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VII Centenario della nascita di F. Petrarca (2004). Comitato nazionale

Comune di Arezzo

Provincia di Arezzo

Università degli Studi di Siena

Facoltà di Lettere con sede in Arezzo

Dipartimento di Teoria e documentazione delle tradizioni culturali

Liceo Ginnasio “F. Petrarca” di Arezzo

Accademia Petrarca di Lettere Arti e Scienze

Istituzione Biblioteca Città di Arezzo

Fondazione Guido d’Arezzo

In copertina: Petrarca nel suo studio, c. Iv. del ms. Palatino 184 della Nazionale di Firenze

Questo volume è stato redatto e impaginato con software open source.


© 2005 Libreria Musicale Italiana
Lim srl, via di Arsina 296/f,
I-55100 Lucca, P.O.Box 198
lim@lim.it www.lim.it
ISBN 88-7096-449-3
PETRARCA IN MUSICA
ATTI DEL CONVEGNO INTERNAZIONALE DI STUDI
VII CENTENARIO DELLA NASCITA DI FRANCESCO PETRARCA
AREZZO, 18-20 MARZO 2004

A CURA DI
ANDREA CHEGAI E CECILIA LUZZI

Libreria Musicale Italiana


SOMMARIO

IX Figlio prediletto e padre nobile d’Arezzo e dell’Italia intera, di Luigi


Lucherini
XI Petrarca, Arezzo, l’Università, di Camillo Brezzi
XIII Ringraziamenti, di A.C. - C. L.
XV Introduzione, di A.C. - C. L.
XXIII Abbreviazioni

Petrarca da Petrarca al Rinascimento:


gli incerti della diffusione manoscritta
e la prima produzione a stampa

3 STEFANO CAMPAGNOLO, Petrarca e la musica del suo tempo


43 CECILIA PANTI, Il madrigale «Non al suo amante» (RVF 52): tradizione
letteraria e tradizione musicale
65 THOMAS SCHMIDT-BESTE, The ‘Latin Petrarca’ in Music
83 FRANCESCO ROCCO ROSSI, «Vergine bella» e Dufay: dalla tradizione
improvvisativa alla ‘res facta’
101 RODOBALDO TIBALDI, Il repertorio frottolistico e la poesia del Petrarca
VI SOMMARIO

La civiltà del madrigale.


Tipologie compositive e stili diversi alla prova di Petrarca

131 STEFANO LA VIA, Petrarca secondo Verdelot. Una rilettura di «Non pò far
Morte il dolce viso amaro»
155 DANIELE SABAINO, «Gli diversi effetti, gli quali essa harmonia suole pro-
durre»: ancora su teoria e prassi dell’ethos modale (per il tramite, questa
volta, di alcuni testi petrarcheschi)
203 MARCO MANGANI, «Oh, felice eloquenza!». Gabrieli, Marenzio, Inge-
gneri e il sonetto 245 del “Canzoniere”
245 PAOLO CECCHI, La fortuna musicale della “Canzone alla Vergine” pe-
trarchesca e il primo madrigale spirituale
293 CECILIA LUZZI, Petrarca, Monte, i fiamminghi e la ‘questione dello stile’
nel madrigale cinquecentesco

La civiltà del madrigale.


Circolazione e riuscita sociale di musiche petrarchesche

321 FRANCO PIPERNO, «Sì alte, dolce e musical parole». Petrarca, il petrarchi-
smo musicale e la committenza madrigalistica nel Cinquecento
347 MARIE-ALEXIS COLIN, Échos de Pétrarque dans la musique française du
16e siècle
365 MARTHA FELDMAN, Cortigiane e ‘donne da ridotto’: petrarchismo, tradi-
zione orale e scala sociale
391 ANGELO POMPILIO, Il Repertorio della Poesia Italiana in Musica, 1500-
1700 (RePIM): un aggiornamento

Petrarca in epoca moderna.


Opportunità, riscritture, tradimenti

399 PIERO GARGIULO, Petrarca in monodia: «I’ vidi in terra angelici costumi»
nelle intonazioni di Marco da Gagliano (1615) e Domenico Belli (1616)
SOMMARIO VII

425 ANDREA CHEGAI, Divergenze tra forma poetica ed effetto estetico: «Solo e
pensoso» musicato da Haydn
435 MARIATERESA DELLABORRA, Petrarca intonato da Schubert: i tre Lieder
D 628-630 (con qualche considerazione sulla restante produzione
‘italiana’)
455 MAURIZIO GIANI, Tra Lied e melodramma. I Sonetti del Petrarca di
Franz Liszt
475 PIETRO CAVALLOTTI, Petrarca nell’ottica di Schönberg
495 MILA DE SANTIS, Petrarca nel primo Novecento musicale italiano

525 Indice dei capoversi e dei titoli


543 Indice dei nomi
ABBREVIAZIONI

CMM = Corpus Mensurabilis Musicae, Roma-Dallas, poi Neuhausen-Stoccarda, Ame-


rican Institute of Musicology, 1947-.

DEUMM = Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti, diretto da A.


Basso, Utet, Torino 1983-1990.

Grove Music Online = Grove Music Online, a c. di L. Macy


(http://www.grovemusic.com).

The New Grove Dictionary = The New Grove Dictionary of Music and Musicians, 2ª ed., a
c. di S. Sadie e J. Tyrrell, Macmillan, London 2001.

Nuovo Vogel = E. VOGEL - A. EINSTEIN - F. LESURE - C. SARTORI, Bibliografia della musica


italiana vocale profana pubblicata dal 1500 al 1700, 3 voll., Staderini - Minkoff,
Pomezia - Genève 1977.

PETRARCA, Canzoniere = F. PETRARCA, Canzoniere, ed. commentata a c. di M. Santaga-


ta, Mondadori, Milano 2004.

RISM = Répertoire international des sources musicales, B.I, 1 Récueils imprimés XVI-XVII
siècles, I: liste chronologique, a c. di F. Lesure, Henle, München - Duisburg
1960.

RePIM = Repertorio della Poesia Italiana in Musica (1500-1700), a c. di A. Pompilio


(oggi all’indirizzo http://repim.muspe.unibo.it/repim/).

RVF = Rerum Vulgarium Fragmenta (cfr. PETRARCA, Canzoniere).

SCM = Sixteenth-Century Madrigal, a c. di J.A. Owens, Garland, New York etc. 1993-.
Franco Piperno
Università di Roma “La Sapienza”

«SÌ ALTE, DOLCE E MUSICAL PAROLE».


PETRARCA, IL PETRARCHISMO MUSICALE
E LA COMMITTENZA MADRIGALISTICA NEL CINQUECENTO

1. Il primato della lirica petrarchesca fra le scelte poetiche dei musi-


cisti del Cinquecento, almeno entro i primi due terzi del secolo, è un
dato certo e pienamente acquisito dalla storiografia sulla polifonia pro-
fana italiana di quel periodo.1 Anche le ragioni di quel primato sem-
brano essere pacifiche: al centro – come autore, come ispiratore e come
modello – della produzione lirica di quel secolo e della coeva e corre-
lata produzione libraria, Petrarca era scelta obbligata e ineludibile per il
madrigalista cinquecentesco; tanto più che v’è chi sostiene che proprio
Petrarca, il Petrarca additato dal Bembo a ‘musicale’ modello per i lirici
italiani, sia stato la causa scatenante del rilevante fenomeno del madri-
gale musicale italiano.2
Ciononostante mi chiedo se queste osservazioni di carattere genera-
le siano sufficienti a fornire una risposta al perché così tante volte testi
petrarcheschi siano stati scelti per intonazioni madrigalistiche e se sia
1
Cfr., per un’utile sintesi, L. BIANCONI, Parole e musica. Il Cinquecento e il Seicento, in Lette-
ratura italiana, vol. VI: Teatro, musica e tradizione dei classici, a c. di A. Asor Rosa, Einaudi, To-
rino 1986, pp. 319-63: 328-32; per i dati quantitativi e per alcuni grafici illustrativi Bian-
coni si avvale del lavoro di Maria Giovanna Miggiani, «Il Petrarca imbrodolato». Fortuna di
testi petrarcheschi nel madrigale italiano del ’500, Tesi di laurea, Università di Venezia, 1985. Il
periodo di più intensa e costante attenzione dei madrigalisti per i versi del Petrarca è
compreso fra 1540 e 1570; «l’espansione complessiva dell’editoria madrigalistica registra-
ta negli anni ’60 s’alimenta a vicenda con la fortuna petrarchesca [...] mentre pressoché
dimezzato è il contributo dato dai versi petrarcheschi all’euforica produzione di madri-
gali negli anni ’80» (BIANCONI, Il Cinquecento e il Seicento, p. 332).
2
In proposito vedi il classico studio di D.T. MACE, Pietro Bembo and the literary origins of
the italian madrigal, «The Musical Quarterly», LV 1969, pp. 65-86 (traduzione italiana in
Il madrigale tra Cinque e Seicento, a c. di P. Fabbri, Il Mulino, Bologna 1988, pp. 71-91).
322 FRANCO PIPERNO

corretto annullare in esse il dato specifico e singolare del desideratum del


committente, dell’iniziativa dell’intonatore, del condizionamento cultu-
rale/sociale di un ambiente (una corte, un’accademia, un cenacolo let-
terario), della consuetudine legata all’apprendistato musicale o del mero
appiattimento alla moda petrarchistica corrente: elementi tutti, ed altri
ancora, meritevoli di appropriata e distinta verifica onde attribuire caso
per caso a Petrarca in quanto ‘scelta poetica’ il dovuto grado di consa-
pevolezza, autonomia e funzionalità. Cercherò di fornire qualche ri-
sposta tentando di capire, al di là dell’evidenza e cospicuità del dato
numerico,3 se intonare Petrarca, produrre (commissionare, dedicare, fi-
nanziare, pubblicare) un libro di madrigali intessuto di testi petrarche-
schi abbia avuto un senso che andasse oltre l’ovvia affidabilità della
scelta e se ciò possa fornirci indicazioni utili sul consumo e sulle fun-
zioni del madrigale musicale nella società del tempo.

