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Uno dei pezzi più significativi e celebri dell’opera è “Possente spirto” nel terzo atto proprio a
metà dell’opera. Rappresenta la virtuosistica esibizione del mitico cantore Orfeo, teso a
commuovere Caronte che lo lascia poi entrare nel regno dei morti.
Questo brano solistico di Orfeo si configura come un’aria ancora però all’origine della sua storia.
L’aria è un brano cantabile e virtuosistico all’interno dell’opera, in cui il cantante esprime un
“affetto”, cioè un suo stato d’animo, un sentimento. Sarà la parte più seguita e apprezzata dal
pubblico.
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Il regale è un piccolo organetto con un solo registro ad ancia battente, privo di risuonatori (o con risuonatori corti),
usato tra il XV e il XVII secolo.
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La partitura presenta due parti di canto sovrapposte e una didascalia precisa: «Orfeo al suono del
Organo di legno, & un Chitarrone, canta una sola delle due parti». Le due parti vocali rivestono
due tipi di notazioni ritmiche differenti: la prima è in valori semplici (semibrevi, minime,
semiminime), l’altra in valori diminuiti molto virtuosistica («croma, biscroma treplicata»). La
prima voce presenta un modo di cantare detto cantar sodo, mentre la seconda propone le
diminuzioni, i passaggi e altri abbellimenti dei quali il virtuoso (senza dubbio Rasi) ornava il suo
canto al momento della prima rappresentazione mantovana.
In «Possente Spirto» il compositore impiega tre stili di canto, le più diverse forme di
accompagnamento e dei ritornelli con orchestrazione rinnovata, di una rara potenza espressiva.
Il testo comprende sei stanze, organizzate in cinque terzine seguite da una quartina conclusiva.
Il compositore ha ripartito simmetricamente queste sei stanze in due gruppi di tre. Le prime tre
esplorano lo stesso modo di canto (il cantar passeggiato) e il suo seguito di Ritornelli. Le ultime tre
vedono sparire i Ritornelli, e oppongono tre modi di canto (passeggiato, d’affetto, sodo) e tre
diversi tipi di accompagnamento. Il «cantar sodo» (che sarà tipico della scuola romana), è il cantare
in coro o comunque un canto semplice in cui i cantanti non hanno parti virtuosistiche; nel « cantar
d'affetto » (che sarà tipico della scuola napoletana) prevale l’espressività dei sentimenti; il «cantar
passeggiato» (che sarà tipico della scuola veneziana) punta invece su effetti solistici virtuosistici.
Le sei stanze sono poi costruite sullo stesso basso, e anche i tre Ritornelli poggiano su un basso
identico. In quest’aria Monteverdi unisce la voce solistica e gli strumenti a scopo espressivo. Gli
strumenti fioriscono la voce (in particolare nelle prime tre strofe si susseguono 2 violini, 2 cornetti,
2 arpe) e rendono maggiormente efficace la preghiera di Orfeo con una ricercatezza dimostrativa
che non ha riscontri. Qui si radunano le virtù estetiche e quelle comunicative e morali della musica:
l’ampio spiegamento di mezzi fonici le rappresenta e simboleggia acutamente.
Struttura
Stanza 1: «Possente Spirto» [cantar passeggiato]
Ritornello [8a]: Duoi violini
Stanza 2: «Non viv’io no» [cantar passeggiato]
Ritornello [8b]: Duoi cornetti
Stanza 3: «A lei volt’ho il cammin» [cantar passeggiato]
Ritornello [8c]: Arpa doppia
Stanza 4: «Orfeo son io» [cantar passeggiato]
Accompagnamento in trio: Violino, violino, basso da brazzo
Stanza 5: «O de le luci» [cantar d’affetto]
Accompagnamento: basso continuo solo
Stanza 6: «Sol tu nobile Dio» [cantar sodo]
Accompagnamento in modo di lira: tre Viole da braccio, & un contrabasso de Viola tocchi pian
piano.
La prima stanza ci rinvia alla nostra sfera umana. E’ accompagnata dai violini, strumento
emblematico di Orfeo, le cui volute verso il sovracuto figurano il «passaggio dell’anima verso
l’altra riva». La seconda evoca la morte e gli Inferi: quella di Euridice e quella, prossima, di Orfeo.
Allora si fanno sentire due strumenti infernali: due cornetti. La terza ci porta al Paradiso. L’arpa
diventa cetra, emblema dell’armonia universale. Per evocare la natura sovrumana del suo canto, la
voce di Orfeo si estende qui fino a coprire più di una dodicesima. Al centro della strofa su «tanta
bellezza» un vocalizzo vertiginoso discende da fa acuto al si bem. grave. All’inizio della quarta
stanza, Orfeo proferisce il suo nome, come se fosse caricato da una virtù magica. Tre parti di viole
da brazzo si fanno allora sentire e sono allusive alla sua lira. La quinta stanza, in cui Orfeo mescola
l’implorazione e il ricordo di Euridice, fa apparire un nuovo modo di cantare, usato per
l’espressione delle più forti passioni: il cantare d’affetto. L’ornamentazione virtuosa cessa, il
cantante sottolinea l’ampiezza del suo dolore con una pesante dissonanza quando esprime il suo
dolore, le sue «pene». Come ultima implorazione nella sesta stanza, Orfeo ricorre al canto più
semplice, il cantar sodo. Ma il canto è sostenuto dalla sua lira, figurato con le quattro parti degli
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archi che suonano accordi tenuti su valori lunghi, in modo di lira: «Furno sonate le altre parti da
tre Viole da braccio, & un contrabasso da Viola tocchi pian piano.» Il canto si conclude con un
ultimo ornamento (trillo) su «invan». Orfeo avrebbe già preso consapevolezza che, nonostante i
suoi sforzi sovrumani, il suo canto non ha toccato il cuore di Caronte?
TESTO