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Sinfonia n.

9 in re maggiore
in quattro tempi per orchestra

1. Andante comodo, Mit Wut, Allegro risoluto, Leidenschaftlich, Tempo I Andante


(Andante comodo, Con rabbia, Allegro risoluto, Appassionato, Tempo I Andante)

2. Im Tempo eines gemachlichen Ländlers, Etwas täppisch und sehr derb


(In tempo di un tranquillo Ländler, Un po' goffo e molto rude)

3. Rondò - Burleska, Allegro assai, Sehr trotzig - Adagio


(Rondò - Burleska, Allegro assai, Molto ostinato - Adagio)

4. Adagio. Sehr langsam und noch zurückhalten


(Adagio. Molto lento e ancora ritenuto)

Organico: ottavino, 4 flauti, 3 oboi, corno inglese, clarinetto piccolo, 3 clarinetti, clarinetto basso, 4 fagotti,
controfagotto, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, grancassa, piatti, tamtam, triangolo,
campana, glockenspiel, 2 arpe, archi
Composizione: 1909
Prima esecuzione: Vienna, Großer Musikvereinsaal, 26 giugno 1912
Edizione: Universal Edition, Vienna, 1912

Mahler compose la Nona Sinfonia nell'estate del 1909 nella piccola fattoria ad Alt-Schluderbach
vicino a Toblach (Dobbiaco), in Tirolo. L’avrebbe poi completata l'1 aprile 1910, secondo quanto
scrisse l'autore a Bruno Walter. Nel ritiro di Toblach,1 l'anno precedente (1808) aveva portato a
compimento Das Lied von der Erde (Il canto della terra), l'ultimo suo lavoro nel quale all'orchestra
si unissero le voci, e aveva annotato alcuni temi per la nuova sinfonia a cui, a rigor di logica,
sarebbe dovuto toccare il numero dieci. Ma nella convinzione sempre più ossessiva che dopo
l'Ottava del 1906 il limite di una nona sinfonia che recasse nel titolo quel numero gli sarebbe stato
fatale come lo era stato per Beethoven e Bruckner, gli aveva impedito di numerare la Sinfonia di
Lieder con voci e di riservare a quella che ancora doveva comporre il numero nove.
Lo stratagemma non funzionò, giacché la Sinfonia in re maggiore fu davvero l'ultima creazione
sinfonica portata a termine da Mahler. Difatti nell'estate del 1910, sempre a Toblach, iniziò
effettivamente una nuova sinfonia - la Decima - ma dovette interromperla dopo il primo
movimento e l'abbozzo di alcuni altri (su di essi si basa la discussa ricostruzione di Deryck Cooke,
pubblicata nel 1976): Mahler non avrebbe più avuto a disposizione un'altra estate per riprenderla
e completarla. Il musicista morì infatti il 18 maggio 1911 a Vienna, dove era dovuto rientrare
precipitosamente, interrompendo il soggiorno americano, per l'aggravarsi delle sue condizioni di
salute. Quindi la Nona Sinfonia fu eseguita per la prima volta, postuma, il 26 giugno 1912 a Vienna
dai Wiener Philharmoniker diretti da Bruno Walter.

1
Mahler aveva abitudini piuttosto rigide. A Toblach per lavorare si rinchiudeva in una casetta in mezzo al bosco, a
contatto con la natura, col mondo "altro" e "felice" contrapposto a quello meschino e di sofferenza degli uomini. Il
confronto tra le due casette, quella di Maiernigg e quella di Alt-Schluderbach, testimonia inoltre un mutamento di
prospettiva. La prima è una solida costruzione in muratura, nascosta e protetta dalla vegetazione, con i rami degli
alberi che entrano fin quasi dentro la finestra; la seconda, invece, una fragile edicola in legno, ai margini del bosco di
abeti, immersa nella luce radente filtrata dai rami. L'una pare un tempio, l'altra un eremo.
Tra gli ascoltatori di quella prima esecuzione c’era Alban Berg, fin dall’adolescenza devoto
ammiratore di Mahler. Nell'autunno del 1912 Alban Berg scriveva alla moglie:

Ho suonato di nuovo la Nona di Mahler. Il primo movimento è la cosa più Splendida che
Mahler abbia scritto. È l'espressione di un amore inaudito per questa terra, del desiderio
[Sehnsucht] di vivere in pace con la natura e di poterla godere fino in fondo, in tutta la sua
profondità, prima che giunga la morte. Perché essa arriva senza scampo. L'intero movimento è
permeato dal presentimento della morte. Si presenta in continuazione. Ogni sogno terreno
culmina in questo (da qui la sempre nuova agitazione che cresce impetuosa dopo i passi più
delicati), al massimo grado naturalmente in quel passo incredibile in cui il presentimento della
morte diviene certezza, in cui la morte stessa si annuncia "con forza inaudita" proprio nel
mezzo della più profonda e più dolorosa gioia di vivere. E poi il lugubre assolo di violino e viola
e quei suoni soldateschi: la morte in corazza! Contro tutto ciò non c'è più resistenza! Ciò che
ancora sopraggiunge mi sembra come rassegnazione. Sempre con il pensiero all'aldilà, che si
manifesta proprio in quel passo "misterioso" simile all'aria rarefatta - ancor più in alto delle
montagne - sì, come nello spazio che si fa più rarefatto (Etere). E di nuovo, per l'ultima volta,
Mahler si rivolge verso la terra - non più alle lotte e alle azioni, di cui si sbarazza (come già
nel Lied von der Erde, con i mordenti passaggi cromatici discendenti), bensì soltanto ormai
completamente alla natura. Come e quanto a lungo vuole godere ancora delle bellezze della
terra! Lontano da ogni fastidio, egli vuole mettere casa [Heimat] nell'aria libera e pura
dello Semmerin, per respirare a pieni polmoni questa aria, la più pura di questa terra, con
respiri sempre più profondi, perché questo cuore, il più splendido che mai abbia pulsato tra gli
uomini, possa espandersi sempre di più, prima di dover cessare di battere.

