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STORIA DELLA LETTERATURA LATINA

23/09/2019
Prof.ssa Francesca Boldrer
1° SLIDE

-> Immagine di Ovidio "pensatore" (Sulmona): ben diversa dal suo essere "leggero e arguto", è relativa alla
fine della sua vita.

Nel Medioevo e Rinascimento la Spagna considerava Ovidio un moralizzatore, un modello di moralitas


(attenzione particolare all'ultima fase della sua vita).

Non è da sottovalutare, è lui che ricorda il circolo di Mecenate e il canone elegiaco.

-> "Sit orator tinctus litteris...", Cicerone.

"littera": "lettera dell'alfabeto" al singolare, "epistola", "letteratura" al plurale.

"gramma" greco: "grammatica", "lettera".

C'è un forte legame da parte dei latini con l'alfabeto greco (mediazione etrusca); l'idea è quella di una
letteratura scritta e non orale, che nasce nel III secolo a.C., diversamente dai Greci, che prediligono la
trasmissione orale.

Legame oratore-letteratura secondo Cicerone: la metafora dell'oratore che è tinto di colore (porpora,
rosso), un colore che da lustro e pregio.

Maestro di Cicerone fu Marco Antonio, antenato del Marco Antonio politico, non amante della letteratura
ma maestro di retorica, e lui usò la frase. Come mai? Marco Antonio amava l'esperienza diretta, la prova nel
foro, e per questo forse l'utilizzo del congiuntivo concessivo (non esortativo!) "sit".

Cicerone parla di sè stesso nella sua sentenza.

-> Frase di Virgilio

Celebrazione del poeta mitico Dafni; Dante definisce Virgilio "divino poeta".

Virgilio descrive una scena agreste, applicando figure di suono ricercate -> ricerca stilistica + belle immagini
raffinate.

-> "Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quello che ha da dire", "Perché leggere i classici"
(definizione n. 6), Calvino.

"classico": libro che in ogni tempo è rimasto nella memoria, riconosciuto come modello e punto di
riferimento (distinzione tra classico antico e moderno).

"Ogni lettura è una rilettura" - rapporto con i classici difficile.

"Il sentiero dei nidi di ragno": negazione armonia classica, a poco a poco riacquisita riscoprendo gli studi e
gli spunti forniti dai classici.
LETTERATURA LATINA (COLLEGAMENTI):

 Cultura italica/etrusca - tenuta sempre presente.


 Vita rustica - lessico:

"pecunia" -> "pecus" -> "denaro/gregge"

"laetus" -> "lieto, felice/rigoglioso, fertile"

L'agricoltura è un'attività prestigiosa, tanto che le prime opere letterarie latine sono riconducibili al mondo
agreste: sono il "De agri cultura" di Catone e il "De re rustica" di Varrone. Non mancano anche i dodici libri
del trattato di Columella.

 Legame con la letteratura greca:

I Romani erano bilingue, molto spesso avevano maestri di greco in casa per imparare la lingua (es. Cicerone,
Augusto); non si lamentano della fatica del tradurre, ma sono consapevoli della loro scarsezza lessicale, e
fanno uno sforzo proprio di traduzione.

Emulare: imitare cercando di superare di livello.

 Valori (pietas, fides, virtus, humanitas), influssi su culture:

Pietas -> rispetto degli dei, della patria, dei genitori.

Virtus, nel suo valore filosofico e militare.

Fides -> nel lessico amoroso, è il patto tra amanti.

Humanitas -> "philantropia" greca - è un elemento culturale, di curiosità verso il prossimo (Nevio, Terenzio,
Cicerone, Virgilio).

 Matrice delle lingue neolatine, modello delle letterature.


 Interesse per la storia romana.

PROSPETTO DIACRONICO:

* Fase preletteraria (753-240 a.C.)

Varrone colloca l'anno di fondazione della città nel 753 a.C., anno indicato con il nome dei consoli o con
l'espressione "Ab Urbe condita"; il 240 è l'anno d'inizio della letteratura latina.

* Età Arcaica (240-ca.79 a.C.)

Nel 79 abbiamo la fine del governo di Silla, e l'affermazione di Cicerone.

* Età Classica (78-31 a.C.)

Il 78 è l'anno della battaglia di Azio, dove Ottaviano vince contro Marco Antonio e Cleopatra; nel 31 cade la
repubblica con la nomina di Tiberio.

* Età Augustea (31 a.C.-14 d.C.)

Si creano i primi circoli letterari, con Virgilio, Orazio, Properzio; nel 14 d.C. muore Augusto.

* Età Imperiale (14-476 d.C.)


"LA DATA UFFICIALE DI INIZIO DELLA LETTERATURA LATINA", dal "Brutus", Cicerone.

È una delle tre opere retoriche ciceroniane, una raccolta di giudizi su vari oratori e scrittori generali.

Nel 240 a.C. fu Livio Andronico a mettere in scena la prima fabula; lui era un greco di Taranto ridotto in
schiavitù, un liberto che come tale aveva assunto il nome del proprio patrono.

"fabula" -> "opera teatrale", forse tragedia.

Cicerone spiega la sua idea sulla storia dell'oratoria: si rende conto che i ricordi stanno svanendo, e fa un
gran lavoro per salvare le memorie di storia e oratoria. Decide così di riportare le sue orazioni per iscritto,
diversamente da ciò che fecero i suoi predecessori.

24/09/2019

STORIA DELLA LETTERATURA LATINA.

Francesco De Sanctis diede il via all'IMPOSTAZIONE LETTERARIA.

* Aspetto civile: c'è frequentemente nelle opere della maturità.

* Aspetto cronologico, diacronico: es. commedia genere dell'Età Arcaica, di Plauto e Terenzio.

Della letteratura latina è rimasto molto meno della letteratura greca, perciò ogni giudizio deve essere in
qualche modo misurato.

* Approccio per generi letterari.

* Approccio globale: tanti aspetti, interdisciplinarietà.

Rapporto con l'archeologia, attraverso fonti letterarie, antropologia.

* Approccio filosofico-linguistico: ricerca fonti e modelli, in Germania "kwellen forcun", "ricerca delle fonti",
ogni testo letterario è un punto di arrivo e fa parte della tradizione.

Modelli: allusività, tutti i poeti latini alludono ad essi (gioco a volte sottile, implica un pubblico colto, sono
riferimenti mai facili o semplici).

* Rapporto con cultura greca.

Importanza fortuna e ricezione: fama, influsso sulla civiltà europea.

Pochi autori originari di Roma, molto spesso provenivano dall'Italia, partendo dal Sud fino alla Cisalpina
(divisione in regioni a partire da Augusto, 9 a.C.).

Prospettiva sincronica: studio di una certa epoca e di un certo periodo, spicca in particolare l'Età Augustea
(dalla Battaglia di Azio alla morte di Augusto), l'estesa presenza di autori di grande rilievo, è l'ultima fase
repubblicana e l'inizio della fase Imperiale.

Si ricorda Virgilio che subì la confisca delle terre dopo i Filippi; particolarmente forte l'arte allusiva in Età
Augustea, con i modelli classici greci e tra di loro, è un gioco ed è difficile capire a volte quale delle opere di
diversi autori sia stata scritta prima.
GENERI LETTERARI:

 Poesia epica/didascalica sempre in esametri, tranne forse all'inizio saturni; genere più elevato dal
punto di vista contenutistico e stilistico.
 Epica didascalica: vuole insegnare discipline stilistiche e pratiche (es. agricoltura nelle "Georgiche").
 Tragedia: Seneca, Età Neroniana, ma nell'Età Arcaica tutti i poeti si cimentavano nella "poikilia",
nella "versatilità, gli autori erano "poligrafi", capaci di affrontare diversi generi letterari. Ovidio
scrisse una tragedia, "Medea", perduta, e il Seneca tragediografo.
 Commedia: di epoca Arcaica, con Terenzio, Plauto, Menandro, i generi comici raffinati e meno, i
Fescennini versus; i romani amavano andare a teatro.
 Satira: genere più distribuito, dall'Età Arcaica di Lucilio, poi Orazio Età Augustea, poi Persio e
Giovenale. Quintiliano dice "Satura tota nostra est", non ha modello greco. La satira unisce l'attacco
alla critica.
 Lirica: nel mondo greco è un genere enorme, con Alceo, Saffo, Anacreonte; nel mondo romano
Catullo, "neoteros" e "poeta novus", e le "Odi" dell'Orazio lirico; spesso inizia le sue odi con un
motto iniziale, un'allusione di partenza da cui sviluppa lo svolgimento.
 Elegia: poesia soggettiva d'amore, non è chiara nei Greci, e non era autobiografica; in Grecia c'era
l'epigramma, composta da esametro e pentametro; Catullo non è considerato elegiaco, pechè non
scrisse solo in distici (canone fissato da Ovidio).
 Epigramma: da "epigrafe", genere di brevità, di metro vario e varia lunghezza, mordace e
soggettivo, il massimo rappresentante è Marziale (Età Imperiale), ma anche altri come Properzio.
 Epistole in versi: Orazio, epistole filosofiche, che gli conferiscono dignità letteraria.

Prosa:

 Storiografia: genere coltivato da membri della classe dirigente, protagonisti della storia o che
detenevano conoscenze - lo storico non si limita a riportare i fatti, ma li interpreta (Tucidide ricerca
le cause = eziologia; "aition" = "causa" greca), storia significa "ricerca", storia impostata con spirito
critico.
 Oratoria: l'oratore è l'uomo politico, avvocato, nella condizione di partecipazione alla vita civile,
alcuni si limitavano alla forma orale, altri a quella scritta (grazie a Cicerone), è un genere che si
trasforma; inizia con Catone Censore, il "Brutus" di Cicerone, Livio Andronico, ottime competenze.
 Retorica: trattatistica su come si scrivono orazioni non solo nelle nozioni tecniche, ma anche nel
contesto sociale/culturale.
 Biografia: parte storiografia, valenze celebrative, es. Svetonio, Cornelio Nepote ne "De viris
illustribus"
 Trattati scientifici: eruditi se hanno un valore stilistico diventano parte della letteratura, "Ars
Amatoria" di Ovidio, "Ars Poetica" di Orazio, sono considerate epistole didattiche; anche Cicerone,
con i trattati in forma di dialogo, e i trattati di Seneca "Naturales Quaestines".
 Romanzo: raro nel mondo antico, nel mondo greco si sviluppa nell'Età Ellenistica, con Petronio e
Apuleio.
 Prosimetro: Satira Menippea, ispirata a Menippo di Gadara, di Varrone.

FASE PRELETTERARIA: PRODUZIONE.


 Fase Preletteraria: fase anteriore al 240 (dal 753 a.C.), avvengono moltissimi fatti, i Sette Re (fase a
cui spesso si richiamano i successori, Romolo, Numa, Tarquini), dal 509 cacciata di Tarquinio Il
Superbo e inizio repubblica): forme orali e scritte, che si discostano dal linguaggio quotidiano, i
"carmina" ("forme caraterizzate da un ritmo"; vantano una ricerca nel ritmo e nel suono), ne
abbiamo testimonianza da forme indirette fornite dai posteri; ci sono forme musicali, allitterazioni
ed elaborazioni.

Carmina: carmina sacrali (carmina religiosi, carmen fratrum arvalium, carmen saliare - danza eseguita
saltando in cerchio), carmina convivalia (legati ai banchetti), carmina triumphalia (intonati ai trionfi da parte
dei soldati, a volte anche nei toni beffardi - anche Cesare), ninne nanne e incantesimi.

Laudatio funebris: durante i funerali, componente storica + lodi defunto, era legato ai membri della gens,
aristocrazia + memorie biografiche.

Teatro: versi Fescennini – scambi di battute dal linguaggio volgare e osceno, fabula Atellana – farsa
popolare improvvisata con maschere fisse, satura preletteraria - forma teatrale etrusca, portata da istrioni
etruschi, genere per scopi apotropaici, per allontanare la pestilenza o festeggiare, gli etruschi si
scambiavano facezie.

 Forme scritte preletterarie:

Annales maximi: resoconti annuali dei pontefici, registrazioni fatti avvenuti nell'arco dell'anno, fatti di
cronaca, il nome lo ritroviamo in Ennio, poeta epico che scrive gli "Annales" sulla storia di Roma dalle origini
ai suoi tempi, impostazione annalistica, l'"Ab Urbe Condita" di Tito Livio.

Leggi delle XII Tavole.

Elogia: parallelo alle orationes funebres nell’ambito scritto, sono incise su sarcofagi, brevi, e aggiungono in
versi cose/notizie oltre il nome del personaggio.

Forme orali e scritte: orationes (Appio Claudio Cieco, 240)

Le prime forme letterarie nascono per motivi ornamentali, poi per scopo pubblico, amministrativo,
privato/celebrativo, prerogative per classi elevate.

La letteratura latina parte da condizioni sociali umili (Ennio era un liberto), non hanno origini nobili tranne
la storiografia, controllata dall'aristocrazia per tramandare e divulgare fatti.

"LE ORIGINI DEL TEATRO A ROMA" Livio, "Ab Urbe condita".

Tito Livio, origine su letteratura preletteraria (testo).

Costruzione personale.

Livio si sofferma sulle origini delle forme teatrali.

Mimo: commedia teatrale leggera.

"LA DATA DI INZIO UFFICIALE DELLA LETTERATURA LATINA" Cicerone, "Brutus"

Nel "Brutus" c'è la storia dell'eloquenza, dell'oratoria greca e latina, e degli autori più importanti.
Nome e cognomen preso dai genitori, il prenomen cambia.

"traditio lampadis": "consegna della fiaccola".

