Matricola: 5912
A.A. 2019/2020
Il mottetto e il madrigale sono due forme musicali polifoniche vocali. Il primo termine deriva da motetus,
parola nata nel XIII secolo ad indicare la voce che si sovrapponeva al tenor negli organa. In oltre, mottetto
deriva anche da moto, che significa “parola”, questo per sottolineare l’importanza di quest’ultima nelle
composizioni musicali.
Questa forma era da eseguire in ambito liturgico.
Il secondo termine, invece, è di derivazione tutt’ora discussa. Si ipotizza che derivi dal latino-volgare
mandria-mandrialis per quanto riguarda il contenuto di natura pastorale. Altre ipotesi sono da matrix-
matricalis per quanto riguarda la tipologia di linguaggio utilizzato.
Si può già fare una chiara distinzione tra le due forme: il mottetto è la più tipica espressione del genere
sacro; il madrigale è il corrispettivo profano del primo.
Altra differenza sta nella scelta del testo utilizzato: nel mottetto si utilizzerà prevalentemente un testo di
carattere liturgico (ad es. brani tratti dai salmi), mentre nel madrigale il testo poetico troverà maggiore
impiego. Certo, però, non mancano esempi di madrigali a sfondo sacro definiti madrigali spirituali.
Queste due forme hanno una lunga storia, cominciata più o meno nel trecento, la quale è testimone di
numerose mutazioni e notevoli cambiamenti. Tuttavia, queste due forme trovano ampio uso soprattutto
nell’era rinascimentale.
Le varie scuole musicali nei paesi europei ricevettero un grande impulso dalla scuola dei compositori
fiamminghi. Pertanto, si costituiranno scuole nazionali in Spagna, Francia, Germania e soprattutto in Italia.
In quest’ultimo paese, il centro dell’attività musicale era la scuola romana con il suo massimo esponente:
Giovanni Pierluigi da Palestrina. Compose 93 messe e oltre 500 mottetti.
Dal punto di vista formale, il mottetto è costituito da una serie di episodi musicali, ognuno con un proprio
soggetto melodico. Tali episodi sono concatenati tra di loro attraverso una sorta di enjambement dei
soggetti, ovvero sul finire dell’uno, comincia l’altro.
Il primo soggetto è sempre costituito da una nota seguita da altre due alla metà del valore. Generalmente,
questo soggetto viene intonato da una voce sola, seguita dalla seconda entrata a canone con la prima e alla
quinta superiore. Stesso discorso per tutte le altre voci con il medesimo soggetto e in rapporto di ottava o
quinta tra loro.
Possiamo notare, infatti, come in questa composizione corale il primo soggetto viene esposto dal Basso con
un La, che sarà la finalis del componimento, definita dal Sol diesis ripetutamente utilizzato.
La seconda entrata è affidata al Contralto alla quinta superiore, quindi al Mi. Da notare che le prime due
battute del contralto sono omoritmiche rispetto alle prime due del Basso, pertanto le note sono diverse ma
il ritmo è uguale.
Dal punto di vista formale questo Mottetto è in forma aperta.
Il testo utilizzato è tratto dal salmo 137, il quale è un capitolo molto conosciuto del Libro dei Salmi,
soprattutto per l’incipit: “Sui fiumi di Babilonia, là sedevamo piangendo al ricordo di Sion. Ai Salici di quella
terra appendemmo le nostre cetre.”
Storicamente, questo Salmo è molto importante. Oltre al suo utilizzo in questa composizione (pietra miliare
del genere), venne ripreso anche nella letteratura novecentesca italiana da Salvatore Quasimodo nella
poesia “Alle fronde dei salici”, nella quale egli scrive “Alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre
erano appese”.
La linea melodica iniziale del componimento di Palestrina disegna idealmente l’onda del fiume babilonese.
Questo sta ad indicare lo stretto collegamento tra parola e musica, intesa come espressione dei sentimenti.
Tale espressione è rafforzata dal secondo episodio, coincidente con il verso “Illic sedimus, et flevimus” (“là
sedevamo piangendo”). Qui, l’inciso iniziale è implicitamente lamentoso, reso tale dalla musica, mentre nel
secondo episodio questo lamento viene esplicitato dalle parole. Quasi come se il popolo d’Israele si
rendesse conto della sua condizione di schiavitù all’arrivo a Babilonia. La musica iniziale sembra
rappresentare idealmente il sospetto della condizione di schiavitù, diventando poi certezza con l’utilizzo
della parola sommata alla musicalità del momento. Questo per sottolineare nuovamente l’importanza della
parola.
Per fare un esempio, il verbo “sedersi” viene rappresentato musicalmente (e al tempo stesso
ideograficamente) con una discesa timbrica verso il basso.
La composizione prosegue con momenti imitativi, terminando poi con l’intervallo La-Sol diesis, che è lo
stesso usato dal basso all’inizio del componimento, quasi come se la composizione si chiudesse su se
stessa.
Questo componimento di Carlo Gesualdo Da Venosa, è un madrigale a cinque voci. Come soggetto
letterario viene utilizzato un testo poetico dello stesso Carlo Gesualdo Da Venosa, nel quale egli si rivolge ai
suoi pensieri tormentosi generati da sofferenza e rabbia. In questi pochi versi si può notare l’elevata
drammaticità del componimento.
Questo madrigale dal punto di vista formale, presenta un’alternanza tra episodi omoritmici e altri a
carattere imitativo.
L’incipit della composizione si presenta con l’ingesso di tutte e cinque le voci in omoritmia, quasi come ad
indicare il tono imperativo nei riguardi dei pensieri; sommato anche alla parola “itene” ovvero
“andatevene”.
Il frammento che riguarda la parola “sospiri”, sempre omoritmico, è interrotto da una pausa, per
sottolineare la sofferenza che da essi emerge, facendo, appunto, sospirare la persona.
A questi due primi episodi omoritmici troviamo un primo momento a carattere imitativo, intonato dal
Soprano 1 seguito dal secondo. Qui troviamo un’analogia con il componimento precedentemente
analizzato, in quanto la musica viene usata in funzione del testo. La parola “precipitate” viene
rappresentata da una discesa melodica verso il basso per delineare, appunto, l’azione che i sospiri devono
compiere.
L’analogia nel precedente componimento la troviamo quando Palestrina rappresentò il termine
“sedevamo”, ma, mentre prima si aveva una discesa timbrica, qui abbiamo una discesa melodica.
Questi sono degli esempi con la quale possiamo comprendere l’importanza data alla parola e alla sua
concatenazione con la musica.
A terminare questa relazione, l’importanza di queste due forme compositive è data principalmente dalla
relazione della parola con la musica, intesa come espressione profonda dei sentimenti. Nei due
componimenti notiamo una differenza:
• Nel primo, la musica viene utilizzata come espressione dei sentimenti altrui
• Nel secondo, la musica viene impiegata per esprimere i sentimenti personali
Da qui, deriva un’ulteriore distinzione tra le forme, ovvero l’esaltazione del sacro nel primo, e quella del
profano e personale nel secondo.
Tommaso Sanson