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Negli anni ’50 troviamo i primi laboratori che utilizzano metodi elettronici.

A Parigi si sviluppa la musica concreta che rielabora materiali


preesistenti, con Schaeffer ed Henri, mentre a Colonia nasce la musica
elettronica. Nel 55 nasce invece lo Studio di Fonologia Musicale di
Milano, ad opera di Berio e Maderna. La musica concreta si basa sulla
registrazione su nastro magnetico di suoni ambientali da usare come
materiale creativo, da rielaborare e modificare, in contrapposizione alla
musica “astratta” ovvero quella tradizionale. L’opera di nascita viene
considerata l’Étude aut chemis de fer, mentre la più conosciuta è la
Symphonie pour homme Seul.
Il Poema électronique di Edgar Varèse è un’installazione artistica
all’interno del padiglione Philips, registrata su nastro magnetico per
diffusione spaziale, coniugata ad impianto visivo.
Il profeta della musica avanguardista fu senz’altro John Cage. In lui
troviamo la provocazione, l’ironia, il gusto per lo scandalo, unito al
misticismo orientale ed all’irrazionalismo nietzschiano. In Cage è
radicale la negazione del concetto di struttura, con tutto ciò che ne
deriva: l’inespressione, la mancanza di volontà creativa, l’immediatezza
dell’arte. Il caso la fa da padrone. Per Cage la musica è un gioco senza
regole, in cui l’unico scopo è non avere scopi, e creare quindi musica in
funzione al suono, ma non per produrre suoni ma bensì per ascoltarli.
Ovviamente oltre alle strutture, Cage abolisce anche la gerarchia dei
suoni, che si crea inevitabilmente suonando in tonalità o modi. L’idea
mistico di questa avanguardia deriva comunque dal passato, dall’antica
Grecia in particolare, dove rimaneva però soltanto un ideale e sfociava
nella filosofia. Nella moderna avanguardia questo viene però portato a
compimento, fino ad arrivare al silenzio, o al suono differenziato, suono
singolo fruito di per sé.

La scuola di Darmstadt nasce nell’omonima cittadina, vicino a


Francoforte, nel segno della “nuova musica” di Webern, con l’intento di
riaccendere la vita musicale interrontta negli anni del Nazismo. Hindenith
ne seguì i corsi estivi, sotto il suo primo direttore, Wolfgang Fortner, per
riprendere il suo stesso neoclassicismo, quello di stravinskij e la musica
atonale degli anni 20 e 30. l’anno successivo le intenzioni cambiarono,
quando si iscrissero alla scuola una schiera di seguaci della musica
dodecafonica, fra cui Leibowitz e Messiaen. Il seriassimo weberniano
tracciò comunque negli anni a venire una linea retta fra vecchia e nuova
musica. Una serie di composizioni del di inizio anni 50 ne trecciava i
confini, con melodie nette e cellule melodiche distanti fra loro, dinamiche
risicate. Venne denominata “puntillistica”. Come esempio troviamo
“polifonica-monodica-ritmica” per orchestra da camera, di Luigi Nono,
composta in 3 episodi in cui la dissociazione fonica viene espressa
prima nella dimensione spaziale )polifonica), poi in quella melodico-
temporale (monodia) e poi in quella metrico-ritmica. A Darmstardt verrà
accolta come la prima composizione interessante del dopoguerra,
nonostante fosse solo una parentesi nella predisposizione artistica di
Nono. Nella prima parte possiamo sentire strumenti intervenire con
singoli punti sonori, primi i cimbali, in un tessuto rarefatto. Ma a ben
vedere i rapporti fra i singoli brani non sono così nettamente definiti,
l'ultimo brano può essere letto come una polifonia di ritmi, mentre il
primo, a sua volta, comporta un addensamento ritmico proprio con
l'arricchirsi dell'intreccio contrappuntistico. Addirittura la prima parte
nasce su un ritmo suggeritogli dalla pianista brasiliana Cantunda. In
Nono la tecnica "seriale" non ha valore prescrittivo vincolante, anzi la
composizione cresce attraverso la progressiva ripetizione-
trasformazione di una cellula ritmico-melodica molto semplice. Si tratta
di un motivo La-Sol#-Re-Mib che attraverso varie permutazioni crea una
sottile trama di relazioni fra le varie parti del lavoro. In più troviamo
l’esaltazione delle pause: Questa idea di una musica che emerge
impercettibilmente dal nulla, che dialoga col silenzio è un'idea che
accompagna il musicista veneziano ininterrottamente
Nono in particolare è estraneo ai rigori teorici di alcuni suoi colleghi,
come Boulez e Stockhausen.
Boulez scrive Structures pour deus piano, che traccia una tappa
fondamentale nella sua evoluzione ma anche nella musica occidentale,
estendendo la “seriali” alle 4 componenti sonore (altezza, durata,
attacchi e intensità). Si svolge con una breve successione di sequenze,
che espongono differenti luci, una vasta esposizione di texture una
trama spoglia con degli sviluppi a densità, e si conclude su un flusso
rapido e ininterrotto di figure imprevedibili.
Il “modo” al quale allude la composizione di Messiaen, e al quale si rifà
Boulez è la configurazione compolessa, determinta dalla combinazione
di 12 differenti maniere di attacco, con una scala di 7 differenti intensità,
e una sequenza di 24 durate.