"decumo": arcaismo del contesto, suggerito dal fatto che Livio Andronico è arcaico.

"cinquecento decimo quarto".

"scriptor": "storico".

La nostra storia della letteratura si basa su studi antichi e moderni.

Servio, il più noto commentatore di Virgilio, è un grammatico vissuto nella tarda Età Imperiale (IV-V secolo)
è un maestro e diceva su Virgilio (?).

LIVIO ANDRONICO (III sec. A.C., Taranto, 240 a.C. fabula)

"padre della letteratura", nasce a Taranto, diviene schiavo dopo la presa della città, è schiavo di Livio
Salinatore e pedagogo dei figli, venne affrancato, fu poeta molto premiato (inno a Giunone prima della
Battaglia del Metauro, nel 207 a.C.), e venne premiato per questo a "capum collegium scibarum", in un
collegio sull'Aventino che voleva essere una sorta di museium, il "Museium d'Alessandria”.

Scrive un poema epico, l'"Odusia", tragedie e commedie.

“ODUSIA” di Livio Andronico

"Virum mihi, Camena, insece, versutum…" -> "Narra a me, o' Camena, l'uomo versatile...”

Parallelismo con il prologo dell’”Odissea” di Omero.

Allitterazione della “v”, e abilità, in greco è esametro, in latino è saturnio, metro accentuativo e non
quantitativo.

Livio sceglie l'Odissea e non l'Iliade perché era probabilmente più avventuroso, e tra le tappe di Ulisse ce ne
sono alcune in Italia (tematica più vicina).

Traina ha scelto una traduzione esegetica, a uso scolastico e più esplicativo; secondo lui Livio avrebbe
sostituito "Musa" per ragioni non solo campanilistiche, ma anche per avvicinarsi maggiormente al latino
con "Camena" (affinità con la parola "carmen") <- processo di romanizzazione.

C'è un'interessante variazione di metafora tra "le gambe che tremano" latino, e il "cuore raggelato" greco;
le modifiche sono dovute a una volontà quasi didattica, usata da Livio per apprezzamento da parte dal
popolo romano.

Uso "Odusia" invece che "Odysia" <- iniziale rifiuto dei grecismi, assimilati solo più tardi.

APPROFONDIMENTO SCEVOLA MARIOTTI <-

La poesia arcaica non va sottovalutata, "primitivo" non vuol dire "rozzo"; nella letteratura latina come
quella greca l'Età Arcaica è molto produttiva; abbiamo solo frammenti, perché ci sono solo citazioni
indirette, fatte da successivi autori latini.
Perché scrivere l’”Odissea” in latino? Per orgoglio nazionale, e per volontà di creare una propria letteratura:
non si usano grecismi, e si sostituisce l'esametro al saturnio. C'è orgoglio nazionale ma vicinanza al modello
greco.

L'Età Arcaica è vicina all'Ellenismo greco.

25/09/2019

STORIA DELLA LETTERATURA LATINA

Portare "Pro Archia" di Cicerone.

CN. NEVIO (Capua/Atella ? prima del 270 – Utica 201 a.C.)

Greco, scrive in versi latini <- Livio

Romano (capuano), cittadino libero, l'episodio che più spicca nella sua vita è l'episodio con i Metelli, con i
quali ebbe uno scambio di battute (risposta dei Metelli: saturnio perfetto).

4. TESTO DI NEVIO.

"Romae" <- locativo.

Battuta ironica e diretta, per la quale subì un processo.

Dopo Nevio verrà abbandonato il saturnio, e l'esametro diverrà il nuovo metro dell'epica.

“BELLUM POENICUM” di Nevio.

Nel "Bellum poenicum" si tratta la prima guerra punica, a cui aveva partecipato lui stesso; inizia dalle origini
mitiche di Roma, ha una parte iniziale "Archeologia" (= "racconto di cose antiche"), che racconta del mito di
Enea e Didone, famosissima rielaborazione Virgiliana del IV libro dell'Eneide.

Didone era la regina di Cartagine, che accolse Enea nel suo tragitto verso Italia; il mito attesta l'inizio di un
amore, interrotto per la missione di Enea di dover fondare una nuova patria -> inizio guerra Roma-
Cartagine. È una giusta premessa, dove è importante: l'argomento romano, l'abbandono del mito greco per
parlare di storia (interesse storico per la propria storia, molto movimentata).

Argomento storico, reale <- pragmatismo romano

Argomento in parte autobiografico, anche se nell'epica non risulta questo genere <-

Saturnio, metro stilistico romano + contenuto romano <-

Nevio scrisse anche tragedie e commedie, delle quali abbiamo però solo pochi frammenti.
APPROFONDIMENTO - SAGGIO CRITICO DI A. LA PENNA, "PRIMA LEZIONE DI LETTERATURA LATINA" <-

L'"Odissea" nasce come svago dopo la guerra, come un poema attraente.

A stimolare la scrittura della prima guerra punica sarebbe stato lo scoppio della seconda; scriverne ha fatto
in modo di mantenere per iscritto un ricordo molto importante.

Si mantiene ancora il saturnio, per conservarne l'identità di fronte agli influssi greci.

Ci sono due grandi eventi storici nel mondo greco: Peloponneso e Guerre Persiane - grande tragedia
persiana, guerra con Serse.

Digressione mitologica tra guerra Roma-Cartagine.

Elaborazione sistema di valori: interesse per il mos maiorum, per i valori romani.

I Romani sottolineano la forza degli avversari aumentando di conseguenza la propria; c'è rispetto per la
forza degli avversari. Si può quindi parlare di una certa "simpatia" ("sofferenza d'insieme") verso gli
avversari, di cui si parla e vengono riconosciuti i meriti.

"simpatia" -> "simpatizzare, avere interesse" - giudizio esterno di Virgilio verso Enea.

"empatia" -> maggior concetto di immedesimazione - giudizio passato attraverso il personaggio.

Q. ENNIO (Rudiae 239 – Roma 169 a.C.)

Cicerone lo ammira, è il più grande poeta epico prima di Virgilio.

Cittadino libero, scoperto in qualche modo da Catone Censore.

Aveva "tre cuori": romano (ottenimento città romana), greco (ammirazione cultura greca, provenienza da
Rudiae), apulo (osco?).

Era detto "graeculus" per i suoi studi greci.

Ennio parlerà della pluralità di patrie che ha ogni uomo, nessuna delle quali dev'essere dimenticata.

All'inizio tutti gli autori sono di umili origini, ma ben formati, colti, anche grazie a mecenati; all'inizio la
letteratura non è materia della classe dirigente, viene affidata ad altri.

FRAMMENTO ENNIO N1.

Idea di una scena di danza.

Invocazione musa, divinità greca.

Omaggio alla civiltà greca.

Uso esametro, invocazione musa, presentazione argumentum <- elementi fissi epica greca

Il titolo rimanda agli "Annales maximi" (letteratura greca): abbiamo ancora storia romana Ab Urbe condita,
secondo una sequenza annalistica a partire però dall'invocazione alle muse.

Nuova caratteristica poesia romana: unione greco-latino.


ENNIO – fr. 156.

"stat" - "sto", verbo del soldato che resiste.

Verso aureo: verso che ha il verbo al centro e ai lati i nomi con un aggettivo (nome con proprio aggettivo
per essere un verso aureo perfetto) - simmetria rispetto a "stat", collocazione ricercata e raffinata.

Iperbati.

"mores" - la res publica si fonda sui costumi, che determinano le caratteristiche di un popolo ("Ab Urbe
condita" di Livio).

ENNIO – fr. 451.

Parola onomatopeica - elemento musicale.

Stranezza del verso, che ha fatto in modo di essere tramandato.

ENNIO – fr. sulla slide.

"O Tite tute Tuti, tibi tanta, tyranne, tulisti."

Allitterazione, assonanze, paranomasie.

Frase di sotto indicativa - atteggiamento poetae novi - Callimaco.

METRICA.

Metro: schema ritmico.

Esametro: 6 unità di misura, metro di origine greca (epica, poesia bucolica e satirica), anche sermi
(contenuto semplice, ma metro alto).

Piede: unità ritmica minima.

Metrica: teoria della versificazione, uso di metri o schemi ritmici.

Prosodia: studio quantità sillabe per la versificazione.

I metri greci e latini sentivano una quantità di vocali diverse, il metro italiano è accentuativo.

Nella lettura moderna degli esametri si usa accentuare la prima sillaba; ci sono sei accenti, uno all'inizio di
ogni piede che fa parte dell'esametro.

Dattilo: piede formato da tre sillabe, una lunga e due brevi.

Spondeo: piede formato da due sillabe, due lunghe, quantitativamente uguale al dattilo.

Trocheo: piede formato da due sillabe, una lunga e una breve.

Esametro dattilico: metro costituito da 6 dattili, o da 5 dattili completi + 1 dattilo catalettico (= 1 spondeo o
1 trocheo).

NB: Nell’esametro il dattilo può essere sostituito da uno spondeo nei primi quattro piedi (il quinto piede è
quasi sempre un dattilo, e in questo caso si parla di esametro spondiaco o spondaico).
LEGENDA: due brevi = una lunga.

Ancipite: ultima sillaba, può avere quantità lunga o breve.

Il dattilo non viene di solito sostituito, se così fosse farebbe perdere all'esametro dattilico la sua identità.

Clausola: tre sillabe + due, il quinto piede non può essere mai sostituito

Come riconoscere le sillabe? Regole pratiche.

1. Se dittongo la sillaba è sempre lunga.


2. Se chiusa è sempre lunga.
3. Se aperta può essere breve o lunga a seconda delle vocali.
4. L’accento cade sulla penultima sillaba se è lunga, sulla terzultima se la penultima è breve.
5. Una vocale davanti a un’altra è breve.
6. È utile ricordare la quantità di desinenze (consultare il vocabolario).

Esempi su frammento di Ennio.

"Mùsae, quaè pedibùs magnùm pulsàtis Olùmpum."

--; -uu; --; --; -uu; --;

spondeo - dattilo - spondeo - spondeo - dattilo - spondeo;

“Moribus antiquis res stat Romana virisque.”

-uu; --; --; --; -uu; -u;

dattilo – spondeo – spondeo – spondeo – dattilo – trocheo;

Sinalefe/Sinifesi: quando una parola finisce per vocale, e la successiva inizia per vocale, le due si uniscono.
La fusione vale tra vocale e vocale, ma avviene anche se la parola precedente finisce per vocale + "m". È
importante perché invece di due sillabe ne abbiamo una.

“Virtus scire homini rectum utile quid sit honestum.”

(?)

IMPARARE LA METRICA!

Citazioni indirette: citazioni fatte indirettamente da autori successivi.

01/10/2019

STORIA DELLA LETTERATURA LATINA


SLIDE ANNO 2015/2016, PASSWORD: “taratantara”.

Episodio di Ila.

Ennio: massimo poeta epico.

T. MACCIO PLAUTO.

Plauto con Terenzio e Cecilio Tazio è uno dei massimi autori di teatro. Ci sono tre fasi nel teatro greco: la
più arcaica di Aristofane, più aggressiva e mordace, una fase d mezzo e una fase nuova, con Menandro e la
commedia borghese.

Plauto ambienta le sue commedie in Grecia ci sono le commedie in ambito greco e quelle in ambito
romano. La commedia preferita è la PALLIATA, da “pallium” (“mantello” in greco), ambientata in Grecia e
con maschere come il “miles gloriosus”, il “servus currens”, etc. Esistono anche le TOGATE, nome che
deriva dall’abito usato dagli autori, è una commedia di ambito romano. Le tragedie sono COTURNATA e la
PRETEXTA; di tragedie abbiamo poco, non è il caso di soffermarcisi. Plauto coltiva soprattutto la palliata.
L’Ellenismo è contemporaneo alla nascita della letteratura latina. Plauto emula attraverso la contaminatio
la cultura greca; di lui vennero tramandate oltre 350 commedie, e abbiamo uno studio accurato e filologico
dell’individuazione delle commedie. Varrone si dedicò all’individuazione delle 21 commedie di Plauto.

{…}

VEDI LE SLIDE!

Commedie famose (vedi trame):

 “Amphitruo” – “Sosia”.

Plauto è solito creare delle maschere fisse, ma non si può dire ciò, per il fatto che ogni personaggio
presenta una propria caratterizzazione. Sono rimasti nella memoria il “servus calidus” o “currens” e molti
altri.

 “Aulularia” – “Avaro Euclione”


 “Miles gloriosus”.
 “Pseudolus”.

Frammento Plauto “Pseudolus 163”.

VEDI SCHEDA SU FILE PROF.

Arcaismo “revorta” per “reverta”.

Arcaismo “perversa”.

Prolessità e rindondanza di suoni.

Arcaismo morfologico “ii puere pre eo”, dove “puere” è il vocativo arcaico, e “pre eo”, è “preeo” c’è stata
una tmesi e un’anastrofe, un’inversione.

Linguaggio familiare.

TERENZIO.
Modo di scrivere più delicato, sensibile e umano. Ha sottolineato il valore dell’humanitas: “Homo sum,
humani nil a me alieno puto”, da “Il punitore di se stesso” (“Heautontimorumenos”), titolo scelto in greco.
Terenzio è un autore più sensibile, meno divertente.

Opere (vedi trame):

 “Hecira”
 Etc.

Frammento Terenzio “Heautontimorumenos, vv. 81”.

“Si quid…” -> “Si (ali)quid…”.

MARCO PORCIO CATONE, IL CENSORE.