L'interpretazione di Berg fornisce un punto di vista sicuramente vicino a quello di Mahler e


contiene alcuni lineamenti essenziali dell’interpretazione generalmente condivisa della Nona, oltre
che documentare l’ammirazione incondizionata per l’ultimo capolavoro che Mahler poté portare a
termine. La Nona Sinfonia rappresenta non solo l'ultimo percorso compiuto dell'autore, ma anche
il canto del cigno di tutta la «civiltà della sinfonia», giunta al termine del suo ciclo dopo un secolo e
mezzo di storia. La Nona fu subito particolarmente cara anche Schönberg e Webern ed è una delle
partiture fondamentali per conoscere i rapporti tra l’eredità di Mahler e la Scuola di Vienna, in
modo particolare per quanto riguarda Berg.

Stile del dissolvimento


È ormai luogo comune riconoscere nelle opere ultime di Mahler profezie della “nuova musica” e
vedere nel Lied von der Erde, nella Nona e nel frammento della Decima i caratteri di un “tardo
stile” di cui Paul Bekker aveva individuato alcuni lineamenti essenziali parlando di stile del
dissolvimento (“Stil der Auflösung”).2 Procedimenti dissociativi investono diversi aspetti del

2 Si ricorda che nel 1919, in Germania, fu lo stesso Paul Bekker a coniare la definizione di Neue Musik, cioè
"nuova musica", come titolo di una sua lezione sulle tendenze della musica del suo tempo. Viene
comunemente definita musica contemporanea la musica di matrice "colta" composta nel XX e nel XXI secolo.
Nasce come reazione alla tradizione romantica europea del XIX secolo. Fra i sinonimi di musica
contemporanea possiamo annoverare musica d'avanguardia, musica d'oggi e musica sperimentale per la
musica contemporanea. Il dibattito sull'uso della definizione è ancora aperto. Alcuni comprendono in questa
linguaggio mahleriano per dar vita a una “prosa musicale” (per usare un concetto caro a
Schönberg e assai pertinente di fronte a una partitura come quella della Nona), dove
l’articolazione non si vale più dei nessi tradizionali e sembra aprirsi a liberamente a un andamento
frammentario, che rifiuta la compattezza e insieme definisce logiche costruttive nuove.
Nell’ultimo Mahler il persistere della tonalità e di vocaboli noti suscita l’impressione di una
materia musicale liberata ed estraniata rispetto alla logica costruttiva del passato, in grado di dar
vita ad aggregazioni aperte, come un collage di rovine , guardate nella prospettiva della memoria e
accolte nel contesto dissolto come reminiscenze e citazioni. Viene meno nel primo tempo della
Nona la fitta scrittura polifonica che aveva caratterizzati il sinfonismo mahleriano a partire dalla
Quinta, e al tempo stesso si definiscono funzioni polifoniche nuove con linee melodiche che
stabiliscono tra loro rapporti assai liberi in uno spazio musicale aperto. Viene meno anche la
profilatura netta che caratterizzava molte idee tematiche presenti nelle sinfonie precedenti: nel
primo movimento un tema principale non risulta neppure individuabile in una forma definita. La
strumentazione contribuisce ad accentuare gli aspetti di disgregazione già presenti. Il principio di
non ripetizione, che fu decisivo per Schönberg e allievi, fu condotto ad esiti più radicali.
Il rifiuto della compattezza si riconosce già nella disposizione dei quattro tempi della sinfonia e
nelle scelte tonali. Due lunghissimi tempi lenti incorniciano un blocco centrale formato da due
tempi di andamento più mosso, definendo una successione segnata dalla discontinuità, un
percorso attraverso stili e caratteri diversi dove anche la conclusione non si pone come momento
unificante e riassuntivo (come invece accadeva nell’Adagio finale della Terza sinfonia). È un
percorso che non mancherà di affascinare Berg al punto di essere ripreso nel suo concerto per
violino (Andante, Allegretto / Allegro, Adagio).
Il primo movimento, Andante comodo, sembra racchiudere in sé, sovrapponendoli, gli schemi
della forma sonata e del rondò, su un tempo tendenzialmente scorrevole ma non allegro. Si può
notare, con Quirino Principe, che «...esposizioni, sviluppi, riprese si concatenano dando l'illusione
di appartenere a un sistema di regole tradizionali, ma imboccano sempre una strada anomala». Si
potrebbe però anche ribaltare l'immagine: pur imboccando sempre una strada anomala,
appartengono a un sistema di regole tradizionali.
E lo stesso vale per i rapporti fra le tonalità, con la loro corrispondenza a chiasmo: al re maggiore
del primo corrisponde il re bemolle maggiore dell'ultimo, mentre il nesso fra i due tempi centrali è
dato dalle tonalità relative, rispettivamente, di do maggiore e la minore. Ancora Principe, vi vede
«... due facce, l'una onirica e l'altra demoniaca, del medesimo fantasma» mentre «le tonalità del
primo tempo, re maggiore, e dell'ultimo, re bemolle maggiore, hanno qui un colore notturno,
profondo e uguale, e una lenta e ampia effusione di suono [...] La discesa da re a re bemolle, in un
dominio sempre più buio del modo maggiore, mostra un ritirarsi dall'esistenza, un rinunciare». Ma
non sarebbe del tutto inesatto rilevare che l'Adagio finale della Nona, che si chiude nella stessa
tonalità sospesa in cui Wagner adagiò la conclusione della Tetralogia, assume la stessa funzione

