l’intonazione cinquecentesca –, il piccolo
numero di rime del Boccaccio musicate in vita del poeta, e si aggiungerebbe
un complemento al nome del misterioso Bartolo polifonista.
Nello scrivere su Bartolo, Ettore Li Gotti – nello studio il cui titolo ho
ripreso nell’intestare questa nota – proponeva un’associazione con un «Don
Bartolo, cappellano del vescovo di Firenze, probabilmente benedettino e forse
originario di Mugello, ricorda il Lami agli anni 1317 e 132026 […] con altri
reverendi viri […] tra i canonici del capitolo della chiesa maggiore di Fi-
renze».27 Questa proposta di identificazione non sarebbe in contrasto con Bar-
tolo,28 alias “de’ Bicci”, in attesa che «fortunate scoperte possano dar corpo ai
nostri sospetti».29

26
Si intende GIOVANNI LAMI, Sanctae Ecclesiae Florentinae monumenta, Firenze, Deiparae ab
Angelo Salutatae, 1758.
27
LI GOTTI, Il più antico, cit., p. 220.
28
Non compatibile invece l’affermazione di Li Gotti per la quale Bartolo sarebbe poco atte-
stato nei codici superstiti perché si è dedicato solo alla musica sacra, non avendo «tra gli autori
dei testi poetici del suo repertorio un Petrarca, un Boccaccio, un Soldanieri o un Sacchetti»
(ivi, pp. 219-220). Poco convincenti, a parer mio, anche le argomentazioni usate da Von
Fischer (Il ciclo dell’ Ordinarium, cit.) per supporre che il Domenico Bartoli, indirettamente
collegabile col manoscritto parigino Pit, sia un discendente di Bartolo.
29
LI GOTTI, Il più antico, cit., p. 220.

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