Passato alla storia per la severità, l’anti-ellenismo e il culto del mos maiorum. L’unica opera pervenuta quasi
integralmente è il “De Agricoltura”. Lo stile è rude, ricco di imperativi futuri, ha uno stile molto utilitaristico,
pragmatico e pratico. A lui si deve il merito di aver sostenuto Ennio, che dopo aver condotto una campagna
in Sardegna durante la seconda guerra punica, lo porta a Roma. Catone viene caratterizzato da anti-
ellenismo, e difendeva strenuamente la cultura romana.

Frammento Catone, “Praecepta” o “Libri ad Marcum filium, 1 (“De Medicina”)”.

Dimostrazione anti-ellenismo. Emerge un atteggiamento conservatore diffidente, dove è centrale la


filosofia, in particolare quella epicurea che metteva in discussione ogni cosa.

Frammento Catone, “Orat. 128, Morel”.

Catone è un homo novus per proprio merito, famoso per la carica di censore e per l’oratoria. Cicerone lo
cita e lo stima molto, è lui a tramandare molti dei frammenti che abbiamo.

02/10/2019

STORIA DELLA LETTERATURA LATINA

MARTEDI’ 22 OTTOBRE POMERIGGIO, DALLE 14.30 ALLE 19; MERCOLEDI’ 23 OTTOBRE MATTINA, DALLE
9.30 ALLE 13 -> CONVEGNO ORGANIZZATO DAL LETTORATO DI LINGUE E CULTURE STORICHE SULLE LINGUE
ANTICHE (1CFU).

MERCOLEDI’ 23 OTTOBRE MATTINA NON C’E’ LEZIONE.

POETI TRAGICI: PACUVIO E ACCIO.


I due poeti erano molto apprezzati ed eruditi, si posero molti problemi lessicali e sulla lingua, inventando
addirittura dei nuovi vocaboli.

Pacuvius, fr. 408 R.

“Nerei repandirostrum incurvicervicum pecus.”

“Il gregge di Nereo dal muso ritorto e dalla curva groppa (: i delfini).”

Pacuvio cita Ennio per i neologismi.

I due aggettivi sono dei neologismi, sono degli “apax legomena”, sostantivi usati una sola volta nella
letteratura, sono parole sesquipedali (= di un piede e mezzo -> dalle quattro sillabe in su), e arcaiche. I suoni
sono aspri, non troppo melodici. C’è gusto per la lingua e il neologismo, c’è audacia <- erudizione rivelata
negli esperimenti linguistici. Le parole sono state inventate da lui o esistevano già? È difficile dirlo.

ACCIO.

Uno dei pochi autori latini di origine marchigiana; spesso citato da Cicerone, che ama citare poeti nelle sue
opere filosofiche (abbellimento opera, da spunti di riflessione – sentenze estrapolate per il loro valore
universale e morale – invito al perseguimento del mos maiorum, oppure viceversa celebrazione di un certo
comportamento o tipo di carattere).

Accius, Atreus, v.47.

(VEDI FRASE)

Sintesi comportamento del tiranno, è contento di essere odiato, vuole incutere timore per farsi rispettare.

Frase che ha ispirato Shakespeare nel “Macbeth”, figura del despota.

Ci sono anche pretextae, Accio scrive un “Brutus”, primo console dell’età repubblicana. Importante l’enfasi
retorica, il pathos e il gusto per il macabro, cosa che riaffiora più raramente più tardi, in autori come
Virgilio.

GAIO LUCILIO.

Padre della SATIRA, come lo presenta Orazio. Molte satire furono scritte prima: la satura etrusca e la satira
scenica, mentre questa è una satira letteraria. Orazio nell’”Ars Poetica”, un trattato su come scrivere
poesia, dice che la satira si può collegare alla commedia, entrambe hanno un elemento umoristico, ma la
satira vuole colpire/criticare i vizi, dare dei consigli di vita ed educare (es. “Medio est modus”). È nota
l’aggressività e le critiche molto mirate, che rivelano una grande sicurezza di sé, cosa che non si può dire di
Orazio, che non aveva tutta questa forza e sicurezza essendo figlio di un liberto. Lucilio appare molto sicuro
nell’attaccare persone; scrisse 30 libri di satire, che all’inizio furono scritte in metri vari, ma da un certo
punto in poi in esametri; Lucilio sancisce l’uso di esametri nella satira. C’è commistione tra una forma
metrica molto elevata e contenuti prosaici – contenuti che riguardano vizi, è un genere umile; il contrasto è
già satirico di per sé.
Saturae, vv. 1342.

Elogio della virtù anche negli “Epodi” di Orazio c’è un elogio, ma da parte di un usuraio.

La virtù è l’essere capace di/ il poter dare il giusto prezzo alle cose nelle quali ci troviamo.

Ricorrono temi quali l’ipocrisia, l’avidità, l’avarizia, la sete di potere, la gola (anche satirico Giovenale, con
l’episodio del rombo), i cacciatori di eredità, la misoginia, il contrasto tra poeti (attacchi tra plagiari per
imitazioni autorizzate e non), racconti di viaggio (“itinera”, iter come disavventura – argomenti più
divertenti), debolezze e vizi di ognuno

Realismo.

Lessico - sermo quotidianis, a meno che non ci sia dell’ironia non vengono usate parole molto elevate c’è
dell’umorismo e una forte arguzia.

Ci sono varie ipotesi su questa parola, un po’ particolare e anomala. Forse “satura lans” – “piatto di
primizie”, metafora per indicare la ricchezza del genere della satira. Etc.

Sinalefe, meglio aferesi: fusione tra la vocale finale e iniziale.

Interessante la parola “homo”, indica l’humanitas di Terenzio.

Importanza onestà, valore morale importante ma evidentemente non sempre rispettato.

LETTURA CRITICA DI A. LA PENNA, “PRIMA LEZIONE DI LETTERATURA LATINA”, PAG. 25.

Frammento di Ennio.

“Occiduntur. Ubi potitur ratu(s) Romolu(s) praedam.”

Prima curiosità: citazione di un verso a metà, cosa che aumenta la difficoltà nell’interpretazione. Si sta
parlando degli “Annales” di Ennio, se si parla di Romolo il frammento va collocato verosimilmente nel primo
libro, essendo Romolo il primo re di Roma (ipotesi).

La proposizione temporale, introdotta da “ubi”, non ha legame sintattico-persuasivo con il verbo che
precede, quindi “occiduntur” non può far parte della stessa frase, ma appartiene a una frase perduta.
Anche Valerio Flacco citava spesso il verbo pur non avendo senso compiuto.

La s di “ratus” e “Romolus” è elisa, non fa posizione, non chiude la sillaba, che è quindi breve. La s di “ratus”
è elisa a livello metrico e prosodico, viene abbandonata dai poetae novi, con Catullo. L’elisione, nella
maggioranza dei casi, avviene quando la sillaba lunga è preceduta da quella breve, quindi per completare il
dattilo. Altra curiosità metrica è “potitur”, da “potior”, della 4° coniugazione; questa anomalia la troviamo
nei verbi in -ior, che per esigenze metriche diventa verbo della 3° coniugazione. Qui dovrebbe reggere
l’ablativo, invece regge l’accusativo; poteva mettere “preda”, invece sceglie l’accusativo, a meno che non
sia un errore dei manoscritti (costruzione arcaica). La “sola difficoltà seria”, dice ironicamente La Penna, è il
senso di “ratus”, “certo, fermo, deciso”, nel senso passivo; all’attivo deriva da “reo”, quindi “credendo”.
Viene citato da un filologo un frammento dei “fasti” di Ovidio a confronto, che si colloca nella vita pastorale
di Romolo e Remo. I pastori reagiscono a un attacco di predoni, risolto coraggiosamente da Romolo; nota in
Ovidio “in ritus” “invano”, mentre in Ennio “ratus” vorrebbe dire “con successo” <- contrasto. Terza
interpretazione è “ratus”, “secondo suo disegno/progetto”, quindi il progetto di saccheggio. Il dubbio è così
a questo punto il punto dopo “praedam”. Un’idea per capire questo passo è trovare in autori successivi
passi simili.

Tentativo di ricostruire un insieme da poche informazioni.

VEDERE FILM “IL PRIMO RE”. <-

ETÀ CLASSICA.

Periodo che va dall’inizio del I secolo a.C. (79 a.C., anno indicativo di fine della dittatura di Silla – fine guerre
Mario e Silla, liste di proscrizione nella lunga guerra civile, ritiro “felix” di Silla) al 31 a.C. (Battaglia di Azio,
vittoria di Ottaviano, rimane la repubblica ma il potere va all’imperatore). Viene meno il dittatore, tornano i
consoli, il senato e i tribuni nella plebe; ci saranno altre due guerre civili. È un periodo politicamente molto
complesso, gli scritti sono di Cesare, Cicerone, Sallustio, Varrone, Cornelio Nepòte; altri rimasero ai margini,
come Catullo che non si rifiutò di ripercorrere il cursus honorum (contrario a mos maiorum), e Lucrezio. È
un periodo importante anche per la lingua latina, studiato nell’età classica, è il latino antico studiato ora
quello di Cesare e Cicerone; Cesare si occupò nell’otium anche di lingua, scrisse il manuale “analogia”,
sostenendo un teorema di “analogia” – paradigmi ripetitivi, modelli su cui improntarsi (lingua regolare,
escludendo eccezioni e forme particolari), e “anomalia” – amissione di tutte le varietà e gli aspetti della
lingua (grecismi, etc.), non viene stabilito un canone o un modello fisso (Cesare – lingua sobria, fine, sottile
ispirato a modelli quali Isocrate, etc.). La lingua va a collegarsi a due stili: Atticismo – stile sobrio, elegante,
apparentemente semplice su modelli analogici (Isocrate, Lisia, gli Attici -> Cesare); Asianesimo – stile ricco,
ampolloso esuberante, appassionato, sfruttando tutti gli elementi della lingua, duttile a seconda delle
esigenze <- Correnti linguistiche e stilistiche.

GIULIO CESARE.

Scrive diverse opere, anche un trattato analogico. È rimasto famoso per i suoi “Commentarii”, due diari di
guerra; non è un vero storico, per esserlo oltre a narrare i fatti è necessario saperli interpretare (Sallustio).
Si ritiene che i “Commentarii” fossero materiale utile per una successiva opera storica, come resoconti da
inviare al senato, per rendere conto delle varie campagne militari in Gallia (proconsole in una provincia
molto difficile, in gran parte sconosciuta). Parte suggestiva dei “Commentarii” sono le digressioni
etnografiche su flora e fauna, cultura e costumi delle popolazioni e delle provincie assoggettate. Roma si
espande, e il Nord è, molto dopo il Mediterraneo, l’ultima zona dove si spingono i romani. Compare il tema
della scarsa ricchezza al Nord, e viene esaltata la grande fierezza e coraggio, essendo forse meno addolciti
dall’humanitas prima della conquista romana.

“De bello Gallico” – 7 anni di spedizione romana in Gallia, provincia difficile e poco ambita dagli altri consoli.

“De bello civili” – aspetti diversi, che riguardando maggiormente la prima guerra civile, l’attraversamento
del Rubicone.

Il tutto è narrato in terza persona, mentre Cesare parla di sé (modello di Senofonte, “Anabasi”).

Rappresentate dell’atticismo dal punto di vista linguistico. Lingua misurata pratica, adatta alla realizzazione
di una grammatica.

PORTARE “PRO ARCHIA”.


07/10/2019

STORIA DELLA LETTERATURA LATINA

MODELLI DI LINGUA E STILE NEL I SEC. a.C.

Confronto caratteri linguistici e stilistici tra il II e il I scolo a.C.: se nell’età acaica c’è un continuo confronto
con il mondo greco (imitazione emulazione ravvicinata), nel I si delineano degli stili. Da una parte c’è
Cesare, seguace dell’analogia, altri che arcaizzano volontariamente (Lucrezio, Sallustio), si sfruttano al
massimo le potenzialità della lingua latina. Nella sintassi vale come obiettivo la chiarezza logica, la
prevalenza di paratassi (coordinate non troppo lunghe, scelta di forme di subordinate sintetiche, frequente
l’uso del nesso del relativo in Cesare, etc.).

 Cesare

Ablativi assoluti, molte subordinate relative o causali (volontà di chiarezza bisogno di giustificare sempre
qualunque cosa) – descrizione popolazione Celtica, chiara perché lontani dalla Provenza già civilizzata, non
ci sono scambi commerciali per abbellire o ingentilire la loro vita etc. alto riferimento all’humanitas. Tende
alla brevitas ma non va sottovalutato, nel “Brutus” arriva a parlare di Cesare, anche apprezzandolo,
parlando della sua “concisione limpida e brillante”. Per quanto riguarda lo stile, è coerente e attico, quindi
sobrio e misurato, di un’eleganza apparentemente semplice (modello: oratori Attici, come Lisia – non
Demostene). È apparentemente semplice, la traduzione risulta però difficoltosa.

 Cicerone

Da una parte per quanto riguarda la lingua segue l’anomalia (idea di lingua varia, aperta a tutte le forme
linguistiche). Ci sono arcaismi e poetismi (orna la sua prosa di continue citazioni poetiche, frammenti di
tradizione indiretta – il poeta è simile all’oratore). La sintassi è opposta a quella di Cesare, mira alla
concinnitas, ma le proposizioni sono disposte in maniera armonica, ricca di parallelismi. Lo stile è coerente
con lingua e sintassi, improntato all’Asianesimo moderato. Si è diffuso maggiormente a Roma grazie a
Ortensio. L’oratore deve: “probare” – spiegare in maniera sobria, con uno stile abbastanza chiaro,
“delectare” – coinvolgere, interessare in vario modo, “flectere/movere”. L’Asianesimo è uno stile ornato,
fiorito, ricco di elementi e figure retoriche di ogni tipo, con uno stile anche ampolloso ma non fine a sé
stesso (varia a seconda della funzione).