2. Movendo dalla convinzione che il prodotto madrigalistico finito,


su cui effettuerò le mie osservazioni, è indissolubilmente legato alla
committenza che ne è all’origine, conviene tentare di appurare cosa si-
gnifichi Petrarca per il committente di musica madrigalistica del Cin-
quecento. L’indagine si presenta comprensibilmente vastissima e, forse,
inesauribile; procederò pertanto per sondaggi e per confronti fra alcune
situazioni diverse e contraddittorie. In ogni caso tale indagine farà teso-
ro dei dati, questi sì vasti ed acquisiti, relativi a ciò che Petrarca rappre-
senta in generale per la cultura letteraria, per l’attività editoriale, per il
costume e per la società del tempo; con ciò dichiaro apertamente il
mio debito nei confronti degli illuminanti studi petrarcheschi e petrar-
chistici di Roberto Fedi, Amedeo Quondam, Marco Santagata ed altri
citati in questo scritto.
A partire dal primo ‘petrarchino’ stampato nel Cinquecento, quello
uscito nel 1501 per i tipi di Aldo a cura di Pietro Bembo, il Canzoniere
si avvia a divenire uno dei prodotti librari di maggiore successo;4 dietro
3
Sono oltre duemila i madrigali composti su versi del Petrarca entro il secolo abbon-
dante di fortuna di questo genere musicale; in ogni caso si tratta di una percentuale mo-
destissima (attorno al 5%) rispetto al numero dei testi adespoti intonati entro il medesi-
mo ambito cronologico (cfr. L. BIANCONI, Il Cinquecento e il Seicento, p. 328 e 337).
4
Per una ricognizione delle edizioni cinquecentesche del Petrarca K. LEY, Die Drucke
von Petrarcas Rime, 1470-2000 : synoptische Bibliographie der Editionen und Kommentare (in
collaborazione con Christine Mundt-Espín e Charlotte Krauss), G. Olms, Hildesheim
2002; su significato ed effetti del successo editoriale del Canzoniere vd. A. QUONDAM, Il
«SÌ ALTE, DOLCE E MUSICAL PAROLE» 323

tale successo vi è l’investitura del Canzoniere, officiata da Bembo, a mo-


dello linguistico principe della comunicazione letteraria, poetica in
particolare, a strumento di alfabetizzazione e di omologazione (cultura-
le, linguistica, stilistica e sociale) di ampia accessibilità, ad exemplum as-
soluto di libro di poesia: per i lettori del Cinquecento Petrarca «è insie-
me sillabario e grammatica, vocabolario e topica, rimario e poetica»,5 è
l’auctoritas depositaria di un modello linguistico classico e sovraregiona-
le, è il vettore per l’accesso potenzialmente indiscriminato alla comuni-
tà intellettuale ed alla condivisione dei valori etici e sociali delle classi
alfabetizzate.

2.1. Su questo sfondo, qui a grandi linee sintetizzato, si collocano al-


cuni episodi che meritano riflessione. Nel giugno 1536 Guidubaldo
Della Rovere, figlio di Francesco Maria I Della Rovere duca d’Urbino
e a sua volta duca di Camerino, riceve tramite il suo ambasciatore resi-
dente a Venezia la richiesta di finanziare un’edizione petrarchesca; non
conosco i termini esatti di questa richiesta, li deduco dalla risposta del
duca al suo interlocutore veneziano che suona così:
[...] Non mi occorre dir altro se non che quanto a quel m.r Francesco
che vorrebbe per mandar fuori il commento di Petrarcha esser aiutato
da me, ch’io come sapete mi trovo mal il modo di aiutar né lui né altri,
ma più tosto avrei bisogno io di aiuto d’altri; oltre ch’io non so coniet-
turar di che importanza si possa esser questo aiuto ch’egli ricerca. Però
gli potrete dire che volendolo far imprimere & indirizzare a me, io non
posso fargli altro ben se non quanto ch’io vi ho detto & che lo ringra-
zio del buono animo suo, quale potendo da sé mandarlo ad excussione
io non so se n’è per averne piacere.6

libro di poesia tra scriptorium e tipografia, in ID., Il naso di Laura. Lingua e poesia lirica nella
tradizione del Classicismo, Panini, Modena 1991, pp. 99-121.
5
A. QUONDAM, Nascita della grammatica. Appunti e materiali per una descrizione analitica, nel
suo Il naso di Laura, pp.45-81: 49.
6
Firenze, Archivio di Stato, fondo Archivio di Urbino, Classe I, busta 233 (carteggio di
Venezia, lettere ducali a Giovan Giacomo Leonardi ambasciatore ducale a Venezia) c.
389v. Sul periodo camerte di Guidubaldo Della Rovere il mio L’immagine del Duca.
Musica e spettacolo alla corte di Guidubaldo II duca d’Urbino, Olschki Firenze 2001, pp. 36-
9; lì (p. 38, nota 52) ho congetturato l’identificazione del volume oggetto della richie-
sta inoltrata al duca di Camerino col Petrarca commentato da Francesco Alunno
stampato da Francesco Marcolini nel 1539 con dedica a Laura Giustiniani Badoer.
324 FRANCO PIPERNO

Il duca di Camerino se la passa male, sul piano finanziario, e non ha


soldi da spendere in cose apparentemente futili o, comunque, non stret-
tamente necessarie; in ogni caso non intravede nella eventualità di fi-
nanziare un Petrarca commentato, un vantaggio sul piano dell’immagi-
ne e del prestigio tale da convincerlo ad allargare i cordoni della borsa:
o l’edizione viene a lui dedicata senza contributi finanziari, oppure
non se ne fa nulla. Va osservato che delle numerosissime edizioni pe-
trarchesche apparse fra 1500 e 1560 (Klaus Ley ne scheda duecentoot-
to), sono soltanto venticinque quelle offerte ad un dedicatario (dunque
l’eccezione, piuttosto che la regola) e pertanto la riluttanza di Guidu-
baldo può anche dipendere dalla eccentricità della richiesta.
Questo disinteresse per un coinvolgimento in prima persona nelle
sorti dell’editoria petrarchesca non impedì a Guidubaldo – informato
lettore di poesia contemporanea come dimostrano numerosi dispacci
che accompagnano invii a lui di liriche di Ludovico Ariosto, Vittoria
Colonna, Pietro Aretino, Veronica Gambara, Giovanni Battista Crispol-
ti7 – di circondarsi, una volta divenuto duca d’Urbino (1538), di lettera-
ti convintamene petrarchisti come Bernardo Tasso, Bernardo Cappello,
Dionigi Atanagi e di musicisti frequentemente impegnati nell’intona-
zione di versi del Petrarca quali Cipriano de Rore e Costanzo Porta:
quest’ultimo dedica alla prima figlia di Guidubaldo, Virginia, un presti-
gioso Primo libro di madrigali a cinque voci (Venezia 1559) intessuto di so-
netti (otto del Petrarca, altrettanti di altri autori).8 Questo tipo di ini-
ziative mecenatesche ha all’origine, dunque, un cosmo di valori sociali
e relazionali nel quale il gusto letterario o una vera passione per l’Au-
tore trovano posto solo marginalmente: il ‘petrarchismo’ della commit-
tenza roveresca – un petrarchismo che anche nel settore della commit-
tenza è ormai una moda – è indipendente dal personale interesse
(quello eventualmente esternabile con atti pubblici quali il finanzia-
mento di un’edizione) per il poeta in quanto specifico oggetto intellet-
tuale.

2.2. Se questo è un possibile percorso, nell’agire del signore, da Pe-


trarca alla committenza musicale, analizziamo un percorso inverso. Nel
settembre 1558 Gardano dà fuori il più prestigioso libro di polifonia
del Cinquecento, la Musica nova di Adrian Willaert (una monumentale
7
Cfr. il mio L’immagine del Duca, ad indicem.
8
PIPERNO, L’immagine del Duca, pp. 69-71 e 169-86.
«SÌ ALTE, DOLCE E MUSICAL PAROLE» 325

raccolta di mottetti e madrigali), curato da Francesco della Viola che lo


dedica al principe di Ferrara Alfonso d’Este; è ben noto che, in realtà,
sia proprio quest’ultimo il patrocinatore di quell’edizione, da lui forte-
mente voluta fin dal 1555 quando acquistò i manoscritti willaertiani da
Polissena Pecorina, e vigorosamente difesa negli anni successivi durante
la difficoltosa fase di ottenimento dei privilegi di stampa e la delicata
vertenza giudiziaria con Antonio Zantani.9 Nella Musica nova di Wil-
laert si annidano molteplici motivi di interesse, fra questi il fatto che la
porzione madrigalistica del volume sia costituita da venticinque brani,
tutti, tranne uno, sonetti del Petrarca; ciò non costituisce novità od ec-
cezione particolare in assoluto, bensì relativamente al resto della scarna
produzione madrigalistica willaertiana, assai poco incline a scelte poeti-
che petrarchesche, almeno a giudicare da ciò che, oltre alla Musica nova,
è giunto fino a noi. Mi chiedo se l’interesse di Alfonso d’Este per la
Musica nova sia stato sollecitato (anche? soprattutto? esclusivamente? per
nulla?) dalla vistosa componente petrarchesca di quella silloge, se Pe-
trarca possa essere indicato il movente principale, il valore aggiunto o
un ininfluente complemento nell’iniziativa editoriale patrocinata dal
principe di Ferrara. Non ho informazioni sulla cultura né sulle predile-
zioni letterarie di quest’ultimo;10 di certo la copiosa documentazione
che accompagna la fase di gestazione del progetto editoriale relativo
alla Musica nova indica senza possibilità di dubbio che Alfonso era pri-
ma di ogni altra cosa e forse esclusivamente interessato alla musica di
Willaert: lo sdegno del principe per i ritardi nella realizzazione della
stampa, per la vertenza con Zantani ed altro fecero scrivere al segreta-
rio estense Giovanni Battista Pigna: «ha forse più a cuore questa musica

