Sei sulla pagina 1di 6

Induzione

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.


« Nessuna quantità di esperimenti potrà dimostrare che ho ragione; un unico esperimento potrà dimostrare che
ho sbagliato. »

(Albert Einstein , lettera a Max Born del 4 dicembre 1926 )


Il metodo induttivo o induzione (dal latino inductio, dal verbo induco, presente di in-ducere), termine che significa letteralmente
"portar dentro", ma anche "chiamare a sé", "trarre a sé", è un procedimento che partendo da singoli casi particolari cerca di stabilire
una legge universale. Nelgreco antico è traducibile con l'espressioneepagoghé (ἐπαγωγή).

Contrapposto a quello induttivo è il metodo deduttivo (anche detto "metodo aristotelico"), che al contrario procede dall'universale al
particolare.

Indice
L'induzione in Aristotele
L'induzione secondo Bacone
La concezione moderna di induzione
John Stuart Mill
L'induzione nella filosofia contemporanea
Critiche al metodo induttivo
Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni

L'induzione in Aristotele
Uno dei primi filosofi a ricorrere a questo concetto fu Aristotele, il quale, attribuendo a Socrate il merito di averla scoperta,[1]
universale».[2]
sosteneva che l'induzione fosse, appunto, «il procedimento che dai particolari porta all'

Secondo Aristotele, la conoscenza umana si può svolgere in due direzioni, scegliendo una delle due seguenti strade: avere una prima
conoscenza sensibile del particolare e da questa risalire all'universale (via dell'induzione, appunto), o seguire la strada opposta, cioè
partire dall'universale per andare al particolare (via delladeduzione).

Per ottenere una conoscenza veramente fondata bisogna, tuttavia, scegliere questa seconda strada, facendo ricorso al sillogismo
scientifico, a condizione però che esso parta da premesse vere e necessarie. Poiché tali premesse non possono essere a loro volta
dimostrate, dato che proprio da queste deve partire la dimostrazione, Aristotele giunge ad utilizzare le "definizioni", cioè frasi che
contengono in sé l'essenza di un argomento e si ottengono per un'intuizione dell'intelletto.
L'induzione può servire come avviamento dell'intuizione intellettuale (in maniera simile a quanto affermava Platone secondo cui la
percezione sensibile serviva a risvegliare la reminiscenza intuitiva delle idee); in tal senso Aristotele attribuiva a Socrate di aver
scoperto l'induzione,[3] come processo "definitorio" volto a ricercare l'essenza dell'argomento di cui si parla ("tì esti" era la domanda
socratica che significa «che cos'è?»).[1] Come già avrebbe sostenuto Socrate, quest'induzione per lui deve essere progressiva e
collaborativa.

Non sono però i sensi per via induttiva, né la razionalità per via deduttiva, a dare di per sé garanzia di verità, bensì soltanto
l'intuizione intellettuale: questa sola consente di cogliere l'essenza della realtà fornendo dei princìpi validi e universali, da cui il
ragionamento sillogistico trarrà soltanto delle conclusioni coerenti con le premesse; per Aristotele occorre bensì partire dai sensi, ma
l'induzione empirica non ha per lui alcun valore di consequenzialità logica, fungendo unicamente da avvio di un processo che
culmina con l'intervento deltrascendente intelletto attivo.[4]

La differenza sostanziale fra induzione e sillogismo (o ragionamento deduttivo) sarebbe insita, sempre per Aristotele, nel termine
medio del ragionamento stesso. Esso infatti nel primo caso (induzione) è un semplice fatto, mentre nel caso della deduzione funge da
perché sostanziale.[5] Ecco un esempio:

Sillogismo deduttivo:

Tutti gli uomini sono animali,


tutti gli animali sono mortali,
dunque tutti gli uomini sono mortali.