 Sallustio

Lingua: ricca di arcaismi fonetici e morfologici, con termini desueti, aulici, neologismi. Sintassi: improntata
alla brevitas. Stile: basato sulla variatio, asimmetria, con frasi brevi e dense, ritmo veloce e nervoso. Il tutto
influenzato dalla negatività dei suoi tempi. No da un’idea di disordine e di tensione, ma anzi di grande
chiarezza.

FIGURE RETORICHE.

 Semantiche, o di senso, di pensiero: metafora, similitudine, metonimia, personificazione, ossimoro,


iperbole, antitesi, preterizione, sineddoche.
 Sintattiche, o di posizione: anafora, epifora, iperbato, anastrofe, anadiplosi, chiasmo, ellissi,
enjambement, asindeto, polisindeto.
 Fonetiche, o di suono: allitterazione, paronomasia, omeoteleuto, onomatopea.

Le innumerevoli figure retoriche sono usate sia in prosa sia in poesia.


CICERONE.

Autore ben noto, nasce ad Arpino nel 306, morirà a Pornia nel 283. Compose innumerevoli trattati,
soprattutto negli ultimi anni di vita. Tre opere di retorica:

 “De oratore”, trattato in forma di dialogo, il modello è Platone, e molto spesso hanno come
protagonista Socrate; è un dialogo tra Marco Antonio e Crasso, e lui fa di questi personaggi storici
dei modelli, strappandoli all’oblio, poiché non avevano lasciato nulla di scritto delle loro orazioni –
forse pensiero di Cicerone che traspare in loro. Da un’appendice tecnica della figura dell’orator.
 “Brutus” – storia di oratori e di scrittori dedicato a “Brutus”, futuro cesaricida.

08/10/2019

STORIA DELLA LETTERATURA LATINA

TESTO “PRO ARCHIA”, “LETTURA DEL ‘PRO ARCHIA’”.

Prefazione di Emanuele Narducci, docente importantissimo morto intorno al 2007 ha scritto molto d
Cicerone. C’è una doppia prefazione, la prima legata all’ambito culturale e sociale, alla spiegazione
dell’oratoria e della retorica, la seconda, che inizia a pag. 33, in cui Narducci g un’interessante panoramica
della situazione culturale, in cui si inserisce la sua orazione, rimasta famosa non solo per la vittoria finale,
non così scontata (pare che il giudice fosse suo fratello Quinto) ma il vero obiettivo è andare al di là, ben
oltre l’accusa stessa, per celebrare la cultura greca e la sua continuazione, il suo contributo a quella latina;
c’è un forte elemento autobiografico, Cicerone si presenta come allievo di Archia; pare che Cicerone avesse
chiesto solo un poemetto per il suo consolato (63 a.C.), ma non lo tenne – a quanto pare il tribuno della
plebe Clodio stava agendo contro per infamare la legge di condanna a morte di un romano senza regole il
processo, tanto che si promulgò questa legge e nel 59 Cicerone venne esiliato, gli fu proibito di rientrare e
gli furono sequestrate le case (fatti infausti ce addolorarono molto Cicerone, scriverà una “Pro domo sua”
una difesa di se stesso e del suo terreno9. Nel 62 Cicerone appare ancora molto sicuro e soddisfatto, utilizza
la causa in maniera innovativa, sottolinea il mirum, l’aspetto meraviglioso, l’aspetto di stranezza e di
bellezza scusandosi di fronte al suo pubblico ma al contempo appellandosi a loro per la loro cultura. Roma
non era così colta come si poteva penare, c’era una forte tendenza conservatrice, non tutti erano così
illuminati, la letteratura era considerata un otium debole per il popolo romano, mentre Cicerone
dimostrerà che la letteratura è una vera e propria professione, atta a una vita migliore dello stato. Si
preannuncia il “De Oratore”, vengono toccate alcune sue tematiche fondamentali.

Simao nel 62, l’imputato era nato nel 120, era quindi in età matura, ad Antiochia, da famiglia nobile,
ragguardevole, cominciò a studiare e ad affermarsi molto presto, e a girare per le città del Mediterraneo
(Asia, Italia meridionale per recitationes). È importante il punto di vista sociale e culturale di invitare gradi
artisti per l’intrattenimento del popolo con esibizioni di bravura oratoria o poesia (grande apprezzamento);
le città per premiarlo gli davano la cittadinanza. Esistono varie forme di cittadinanza in Italia (prof. Pesarsi);
ci fu poi una legge che estendeva la cittadinanza a Aroma a chi aveva quella italica, ma la cosa non poteva
essere dimostrata. Non ‘erano arcaici, i testimoni erano tutti amici di Archia, la causa era un po’ debole per
la difesa. Recitava in greco, viene citato giovanissimo in Magna Grecia, per un tour de festivals nelle varie
città. Cicerone stesso sottolinea la fioritura culturale della Magna Grecia piuttosto che di Roma, più raffinata
era uno dei pochi retori che dai regni ellenistici veniva verso occidente per cercare spazi di affermazione e
fortuna economica (attrazione verso Italia, sempre più centrale e importante). Ci fu grande impulso da
parte di Cicerone per il mecenatismo e la divulgazione della cultura. Nelle città i poeti elogiavano le città
ospiti (fine encomiastico verso le nuove città – Pindaro, poeti greci, fine); Archia si avvicino all’elite colta, e
trovò i Luculli, suoi patroni, a Roma (Taranto, Reggio, Napoli, Eraclea); arrivò a Roma nel 102, accolto con la
toga del fanciullo (15-16 anni); è lo stesso anno di riscossa romana nella guerra contr i Cimbri, dove erano
coinvolti Mario e Lutazio Catulo – poeta preneoterico, interesse verso poeti. In questa atmosfera positiva i
inserì Archia, sostenuto dai Luculli. Si pare una digressione interessante su Lutazio Catulo amante della
cultura come evasione, distacco dalla vita politica, fuga e svago (otium), qualcosa che rendeva la poesia
poco apprezzata dalla classe dirigente romana, slegato totalmente dalla vita politica. Cicerone definir la
cultura humanitas, come qualcosa che deve anche esser utile alla società. Si circondò di vari poeti, Archia
stesso gli fu vicino, e i Greci avevano di per se un fascino, questi erano oratori e retori greci, ben compresi a
Roma perché popolazione bilingue. Si diffondeva la pratica di accogliere in casa intellettuali greci, per
esercitarsi nel greco o per avere un intrattenimento costante. Di qui il successo di Archia in Italia, itinerante
e poi a Roma. Molto leggere le poesie che piacevano a Lutazio Catulo, come i biglietti che accompagnavano
i doni, e poesie d’occasione di ogni tipo. Lutazio intende la poesia come lusus, aspetto positivo di partenza e
negativo che Cicerone deve correggere per evitare un cattivo giudizio da parte della giura romana.
Chiedendo ad Archia un poema auto-celebrativo, chiedeva qualcosa di più consono ai romani, quindi
difficili.

Pag. 37: Archia divenne segretario di questa famiglia, soggiornò in Lutania dove ottenne la citadinanza, pare
che sia stato una fonte per Plutarco, celebre storico e biografo, che potrebbe aver attinto tutto a una fonte
poetica, Archia appunto.

Aulus Licinius Lucullus, il prenome potrebbe essere dovuto al legame con altre famiglie romane (liberto
come subalterno per mancanza di beni – Aulus). È vero che Cicerone non rimase troppo scottato, no
interruppe l’amicizia, perché nel “De divinatione” lo cita dicendo “Il nostro Archia”, un epiteto in amicizia. Il
processo si risolse con l’assoluzione.

Chi accusò Archia di aver usurpato la cittadinanza romana? Un certo Grazio, poco noto, la cui personalità è
del tutto ignota, ma pare sia stato istigato da altri personaggi, personaggi più potenti che utilizzavano
spesso prestanome (forse un nemico dei Luculli, che colpivano quindi il loro protetto), come Pompeo
(ostilità per questioni politiche e militari (Cicerone non fa allusioni a ciò, evita tematiche che avrebbero
potuto suscitare dissidi e dissapori – concordia sociale, società romana desiderosa di cultura, capace di
assolvere). L’usurpazione della città comportava pene gravi come l’esilio. Le leggi che vengono promulgate
nel I secolo sono a favore, ma anche contro chi esercitasse il diritto senza averne i requisiti. Nell’89 la legge
Plautia Papiria (pag. 39), c’erano stati molti casi di abuso, e nel 65, tre anni prima della causa, in base alla
legge Papiria, veniva cominato l’esilio. Venne istituito un tribunale regolare per giudicare casi del genere.
Poteva essere un rischio per Archia in quanto greco, c’erano stati anche altri episodi precedenti per i filosofi
greci (fonte di critiche e di ostilità da arte della parte conservatrice della popolazione). La posizione di
Archia non era fortissima, c’era solo un registro (registro di Eraclea distrutto durante la guerra sociale, non
era nelle liste dei censori – non c’erano stati censimenti regolari a Roma, forse in quel periodo poteva
essere stato assente con i Luculli, era protetto da testimoni amici). A capo de tribunale vi era il fratello
Quinto, cosa che Narducci dà per certo, ma non è così ovvio (note G. Bertonati). Era difficile che i giudici
non prestassero fede a un Lucullo, membro di una famiglia importante – circostanze che spiegano le
circostanze per la difesa di Cicerone. Una delle strategie di Cicerone era quella di non parlare mai dei legami
politici del suo assistito, evitare ingerenze varie come vendette personali, rimanere sul pano culturale.
Sottolinea il piano culturale, pasa sotto contrasti e rivalità. Cicerone era molto vicino a Pompeo, altro
problema: non poteva inimicarselo con la difesa di Archia, a lui chiedeva protezione contro gli avversari,
Clodio e gli altri, grazie a Pompeo dopo un anno Cicerone riuscirà a tornare dall’esilio (condivisione idea res
publica democratica, senza prevalenza di un solo individuo). Se a causa si fosse trasformata in un attacco
contro Pompeo, non l’avrebbe assunta.

Da una parte potrebbe sembrare che il verdetto finale fosse già deciso, ma mancavano ancora le prove.
Cicerone sembra essere già abbastanza sicuro sull’esito e tratta molto sommariamente la causa vera e
propria. Ci potrebbe essere una differenza tra l’oralità e i discorsi scritti, forse rielaborati successivamente.
Cicerone sembra aver dato più spazio alle argomentazioni legali, poi nella forma scritta queste sono state
molto ridotte. La divagazione diventa il cuore dell’orazione stessa. Ciò che coinvolge di più è il
coinvolgimento della giuria, la captatio benevolentiae, puntando all’inizio sull’equitas, il senso di giustizia, la
loro cultura e la scontata simpatia verso il poeta, ingraziandoli con questo tema della cultura. Fa la voce
grossa verso l’accusatore con un attacco ad personam, volto a suscitare ilarità (importanza umorismo come
tattica, elemento dell’inventio da inserire fin dall’inizio nel discorso e non da improvvisare (celebre la “Pro
Sestio”, “amica omnium”). Ricorre ad altri elementi, il linguaggio solenne e l’auctoritas, la religio (rispetto
dei, comportamento onesto e rispettoso), e difende Archia attraverso coloro che lo circondavano, degni
della sua stima. L’importanza della cultura sarebbe stato un abbellimento successivo; fin dall’inizio è
inserita la cultura, altrimenti non ci sarebbe più l’orazione. Fin dall’inizio decide di usare questa strategia.

“Pro Archia” / apologia di Cicerone stesso.

Concetto humanitas> dalla filantropia alla cultura, all’interesse per gli altri per una vita migliore. La cultura
non solo per se stessi o per pochi eletti, si deve divulgare. Sono tematiche che poi torneranno nel “De
oratore”. Cicerone aggiunge l’aspetto morale de etico, di essere a disposizione dei propri cittadini e
trasmettere la cultura acquisita.

Cicerone sarà più di tutti colui che vorrà avrà cura di riportare per iscritto gli appunti che ricordava in
quanto era stato uditore. Nel 55 dirà che le opere dei suoi maestri, con le proprie strategie e utilità, stavano
cadendo nell’oblio, le conserverà grazie al suo amico Attico (“De Oratore”). Ci sono varie strategie per
mantenere e contribuire alla divulgazione della propria pera, per la trasmissione. È di questo periodo
l’importanza delle biblioteche, la trasmissione di molte opere greche è di questi tempi (idea di Cesare della
fondazione di una biblioteca pubblica -> Poi realizzata da Augusto, una biblioteca sul Palatino, la biblioteca
bilingue di Apollo Palatino, dove Augusto tentò di incrementare la parte latina. Ci sono in età Augustea
molte raccolte si componenti brevi, che sono noti indipendentemente ma che poi sono stati raccolti
(difficile conservazione del papiro, molto più economico della pergamena). Cicerone cura la pubblicazione
delle sue opere, i posteri li apprezzarono, c’erano innumerevoli diatribe, Asinio Pollione “destinato
all’immortalità”.

09/10/2019

STORIA DELLA LETTERATURA LATINA

 22-23 ottobre dalle 14.30 alle 19 in Aula Confucio, e venerdì dalle 9.30 alle 13 -> Lingue e
letterature comparate (accreditamento: frequenza di entrambe le sessioni + riflessioni +
elaborazione personale scritta da consegnare entro il 15 novembre, in Via Garibaldi 20 alla
portineria – 1 CFU).

Ci sono diverse strategie: Cicerone ne usa anche di nuove, lui si affida anche all’auctoritas dei patroni, dei
Luculli, e il probabile expita, gli aspetti positivi ed encomiabili della vita dell’imputato.

