Ciò che ritroveremo sempre in ogni variante musicale, a prescindere dallo scopo per
cui viene prodotta, è la caratteristica poliritmia, la capacità cioè di sviluppare
contemporaneamente diversi ritmi e di mantenerli in modo costante ed uniforme,
senza che uno prevarichi su di un altro. Una particolare funzione sociale è
rappresentata dalle percussioni e dalle campane che in molte zone vengono utilizzati
come strumenti di comunicazione. La musica è, ad esempio, una delle pratiche più
note e più impiegate da un griot (o griotte, poeta cantore) proprio perché in molti
contesti le relazioni sono spesso basate sull'impatto emozionale. Anche il canto è
molto diffuso e riveste una funzione sociale importantissima, durante i funerali, ad
esempio, per ripercorrere le tappe dell'esistenza del defunto, dunque mantenerne
viva la memoria e per narrare le imprese degli antenati cui spetta il compito di
accogliere l'anima della persona mancata.Le epopee mitiche cantate daigriot, oltre a
mettere in evidenza il potere costituito, trasmettono gli avvenimenti particolari che
fanno parte della storia di una comunità e permettono una trasmissione facilitata
proprio dal ritmo della melodia sottostante. Il canto, la musica e la danza diventano
da un lato veicoli di tipo simbolico e dall'altro preziosi strumenti della memoria collettiva. La musica tradizionale si trasmette
oralmente, dunque non esistono spartiti o forme scritte in cui è possibile rinvenire delle melodie. Tutto viene creato e comunicato
direttamente ed è per questo che un aspetto importantissimo è dato dall'improvvisazione.
La complessità ritmica delle musiche africane si è di fatto trasferita a molte espressioni musicali dei paesi dell'America Latina;
l'aspetto più affascinante di questa poliritmia è costituito dalla possibilità di distinguere chiaramente i diversi ritmi pur percependoli
unitariamente in modo coerente. Per quanto riguarda la voce, è interessante notare che generalmente si utilizzano timbri canori
tendenti al rauco e al gutturale. Molte lingue locali, in Africa, sono di tipo tonale ed è per questo che esiste un collegamento molto
stretto tra la musica e la lingua. Soprattutto nel canto, è il modello tonale del testo che condiziona la struttura melodica. Conoscendo
molto approfonditamente queste lingue, è possibile riconoscere dei testi anche nelle melodie degli strumenti ed è quest'effetto che ha
dato fama al cosiddetto “tamburo parlante”. La musica africana è piena di ritmi.
Indice
Africa precoloniale
Caratteristiche distinte
La complessità ritmica e la trasmissione del sapere musicale
Scale e polifonia
Strumenti musicali africani
Il timbro
Relazione con la danza
Afropop
Musica popolare
Note
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni
Africa precoloniale
[1] Sulla musica dell'Africa precoloniale disponiamo di scarse informazioni. Le più antiche consistono in reperti pittografici
raffiguranti movenze di ballo e strumenti musicali. Nel 1956, a Tassili n'Ajjer, venne scoperta una pittura rupestre - databile tra il
6000 e il 4000 a.C.- raffigurante otto danzatori (cinque donne e tre uomini). Un altro dipinto rupestre mostra un musicista intento a
suonare un'arpa a sei corde. La particolarità di questo documento è costituita dal fatto che, accanto al solista, è raffigurato un
ascoltatore, probabilmente un personaggio d'alto rango; questo elemento contrasta con l'idea diffusa che la musica destinata
all'ascolto piuttosto che alla danza non fosse diffusa in Africa. Con l'espansione araba nel Nordafrica, tra il VII e il XII secolo, la
documentazione si arricchisce notevolmente, dandoci la possibilità di ricavare alcuni dati significativi: le fonti arabe parlano del
talento degli africani per la musica e la poesia e della loro versatililtà nella danza. Un epigramma arabo afferma: "Se un Nero
precipitasse dal cielo, di certo cadrebbe a ritmo". In un'antologia di "antichi documenti" compilata da John McCall (1998)[2] si
trovano informazioni sugli strumenti (loro natura, costruzione, tipo di musica che producono) e sui contesti musicali (cerimonie in
onore di regnanti, rituali di guarigione, divertimento). I tamburi vengono indicati come "surrogati del discorso parlato"[3]. La musica
vi viene descritta come composta da brevità delle frasi musicali, esteso impiego della ripetizione come principio organizzatore, largo
ricorso alla polifonia vocale e strumentale.
Caratteristiche distinte
Scale e polifonia
Sistemi di scala variano tra le regioni: ci sono scale diatoniche ma le scale pentatoniche sono anche molto diffuse. Gli intervalli sono
spesso diversi da quelli usati nella musica europea. I sistemi delle scale variano da zona a zona ma generalmente il più diffuso è
quello di tipo pentatonico (5 note), tipico dei Boscimani, dei Bantù e degli Ottentotti, mentre gli intervalli sono spesso paralleli (di
solito, terzo, quarto e quinto).
