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ANALISI MARTINU SONATA

Vicina alla Sonata di Prokof’ev per proporzioni e per respiro cameristico, la Prima Sonata per Flauto e
Pianoforte di Bohuslav Martinů, scritta nel 1945, è un’opera della piena maturità in pieno stile neoclassico,
esito finale di una serie di composizioni nelle quali il flauto è protagonista: Concerto per flauto, violino e
orchestra; Sonata per violino, flauto e pianoforte (1937); Promenades per flauto, violino e clavicembalo
(1939); Trio per flauto, violoncello e pianoforte (1944)

Questa prima sonata fu scritta appunto nel 1945 negli Stati Uniti, dove Martinů emigrò per sfuggire al regime
nazista. Il dedicatorio di quest’opera è il celebre Georges Laurent, allora primo flauto alla Boston Symphony
Orchestra.

L’ispirazione per la realizzazione di questa sonata, racconta Martinů, gli è stata in un certo senso suggerita
da un uccellino che, dopo essere stato trovato ferito e curato dai coniugi Martinů, ogni giorno si posava sulla
finestra dello studio del compositore. Il particolare cinguettio che emetteva fu portato in musica Martinů e
utilizzato come tema del terzo tempo.

ANALISI GENERALE

La sonata si compone di tre movimenti Allegro Moderato, Adagio, Allegro poco Moderato in forma tripartita
A B A1: la prima sezione è ripresa interamente alla fine del medesimo movimento, seguita da una più o meno
breve coda.

Prima di procedere con l’analisi dell’opera, è fondamentale sottolineare l’importanza che il compositore
attribuisce al pianoforte: non è infatti uno strumento accompagnatore, ma ad esso sono lasciate molte parti
solistiche, a partire dalle introduzioni del primo e del terzo tempo, che vedremo in seguito.

È inoltre importante precisare l’assetto armonico dell’intera sonata: seppur utilizzando accordi e cadenze
tipiche dell’andamento tonale, Martinů volutamente non inserisce alterazioni in chiave. Ciò indica
chiaramente il bisogno e l’esigenza di libertà da parte del compositore, il quale non adotterà un tipo di
composizione atonale, ma non sarà nemmeno “intrappolato” dagli schemi rigidi tonali ottocenteschi.

Di particolare rilevanza è anche il continuo utilizzo di micro-cellule ritmico melodiche sempre differenti che,
variate e contratte, creeranno lo sviluppo dei vari movimenti dell’intera sonata, come spiegherò in seguito.

I MOVIMENTO: ALLEGRO MODERATO

Il primo movimento si apre con un’introduzione del pianoforte di inusuale lunghezza (esattamente 20
battute), che accenna brevemente quello che sarà il tema del flauto, esposto a partire dal levare di b. 21.

A battuta 20, con il tempo di 3/4, compare il flauto in tono solenne che espone il tema principale, che si
sviluppa da un semplice intervallo di quarta in levare.

Già dalle prime battute del flauto si nota l’importanza ritmica all’interno dell’intera composizione. Comincia
ad agire sin da subito infatti, l’impulso della sincope, utilizzata come cellula ritmico-tematica per l’esposizione
del tema, sia nella parte del pianoforte che nella parte del flauto, con una polarizzazione costante della
figurazione croma, semiminima, croma, croma, croma, (esempio) poi contratta e modificata con l’utilizzo di
altre figurazioni, come duine e quartine di semicrome (esempio).

Un altro esempio dell’utilizzo costante di contrazioni ritmiche e di variazioni melodiche del tema è presente
al n° 2: viene ripreso, in un tempo di 4/4, l’incipit del tema con figurazioni dilatate, con la quartina di
semicrome che è trasformata nel punto della semiminima precedente e due semicrome, e la croma con le
due semicrome che sono rese con una semiminima. (esempio)
Analogamente, 6 b. prima di n° 3, si può riscontrare un’ennesima contrazione ritmico melodica della
figurazione iniziale. Come nell’incipit, anche in questo caso Martinů, oltre a contrarre ritmicamente la cellula
tematica, la ripete nelle 4 battute successive, spostando ogni volta l’accento della cellula in posizione diversa.