categoria tutta la musica composta ai giorni nostri, indipendentemente dallo stile adottato, mentre altri ne
focalizzano l'uso sulla musica d'avanguardia. Altra differenza consiste nell'includere nella musica
contemporanea tutta la musica composta nel XX e nel XXI secolo, o solo quella composta da autori viventi.
"classica", mutata di segno dinamico e adeguata ai contenuti, di chiudere l'arco della Sinfonia nel
superamento dei conflitti esposti nelle pagine precedenti.
I caratteri stilistici ed espressivi dell’ultimo Mahler si pongono sotto il segno del congedo e della
morte, come già osservava Berg nella lettera citata. E come poi tutti hanno sottolineato pur
partendo da punti di vista diversi, facendo in molti casi anche troppa retorica su Mahler
consapevole della condizione malata del proprio cuore e della fine imminente,3 e facendosi scudo
delle poche tracce programmatiche (sull’esperienza della morte e del distacco) che si trovano
nell’abbozzo della partitura e che Mahler non volle mantenere nella stesura definitiva, in quanto
sarebbero state del tutto superflue, essendo compiutamente risolte e oggettivate in intuizioni di
natura puramente musicale.
Ma non è soltanto per queste circostanze biografiche che la Nona Sinfonia è stata interpretata
come il congedo di Mahler dalla vita e dalla sinfonia. Ben altre ragioni la pongono al centro del
trittico in cui si consuma l'ultimo tratto dell'esperienza sinfonica di lui e del suo mondo. Se la
sinfonia è anche un mezzo di conoscenza di sé e del mondo (come per Mahler fu), nella Nona il
processo si concentra in un istante, dilatato a dismisura, che coincide non tanto con l'apparizione
della morte quanto con la coscienza dei limiti della sua rappresentabilità. Dove ciò che conta non è
che lo stesso Mahler, già stanco, malato e ossessionato dall'idea che la morte lo incalzasse, si
sentisse ormai alle soglie della fine, bensì è la sua volontà di superare quei limiti, che importa, per
cogliere e dare un senso alla visione della vita oltre la morte.
Da questo punto di vista, possiamo accettare la definizione di "trilogia della morte" che è stata
data dal musicologo Hans F. Redlich ai tre ultimi prodotti del sinfonismo di Mahler.4 Se consimile è
il clima emotivo, psicologico o sentimentale che fa da sfondo, ancora più evidenti sono i
riferimenti compositivi, tematici, che legano fra loro le tre partiture. Così, il motivo del contralto
che nell'"Addio" del Lied von der Erde chiudeva il ciclo sulla parola ripetuta "ewig" (eternamente),
riappare subito al principio della Nona, in veste ora strumentale, a tessere una nuova trama di
motivi; e i sospiri delle viole che "ersterbend" (spegnendosi), esalano l'ultimo soffio di vita nel
pianissimo che la conclude, si ripresentano, questa volta pregni di una nuova forza vitale, nel tema
delle viole che apre l'Andante della Decima Sinfonia.
Posta al centro di questa parabola intrecciata di citazioni, la Nona Sinfonia ne racchiude un
ampio tratto in forma musicalmente compiuta. Pur approfondendone i temi, Mahler si libera
sempre più del supporto extramusicale dei suoi lavori immediatamente precedenti alla ricerca di
una espressione nuovamente, e assolutamente, sinfonica: capace di divenire in se stessa
significativa e autosufficiente. La forma ritorna ai canonici quattro movimenti, ma ne altera, o
meglio trasfigura, le posizioni e le funzioni, per ricomporle in un nuovo ordine: l'Adagio è posposto
alla fine, al secondo posto sta lo Scherzo, al terzo il Rondò.

3
Per contrastare o ridimensionare gli eccessi HENRY-LOUIS DE LA GRANGE nel terzo volume della sua biografia (Mahler, 3
voll., London : Gollacz, 1974) mostra l’infondatezza di questa retorica informandoci minuziosamente sui progetti e
sulle attività di Mahler dell’estate 1909, dimostrando che il suo comportamento non era quello di chi aveva un piede
nella fossa.
4
HANS FERDINAND REDLICH, Bruckner and Mahler, London-New York, J. M. Dent and Sons-Farrar, Strauss and Cudahy,
1955 e ID., La Trilogia della morte di Mahler in “La Rassegna musicale”, A. 28, n. 3 (Set. 1958), pp. 177-86.
La struttura complessiva della Sinfonia si basa sull'equilibrio tra la forma ternaria e quella
binaria. 3 contro 2 costituisce una proporzione instabile e coerente, che si rifrange anche nei
moduli inferiori. Questo rapporto non è solo un principio formale, ma assolve, come vedremo, una
funzione poetica ben precisa. La Sinfonia è divisa in quattro movimenti: I Andante comodo - II «Im
Tempo eines gemächlichen Ländlers» (In tempo di un tranquillo Lädndler) - III Rondo-Burleske -
IV Adagio. I due movimenti centrali sono concepiti come un unico pannello: sommati equivalgono
in durata a ciascuno dei due movimenti esterni. Si delinea quindi una forma complessiva ad arco,
ripartita in 3 sezioni: 1 + (1 + 1) + 1.

Ascolto analitico della Sinfonia n. 9


https://www.youtube.com/watch?v=ah3mcaRpc9Q
Berlin Philharmonic Orchestra, Leonard Bernstein, conductor (live recording)

Primo movimento
Andante comodo, Mit Wut, Allegro risoluto, Leidenschaftlich, Tempo I Andante
(Andante comodo, Con rabbia, Allegro risoluto, Appassionato, Tempo I Andante)

Il primo movimento è forse la pagina tecnicamente più complessa e raffinata che Mahler abbia
mai composto. Non stupisce che un musicista estremamente sensibile alla costruzione formale
come Berg sia stato colpito così a fondo dall'Andante comodo. Mahler combina assieme, con
grandissima abilità, due principi della tecnica compositiva (lo sviluppo e la variazione) per
trasformarli. Il risultato è una forma che restituisce il senso di equilibrio architettonico
caratteristico della forma-sonata, mantenendo allo stesso tempo il sapore di un'estrema libertà
espressiva.
L’Andante comodo, infatti, va letto nel suo decorso formale ininterrotto. Il libero svolgimento è
dato dal dissolversi delle tradizionali strutture della forma sonata e della variazione. A questo
grado di libertà Mahler non era mai giunto. L’ascoltatore è coinvolto in una sorta di “flusso della
coscienza”, in un discorso liberissimo e interiorizzato ed è portato a seguirne la logica interna
senza più fare affidamento sulle categorie note. Le lacerazioni formali segnate da “crolli” e
irruzioni appaiono in questo contesto rarefatto e disgregato non meno dolorose , ma in qualche
modo meno violente perché coinvolte nel clima di mestissima lontananza e dello “stile musicale
del dissolvimento”.

