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Questa tesi ha l’obiettivo di analizzare l’evoluzione della sonata per chitarra durante il “secolo breve”, in

particolar modo attraverso lo studio e la contrapposizione di due opere molto importanti, complesse e
diverse tra loro; ovvero la “Sonata Para Guitarra” di Antonio Josè e la “Sonata n.1” di Dusan Bogdanovic.

LA SONATA: BREVE EXCURSUS STORICO

Il termine “sonata”, nella storia della musica, ha subito un’evoluzione costante ed è stato progressivamente
utilizzato per indicare composizioni strumentali tra loro differenti.

Inizialmente fu indicato semplicemente per distinguere composizioni strumentali da quelle eseguite tramite
l’uso della voce, ovvero le cantate, mentre nel periodo barocco assistiamo alla sua definizione come genere
specifico, con un suo utilizzo prevalente in composizioni di carattere cameristico o liturgico, con organici e
strutture via via differenti.

Nel Settecento, con il classicismo, la sonata andò ancora sviluppandosi: si passò da due a tre e infine a
quattro movimenti. Quest’ultima struttura divenne quella più consolidata e standardizzata, con regole più
determinate sia nell’ordine che nella forma dei vari movimenti; nacque il concetto di “forma-sonata”,
proprio del primo movimento, che con la sua tripartizione in esposizione, sviluppo e ripresa, innalzò
ulteriormente il processo di enunciazione ed elaborazione del materiale tematico (ovvero di una melodia
fondamentale).

Sebbene ampliata e modificata, e nonostante avesse perso la centralità negli orizzonti dei compositori di
quel periodo, la forma-sonata continuò ad essere adoperata nell’Ottocento, ma con più ampia libertà e una
maggiore importanza data ai procedimenti di elaborazione del tema. La sonata arrivò dunque, negli ultimi
decenni del secolo, ad essere definita come ciclo evolvente, ossia che facente derivare tutti i temi dei vari
movimenti da un unico motivo germinale.

Nelle correnti modernistiche Novecentesche la sonata si è poi tendenzialmente discostata dallo schema
classico-romantico, diventando una forma più allargata e assumendo fisionomie multiformi e proprie dei
diversi compositori, anche se alcuni di essi, soprattutto nei primi anni del secolo, continuarono ad avere
stretti legami con la sonata tradizionale.

La sonata, dunque, come forma e come concezione, ha dimostrato una straordinaria capacità di
adattamento nel corso dei secoli, riflettendo i cambiamenti nella tecnica compositiva, nello stile, nella
cultura e nella società. Da semplici pezzi strumentali a complesse opere che esplorano profonde questioni
filosofiche ed emotive, la sonata rimane una testimonianza della creatività umana e un pilastro della
letteratura musicale. La sua evoluzione continua a influenzare i compositori contemporanei, dimostrando
che, nonostante i suoi umili inizi, la sonata è capace di adattarsi e di prosperare in un'ampia varietà di
contesti musicali.
LA SONATA PER CHITARRA NEL XX SECOLO

Così come per altri strumenti, la sonata per chitarra ha vissuto una notevole evoluzione nel corso del XX
secolo, riflettendo i cambiamenti estetici, tecnici e culturali del periodo. All'inizio del Novecento, la chitarra
stava ancora cercando il suo posto nel contesto della musica classica, spesso considerata uno strumento più
adatto al repertorio popolare o folkloristico. Tuttavia, alcuni compositori iniziarono a esplorare le
potenzialità della chitarra, scrivendo opere che sfruttavano le sue uniche qualità timbriche e le possibilità
espressive. Questo fenomeno prese spinta ed enfasi soprattutto grazie al grande Andrés Segovia, che
convinse molti compositori, anche non chitarristi, a comporre nuove opere per chitarra, tra queste nuove
composizioni figurano naturalmente molte sonate, che furono dedicate al virtuoso spagnolo da nomi come
Mario Castelnuovo-Tedesco, Joaquin Turina, Federico Moreno-Torroba, Joaquin Rodrigo e Manuel Maria
Ponce. Questi compositori furono tutti più o meno ancora legati alla concezione più classico-romantica della
sonata. Dopo di essi ovviamente il repertorio chitarristico continuò ad arricchirsi di sonate composte da
autori provenienti da tutta Europa e non solo, molti delle quali subirono l’influsso delle nuove avanguardie
del Novecento, oltre a discostarsi in maniera più marcata dalla tradizionale idea di sonata. Compositori tra
cui Leo Brouwer, Alberto Ginastera, Dusan Bogdanovic e Angelo Gilardino, elevarono le loro sonate ad
esemplificazione e concentrazione del loro pensiero e della loro concezione musicale.

