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A cura di
Cecilia Bacherini, Giacomo Sciommeri e Agostino Ziino
In copertina:
Giuseppe Zocchi, Piazza della Signoria di Firenze, collezione privata
ISBN: 978-88-95349-15-2
INDICE
13 FEDERICO BARDAZZI
Musiche per la Divina Commedia
25 STEFANO CAMPAGNOLO
Nota sul «più antico polifonista italiano del secolo XIV»
33 GIANLUCA D’AGOSTINO
Ancora su Musica e Umanesimo: spigolature braccioliniane
45 JOHN NÁDAS
Some New Documentary Evidence Regarding Heinrich Isaac’s Career
in Florence
65 PEDRO MEMELSDORFF
John Hothby, Lorenzo il Magnifico e Robert Morton in una nuova fonte
manoscritta a Mantova
111 BLAKE WILSON
Jannes, Jean Japart, and Florence
137 ANTHONY M. CUMMINGS
The Semiotics of Ceremonial Space and Sound in Pope Leo X’s Rome
«Io vidi ombre e vivi a paragone / provarsi di cantar meglio e più bello»: que-
sto, l’incipit di un sonetto di Niccolò de’ Rossi intorno al quale Nino Pirrotta
scrisse un memorabile studio sulla musica dell’ars nova italiana.1 Questo so-
netto, con la sua elencazione di musici celebri nel loro tempo,2 è pieno, per i
moderni studiosi, assai più di ‘ombre’, che di vivi musicisti di cui ci sia rimasta
una traccia meno che flebile: un caso consueto per la musica medievale, per
motivi piuttosto ovvi.
In molti casi alcuni dei nomi che affiorano dalle fonti documentarie, dalle
cronache, dalla letteratura stessa, chiamano in causa, in ragione della natura
musicale e letteraria della fioritura italiana della musica trecentesca, i massimi
esponenti della nostra letteratura: Casella, Scochetto e Lippo richiamano
Dante; Confortino e Floriano da Rimini evocano Petrarca; Mino d’Arezzo:
Boccaccio.3 Tanto scarse sono le evidenze su tali musici, veri e propri fantasmi,
1
NINO PIRROTTA, Due sonetti musicali del sec. XIV, in Miscelànea en homenaje a Monseñor
Higinio Angles, Barcelona, 1958-1961, II, pp. 651-662, poi ripubblicato in ID., Musica tra
Medioevo e Rinascimento, Torino, Einaudi, 1984, pp. 52-62.
2
Nell’ordine sono elencati (fra parentesi le identificazioni di Pirrotta): Casella, el guerço
(Guerzo, o Guercio da Montesanto), Quintinello, Mino, Lippo (Lippo Pasci de’ Bardi), Se-
gna, Scochetto, Giovanni (di Bonandrea), Nerone, Parlantino (da Firenze), Bertuccio (Alber-
tuccio dalla Viola), Ceccarello, Marchetto (da Padova), Confortino, Angelo, Blasio, Floriano
(da Rimini), Maestro Pietro, Garzone (Garzo dell’Incisa) e Ceccolino. A questo elenco di
musicisti sarebbero da aggiungerne molti altri su cui sappiamo poco o nulla, come Ottolino
da Brescia (citato da Sacchetti nelle carte autografe come intonatore di vari suoi componi-
menti), e altri che appaiono con uno o due pezzi in un unico manoscritto senza lasciare altro
indizio di sé, caso questo piuttosto frequente che riguarda, esempi tra i tanti, il Ser Feo atte-
stato in unicum nel ms. Panciatichi 26, Giovanni da Genova e Corrado da Bologna, testimo-
niati nel ms. Estense lat. 568.
3
Casella è citato nella Commedia (Purgatorio, II.76-133) in un celeberrimo passo; Scochetto
appare quale intonatore di una ballata dantesca nell’annotazione presente in un manoscritto
perduto, Lippo è destinatario di un sonetto caudato inviato ad accompagnare una canzone cui
26 STEFANO CAMPAGNOLO
avrebbe dovuto prestare il son (su queste occorrenze cfr. ancora PIRROTTA, Musica tra Me-
dioevo e Rinascimento, cit., pp. 46-47, 55); Confortino è destinatario di alcune rime da porre
in musica secondo le annotazioni dello stesso Petrarca derivabili dagli abbozzi della Biblioteca
Casanatense, mentre Floriano è citato nelle Epistole metricae (cfr. STEFANO CAMPAGNOLO,
Petrarca e la musica del suo tempo, Atti del Convegno Internazionale di Studi (Arezzo, 18-20
marzo 2004), a cura di Andrea Chegai e Cecilia Luzzi, Lucca, Libreria Musicale Italiana, 2005,
pp. 3-41); Mino d’Arezzo appare nel Decameron (X.7) in qualità di musicista (cfr. STEFANO
CARRAI, Un musico del tardo Duecento (Mino d’Arezzo) in Nicolò De’ Rossi e nel Boccaccio (Dec.