È un processo sui generis, una causa fondata su un’argumentatio extra causa. C’è l’humanitas di Archia
verso i romani, l’humanitas di Cicerone, la premura verso il suo maestro (amore cultura + legame tra queste
tre persone). È un inno alle arti liberali, molto generico, non c’è differenza tra le varie discipline, non c’è
l’idea di specializzazione (“viri boni dicendi periti”, idea diversa da quella Cicerone, idea di un sapere
universale, senza distinzioni; l’intreccio di saperi produce un vantaggio personale e collettivo). È un’epoca in
cui il sapere si nascondeva, c’era dissimulazione (Crasso, maestro di Cicerone – “De Oratore”) del sapere e
simulazione di ignoranza, per non riconoscersi nella società non filo-ellenica. I suoi maestri sono Crasso, che
fingeva di non conoscere la cultura greca – non peccare di superbia, e Antonio che sembrava ignorare la
cultura greca, fingendosi impreparato. Cicerone ne sottolinea la bravura, e qui si sottolinea il mirum.
L’umanista è un uomo artefice del proprio destino. È una causa che non vuole turbare gli animi o scuoterli,
ma rasserenarli, aprire agli studi e ben disporre alle lettere e alla filosofia (62 – minaccia da parte di Clodio,
turbolenza continua tra una guerra civile e l’altra, c’è un momento di pace nell’elogio alla cultura in
tribunale; viene usato uno stile epidittico: dimostrativo, enunciativo, sobrio e pacato – non adattissimo alla
difesa, ma infatti Cicerone vuole una chiacchierata, una sorta di lezione di fronte al suo pubblico; è
desideroso al contempo di dare spettacolo della propria arte, l’hornatus stile ampolloso; non ha lo scopo di
convincere, quanto di dilettare, amplificando le emozioni (effetto insolitamente piacevole)). Non si parla di
eventuali secondi fini, non c’è malevolenza. Le frasi sono molto curate, le clausole – non casuali, anapesto +
trocheo – ci sono alla fine delle parole e garantiscono particolare dolcezza; per ottenere effetti particolari si
basa sulle clausole (valore cultura da ogni punto di vista). Importanza cultura: interessi particolari;
distinzione dai nobili – Cicerone non era nobile, era un homo novus, che emerge proprio grazie alla cultura
– ringrazia il padre per aver educato i figli Marco e Quinto – si distinguerà da tutti <- forma di
compensazione della sua debolezza indipendentemente da lui. Ringrazia il padre pe aver promosso la sua
cultura – si sente nobile non di sangue, ma per il suo stesso impegno. Vuole anche rendere omaggio alla
Grecia, vista da alcuni in maniera diffidente: Cicerone non sempre loda i Greci, talvolta lo fa e talvolta
abbina delle critiche; non può negarne i meriti culturali, ma ammette che non sempre era un popolo di cui
fidarsi (nel “Pro Archia” c’è una lode assoluta, in altre opere è mitigata). Sarà lui stesso in questo caso a
dissimulare la propria cultura. Lui punta per lo più a un connubio cultura-impegno civile. La cultura
dev’essere condivisa, deve essere mista all’utilitas – valore già importante. Tecnica importante sono gli
exempla, gli esempi storici (differenza con i Greci, che traggono gli esempi dal mito). È lui a far sempre
riferimento alla letteratura latina e a citare spesso passi di autori arcaici; nei suoi dialoghi sceglie sempre
personaggi storici, mai inventati (membri Scipioni – Scipione Emiliano, non Africano, Lelio, etc. – membri
famiglie nobili), sia contemporanei sia dei secoli precedenti). Quindi impegno civile + attenzione alla storia
attraverso gli exempla (pragmatismo romano); Cicerone è molto umanista, crede che al centro della storia
ci sia l’uomo, artefice della sua vita, non c’è grande legame con la religione, né superstizione. È razionalista
e umanista – importanza libero arbitrio. La virtus: deve dare un’immagine di Archia come ricca di virtus.

LETTURA PARAGRAFO II, CAPITOLO 1 PAG.70.

Tematica del dover rendere aiuto e salvezza al maestro, che gli aveva insegnato in precedenza come aiutare
gli altri – tema di sostegno reciproco, aiuto concreto che i discepoli possono dare ai maestri.

14/10/2019

STORIA DELLA LETTERATURA LATINA

CICERONE – RIPRESA.

“LAELIUS DE AMICITIA”: una delle due operette morali scritte negli ultimi anni, 40 a.C., Cicerone morirà nel
43, scelte per la scelta degli argomenti: l’AMICIZIA, tema interessante, prima di Cicerone era considerata
più come un accordo certo tra amici ma con interessi comuni, politici, un’alleanza una forma di reciproco
sostegno; nel 60 a.C. Cicerone e Pompeo Crasso strinsero un accordo importante. Cicerone mette in
discussione l’idea di amicizia, dev’essere un sentimento tra boni, onesti e virtuosi impegnati pe il bene
pubblico. Deve basarsi su interessi comuni, e deve fondarsi sulla virtus (sentimento vero, profondo, non
facile da conquistare). L’amicizia ha limiti e regole, il vero amico non chiederà mai cosa disonesta all’amico,
e se vien richiesta cosa disonesta, non gli verrà data. Cicerone ebbe buoni rapporti con molti (Cesare), ma il
principale amico fu ATTICO, a cui dedica l’operetta, ma il personaggio principale è LAELIUS, amico di
Scipione Emiliano, in un gruppo di letterati (associazione di forze e capacità che rafforzò la cultura romana –
trae gli exempla dalla storia romana, storia in parte realistica in parte idealizzata – divulgazione arte e
cultura). Trae dalla storia antica – Laelius, e recente. L’altra operetta è “CATO DE SENECTUTE”, Catone
appartiene alla generazione precedente.

L’amicizia è in questo senso un tema un po’ particolare. Scopo probabile: riunire i boni all’indomani della
morte di Cesare, per la restaurazione della repubblica – frutti: prima Antonio poi Ottaviano.

Lo stile è quello della CONCINNITAS – alternanza di frasi lunghe, dense, articolate, e più brevi che spiccano
per la brevità (-> variatio).

Cicero, Laelius de amicitia 18:

Utilitas: concetto legato a Roma, filosofia morale e pragmatismo, diverso dai Greci, più teoretici.

La filosofia forse proprio platonica (“De republica”: Platone pone a capo i sapienti).

Affermazione programmatica di pragmatismo, di utilitas.

Cicero, epistulae ad familiares 15,4:

Sermo delle epistole, importante: riflettono un linguaggio più vicino al sermo cotidianis, di certo ebbero
comunque qualche revisione.

Cicerone chiedeva a Catone l’Uticense di aiutarlo a ottenere un riconoscimento per il suo anno di
proconsolato in Cilicia: aveva dovuto combattere contro un gruppo di ribelli alleati dei Parti, e scrisse una
lettera sulla sua impresa. Siamo in anni difficili, Catone è contrario a trionfi concessi troppo facilmente, è
invece favorevole a una forma di congratulazione ufficiale, la CONGRATULATIO, o il CORTEO. Lo stile
emerge ed è molto familiare, soprattutto nei punti in cui Cicerone esprime chiaramente le sue critiche. Ci
sono diversi livelli e stili. È un esempio di epistola formale per chiedere n favore. Interessanti le
abbreviazioni dello stile epistolare: “Scriptum Tarsi ex(eunte) an(no) 51 vel in anno 50”.

“cessisset” – congiuntivo piuccheperfetto per attrazione modale;

“tuerer” – perfetto, o presente;

Lo stile della lettera è elaborato, con “familiares” si intendono parenti, ma anche conoscenti e colleghi.

SALLUSTIO.

Ritratto paradossale – non indicativo o univoco, non è privo di giuste e oggettive lodi.

“Metus hostis”: paura del nemico, e sacrificio di combattere il nemico.

Parte interessante: proemio programmatico di Sallustio, si interroga sul suo lavoro da storico, fa una
riflessione universale, che porta al confronto con gli esseri inanimati: l’uomo non deve trascorrere la vita
sopravvivendo, ma dandosi da fare nella vita.

De Coniuratione Catilinae 1,1 ss; 3,1 – “La crisi dello stato romano e la propria”; 4,2 – “La storiografia”:

Primo dei tanti arcaismi, ornamenti sallustiani, che si allontana dall’analogia dei Cesari, orna la sua
esposizione in prosa con numerosi elementi.

Motivazione impegno di storiografo verso la fine della vita + piccola digressione autobiografica: confessa i
suoi errori giovanili e allude alle sue colpe, da cui si riuscì a risollevare dopo. È interessante questa sua
sincerità e rivelazione, la sua confessione. Parte dopo con una sorta di espiazione, un gesto per recuperare
l’antica dignità perduta e compensare i vizi precedenti. È una prefazione programmatica, autobiografica e
autocritica.

De Coniuratione Catilinae 5,1:


Ablativo di qualità;

Sono soprattutto sostantivi -> Frasi nominali.

Ci sono pregi e difetti, frasi forti;

Asindeto che ricorda vagamente Cesare;

Ellissi del verbo, sostantivi in rilievo;

“fueres” per “fuerunt”, tipico nella poesia – gusto poetico;

“vario” = “volubile”;

È un aggettivo, un pronome indefinito piuttosto raro;

Forte il tema della finzione, del fingere;

Uso “fuit” invece di “erat”;

“satis” corrisponde a “parum”, “eloquentiae” con “sapientiae”.

Il tricolon finale che, crescendo in climax, dà l’idea dell’alto.

Un dispiacere che un uomo con un tale animo fosse dedito a scopi così bassi.

Bellum Iugurthinum 5,1:

Perifrastica attiva: intenzionalità, imminenza, preminenza;

“itum est” = perfetto impersonale, per essere reso si usa la terza persona singolare; manca il soggetto, ciò
sottolinea il fatto che non sia solo colpa di Giugurta, ma di una situazione politica generale (“si andò contro
la superbia della nobiltà” – Giugurta sfidò la nobiltà romana per primo). Osservazione acuta verso la
SUPERBIA DELLA NOBILTÀ ROMANA, non ha paura di denunciare la nobilitas (Sallustio fu governatore in
Numidia per vari anni, coinvolto in questo clima da lui stesso dichiarato).

CORNELIO NEPOTE.

Maggior rappresentante BIOGRAFIA.

La Gallia Cisalpina è una regione da poco entrata nella sfera romana; dal 40 a.C. le città di origine di questi
autori diventa importante (Italia del Nord).

“DE VIRIS ILLUSTRIBUS” – interessante per il carattere comparativo tra personaggi romani e personaggi
stranieri; le biografie erano raccolte per categorie, restano curiosamente quelle dei generali stranieri e due
vite, quella di ATTICO – personaggio interessante, rimase ai margini della vita politica e sopravvisse a tutte
le guerre civili, e CATONE.

È anche autore di “CRONICA”, termine interessante da “kronos”.

Esistevano a Roma determinati tipi di biografie, alcune più scientifiche e documentali.

Atticus 6,1 ss:

Similitudine tra la vita politica e la navigazione per mare.

Consecutiva con congiuntivo, ma si traduce all’indicativo;

“flutti civili” – metafora marina, sarà poi ripresa – vita politica turbolenta e violenta del periodo;
Sfumatura concessiva del “cum”;

“capi” = infinito passivo di “capio”;

“ambitus” – corsa elettorale, aspirazione a cariche pubbliche;

Tema vicino a quello di Sallustio: idea di corruzione generale, con la consapevolezza di ciò e la scelta di
alcuni di astenersi dalla vita politica.

VARRONE.

Più grande ERUDITO romano, originario della Sabina, influenzò molto i suoi interessi, riuscì al contempo a
coltivare studi di linguistica (“DE LINGUA LATINA”), si occupa di tutti gli aspetti della lingua, ma la parte più
originale è forse l’ETIMOLOGIA, in parte verosimile e in parte no. Fa studi linguistici, poi STUDI CULTURALI
di ogni tipo, come nelle “DISCIPLINE” (grammatica, dialettica, retorica – primo livello di studi, legati alla
lingua; poi astronomia, geometria, musica, aritmetica – più scientifiche, a cui si aggiungevano architettura e
medicina). Si nota lo sforzo di ORGANIZARE IL SAPERE, sia a scopo scolastico sia per una organizzazione
generale delle conoscenze. È un IMPEGNO DIDATTICO. Tutto è andato perduto tranne curiosamente il “DE
RE RUSTICA”, un dialogo in tre libri tra personaggi in cui si trattano i grandi temi della coltivazione della
terra, della costruzione della villa rustica prodotti da vendere e da cui trarre guadagno, e allo stesso tempo
del PIACERE, come rendere la villa piacevole per il proprietario. C’è l’idea di abbellire la villa in modo da
attirare i proprietari. Il terzo è più fantasioso, armonico, più tarda l’idea dell’apicoltura (Virgilio, IV libro
delle Georgiche). La “SATURA MENIPPEA” è una satura mista di prosa e poesia, satirica e mordace. Molte
sono le opere perdute. Per l’aspetto filologico interessanti le “QUAESTIONES PLAUTINAE”, “DE ACTIONIBUS
SCAENICIS”, etc.

15/10/2019

STORIA DELLA LETTERATURA LATINA

Lettura “DE RE RUSTICA”: stile superiore, opera letteraria aggraziata e piacevole; ci si immedesima nei
personaggi e ci si immagina il loro pensiero e le loro parole. L’allevamento era per diletto.

Scopo sociale: attirare i padroni, i proprietari in campagna, mentre sempre più si stavano trasferendo in
città.