Il termine medio qui è "animale" e costituisce di fatto la connessione necessaria tra i due estremi. In questo caso è ciò che solo rende
possibile l'affermazione che tutti gli uomini sono mortali. Esso è la condicio sine qua non. Esso spiega e dimostra, ci fa pervenire ad
una conclusione valida sempre, perché ci dice che gli uomini moriranno tutti, prima o poi, essendo
sostanzialmente animali.

Percorso induttivo:

L'uomo, il cavallo e il mulo sono longevi,


l'uomo, il cavallo e il mulo sono animali senza fiele,
dunque gli animali senza fiele sono longevi.

Il termine medio qui è «essere senza fiele» ed è associato alla longevità solo nella conclusione. Questo significa che esso non serve a
connettere proprio nulla, ma semplicemente è un fatto, un'osservazione a posteriori. L'induzione, in definitiva, non dimostra niente, e
vale solo nella totalità dei casi in cui si riscontra la sua ef
fettiva validità.

L'induzione di cui parla Aristotele (epagoghé) sembra quindi non abbia lo stesso significato che ha presso l'epistemologia
contemporanea.[6] Per Aristotele l'induzione è soltanto un grado preparatorio di avviamento verso l'intuizione intellettuale, non
essendovi un passaggio logico-necessario dai particolari all'universale. La logica aristotelica è solo deduttiva, una "logica induttiva"
sarebbe per lui una contraddizione in termini.

L'induzione secondo Bacone


Per la sua incapacità di ottenere affermazioni scientificamente vincolanti a partire da singoli casi
concreti, al processo induttivo venne negata ogni validità dalla logicametafisica.

Il primo filosofo a discostarsi dall'auctoritas aristotelica, ritenuta ancora valida nel XVII secolo, fu
Francesco Bacone. Egli sostenne che l'induzione doveva essere non per enumerazione, come quella
aristotelica, ma per eliminazione. Attraverso tre tavole furono vagliate varie ipotesi fino a giungere
alla vindemiatio prima che secondo lui sarà, dopo vari esperimenti, comprovata dall'istanza cruciale. Francesco Bacone
Bacone aprì così la strada a una riconsiderazione dell'induzione, ponendola in stretto rapporto con la
ricerca scientifica, con l'osservazione e lasperimentazione.[7]
La concezione moderna di induzione
Dopo Bacone, tuttavia, alla concezione di induzione come passaggio dal particolare all'universale si venne progressivamente
sostituendo una concezione diversa, che definiva l'induzione come "inferenza ampliativa ma solo probabile", laddove la deduzione
era definita come un'"inferenza non ampliativa ma necessaria".

Sono state le riflessioni di David Hume, e poi dei positivisti Comte e John Stuart Mill, a mettere a punto progressivamente questa
concezione. Hume in particolare obiettò che le leggi scientifiche da noi ritenute induttivamente giustificate sulla base dell'esperienza
hanno in realtà un'origine soggettiva. L'idea di ritener collegati tra loro due fenomeni naturali, ad esempio, non avrebbe alcun
[8]
fondamento logico, ma nascerebbe soltanto da un istinto diabitudine, dovuto al fatto di vederli usualmente accadere in sequenza.

La forma canonica dell'induzione fu quindi rivista, diventando la seguente:

1. Ho visto un corvo ed era nero;


2. Ho visto un secondo corvo ed era nero;
3. Ho visto un terzo corvo ed era nero;

. ……

Conclusione1: Il prossimo corvo che vedrò sarà probabilmente nero.

Oppure, in forma generalizzante,

Conclusione2: Tutti i corvi sono probabilmente neri.


