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Il ‘900

Ho scelto di parlare del flauto nel 900 per cercare di comprendere i motivi per cui il flauto, passa,
quasi all'improvviso, da un secolo di vita tormentata e di scarsa considerazione da parte dei
compositori ad una posizione di primo piano sia in senso solistico che concertante. Gli sguardi sul
repertorio a cui mi riferisco nel programma di sala vanno dall' Italia di Casella, alla Germania di
Hindemith, in Francia con Arthur Honegger con Danse de la chevre, in Giappone con il Requiem di
Kazuo Fukushima, fino all’impiego del flauto più vicino ai giorni nostri con Richard Gallianò in
Argentina, che oggi presenterò attraverso una trascrizione fatta dal M. Franco Foderà.
Allo schiuedersi del 900, si delineano importanti fattori:
L'affermazione del nuovo e più versatile flauto Bohm, strumento con un sistema di tasti e chiavi
dotato di maggiore solidità tecnica e ricchezza sonora. Nel celebre Prelude a l'apres-midi d'un
faune di Debussy, lo strumento,con un eccezionale solo, si fà espressione di sonorità seducenti.
Questo, insieme a Syrinx nel 1913 e Density di Edgar Varese nel 1936, inaugura un nuovo genere,
quello per flauto solo appunto, e per di più con un nuovo flauto, quello di platino che si è inserito
con successo sia in ambito didattico che concertistico mostrandosi capace di emergere su
un'orchestra di dimensioni tardo-romantiche. Il flauto aveva tanto da dare e dimostrare sulla base
delle nuove strade compositive intraprese dalla nuova generazione di compositori tra atonalità e
ricerche timbriche.

Alfredo Casella e Barcarola/Scherzo


Ho pensato di aprire il programma proprio con Casella, perché egli incarna quello spirito culturale di
respiro internazionale, nascituro di un’Italia ancora troppo pigra su questo punto di vista.
La Barcarola e Scherzo per flauto e pianoforte (1902), già solo per il titolo, rimanda per esempio a
compositori come Chopin e Fauré che ne scrissero diverse; ma di certo Casella non aveva
intenzione di farne il duplicato, piuttosto di coniugare l’inventiva tematica e melodica italiana sulle
moderne trovate della musica francese; troviamo da una parte una armonia fluttuante tra accordi
estesi di none e undicesime e dall’altra melodie chiare e altamente cantabili - palesemente all’
“italiana”. (Il termine ‘barcarola’ si aggancia al carattere ondulato proprio di un’imbarcazione; non lo devi
dire se non ti fanno una domanda)

Paul Hindemith: Inquadramento storico-biografico e Sonata


In una celebre intervista, Igor Stravinsky segnalò tre distinte tendenze nella musica del novecento:
la propria, quella di Schönberg e quella di Hindemith.
Hindemith compose la sua Sonata per flauto nel 1936, periodo in cui la Germania nazista gli aveva
mosso diverse censure e accuse di internazionalismo. Egli si pose forse come un severo critico del
sistema temperato e coniugò il principio della musica seriale ad una teoria basata su rapporti
dedotti dai suoni armonici, dando più importanza alle leggi acustiche di percezione dei suoni, a
come vengono assimilati dall’orecchio e dal cervello umano, piuttosto che limitarsi ad un gioco
matematico attraverso i semitoni.
In tutta la sonata il flautista è tenuto a dispiegare una ampia tavolozza di colori ed emozioni, dalle
marce trionfali ai desolati momenti di agonia e malinconia, estendendosi all’intera gamma dello
strumento; gioco contrappuntistico non soffocante e sentieri dissonanti che non rinnegano sentori
tonali/modali, e uso della triade maggiore come segno di conquista, spesso in chiusura di sezioni.
(perché la usa la triade maggiore in una composizione atonale? Ricordo che la triade deriva dalle
primissime armoniche di un suono, ecco perché per l’autore diventa principio innegabile)

Honegger e Danse de la chevre


Honegger nacque a Le Harve il 10 marzo 1892 e a Parigi si unì presto ad un gruppo di giovani
compositori, Les Six sulla base di un effettivo accordo artistico, una musica semplice, non
accademica, utile e oggettiva, ovvero legata ad elementi della vita quotidiana. Honegger eredita
l’umorismo di Satie in molte sue composizione, in primis Danse de la chevre [danza della capra], il
cui titolo bizarro ed enigmatico si riflette sulla musica stessa, frammentaria, ubriaca, direi quasi
schizofrenica... generalizzando possiamo notare due atteggiamenti, uno potrebbe essere quello
della capra a riposo, nel lento, e l’altro quello dinamico della danza, con scivolamenti cromatici e
salti.

Fukushima
Il Giappone solo negli anni ’40, (1940!) comiciò a concepire l’insegnamento del flauto negli ambienti
accademici, inizialmente addirittura affidato ad un insegnante di pianoforte! Tardi, ma avvenuto
comunque incisivamente anche grazie a ciò che era accaduto fino ad ora in occidente con il debutto
di grandi flautisti e lo scambio didattico internazionale alla scuola musicale di Parigi. Succede che le
nuove pratiche seriali importate dall’occidente vengono coniugate alla tecnica orientale del flauto
Zen, ovvero lo shakuhachi, e quindi all’uso di quarti di tono, glissandi e appoggiature ecc... Kazoo
fukushima è stato uno dei primi a partecipare a questa apertura. Il Requiem che presenterò oggi è
un opera per flauto solo; il ‘Requiem’, che niente ha a che fare con la cultura giapponese (in quanto
appartiene al rito cattolico) potrebbe riferirsi comunque alla voglia del compositore di usare un
termine occidentale per trattare il tema della Morte come valore universale, comune a tutti... d’altra
parte, c’è da dire anche che in oriente l’associazione tra flauto e temi come la morte non è inedita,
in quanto si attribuiva a questo strumento il potere di giungere allo spirito dei defunti.

‘ù tango scrivitillo tu!

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