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Gli inizi della polifonia. Il contrappunto medioevale, l’Ars Antiqua

Finora abbiamo incontrato la musica monodica e corale-omofonica dei greci e del canto
ebraico e cristiano. Ora invece ci avviamo verso un “linguaggio” musicale più tecnico e
articolato, un linguaggio più colto: la polifonia.

Per polifonia intendiamo, in senso generale, la simultaneità di suoni diversi. Guardando e


analizzando tale simultaneità da un punto di vista verticale parliamo di Armonia, se
guardiamo e analizziamo la stessa simultaneità da un punto di vista orizzontale parliamo di
Contrappunto. Il musicista del Medioevo ebbe una concezione della polifonia di natura
orizzontale-contrappuntistica e non verticale-armonica.
La mancanza nel musicista del Medioevo di una coscienza verticale (in sostanza, dal fatto che
non si pensa la musica come una concatenazione di accordi) può essere paragonata alla
mancanza nel pittore a lui contemporaneo del senso di profondità, determinato dalla
prospettiva.

Non si sa con precisione il luogo di origine del canto simultaneo a più voci, poi denominato
contrappunto (da punctum contra punctum, nota contro nota). E’ possibile che prima di
essersi sviluppato in Occidente esso fosse già praticato altrove e poi importato, forse,
dall’Oriente. Certo è che la tecnica polifonica fu coltivata in un primo tempo nei monasteri
dell’Impero Franco che furono anche i centri propulsori dei tropi e delle sequenze. E’ anzi da
considerare la polifonia, nelle sue prime fasi, niente più che una forma di tropatura musicale.
In un primo tempo la parte aggiunta (vox organalis): raddoppiava a distanza costante di o di
una quinta o di una quarta un’altra melodia (vox principalis) desunta dal repertorio liturgico.
Si trattava, in effetti, di un riempitivo sonoro che poco aggiungeva al canto dato, che doveva
rimanere inalterato.

I più antichi esempi di polifonia scritta pervenutici sono contenuti nel trattato del IX secolo
dal titolo Musica enchiriadis (“Manuale di musica”). L'autore anonimo del manuale, che
doveva aver avuto ampia diffusione nel Medioevo, descrive un tipo di polifonia che egli
denomina ORGANUM1, indicando anche le consonanze ammesse: l’ottava, la quinta e la
quarta. Tali sono, infatti, i primi intervalli della serie armonica naturale che i fonologi
medievali potevano individuare sul monocordo ereditato dalle speculazioni musicali dei
teorici greci.
Nell’Organum, dunque, le voci procedono costantemente in modo parallelo: la vox
principalis è duplicata dalla vox organalis alla distanza di una quinta o di una quarta
eambedue le voci possono essere raddoppiate all’ottava inferiore e superiore.

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Col termine organum s'intende, genericamente, tutta la polifonia precedente l'ars nova, quindi scritta entro il
XII sec.
La parola deriva dal greco òrganon, col significato di oggetto che compie un'azione, 'strumento'. L'hydraulis, il
meccanismo ad acqua che in età imperiale produceva suoni nelle manifestazioni pubbliche era un organum, da
qui il nome di 'organo' allo strumento musicale.
Nella cultura cristiana il termine divenne, invece, sinonimo di 'canto' o 'preghiera', essendo la pratica liturgica
cantata.
Angelus ad pastores ait: annuntio vobis gaudium L'angelo disse ai pastori: vi annuncio una grande gioia,
magnum quia natus est nobis hodie salvator mundi, perché oggi è nato per noi il salvatore del mondo, alleluja.
alleluja.

Al fine di evitare l’intonazione simultanea dell’intervallo di quarta eccedente, il Musica


enchiriadis propose l'uso dell’unisono e di intervalli imperfetti (di seconda, di terza), e
l’introduzione dell’andamento obliquo e contrario delle due melodie.

Il procedimento delle due voci per moto contrario e il moltiplicarsi del rapporto e delle
combinazioni possibili tra le voci vengono ammessi e codificati dai teorici dei secoli X-XI .
GUIDO D’AREZZO (XI sec.) nel suo Micrologus (“Piccola trattazione”), del 1026 circa,
permette l'incrocio delle due parti e l'uso degli intervalli di terza e di sesta2.
Fino al sec. XI gli unici esempi di brani polifonici pervenuti si trovano inclusi in trattati
teorici redatti in ambito monastico, da essere eseguiti dal coro in gran parte durante la Liturgia
delle Ore. Al sec. XI risalgono anche le prime fonti manoscritte di musica pratica contenenti
un numero consistente di brani polifonici ora più destinati all'uso delle scholae cantorum delle
cattedrali piuttosto che degli ambienti monastici.