“Esposizione” bb. 1-107 (fino cioè al segno di ritornello poi cancellato)


Un altro aspetto molto interessante della tecnica compositiva dell'ultimo Mahler è messo in luce
dal modo in cui sono organizzate le battute iniziali. La breve introduzione, sei battute in tutto (bb.
1-26) sembra insignificante, un semplice mormorio dell'orchestra, come se la musica si risvegliasse
lentamente da un sogno. In realtà Mahler accumula uno dopo l'altro gli elementi essenziali, sui
quali costruisce l'intero movimento:
1 – elemento ritmico di tre note ribattute (semiminima puntata, croma, minima) (b. 1: violoncelli +
corni)
2 – elemento melodico FA# LA SI LA (b. 3: arpa)
3 – elemento melodico LA RE DO# FA# SI (b. 4: corno)
4 – cellula melodica di seconda maggiore discendente FA# MI (b. 6: violini secondi)

La musica di Mahler procede quasi sempre per gesti, segnali, citazioni. Il primo di questi segnali,
che costruisce anche il punto di partenza della Sinfonia (elemento ritmico di tre note ribattute) è la
citazione del «tema della morte» dell'Ottava Sinfonia di Bruckner. Alla quarta battuta sul tema di
cinque note, nel 1918 il direttore d'orchestra olandese Willem Mengelberg, persona vissuta a
diretto contatto con Mahler, annotò sulla sua partitura della Nona «Thema Liebe», tema
dell'amore. Alla sesta battuta, in levare, i secondi violini aggiungono l'elemento decisivo,
l'intervallo discendente di seconda che costituisce il vero asse melodico e armonico di tutta la
Sinfonia. Il tono intero discendente è un vocabolo musicale molto preciso nel linguaggio
dell'autore, sempre associato all'idea di abbandono e di distacco. L'intervallo, protagonista anche
dell'Adagietto della Quinta e dello Abschied di Das Lied von der Erde,5 compare per la prima volta
in Mahler nel quinto dei cinque Rückert-Lieder per voce e orchestra, «Ich bin der Welt abhanden
gekommen» ("Ormai non mi ha più il mondo, mi ha perduto").
Il mondo sinfonico di Mahler è costituito da una fitta rete di associazioni e di rimandi con la
propria musica. In Mahler occorre parlare di metamorfosi, più che di sviluppo, perché attraverso
la trasformazione continua di piccoli elementi si conforma in modo nuovo la figura musicale.
Alcune figure-segnale sono distribuite lungo il percorso per articolare la forma secondo il progetto
poetico dell'insieme. Dopo quello dell'amore ascoltato all'inizio, il più importante di tali richiami è
il «tema del destino» (o del presago di morte), che risuona in un disegno discendente dei corni
che appare per la prima volta alla nona battuta (FA# MI RE). Il motivo si ripresenta varie volte (ad
esempio poche battute dopo l'inizio dello sviluppo, nel clima tragico stabilito dall'improvvisa
modulazione a Mi bemolle minore) sempre in relazione alla struttura della forma sonata,
indicando così un percorso poetico ben preciso. Alcuni elementi che nell'introduzione erano
oggetti quasi neutri e privi d'espressione (un ritmo di tre note ribattute e una figura melodica
dell'arpa), si ritroveranno calati in dimensioni specifiche volta a volta diverse, determinate dal
contesto.
Le prime battute appena descritte possono suscitare l’impressione di un gesto introduttivo ma
non hanno l’ampiezza né i caratteri di una introduzione intesa come sezione a sé stante. Esse sono
l’esempio della natura rarefatta e disgregata del linguaggio della Nona dove la musica sembra
uscire a fatica da una condizione amorfa. Inizia presentando materiali frantumati, ognuno
individuato da un timbro diverso. Dopo la seconda maggiore discendente data dai violini secondi
sembra profilarsi un gesto melodico, subito interrotto per essere poi ripreso in forma nuova dai
violini primi che danno vita a una melodia di otto battute (bb. 18-25 - min 1,26) dalla semplice
articolazione simmetrica: è il primo tema, detto così in termini riduttivi, perché non è “esposto”
ma nasce dall’aggregazione e variazione di alcuni morivi in continuo divenire.
Ad esso si contrappone subito (bb. 27-46 - min. 2,05), con netto contrasto, un altro tema agitato
in re minore. Nel nuovo gesto concitato prevalgono intervalli di maggiore ampiezza ed è il secondo
tema. Segue nuova variante del primo tema (p. 6, b. 47 - min 3,29 ) e a min 5,30 b. 80 una

5
Si è detto più volte che la Nona comincia là dove finisce il Lied von der Erde: il che è vero alla lettera poiché l’ultima
parola di Das Abschied “ewig” è il punto di partenza della Sinfonia successiva.
variante del tema in tonalità minore (secondo tema) che sfocia in una nuova idea, da intendersi
come terzo tema o variante di un motivo del secondo tema che conclude l’”esposizione”.