9
Su tutta la complessa questione della genesi della Musica nova vd. J.A. OWENS - R.J.
AGEE, La stampa della «Musica nova» di Willaert, «Rivista Italiana di Musicologia», XXIV
1989, pp 219-305.
10
Alfonso esibì in altre occasioni interesse per musiche su testi se non certamente del
Petrarca, almeno petrarcheschi; lo testimonia Orlando Di Lasso nella dedica ad Alfon-
so del proprio Quarto libro de madrigali a cinque (Ant. Gardano, 1567), offertogli «ve-
dendo che per una sestina da me posta in musica e a lei presentata mi mostrò così rari
segni d’essergli grato tal mio dono»: il volume si apre con la sestina petrarchesca «Là
ver’ l’aurora, che sì dolce laura» (RVF 239) e si chiude con la sestina, non petrarchesca
ma evidentemente petrarchistica, «Qual nemica fortuna» (quale delle due suscitò l’ap-
prezzamento del duca estense?). Nel 1561, tuttavia, Alfonso venne fatto oggetto di un
omaggio musicale di segno assai diverso, il Capriccio di Jachet Berchem, libro di ma-
drigali tutto su testi dell’Ariosto (novantuno stanze dall’Orlando furioso).
326 FRANCO PIPERNO

di quello che si possa imaginare».11 Anche in questo caso un episodio


di committenza musicale di segno palesemente petrarchesco sembra es-
sere stato posto in essere a prescindere da Petrarca o, in ogni caso, senza
che sia possibile attribuire a quest’ultimo un ruolo purchessia nel pro-
getto. Al contrario, sempre a Venezia, Gottardo Occagna – un commit-
tente di rango palesemente inferiore al d’Este e al Della Rovere – uti-
lizza Petrarca, i.e. i volumi musicali fortemente petrarcheschi di Perisso-
ne e Rore (allievi di Willaert) da lui finanziati, per acquisire una posi-
zione di prestigio fra le élites culturali della città lagunare e per esibire il
possesso del giusto codice di comunicazione (verbale, tematico, esteti-
co) per dialogare e interagire con la società circostante.12

2.3. Nel 1583, ancora per i tipi di Gardano, uscirono anonimi i Ma-
drigali a cinque voci di Guglielmo Gonzaga, duca di Mantova: un signore
qui, deposti i panni del committente, nel ruolo di autore.13 Il volume
include diciassette madrigali, dieci dei quali su testi petrarcheschi; se
contiamo le singole ‘parti’ dei brani pluripartiti, il volume esibisce una
porzione petrarchesca costituita da ventotto pezzi su trentasei, il 77,7%
del totale. La cospicua presenza di testi petrarcheschi va qui rapportata
al rango dell’illustre intonatore? Va spiegata in relazione ai gusti letterari
del Gonzaga e della sua corte? O rientra nella consuetudine, frequente
nel madrigalista esordiente quale a tutti gli effetti Guglielmo è, di affi-
darsi preferibilmente al consolidato repertorio lirico dei Rerum vulga-
rium fragmenta nel licenziare al mondo le proprie ‘prime fatiche’? Per la
verità il primo madrigale di Guglielmo apparso a stampa è il sonetto
non petrarchesco (ma petrarchistico) «Padre che ’l ciel, la terra e ’l tut-
to reggi» che Giaches Wert, da poco maestro di cappella a Mantova,
volle pubblicare in apertura e ‘a scudo’ del proprio assai poco petrar-
chesco Quarto libro di madrigali a cinque voci (1567). Se Guglielmo rice-
vette in dono musiche da autori che frequentemente scelsero Petrarca
per le proprie intonazioni madrigalistiche, come il già menzionato

11
- AGEE, La stampa, p. 231.
OWENS
12
M. FELDMAN,Petrarchizing the Patron in Cinquecento Venice. «Revista de Musicología»,
XVI/5 1993, pp. 2505-20: 2506-12.
13
Musicisti di rango aristocratico spesso alle prese con versi petrarcheschi furono an-
che Orazio Faà gentiluomo di Casale Monferrato e Bernardo Giacomini gentiluomo
fiorentino.
«SÌ ALTE, DOLCE E MUSICAL PAROLE» 327

Orazio Faà, il mantovano Domenico Magiello e Stefano Rossetto,14


musicisti attivi a Mantova sotto di lui pubblicarono sillogi madrigalisti-
che assai diversamente orientate: è ad esempio il caso del già ricordato
Wert che, se fu pervicacemente petrarchista per Alfonso Gonzaga di
Novellara, nel Secondo libro di madrigali del fiore a cinque (1561), negli
anni passati al servizio di Guglielmo produsse madrigali di segno ine-
quivocabilmente diverso, dedicandosi all’epica ariostesca e tassesca, ai
capitoli in terza rima di Tansillo e al madrigale libero. Analogamente
dicasi per altri musicisti ricercati da Guglielmo Gonzaga: Luca Maren-
zio, Giovanni Giacomo Gastoldi, Filippo Nicoletti, Ludovico Agostini.

2.4. Non mancano, dunque, i segnali contraddittori, né gli ostacoli


ad individuare una sicura centralità di Petrarca nell’agire di alcuni dei
personaggi più sopra rammentati. Fu dunque Petrarca, il Petrarca tante
volte intonato dai musicisti del Cinquecento, davvero al centro degli
interessi e dei desiderata della committenza madrigalistica? O fu, il rap-
porto Petrarca-madrigale, un rapporto sostanzialmente neutro, privo di
autentico significato e rilievo, al di là del dato statistico che detto rap-
porto esibisce? Come interpretare il fatto che si sia voluto segnalare sul
frontespizio di libri di madrigali la presenza, all’interno, di testi petrar-
cheschi intonati in ben poche occasioni (ho presenti quelle relative a
Pisano,15 Rore,16 Rampollini17 e Lasso18)? E cosa pensare dei casi, non
rari, in cui le scritture petrarchesche sono smembrate e intonate in-

14
Per questi musicisti e le loro relazioni col duca di Mantova I. FENLON, Musicisti e me-
cenati a Mantova nel Cinquecento, Il Mulino, Bologna 1992, pp. 121, 122, 155 nota 11,
156 nota 13.
15
Musica de meser Bernardo Pisano sopra le canzone del Petrarcha, O. Petrucci, Fossombro-
ne 1520.
16
Il Terzo libro del 1548 nell’edizione di Antonio Gardano; l’edizione concorrente di
Girolamo Scotto, precedente di solo qualche mese, reclamizzava sul frontespizio solo
la «musica nova e rara» inclusa nel volume. Per una discussione sulle origini di queste
due edizioni cfr. A.H. JOHNSON, The 1548 Editions of Cipriano de Rore’s Third Book of Ma-
drigals, in Studies in Musicology in Honor of Otto E. Albrecht, a c. di J.W. Hill, Bärenreiter,
Kassel - Basel - London 1980, pp. 110-24.
17
Primo libro de la musica sopra alcune canzoni. del Petrarca, J. Moderne, Lyon [1546-
1554c].
18
Nel Secondo libro delle Muse a cinque, A. Barré, Roma 1557; Petrarca ha qualche ruolo
nel lancio della collana editoriale di Barré intitolata alle muse: il Primo libro a cinque
del 1555, pur senza menzionarlo nel frontespizio, si fregiava della canzone «Chiare,
fresche e dolci acque», per le note di Arcadelt, posta ad apertura del volume.
328 FRANCO PIPERNO

completamente?19 Forse a noi il dato statistico di cui sopra impressiona


più di quanto sia capitato ai contemporanei di quel fenomeno; è noto
lo sfogo di Nicolò Franco: «Veggo il Petrarca comentato, il Petrarca
sconcacato, il Petrarca imbrodolato, il Petrarca tutto rubbato, il Petrarca
temporale, e il Petrarca spirituale»;20 non un riferimento ad un even-
tuale «Petrarca intonato» o «musicato». È vero, l’invettiva del Franco è
forse precoce (1539) rispetto al pieno manifestarsi del fenomeno ‘Pe-
trarca in musica’, solitamente fissato fra il 1540 e il 1570, ma non v’era-
no assolutamente indizi per avvertirlo? Non costituiva manifestazione
di cui dolersi o compiacersi? Era del tutto occultato dalla componente
puramente musicale della produzione madrigalistica? Risultava feno-
meno irrilevante e insignificante in relazione al mare magnum della liri-
ca anonima preferibilmente scelta dagli intonatori?

3. Per cercare qualche risposta e qualche spiegazione ho rivolto l’in-


dagine alle fonti musicali, e interrogato quelle che (per strategia edito-
riale? per eccentricità? per condizionamento della committenza?) esi-
biscono il più elevato tasso di presenza di scritture petrarchesche. Ne
ho esaminate centoquarantatré, contenenti almeno un terzo dei predet-
ti testi, ma sintetizzo visivamente qui sotto i dati relativi ai soli trenta
volumi che contengono madrigali composti su testi petrarcheschi in
una percentuale vicina o superiore al 70%, dunque più dei due terzi
del totale:21 volumi sfogliando i quali il lettore incontra Petrarca alme-

19
L’intonazione parziale di scritture petrarchesche (ad esempio le sole quartine o le
sole terzine di un sonetto) è fenomeno assai diffuso; esso interessa anche autori dal co-
stante e ripetuto interesse per Petrarca, dai quali, insomma, ci si sarebbe atteso un
comportamento consapevolmente rispettoso dell’integrità del componimento. Il luc-
chese Dorati Terzo libro de madrigali a cinque (1561) intona la sola fronte dei sonetti
RVF 244 e 77, Stefano Rossetto fa altrettanto in tre sonetti inclusi nel suo Primo libro
di madrigali a quattro (1560), nel Primo di madrigali a cinque di Giovanni Battista Califa-
no è intonata la prima stanza della canzone «Lasso me, ch’i’ non so qual parte pieghi»
(RVF 70) ma ne è omesso l’ultimo verso in provenzale («Drez et rayon es qu’ieu ciant
e. m demori»), nel Secondo libro di madrigali a cinque di Domenico da Nola sono musi-
cate le sole terzine del sonetto RVF 155; eccetera.
20
N. FRANCO, Le pistole volgari, Ant. Gardane Venezia 1539, cc. 84v-85r.
21
La schedatura è frutto dello spoglio del Nuovo Vogel e, per i volumi collettivi e an-
tologici, dell’appendice di Alfred Einstein alla ristampa della vecchia Bibliothek di
Emil Vogel (Olms, Hildesheim - New York 1972); ho esaminato fonti comprese fra
1520 e 1610. Sono grato ad Angelo Pompilio che nell’imminenza del convegno are-
tino e prima della definitiva stesura di queste pagine per gli atti ha potuto interro-
gare efficacemente l’archivio RePIM e fornirmi risposte utili a verificare che i miei
«SÌ ALTE, DOLCE E MUSICAL PAROLE» 329

no ogni due pagine su tre, con quel che consegue sul piano della fami-
liarità con le scelte poetiche operate dall’intonatore e su quello della
condivisione di un bagaglio culturale, lessicale, tematico e metrico (in-
tendo guardare ai libri di madrigali in quanto libri, a prescindere da chi
ne sia l’autore – se uno o più –, e in quanto veicoli anche di testo let-
terario: dopo tutto è proprio quest’ultimo che può essere ad una sola
occhiata immediatamente letto, riconosciuto, gustato, prima che l’ese-
cuzione polivoca possa attrarre l’attenzione verso il manufatto musica-
le).22 Naturalmente la questione in gioco non è se quei volumi siano
pochi o tanti, né quale sia la loro fisionomia stilistica o la loro disloca-
zione sull’asse cronologico; ciò che mi interessa è comprendere le ra-
gioni che hanno spinto alcuni a commissionare, produrre, confezionare,
pubblicare, donare volumi madrigalistici in cui così alta è la percentuale
di testi petrarcheschi intonati, una percentuale che non può (non vuo-
le?) passare inosservata né può essere considerata casuale (cfr. Tabella23).