Se oltre alla probabilità si tiene conto dell'ampliatività del contenuto della conclusione rispetto a quanto è contenuto nelle premesse,
possiamo dire che nell'induzione, diversamente dalladeduzione, il contenuto informativo della conclusione non è interamente incluso
nelle premesse. Ad esempio se le premesse affermano che in n casi gli x osservati hanno mostrato di possedere la proprietà A, allora
si inferisce che il prossimo x che verrà osservato nel caso n+1 probabilmente avrà la proprietà A, oppure che tutti gli x che verranno
osservati mostreranno probabilmente la proprietà A. L'avverbio «probabilmente» è cruciale: mentre è impossibile che la conclusione
di un ragionamento deduttivo sia falsa se le sue premesse sono vere, in un argomento induttivo questa certezza si riduce a un grado di
probabilità maggiore di 0 e inferiore a 1. Si potrebbe dire che questo è il prezzo che si deve pagare per il vantaggio che gli argomenti
induttivi offrono rispetto a quelli deduttivi, cioè lapossibilità di scoprire e prevedere fatti nuovi in base a quelli vecchi.

Tuttavia in tempi recenti il filosofo statunitense Charles Sanders Peirce, ha suddiviso il ragionamento umano in tre diversi sistemi,
affiancando, al metodo deduttivo ed a quello induttivo, il metodo abduttivo, andando così a meglio definire l'ambito d'azione e le
premesse da cui parte il metodo induttivo.[9]

John Stuart Mill


Nel 1843, John Stuart Mill condusse un'analisi dei sistemi relativi alla logica corrente, nei suoi elementi deduttivi e induttivi, che
doveva rivoluzionare i modi tradizionali di considerare il modo di pensarla. Essa cessa di essere un procedimento astratto, di pura
formalità, per diventare strumento mirato al conseguimento delle prove e delle evidenze sul piano pragmatico dell'operare umano nei
vari campi del sapere. Stuart Mill considera separatamente il verbalismo preposizionale, perlopiù tautologico, e il realismo logico,
che aggiunge vera conoscenza. I ragionamenti e le inferenze vengono così considerate in modo nuovo rispetto al passato, perché è
[10]
soltanto la catena delle inferenze sul particolare che permette di formulare un generale plausibile e soprattutto utilizzabile.

Ciò che caratterizza il pensiero di Mill è il forte empirismo che caratterizza le sue analisi, sottraendo così la logica all'astrazione dei
metafisici per conferirle una concretezza prima assente, ma che la scienza aveva da sempre utilizzato nella prassi delle sue indagini,
sulle orme teoriche di Bacone e con le conferme operative di Galileo. Stuart Mill ritiene che l'uniformità dei processi naturali sia una
sufficiente garanzia che l'induzione abbia una base logica più concreta della deduzione, generalmente poco utile al conoscere. La
teoria e l'esperienza non sono per Mill antitetiche, ma coniugabili, purché vengano abbandonati i vecchi schemi mentali della logica
tradizionale; facendo in modo che la razionalità analitica e l'approccio pratico osservativo e sperimentale si fondano nelle loro
conclusioni.

L'induzione nella filosofia contemporanea


L'induzione divenne lo strumento di conoscenza per eccellenza con l'avvento del Circolo di Vienna. Il lavoro fu proseguito da Hans
Reichenbach che approfondì i legami tra induzione e probabilità. Esemplare è il suoLa nascita della filosofia scientifica.[11]

L'induzione entrò in crisi a causa dei lavori del filosofo Karl Popper (1902-1994). Egli infatti contrappose all'induzione la
falsificazione; l'induzione, per quanto sia alto il numero di casi favorevoli, non può prevedere se anche il successivo lo sarà, perché
procede a posteriori, per cui di fatto non può essere utilizzata per giustificare leggi universali formulate a-priori, mentre alla
falsificazione basta solo un contro-esempio per invalidare unateoria.