Si è parlato di una esposizione tra virgolette (così come si è parlato delle battute iniziali più che
di una vera introduzione) perché tutta la sezione che va fino a b. 107 non può esser considerata la
chiara enunciazione di un materiale tematico destinato poi all’elaborazione. Il primo non è un vero
e proprio tema dal momento che non conosce una forma individuabile come definitiva. Le diverse
versioni melodiche della prima idea, infatti, presentano una sorta di svolgimento continuo e
possono anche combinarsi insieme o incrociarsi in un polifonia singolarissima, che rende
impossibile seguire con chiarezza le singole linee legate a un’origine comune. Connotazioni un po’
più definite ha il secondo gruppo tematico legato al primo da affinità percepibili pur assumendo
nei suoi confronti una funzione di contrasto. Anche il loro rapporto è singolare, nonostante
l’evidenza del dualismo maggiore-minore, secondo una felice immagine di Adorno, fanno quasi
l’impressione di essere delle derivazioni contrapposte da un’unica matrice sottintesa.
Il divenire, insorgere e svanire degli eventi musicali presenta una complessità che mal si presta a
offrire schematici punti di orientamento, riferibili ad uno schema familiare. Per questo le analisi
prodotte di questo movimento non concordano sugli schemi di riferimento. Si è parlato di uno
sviluppo in cinque parti (proposta analitica di Erwin Ratz6) e di una sorta di ripresa assai libera e
fortemente variata. Secondo la proposta di Ratz lo “sviluppo” consterebbe di cinque sezioni,
ovvero, da p. 16 in poi:
- 1 bb. 108-147
- 2. bb. 148-203
- 3. bb. 204-266
- 4. bb. 267-313
- 5. bb. 314-346
MA il decorso del pezzo si può anche semplicemente osservare come un succedersi e intrecciarsi
di sempre nuove varianti delle due idee principali.
Alle bb. 104-110 un trillo del timpano costituisce l’elemento di tensione che collega le due
sezioni. L’inizio dello sviluppo (da b. 108 - min. 6,44 ) segna un cambio di atmosfera, cupa con
materiale dell’introduzione trasferito in nuove colorazioni timbriche: l’elemento ritmico nei corni;
il frammento melodico dell’arpa nei timpani e nei corni; il tono discendente nei corni con sordina.
L’aggancio ai materiali introduttivi è seguito da una riproposizione del secondo gruppo tematico
(min. 8,27) e da una poeticissima variazione del primo tema (da b. 148 - min 9,25). Il clima di
mestizia è spezzato Mit Wut (con rabbia) (da b. 174 p. 23 min 10,54) da segnali degli ottoni e dal
motivo teso del secondo gruppo tematico (da cui si genera il terzo tema) su cui si erge un
crescendo verso il punto culminante e successivo crollo (min 11,58).
Da p. 28 Leidenschaftlich (appassionatamente) (b. 211 min 12,23) come reazione alla
frammentazione e al crollo, riprende il secondo tema concitato in minore e si determina una
nuova crescita di tensione con grande intensità che procede e si gonfia emotivamente per placarsi
in una frammentazione di elementi – molto evidente risulta in questo passaggio il motivo

6ERWIN RATZ, Le problème de la forme chez Gustav Mahler: une analyse du premier mouvement de la 9. Symphonie, in
«Analyse musicale : la musique et nous » : revue publiée sous l'égide de la Société Française d'Analyse Musicale , A. 4,
n. 11 (1988), pp. 71-7
cromatico discendente dei tromboni con sordina e subito dopo in una straordinaria pagina (p. 30
b. 254) Schattenhaft (indistinto fantomatico) che precede il ritorno del primo tema (min 15,08). Si
tratta della variante più struggente del primo tema (b. 267 - min 15,43): a questo punto Mahler
sentì ancora il bisogno di un chiarimento extramusicale, annotando in margine sul manoscritto: “O
giovinezza scomparsa! O amore! Svanito”. Questo cedimento, di lui così tipico, rimase un appunto
privato e scomparve ben presto dalla partitura per il semplice fatto che era divenuto cifra e segno
musicale nell'indicazione espressiva relativa a quel passo: «zart gesungen, aber sehr
hervortretend» (ossia: teneramente cantato, ma molto distinto).
L'irruzione di questo pensiero della morte radicato nella vita segna una svolta nel percorso
della Sinfonia, che fino a quel momento si era dipanato in una piana, fluente cantabilità, in
un'atmosfera nobilmente distesa e appena increspata dalla nostalgia. Da b. 285 – min 16,52 -
riappare un clima più concitato: motivi del secondo tema che conducono a un crescendo e ad un
perentoria affermazione del terzo tema poi a un nuovo punto culminante a b. 308 con
catastrofico CROLLO min 18,08 con ottoni che scandiscono il ritmo fatale delle prime battute (min
18,21). La spaventosa tensione accumulata nello sviluppo qui raggiunge l'apice con l'esplosione del
ritmo di tre note, suonato "alla massima forza" da tromboni e tuba, la cui sonorità allude per
tradizione al mondo soprannaturale. Corni, controfagotto e contrabbassi contrappongono al Do
degli ottoni un Fa diesis, da cui scaturisce un urto di tritono, l'intervallo più dissonante del sistema
tonale. È il passo citato nella lettera di Berg che non dimenticò l’idea di far uso di un ricorrente
tema ritmico.
Dopo la conflagrazione, avviene un fatto inaudito. Da b. 327 (min 18,44) si ha una prima reazione
alla catastrofe – «Wie sin schwerer Kondukt», come un solenne corteo funebre, è indicato in
partitura. Mahler crea un episodio che sembra la mimesi sonora di un autentico corteo e introduce
un elemento di realismo nel cuore della Sinfonia. Nella percezione del pubblico il motivo delle
trombe sfila attraverso lo spazio, come se provenisse da una banda di palcoscenico, sfruttando la
dinamica (f-ff-f) e l'armonia (Do maggiore - Si maggiore - Re maggiore). Il coup de
théàtre costituisce uno strappo alla logica formale della Sinfonia.
L'irruzione della Marcia Funebre rappresenta un elemento volgare dal punto di vista estetico. Si
tratta di una marcetta con fanfara delle occasioni ufficiali – sul ritmo scandito dai timpani – con
risposte dei legni e con l’eco della cellula di tono discendente e sue varianti – Sono i “suoni
cavallereschi” e l’immagine de“la morte che avanza in armatura” descritti da Berg nella citata
lettera. L’immagine allucinata viene ulteriormente declinata nelle due fasi successive: un motivo
discendente drammatico dei violini senza sordina (bb 327-336) e la figura sospensiva delle viole
che accompagna il riverberarsi del tono discendente (enfasi sulla figura bb. 337-346)
Da b. 347 (min. 19,59) la “ripresa” del primo tema così collocata e liberamente trasformata non
contraddice il decorso formale ininterrotto, ma assume un significato drammatico di ben altra
intensità dopo un simile episodio. Seguono nella ripresa poche impennate del secondo tema
(quattro battute in tutto, b. 372-5 - min 21.32).
Questo accenno (bb. 376-390 - min 21,47) sfocia nell’episodio “misterioso” che inizia
“improvvisamente molto più lento e leggero”. È una sorta di liberissima cadenza, un duetto tra il
flauto e il corno che dà luogo a un pannello contrastante. Questa pagina. Molto cara ad Adorno,
stupisce per la sovrapposizione di disegni del tutto indipendenti, come arabeschi che nella
scrittura sono accostabili al primo Schönberg atonale.
Da b. 391 - min 22,47 riprende il secondo tema che prosegue per un po’. Viene riproposta (b. 398
- min 23,19) la figura discendente dei corni e da b. 406 (min. 23,38) inizia uno spegnimento
repentino e una fase di congedo molto rarefatto che conduce alla conclusione del movimento.
Sull’impalpabile sonorità di un re acuto in pianissimo degli archi, dell’arpa (suono armonico) e
dell’ottavino. Qui la smaterializzazione , la prossimità al silenzio appaiono simili all’immagine di
perdere la voce, dell’ammutolire.