dati erano sostanzialmente completi (gli sono debitore di alcune integrazioni e ret-
tifiche).
22
Si tratta di un meccanismo analogo a quello comunemente innescato dal Canzonie-
re nel lettore cinquecentesco, come osserva Quondam: «Petrarca […] assolve a una
funzione primaria: è il testo-base per la stessa alfabetizzazione; in quanto libro ampia-
mente memorizzato è presente nel reticolo profondo della memoria comunicativa, in
grado di attivarsi anche tramite un effimero, parziale, contatto, e quindi rinviare, co-
munque e sempre, al testo libro che fonda la stessa producibilità della comunicazione»
(A. QUONDAM, Il libro di poesia tra ‘scriptorium’ e tipografia, nel suo Il naso di Laura, pp. 99-
121: 103).
23
Nella colonna Contenuto si indica la percentuale di pezzi petrarcheschi sul tota-
le, calcolata avendo ad unità di misura il singolo brano musicale (eventualmente sin-
gola ‘parte’ di un madrigale pluripartito) non il singolo testo che può anche svilup-
parsi in un brano musicale in più parti (dunque una sestina vale per sei brani); fra
parentesi sono per l’appunto indicati in sequenza i testi petrarcheschi sul totale dei
testi intonati e poi i singoli pezzi musicali su versi petrarcheschi sul totale di singoli
pezzi musicali inclusi nel volume (è il dato che produce il numero percentuale).
Nella colonna Impiego sono riassunte le informazioni eventualmente fornite dal-
l’autore sul frontespizio o nella dedica del volume o, fra parentesi quadre, quelle de-
sumibili dai lessici correnti. Nella colonna Titolo sono evidenziati in grassetto i
volumi a quattro voci; in grigio sono evidenziati i volumi dichiaratamente o di fat-
to ‘primizie’. I volumi si intendono stampati a Venezia se non altrimenti indicato.
Nella colonna Dedica la città indicata fra ( ) è quella da dove l’autore firma la let-
tera dedicatoria, se diversa da Venezia.
330

TABELLA
VOLUMI MADRIGALISTICI CONTENENTI TESTI PETRARCHESCHI IN MISURA SUPERIORE AL 6 9%
% CONTENUTO AUTORE IMPIEGO TITOLO DEDICATARIO

1. 98% MATTEO RAMPOLLINI [Firenze] I libro de la musica sopra alcune canz. del Petrar- Cosimo I de’ Medici
(7/8 49/50) ca [a 3-6] (Lione, Moderne [1546-1554])
2. 97,8% ADRIAN WILLAERT [Venezia] Musica nova [a 4-7] (Gardano,1558) Alfonso d’Este principe di
(24/25 45/46) Ferrara, di Francesco Viola
3. 93,5% FILIPPO DI MONTE [Napoli] I madrigali a 4 (Gardano, 1562) Colantonio Caracciolo,
(8/10 29/31) marchese di Vico (Napoli)
4. 93,1% AMBROISE MARIEN [Napoli] I madrigali a 4 (Gardano, 1580) Scipione Gesualdo
(14/15 27/29) (Napoli)
5. 93,1% AMBROISE MARIEN [Napoli] II madrigali a 4 (Vincenti - Amadino, 1584) Michele Gesualdo
(12/13 27/29) (Napoli)
6. 92,9% PAOLO LAGUDIO [Napoli?] I madrigali a 5 (Scotto, 1563) Michele Da Ayerbe, conte
(4/5 26/28) di Simmeri (Napoli)
7. 92,7% RINALDO DA [Veneto;Venezia?] I canzoni a 4 con alc. madr. ariosi (Scotto, Antonio Modena
(5/13 38/41) MONTAGNANA 1558)
8. 92% IPPOLITO SABINO [Lanciano] II madrigali a 5 (Gardano, 1580) Antonio Caracciolo, marche-
(12/13 23/25) se di Bucchianico (Lanciano)
9. 90,5% CARLO LUYTHON Organista di Rodolfo II I madrigali a 5 (Gardano, 1582) Johan Fugger (Augusta)
(10/12 19/21) (Praga)
10. 88,6% PIETRO VINCI [Sicilia-Napoli] I madrigali a 5 (Scotto, 1561) Antonio d’Aragona, duca di
(13/15 31/35) Montalto
11. 84,6% IPPOLITO BACCUSI [MdC del duomo Le Vergini. II madrigali a 3 (Amadino, 1605) Regina del cielo
(1/3 11/13) di Verona]
FRANCO PIPERNO
% CONTENUTO AUTORE IMPIEGO TITOLO DEDICATARIO

12. 82,8% GIOVAN DOMENICO DA [Napoli] Madrigali a 4 (s. ed, 1545) Giovan Girolamo Ravasciero
(24/29 24/29) NOLA

13. 82,1% SPERINDIO BERTOLDO Organista del duomo I madrigali a 5 (Gardano, 1561) Francesco Lando
(9/12 23/28) di Padova
14. 81,8% FRANCESCO ADRIANI [Macerata-Roma] I madrigali a 6 (Scotto, 1568) Giovanni Ferro
(11/15 27/33) [di Macerata]
15 80% GIACHES WERT [Novellara] II madrigali del fiore a 5 (Scotto, 1561) [Farnese Ottavio?]
«SÌ ALTE, DOLCE E MUSICAL PAROLE»

(10/13 20/25)
16. 77,7% GUGLIELMO GONZAGA Duca di Mantova Madrigali a 5 (Gardano, 1583)
(10/17 28/36)
17. 77,1% PIETRO VINCI [Sicilia-Napoli] II madrigali a 5 (Rampazetto, 1567) Gionforte de Alessi
(12/17 27/35)
18. 75,7% DOMENICO MAGIELLO [Mantova?] I madrigali a 5 (Gardano, 1567) Duca Guglielmo Gonzaga
(12/18 28/37)
19. 74,2% ORLANDO LASSO [Roma-Anversa] I madrigali a 5 (Gardano, 1555)
(17/22 23/31)
20. 74,2% DOMENICO MAGIELLO [Mantova?] II madrigali a 5 (Gardano, 1568) Zaccaria Valiero
(10/17 23/31)
21. 72,7% JEHAN GERO [Venezia] II madrigali a 4 (Scotto, 1549)
(10/16 16/22)
22. 72,4% VINCENZO BASTINI [cornettista della cap- I madrigali a 5 e 6 (Merulo, 1567) Lorenzo Buonvisi, gentiluo-
(10/18 21/29) pella palatina di Lucca] mo Lucchese
23. 72,4% GIOVAN DOMENICO DA MdC dell’Annunziata II madrigali a 5 (Roma, Salvioni, 1564) Giovanni di Capua, conte di
(10/17 21/29) NOLA di Napoli Altavilla
331
332

% CONTENUTO AUTORE IMPIEGO TITOLO DEDICATARIO

24. 72,4% FRANCESCO ORSO [Napoli] I madrigali a 5 (Merulo, 1567) Don Hernando D’Alarcon
(5/12 21/29) (Napoli)
25. 71,4% ORLANDO LASSO MdC del Duca di Ba- IV madrigali a 5 (Gardano, 1567) Alfonso II D’Este duca di
(9/12 20/28) viera Ferrara
26. 70,4% FRA’ MAURO MATTI [Firenze] I madrigali a 4 (Gardano, 1571) Alessandro Neroni
(6/14 19/27)
27. 69,2% FRANCESCO PORTINARO [Padova] Le vergini a 6 con alcuni madr. a 5-7 (Scotto, Massimiliano II d’Asburgo
(5/11 18/26) 1568)
28. 69% ANSELME REULX [Napoli?] I madrigali a 4 (Scotto, 1543)
(20/29 20/29)
29. 69% FILIPPO DI MONTE MdC di Massimiliano II III Madrigali a 4 (Scotto, ante1585)
(11/19 20/29)
30. 69% BERNARDO GIACOMINI Gentiluomo fiorentino I madrigali a 5 (Gardano, 1563) Paolo Giordano Orsini, duca
(11/15 20/29) di Bracciano
FRANCO PIPERNO
«SÌ ALTE, DOLCE E MUSICAL PAROLE» 333