Questa serie di spostamenti nella melodia del flauto continua fino a n°3, preparando l’ultima parte della
prima sezione del primo movimento: inizia qui, un gioco di controtempi tra il flauto e il pianoforte, che si
concluderà a battuta 84 (6 prima n°4), dove i due strumenti, omoritmicamente, preannunciano la maggiore
libertà ed espressività della sezione “B”.

Nuovamente al pianoforte è lasciata una parte solistica di discreta lunghezza: infatti, da battuta 90 fino al
levare della battuta 115, il flauto tace. Una volta terminata questa introduzione della sezione “B” del
pianoforte, il flauto, molto liberamente, in modo espressivo e cantabile, esegue sestine di semicrome
raggruppate a duine, distaccandosi completamente dalla prima sezione di questo tempo. Indice del cambio
netto è anche l’utilizzo di una nuova cellula ritmica (8 semicrome e una semiminima) che, a differenza di
quanto accadeva in precedenza, non presenta spostamenti di accento, e si presenta immutata per 3 volte.

Compare ora, da battuta 121 una nuova figurazione (quintina di biscrome seguita da 5 crome), che il
compositore polarizza per 5 battute: nelle prime 3 non vi sono spostamenti di accento, quasi a voler rimarcare
nuovamente la differenza dal movimento precedente. Unica differenza presente è l’utilizzo di una sestina
anziché della quintina.
Dalla battuta successiva viene però aggiunta una croma, che innesca un continuo sfalsamento di accenti
preannunciando la ripresa di battuta 147. Dopo l’aggiunta infatti della croma e la conclusione, con la sestina
di biscrome, della cellula ritmica precedente, Martinů ne introduce un’ultima, per la conclusione di B.
Inizialmente utilizza la figurazione semicroma col punto, biscroma e crome, ripetuta due volte prima di essere
modificata attraverso l’alternanza di biscrome puntate e crome. Infine, con una scala discendente ed un
diminuendo, il compositore chiude questa sezione, e riapre, con la ripetizione dell’incipit del pianoforte, la
sezione A1, la quale, sino a 5 battute prima di n° 10 non presenterà differenze rispetto alla prima.

Da lì, fino a n°10, Martinů crea, riprendendo gli schemi della prima sezione, un’introduzione alla coda,
preannunciata prima scale ascendenti di bis crome (come in precedenza) e poi da quartine di semicrome,
due legate e due staccate.
Successivamente, si apre la coda vera e propria con un carattere giocoso e allegro, dovuto principalmente al
massiccio utilizzo dello staccato corto sia nella parte pianistica che in quella flautistica.
Anche in questo caso Martinů non rinuncia all’elaborazione ritmico-tematica: da un’iniziale cellula ritmica
nella parte flautistica, formata da una duina di semicrome e quattro o cinque crome, il compositore ne
infittisce trama, alternando ora le duine di semicrome a duine di crome. Inoltre, come già in precedenza,
anche dopo essere passati ad un’altra cellula, Martinů ripresenta le figure in maniera sfalsata, creando così
continui spostamenti di accento.
A battuta 202, anziché concludere il movimento, viene lasciato al pianoforte il levare, costringendo ad
un’ulteriore prosecuzione.
Viene qui ripresentata infatti, al “Poco meno”, una variazione ritmico-melodica del tema principale che,
dilatandosi, porta alla chiusa di questo movimento con un accordo di Sib Maggiore, pur rimanendo in quel
clima di rifiuto dei rigidi schemi tonali.
II MOVIMENTO: ADAGIO

Anche questo in forma tripartita, nel secondo movimento si sviluppa l’invenzione melodica, costruita su di
un tema estremamente intenso: “il flauto, nel suo salire per terze, negli ampi salti discendente che in modo
simmetrico chiudono la frase, ricorda il procedere melodico bachiano, fino a n°1, dove vengono ripresi quei
modelli di spostamento ritmico tipici del primo movimento.”1

La difficoltà in questo movimento non è una difficoltà tecnica, quanto espressiva: la sincronia tra flauto e
pianoforte deve essere impeccabile, ogni nota delle parti meno mosse deve essere intonata a partire dal
suono del pianoforte, l’introduzione deve essere il più legato possibile, cercando di imitare uno strumento
ad arco.