I due movimenti centrali offrono un netto contrasto rispetto ai movimenti estremi. Mahler
rappresenta in questi due pannelli il mondo degli uomini. L'opposizione natura-civiltà è un tratto
caratteristico del pensiero di Mahler, fin dalla giovinezza. Aveva scritto a Joseph Steiner nel 1879:

Se l'odioso potere della nostra moderna ipocrisia e menzogna mi ha condotto al punto di


disprezzare me stesso, se il rapporto tra vita e arte, che in noi mai si interrompe, ha fatto
sì che io provi disgusto per tutto ciò che mi è sacro, arte, amore, religione, non esiste
altra scelta che l'autodistruzione.

Poi la lettera prosegue in un'altra direzione: «il mio riso beffardo si scioglie in pianto d'amore. E
devo amarlo questo mondo con i suoi inganni e la sua superficialità e con il suo eterno ridere».
La frattura tra l'Io e il mondo non si ricompose mai in Mahler. Malgrado la posizione sociale e la
stima della parte più aperta del pubblico, Mahler sentiva di non essere accettato fino in fondo a
Vienna, in quanto ebreo e in quanto artista. Il senso di sradicamento, di separazione dalla società,
trova in questo doppio pannello della Nona una tragicomica raffigurazione.

Secondo movimento - min 27, 91


Im Tempo eines gemachlichen Ländlers, Etwas täppisch und sehr derb
(In tempo di un tranquillo Ländler, Un po' goffo e molto rude)

Per il secondo movimento nell’abbozzo della partitura Mahler aveva indicato in un primo
momento la denominazione «Scherzo», poi l’aveva cancellata, verosimilmente per l’andamento
molto moderato del pezzo sostituendola con quella di «Menuetto infinito». Nella stesura definitiva
(che introduce profonde modificazioni rispetto alla stesura dell’abbozzo) non c’è nessun titolo e
l’indicazione è «Nel tempo di un tranquillo Ländler. Un po' goffo e molto rude»
Il "comodo Ländler" dev'essere «un po' goffo e molto grossolano». Il tono intero discendente,
sebbene mascherato in modo lezioso dal trillo, costituisce la risposta degli strumenti a fiato alle
viole e ai fagotti, che scandiscono la danza rustica. Il sentimento della nostalgia si salda in questo
modo al carattere volgare della danza. Mahler è il primo autore a trasfigurare il Valzer in una
grande metafora poetica. Le 621 battute che costituiscono il movimento sono forse il primo
esempio dell'identificazione del Valzer con la civiltà viennese, alla stregua del Rosenkavalierdi
Strauss o della Valse di Ravel.
La struttura formale è composta da tre elementi:
- la danza rustica in Do maggiore, un Ländler di andamento molto moderato (A)
- un tempo di Valzer più mosso, tonalmente instabile, di energia demoniaca (B)
- un Valzer lento di carattere dolce e languido in fa maggiore, che può essere visto come un nuovo
Ländler il cui ostentato indugiare sembra quasi visto al rallentatore (C)
Lo schema del succedersi di queste idee e delle loro varianti è: A B C B’ C’ A’ B” A” . I
collegamenti tra una sezione e l’altra e le varianti che caratterizzano ogni “ritorno” offrono infinite
sorprese. In questo movimento diventa particolarmente evidente la tecnica di Mahler
del collage musicale. La nozione di montaggio fu proposta da Adorno per le asimmetrie e la
frammentazione, per le “irregolarità” che subito sottraggono il Ländler iniziale all’illusoria
apparenza di semplicità rustica (e che hanno indotto Schnebel a proporre la suggestiva immagine
di “rovine messe assieme nella composizione”). Ed è un montaggio che suggerisce un effetto di
distorsione, di un macabro gioco di irregolare decomposizione e ricomposizione degli elementi.
Tra le pagine di Mahler riferibili ad andamenti di danza questa occupa un posto a sé per la cupa
ironia, gli accenti a tratti spettrali, quasi da danza macabra, i gesti ossessivamente, pesantemente
bloccati oppure di forzata irruenza.
Ma la stessa nozione di montaggio si potrebbe estendere all’insieme del pezzo, per l’evidenza
perfino brutale dei contrasti tra le idee principali, per il modo in cui si collegano e trasformano,
quasi in un accumularsi di frammenti che alla fine si dissolve in un pianissimo spettrale. Il Valzer -
per fornire un esempio - alla sua terza e ultima apparizione, B”, dà vita anche ad un vero e proprio
sviluppo di singolare densità e complessità, oltre che di demoniaca tensione.
Il processo di frammentazione si nota particolarmente nella condotta dinamica. Mahler usa la
dinamica secondo una logica spesso indipendente dal fraseggio, in modo quasi espressionista. Una
melodia, per esempio, comincia in primo piano per poi diminuire bruscamente di volume a metà
della frase, come se dall'oceano della memoria affiorassero relitti destinati a scomparire subito nel
nulla. Mahler ottiene effetti espressivi, senza ricorrere a violenti contrasti timbrici. Echi, ripetizioni,
richiami risuonano all'improvviso come lampi nella notte aumentando il senso di straniamento.
L'ossessiva insistenza rende le immagini inquietanti, il trillo deforma la melodia in un orpello
osceno. Il culmine della tragica pantomima è raggiunto all'inizio dell'ultima sezione, dove la grazia
sensuale della danza si trasforma in brutalità quasi animalesca. I violini, come prostitute
imbellettate, lanciano striduli arpeggi sopra lo zum-pa-pa degli ottoni e il tutto sfocia nella
grottesca parodia di un'orchestrina da ballo. Non v'è dubbio che Alban Berg abbia visto in questa
pagina un modello per la scena nella taverna di Wozzeck.

