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ALAN LOMAX

DI MARCO RANALDI (PUBBLICATO SU ALIAS 3.2017)

Quando Alan Lomax arriva in Italia nel 1954 comprende che il suo lavoro di ricerca e di raccolta non sarà
semplice, poiché, dopo aver esaustivamente studiato la geografia del territorio da un punto di vista
antropologico, si capacita del fatto che la nostra penisola presentava molte origini musicali, diverse una
dall’altra e quindi era necessario scandagliare come un palombaro, i mari soprattutto del Sud Italia. Sarà un
lavoro estenuante, difficile, periglioso e in parte poco compreso dalla cultura italiana. Ernesto De Martino,
pietra miliare della ricerca antropologica nel Sud Italia, aveva da poco iniziato le sue imprese nelle terre dei
misteri ma la sua grande opera di messa a punto arriverà dopo che e con Lomax avrà prodotto i suoi
risultati che ci permetteranno di leggere la cultura profonda della nostra terra in modo nuovo e diverso,
soprattutto in modo approfondito. Alan Lomax nasce il 31 gennaio del 1915 a Austin. E’ con il padre
etnomusicologo che inizia la ricerca sul campo nel sud degli States e con il tempo continuerà quel lavoro
giovanile interessandosi alla popular music soprattutto come mezzo di rivolta e affermazione dei diritti
sociali. Non è un caso che la sua militanza con Woddy Guthrye e la sua ricerca dei canti dei neri detenuti
nelle carceri americane, lo porterà al rango di indagato dall’FBI come scomodo, come minaccia. Siamo nel
1940. Dopo questo periodo, Lomax si interessa sempre di più di politica ed è negli ambienti comunisti
americani che opererà, tanto che questa appartenenza non gli darà vita facile. Le sue ricerche sul campo, le
sue registrazioni iniziano ad interessare i vari dipartimenti di stato. Questa professione sfocerà nel
maestoso progetto di creare una enciclopedia sonora dei suoni popolari del mondo e lo farà grazie
all’apporto della Columbia Records che creerà una collana che si chiamerà Columbia World Library of Folk
and Primitive Music. Inizia a registrare spostandosi sovente, nel 1954 esce il primo volume della collana
discografica. Nel frattempo Lomax intreccia rapporti con la BBC e si trasferisce a Londra. Per l’emittente di
stato inglese produrrà, scriverà e condurrà una serie di programmi dedicati naturalmente alla cultura
popolare musicale. Ma la spinta di conoscere è forte, la forza di muoversi, di raccogliere, di scandagliare
quindi i fondali del mondo sonoro è veramente pari ad una forza di magma bollente. Lomax è un’anima in
fuga, la sua passione equivale al suo mondo interiore, sempre in tumulto, sempre attento alle novità, alla
ricerca. La sua appartenenza politica è necessaria per giustificare al mondo ciò che fa, ciò che gli serve.
D’altronde ciò che era successo in piccola età con il padre, ovvero sentire i racconti e i canti dei neri
maltrattati e vessati dall’uomo bianco, lo segnerà per tutta la vita. Fugge dall’America, fugge dall’Inghilterra,
arriva in Spagna, si lega ai movimenti anti fascisti, ricerca, cattura suoni ed immagini. Ma fugge anche da lì,
probabilmente Lomax cerca un mondo più giusto, più umano. Arriva quindi il 1954 e carico di un furgone
Volkswagen malmesso e di una serie di nastri, registratori , rullini e macchine fotografiche e cartine,
approda in Italia. Il suo viaggio sarà lunghissimo e periglioso e lo vedrà passare dal Sud al Nord, dalla Puglia,
alla Calabria, alla Sicilia (la Lucania era già stata battuta da Carpitella) per poi salire fino in Liguria. Passa da
Roma ovviamente dove da poco è stato istituito quel pezzo importante di cultura italiana che è il Centro
Nazionale di Studi di Musica Popolare diretto a quei tempi da Giorgio Nataletti che lo accoglie e gli mette a
disposizione quello che all’epoca l’istituto già possedeva grazie alla ricerche condotte da De Martino.
Ovviamente l’Istituto non ha soldi, ma Lomax è forte della collaborazione con la BBC che in parte finanzia il
suo viaggio. Nataletti però lo fa affiancare da Diego Carpitella, giovane etnomusicologo che aveva già
iniziato a collaborare con De Martino. La presenza di Carpitella è stimolante per Lomax, infatti la sua
praticità, la conoscenza del territorio e soprattutto la passione, rendono le ricerche molto interessanti,
anche divertenti. Lomax, nel frattempo raccoglie quello che vede, registra e sente in una serie di quaderni,
quaderni che verranno sottratti al suo possesso in quel di Salerno, ma che in parte saranno recuperati in
una memoria cartacea che è oggi arrivata a noi grazie a Goffredo Plastino. Quest’ultimo è forse colui che ha
ereditato l’idea di Lomax e nel suo insegnamento di etnomusicologia all’Università di Newcastle prosegue il
proprio pensiero che nasce da quello del suo maestro che è stato Diego Carpitella. Plastino è memoria e
così si esprime su Lomax “ Penso che Lomax quando arrivò in Italia capì ciò che mancava e quindi quello che
doveva ricercare era tanto. Lomax, come ha osservato Leydi ha fatto si che la sua presenza in Italia fosse
decisiva per lo sviluppo di una ricerca etnomusicologica moderna e culturalmente aperta nel nostro paese.
Il lavoro di Lomax in Italia ha influenzato anche Carpitella. Quindi dobbiamo molto a Lomax non solo per il
suo contributo di ricercatore e innovatore ma anche per aver messo a disposizione un corpus di
registrazioni sonore eccellenti per qualità tecnica e musicale”. Lomax si battè molto per veder edito su disco
quanto aveva ricercato in Italia ed oggi le sue registrazioni, come sottolinea Plastino sono necessarie e
fondamentali. La sua vita continuò ancora fra una serie di ricerche, non tornò in Italia ma in quel tempo che
passò, quasi due anni, ebbe modo di intessere relazioni con molti intellettuali fra cui Moravia e Pasolini.
Quest’ultimo, che fu molto attento alle tradizioni poetiche orali italiane, attinse a piene mani alle ricerche e
alle registrazioni di Lomax, dimenticandosi però di citarlo in un film come Decameron che ha nella colonna
sonora proprio una parte del corpus lomaxiano. Vittorio De Seta invece, nel creare le varie colonne sonore
dei suoi film documentari, non mancherà di far uso del materiale di Lomax e di citarlo come era giusto che
fosse. Continuò a tenere relazioni con la nostra cultura, prima di andarsene cercò in tutti i modi di poter
diffondere le proprie ricerche con la Rai ma non ci fu verso. Ebbe però la possibilità di pubblicare alcune
memorie ed analisi della sua esperienza italiana come è oggi possibile leggere Ascoltate le colline cantano
(Santa Cecilia 1956), Nuove ipotesi sul canto folkloristico italiano (Nuovi argomenti 1956), L’esperienza
etnomusicologica con Diego Carpitella (Materiali di antropologia visiva 4 1992).