3.1. Innanzitutto alcune osservazioni ‘tecniche’: cinque dei trenta li-


bri inclusi nella Tabella dichiarano di essere “prime fatiche” o “primi
frutti” dell’autore e ad essi ne vanno aggiunti altri nove che, senza di-
chiararlo, di fatto lo sono.24 Poco meno della metà del campione che
trova posto nella Tabella rappresenta, dunque, l’esordio di un musicista;
Petrarca viene pertanto inteso come un buon viatico per esibire al
‘mondo’ i primi parti del proprio ingegno – sulle ragioni di ciò dovrò
tornare – e ciò spiega la presenza in Tabella di personaggi defilati quali
l’organista imperiale Carl Luython, il polifonista marchigiano France-
sco Adriani o il musico mantovano Domenico Magiello e riguarda an-
che altri musicisti extra Tabella, ma compresi nel lotto delle centoqua-
rantatre fonti esaminate, quali il cantore spagnolo Pedro Valenzuela, il
musico ferrarese Francesco Gianelli o il genovese Della Gostena, l’or-
ganista bavarese Jakob Hassler o il musico belga Jean Turnhout: sono
tutti musicisti che non è azzardato definire bisognosi di credenziali, di
un ‘biglietto da visita’, di una ‘legittimazione’ in chiave editoriale, effi-
cacemente garantita dall’auctoritas del Canzoniere che svela così anche il
proprio ruolo di serbatoio di scritture atte sia all’espletamento dei per-
corsi di apprendimento delle tecniche compositive, sia all’esibizione al
‘mondo’ della padronanza in quel campo acquisita.
Parallelamente, è possibile individuare un interessante rapporto fra
testi petrarcheschi e tessitura (numero di voci) delle intonazioni madri-
galistiche, sintetizzabile nello specchietto qui sotto:

NUMERO DI VOCI VOLUMI IN TABELLA (%) VOLUMI COMPLESSIVI (%)


2, 3 1 (3,3) 11 (7,7)
4 9 (30) 35 (24,5)
5 15 (50) 69 (48,3)
6 2 (6,7) 13 (9,1)
misti 3 (10) 14 (9,8)

Innanzitutto è rimarchevole che un terzo circa dei volumi inclusi


nella mia Tabella sia a quattro voci, tenendo presente che nella produ-
zione globale di volumi madrigalistici del Cinquecento il comparto a
quattro voci si attesta su numeri sensibilmente inferiori (attorno al
24
L’autocertificazione di “prima fatica” è presente nei libri descritti ai numeri 4, 12,
14, 18 e 26 della precedente Tabella.
334 FRANCO PIPERNO

20%: più numerosi fino agli anni ’50, poi sensibilmente in calo nei de-
cenni successivi); è certamente un effetto delle scelte poetiche petrar-
chesche e ciò è dimostrato dal fatto che, verificando l’incidenza dei li-
bri a quattro sull’intero corpus di centoquarantatre volumi schedati,
essa scende percentualmente in maniera significativa: esiste dunque un
legame preferenziale fra testi petrarcheschi e madrigali a quattro voci,
legame che ritengo sia da collegare al precedentemente rilevato feno-
meno delle “prime fatiche” – dal momento che assai di frequente un
volume a quattro voci rappresenta la formula editoriale d’esordio per il
polifonista del Cinquecento – e che identifica ancor più la funzionalità
didattica universale del testo petrarchesco.
Infine va notato che nella Tabella sopra riportata compaiono soltan-
to volumi madrigalistici intitolati ad un solo autore: sono assenti volu-
mi collettivi o miscellanei; questi scarseggiano anche fra i volumi che
accolgono Petrarca in una percentuale inferiore al 69% e fino al 33%:
ne conto solo quattro (sul totale dei centoquarantatré volumi) ed il più
petrarchesco è il Quarto libro de madrigali a note bianche de diversi autori
pubblicato da Gardano nel 1554, contenente quattordici brani petrar-
cheschi sul totale di trentuno madrigali (45,2%). Se ne deduce che Pe-
trarca quale scelta poetica restò estraneo alla progettazione, all’assem-
blaggio ed alla produzione di questa tipologia editoriale dal taglio es-
senzialmente commerciale, e ciò rende, per contrasto, le scelte dei volu-
mi di singoli autori sopra elencati ancor più significative, consapevoli e
mirate sul piano strategico e dunque potenzialmente rivelatrici su
quello culturale e produttivo.25
25
L’interesse della raccolta collettiva di madrigali per un assemblaggio di brani tutti
(o quasi) su testi di un solo autore è più tardo. Un caso precoce è costituito dalla
Greghesche di Antonio Molino musicate da vari e pubblicate da Antonio Gardano
nel 1564, seguito dalla Corona della morte dell’illustre… Anibal Caro, G. Scotto,Venezia
1568 (sonetti di Giovanbattista Caro in morte dello zio, musicati da quattordici di-
versi musicisti), dalla Corona di dodici sonetti di Gio. Battista Zuccarini… posta in musica
da dodici eccellentiss. auttori, Ang. Gardano,Venezia 1586 e da pochi altri titoli; si tratta,
evidentemente, di raccolte eterogenee e singolari alquanto. Fu tipico delle strategie
produttive delle raccolte collettive il riunire diversi musici nell’intonazione, a gara,
delle diversi parti di un testo in più stanze; anche Petrarca viene usato a tale scopo
con la frottola «Mai non vo’ più cantar com’io soleva» (RVF 105) le cui sei stanze
sono musicate da altrettanti musicisti e incluse ne Il Gaudio. Primo libro de madrigali a
tre voci, Scotto, Venezia 1586, ma ciò accade quando la fortuna di Petrarca presso i
madrigalisti va scemando e, in ogni caso, dopo che simili ‘gare’ musicali sono state
già proposte su testi recenti (ad esempio la canzone «Al dolce suon del mormorar
de l’onde» di Antonio Minturno, in tredici parti, intonata da altrettanti musici nella
«SÌ ALTE, DOLCE E MUSICAL PAROLE» 335

3.2. Tenendo presente quanto appena detto, ampliamo ora le osser-


vazioni ad aspetti attinenti alla committenza ed alla destinazione dei
volumi madrigalistici oggetto della presente indagine. Innanzitutto i
dedicatari. Alcuni di essi sono di rango signorile (Cosimo de’ Medici,
Alfonso d’Este, Ottavio Farnese, Massimiliano d’Asburgo, Guglielmo
Gonzaga), altri appartengono alla piccola nobiltà (i meridionali Carac-
ciolo, d’Aragona e Gesualdo, i Buonvisi di Lucca), alla ‘democratica’ e
collettiva condizione di membri di un’accademia (gli Accademici Fi-
larmonici di Verona) o alla ricca borghesia mercantile e bancaria (Fug-
ger), altri restano dei misteriosi carneadi (Antonio Modena, Zaccaria
Valiero, Alessandro Neroni). Certo, la presenza nella mia Tabella degli
illustri personaggi sopra rammentati invita a stabilire un’equazione del
tipo ‘testi petrarcheschi = nobiltà ed eccellenza del contenuto’ (simbolo
di quelle del dedicatario, del cui rango un petrarchesco volume di ma-
drigali può senza dubbio apparir degno) e ciò si rifletterebbe sui meno
nobili e sui carneadi la cui eccellenza (dal committente ambita o dal
dedicante proclamata) verrebbe implicitamente sancita da quella del
contenuto e della natura del volume donato. Ma questa equazione non
va considerata di valore assoluto, semmai vale come elemento comple-
mentare che può aver occasionalmente giocato un ruolo nella selezio-
ne dei testi da intonare in relazione al signore cui il volume finito sa-
rebbe stato offerto.
Nel 1568 Francesco Portinaro confeziona Le Vergini a sei con alcuni
madrigali a cinque e a sei, edizione molto pregevole del Gardano, e ne fa
dono all’imperatore Massimiliano II nella speranza di ottenere il posto
di maestro di cappella presso la corte viennese; è questo l’unico volume
sensibilmente petrarchesco fra i libri di madrigali del Portinaro, le cui
scelte poetiche, con la parziale eccezione del suo Primo libro di madrigali
a cinque (1550, una ‘prima fatica’), vanno in ben diverse direzioni, ed è
ben possibile, in questo caso, che la scelta mirasse alla realizzazione di
un volume pregiato per un nobilissimo dedicatario coll’intento di sod-
disfarne il purgatissimo gusto (o di rafforzarne la convinzione che un
siffatto prezioso volume non potesse che implicare – è il ‘mondo’ che
deve prenderne atto – la presenza in lui di purgatissimo gusto). Del re-
sto il nesso ‘Petrarca-rango del dedicatario (o del committente)’ appare
particolarmente consentaneo alle predilezioni culturali della corte
Musica de’ virtuosi della florida capella dell’Illustrissimo…Duca di Baviera, G. Scotto, Ve-
nezia 1569.
336 FRANCO PIPERNO

viennese e, in generale, della casa d’Austria:26 sappiamo che Filippo Di


Monte, una volta ingaggiato da Massimiliano II, produsse numerosi li-
bri di madrigali in cui la presenza di Petrarca era, se non dominante,
certamente ricorrente e consistente;27 sappiamo anche che con un libro
di madrigali per due terzi su testi del Petrarca, il Primo a cinque del
1564, Annibale Padovano intese lusingare l’arciduca Carlo il quale l’an-
no successivo lo ingaggerà come organista di corte e che i primi frutti
dell’attività musicale svolta dal lucchese Silao Casentini al servizio del-
l’arciduca Ferdinando furono un libro di madrigali, il Primo a cinque del
1572, per quasi i due terzi composti su versi petrarcheschi. La mia im-
pressione è che soprattutto oltr’alpe Petrarca venisse inteso quale simbo-
lo di assoluta eccellenza letteraria in grado di implicare l’eccellenza di un
volume madrigalistico numerosamente intessuto di suoi versi e la conse-
guente corrispondenza di quella al rango del dedicatario; dunque il pro-
getto di Portinaro, ancorché sfortunato nell’esito, era ben calcolato.
Non bisogna, tuttavia, generalizzare o assolutizzare questi dati. In-
scriverei piuttosto la questione del ‘rango’ di una silloge madrigalistica
nel più generale ambito del petrarchismo del quale, in questo specifico
caso, Petrarca sarebbe più che la scintilla generatrice o il modello di ri-
ferimento, una componente complementare: l’aura di eccellenza e pre-
ziosità che promana da volumi come quello del Portinaro o altri dedi-
cati ad altri nobilissimi signori non è tanto determinata dalla presenza
di Petrarca in persona, quanto dalla scelta di forme metriche e testure
che la cultura classicista del Cinquecento riconobbe per nobili ed ec-
cellenti (il sonetto, la canzone, la sestina) e la cui nobiltà ed eccellenza
fece risalire all’auctoritas del Petrarca. A pochi mesi dell’entrata in servi-
zio alla corte di Vienna (maggio 1568),28 Filippo Di Monte dà fuori il
proprio Secondo libro de madrigali a sei voci con inevitabile dedica a Mas-
similiano II, volume non meno prestigioso di quello del Portinaro ma
non in virtù delle scelte testuali petrarchesche (undici brani su ventino-
ve), bensì in virtù del ‘petrarchismo metrico’ di cui fa sfoggio, essendo
26
Nello stesso 1568 del libro di Portinaro – non è certo una coincidenza – anche lo
spagnolo Mateo Flecha, cantore presso la corte imperiale, dedica a Massimiliano II un
libro di madrigali (il Primo a quattro e cinque voci) contenente per un abbondante 45%
brani su testi di Petrarca.
27
Cfr. B. MANN, The Secular Madrigals of Filippo di Monte 1521-1603, UMI Research
Press, Ann Arbor (Mich.) 1983, p. 176; sulle scelte petrarchesche di Monte si rinvia al
contributo di Cecilia Luzzi nel presente volume.
28
MANN, The Secular Madrigals, p. 6.
«SÌ ALTE, DOLCE E MUSICAL PAROLE» 337