Oltre agli strumenti in senso proprio, troviamo una serie di oggetti che pur non essendo classificabili come strumenti, vengono di
fatto suonati e definiti da queste stesse popolazioni come "strumenti ritmici", vale a dire: sonagli, pendagli, fischietti, bracciali,
conchiglie ecc. Fra di essi uno dei più antichi fu l'arco, che oltre alla funzione di arma, nel caso dei Boscimani, grazie alla corda
pizzicata o toccata, amplificata da vasi di legno o zucche vuote posti all'estremità, assunse anche il ruolo di strumento.
Idiofoni: il suono è prodotto dallo strumento stesso senza particolari ausili o supporti.
Membranofoni: il suono è prodotto da una o più membrane che vengono battute con le mani o con bastoni fusolati.
af
Cordofoni: il suono è prodotto da corde, in cuoio o in nylon, che vengono pizzicate.
Aerofoni: il suono è prodotto dal fiato del musicista e canalizzato dallo strumento stesso.
Anche il canto, spesso affidato alle donne durante le varie celebrazioni, riveste una particolare importanza nell'ambito della musica
africana.
Il grande numero di tamburi usato nella musica tradizionale africana include il tama (tamburi parlanti), il bougarabou e il djembe
nell'Africa occidentale, tamburi ad acqua nell'Africa centrale e tipi diversi di tamburi spesso chiamati engoma o ngoma nell'Africa
meridionale.
Il timbro
In molte culture di musica africana, vi è una preferenza per il "chiassoso" lamellafono. Nei lamellafoni, anelli di metallo sono messi
dentro un'asta per creare un ronzio. Un altro esempio è dato da membrane fatte da tele di ragno legate alle aperture di risuonatori di
calabash in alcuni tipi di xilofono. Le voci, diversamente dallo stile occidentale, possono essere anche roche e gutturali. Come pelle
del tamburo viene usata la pelle di vari animali: questa viene tesa ad una delle estremità del fusto.
Perciò, da un punto di vista interculturale, la musica africana e la danza devono essere viste in collegamento molto stretto. La
classificazione del fenomeno di questa area della cultura, in "musica" e "danza", è estraneo a molte culture africane.
C'è un collegamento molto stretto tra la struttura poliritmica della musica africana e la struttura policentrica di molte danze africane
nelle quali parti diverse del corpo si muovono secondo componenti ritmiche diverse.
La musica è ancora oggi estremamente funzionale nella vita africana, accompagnando sempre i momenti più importanti della vita
come la nascita, il matrimonio, la caccia e anche le attività politiche. Molta musica esiste solamente per divertimento, variando da
canzoni narrative a teatro musicale estremamente stilizzato. Somiglianze con altre culture, particolarmente l'indiana e la medio-
orientale, possono essere attribuite principalmente alle invasioni islamiche.
Afropop
Afropop è un termine a volte usato per descrivere la musica contemporanea del pop africano. Caratterizzato da una miscela di danze e
suoni tra musica pop americana e musica africana, Afropop non si riferisce a uno stile specifico o al suono musicale, ma la parola è
usata come termine generale per la musica popolare africano.
Musica popolare
Generi di musica africana e popolare comprendono:
Note
1. ^ Kofi Agawu, Effetti del colonialismo sulla musica africana, in: Enciclopedia della musica, V
, L'Unità della musica,
Torino 2005, pp. 5-31
2. ^ The representation of African music in early documents, in: R. M. Stone (a cura di), The Garland Encyclopedia of
World Music, I. Africa, Garland, New York - London, pp. 74-99
3. ^ K. Agawu, cit., Pag. 9
Bibliografia
Hugh Tracey (1961). The evolution of Africanmusic and its function in the present day . Johannesburg: Institute for
the Study of Man in Africa.
Lomax, Alan: Folk song style and culture. American Association for the Advancement of Science, Publication No. 88,
Washingthon 1968.
Lomax, Alan, Bertenieff, Irmgaard, Paulay, Forrestine: Choreometrics: a method for the study or cross-cultural
pattern in film. Research Film, Vol 6, No. 6, Göttingen 1969.
Koetting, James T, Africa/Ghana, in Worlds of Music: An Introduction to the Music of the World's Peoples, Second
edition, New York, Schirmer Books, 1992,pp. 67-104, ISBN 0-02-872602-2.
Gerhard Kubik Zum Verstehen Afrikanischer Musik, Aufsätze, Reihe: Ethnologie: Forschung und Wissenschaft, Bd.
7, 2., aktualisierte und ergänzte Auflage, 2004, 448 S.ISBN 3-8258-7800-7 (in lingua tedesca)
Simon, Artur (Ed.), "Musik in Afrika", (Staatliche Museen) Berlin 1983 (in lingua tedesca)
Bender, Wolfgang: Sweet Mother - Moderne afrikanische Musik, 1985, rickster
T Verlag, München. ISBN 3-923804-
10-5 (in lingua tedesca)
Voci correlate
Musica afroamericana
Collegamenti esterni
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