De re rustica 2,1 ss.:

Varrone riflette su problemi sociali, vuole sottolineare in qualche modo l’importanza della vita rustica (crisi
agricoltura, dipendenza sempre maggiore dalle provincie – dare dignità all’attività e all’ambiente agreste,
richiamarsi ai “maiores” = antenati).

Se nel mondo antico c’è la contrapposizione tra chi vive nel campo e chi vive in villa, ora si è creato il
confronto tra chi vive in villa e chi in città. È successivo il consueto confronto con i Greci (“ginnasi” – atleti
che andavano nel ginnasio; i romani in campana lavoravano e si tenevano in forma al contempo).

Si tratta di vere opere impegnate civilmente. Sono probabilmente antecedenti alle “Georgiche” Virgiliane.
Tutte e due testimoniano l’interesse per questo argomento; è una riflessione parallela alle “Georgiche”, con
orgoglio nazionale; l’attaccamento alla terra è maggiore rispetto a quello che hanno i Greci stessi.

Abbiamo esaudito i prosatori dell’età classica.

CATULLO.
Originario di Verona, sposta l’asse della letteratura, crea la letteratura del Nord, della Pianura Padana.
Nobile, tuttavia non percorse il cursus honorum, ma aderì al movimento dei poetae novi, detti anche
“cantores euphoriones” (“cantori, ripetitori greci difficili astrusi” – espressione dispregiativa, usata da
Cicerone). È un poeta greco del III secolo; uno dei tanti temi di questa nuova poesia è il LUSUS, il gioco, la
poesia come PIACERE, è una nuova terminologia, “ludere” significa scrivere POESIA NEOTERICA, con temi
non più altisonanti, ma soggettivi, autobiografici, sentimentali, con l’intento di nobilitare tematiche più
vicine all’uomo, tematiche universali come l’amore, l’amicizia, i sentimenti in generale, con grande impegno
letterario, il “labor limae” Oraziano, “l’uso della pietra pomice”, immagine metaforica di Catullo. I poeti non
scrivono molto, ma scrivono molte piccole poesie (raccolta di poesie eterogenee, legate da un filo
conduttore – per lo più la donna amata); la cosa suscita spesso grandi interrogativi sull’ordine cronologico e
tematico, ma non è il caso di Catullo. C’è il GIOCO LETTERARIO E RAFFINATO, spesso tra le tematiche ci
sono i luoghi natale (Sirmione = “perla delle penisole”, a cui dedica un carme, celebrazione di un luogo).

Catullo non seguì il cursus honorum, fu sostenuto da Caio Mennio, un pretore che seguì in Bitinia. Questo
viaggio è famoso per la sosta che poté fare sulla tomba di un fratello morto (Carme 101 – influenza a
Foscolo “In morte del fratello Giovanni”). La poesia è AUTOBIOGRAFICA D’AMORE, che è il tema centrale, il
suo modello è SAFFO, che scrive con grande introspezione psicologica. Saffo è una poetessa arcaica, e
dall’altra c’è l’influenza degli ALESSANDRINI – “Aitia” di Callimaco (III secolo – pietra pomice, brevitas, temi
quotidiani ricercati ma poco noti, lingua: interessante miscela di temi familiari). Importanti le carmina
docta, carmi elaborati e molto dotti, dove recupera il mito, a volte tratta anche di miti rari, o più conosciuti
– anche “contaminatio” di miti. Nel suo “liber” – non ha un titolo vero e proprio, l’autore stesso lo chiama
“libellus”, è improntato alla modestia, è un libretto affettivo - si possono distinguere bene tre sezioni, in
base a metri (Catullo si cimenta in tutti i metri, dall’esametro ai metri greci – elemento importantissimo,
l’elegia si scrive solo in distici elegiaci): sono 116 carmi, divisi in tre parti. I primi 60 – NUGAE, le “cose da
poco”, le sciocchezze, meri vari in endecasillabi faleci, sono incentrati soprattutto su Lesbia, la donna
amata, Lesbia, implica la cultura della donna stessa – attacco da parte di Cicerone nella “Pro Caelio”; sono
carmi molto lievi e leggeri per le loro tematiche, esprimono sentimento e felicità del poeta, felicità che si
trasforma fino al “Odi et amo” (uso distico elegiaco); c’è una storia d’amore, parte dalla fase
dell’innamoramento e a poco a poco si indebolisce fino al “discidium” (lessico d’amore – importanza tema
bacio, etc.). Dal 61 al 68 sono CARMINA DOCTA, impegnati e dotti – importanza culti orientali, piuttosto
diffusi a Roma, e gli EPITALAMI, canti di occasione (mito dentro l’altro –EKPHRASIS, descrizione opera
d’arte, topos greco – Virgilio nelle “Bucoliche”); c’è anche molta erudizione e astronomia (carme “La
chioma di Berenice”) – affinità mito-realtà light motif degli elegiaci. Dal 68 al 116 sono EPIGRAMMI, incisivi,
brevi, d vario argomento, ma non manca, oltre il tema amoroso, la satira sui temi di attualità (Cicerone a
Cesare “patronus ominum”). Gli aggettivi fondamentali di questa poesia sono: LEPIDUS, NOVUS – per gli
avversari “strano, fuori dall’ordinario, non aderente alle regole”, DOCTUS, LEPOR/LEPUS, sul paino della
forma; sul piano dei sentimenti la FIDES amorosa e l’uso del LINGUAGGIO MILITARE, metaforico e applicato
alle tematiche amorose.

Carmen 1 (programmatico):

Carme ricco di problemi, ma con molti elementi tipici della poesia; è in endecasillabi faleci – 11 sillabe,
novità rispetto all’esametro, le prime due sillabe possono essere sia lunghe sia brevi, poi abbiamo dattilo,
trocheo, trocheo, trocheo.

È un ritmo piacevole, gentile, con una cadenza regolare.

Iperbato a terzo verso.

Altisonanza – attenzione particolare per gli italici.


Auguri di fama eterna per il suo libretto grazie alla protezione divina. Costruzione ad anello – “Ring
composition”, la filologia classica nell’800 ha grande impulso in Germania.

Carmen 85:

Distico elegiaco, esametro e pentametro;

“Odi” – perfetto logico con valore di presente;

Tante figure retoriche: antitesi “odi et amo” – nesso ossimorico, unione di due parole che hanno significato
opposto, la brevitas, il confronto “a bene velle”, un amore che non è vero sentimento, ma più passione
istintiva; uso dialogo frequente nella letteratura antica, più del monologo.

Non c’è l’oggetto d’amore, potrebbe quasi essere una forma di DAMNATIO, un’omissione di nomi di
persone, spesso personaggio politici odiati o condannati da successori.

“faciam fortasse” – allitterazione, senza un’efficacia particolare.

Stile epressionistico, nella sua brevitas è perfetto, ogni parola ha il suo peso.

Pentametro caratterizzato dal fenomeno della cesura, pausa dopo la prima sillaba del piede, metà del piede
stesso (diversa da dieresi = pausa che coincide con la fine del piede, usta per lo più nella poesia bucolica).
L’arsi era il levare, la tesi era il battere; per un fraintendimento o per l’altro hanno assunto significati
opposti.

LUCREZIO.

 “DE RERUM NAUTURA”

È un poema DIDASCALICO, che vuole insegnare la filosofia epicurea, insegnava da astenersi alla vita politica,
e a vivere serenamente, ricercando l’apatia – assenza di passioni che turbano l’anima, per vivere felici. È
ben diversa dall’immagine gaudente di questa filosofia, caratterizzata dall’”edonè”, l’assenza delle passioni.
È una filosofia affascinante perché pone al centro l’uomo, vede gli dei collocati negli intermundia. Non
bisogna temere a morte sulla base della teoria tomistica: l’universo è un composto di atomi che si legano e
si sciolgono, un mondo nato un po’ casualmente, senza un do padre, una mente, un logos, una volontà.
Non c’è dolore né una vita dopo la morte.

Il poema trasmette argomenti filosofici e scientifici; azzarda teorie innovative e scientifiche; è contrario
all’amore, come passione ridicolizzata, condannata, che crea turbamento e poe al centro di tutto la ragione
umana; c’è anche la condanna della religio come fonte di male cose. L’argomento è vario e vasto.

Sono 6 libri di argomento filosofico-epicureo, in esametri; Lucrezio spiega e difende la sua scelta della
poesia con la metafora medica. Lo stile ricorda Sallustio, è antiquato e ricco di arcaismi, con un lessico
rivalutato – latino inadeguato per rattare queste materie scientifiche. Si crea un lessico innovativo NEL
SIGNIFICATO DELLE PAROLE, inadeguate. È un’esposizione SOGGETTIVA, c’è passione e coinvolgimento,
lontani dallo stile pacifico ed epicureo. Il finale è drammatico, parla della pestilenza di Atene e indaga le
cause sulle calamità (finale brusco, opera forse incompiuta). Se la ragione a volte sembra poter dominare
tutto, il rapporto ragione-natura è difficile, la natura trionfa nella città di Atene. È un finale passionale e
tragico al contempo, in contrasto con lo spirito inziale, gioioso (Inno a Venere come genitrice – divinità
italica, legata con il fiorire della natura). È forte anche il rapporto tra pace e guerra. Con “natura” nel titolo
si intende “universo” a cui si vuole dare un’interpretazione. C’è una dedica a Mennio – lo stesso che Catullo
aveva seguito in Bitinia, probabilmente un protettore di artisti, e diversi elogi a Epicuro – ha combattuto la
superstizione. Interessante la teoria delle sensazioni attraverso i “simulacra”; psicologia d’amore.

Sono 6 libri divisi in diadi, cosicché ogni libro abbia i suoi argomenti.
16/10/2019

STORIA DELLA LETTERATURA LATINA

22 pomeriggio-23 mattina – Convegno sull’arte della traduzione, lingue e traduzione letteraria – 1 CFU con
frequenza + consegna tesi finale entro metà novembre.

Il V libro è molto bello perché parla della storia dell’umanità, dalle origini all’uomo, senza alcun intervento
divino, ma per la forza della natura e scientificamente per un incontro di atomi. Si rifà a un punto di vista
pessimistico, che emerge nell’arco dell’opera; c’è un momento lito anche sulla nascita delle arti, dove si
sofferma sulla musica, abbinata all’agricoltura: secondo Lucrezio la musica sarebbe nata dall’imitazione
della natura (es. flauto, fatto di canne e nato per imitazione – prevalenza strumenti a fiato). Virgilio seguace
dell’epicureismo, cerca un compromesso tra la tradizione mitologica e la scienza (scene naturalistiche del
tutto umane, etc.). Lucrezio opera una digressione filosofica sul testo, primo autore a fare un’EDIZIONE
CRITICA, un’edizione che si basa sul confronto dei manoscritti esistenti, sui codici, dove si individuano le
differenze dovute a vari motivi (errori volontari e non). Ci sono anche le varianti dei codici che si presentano
in due forme, su cui si fanno dei paragoni. Il lavoro delle edizioni critiche inizia già nel mondo antico con gli
ALESSANDRINI, ma in senso moderno la filologia classica inizia nell’800, e il primo lavoro si propone proprio
su Lucrezio, “Metodo di LAKMANN 1250”; il primo testo fu la Bibbia. I passaggi sono: la RECENSIO –
“recensire”, passaggio non facile, non esiste un catalogo mondiale; COLLATIO – confronto, bisogna
eliminare gli eventuali codici già in possesso; CONFER – “confronto” nella creazione di un albero
genealogico, dagli errori si creano le parentele; sono presenti in alcuni testi le “cruces disperationis” del
filologo – o introduce una congettura sua personale, o se crede che la cosa non si possa risolvere si lascia il
testo tramandato e si inserisce il punto critico con due segni di croce; EMENDATIO - “correzione”,
soprattutto nell’Umanesimo (400-500). {…}

TRADITIO LAMPADIS da Lucrezio a Virgilio

Gli antichi volevano sottolineare il legame tra i due autori indicando delle coincidenze biografiche, spesso
inventate, per creare il “passaggio della fiaccola”, la consegna della lampada da Lucrezio a Virgilio. L.
sarebbe morto quando Virgilio prese la toga virile, questo dice “La vita Virgiliana” di Svetonio (I secolo d.C.),
era il capo dell’archivio di stato di Adriano. Staffetta reale, è importante appartenere a una tradizione
aggiungendo nuove fonti, qualcosa di nuovo. Il titolo dell’opera di Lucrezio ricalca la filosofia epicurea.

21/10/2019

STORIA DELLA LETTERATURA LATINA

ETÀ AUGUSTEA – 31 a.C. (Battaglia di Azio) – 14 d.C. (morte di Augusto)

Tutti gli autori, tranne forse Ovidio, hanno cominciato la loro carriera prima di Augusto, segnalati da altri
mecenati precedenti, hanno proseguito la loro carriera in condizioni anche migliori, omaggiati. Se ai tempi
di Cicerone bisognava difendere la cultura e i poeti, d’altra parte ci sono personaggi che notoriamente si
dedicano a questa attività. È un periodo felice piuttosto breve, di perfetta sintonia tra potere e poesia. La
Battaglia di Azio (31 a.C.) e la titolatura di Ottaviano ad Augusto nel 27 a.C. segnano l’inizio dell’età
augustea. “Ottaviano” era il titolo in competizione con “Romolus”, con incarnata un’idea di rivalsa, di
novità. Con la Battaglia di Azio vince Ottaviano in Azio, Grecia, l’esercito di Antonio con Cleopatra, e diventa
l’unico punto di riferimento. Si presenta come PRINCEPS, “primus inter pares”. Tra i consoli con cui Augusto
volle essere in carica ci fu il figlio di Cicerone, Marco Tullio, quasi un risarcimento per questo fatto, l’avere
privato la vita a Cicerone. Tutto ciò che ricordava Antonio fu condannato a “damnatio memoriae”. In questo
clima di nuova pacificazione, dopo tre guerre civili, finalmente lo stato acquista maggiore serenità sotto un
buon governo. Augusto sarà molto legato alla Greca, il suo dio più amato sarà Apollo, che sembrerebbe
averlo assistito comparendo in suo aiuto su una nave (Properzio). Apollo è uno dei pochi dei che non ha
corrispettivo italico. Per lui Apollo farà innalzare il TEMPIO SUL PALATINO, con annessa biblioteca. Ci sarà
poi spesso in tutti i poeti una celebrazione di Apollo e Augusto. Bisogna anche inserire Dioniso, nel quale si
dice si ritrovasse Antonio. In nome della pax, sulle orme della “clementia Caesaris”, troviamo in diversi
carmi una lode sia di Apollo sia di Dioniso. I collaboratori sono molto importanti: Mecenate si trovava
spesso, vantava origini etrusche, nato da Arezzo e fin da giovane amico di Ottaviano, li seppe guidare nella
scelta delle nuove tematiche.

