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Sinfonia n. 2 in re maggiore op.

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Adagio molto, Allegro con brio / Larghetto / Scherzo, Allegro – Trio / Allergo molto
Composta tra il 1800 e il 1802, la Seconda sinfonia riflette due stati d’animo
contrastanti: la gioia e il dolore, indotti dalle esperienze esistenziali del compositore. I
primi abbozzi risalgono, infatti, al 1800, anno in cui Beethoven conobbe la contessa
Giulietta Guicciardi, una bellissima sedicenne della quale s’innamorò perdutamente. Il
compositore visse l’amore per questa fanciulla, sua allieva di pianoforte, come un
breve sogno, di cui è rimasta una splendida ed immortale traccia nella Sonata al
chiaro di luna, destinato, però, ad infrangersi nel 1803 quando la giovane donna sposò
il Conte Gallemberg. Nello stesso tempo cominciò a profilarsi il dramma della sordità, i
cui sintomi, manifestatisi, per la prima volta, nel 1795, avevano costretto, nel 1801,
Beethoven a ridurre drasticamente i suoi concerti pubblici in qualità di pianista.

Il primo movimento 

si apre, secondo lo schema haydniano, con un Adagio molto di una certa ampiezza che
introduce l’Allegro con brio, dove si afferma un linguaggio più maturo che, pur
guardando ancora ai modelli mozartiani, si caratterizza per una certa ricchezza del
materiale tematico e per una struttura dialettica che sarebbe stata approfondita nei
capolavori successivi. Il modello mozartiano appare evidente nei brillanti disegni di
biscrome del primo tema, mentre uno stile già pienamente beethoveniano si afferma
sia nel carattere risoluto del secondo tema, la cui esposizione è affidata al clarinetto,
sia nella tensione dialettica che agita lo sviluppo nel quale i due temi si fronteggiano in
una scrittura armonica piena di cromatismi. Alla tradizionale ripresa segue una coda,
più lunga rispetto a quella della precedente sinfonia, anche se ancora costruita su
elementi tematici già esposti precedentemente.

Il secondo movimento

  Larghetto, anch’esso di ampie proporzioni, Scritto in forma-sonata, come il secondo


tempo della prima sinfonia con il quale presenta molti elementi in comune, si distingue
per una raffinata orchestrazione evidente in particolar modo nella ripresa leggermente
variata rispetto all’esposizione.

Il terzo movimento

formalmente uno Scherzo, innovativo perché utilizzato in sostituzione del


tradizionale Minuetto, è dotato di una straordinaria energia ritmica che caratterizza il
tema iniziale costituito da un semplice disegno di tre note. Questa energia ritmica si
placa nei toni e nei colori pastorali della parte iniziale del Trio di cui sono protagonisti
gli oboi e i fagotti.

Il Finale 

è un brillante rondò-sonata il cui carattere apparentemente umoristico, realizzato con


una scrittura mozartiana evidente soprattutto nel tema iniziale. Nello sviluppo dove il
tema principale, ripreso in minore, è sottoposto a una complessa rielaborazione
armonica. Nella sezione modulante dell’esposizione va segnalata, inoltre, la presenza
di prefigurazioni del tema dell’inno alla gioia che sembrano nascere dalla profondità
dell’animo di Beethoven le cui parti recondite sono espresse dal registro grave dei
violoncelli che contagiano tutti gli altri archi.

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