Il Tropario di Winchester3 (redatto nell'abbazia benedettina di Winchester, Inghilterra, nella


prima metà del sec. XI), comprendente oltre 150 organa a due voci, dimostra che
l’arricchimento polifonico si applicava soprattutto ai passi solistici degli Alleluja-Tractus e
dei Responsori della Messa.

Un’altra forma di contrappunto antico fu il DISCANTO, che si affermò alla fine del sec. XI, e
nel quale la vox principalis, posta ora al grave, è accompagnata nota contro nota dalla vox
organalis che procede per intervalli misti di unisono, quarta, quinta e ottava, ma per moto
contrario. Proprio con l’affermarsi del moto contrario possiamo già parlare di una prima vera
manifestazione di tecnica contrappuntistica: le due voci, infatti, se ritmicamente sono ancora
legate (sono, cioè, omoritmiche), sono però autonome nella loro linea melodica.
2
La teoria polifonica di Guido è esposta nel capitolo intitolato «Della diafonia, ovvero dottrina dell'organum»
(De diaphonia, id est de organi praecepto), quasi in conclusione della sua opera maggiore, il Micrologus de
Musica, scritto verso il 1025-26: si tratta di un manuale che esamina razionalmente l'intera prassi allora corrente
del canto gregoriano. Nella fisionomia, l'organum insegnato da Guido non si discosta sostanzialmente da quello
del Musica enchiriadis. Guido, però, contempla due tipi di organum o di diaphonia. L'uno, «che usano alcuni»,
ma non Guido, è da lui chiamato modus durus, in cui al cantus si unisce come organum una voce che si muove
costantemente alla quarta inferiore; ambedue le voci possono essere raddoppiate a piacimento all'ottava. L'altro
tipo (quello «che usiamo noi»), Guido lo chiama modus mollis e con esso intende la rottura del parallelismo per
quarte.
3
Il primo tentativo di usare i neumi per notare musica a più voci, si trova nel cosiddetto Tropario di Winchester
(Cambridge, Corpus Christi College, Ms. 473) del sec. XI. Questo libro è composto essenzialmente da una
raccolta di tropi a una sola voce, però contiene anche – in una parte separata che porta il titolo Incipiunt melliflua
organorum modulamina super dulcissirna caelestia praeconia – le voci organali per un grande numero (più di
150) dei praeconia (canti di lode) contenuti nella parte principale. Peccato che le melodie siano scritte in neumi
chironomici, la cui lettura, se d'altra parte possibile, è quanto mai insicura. La stessa questione fondamentale, se
le voci organali stiano ancora sotto la voce principale (come sempre negli organa più antichi) o già sopra di essa
(come divenne comune nel sec. XII), non è stata ancora risolta.
Un’ulteriore conquista si ebbe quando nel sec. XII, e particolarmente nei monasteri di S.
Marziale nel Sud della Francia e di Compostella4 in Spagna, si affermò una nuova forma
chiamata ORGANUM MELISMATICO: in esso la melodia gregoriana originale posta al grave
(chiamata cantus firmus) veniva eseguita a valori larghi anche se ancora senza durate
prestabilite, e sopra ad essa si svolgeva liberamente la vox organalis, con movimenti melodici
ricchi di fioriture e con note
di durata breve.
Approdiamo così anche alla
autonomia ritmica fra le
parti.
Proprio sul principio
dell’Organum melismatico si
svolgono i brani a due voci contenuti nel Magnus Liber Organi di MAGISTER LEONINUS
(seconda metà del XII sec.), il primo grande compositore di quella SCUOLA DI NOTRE-DAME a
Parigi, che tra il XII e il XIV secolo fu il centro principale della polifonia sacra.