Berio invece esplora le “personalità” dei singoli strumenti,


approfondendone le caratteristiche naturali, con le sue Sequenze. Nelle
sequenze osserviamo anche la “strumentalizzazione” della voce e,
viceversa, la “vocalizzazione” degli strumenti. Berio si ispirò al clown
Grock, che aveva visto da bambino suonare molti piccoli strumenti,
fermandosi solo per chiedere “perché?” al pubblico. Il brano è diviso in
due parti, A e B, indicate sullo spartito. Nella prima parte l’esecutore sta
in piedi, muovendosi e gesticolando, alzando o abbassando lo
strumento a seconda della linea tratteggiata sulla partitura. Nella parte B
sta seduto su una sedia “come se stesse provando in una sala vuota.
Nella parte A vengono esposti i suoni del totale cromatico, in una
continua conquista dello spazio, partendo dal tritono La-Mib, mentre gli
ultimi due suoni sono do e si, e la sezione termina con la pronuncia della
parola distanti “WHY”, con l’esecutore che si siede e suona un mib. La
sezione B riprende con un si, in un nuovo gioco di tritono, per poi
esporre nuovamente i 12 suoni, tenendo il mib come asse e
raggiungendo il suo apice a circa 3/4 del brano, con insistenza sul tritono
la-mib. La conclusione insiste invece sul tritono sib-mi.

Questa è una musica in cui gli elementi significativi sono affidati al caso,
è basata su decisioni fortuite o a sorteggio, oppure lasciate libere
all’interprete e non decise dal compositore. Questa casualità si
contrappone all’ideale romantico dell’individualità del genio e
dell’autonomia dell’arte. Alla tale idea di casualità si contrappose il
principio dell’Alea controllata che doveva confluire nella teoria dell’opera
aperta, un principio di forma mobile, a sezioni interscambiali, o strutture
in movimento di Calder. Abbiamo qui u’apertura alla volontà del caso,
ma anche un’estensione dell’intenzione del compositore a tutte le
possibilità virtuali.
La Serenata per un satellite è composta su un unico foglio, dove i
pentagrammi si incrociano, respingono ed attraggono, dando vita a
disegni astratti. Venne scritta in dedica a Montalenti, direttore dell’ESOC
di Darmstadt, per il lancio del satellite ESO I B. Durante l’esecuzione i
musicisti unirono il materiale scritto ad assoli presenti in altre opere
(windmung e Musica su due dimensioni). La durata e l’organico sono del
tutto aleatori, come scrive in nota lo stesso Maderna: può suonarla
qualsiasi strumento, tutti insieme o da soli, improvvisando ma con le
note scritte.

L’opera esemplare del teatro novecentesco è l’Histoire du Soldat, nel


quale ogni strumento è confinato nella propria individualità timbrica,
senza amalgamarsi con gli altri. In particolare il violino si trova a
raschiare, grattare emettere suoni ruvidi, facendone metaforizzino del
soldato come manichino, in balìa di forze ineluttabili. Qui Stravinskij
raccogli la lezione di Mahler, unendo la combinatorietà ai frammenti
sparsi di materiale musicale. Venne scritto per un ensamblé ridotto di 7
strumenti più direttore.

A partire dagli anni 60 molti musicisti s’avanguardia, avevano proposto


diversi esempi di teatro impegnato, inteso come riflessivo o di satira
politica. Tra questi il già citato Luigi Nono, con L’intolleranza o Al gran
sole carico d’amore, ma anche Dallapiccola con Il prigioniero o L’Ulisse,
oppure Luciano Berlio. Essi rifuggono la dedizione di “opera”, poiché
svincolati dalla narrativa, sostituendo ai libretti dei collage di testi.
Addirittura il Prometeo di Nono non ha azione scenica, mentre il Don
Perlimplin di Maderna è un dramma radiofonico. Ma abbiamo anche
opere sotto l’influenza dell’Alea: Henri Pousseur con Votre Faust, con
differenti possibilità di soluzione, date dall’andamento dello spettacolo.

La corrente negromantica arrivò in Europa in opposizione


all’avanguardia. Il suo linguaggio in realtà non è per nulla “facilae, ma ha
contribuito a riaffermare la responsabilità del soggetto-autore e la
necessità di riproporre senza inibizioni il tema dell’espressività. In Italia,
la tendenza neormantica si fonde anche con gli influssi del Minimalismo
americano. Con La lupa, di Marco Tutino si arriva a parlare di neo-
puccinismo o neo-verismo.

Se Wagner avev previsto il Ring suddiviso in un prologo e tre giornate,


Stockhausen organizza un’interea settimana e si occupa del progetto
fino alla morte, le quali andarono in scena postume in un arco temporale
tra l’81 ed il 2012. Fin dagli anni Settanta, Stockhausen era stato
influenzato, dalle dottrine Zen, che unisce qui a molteplici influssi tenuti
insieme da una simbologia fittissima: anche musicalmente i principali
personaggi simbolo sono associati a formule derivate da un gruppo di
melodie fondamentali.

Il Prometeo di Nono è suddiviso in 9 parti, con organici differenti per ogni


parte. Nella prima parti le voci soliste recitano passi della Cosmogonia di
Esiodo. La seconda parte è un dialogo d’archi, dove prometeo racconta
le sue gesta, ed Efesto racconta del cattivo di Zeus a Prometeo. La
terza parte si suddivide a sua volta in tre momenti distinti: l’Io-Prometeo,
l’Holderlin ed il Schicksalslied. La quarta parte è il momento culminante
dell’opera, seppur brevissimo, dove voci soliste e strumenti disegnano
arabeschi al limite dell’udibilità. La quinta parte prevede la
sovrapposizione di tre livelli sonori, voci soliste, archi e un misto di
euphonium, fiati e vetri. La sesta parte prevede la frantumazione del
materiale musicale precedentemente ascoltato. Tornano alcuni
frammenti nella settima parte, dove il coro cappella intona versi di
Benjamin. l’ottava parte, il secondo interludio è un brano orchestrale,
che combina suoni gravi a suoni elettronici. L’ultima parte rimanda ai cori
battenti veneziani, con testo di Cacciari.

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