Morì a Safety Harbor il 19 luglio 2002. Il suo patrimonio lasciato è ricchissimo di registrazioni e di
pubblicazioni cartacee, che oggi comunque sono reperibili in diversi cd mentre in rete è tutto reperibile sia
su un canale Youtube che su www.culturalequity.org. Certamente il suo contributo alla scoperta della
storia dei popoli fu estremamente interessante e fondamentale. A parte ciò che riuscì a fare in Italia, non
solo al Sud ma anche al Nord fu il vero scopritore della tradizione del blues, fu un propagatore di idee
libertarie di prim’ordine, fu colui che in qualche modo tutelò, attraverso il suo registratore tanti neri
americani. Di lui oggi, soprattutto in Italia non rimane molto, non esistono piazze (tipicamente italiane),
monumenti equestri o targhe ma esiste chi come Goffredo Plastino porta avanti un pensiero, di conoscenza
certo ma soprattutto di libertà civile e sociale. E questo, in tempi in cui il pericolo di forti pressioni fasciste e
conservatrici è forte, non è veramente poco.

Fuori i libri

Lomax in vita scrisse i seguenti libri: American Folksong and Folklore: A Regional Bibliography (1942 scritto
con Sidney R. Cowell) (1942), Freedom Songs of the United Nations (scritto con Svatava Jakobson) (1943)
Folk Song: USA (1947), Mister Jelly Roll (1950), Folk song Style and culture (1968), The rainbowb Sign
(1959), The Folk Song of North America (1960) The Leadbelly Songbook (1962), 3000 Years of Black Poetry
(1969),Cantometrics: A Method in music Antropologhy (1976), Index of world songs (1977), , The Land
Where The Blues Began (1993).

Collaborò anche agli scritti del padre John American Ballads and folksongs (1934) Negro Folksongs as Sung
by Leadbelly (1936)

In Italia esistono solo due volume tradotti ovvero L’anno più felice della mia vita . Un viaggio in Italia (1944-
45) curato da Goffredo Plastino ed edito da Saggiatore nel 2008 che contiene oltre ai diari di Lomax anche
una lunga nota della figlia Anna Lomax Wood che una presentazione di Martin Scorsese. Precedentemente
sempre presso lo stesso editore è stato edito nel 2005 La terra del blues Delta del Missisipi. Viaggio
all’origine della musica nera. Goffredo Plastino ha edito il fondamentale volume La musica folk . Storie,
protagonisti del revival in Italia , Il Saggiatore 2016 dove è evidente il chiaro riferimento all’opera di Lomax.
Invece di Diego Carpitella è indispensabile leggere Folklore e analisi differenziale di culture edito da Bulzoni
nel 1976 (frutto degli insegnamenti alla Sapienza) ma ancor di più la raccolta di interviste edito da Ponte
delle grazie nel 1993 dal titolo Conversazioni sulla musica. Lezioni, conferenze, trasmissioni radiofoniche
(1955-1990) dove sovente ci sono memorie dell’esperienza con Lomax. Lo stesso dicasi per Ernesto De
Martino del quale è utile consultare Note di campo edito da Argo nel 1995. Di Roberto Leydi infine è utile
leggere L’altra musica. Etnomusicologia edito nella collana Le sfere da Ricordi nel 2008. E’ curioso invece il
volumetto che scrisse nel 1958 sempre per Ricordi dal titolo Eroi e fuorilegge nelle ballata popolare
americana.

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