La prima sezione è appunto melodica, con note lunghe (semiminime e minime) solitamente ad intervalli di
terza (Esempio) o per grado congiunto da parte del flauto, in una sorta di canone col pianoforte, che ne imita
l’andamento e gli intervalli.
Tuttavia, ciò non implica una rinuncia da parte del compositore dell’utilizzo delle contrazioni metriche: sin da
subito infatti, definita la cellula ritmica formata da semiminime e una minima legata, la utilizza,
opportunamente variata, sino al n°1. Le variazioni proposte sono limitate: vengono infatti o aumentate o
diminuite il numero delle semiminime o raddoppiato il valore delle minime. Tuttavia, il continuo spostamento
degli accenti che aveva caratterizzato anche lo sviluppo del primo movimento, sia da parte del flauto che del
pianoforte, seppur con l’utilizzo di note relativamente lunghe, favoriscono l’impulso ritmico e la continuità.

Da n°1 si presenta la seconda faccia della medaglia: nella medesima sezione infatti l’andamento melodico,
lento e sofferto viene meno, lasciando più spazio ai modelli di sfasamento ritmico già incontrati nel primo
movimento.
Il flauto compie infatti quartine di crome e semicrome con l’accento che mai si trova sul battere della figura,
creando una trama incalzante, favorita dall’infittirsi di semicrome nella parte flautistica. Da battuta 20,
inoltre, le ampie legature che avevano caratterizzato tutto il secondo movimento fino ad ora, scompaiono,
lasciando prima posto a legature di tre note, infine di 2.
Tuttavia, due battute prima di n°2, Martinů, riprende la cellula tematica iniziale e, con un dilatarsi in note
lunghe, conclude la sezione A.

La seconda sezione si apre con un altro solo pianistico di lunghezza considerevole, che prosegue per 13
battute prima del rientro del flauto, che riprende il proprio canto al n°3 con un lungo melisma di semicrome
di 4 battute.

Ancora una volta, come già nel primo movimento e nella sezione precedente, la melodia è caratterizzata dal
continuo spostamento di accenti: per tutta la durata del melisma il flauto non ha attacchi in battere, e
l’estensione della legatura si estende sempre a cavallo tra una battuta e l’altra.

Segue poi, a partire da quattro battute prima di n°4, quella che sarà la conclusione di questa sezione B.
Martinů riprende infatti vagamente le caratteristiche dell’andamento inziale, seppure con note meno lunghe
come crome e semiminime, nella parte del flauto, mentre in quella del pianoforte, accennando prima e
concretizzandolo, rielabora il melisma già precedentemente eseguito (questa volta senza sfalsamenti di
accento), creando un fitto intreccio tra ritmo binario e ritmo ternario.

Come nel movimento precedente, anche in questo la ripresa, che giunge al n°5, risulta identica alla prima
parte, fatta eccezione della breve coda finale: la tensione accumulata fino ad ora sembra infatti dissolversi
da battuta 71, dove il flauto, anziché chiudere sul finale della sezione come ci si aspetterebbe su di un
apparente accordo in Sib Maggiore del pianoforte, prosegue con una l’introduzione di un’ultima cellula
tematica. Compie infatti tre ripetizioni della medesima figurazione, per poi, all’ultimo, ripiegare verso un’altra
soluzione, che porterà alla chiusura di questo movimento su di una lunga corona di “Sol” da parte del flauto.

III MOVIMENTO: ALLEGRO POCO MODERATO

Il 3° movimento, come i due precedenti, si presenta in forma tripartita, seguito da una breve coda.
Nuovamente, Martinů lascia al pianoforte un’ampia introduzione: sono ben 29 infatti le battute nelle quali il
flauto tace.

