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IL METODO COGNITIVO
IL METODO DEL REALISMO ARISTOTELICO-TOMISTA

Il termine metodo, dal latino methodus, dal greco methdos (met = dopo; hdos = cammino, via), sta a significare il modo dell'investigazione, il modo ordinato e conforme di operare per ottenere uno scopo. Nella storia della filosofia il termine metodo viene utilizzato con ricorrenza a partire da Cartesio, e questo dato di fatto dovrebbe gi farci riflettere sul ruolo cardine che l'agente cognitivo assume all'interno di siffatta investigazione ordinata e diligente. Raramente infatti si trova il termine metodo negli scritti risalenti alla filosofia medioevale, e ancor meno in quelli tipici della filosofia antica; e questo dovuto a mio parere al fatto che fino a Cartesio, fino alla svolta copernicana, il problema del metodo non si presentava nelle menti dei filosofi poich regnava quell'unitaria convinzione che la conoscenza era dettata dall'essere delle cose piuttosto che dal modo in cui queste erano esperite. Anche se abbiamo intitolato questo paragrafo il metodo del realismo aristotelico-tomista, in verit, questo, pi che un metodo una prognosi dell'atto cognitivo; per dirla in altre parole una descrizione del processo mediante cui il soggetto conoscente apprende l'essenza dell'oggetto conosciuto. A differenza dei vari, molteplici e perch no innumerevoli metodi possibili che l'agente epistemico pu creare al fine di una conoscenza certa e rigorosa, il metodo del realismo aristotelico-tomista l'unica descrizione del processo cognitivo. Se infatti nel realismo si riconosce lo sviluppo dell'atto cognitivo, negli altri metodi cognitivi si crea piuttosto il percorso ritenuto pi idoneo, pi corretto, al fine di dare maggiore scientificit alla stessa azione cognitiva. Detto ci, tengo ulteriormente a precisare che il metodo che abbiamo chiamato aristotelico-tomista in realt pi aristotelico che tomista. Pertanto, l'induzione e la deduzione le colonne portanti del metodo realista sono il frutto di alcuni scritti aristotelici che Tommaso si solo limitato ad adottare per la sua filosofia. L'Aquinate per, di controparte, ha dato una consistenza ultima alla filosofia aristotelica introducendo il concetto di una causa prima e trascendente; e giacch entrambi si avvalgono di una concezione realista del filosofare, abbiamo deciso di omaggiare in linea con la tradizione siffatto metodo a questi due grandi pensatori. Sull'importanza di Aristotele quale padre fondatore del realismo filosofico riprendo un esemplare scritto di Terence Irwin, che dice:
Nella misura in cui sostiene che i principi oggettivi devono essere noti per natura,

Aristotele si conforma ad una concezione metafisico-realista della conoscenza e della realt. Infatti sostiene che la verit e originariet di un principio primo proposizionale determinata dalla sua corrispondenza a principi primi non proposizionali. Ci che : noto per natura non ci cui accade di essere adatto alle nostre capacit cognitive, o che gioca un ruolo speciale nelle nostre teorie o opinioni. noto per natura perch una caratteristica primaria del mondo, ed da noi conosciuto solo se siamo nella condizione cognitiva giusta per scoprire ci che realmente c'. L'opinione che abbiamo quando siamo nel tipo giusto di condizione cognitiva non costituisce essa stessa il nostro conseguire un principio primo oggettivo; per questo per noi possibile avere teorie coerenti, semplici, potenti e bene attestate, secondo tutti i canoni della ricerca propriamente detta, senza avere trovato principi oggettivi. l'originariet del principio oggettivo a rendere la nostra opinione conseguimento di un principio, non viceversa1.