Cultura: non c’è solo Mecenate, ma una sorta di gara virtuosa, ci sono diversi personaggi che danno
prestigio e lustro alla loro figura e alla loro gens. Si crea questa gara culturale tra varie famiglie. Non c’era
l’esclusiva per i lavori poetici, i poeti avevano spesso vari committenti, potevano viaggiare, erano
abbastanza indipendenti. Il tema che li unisce un po’ tutti è l’INVITO ALLA PACE. Si è capito il valore della
poesia come MEZZO DI COMUNICAZIONE. Temi centrali della poesia Augustea sono la PACE – invito a
riportare le popolazioni fuggite e ritiratisi al lavoro delle campagne, l’AGRICOLTURA, il MOS MAIORUM e la
RESTAURAZIONE DEI COSTUMI (tranne Ovidio), che offrono dei modelli e degli insegnamenti volti alla
sobrietà.

VIRGILIO – 70-19 a.C.

Non appartiene a classe elevata, ha origine contadina e tria nomina, tre nomi, si tratta di cittadini a tutti gli
effetti che possono offrire ai figli un’educazione elevata. Si spostò molto. Sono poeti immersi negli ambienti
letterari, ma molto interessati anche alla FILOSOFIA. Si interessano anche di politica, di oratoria (diede dei
pessimi risultati - abbandono). Ci sono tre opere autentiche: “Bucoliche” o “Ecloghe”, “Georgiche”,
“Eneide”; insieme formano l’APPENDIX VIRGILIANA.

 “BUCOLICHE” – “canti dei bovari”, titolo greco; “ECLOGHE” – “carmi scelti”, sono una raccolta
eterogenea di 10 bucoliche, con protagonisti pastori reali e mitici. La datazione è tra il 42 e il 39
a.C., la composizione sarebbe durata tre anni, ma ci sono delle contraddizioni. Si pensa che avrebbe
concluso le “Bucoliche” a 28 anni. Non formano una storia cronologica continua, è impossibile
datare tutte le bucoliche. È giusto mantenere questa data, ma bisogna tenere presente che ci sono
alcune bucoliche più antiche. C’è il tentativo di Virgilio di unire interessi epicurei Lucreziani e la
tradizione. Non sono bucoliche poi così leggere o superficiali. Sono carmi suggestivi, che non hanno
mai finito di dire quel che hanno da dire (concezione di “classico” di Calvino).

Si è notato che i canti dispari sono per lo più analogici, detti AMEBEI, c’è un botta e risposta; i canti pari
risultano invece più narrativi, vari, prevale MALINCONIA e DOLCEZZA. Le “Bucoliche” venivano recitate a
teatro, somigliavano ai mimi. Tematiche fondamentali sono l’AMORE, la NATURA – viva e partecipe
(paesaggio di Virgilio: da una parte l’ARCADIA, convenzionale e lontana da turbamenti, poi c’è il paesaggio
SICILIANO e MANTOVANO).

 Analisi attenta dei libri che compongono l’opera.

 “GEORGICHE” – INGRESSO DI Virgilio nel circolo di Mecenate, incoraggiato da Augusto – poema


didascalico in esametri, caratteristiche poema epico, in 4 libri. È un’opera di grande letteratura, o
un manuale per l’agricoltura? Ci sono molte analogie con Varrone, autore del “De re rustica”, ci
sono informazioni realistiche, ne vien fuori l’immagine di un contadino che dev’essere eserto di
tantissime cose. La seconda parte, il III e IV libro, sono dedicati agli ANIMALI, il primo
all’ALLEVAMENTO, il secondo alle API, che in Varrone sono appena accennate. Interessante queste
scelte, sono quattro libri (Varrone – 3 libri) con TEMA ATTUALE e ORGANIZZAZZIONE INNOVATIVA
DEGLI ARGOMENTI, il FINALE è stranissimo. Si racconta che il padre di Virgilio fosse apicoltore
(versione di Donato). Ci sono molti dubbi, potrebbero essere AUTOSCHEDIASMI, notizie ricavate
dall’opera stessa.
 Analisi dei libri dell’opera.

Il finale è particolare, c’è un EPILLIO, un MITO DENTRO UN ALTRO MITO, un gioco alessandrino, dove il mito
esterno è quello dell’apicoltore Aristeo – inventore di un metodo sacrale per far rinascere gli sciami,
condannato come colpevole per la morte di Euridice, si rivolge a una ninfa marina che gli dice di parlare con
Proteo, saggio dio del mare, che viene da lui catturato e costretto a spiegare il perché della morte delle api.
{…}. Il mito di Orfeo, interno, i conclude con l’immagine macabra e struggente della testa di Orfeo che
rotola verso il fiume. Per espiare la colpa, Aristeo deve praticare la BUGONIA, una pratica egizia. Qui
l’ipotesi di Servi di un DOPPIO FINALE, con le lodi di Gallo e del suo amore per Licoride (costruzione a
posteriori, curiosa, da non ignorare del tutto) <- Da una COLPA abbiamo una RINASCITA. Finale da una parte
severo e triste, dall’altra di riscatto. Mentre Aristeo viene visto come un eroe positivo, Orfeo è visto come
negativo, per la sua scelta di girarsi.

 Racconto EZIOLOGICO, gusto alessandrino.

L’opera si può dividere in diadi, come il “De rerum natura” di Lucrezio, su AGRICOLTURA e ALLEVAMENTO,
vi ha lavorato dal 37 al 30 a.C.

 Concezione “DURUS LABOR” – lavoro duro e crudele (non ripagato), condivisa da Esiodo e Virgilio.

C’è realismo e stoicismo, senso della tradizione. Come MODELLI Esiodo, poi ASTROLOGI di età alessandrina,
Lucrezio per la poesia didascalica. Novità è la BUGONIA, ci sono delle belle digressioni di parti tecniche, che
danno indicazioni specifiche, e aspetti poetici, excursus. L’Italia è vista come un luogo bello, felice; non è
una lode come a Roma, ma all’Italia, Virgilio era italico, c’è grande rispetto. C’è una digressione ad Aristeo e
Orfeo nei libri pari, più digressivi, mentre quelli dispari presentano sezioni più cupe, argomenti più tristi <-
Evitare di cadere in un’eccessiva celebrazione, serenità.

22/10/2019

ISTITUZIONI DI LETTERATURA ITALIANA

 “ENEIDE” – 37-30 a.C.; poema epico didascalico, genere letterario antico e nobile, di gusto
alessandrino, sono 12 libri; non ha precedenti diretti nella letteratura latina – “CANTO ESCREO”
portato da Virgilio a Roma per la prima volta (modelli: Teocrito, Esiodo - perifrasi, Omero); è
un’opera composta quando Virgilio entra nel circolo di Mecenate, sia perché quest’ultimo è
nominato nell’opera sia perché si parla dei “COMANDI NON DOLCI”, una litote, un eufemismo per
indicare l’asprezza e la durezza dei comandi (rapporto scherzoso con Mecenate, potrebbe essere
un’esagerazione). Nel proemio compaiono divinità rustiche, italiche, alte, perifrasi a divinità minori
(es. Pan), un miscuglio tra geco e latino, mitologico e non. Fa molta attenzione a nominare
VARRONE, dei e uomini in parti uguali. Dopo questo omaggio alla protezione divina, c’è un elogio,
una DEDICA AD AUGUSTO – primo proemio del I libro. Il II proemio si trova in mezzo all’opera, ed è
più onirico e fantastico. C’è anche il tema del “durus labor”, ma anche momenti di successo, uno
dei momenti dove compare il contadino (piccola digressione sul senex Coricius).

{…}

APPROFONDIMENTO SULLE “GEORGICHE”.


Ha una parte ODISSIACA (dal I al VI libro) e una ILIADICA (dal VII al XII libro). Si tratta di un’opera improntata
sulla brevitas, dato che Omero scrisse 48 libri. È tra le più lunghe conservate in lingua latina, e con Omero
ha moltissimi continuamenti, è vista come una possibile continuazione dell’”Iliade”. Ci sono termini di
omaggio e la famosa “emulatio”. Altri modelli sono APOLLONIO RODIO per il tema del viaggio (autore delle
“Argonautiche”); tematiche sono la SIMPATIA verso l’esterno – parole di dolore, pietà, compassione,
dall’altra c’è l’EMPATIA, l’immedesimazione. C’è una SOGGETTIVITÀ, per cui pur essendo un poema di
guerra, è passato come un’opera umana (humanitas non propria di Virgilio). L’opera si conclude con
l’ennesimo momento di dubbio di Enea, che pensa di farlo finché non vede il cinturone di Balteo di Pallante.
Le ultime parole riguardano così la morte di un soldato.

 FORMULARITÀ omerica: tecnica tipica del poema epico, in Omero aveva un altro senso, i poemi
venivano tramandati oralmente, le formule e gli epiteti usati e ripetuti erano puntelli per la
memoria;

{…}

Ci sono grandi personaggi nell’”Eneide”, in particolare DIDONE, a cui è dedicato l IV libro, lei rappresenta la
causa eziologica delle guerre puniche; c’è attenzione ai NEMICI, che mostrano questa humanitas, curiositas,
rispetto per gli altri e per i loro sentimenti, e poi gli DEI, piuttosto capricciosi e vendicativi (Giunone –
ostilità verso i Troiani; Giove più vicino al fato, superiore e conciliante).

I libri più celebri sono il II – caduta di Troia, narrata probabilmente nel Ciclo Troiano (+ libro IV, richiesta di
Didone di narrare la storia della caduta di Troia), il IV – dedicato a Didone, e il VI – catabasi, raccordo tra
prima e seconda parte. {…}

ORAZIO – Venosa/PZ 65 – Roma 8 a.C.

{…}

29/10/2019

STORIA DELLA LETTERATURA LATINA

OSPITE: PROF. PESARESI, docente di diritto romano e di diritti dell’antichità, si occupa da tempo del sistema
giuridico antico e delle strategie forensi, del peculium romano antico, della riforma del senato nel III secolo
a.C.

Primi 11 paragrafi del “Pro Archia” – parte del processo, parte più tecnica.

Questa orazione, rispetto ad altre ciceroniane, contiene pochi riferimenti dal punto di vista giuridico, il che
compliva la nostra analisi, anche se ciò si spiega con il fatto che la natura giuridica dell’accusa non doveva
essere così complesse come in altri casi, come le “Verrinae” (Cicerone fu pubblico accusatore – trattativa
specifica degli aspetti giuridici). Troviamo nel “Pro Archia” pochi riferimenti forse perché il capo di
imputazione in sé non richiedeva un’approfondita illustrazione, forse per una consapevole strategia
processuale di Cicerone, non approfondendo alcuni aspetti che avrebbero reso evidenti la sua connotazione
complessiva. L’accusa venne fondata dalla LEX PAPIA DE PEREGRINIS dell’85 a.C., che andava a costruire
una nuova fattispecie criminosa, una nuova figura di reato, che andava a reprimere la condotta di quei
peregrini che avessero usurpato la cittadinanza romana. Il fatto si spiega con la volontà da parte delle classi
dirigenti di limitare l’accesso alla cittadinanza romana da parte di peregrini, quelle provincie che non
appartenevano ai popoli italici (cittadinanza romana riconosciuta dopo il bellum sociale tra l’80 e il 79 a.C.).
Roma è al tempo capital de mondo mediterraneo, c’è grande affluenza e molti tentano di ottener la
cittadinanza romana, titolo importante da far valer nelle provincie e motivo di interlocuzione con la classe
dirigente romana. In quegli anni di trionfo di un certo conservatorismo le linee della costituzione si
dipanano, c’è una concezione ostile di concessione della cittadinanza Archia poteva solo far affidamento ad
amicizie importanti. La lex Papia costituisce un tribunale speciale, è un plebiscito ma certamente di taglio
conservatore (vicina alla posizione degli optimates), viene chiamato QUAESTIO EXTRAORDINARIA, perché
non appartiene ai tribunali ordinari, è chiamato a giudicare sulle accuse nei confronti di quei PEREGRINI, gli
stranieri non appartenenti al mondo italico, istituito seguendo i principi fondamentali dell’ordinamento
giurisdizionale dell’epoca, istituendo una quaestio, una giuria di PRIVATI CITTADINI. Il tribunale era
presieduto da un PRETORE, magistrato cum imperio immediatamente sotto ai consoli, con tipica funzione
giudiziaria, alcuni nel processo privato e altri nei processi penali come presidenti delle varie quaestiones,
che si appurava che il processo seguisse le regole della procedura. Ciò assicura che il processo avvenga
secondo regole prestabilite; caratteristica delle quaestiones è di garantire una parità tra accusa e difesa e di
rimettere il giudizio a una giuria costituita da privati cittadini.