Nel dibattito epistemologico contemporaneo sull'induzione, assume un ruolo significativo la riflessione di Nelson Goodman, il quale
ritiene che la conoscenza scientifica non consista in un'osservazione passiva ma in un'attività costruttiva. Essa è costituita dalla
scrittura di una mappa schematica e selettiva della realtà, ottenuta per induzione. La pratica effettiva, quale si è storicamente
sviluppata, comprova il valore di un'ipotesi. La validità dell'induzione si basa, pertanto, non sulla sua validità logica (come sosteneva
Aristotele), né sulla sua conformità alla natura della mente umana (come sosteneva David Hume) ma sulla verità comune (come già
sosteneva il fondatore dell'induttivismo, Socrate), che si sviluppa nel tempo e che risponde alle domande poste da una specifica
comunità umana.

Critiche al metodo induttivo


Fra i critici dell'induzione vi fu Bertrand Russell (1872-1970) il quale osservò, con classico humour inglese, che pure il tacchino
americano, che il contadino nutre con regolarità tutti i giorni, se adotta un metodo induttivo può arrivare a prevedere che anche
domani sarà nutrito... ma "domani" è il giorno del Ringraziamento e l'unico che mangerà sarà l'allevatore (a spese del tacchino)!
Questa fu la celebre obiezione deltacchino induttivista.[12]

Una problematica analoga venne sollevata dal già citato Karl Raimund Popper, il quale osservò che nella scienza non basta
"osservare": bisogna saper anche cosa osservare. L'osservazione non è mai neutra, ma è sempre intrisa di teoria, di quella teoria che
appunto si vorrebbe mettere alla prova. Secondo Popper, la teoria precede sempre l'osservazione: anche in ogni approccio presunto
"empirico" e "induttivo", la mente umana tende inconsciamente a sovrapporre i propri schemi mentali alla realtà osservata. Quella
che spesso viene spacciata come «induzione» è in realtà una deduzione, perché costruita sempre a priori; l'induzione è soltanto il suo
[13]
limite negativo, e serve non a costruire ma a demolire.

Note
1. ^ a b L'attribuzione a Socrate da parte di Aristotele della scoperta del metodo induttivo è stata tuttavia contestata
dagli studiosi, i quali ritengono cheSocrate non disponesse ancora degli strumenti logici idonei a una tale scoperta,
sebbene egli stesso ne avesse posto le basi: «Nel corso del secolo XX è stato messo bene in luce come Aristotele
vada sempre preso con estrema cautela come fonte storica. [...] In particolare la tesi secondo cui Socrate avrebbe
scoperto l'universale e la definizione del processo induttivonon può essere in alcun modo vera, per il semplice
motivo che tali scoperte postulavano tutta una serie di categorie logiche e metafisiche [...] che non solo non erano a
disposizione di Socrate, ma nemmeno del primo Platone. Con la domanda"che cos'è?" non voleva affatto giungere a
definizioni logiche in modo sistematico. [...] Nella suadialettica si trovano i germi che porteranno a future importanti
scoperte logiche, ma non scoperte logiche consapevolmente formulate» (G. Reale, Il pensiero antico, pagg. 101-102,
Vita e Pensiero, Milano 2001ISBN 88-343-0700-3).
2. ^ Aristotele, Topici, I, 12, 105 a 11.
3. ^ Così Aristotele in Metafisica I, VIII, 4.
4. ^ Così Aristotele:
« [...] principio di tutto è l'essenza: dall'essenza, infatti, partono isillogismi. »

(Aristotele, Metafisica VII, 9, 1034a, 30-31 )

« [...] la sensazione in atto ha per oggetto cose particolari, mentre la scienza ha per oggetto gli universali e
questi sono, in certo senso, nell'anima stessa. »

(Aristotele, Sull'anima II, V, 417b )

« Colui che definisce, allora, come potrà dunque provare [...] l'essenza? [...] non si può dire che il definire
qualcosa consista nello sviluppare una induzione attraverso i singoli casi manifesti, stabilendo cioè che
l'oggetto nella sua totalità deve comportarsi in un certo modo [...] Chi sviluppa un'induzione, infatti, non
prova cos'è un oggetto, ma mostra che esso è, oppure che non è. In realtà, non si proverà certo l'essenza
con la sensazione, né la si mostrerà con un dito [...] oltre a ciò, pare che l'essenza di un oggetto non possa
venir conosciuta né mediante un'espressione definitoria, né mediante dimostrazione. »

(Aristotele, Analitici secondi II, 7, 92a-92b )

5. ^ Aristotele, Analitici primi, II, 23, 68 b 15.