Il suo successore, MAGISTER PEROTINUS (inizio XII sec.), aggiunse agli Organa di Leoninus
una terza voce e anche una quarta voce. In questo modo l’organum è già una composizione

4
L'estremo lembo nord-ovest della Spagna è l'unico di quel paese che non soggiacesse mai ai mori. Proprio di lì
partì la riconquista in nome della Cristianità; e in quel sottile lembo di terra fu intenso il fervore cristiano. Era
sorta una leggenda secondo la quale la salma dell'apostolo San Giacomo, dopo il martirio in Terra Santa, sarebbe
stata trasportata a Compostella per trovarvi sepoltura. E quando si rinvennero le ossa che furono riconosciute
come sue, quel luogo, detto Santiago di Compostella, fu mèta di pellegrinaggi da paragonarsi a Canterbury.
Dopo le nozze dell'eroico Alfonso VI di Castiglia (1065-1109) con Costanza di Borgogna, i pellegrini francesi
divennero numerosissimi. Le Cantigas di Alfonso X racchiudono un passo che descrive i pellegrini tedeschi sulla
via del Santuario.
Il mirabile codice Callixtinus di Santiago, scritto intorno al 1140, rivela nettamente una origine francese: fra
l'altro appaiono in esso alcuni nomi francesi, come nomi di compositori; altri di principi della Chiesa, ai quali
erano attribuite alcune composizioni, forse senz'alcun fondamento. Il contenuto del codice è quasi tutto
monodico, ma comprende venti organa, uno dei quali pare sia la più antica composizione a tre voci che noi
conosciamo. È interessante notare che questa è attribuita a un certo «Magister Albertus» parigino: ben presto
assumeranno importanza i musici di Notre Dame di Parigi.
molto articolata: è formato da una melodia gregoriana trattata a note lunghe e chiamata tenor,
cui sono sovrapposte le altre tre voci che ritmicamente adottano i “modi ritmici” (cfr. cap.
VI). La seconda voce è chiamata “duplum”, la terza “triplum”, la quarta “quadruplum”.
Appare ora chiaro come, dovendo trattare tre o quattro voci con ritmi differenti, non sarà più
possibile quella libertà ritmica che nel mondo gregoriano si era espressa in una scrittura
musicale priva di ogni determinazione di durata delle note. Tale determinazione invece si
rende necessaria quando si tratta di incastonare tre o quattro ritmi differenti, e di stabilire
precisamente le entrate delle varie voci.

Così nel 1260 c.a il teorico Francone di Colonia ci dà nel suo trattato Ars cantus
mensurabilis il primo modello di notazione censurale (cfr. cap. VI), che avrebbe da questo
momento in poi consentito il rapido perfezionarsi del contrappunto.

Altre forme che si sviluppano in questo periodo, noto nella Storia della musica col nome di
ARS ANTIQUA (1160 -1320) sono: la Clausula, in cui l’elaborazione polifonica si svolge solo
su una sezione melodica (un breve melisma) collocata su una o più parole rilevanti di un canto
liturgico; il Conductus, canto processionale e di lamento, oppure politico-morale, nel quale le
due o tre voci che lo compongono procedono con lo stesso ritmo, e nel quale il tenor è creato
appositamente per l’occasione.

La forma musicale più importante del XIII sec. fu però senz’altro il MOTTETTO, tipo di
composizione derivato dalla clausula, solitamente a tre voci. La voce inferiore (tenor) muove
a valori larghi ma aritmicamente definiti, e probabilmente veniva realizzata o raddoppiata da
uno strumento; la voce di mezzo (duplum o motetus) aveva un procedere più mosso, mentre la
voce superiore (triplum) è intessuta di valori brevi.
Nel mottetto quel concetto di contrappunto come insieme di parti autonome per ritmo e per
melodia trova la sua massima applicazione, e ancor più la diversa articolazione ritmica e
melodica tra le parti è evidenziata dal fatto che, mancando la concezione armonica della
musica, non vi sono ancora principi che diano unità verticale alla combinatoria delle voci.
Il mottetto del ‘200, dunque, sovrappone voci che hanno melodie differenti (e spesso si
sovrappongono proprio canti preesistenti e differenti) e ritmi differenti, ma che anche cantano
testi differenti (il mottetto è così “politestuale”) e possono persino cantare sia in latino che in
volgare all’interno di una stessa composizione (il mottetto è perciò “polilinguistico”).