Tornando ora sullo specifico contributo offerto da Aristotele alla gnoseologia, interessante vedere come il filosofo greco abbia distinto due fasi fondamentali dell'azione cognitiva. Invero, Aristotele, riconoscendo che la conoscenza pi propriamente scientifica quella che parte dall'universale e giunge a conclusioni attraverso inferenze sillogistiche di tipo deduttivo, mette in luce che non potrebbe darsi nessun tipo di conoscenza simile se prima non si ammettesse un'altra conoscenza che partendo dal particolare giunge all'universale. Di queste due metodologie tanto necessarie per il processo cognitivo tout court, solo la deduzione ha potuto godere di un consenso a trecentosessanta gradi negli ambienti filosofici. L'induzione aristotelica, al contrario che stando alla definizione che ne d lo stesso Aristotele esattamente il procedimento che dal particolare porta all'universale2 , a volte non stata presa in considerazione quale metodologia gnoseologica, altre, s stata presa in considerazione, ma nell'accezione semantica che le aveva attribuito Bacone3. Ma davvero possibile fare a meno della conoscenza tipica del sillogismo induttivo come ha creduto la stragrande maggioranza dei filosofi post-cartesiani? La domanda primaria che ogni epistemologo si deve necessariamente porre al fine delle sue speculazioni quella circa lo sviluppo del processo cognitivo o, pi
1 Terence IRWIN, Aristotle's first principles, Oxford University Press, Oxford, 1988; trad. it.: I principi primi di Aristotele, Vita e Pensiero, Milano, 1996, 9-10. 2 ARISTOTELE, Topici, I, 12, 105a, 11. 3 L'induzione nel senso che ne da Aristotele procede per enumerazione; nel senso che ne da Francesco Bacone invece procede per eliminazione. Orbene, Da Bacone in poi l'induzione (nella sua accezione aristotelica) fu oggetto di critiche tanto da privarne ogni fondamento epistemologico e considerarla solo nella sua fattispecie di probabilit. Se per lo Stagirita il percorso induttivo era necessario per trarre la definizione universale che sarebbe stata in un secondo luogo la premessa per il sillogismo deduttivo, per Bacone essa altro non era che il ripetersi di pi osservazioni e sperimentazioni da parte dell'agente epistemico all'affermazione solo probabile del presunto risultato possibile. Se per Aristotele l'induzione si sviluppava da un procedimento che aveva inizio dai dati particolari per giungere all'universale, per i vari Bacone, Stuart Mill, Hume, fino a Popper, l'induzione ricollegabile alla seguente forma canonica di rappresentazione: Ho visto un corvo ed era nero, ho visto un secondo corvo ed era nera, ho visto un terzo corvo ed era nero, concludo che il prossimo corvo che vedr sar probabilmente di colore nero, e che quindi tutti i corvi saranno probabilmente di colore nero.

genericamente, come de facto un soggetto umano conosce. Immediatamente siamo portati a pensare che la conoscenza sia il prodotto di un'inferenza logica di base deduttiva del tipo: se A = B e B = C allora A = C, ossia, che la stessa cosa, postulare delle premesse dalle quali trarre, o per l'appunto dedurre, delle soluzioni. Di tale metodo conoscitivo, il metodo deduttivo-dimostrativo quale tipico della conoscenza scientifica, il discepolo di Platone parla negli Analitici Secondi4 mettendone subito in risalto i suoi limiti intrinseci:
La dimostrazione un sillogismo a partire da cose necessarie. Bisogna dire, quindi, da quali e da che tipo di cose procedono le dimostrazioni 5.

Se infatti siamo tutti d'accordo o almeno dovremmo esserlo che la conoscenza propriamente scientifica quella ricavata per mezzo del sillogismo deduttivo-dimostrativo, allo stesso modo dovremmo essere tutti d'accordo nel sostenere che, per non incorrere in errate opinioni sulla scienza, il metodo scientifico per non risultare sterile deve necessariamente fondarsi su qualcosa di altro. Ritenere epistemico il carattere delle soluzioni ricavate per via dimostrativa significa ammettere indirettamente che anche il carattere delle premesse del suddetto metodo devono essere ritenute tali; logicamente paradossale convenire nell'idea che da ci che non certo possibile dedurre qualcosa di certo. Ma asserire che suddette premesse posseggono un carattere epistemico solo perch ricavate a loro volta da conclusioni inferenziali e dimostrazioni gi date, voler procrastinare l'agonia di chi vuole ricercare il vero fondamento epistemico della conoscenza scientifica. Infatti, ci non toglie che cos facendo o si cade in un circolo vizioso senza fine, oppure si finisce per abolire ogni legittimazione di epistemicit del metodo in esame. A riguardo, Aristotele si esprime:
Ebbene ad alcuni, per il fatto che si devono conoscere le cose prime, non sembra che vi sia scienza, ad altri che vi sia, per che di ogni cosa si dia dimostrazione. Ma nessuna di queste due opinioni n vera n necessaria. Infatti, quanto a quelli che suppongono che non sia possibile conoscere, in senso totale, costoro ritengono che si retroceda all'infinito, come se dicessero, giustamente, che non si conoscono le cose posteriori mediante quelle anteriori, delle quali non ci sono cose prime: che impossibile percorrere le cose infinite. E se ci si ferma e vi sono i principi, [dicono] che questi sono inconoscibili, se, per l'appunto, non se ne ha dimostrazione: nella qual cosa soltanto sostengono consiste il conoscere. Ora, se non possibile conoscere le cose prime, non possibile conoscere in senso assoluto n in senso proprio neppure quelle che vi derivano6.