intessuto quasi interamente di sonetti. Lo stesso può dirsi del Primo li-
bro di madrigali a sei voci (Venezia fra il 1571 e il 1575) di Girolamo
Conversi – noto soprattutto per la produzione del più leggero genere
della canzone ‘alla napoletana’ – dedicato al potente Antoine Perrenot
cardinale di Granvelle: Petrarca è presente con diciassette brani su ven-
tisei, ma ciò che rende aristocratico e prezioso il volume è il fatto che
sia costituito da soli sonetti, intonati in due parti secondo consuetudi-
ne.29 La tradizione del rango di un volume caratterizzato da siffatto ‘pe-
trarchismo metrico’ credo risalga ad uno dei più precoci e più influenti
musici petrarcheschi, Cipriano de Rore, ed al suo primo libro di Ma-
drigali a cinque voci (G. Scotto 1542), includente sedici sonetti sulla tota-
lità di venti testi posti in musica, stampati consecutivamente dopo una
ballata in apertura e prima di due madrigali ed un’altra ballata di chiu-
sura.30

3.3. Come, in fondo, già emerso dagli accenni al rapporto volumi


petrarcheschi-committenza viennese, è chiaro che la relazione fra que-
sto tipo di sillogi madrigalistiche, i loro autori e i loro dedicatari va in-
quadrata in un contesto di tipo ambientale (una corte, un’accademia) o,
più ampiamente, di tipo geografico. Dalla Tabella emerge chiaramente
una mappa dei musici ‘petrarcheschi’ e dei loro volumi: sono in preva-
lenza toscani (Rampollini, Bastini, Matti, Giacomini), veneti (Willaert,
Rinaldo da Montagnana, Baccusi, Bertoldo, Gero, Portinaro) o attivi
nel Regno di Napoli (Di Monte, Marien, Lagudio, Reulx, Sabino,Vin-
ci, da Nola, Orso; da aggiungere anche Wert e Lasso, le cui prove pe-
trarchesche – pubblicate mentre sono attivi altrove – sono senz’altro ri-
conducibili al loro apprendistato napoletano). La rilevazione è signifi-
cativa ed è confortata, nel suo valore di indice di una specificità pro-
duttiva ‘locale’, da un lato dalle assenze (mancano provenienze da cen-
tri di importante produzione madrigalistica come Roma – peraltro lar-
gamente rappresentata da musicisti schedati al di sotto della soglia mi-
nima del 69% da me qui scelta –, Ferrara e Parma), dall’altro dal fatto
che proprio quei tre ambiti geografici risultano ulteriormente rimpin-

29
Di questo volume è nota solo la ristampa del 1584, che eccezionalmente mantiene
la dedica al Granvelle, viceré di Napoli; questi tenne tale carica fra il 1571 e il 1575 ed
è pertanto entro quel lasso di tempo che l’editio princeps dovette comparire.
30
M. FELDMAN, City Culture and the Madrigal at Venice, University of California Press,
Berkeley - Los Angeles - London 1995, pp. 263-6.
338 FRANCO PIPERNO

guati dai nominativi di coloro che intonarono Petrarca solo un poco


meno di quelli inclusi in Tabella. Riassumo i dati nel seguente spec-
chietto (in grassetto i nomi presenti nella Tabella):
TOSCANA: Firenze: Animuccia, Pisano, Giacomini, Matti, Rampollini, Rossetto,
Striggio; Lucca: Bastini, Casentini, Dorati, Guami; Volterra: Pesciolini
VENEZIA e Repubblica: Alessandro Romano, Asola, Baccusi, Balbi, Bertoldo, Cam-
bio, Casentini, Chamaterò, Dalla Casa, A. Gabrieli, Gero, Gradenigo, Gua-
mi, Nasco, Padovano, Parabosco, Pordenon, Portinaro, Rinaldo da
Montagnana, Rore, Ruffo, Scotto, Schiavetto, Valenzuela, Willaert, Vin-
ci
NAPOLI e Regno: Berchem, De Monte, da Nola, Lagudio, Lasso, Marien, Maz-
zone, Menta, Orso, Reulx, Rodio, Sabino, Vinci, Wert
ROMA: Adriani, Animuccia, Bellasio, Pisano, Macque, Lasso, Marenzio, Martelli
N.B.: la presenza dello stesso nome in più di una sezione geografica consegue (e ne
tiene conto) agli spostamenti del musicista ed al suo produrre volumi petrar-
chistici per ambienti e in contesti geografici differenti.

A conti fatti, tenendo conto dei dati complessivi, sono la Toscana


(con Firenze e Lucca), la Serenissima repubblica e dintorni (Venezia,
Verona, Padova, Brescia, Capodistria, Udine, Bergamo) ed il Regno di
Napoli, Sicilia inclusa, gli ambiti geografici più largamente produttori e
consumatori di libri di madrigali di denso contenuto petrarchesco, con
Roma e lo Stato pontificio subito di rincalzo.31 Il dato coincide signifi-
cativamente con quello relativo ai centri di produzione e consumo di
cultura e letteratura petrarchista che vede appunto primeggiare, sia pur
con le proprie peculiarità, Toscana, Venezia e Napoli, ed è in relazione
ad esse ed alle accennate peculiarità che andranno inquadrati e valutati
i libri di madrigali segnalati: da un lato la Toscana, in particolare Firen-
ze, dove Petrarca, sia pur senza eccessivo trasporto, viene coinvolto nel-
le dispute sulla questione della lingua e sul primato del fiorentino (an-
che come simbolo di un ambìto primato politico) ma su posizioni so-
stanzialmente antibembiste (prioritario interesse per la Commedia e
sdegnoso rifiuto della paternità dantesca del De vulgari eloquentia), se-

31
La cospicua ma non svettante produzione romana di madrigali petrarcheschi può
forse essere una conseguenza della non specificità dell’esperienza lirica e della ricezio-
ne petrarchesca locali; annegato nella molteplicità delle proposte, delle letture, delle
opzioni stilistiche, metriche e tematiche sperimentate nei circoli letterari romani del
Cinquecento, Petrarca venne sì ampiamente scelto dai locali madrigalisti ma senza i
picchi preferenziali registrabili altrove.
«SÌ ALTE, DOLCE E MUSICAL PAROLE» 339

gnate dal prevalere di interessi di segno antiquario ed erudito;32 dall’al-


tro Venezia, città del Bembo e di accademie come quelle di Domenico
Venier o dei ‘fuorusciti’ fiorentini Ruberto Strozzi e Neri Capponi,33
abitata da una società letteraria impegnata nella codificazione, nella
pratica e nella degustazione della scrittura lirica – vero codice di co-
municazione –, affollata di stampatori intenti nell’opera di divulgazione
e commercializzazione dell’opera petrarchesca e della poesia petrarchi-
stica; infine il ‘terzo polo’, Napoli, centro caratterizzato da «sistematico
interesse» nei confronti delle opere di Petrarca e dalla «diffusa volontà
di aderire ad una lingua letteraria sovraregionale» materializzatasi nel-
l’ampia diffusione del dibattito teorico e della pratica letteraria negli
strati della società partenopea e regnicola.34

3.4. Detto questo, è possibile procedere a giustificare l’elevata pre-


senza di Petrarca, in taluni volumi, tenendo conto della geografia cultu-
rale di riferimento; mi limito, qui, a due casi, uno collettivo ed uno sin-
golo.
– Il caso collettivo è costituito dalla rilevante quantità di volumi den-
samente petrarcheschi prodotti da madrigalisti ‘napoletani’, tale da
farli assommare a ben dieci titoli sui trenta della mia Tabella (e
trenta sul totale dei centoquarantatre): fra i musicisti che hanno
pubblicato libri di madrigali scegliendo Petrarca per più dei due
terzi del totale dei testi intonati, i ‘napoletani’ rappresentano il
gruppo più nutrito. Quale la possibile causa di ciò? A Napoli ben
radicate erano sia la pratica della composizione lirica, sia la rifles-
sione sulla lingua del Petrarca e sul Canzoniere; ne fanno fede i for-