Privo di un principio di unità armonica, e procedente attraverso una reale diversità delle voci,
il mottetto appare così come una composizione musicale abbastanza complessa anche se non
priva di una sua bellezza: incontrandosi le voci non danno vita ad accordi funzionali ma
piuttosto a sovrapposizioni spesso dure per l’orecchio del moderno ascoltatore.
I testi del mottetto potevano preesistere alla musica oppure essere adattati a melodie già
esistenti. La forma dei versi era di varia lunghezza (da 3 a 10 sillabe per verso) e non seguiva
nessuna norma organizzativa fissa. I 2 testi delle parti superiori vengono di norma associati
l’un l’altro in base al contenuto e ad analogie verbali. Prevalgono in assoluto tra i testi latini
quelli composti in lode alla Vergine: dei 117 testi latini contenuti nel Codice Montpel1ier
(una tra le più importanti fonti del secolo, comprendente circa 300 mottetti di vario tipo) ben
86 si riferiscono a Maria. Alcuni testi commentano le grandi feste della cristianità, altri ancora
dispensano consigli morali oppure trattano il tema della corruzione dei costumi del clero.

Dopo l’era di Perotinus, il mottetto si affranca sempre più dal contesto liturgico. I testi profani
in lingua francese (amorosi, conviviali, celebrativi) sostituiscono sempre più quelli sacri latini
e si rivolgono ad una stretta cerchia di musicisti e di conoscitori preparati. Data l’ampiezza
dei temi trattati, il genere del mottetto, benché ancora tipica espressione del clero (compositori
e poeti appartengono per lo più al ceto ecclesiastico), diviene nella seconda metà del secolo
dominio degli ambienti cortesi e borghesi cittadini.
La forma elastica dei testi poetici stimolò il musicista a sviluppare abbastanza liberamente nel
nuovo genere del mottetto le più svariate tecniche della composizione musicale. Non essendo
sottoposto ad alcuna norma strutturale fissa, il mottetto divenne la forma polifonica
dominante del XIII secolo. Alla base della composizione del mottetto è il tenor ricavato di
norma da un frammento di canto liturgico, che data la sua brevità veniva ripetuto più volte in
sezioni separate da pause. Verso la fine del secolo la melodia del tenor poteva essere derivata
(come lo era stata precedentemente per il conductus polifonico) anche da fonti non liturgiche
(canzoni profane, danze strumentali) oppure appositamente composta. Il “motetus” era
generalmente più mosso del tenor mentre la voce superiore non si discostava ritmicamente
molto dal “motetus”. Poiché le singole voci venivano create successivamente e concepite in
senso orizzontale, abbastanza frequenti sono i pungenti urti dissonanti (di seconda, di settima)
che risultano dall'autonomia melodica e ritmica nonché dal movimento contrario delle parti.
Un artificio contrappuntistico che coinvolgeva di norma le 2 voci superiori fu applicato
frequentemente nel mottetto del XIII secolo: esso consisteva nel far corrispondere una pausa
in una voce ad un suono in un’altra così da produrre un effetto a singhiozzo e venne pertanto
denominato hoquetus (dal francese hoquet = singhiozzo). Con l'avanzare del secolo il mottetto
subisce sostanziali trasformazioni stilistiche. Soprattutto nei mottetti su testi francesi di
PETRUS DE CRUCE (fine XIII sec ) il triplum diviene la voce più ritmicamente incisiva,
arricchita di nuove figurazioni (esteso è l'uso delle semibrevi, assumendo di conseguenza una
posizione guida sulle altre voci).
Significativa anche la produzione di Mottetti da parte di ADAM DE LA HALLE.
Fu proprio il controllo del ritmo musicale avvenuto nei secoli XII-XIII, soprattutto grazie al
“mensuralismo” di francone da Colonia, ad aprire nuove e significative possibilità espressive
al linguaggio polifonico. In fin dei conti, il coordinamento tra le singole parti vocali non
poteva essere realizzato senza prima aver organizzato e impostato in maniera razionale i
valori temporali multipli e sottomultipli di una data unità di tempo in figurazioni ritmiche di
progressiva complessità. In assenza di una simile regolamentazione ritmica la creazione
polifonica avrebbe continuato ad essere legata alla pratica dell'improvvisazione. Si può
pertanto affermare che nei secoli XII-XIII furono poste le premesse da cui matureranno poi le
grandi creazioni della polifonia occidentale.

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