X.7), «Studi sul Boccaccio», XII, 1980, pp. 39-46).
4
STEFANO CAMPAGNOLO, Boccaccio in musica nel Cinquecento: letture e interpretazioni dei
madrigalisti, in Atti del convegno Boccaccio veneto (‘Casa Artom’, Wake Forest University - Fon-
dazione Levi, Venezia, 21-22 giugno 2013), a cura di Luciano Formisano e Roberta Morosini,
Roma, Aracne, in corso di stampa.
5
Vicenza, Tolomeo Gianicolo 1529. Trissino incluse alcune rime del Boccaccio a illustrare le
forme del madrigale (Come su ‘l fonte fu preso Narciso, cogliendo peraltro una delle musicate
nel Trecento), della ballata mezzana (I’ son si vaga de la mia belleza, Decameron, prima gior-
nata), e della canzone (Il gran disio, che l’amorosa fiamma).
6
Nel Primo libro dei madrigali di Maistre Ihan, Venezia, Antonio Gardano, 1541, ed. mo-
derna: JACOBI ARCADELT, Opera omnia, ed. Albertus Seay, vol. VII: Madrigali miscellanei,
Rome, American Institute of Musicology, 1969, pp. 21-23 (“Corpus Mensurabilis Musicae”,
31).
NOTA SUL «PIÙ ANTICO POLIFONISTA ITALIANO DEL SECOLO XIV» 27
7
Faccio riferimento alla più recente edizione critica delle Rime, che si deve a Roberto Lepo-
ratti: GIOVANNI BOCCACCIO, Rime, Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2013 (“Archivio Ro-
manzo”, 26). Leporatti ha provveduto a un riordino delle rime, modificando la sequenza tra-
dizionale della storica edizione critica di Massèra (ID., Rime, testo crit. a cura di Aldo France-
sco Massèra, Bologna, Romagnoli - Dall’Acqua, 1914), già rivista ed emendata da Branca
(ID., Le Rime, L’Amorosa visione, La Caccia di Diana, a cura di Vittore Branca, Bari, Laterza,
1939 e successive). Ancora modifica l’ordinamento Antonio Lanza (ID., Rime, a cura di An-
tonio Lanza, Roma, Aracne, 2010), ma su considerazioni storico-silistiche e non basate sulla
critica del testo. La ballata in oggetto è numerata LXXV nella versione Massèra-Branca e 118
da Leporatti (Rime-Massèra, pp. 104-106; Rime-Branca, pp. 44, 339; Rime-Leporatti, pp. 325-
326).
8
Rime-Leporatti, p. 325.
9
Se ne veda la descrizione in Rime-Leporatti, pp. XIV-XVI e pp. XVIII-XX, rispettivamente,
con ulteriori rinvii a studi, bibliografie e repertori.
10
Cfr. GIANFRANCO FOLENA, “Barbieri, Giovanni Maria”, sub voce, in Dizionario Biografico
degli Italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, vol. VI, 1964, pp. 226-230.
28 STEFANO CAMPAGNOLO
11
Rime-Leporatti, p. XIX.
12
GIOVANNI MARIA BARBIERI, Dell’origine della poesia rimata opera di Giammaria Barbieri
modenese pubblicata ora per la prima volta e con annotazioni illustrata dal cav. ab. Girolamo
Tiraboschi, Modena, Società tipografica, 1790.
13
Chiarifica la questione (e l’esistenza dell’antigrafo appartenuto a Trissino alla base di Bo177,
messa in dubbio da GIULIO BERTONI, I codici di rime italiane di Gio. Maria Barbieri, «Gior-
nale Storico della Letteratura Italiana», XLV, 1905, pp. 35-47) ALDO MASSÈRA, Ancora dei
codici di rime volgari adoperati da G. M. Barbieri, «Studi Medievali», II, 1906-1907, pp. 11-
36: 22-28.
14
È sotto questo nome infatti che appare nell’opera di Barbieri edita da Tiraboschi a p. 166.
15
Cfr. Rime-Leporatti, pp. CCXX-CCXLI.
16
Rime-Branca, p. 339: «Il tono generale caratteristicamente boccaccesco conferma l’attribu-
zione trasmessaci da tradizioni manoscritte diverse, e che possiamo ritenere sicura».
17
Rime-Massèra, p. XCIII. L’ordinamento di Bo177 non fa testo in questo caso, poiché è
all’originale perduto cui bisognerebbe fare riferimento. Nell’edizione de L’arte del rimare, Ti-
raboschi riproduce fedelmente anche le annotazioni di Barbieri, che riporta l’indicazione della
fonte da cui trae i testi, corredata con il numero della carta. Massèra (Ancora dei codici, cit., p.
NOTA SUL «PIÙ ANTICO POLIFONISTA ITALIANO DEL SECOLO XIV» 29
27) ricostruisce su questa base l’ipotetica tavola del codice Trissino: in questa ricostruzione, la
ballata di Boccaccio/Bartolo segue a una lacuna e precede una ballata di Niccolò Soldanieri (È
non è donna gioco).