Se infatti sempre stata evidente per tutti la validit perenne e universale dei risultati del metodo dimostrativo 7 fatto che gli ha permesso di essere
4 Chiamo dimostrazione un sillogismo scientifico; e chiamo scientifico quello secondo il quale, per il fatto di possederlo, abbiamo conoscenza. Cfr. ARISTOTELE, Analitici Secondi, I, 2. 5 Ivi, I, 4, 23-26. 6 Ivi, I, 1, 3, 5-15. 7 Aristotele dedica un paragrafo degli Analiti Secondi (I, 1, 8. La validit perenne della dimostrazione) alla suddetta questione facendo emergere che: nel caso in cui le proposizioni dalle quali procede il sillogismo siano universali, anche la conclusione della dimostrazione di

considerato propriamente scientifico non per tutti stato altrettanto chiaro il carattere, questa volta indimostrabile ma non per questo inconoscibile, dei principi sui quali la dimostrazione si articola. Abbiamo gi detto che talora i principi del sillogismo dimostrativo sono stati creduti universalmente veri poich dedotti da altre inferenze dimostrative, ma abbiamo visto l'impossibilit di una tale teoria giacch in origine le premesse delle articolazione inferenziali non potevano essere state il frutto di deduzioni; talvolta non sono stati creduti affatto, e allora sorge spontaneo domandarsi dove che risiede il fondamento epistemico e il luogo sorgivo della conoscenza scientifica. La risposta gi adottata e promossa in precedenza vuole ribadire a gran voce la necessaria e fondamentale presenza di una modalit del conoscere che ben lungi dalla conoscenza dimostrativa, dalla quale, tra l'altro, anch'essa deriva. A tal proposito anche Tommaso decisamente ferreo su questa posizione in quanto afferma che tutta la certezza della scienza non pu che non derivare dalla certezza riposta nei principi primi (Cfr. TOMMASO, De Veritate, XI, 1,). bene tenere a mente quindi che il metodo induttivo, intimamente legato all'intuizione intellettiva, la base epistemica di ogni conoscenza; anche di tutte quelle dottrine filosofiche e metodi scientifici che in un modo o nell'altro l'hanno negato. Oltre a quanto espresso fino ad ora circa il problema scaturito dalla soppressione dell'intuizione quale proprium dell'operazione cognitiva (questione che verr ripresa nel capitolo III dell'opera), Aristotele mette in evidenza un'ulteriore inconsistenza epistemologica a proposito di quei metodi che (apparentemente) non suppongono la conoscenza per induzione. Se siamo tutti d'accordo che la conoscenza per dimostrazione parte da premesse universali, dobbiamo domandarci come possibile trarre l'universale se, di fatto, del particolare che viene fatta esperienza. Come possibile, detto in termini aristotelici, giungere alla sostanza seconda se ci che primo noto, l'oggetto d'esperienza, la sostanza prima? Come possibile passare dal livello di ci che particolare (per esempio ogni singolo uomo, Socrate, Platone, Aristotele) a quello universale? (per esempio il concetto di uomo). Aristotele riguardo la fondazione causale delle essenze ben dice quando sostiene che con l'induzione, ovvero con l'astrazione delle caratteristiche essenziali del singolo individuo particolare, che si pu estrapolare la definizione, e quindi l'universale. Invero, per eliminare ogni increspatura e salto della ragione che farebbe dell'unit dell'esperienza filosofica un percorso dogmatico e oscuro, comprendere l'articolarsi della ragione cos come promossa dal filosofo greco ossia concepire l'induzione quale atto originario della conoscenza e, allo stesso tempo, ancoraggio del metodo deduttivo rende il processo cognitivo a tutti gli effetti fluido e inconfutabile. Non a caso il filosofo di Stagira parla della necessit di
questo genere, ossia della dimostrazione presa in senso assoluto, necessariamente perenne. Pertanto, di ci che corruttibile non si d dimostrazione n scienza in senso assoluto, ma cos come per accidente, poich non riguardano la cosa nella sua totalit, ma talvolta e in un certo modo.

una conoscenza previa al metodo deduttivo, il quale non potrebbe esistere senza una conoscenza appresa in precedenza. Cos Aristotele scriveva che:
Ogni insegnamento ed apprendimento dianoetico procede da una conoscenza esistente in precedenza8.