Antonio José Martínez Palacios, più comunemente noto come Antonio José, nacque a Burgos nel 1902.
Figlio di modesti artiginani, compì la sua formazione musicale all’interno dell’ambiente gesuita dove emerse
subito come Enfant Prodige, riusci succesivamente tramite due due borse di studio a soggiornare dapprima
a Madrid, dove completò la sua formazione, e successivamente per due volte a Parigi, dove ebbe modo di
venire a contatto con le massime realtà culturali e musicali europee di quegli anni. Di ritorno da Parigi e
dopo un breve periodo vissuto a Malaga, José fece ritorno nella città natale, dove rimarrà incastrato in un
ambiente certamente non degno sel suo talento e del suo spessore artistico; diresse dal 1929 la corale
cittadina, approfondendo e studiando in maniera rigorosa il repertorio folkloristico e sviluppando
inevitabilmente anche una solidarietà verso la dura esistenza delle popolazioni contadine, mentre
parallelamente continua a comporre, dando vita ad opere che generarono verso di lui grande
apprezzamento sia in Spagna che all’estero. Fu proprio questa compassione verso l’esistenza contadina,
interpretate in modo equivoco come una presa di posizione in campo politico (insieme probabilmente ad un
articolo di denuncia anonimo rvolto all’ambiente clericale, pubblicato su una rivista culturale da lui fondata)
a decretare la sua prematura fine; scoppiata la guerra civil, nell’ottobre del 1936 Antonio José fu infatti
fucilato dalla milizia franchista, che tolse dunque al mondo il musicista di cui Maurice Ravel profetizzò come
“il grande compositore spagnolo del nostro secolo”.

Fu proprio a causa della sua prematura scomparsa, dunque, che le opere di Antonio Josè rimasero per lungo
tempo nell’oblio senza incontrare la notorietà che certamente avrebbero meritato. È questo il caso della
Sonata Para Guitarra che, sebbene avrebbe potuto corrispondere egregiamente alle sue esigenze, non
giunse mai nelle mani di Segovia, e fu riscoperta e pubblicata solamente nel 1990, consacrandosi in poco
tempo a pietra miliare del repertorio chitarristico, elevandosi per imponenza e qualità. La struttura della
sonata è in quattro movimenti Allegro Moderato, Minueto, Pavana triste e Final). È da sottolineare il fatto
che, nonostante gli ampi studi condotti dal compositore rivolti al repertorio folkloristico spagnolo, l’opera
sia del tutto immune dal riferimento a questi ultimi e da ogni retaggio nazionalistico, fatto che difficilmente
si può notare nelle opere dei compositori “Segoviani” spagnoli.
La Sonata para Guitarra di Antonio José Martínez Palacios, più comunemente noto come Antonio José,
rappresenta un'opera significativa nel repertorio chitarristico del XX secolo. Composta nel 1933, questa
sonata è una delle ultime opere complete del compositore prima della sua prematura morte nel 1936,
durante le prime fasi della Guerra Civile Spagnola. La Sonata per chitarra si distingue per la sua ricchezza
melodica, armonica e strutturale, dimostrando l'abilità di Antonio José nel fondere elementi della musica
popolare spagnola con tecniche compositive avanzate.

La Sonata è divisa in quattro movimenti:

Allegro moderato: Questo movimento iniziale stabilisce subito un carattere energico e appassionato,
confluendo elementi ritmici e melodici che rimandano alla musica popolare spagnola. La struttura è
attentamente elaborata, con un uso efficace di temi e motivi che vengono sviluppati e trasformati nel corso
del movimento.

Minueto: Contrariamente alla tradizione, il Minueto qui assume un carattere più melanconico e riflessivo.
Caratterizzato da una melodia cantabile, questo movimento rivela la profondità emotiva della sonata,
inserendo un momento di calma tra i movimenti più energici.

Pavana triste: Questo terzo movimento è un omaggio alla forma della pavana, una danza rinascimentale
lenta e solenne. La Pavana triste è particolarmente espressiva, con una melodia che cattura un senso di
nostalgia e perdita. L'uso del cromatismo e delle dissonanze contribuisce a creare un'atmosfera
intensamente emotiva.
Final: Il movimento conclusivo ritorna a un clima più vivace e ritmico, richiamando l'energia del primo
movimento. Con una struttura che ricorda la rondo, il Final culmina in un climax brillante e tecnicamente
esigente, chiudendo la sonata con un senso di trionfo e liberazione.

Dal punto di vista tecnico e espressivo, la Sonata per chitarra di Antonio José richiede dal chitarrista un alto
livello di maestria. Attraverso questa opera, il compositore esplora profondamente le possibilità timbriche e
espressive dello strumento, spingendo i limiti della tecnica chitarristica dell'epoca. L'opera è ricca di
contrasti dinamici, cambi di tempo, e richiede una notevole abilità nel fraseggio e nell'articolazione per
catturare la vasta gamma emotiva della musica.

Nonostante la sua bellezza e complessità, la Sonata per chitarra di Antonio José non ha ottenuto
immediatamente il riconoscimento che merita nel repertorio chitarristico, in parte a causa della tragica
morte del compositore e delle turbolenze storiche in Spagna. Tuttavia, nel tempo, è stata riscoperta e oggi è
celebrata come una delle opere più significative per chitarra del XX secolo, ammirata sia per la sua
profondità espressiva che per la sua innovazione compositiva.

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