32
Cfr. M. MARTELLI, Firenze, in Letteratura italiana. Storia e geografia, vol. II/1: L’età moder-
na, a c. di A. Asor Rosa, Einaudi, Torino 1988, pp. 140-52 e 192-201; sulle connessioni
fra potere politico, Accademia Fiorentina e questione della lingua S. BERTELLI, Egemonia
linguistica come egemonia culturale e politica nella Firenze cosimiana, «Bibliothèque d’huma-
nisme et Renaissance», 38 1976, pp. 249-83. Alla rilevanza statistica del caso toscano,
relativamente ai libri di madrigali dal contenuto petrarchesco, non poco contribuisce
Lucca con contributi di Bastini e di Niccolò Dorati: il fenomeno potrebbe avere
qualche nesso con la provenienza lucchese di due noti commentatori petrarcheschi,
Alessandro Vellutello (il suo commento apparve nel 1525) e Antonio Brucioli (1546).
33
Su Venier M. FELDMAN, The Academy of Domenico Venier. Music’s Literary Muse in Mid-
Cinquecento Venise, «Renaissance Quarterly», XLIV 1991, pp. 476-512, sui due fiorentini
ID., City Culture and the Madrigal at Venice, pp. 24-46.
34
Cfr. N. DE BLASI e A. VARVARO, Napoli e l’Italia meridionale, in Letteratura italiana. Storia e
geografia, vol. II/1, pp. 304-12 (le citazioni a pp. 306 e 307).
340 FRANCO PIPERNO

tunati e importanti commenti di Francesco Patrizi (1478), del Min-


turno (Antonio Sebastiani), di Giovanni Andrea Gesualdo e di Sil-
vano da Venafro, le tre edizioni dell’antologia di Rime di diversi illu-
stri signori napoletani attestanti la fertile produzione di una quindici-
na di rimatori meridionali fedeli per decenni «al sistema del Classi-
cismo e al modello, non solo linguistico, del Petrarca»35 e le attività
di ambienti quali il ridotto letterario di Vittoria Colonna, le acca-
demie dei Sereni e degli Ardenti, le case private di Marino Cortese,
Carlo Gesualdo, Adriano Spatafora, Fabio Stanzione e altri. Del
pari diffusa era, a Napoli, la tradizione del ‘cantar arie in terza rima’
sui versi dei Trionfi, di cui qualche eco si rintraccia nella produzione
madrigalistica locale.36 I libri petrarcheschi dei musici napoletani
esibiscono in generale credenziali sociali e culturali del tutto con-
sentanee con quegli ambienti e con quelle attività e in alcuni casi
ne sono evidentemente il frutto: Giovanni Domenico da Nola, in-
sieme a diversi altri musicisti, fece parte dell’Accademia dei Sereni
(i suoi Madrigali a quattro, 1545, vennero pubblicati dietro incorag-
giamento di Marcantonio Passero, il libraio napoletano che fornì a
Ludovico Dolce il materiale letterario per la pubblicazione del li-
bro di Rime dei ‘signori napoletani’),37 Rocco Rodio partecipò alle
riunioni in casa Stanzione (a quest’ultimo egli dedicò il proprio
Secondo libro di madrigali a quattro contenente undici testi petrarche-
schi su ventinove, di cui otto scelti dai Trionfi);38 l’imitazione, l’emu-

35
Cfr. A. QUONDAM, Dall’‘abstinendum verbis’ alla “locuzione artificiosa”. Il petrarchismo
come sistema linguistico della ripetizione, nel suo Il naso di Laura, pp. 181-99: 194. Sull’ar-
gomento anche T.R. TOSCANO, Le ‘Rime di diversi illustri signori napoletani’: preliminari
d’indagine su una fortunata antologia, nel suo Letterati corti accademie. La letteratura a Napo-
li nella prima metà del Cinquecento, Loffredo, Napoli 2000, pp. 183-200.
36
Sull’argomento vedi H.M. BROWN, Petrarch in Naples. Notes on the formation of Giaches
de Wert’s style, in Altro Polo. Essays on Italian Music in the Cinquecento, a c. di R. Charter-
is, University of Sidney Press, Sidney 1990, pp. 16-50: 21-5.
37
Cfr. la dedica del volume in oggetto in L. CAMMAROTA, Gian Domenico del Giovane da
Nola: i documenti biografici e l’attività presso la SS. Annunziata con l’opera omnia, vol. I, De
Santis, Roma 1973, p. 23; il Passero «svolse una essenziale funzione di cerniera tra Napo-
li,Venezia e altri centri della penisola, assicurando uno sbocco tipografico alla produzio-
ne poetica dei letterati napoletani» (TOSCANO, Le Rime, p. 193: tale funzione evidente-
mente il Passero la svolse anche in favore dei musicisti (almeno nel caso di Nola).
38
Per la partecipazione dei musicisti alle accademie partenopee K.A. LARSON, Condizio-
ne sociale dei musicisti e dei loro committenti nella Napoli del Cinque e Seicento, in Musica e
cultura a Napoli dal XV al XIX secolo, a c. di L. Bianconi e R. Bossa, Olschki, Firenze
1983, pp. 61-77: 70-1.
«SÌ ALTE, DOLCE E MUSICAL PAROLE» 341

lazione, la ripetizione o riformulazione di modelli, elementi costi-


tutivi del petrarchismo, affettano l’attività compositiva dei ‘napole-
tani’ spesso esercitata, quasi a gara, sulle medesime scelte poetiche:
sette brani dai Madrigali a quattro di da Nola intonano i medesimi
testi di altrettanti madrigali di Reulx (Primo libro de madrigali a quat-
tro, 1543) e occasionalmente ne citano frasi, temi e opzioni stilisti-
che.39 Dunque la produzione ripetuta e numerosa, a Napoli e nel
Regno, di volumi madrigalistici petrarcheschi va interpretata quale
riflesso della familiarità che letterati, committenti e musicisti ebbe-
ro sia con Petrarca quale preferito libro di lettura, amato argomento
di discussione e ammirato modello da imitare, sia col petrarchismo
in quanto mezzo di comunicazione ed aggregazione. L’indirizzarsi
di questi prodotti a personaggi di rango nobiliare elevato ma non
eccelso va posto in relazione coll’ampia diffusione della cultura pe-
trarchesca e della partecipazione al dibattito letterario soprattutto
negli strati medio-alti della società partenopea. D’altro canto la me-
dietas sociale della committenza e la conformità petrarchistica del
contesto culturale di riferimento spiegano e giustificano la tenden-
ziale omogeneità stilistica dei libri di madrigali dei ‘napoletani’, al-
meno di quelli più ‘petrarchescamente’ orientati, anche se cronolo-
gicamente distanti: penso in particolare alla diffusa preferenza per le
forme fisse endecasillabiche – sonetto, ottava –, per testi di conte-
nuto non epico né drammatico, per l’invenzione musicale modella-
ta sul ritmo e sulla lunghezza del verso piuttosto che sollecitata dal-
l’immagine o dalla parola poetica, per il comporre in rigoroso stile
imitativo.40

– Il caso singolo riguarda il fiorentino Matteo Rampollini che offrì a


Cosimo I de’ Medici, attorno al 1550, il più petrarchesco fra i volu-
mi madrigalistici, il Primo libro de la musica sopra alcune canzoni del
Petrarca pubblicato a Lione da Jacques Moderne.41 Il volume è noto
39
Cfr. K.A. LARSON, The unaccompanied madrigal in Naples from 1536 to 1654, Ph.D. Disser-
tation Harvard University, UMI, Ann Arbor (Mich.) 1986, pp. 171-2; sulla presenza a
Napoli di Reulx p. 172, nota 30.
40
Una sintesi delle caratteristiche stilistiche del madrigale napoletano si legge in
LARSON, The unaccompanied madrigal, pp. 148-52.
41
Per l’insicura data di pubblicazione, circoscrivibile entro il periodo compreso fra
1546 e 1554, cfr. F.A. D’ACCONE, Matteo Rampollini and his Petrarchan canzoni cycles, «Mu-
sica Disciplina», 27 1973, pp. 65-106: 79-81; la musica si legge in M. RAMPOLLINI, Il pri-
342 FRANCO PIPERNO

ai musicologi soprattutto per essere uno dei primi libri madrigali-


stici intessuto di brani multisezionali su sette canzoni del Petrarca;
attirando l’attenzione prevalentemente su questo aspetto, è stata la-
sciata sullo sfondo la questione della committenza di questo lavoro
e del nesso eventuale fra il musicista, le sue scelte poetiche total-
mente petrarchesche e l’illustre signore cui il volume è indirizzato.
Rapporti fra Rampollini e i Medici, in particolare con Cosimo,
sono ben documentati42 e pertanto nulla di sorprendente vi è nel
fatto che il musico dedichi al duca il suo unico volume musicale
uscito a stampa; avrà voluto lusingare il dedicatario con una sele-
zione così ‘monografica’, coraggiosa e prestigiosa di testi? Io penso
che le cose stiano diversamente. Innanzitutto Rampollini è l’unico
musicista a mia conoscenza che si ponga il problema di intonare
Petrarca in quanto Petrarca, dichiarandosi, nella dedica a Cosimo,
consapevole che «sì alte, dolce e musical parole» avrebbero meritato
le note di più illustri intonatori quali Josquin, Willaert o Ber-
chem;43 con ciò egli manifesta sia consapevolezza per la sua scelta,
sia la coscienza dell’alto valore letterario dei testi che si apprestava
ad intonare e colla locuzione «musical parole» ci offre un indizio
utile a farci ritenere che egli conoscesse le teorie del Bembo (suo-
no, numero, variazione) e fosse al corrente del dibattito sulla lingua
e su Petrarca come modello di scrittura lirica. Le musiche di Ram-
pollini vennero lodate da Cosimo Bartoli nel terzo libro dei suoi
Ragionamenti accademici (F. Franceschi, Venezia 1567);44 Bartoli fu tra
i fondatori e tra i più vivaci animatori dell’Accademia degli Umidi

mo libro de la musica sopra di alcune canzoni del Petrarca, in Music of the Florentine Renais-
sance, vol. VII, a c. di F.A. D’Accone, American Institute of Musicology, s. l 1974. Il vo-
lume contiene quarantanove brani su testi del Petrarca e un cinquantesimo pezzo su
Che giova saettar di Bembo: quest’ultimo brano presenta requisiti stilistici e vicenda bi-
bliografica (venne pubblicato anche altrove con diversa e variabile attribuzione) atti a
farlo ritenere non opera di Rampollini, bensì adespoto riempitivo editoriale (cfr. per
questo D’ACCONE, Matteo Rampollini, p. 65, nota 1). La Musica di Rampollini sarebbe
dunque al 100% petrarchesca.
42
Cfr. D’ACCONE, Matteo Rampollini, pp. 73-7.
43
La dedica si legge in D’ACCONE, Matteo Rampollini, p. 101 s.; nella citata edizione del-
la musica la dedica è incomprensibilmente presente solo in traduzione inglese.
44
«Le composizioni del quale vi do mia fede che gli hanno acquistata una riputazione
meravigliosa, e massimo appresso a forestieri» (con ciò riferendosi, probabilmente, al
fatto che Il primo libro della musica venne pubblicato a Lione; cfr. D’ACCONE, Matteo
Rampollini, p. 80, nota 53.
«SÌ ALTE, DOLCE E MUSICAL PAROLE» 343