Terzo movimento - min. 43,41


Rondò - Burleska, Allegro assai, Sehr trotzig - Adagio
(Rondò - Burleska, Allegro assai, Molto ostinato – Adagio)

Il terzo movimento prosegue su un altro piano i caratteri di umorismo disperato del secondo
tempo. Per il Rondo-Burleske successivo Mahler adotta una soluzione formale più complessa, con
una scrittura che sfiora a tratti il caos, ottenuto per accumulazione di linee contrappuntistiche. Lo
stile di scrittura è contrappuntistico. Ma, per esser più precisi, la musica è la parodia di un
contrappunto severo. «Sehr trotzig», molto cocciuto, è l'indicazione del movimento. Secondo
l'opinione di Mengelberg, il movimento esprime gli inutili sforzi dell'uomo di fronte all'eternità
della morte. L'ironia, nascendo dalla comprensione della distanza irriducibile tra l'uomo e il
mondo, è un classico tema della cultura romantica, che Mahler accoglie in pieno.
L'umorismo consiste qui nel collegare l'arte del contrappunto, luogo delle regole per eccellenza,
con l'idea che le azioni umane siano durevoli. Questa pagina è considerata il vertice della
complessità polifonica nell’opera di Mahler: un esempio di virtuosismo compositivo che, come
osserva Adorno, non ha nulla dell’autocompiacimento, ponendosi interamente sotto il segno
dell’assurdo, vertiginoso, inutile vorticare.
Pur nella densità della scrittura, che in vari modi rende meno schematica la forma di rondò di
questo pezzo, si può riconoscere la tipica alternanza di refrain ed episodi. Il refrain, però, è una
estesa sezione che occupa le prime 109 battute e ritorna (variata) due volte (bb. 180-251 e bb.
522-626). Include anche momenti di scrittura rigorosa e severa , fugati (ad esempio b. 79 e 209)
dove l’impegno della tecnica contrappuntistica sembra stridente a contatto con la brutalità
aggressiva dei materiali.
Il mondo della tecnica appare subito deformato. La tromba scandisce all'inizio un motto, ma
compie un'entrata sbagliata dal punto di vista tonale, perché cade sull'intervallo dissonante di
quinta diminuita. La tonalità di La minore si afferma solo alla settima battuta, con l'esposizione
corretta della testa del tema. Il concatenarsi irrazionale delle entrate crea la sensazione di un
accumulo caotico di elementi; segue una banale Marcetta, costruita su frasi di otto misure, che
fluttua in una sorta di eterea armonia. La memoria della musica militare è uno degli elementi più
caratteristici del linguaggio di Mahler, che associava il suono delle bande ai ricordi infantili di
Jihlava e della caserma di fianco alla casa dei genitori. Alla fine del Rondò si apre all'improvviso una
parentesi. Mahler spalanca le finestre su un panorama di pace e nel Corale compare una figura
musicale, un gruppetto, che diventerà l'elemento fondamentale dell'Adagio. La transizione
al Burleske conclusivo avviene gradualmente, in dissolvenza incrociata, a partire da una caustica
figura graffiata dai clarinetti. Il ritmo squadrato del tema prende consistenza, fino a riportare il
movimento nell'alveo del suo carattere percussivo, che si tramuta alla fine in un'orgia sfrenata
d'impeto selvaggio.

Quarto movimento – min 55,50


Adagio. Sehr langsam und noch zurückhalten
(Adagio. Molto lento e ancora ritenuto)

Nell'Adagio, siamo ora trasportati in un'altra dimensione. La concezione formale di questo