È un processo moderno nelle sue caratteristiche, prefigura il cosiddetto PROCESSO ACCUSATORIO, che è nel
lessico dei giuristi contrapposto al PROCESSO INQUISITORIO. Il secondo è caratterizzato da un prevalere
degli strumenti di indagine della parte dell’accusa, il primo è caratterizzato da parità di accusa e difesa,
entrambe devono rispettare le regole del giudizio. Il giudizio è affidato alla giuria, ed è più sul fatto che sul
diritto, i privati sono chiamati a stabilire se il fatto è accaduto o meno, la qualificazione giuridica spetta al
presidente della quaestio. Questo processo, che un po’ somiglia a quello all’AMERICANA, dove c’è un
magistrato che gestisce solo gli aspetti giuridici, ha un aspetto che è una delle più alte ESPRESSIONI DELLA
POLITICA E DELLA LIBERTÀ REPUBBLICANA, il fatto che il processo sia AFFIDATO A PRIVATI CITTADINI, scelti
e affidati secondo procedure. Una delle prime cose che verranno cambiate con il crollo della repubblica e l a
nascita dello stato Augusteo è il PROCESSO PENALE, che decide della vita e del patrimonio dei cittadini. Il
processo da ACCUSATORIO diventa INQUISITORIO, si inseriscono giurie formate da funzionari e burocrati
dello Stato (apparato amministrativo al cu vertici c’è il princeps), non da cittadini privati.

STRORDINARIA STAGIONE DEL PROCESSO PENALE AI TEMPI DI CICERONE. <-

Il contesto cambierà di molto nel passato dal principato al dominato, per esempio. Sono lavori che seguono
le altalenanti vicende della storia. In questo conteso si colloca l’accusa, nella quale si colloca Cicerone (62
a.C. – termine consolato ciceroniano), che si confronta con un accusatore, di profilo molto più modesto di
Cicerone, ma non per questo poteva avere torto. L’accusa si basa su incongruenze che emergono
facilmente analizzando la biografia su Archia, che sostiene di aver ottenuto la cittadinanza su Eraclea negli
anni della guerra sociale, e i registri dove doveva risultare il suo nome andarono distrutti. Archi non figurava
neppure sulle liste di censimento a Roma, e neppure nulla sul suo presunto acquisto della cittadinanza.
C’erano seri dubbi che potessero giustificare un0’accusa sulla base delle previsioni della lex. Non ci sono
prove per le quali Archia avesse titolo per la cittadinanza romana. La difesa di Cicerone si svolge su due
piani: dal punto di vista GIURIDICO, Cicerone oppone all’accusa una clausola, la LEX PLAUSIA-PAPIRIA – 89
a.C., plebiscito di due tribuni che, per concludere la guerra sociale, estende la cittadinanza romana a tutti i
popoli italici.

In tutto il versante del diritto pubblico e istituzionale abbiamo grandi lacune, colmate solo in parte dalla
testimonianza degli storici. Appaino ci offre una sintesi significativa sul complesso di leggi, ma manca Livio,
abbiamo un vuoto gravissimo. Le fonti letterarie sono in sé lacunose, sintetiche e soprattutto sono
descrizioni da parte non di giuristi – es. legge fondamentale di Gaio Cracco del 122, legge che abbiamo per
via epigrafica per caso straordinario; se confrontiamo il testo con ciò che dicono gli storici, la distanza è
enorme, gli storici danno della lege dettagliata e articolata un sunto brevissimo. Quando Cicerone ci parla,
fa riferimento nella difesa a questa legge, non cita la disposizione principale, ma una clausola secondaria
che i legislatori romani avevano inserito per qualche ragione nel testo della lege (parte dell’orazione in cui
si prevedono obblighi necessari per l’acquisto della cittadinanza, segnalandosi al pretore come cittadino di
Eraclea con una denuncia con un termine breve di circa 60 giorni, e dimostrare il suo domicilium a Roma).
Era una clausola secondaria, perché era impensabile che tutti gli italici per aver la cittadinanza facessero
questa procedura. Cicerone trova questa clausola che doveva essere stata pensata per i peregrini, gli
stranieri che non avevano la loro origo in Italia ma erano persone provenienti da altre provincie del mondo
romano e che avevano ottenuto la cittadinanza di una qualche comunità politica (mobilità in entrata la lex
Plautia-Papiria prevede concessioni ma non automatiche – procedura particolare che richiede una serie di
cose, l’iscrizione alla lista ottenuta dal pretore entro i 60 giorni e la dimostrazione del domicilium stabile in
Roma).

Dal punto di vista generale Cicerone si limita a segnalare come fosse abbastanza ingiusto privare della
cittadinanza romana una persona come Archie, che viveva a Roma da quasi quarant’anni (arrivato intorno
al 102, pienamente integrato per le sue frequentazioni ai più alti livelli dell’aristocrazia romana e nella
cittadinanza <- contrasto con previsione lex). Emerge qui anche una contraddizione, un’ammissione di
consapevolezza: se aveva il domicilio a Roma da quarant’anni, è singolare che fosse andato a prender la
cittadinanza di Eraclea 15 anni più tardi, l’aveva presa di una città i cui archivi erano stati distrutti, sembra
un espediente per cercare di rientrare nel campo di applicazione della legge, di avvalersi della disposizione
della lex, che rientrava nelle norme che legavano Roma ai popoli italici. La concessione generalizzata della
cittadinanza costituisce l’ultimo passo di integrazione. Già la concessione di Gaio Gracco favoriva tutta
Italia, la questione agraria aveva coinvolto tutte le città italiche federate. Sulla lex si può oggettivamente
avere qualche dubbio.

Com’è andata a finire? Cicerone vince per bravura e anche per la sua discussa conoscenza del diritto, non a
caso anche qui è attuale, Cicerone criticava tutti quegli avvocati bravi a parlare ma che non conoscevano il
diritto. Dal punto di vista del processo in sé si conclude con un’assoluzione di Archia, che rischiava di
perdere la sua posizione di cittadino in sé.

L’ultima questione riguarda le RAGIONI DELL’ACCUSA, la risonanza che dovette avere l’andarsela a
prendere con un uomo ormai integrato nella società romana. Sono state fatte varie ipotesi, si pensa che
l’obiettivo vero fossero i Luculli, primi veri protettori di Archia (conquista Siria iniziata da un Lucullo), fosse
tutto un modo per colpire questa famiglia aristocratica. Ettore Paratore avanza che l’obiettivo vero fosse
proprio Cicerone, al massimo della sua carriera, era stato appena console, nel testo stesso lui stesso
sostiene che Archia era suo estimatore e che ben presto avrebbe composto un poema per la celebrazione
delle gesta di Cicerone, cosa di cui lui si rammaricherà molto. È un modo per cominciare a far scendere
Cicerone da quegli allori massimi, per iniziare a indebolirlo politicamente, era uno dei principali esponenti
del partito avverso degli optimates.

Potrebbe esserci un’altra possibilità, cioè che in realtà l’obiettivo fosse un altro personaggio, sempre da
legare nelle vivaci lotte tra optimates e populares, che avevano il loro campo di scontro anche nel processo,
che può diventare arma di lotta politica. L’obiettivo poteva essere chi aveva dato ad Archia la prova della
sua cittadinanza, cioè il PRETORE METELLO, il che fa pensare che Metello avesse scritto il nome di Archia nei
registri in un momento successivo. L’accusa aveva motivo di credere che i registri fossero stati alterati e
modificati. L’accusa aveva forse di mira molto concretamente i Metelli, i cui figli proprio in quegli anni si
candidavano alle cariche pubbliche. Il processo serviva a metterne in piedi un altro, l’accusa di falsificazione
di un registro per dare la cittadinanza a un proprio protetto. Dal punto di vista politico il danno rimaneva
senza alcun dubbio.

Ultima riflessione sul destino della classe dirigente: mentre populares e optimates si battevano nel Foro per
difendere le loro clientele e i loro protetti, nell’illusione che il loro mondo potesse durare in eterno nella
repubblica, in realtà nel mentre crescevano i problemi veri, quelli che nella repubblica romana la classe
dirigente non riesce a trovare risposta, cosa che porterà alla nascita del primo triumvirato e al crollo del
mondo repubblicano, che con la fine di se stesso avrebbe portato anche alla fine delle libertà repubblicane.

 62 a.C. – Primo triumvirato;


VEDERE PARAGRAFO 9, PAGG. 92-93 DEL “PRO ARCHIA”.

Vuol dire che se non ci fossero stati sospetti sulla falsificazione, l’accusa sarebbe stata completamente
infondata. Noi non abbiamo il discorso pronunciato dall’accusatore, non sappiamo esattamente quali
fossero le prove, ma doveva esserci qualcosa, logicamente negato da Cicerone. La sua negazione viene
sostenuta, ma noi abbiamo solo una parte, c’è difficoltà nella ricostruzione. Di certo esistevano registri del
pretore Metello.

04/11/2019

STORIA DELLA LETTERATURA LATINA

 “PRIMA LEZIONE DI LETTERATURA LATINA”, A. LA PENNA <- LEGGERE!

Omero introduce la storia nella poesia epica, e La Penna lo tratta ampiamente. Nel primo capitolo abbiamo
più Livio Andronico, nel secondo Nevio, nel terzo si tratta il rapporto tra Livio e i suoi predecessori. Ci si
sofferma su alcune parole, come “fatum” = “forza, volontà divina”. Il fatum è da intendere come volontà
divina legata alla storia, qualcosa che non può esistere al di fuori della cultura romana, al di sopra di Giove e
dell’Olimpo, è una PROVVIDENZA BUONA che organizza gli eventi per il bene degli esseri umani, è una
mente razionale (idea che non c’è in Virgilio). Si collega a “for, fari”, rappresenta un concetto italico di
difficile comprensione. C’è l’idea del fato già presente in Nevio, qualcosa di tutto italico e nuovo.

Tucci – fondatore storia religioni, soprattutto orientali (tra 800 e 900);

Nel fatum c’è l’idea romana, latina. E il libro presenta tante idee, tra cui il tema dell’ostilità di Giunone che
odia i troiani (“Saturnia iuno”, Ennio – idea di una Giunone riconciliata con i romani divenuta loro dea – fine
ostilità, pace ottenuta) <- numerosi spunti interessanti, molti si chiedono quali siano le origini di Enea come
eroe del Lazio; ci sono diverse teorie.

 OMERO – grande eroe troiano, destinato alla successione a Troia, sarà il capo dei sopravvissuti –
mito che conosce diverse trasformazioni, diventa sempre più centrale e legato all’Italia; la storia
sottolinea il fatto che sarà VIRGILIO a rafforzare il legame con Roma, vedendo nel figlio di Enea il
capostipite della gens egemone, sottolineando dal secondo nome Iulo il ruolo eponimo della gens –
personificazione simboli nazionali romani, come la PIETAS (strana ira di Giunone verso un eroe così
pio – ira non personale, ma verso la sua gens e i suoi predecessori – analogie, differenze rispetto ad
Ulisse perseguitato da Poseidone – diverso da Enea, rispettoso e pronto a sacrificarsi – VIII libro di
conciliazione tra un Enea non colpevole e una Giunone ostile e rassegnata -> rito di sacrificio della
scrofa e dei maialini, rito di conciliazione).

PROEMIO DELL’OPERA.

Accanto al III capitolo è interessante l’introduzione di PARATORE, che si rapporto al modello di OMERO e lo
confronta con VIRGILIO, fin dalla prima parola.

05/11/2019

STORIA DELLA LETTERATURA LATINA

“fatum” -> volontà divina superiore, mene divina che agisce per il bene in La Penna; in Virgilio non c’è
questa concezione, non è fato stoico, abbiamo un problema diverso <- SENSO ANTROPOLOGICO (pag. 62).
Pag. 63.

Entrambi gli studiosi, per vari motivi, tendono a valorizzare gli aspetti o innovati o del tutto romani. Dopo
aver parlato de fatum, La Penna sottolinea il TEMA DEL GENUS (v. 6 dell’Eneide, stirpe Troiana; La Penna
ricorda che nel I libro del “Bellum Poenicum” compare già una preghiera o protesta di Venere (v. 229
dell’Eneide, preceduta da una descrizione su dove si trovasse Giove). Al v. 254 -prima di ogni intervento
viene usato un epiteto per le parole + vers “fatur”, radice di “fari”, da “fato”, significa “parlo”. Nell’Eneide
sono solo due le dee realmente coinvolte, Venere e Giunone. Giove conosce il fato, è l’unico. Virgilio
definisce Giove “hominum sator atque deorum”; La Penna “patrem suum supremum”, si mostra il
commento succinto di Venere, che chiede la ragione di tanto odio. Si presenta anche una variazione della
metrica: Nevio scrive in esameri, Virgilio in esametri perfetti

Secondo La Penna già nel “Bellum Poenicum” di Nevio c’è una profezia, e anche il Giove virgiliano la
profezia è dal verso 267. Al 286 c’è il nome di Caesaer, probabilmente o il vero Cesare o il figlio adottivo
(allusione spedizione in Britannia) <- allusione Augusto, che divinizzò il padre adottivo (primo divus umano
– pratica contraria nel mondo romano – costruzione Tempio Divi Augusti). L’assunzione in cielo di esseri
umani avviene dopo la morte – costellazione di Cesare di cui parleranno molti poeti.

 PROFEZIA LEGATA A IULO, FIGLIO DI ENEA;


 SITO PER LA METRICA: “MUSISQUE DEOQUE” (= Apollo, dativo di vantaggio).

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