A n°1 viene introdotto il tema da parte del flauto, già vagamente accennato nell’introduzione del pianoforte.
Ancora una volta, Martinů adotta una cellula ritmico-tematica che verrà continuamente ripresa e modificata
nell’esposizioni del tema. Questa cellula è formata da una duina di biscrome in levare, seguita da una croma.
Questa, inizialmente, viene ripetuta nove volte prima della comparsa della prima modifica: scompaiono le
crome, che sono trasformate in semicrome. In questa prima variazione, viene anche ripreso il metodo dello
sfalsamento di accento già usato nei movimenti precedenti: le legature per le duine di semicrome sono infatti
sempre poste in posizioni diverse.

Al n°2 si presenta un’altra modifica nella cellula ritmico-tematica utilizzata: sono introdotte terzine di
semicrome, che incalzano il fraseggio sino alla distensione di battuta 53, dove il flauto compie un’ampia scala
di Fa Maggiore, prima di riprendere la figurazione inziale.

Con la successiva modifica della cellula utilizzata, Martinů va concludendo la sezione A. Utilizza ora, quartine
di semicrome, ove ogni tre note viene posizionata una pausa. Questo, grazie alla sincope creata, genera
un’alta instabilità per ben nove battute, fino quando, a battuta 79, la figurazione iniziale viene ripresa. Segue
poi, nella parte del flauto, una cellula ritmico-melodica, variazione di quella tematica principale che, come
detto nell’introduzione all’analisi, rappresenta il verso dell’uccellino curato dai coniugi Martinů. Questa
cellula, già utilizzata dal pianoforte nell’incipit del movimento, è caratterizzata una croma, una semicroma e
una duina di biscrome.

Per quanto riguarda la seconda sezione di questo movimento, essa comincia a battuta 91 in maniera molto
particolare: al flauto è presente una melodia estremamente semplice, che procede per grado congiunto o
per terze, mentre al pianoforte l’impulso ritmico della sincope diventa estremamente evidente, tanto che,
per ben 11 battute, la parte pianistica non ha nessun battere, che si presenterà soltanto a battuta 102. Le
cellule ritmiche della prima sezione sono dimenticate, sostituite solamente da minime e semiminime nella
prima parte di questa seconda sezione.

11 dopo n°5, è ancora il pianoforte ad essere protagonista della scena: dopo infatti la chiusa della prima parte
di questa sezione, esso introduce un nuovo tema, che però, a differenza di quello precedente, con l’inizio
della parte flautistica, mantiene vivo quell’impulso ritmico tipico di questo terzo movimento grazie ai continui
attacchi in levare da parte di entrambi gli strumenti e grazie all’utilizzo di una cellula tematica sempre più
incalzante, che passa dall’utilizzo di crome a n°6, a quello di semicrome di n°7.

Con l’accenno e poi l’utilizzo della cellula ritmico-melodica iniziale nella parte del flauto, da n°8 si prepara la
conclusione della sezione B. Il flauto infatti, riprende in un primo momento la figurazione utilizzata
nell’esposizione del tema della sezione A, per poi eseguire la cellula modificata che simboleggia il canto del
volatile, ripetendola per ben 9 volte, con una variazione di altezza a seguito della rapida scala cromatica di
battuta.

Come negli altri movimenti, anche in questo caso la ripresa si ripresenta identica alla precedente. Differente
rispetto ai movimenti precedenti, è la lunghezza della coda finale. Quest’ultima infatti, si estende solamente
per 7 battute: qui il flauto inizialmente riprende la cellula del canto dell’uccello, seguita poi da una serie di
terzine di semicrome. Conclude infine, riaccennando la cellula un attimo prima eseguita, prima nella parte
del pianoforte, poi in quella flautistica.

I cambiamenti iniziano solamente a sette battute dalla fine: qui il flauto, anziché discendere da Fa a Mib come
prima, ritorna a Lab, proseguendo con la particolare figurazione del canto dell’uccello.
Nel finale, allegro, quasi giocoso, il flauto “gioca” con terzine di semicrome prima di lanciarsi in una scala
ascendente cromatica (eccezione fatta per le prime due note che distano 1 tono). Conclude poi riprendendo
la figurazione del tema, nella tonalità di Lab maggiore, chiudendo così il ciclo iniziato con i due movimenti
precedenti.

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