6. ^ Per approfondire il significato che Aristotele attribuisce al termine "induzione" vedere
qui (http://www.estovest.net/tr
adizione/aristotele.html)Archiviato (https://web.archive.org/web/20130723064515/http://www .estovest.net/tradizione/
aristotele.html) il 23 luglio 2013 in Internet Archive..
7. ^ Bacone, Novum Organum (1620), dove sostiene che i princìpi della natura siano da ricavare «risalendo per gradi e
ininterrottamente la scala della generalizzazione, fino a pervenire agli assiomi generalissimi».
8. ^ Hume, Trattato sulla natura umana(1739-1740).
9. ^ Charles Peirce, Collected papers (1931).
10. ^ Stuart Mill, System of Logic, 1843.
11. ^ H. Reichenbach, The Rise of Scientific Philosophy, University of California Press, Berkeley 1951.
12. ^ Bertrand Russell, cit. in A. F. Chalmers, Che cos'è questa scienza?, trad. it., Mondadori, Milano 1979.
13. ^ Karl Popper, Congetture e confutazioni, Il Mulino, Bologna 1972.

Bibliografia
Francesco Bacone, Scritti filosofici, a cura di P. Rossi, UTET, 2009 ISBN 88-02-08095-X
Alberto Mura, Dal noto all'ignoto. Causalità e induzione nel pensiero di David Hume , ETS, 1996 ISBN 88-7741-939-3
Paolo Asolan, Il tacchino induttivista, Il Pozzo di Giacobbe, 2009ISBN 88-6124-104-2
Bertrand Russell, Saggi scettici, trad. di S. Grignone, TEA, 2009ISBN 88-502-0551-1
Paolo Maggi, Elogio dell'induzione... e della magia, Edizioni Mediterranee, 2011ISBN 88-272-2121-2
M. Carla Gavalotti, Probabilità, induzione, metodo statistico, CLUEB, 1992 ISBN 88-491-0435-9
Bruno de Finetti, Probabilità e induzione(DjVu), Bologna, CLUEB, 1993,ISBN 88-8091-176-7.
Laurence J. Cohen, Introduzione alla filosofia dell'induzione e della probabilità , Giuffrè, 1998 ISBN 88-14-07411-9
Alberto Mura, La sfida scettica. Saggio sul problema logico dell'induzione , ETS, 1992 ISBN 88-7741-715-3
Hans Reichenbach, La nascita della filosofia scientifica, trad. di D. Parisi e A. Pasquinelli, Il Mulino, 2002ISBN 88-
15-09078-9

Voci correlate
Abduzione
Deduzione
Epistemologia
Probabilità

Altri progetti
Wikizionario contiene il lemma di dizionario «induzione»
Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sull'induzione

Collegamenti esterni
(EN ) Leah Henderson, The Problem of Induction, su Stanford Encyclopedia of Philosophy.
Induzione, ragione e intuizione tra Aristotele e Popper
, su ariannaeditrice.it.
Metodo empirico induttivo, su ideegreen.it.
Induzione, in Thesaurus del Nuovo soggettario, BNCF.
Controllo di autoritàGND (DE ) 4026765-9

Estratto da "https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Induzione&oldid=95838816
"

Questa pagina è stata modificata per l'ultima volta il 31 mar 2018 alle 11:04.

Il testo è disponibile secondo lalicenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo
; possono applicarsi
condizioni ulteriori. Vedi le condizioni d'uso per i dettagli.

Potrebbero piacerti anche