movimento è certamente più vicina alla tradizione rispetto a quella del primo. Ma nel suo rifiuto
dell’apoteosi esso si inserisce con perfetta coerenza nel disegno della Nona stabilendo una sorta di
corrispondenza con l’Andante, grazie all’andamento lento e alla rinuncia alla compattezza
conclusiva: dopo percorsi diversissimi, entrambi i pezzi si chiudono con un processo di
dissolvimento, in un clima sospeso e interrogativo, alle soglie del silenzio. Le ultime note
dell’Adagio sembrano quasi suoni isolati che svaniscono nel nulla.
Il salto ascendente di ottava dei violini all'inizio proviene direttamente dalla Coda del primo
movimento (episodio del flauto solo) ma ha ben altro slancio e consapevolezza; la spinta verso
l'alto sembra trasferire simbolicamente tutto ciò che è stato in una regione di assoluta purezza, di
statica fissità: qualcosa di limpido e di desolato insieme. L'indicazione di tempo, «sehr langsam
und noch zurückhaltend» (molto lento e ancora trattenendo), abolisce fin dal principio ogni idea di
movimento e di divenire: la tendenza alla dilatazione è portata fino all'estremo, ma si realizza per
così dire nello spazio, non nel tempo.
Ed è un cammino che sale verso i registri più acuti degli strumenti, rarefacendosi e
assottigliandosi; ma mantenendo e anzi accrescendo la forza di un immenso pathos quanto più
rinuncia alla dovizia dei mezzi finora impiegati. La nobile semplicità della scrittura, nell'esordio
degna di un quartettista - dove un semplice gruppetto di quattro note, un convenzionale
abbellimento, è sufficiente per sciogliere la commozione -, è naturalmente solo apparente: ma è il
risultato di una riduzione all'essenza che si ricollega a ideali classici, di una classicità non ancora
neoclassica e forse non classificabile.
Lo stesso trattamento dei motivi in una variazione ininterrotta, in una sempre più arcaica e
distante mescolanza di contrappunto lineare bachiano e di armonie cromatiche stranamente
consonanti, tende a un culmine che non arriva perché non esiste più; e tutto, perfino la
desolazione e la rassegnazione che via via s'insinuano nelle vertigini del ripiegamento interiore, si
scarnifica per sublimarsi nella realtà superiore di una irreversibile quiete.
Il gesto iniziale (bb. 1-2) sembra un omaggio a Bruckner, con l’espressività estatica del gruppetto
destinato a diventare un elemento importante nell’innodica solennità del primo tema,
caratterizzato da una grande compattezza della scrittura (bb. 3-10) di cui il gruppetto diventerà il
contrappunto. Le ascendenze bruckneriane non si arrestano alle prime battute ma riguardano
tutto il primo tema e alcuni aspetti del lentissimo, dilatato svolgimento del pezzo, dove l’idea
principale sembra crescere su se stessa attraverso varianti sempre più intense, in una sorta di
percorso ascensionale. L’arcata formale in effetti può essere suddivisa in quattro parti, quante
sono cioè le fasi del percorso ascensionale dell’idea principale verso il punto culminante di
massima luminosità con cui essa si affermerà dalla b. 126:
1. bb. 1-48
2. bb. 49-87
3. bb. 88-125
4. bb. 126 alla fine
La staticità di questo svolgimento è corretta dalla presenza di una seconda idea in minore che
stabilisce un contrasto con la prima per via della scrittura estremamente rarefatta. Questa
seconda idea viene genialmente anticipata alle bb. 11-12 (min. 57,44), nel corso della
presentazione del tema principale. Questa anticipazione si presenta nei fagotti come uno
svuotamento improvviso della scrittura, che contrasta con la compattezza precedente e si avvia a
definire col pedale del primo violino una prima polarizzazione di registro acuto-grave col vuoto in
mezzo, caratteristica del secondo tema, sia nella sua esposizione integrale (da b. 28 – min 1,00,04)
sia nelle varianti successive, specialmente dalla b. 88, dove, secondo Adorno si svela l’affinità con il
Lied von der Erde nel tipo di sonorità e di scrittura. Subito dopo, a b. 13 min. 58 riprende il primo
tema.
Nella seconda parte del percorso ascensionale (bb. 49-87 – min 1,02,12) sono inglobate citazioni
dall’episodio lento del Rondo-Burleske (da b. 73); segue poi (b. 88 – min 1,08,00) il ritorno variato
del secondo tema in minore.
Nella terza parte (da b. 108 - min 1,09,32) si inserisce anche uno struggente richiamo al quarto
dei KIndertotenlieder (cfr. bb. 110-111 con le bb. 41-42 del Lied «Oft denk’ich» e poco oltre (da b.
118) un’altra citazione dal terzo episodio del Rondo-Burleske.
Il punto culminante raggiunto nella quarta sezione dell’Adagio (da b. 126) non ne costituisca la
conclusone, come si preannunciava già quando la pienezza sonora delle prime battute del tema
principale andava a sfociare di colpo nel vuoto di un semplice RE alla b. 11 (dove subito dopo il
fagotto anticipa la rarefatta seconda idea ). I vuoti, le zone aeree sospese che si aprono nel
decorso dell’Adagio si inverano nella sezione conclusiva , dove il tema principale, aggiunto il
culmine di intensità è sottoposto a un processo di progressiva dissociazione ed assottigliamento.
Punto d’arrivo è un pianissimo di infinita dolcezza, una disgregazione e rarefazione tesa alle
soglie del silenzio. Frammenti isolati definiscono un congedo in una chiusa quasi “aperta”,
esitante. A battuta 153 Mahler scrive la parola “ersterbend” in tedesco mentre fino allora aveva
usato l'italiano "morendo". Nella musica di Mahler il termine esterbend compare altre due volte:
nel I movimento della Seconda Sinfonia, dove si parla di luce primordiale, e nel finale del Canto
della terra. La trasfigurazione musicale raggiunge nella coda del movimento la più assoluta
trasparenza, con un incredibile svuotamento e alleggerimento progressivo, per arrivare a un
massimo di concentrazione espressiva con il minimo di materia possibile. Nelle battute finali
dell'Adagio si mormora un'ultima citazione strumentale dai Kindertotenlieder: "Im Sonnenschein!
Der Tag ist schön auf jenen Hòh'n!" ("in pieno sole! La giornata è bella su quelle alture"). L'addio
alla vita è dunque nostalgia del calore e della luce. «Con intimo sentimento» (mit inniger
Empfindung), indica la partitura. Nell'attesa dell'attimo in cui il cuore cesserà per sempre di
battere, il limite invalicabile si annebbia e i confini della coscienza divengono onnicomprensivi.
L'armonia si ricompone, infine, nella nuda semplicità dell'accordo di Re bemolle. Rimane, a
increspare la perfezione immobile dell'ultimo accordo, un alito di vita, il lento battito del
gruppetto, prima che il suono scompaia per sempre nel nulla. La morte, così esorcizzata, non fa più
paura. Ma la possibilità di conoscere rimane un'utopia.
La conclusione sembra prefigurare da lontano quella della Lyrische Suite di Berg, che davvero si
spegne nel silenzio, n un situazione aperta, che non conclude. Oltre a Berg queste ultime pagine
colpirono anche Webern, che in una lettera a Schönberg del 12 luglio 1912 scrisse:

L’ultimo tempo è un vastissimo Adagio, che propriamente non si conclude; sempre più
lento, sempre più ampio, sempre più tenero, senza fine.

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