18
Rime-Massèra, p. XCIII.
19
DOMENICO DE ROBERTIS, A norma di stemma (per il testo delle «Rime» del Boccaccio), «Studi
di Filologia Italiana», XLII, 1984, pp. 109-149. «Bartolo de’ Bicci (l’intonatore?)», p. 145.
20
Rime-Leporatti, p. 325.
21
Su Bartolo ha scritto in particolare e per primo ETTORE LI GOTTI, Il più antico polifonista
italiano del secolo XIV, «Italica», XXIV, 1947, pp. 196-200, sciogliendo l’equivoco inerente al
Liber di Filippo Villani (cfr. sotto) che nella edizione ottocentesca curata da Galletti (Philippi
Villani liber de civitatis Florentiae famosis civibus, […] in lucem prodeunt cura et studio Gustavi
Camilli Galletti, Firenze, Mazzoni, 1847) a causa di una sciatta edizione del testo, attribuiva
a Giovanni da Cascia quanto invece Villani diceva di Bartolo. Li Gotti è stato ripreso poi in
tutta la letteratura sull’Ars nova. Si è occupato di Bartolo in particolare KURT VON FISCHER,
Il ciclo dell’ Ordinarium Missae del Ms F-Pn568 (Pit), in L’Ars Nova Italiana del Trecento, V,
a cura di Agostino Ziino, Palermo, Enchiridion, 1985, pp. 123-137.
22
FILIPPO VILLANI, De origine civitatis Florentie et de eiusdem famosis civibus, edidit Giuliano
Tanturli, Padova, Antenore, 1997, p. 408.
30 STEFANO CAMPAGNOLO
Musice artis disciplinam multi memorabiles florentini perfectissime habuere, sed qui in ea
scientia aliquid ediderint pauci extant. Inter quos Bartolus et ser Laurentius Masini pre ceteris
prestantius et artificiosius cecinerunt. Quorum primus, cum alternatim organo et modulatis
vocibus in nostra maiori ecclesia symbolum caneretur, tam suavi dulcique concentu diligentia
artis ipsum intonuit, ut, relicta consueta organi interpositione, magno concursu populi, voca-
lem sequentibus armoniam deinceps vivis vocibus caneretur primusque omnium antiquam
consuetudinem virilis chori organique abolere coegit.23
23
Nella traduzione italiana di Gallo: «Molti fiorentini degni di memoria ebbero perfetta co-
noscenza dell’arte musicale, ma pochi sono coloro che in quest’arte pubblicarono qualche
cosa; tra costoro Bartolo e ser Lorenzo Masini composero in maniera più eccellente e abile
degli altri. Il primo di essi quando nella nostra chiesa maggiore si cantava il Credo alternando
il suono dell’organo alle voci del coro, lo intonò invece con tanto soave e dolce concento e
perizia d’arte che, abbandonata la consueta interposizione dell’organo, con grande affluenza
di popolo che seguiva l’armonia vocale, tutto il pezzo fu intonato vocalmente, e Bartolo fu
così il primo che costrinse ad abbandonare l’antica consuetudine del coro e dell’organo» (F.
ALBERTO GALLO, Il Medioevo II, in Storia della Musica, a cura della Società Italiana di Musi-
cologia, EdT, Torino, 1977, v. II, p. 130).
24
Precede il Gloria opera di Gherardello e completano il ciclo l’Agnus ancora di Gherardello e
il Benedicamus di Paolo da Firenze. Si veda l’articolo di Von Fischer citato.
25
Un madrigale (Come in sul fonte fu preso Narciso), e una ballata (Non so qual i’ mi voglia),
entrambe musicate da Lorenzo Masini; la ballata O giustitia regina, al mondo freno è stata
messa in musica da Niccolò da Perugia. Tutt’e tre le composizioni sono contenute in testi-
mone unico nel celeberrimo Palatino 87 della Biblioteca Mediceo Laurenziana (Codice Squar-
cialupi).
NOTA SUL «PIÙ ANTICO POLIFONISTA ITALIANO DEL SECOLO XIV» 31
26
Si intende GIOVANNI LAMI, Sanctae Ecclesiae Florentinae monumenta, Firenze, Deiparae ab
Angelo Salutatae, 1758.
27
LI GOTTI, Il più antico, cit., p. 220.
28
Non compatibile invece l’affermazione di Li Gotti per la quale Bartolo sarebbe poco atte-
stato nei codici superstiti perché si è dedicato solo alla musica sacra, non avendo «tra gli autori
dei testi poetici del suo repertorio un Petrarca, un Boccaccio, un Soldanieri o un Sacchetti»
(ivi, pp. 219-220). Poco convincenti, a parer mio, anche le argomentazioni usate da Von
Fischer (Il ciclo dell’ Ordinarium, cit.) per supporre che il Domenico Bartoli, indirettamente
collegabile col manoscritto parigino Pit, sia un discendente di Bartolo.
29
LI GOTTI, Il più antico, cit., p. 220.