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GIOVANNI GABRIELI: BIOGRAFIA

Giovanni Gabrieli, compositore ed organista, nasce a Venezia intorno al 1557. Studia con lo zio
Andrea Gabrieli ed è uno degli autori più significativi di tutto il Rinascimento.

Grazie al suo talento e all’influenza dello zio, nonché suo maestro, soggiorna dal 1576 al 1579 a
Monaco di Baviera, lavorando presso la cappella musicale diretta dal compositore fiammingo
Orlando di Lasso. Questa parentesi giovanile in Germania gli permette di diventare celebre in tutta
Europa, nonostante lui non viaggiasse molto. Nel 1586 torna a Venezia dove, alla morte dello zio,
prende il suo posto come organista presso la basilica di San Marco, incarico che mantiene fino alla
morte.

La sua fama di strumentista e di compositore attrae numerosi allievi sia italiani, sia dei Paesi nordici.
La data della sua morte è incerta. Un necrologico mortuario veneziano registra la sua scomparsa nel
1612 per “mal de pietra”, ossia per calcoli renali. La lapide della sua tomba, nella chiesa di Santo
Stefano a Venezia, riporta invece il 1613 come anno della sua morte.

STILE
Giovanni Gabrieli è da considerare uno dei più grandi interpreti della musica polifonica tra la fine
del '500 e l’inizio del '600. La Scuola veneziana si contrappone, per stile, alla Scuola romana di
Palestrina. In quest’ultima la polifonia è esclusivamente vocale, mentre la Scuola veneziana
promuove l’uso di strumenti insieme al coro. Inoltre, a Venezia si pratica la policoralità, cioè l’uso
di più cori, e in particolare si riprende l’antica tecnica del coro spezzato, che permette di ottenere un
effetto “stereofonico”: dividendo un coro in due gruppi posti uno di fronte all’altro, si alternano
proposta e risposta da parte dei due organici.

Al contrario di Pierluigi da Palestrina, Gabrieli evita la composizione nella forma della messa,
ritenendola troppo rigida, e si dedica a forme più libere, benché di carattere sacro, come il
Magnificat (un canto di lode che la Madonna rivolge a Dio).

La maggior parte della sua produzione viene pubblicata dopo la sua morte. L’unica raccolta
pubblicata quando Gabrieli era ancora invita, nel 1597, s’intitola “Sacrae Symphoniae”, in cui, per la
prima volta, brani sacri e profani coesistono. Si dedica anche alla composizione di brani di musica
solo strumentale, molti dei quali andati perduti. In particolare, nei madrigali, che sono il genere
profano più rappresentativo del periodo, Gabrieli introduce significative novità melodiche e
armoniche.

Questo brano proveniente dalle Sacre Sinfonie (“Canzone 12a a doppio eco”) è eseguito da tre gruppi
strumentali di ottoni, disposti in punti diversi della chiesa, in modo da potenziare l’effetto di eco dato
dalla ripetizione delle frasi musicali. I suoni potenti delle trombe e degli altri strumenti creano
suggestivi effetti sonori in un’atmosfera dai toni grandiosi.

Inoltre, Gabrieli è il primo musicista a specificare con quale strumento vanno eseguite le sue
composizioni.
IL MADRIGALE
Il madrigale è la composizione poetico-musicale che conosce maggior diffusione in Italia nel
contesto delle corti e delle accademie. Il madrigale cinquecentesco associa e alterna la scrittura
contrappuntistico-imitativa di origine fiamminga con la sensibilità armonica della frottola e dei canti
carnascialeschi.

Il madrigale è una composizione vocale da camera: ogni voce, generalmente quattro o cinque, è
affidata a un unico cantante. Tuttavia, sono numerose le fonti che attestano la pratica di sostituire,
raddoppiare o variare una o più parti con strumenti per ragioni contingenti, come l’assenza o
l’indisponibilità di un interprete, o per scelta consapevole. Gli esecutori sono professionisti o
dilettanti che possiedono raffinate competenze musicali.

Dal punto di vista testuale il livello letterario è alto e sofisticato: i temi variano tra riflessioni liriche
su casi soggettivi ed oggetti d’amore ed idillio descrittivo o narrativo. La versificazione adotta
settenari ed endecasillabi. Tra i poeti prediletti troviamo Petrarca, Boccaccio, Tasso, Ariosto e molti
altri.

Per quanto riguarda la musica, l’impegno dei compositori si focalizza sulla relazione tra il significato
del testo e le scelte musicali conseguenti. La molteplicità delle soluzioni adottabili (e adottate)
spazia dalla raffigurazione grafica e acustica della singola parola (in questo caso si parla di musica
visiva e di madrigalismi) alla trasfigurazione in termini sonori dell’atmosfera affettiva e psicologica
suggerita dal componimento (con adeguate scelte armoniche, timbriche, ritmiche ecc.). Anche in
presenza di più stanze metricamente affini, il “discorso sonoro” si rinnova continuamente perché
diverse sono le parole e i contenuti che esse esprimono.

PRIMA FASE (1530-1550): il madrigale, dal punto di vista musicale, è simile alla frottola: contiene
scrittura omoritmica con rilievo della voce superiore che contiene frammenti imitativi delle altre
parti. Intorno al 1540 si afferma il madrigale cromatico, caratterizzato da vivacità ritmica.

SECONDA FASE (1550-1580): si caratterizza per l’adozione sistematica dello stile contrappuntistico-
imitativo, la complessità armonica, l’ampliamento del numero delle voci e dall’attenzione volta a
ricreare i contenuti espressivi del testo.

TERZA FASE (1580-1600): il madrigale raggiunge l’apice della perfezione tecnica ed espressiva nelle
opere di Luzzasco Luzzaschi, di Giaches de Wet e soprattutto di Luc Marenzio e Gesualdo da
Venosa.

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