Aristotele ribadisce pi volte negli Analitici Secondi che se la conoscenza pi propriamente detta scientifica solo quella ricavata attraverso il sillogismo deduttivo, alla base di essa c' un'altra conoscenza, altrettanto importante quanto fondamentale per l'azione cognitiva, che quella prodotta tramite il sillogismo induttivo. Quest'ultimo si pone oltremodo all'origine della dialettica deduttiva perch se vero che questa dimostra, lo fa sempre muovendo le proprie inferenze sillogistiche da delle premesse ricavate in principio dalla dialettica induttiva che, astraendo le caratteristiche essenziali degli enti particolari, ne definisce l'universale. Questo specifico processo di astrazione che parte dal particolare per finire all'universale tipico della dialettica induttiva bene sapere che chiamato da Aristotele epagoch (). Ergo, definizione e dimostrazione, ovvero induzione e deduzione, sono le due vie mediante le quali la conoscenza umana procede secondo la filosofia aristotelico-tomista, dove la dimostrazione per sussistere come tale non pu prescindere dalla definizione9. In epilogo, prima di giungere al prossimo capitolo, riepiloghiamo per sommi capi come, de facto, si sviluppa l'atto cognitivo. In primo luogo c' da evidenziare che l'agente cognitivo il soggetto umano che conosce, e il referente cognitivo l'ente individuale sostanziale che in quanto tale secondo Aristotele sostanza prima. Detto ci, il soggetto conoscente quanto si trova nelle condizioni ideali che gli permettono di entrare in relazione con il suo referente cognitivo, ci che egli originariamente conosce il singolo individuo (p. es. il singolo Socrate, Platone, ecc.). Dopo questa esperienza sensibile10, per mezzo dell'intuizione intellettiva prima e dell'induzione poi, il soggetto di conoscenza, astraendo i caratteri essenziali dell'oggetto di conoscenza, pu stabilirne la definizione, ossia pu riconoscerne l'intrinseca natura. Invero, secondo lo Stagirita la definizione una frase che contiene in s l'essenza dell'ente individuale sostanziale oggetto di studio, ed essa appresa, appunto, mediante l'intuizione intellettiva presente nella dialettica induttiva. Poi, una volta stabilit l'essenza del proprio referente cognitivo, si pu accedere a quella via di conoscenza
8 Ivi, I, 1, 71a, 1-3. 9 Ivi, I, 2. 10 Tengo a precisare che come giustamente sostiene Aristotele ogni tipo di conoscenza parte sempre dai sensi, dalla percezione sensitiva che si ha delle cose. Pi correttamente sono le cose che imprimono la propria forma ai sensi del soggetto epistemico, il quale solo in un secondo momento, passando da uno stato di passivit a quello di attivit, ed elaborando i dati sensibili attraverso un atto intellegibile, giunger alla conoscenza delle essenze. Nel De Anima il filosofo greco scrive che la sensazione in atto ha per oggetto le cose particolari, mentre la scienza ha per oggetto gli universali e questi sono, in un certo senso, nell'anima stessa. ARISTOTELE, De Anima, II, 5, 417b.

che in un certo qual modo inversa, opposta, all'induzione che la deduzione. Una volta apprese le definizione essenziali (o universali) possibile avanzare dimostrazioni con l'utilizzo di un altro sillogismo, quello deduttivo, che partendo dall'universale pu, a tutti gli effetti, giungere al particolare rivendicando un carattere di necessit, che in quanto tale, lo ha reso un sillogismo scientifico. Se infatti la dialettica induttiva basata su un sistema aperto, la dialettica deduttiva, al contrario, avvia le sue inferenze sillogistiche sempre all'interno di determinati postulati. Condizione che fa della conclusione giunta tramite siffatto metodo investigativo vera, necessaria ed universale11. Orbene, tengo a fare una precisazione al fine di non incappare in errate opinioni sulla dialettica deduttiva e sul suo carattere di necessit. Cosicch, il risultato scaturito da questo metodo inferenziale pu dirsi realmente consistente se e solo se le premesse supposte dall'inferenza sillogistica risultano essere vere e se il procedimento inferenziale svolto senza errori e fallacie. Difatti, stando alla formalizzazione della teoria classica del sillogismo apodittico quella formulata nei termini: se A di B e B di C allora A di C , solo quando l'inferenza svolta in modo corretto partendo da premesse vere, la conclusione potr dirsi essere (sempre) vera. Da premesse vere non si possono dedurre conclusioni false; al contrario, conclusioni vere possono essere dedotte, in modo accidentale, anche da premesse (almeno una di due) false. Faccio un esempio: (1) = Tutti gli uomini sono mortali Socrate un uomo Socrate mortale (2) = Tutti gli uomini sono immortali Socrate un uomo Socrate immortale (3) = Tutti i filosofi sono greci Socrate un filosofo Socrate greco MeP SeM SeP MeP SeM SeP MeP SeM SeP

