Sei sulla pagina 1di 1

Johann Sebastian Bach (1685-1750) non scrisse nessun brano per chitarra; nonostante ciò moltissime

trascrizioni delle sue opere occupano ormai un posto fisso all’interno del repertorio chitarristico.
Queste erano originariamente destinate ad uno degli “antenati” della chitarra, ovvero il liuto (il quale
all’epoca stava attraversando un periodo di declino) o forse ad uno strumento chiamato Lauten-Werck, che
era molto simile ad un clavicembalo, ma con corde di liuto.
Il trittico “Preludio, Fuga e Allegro BWV 998” è divenuto indubbiamente uno dei brani bachiani più eseguiti
dai chitarristi: alla canonica coppia formata dal preludio (cantabile e di natura improvvisatoria) e dalla fuga
(in forma ternaria e dalla scrittura rigorosa) si aggiunge, come una sorta di “coronamento”, un concitato
allegro finale.

Il compositore e pianista valenciano Vicente Asencio (1908-1979), si colloca all’interno della scuola
nazionale spagnola, che aveva visto tra i suoi fondatori i più conosciuti Albéniz, Granados e Falla.
Asencio, che non suonava la chitarra, si avvicinò a questo strumento grazie soprattutto al rapporto didattico
con Narciso Yepes, poi divenuto tra i più celebri chitarristi del ‘900.
La suite “Collectici Intim” si compone di cinque brani caratterizzati da un linguaggio tardo-impressionista di
matrice popolare: dei “quadretti” introspettivi che vanno a costituire una sorta di diario delle emozioni, con
il proposito di soddisfare uno degli obiettivi principali dei compositori valenciani appartenenti al “Grupo de
los Jóvenes”(alla stesura del cui manifesto Asencio contribuì direttamente), ovvero quello di “dare
espressione universale alle sottigliezze psicologiche e al mondo emozionale della nostra gente e dei nostri
paesaggi”.

Il vercellese Angelo Gilardino (1941-2022), è oggi considerato uno dei massimi esponenti del mondo
chitarristico mondiale.
Alla sua iniziale e affermata carriera di concertista, abbandonata nel 1981, sostituì quella di compositore,
ricercatore e didatta; dal 1997 al 2005 ha diretto la Fondazione Andrès Segovia di Linares, ritrovando e
diffondendo manoscritti di musiche per chitarra prima di allora sconosciute.
Dal punto di vista compositivo, fu autore di una vera e propria rivoluzione del linguaggio chitarristico; la
serie “Sessanta studi di virtuosità e trascendenza”, in particolare, è a tutti gli effetti considerata una pietra
miliare del repertorio chitarristico; Gilardino si discosta dall’impianto formale “rigido” dello studio,
considerandolo invece come una sorta di luogo di sperimentazione, dove i protagonisti diventano il colore e
il timbro in tutte le loro sfaccettature.
Il trittico “RED”, uno degli ultimi brani per chitarra sola del maestro piemontese, si ispira all’associazione
con il colore rosso, la quale, nel terzo movimento, oltre ad evocare la contrapposizione tra il drappo del
torero e il sangue del toro nelle arene delle corride, passa attraverso il “Lamento per la morte di Ignacio
Sànchez Mejìas” di Federico Garcia Lorca:

[…]Perché la pietra coglie semenze e nuvole,


scheletri d’allodole e lupi di penombre,
ma non dà suoni, né cristalli, né fuoco,
ma arene e arene e un’altra arena senza muri. […]

Potrebbero piacerti anche