prima, e dell’Accademia Fiorentina poi, nate attorno al 1540 e vo-


tate, sotto i favorevolissimi auspici di Cosimo I e l’attento controllo
del maggiordomo ducale Pierfrancesco Ricci,45 all’affermazione
della lingua e della cultura fiorentina e, con essa, all’esaltazione del
primato dello Stato di cui Cosimo era signore.46 Naturalmente il
purismo linguistico invocato dagli accademici era rivolto soprattut-
to alla prosa ed alla lingua parlata, ma l’Accademia annoverò anche
monsignor Giovanni Della Casa che con la sua produzione lirica,
pur radicata nella tradizione fiorentina (il Magnifico), evitò di rin-
chiudersi nei confini di una ricerca linguistica purista e pertanto di
angusta concezione municipalistica. È possibile che Rampollini,
apprezzato dal Bartoli, fosse coinvolto nelle attività dell’Accademia
Fiorentina o, almeno, che ne conoscesse le iniziative e gli intenti e
li riflettesse nel proprio magistero musicale; vi sono, pertanto, fon-
dati motivi per ritenere che il suo volume petrarchesco fosse non
semplicemente un omaggio lusinghevole a Cosimo I, bensì un
frutto e una manifestazione al ‘mondo’ della politica culturale me-
dicea di quel particolare momento storico. Questo giustificherebbe
anche la particolarità stilistica della Musica del Rampollini: non tan-
to l’uso inconsuetamente accurato ed insistito delle alterazioni o ta-
lune particolarità mensurali (una ‘riforma’ delle convenzioni della
semiografia musicale, parallela a quella della lingua letteraria rap-
presentata dalle scelte petrarchesche?),47 quanto da un lato l’artifi-
ciosità della tessitura contrappuntistica e della scrittura imitativa dei
brani, dall’altro l’accurata progettualità strutturale e modale del sin-
golo pezzo e dell’insieme delle parti per un testo multistrofico: uno
stile dotto, severo, algido, conforme nel contempo al rango dell’illu-
stre dedicatario e alla serietà del progetto politico-culturale da lui
intrapreso.

4. Il contesto geografico può spiegare molto, ma non tutto; prendia-


mo il caso del semisconosciuto Rinaldo da Montagnana, veneto: baste-

45
Anche il Ricci risulta dedicatario di libri madrigalistici convintamente petrarche-
schi: il Primo libro di madrigali a cinque del lucchese Niccolò Dorati (Venezia 1549) e il
Primo libro di madrigali a cinque e sei del volterrano Biagio Pesciolini (Venezia 1563).
46
Cfr. la bibliografia citata in nota 32.
47
Per l’uso delle alterazioni e dei segni di misura in Rampollini vd. D’ACCONE, Matteo
Rampollini, pp. 83-7.
344 FRANCO PIPERNO

rà la sua provenienza geografica a giustificare la formidabile natura pe-


trarchesca e petrarchistica del suo Primo libro delle canzoni a quattro il
quale include non solo ben cinque canzoni pluripartite (RVF 22, 237,
268, 359, 239, quest’ultima con musica di fra Daniele Vicentino), ma
anche cinque ottave costituite da centoni di versi petrarcheschi? Sarà
dipeso dagli interessi culturali o dai desiderata del dedicatario, il car-
neade Antonio Modena? Credo, piuttosto, che il volume del Monta-
gnana esibisca in modo emblematico un generale e generico ‘petrar-
chismo musicale’ di cui i casi sopra discussi costituiscono delle manife-
stazioni specifiche, geograficamente e politicamente connotate: è a
quattro voci, è un’opera prima (anzi, unica) e soprattutto usa Petrarca
(originale e centonizzato) come un mezzo di omologazione culturale
largamente condiviso: chi altri se non Petrarca avrebbe potuto fornire
al Montagnana o ad un qualsiasi altro ‘minore’, ‘emarginato’ o esor-
diente un passaporto tale da garantirgli diritto di cittadinanza nella co-
munità dei madrigalisti, possibilità di oltrepassare i confini municipali
nonché via di accesso ad un mercato potenzialmente amplissimo con
un prodotto la cui affidabilità è già garantita da scelte poetiche nelle
quali una larga comunità di fruitori a priori si riconosceva? Allo stesso
modo, credo, è possibile inquadrare l’insistito petrarchismo di un ma-
drigalista defilato come Ippolito Chamaterò – un lucchese stabilitosi a
Udine ma teso costantemente a mantenere contatti con centri culturali
più vitali quali l’Accademia Filarmonica di Verona – o di un musicista
nomade come il nizzardo Stefano Rossetto, elargitore di omaggi ma-
drigaleschi di chiaro segno petrarchesco a nobildonne del rango di
Margherita di Valois, di Giovanna d’Austria (moglie di Francesco de’
Medici) e di Isabella de’ Medici Orsini.
Queste ultime osservazioni mi conducono rapidamente alle conclu-
sioni. In un importante articolo del 1990, Stefano La Via contestava la
pigra accettazione da parte dei musicologi dell’idea, avanzata da Alfred
Einstein e avvalorata da Dean Mace, che il madrigale musicale italiano
fosse principalmente una manifestazione musicale del petrarchismo (o,
forse meglio, del bembismo) letterario.48 La contestazione era ed è le-
gittima e condivisibile, ma se aggiorniamo e meglio comprendiamo il
concetto di petrarchismo e la concreta realtà operativa e sociale in cui
si è manifestato, forse l’idea può essere riformulata e riproposta. Il pe-
48
S. LA VIA, Madrigale e rapporto fra poesia e musica nella critica letteraria del Cinquecento,
«Studi Musicali», XIX 1990, 33-70: 33-4.
«SÌ ALTE, DOLCE E MUSICAL PAROLE» 345

trarchismo è ora definito come «fenomenologia della comunicazione


letteraria» caratterizzata da un «sistema linguistico della ripetizione»;49
assunto Petrarca a modello, imitarlo, riprodurlo, svilupparlo – in un’e-
poca che non conosce il canone dell’originalità ma fonda i presupposti
del successo sulla riconoscibilità e sulla fedeltà alla tradizione – signifi-
cava acquisire un’identità artistica ed «entrare nel solco delle tradizioni
illustri», significava disporre di uno strumento di alfabetizzazione e di
un codice di comunicazione, partecipare ad un rito di omologazione
culturale e sociale (Petrarca come «Galateo intellettuale»).50 Musicare
Petrarca è una possibilità in più di questo processo di appropriazione di
questo ‘padre’ della lingua e della grammatica e comporta le medesime
ricadute estetiche e sociali appena descritte: i musicisti imitano le ri-
spettive intonazioni petrarchesche, dialogano e gareggiano fra loro at-
traverso queste forme di competizione (ma anche comunicazione) pro-
fessionale, producono ‘libri’ petrarchistici avendo a modello ‘il’ libro per
eccellenza, il Canzoniere,51 offrono alla delibazione del dedicatario un
prodotto già ampiamente metabolizzato (una scelta di versi del Poeta o
dei suoi imitatori) con, in più, la variante accessoria delle note musicali
che ne costituisce un ulteriore, coerente (petrarchistico) processo mani-
polativo, tendono a compiacere il committente con un’opera artistica
che da un lato attesta la compartecipazione di quegli alla koinè cultura-
le, dall’altro e nel contempo funge da autolegittimazione dell’autore
stesso. Oltre a tutto ciò, ed al fatto che la scelta di testi petrarcheschi è
agevolata dalla loro natura geograficamente e politicamente non con-
49
QUONDAM, Nascita della grammatica, p. 48; vedi anche ID., Il libro di poesia, p. 100:
«straordinario processo di unificazione e omologazione, in primo luogo linguistica, al-
l’insegna della lingua del Padre, Petrarca; come sistema linguistico della ripetizione,
perfettamente integrato al più complessivo sistema culturale del Classicismo, regolato
e ben temperato dai codici dell’imitazione e dal primato dei modelli; come complessa
[…] esperienza se non di alfabetizzazione di massa (nelle pur debite proporzioni so-
ciologiche) certo come ampliamento degli accessi alla scrittura; come sofisticata offici-
na di forme e di stili, territorialmente, geograficamente, anche, diffusa e caratterizzabi-
le […]; come forma di produzione sia di testo letterario che di rapporti sociali sotto il
segno della grammatica».
50
R. FEDI, Canzonieri e lirici nel Cinquecento: I, nel suo La memoria della poesia. Canzonie-
ri, lirici e libri di rime nel Rinascimento, Salerno, Roma 1990, pp. 23-51: 37 e 39.
51
A modello «come esempio altissimo di lingua della comunicazione poetica, con re-
lativa grammatica, e quindi come repertorio tematico, universo lessicale e semantico,
patrimonio di stile e di forme metriche: insomma, modello assoluto, da imitare, da ci-
tare, da ripetere. Ma non un modello qualsiasi: il modello di libro di poesia» (QUONDAM,
Il libro di poesia, p. 106).
346 FRANCO PIPERNO

notata – rispetto ad altri poeti dotati di ‘identità’ locale (Bembo, Sanna-


zaro, Tansillo) o segnati da appartenenze politiche determinate dai vin-
coli con i signori dei quali erano al servizio (Ariosto, Tasso, Goselini,
Guarini) –, il musicista si trova ad essere naturalmente incline verso una
lingua e una scrittura come quelle del Petrarca di cui, per il lettore cin-
quecentesco, i valori fonoritmici potevano addirittura prevalere su
quelli semantici (le «musical parole» di cui parlava Rampollini).
Ecco perché è ancora possibile parlare di petrarchismo musicale,
tanto più in relazione alla produzione madrigalistica su testi petrarche-
schi e intenderlo criticamente come contenitore globale entro cui tro-
vano posto le sopra accennate peculiarità di tipo geografico, produttivo
e sociale: il musicista partecipa dell’acquisizione di Petrarca ad elemen-
to ‘strutturale’ della tradizione linguistica, a ‘moneta corrente’ della co-
municazione letteraria e partecipa delle forme di produzione culturale
e di omologazione intellettuale che il petrarchismo ed il classicismo
hanno posto in essere; nella società della «civil conversazione» il musico
petrarchista è interlocutore con pieno diritto di cittadinanza.

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