Dagli esempi dei sillogismi categorici sopra riportati si pu notare come solamente (1) possa essere preso ad esempio di quello che un sillogismo apodittico12. Infatti, nonostante (1), (2) e (3), possono essere considerati a tutti gli
11 Condizione che si presenta esclusivamente laddove le premesse dalle quali il sillogismo si articola sono vere, e laddove il procedimento sillogistico sviluppato coerentemente. 12 Ho qui riportato solamente una figura (forma che l'inferenza logica riveste a seconda della posizione occupata dal termine medio) delle quattro esistenti che possono rendere

effetti validi nella loro fatti specie formale, dal punto di vista materiale, quello dei contenuti, si nota come sia (2) che (3) risultano essere errati. Nello specifico l'inferenza logica numero (2) mostra come da una premessa (M e P) essenzialmente falsa (il predicato mortale/immortale un aspetto essenziale della natura umana) anche la conclusione da essa scaturita necessariamente falsa. Nell'esempio (3) invece si nota come nonostante la premessa (M e P) fosse falsa, avendo questa a che fare con un predicato che rispecchia solo accidentalmente la natura umana (non un aspetto essenziale dell'umano essere filosofo o non-filosofo), la conclusione dimostra il suo essere vero. Quest'ultimo esempio, a prescindere dell'esito verace della sua conclusione, non pu essere per considerato un ragionamento apodittico perch viola una regola fondamentale dell'argomentazione razionale: quella, appunto, che unisce i predicati dell'inferenza mediante un vincolo essenziale (per s) e giammai accidentale (per accidens). Questo significa che se A B e B C, allora A C lo si pu dire razionalmente se e solo se A implica avere tutte le perfezioni predicategli da B ed infine da C. Da questa presa di coscienza scaturiscono due principi: il dictum de omni che afferma che tutto ci che si dice universalmente di un concetto, va predicato di tutto ci che sotto quel concetto contenuto; ed il dictum de nullo che asserisce che tutto ci che si nega universalmente di un concetto, va negato di tutto ci che sotto quel concetto contenuto. Da questo breve sunto di quello che il processo cognitivo secondo il metodo del realismo aristotelico-tomista, emerge che l'essenza (ci che per s e giammai per accidente) la pietra miliare di tutta la conoscenza. Sia per ci che concerne la dialettica induttiva, sia per ci che riguarda la dialettica deduttiva, sempre l'essenza infatti ad essere il principio di ogni inferenza sillogistica. Aristotele scrive bene quando dice che principio di tutto l'essenza: dall'essenza, infatti, partono i sillogismi13. Alessandro Belli

un'argomentazione apodittica (previa esclusione di ogni errore di inferenza logica). Oltre a quella citata troviamo: P M, S M, allora S P, M P, M S, allora S P, P M, M S, allora S P. Come si pu vedere il conseguente logico (la conclusione) resta invariato. interessante sapere che solo in 19 casi dei 256 modi previsti per il sillogismo categorico (ovvero l'interscambiabilit dal punto di vista astrattamente combinatorio delle premesse e delle conclusione sulla base di aspetti puramente qualitativi e quantitativi) possibili giungere a conclusioni valide (articolate senza errori dalle premesse postulate). Per maggiori informazioni su codesto argomento rimando al testo di Philip LARREY Juan J. SANGUINETTI, Manuale di logica filosofica, Lateran University Press, Citt del Vaticano, 2009, nel quale sono annoverati con diligenza gli aspetti che si presentano nei costrutti sillogistici, apodittici e non. 13 ARISTOTELE, Metafisica, VII, 9, 1034a, 30-31.

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