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UMBERTO FURNARI

Storia popolare della filosofia

Volume IV Lavventura moderna del pensiero

2009

Presso lautore

CAPITOLO XVII Il problema della conoscenza e lo gnoseologismo moderno nel confronto tra razionalisti ed empiristi Cartesio
Le regole del metodo Cartesio considerato il vero iniziatore della filosofia moderna.1 Questa, infatti, intende giustificare il progetto della civilt moderna, basato sulla piena esplicazione dei poteri delluomo, da attuare mediante la conoscenza certa del sistema della natura. Il razionalismo, di cui Cartesio liniziatore indiscusso, specialmente una teoria della ragione come strumento autonomo di sapere. Il sapere, infatti, riguarda lintelligenza della realt, dunque la lettura e linterpretazione del grande libro delluniverso, che gi Galilei considerava scritto nei caratteri della matematica e cio avente una struttura essenzialmente razionale. Ora si tratta di fare di tale struttura loggetto di un vero e proprio sistema scientifico; e a questo scopo si pone lesigenza di un metodo che guidi la ragione stessa a esplicare la fondamentale intelligenza della realt che essa gi contiene in s. Si tratta, pertanto, di partire dallidea della realt che insita alla ragione. Cartesio esprime, in questo modo, lesigenza di procedere a una ricostruzione dellintero edificio del sapere sulla base di un presupposto gnoseologico che si configura come superamento del realismo classico. Il disegno delluniverso gi iscritto nel sistema cognitivo che fa capo allintelletto (la facolt della ragione) e si tratta di verificare ulteriormente i dati razionali con quelli empirici, per potere procedere alla costruzione del sistema scientifico della natura. Si deduce in primo luogo che il fondamento del metodo consiste nel potere dellanalisi matematica di ricondurre alla forma delle operazioni algebrico-geometriche come vie e procedure di analisi dello spazio e del movimento in cui esso, in definitiva, consiste. Cartesio ha il merito di avere compiuto questa prodigiosa intuizione: che tutti i fenomeni sono eventi spaziali e meccanici e che la loro conoscenza consiste nella loro riconduzione al calcolo algebrico delle strutture geometriche. Risolvere la geometria nellalgebra, e viceversa, rappresenta il fondamentale assunto della scienza moderna, secondo le fondamentali linee tracciate da Descartes.

Ren Descartes nacque il 31 marzo 1596 a La Haye in Turenna; dal 1606 al 1614 rimase al collegio dei gesuiti di La Flche e poi frequent luniversit di Poitiers, conseguendo la licenza in diritto; nel 1618-19 milit come volontario nellesercito di Maurizio di Nassau che operava in Olanda (nel corso della guerra dei trentanni); a Breda strinse amicizia con lolandese Isacco Beeckmann, cultore di studi fisici e matematici: allora incominci a progettare una matematica universale (scientia penitus nova); e, mentre militava nellesercito di Massimiliano di Baviera, nel 1619, durante una pausa presso Ulma, il 10 novembre, ebbe lintuizione del fondamento metodico della nuova scienza; tra il 1623 e il 1625 viaggi in Italia, recandosi, tra laltro, in pellegrinaggio a Loreto, per sciogliere il voto formulato nellentusiasmo per quellintuizione; tra il 25 e il 28 fu a Parigi, dove strinse amicizia con Marino Mersenne, il segretario dellEuropa dotta, che da allora fu suo assiduo corrispondente. Cartesio nel 1628 scrisse le Regulae ad directionem ingenii, una guida per lintelletto nella ricerca della certezza scientifica; dal 28 al 49, in Olanda, si dedic alla stesura delle sue opere principali: il Mondo o Trattato della luce (1629), il Discorso sul metodo (pubblicato a Leida nel 1637), le Meditationes de prima philosophia, pubblicate con le Obbiezioni e risposte a Parigi nel 1641 (e in traduzione francese nel 47), i Principia philosophiae (Amsterdam 1644, ed. fr. Parigi 1647). Nel 1643 Cartesio strinse amicizia con la principessa Elisabetta del Palatinato; nel 49, poi, accett linvito della regina Cristina di Svezia a recarsi a Stoccolma come filosofo di quella corte, e in quello stesso anno scrisse Les passions de lame; l11 febbraio del 1650 mor, in seguito a un attacco di polmonite causato dal rigido inverno svedese.

La conoscenza non pu riguardare il reale nella sua costituzione essenziale (cos come, ad esempio, esso oggetto della conoscenza divina), bens pu riguardare quei modi di costituzione del reale che corrispondono allunivocit della ragione. La ragione umana, in quanto unica e universale, ha la capacit di superare il relativismo dellesperienza sensibile, ma, nello stesso tempo, non ha il potere di cogliere e comprendere la realt nella sua costituzione essenziale (che nota solo a Dio).2 Cartesio introduce, perci, la distinzione tra verit (che prerogativa di Dio) e certezza (che propria della conoscenza razionale umana). Questultima riguarda lens objectivum, cio lente in quanto oggetto della rappresentazione intellettuale (idea). Si ha conoscenza certa allorch lidea chiara e distinta o evidente, ossia tale che non pu essere confusa con nessunaltra e indica, in modo inequivocabile, qualcosa di assolutamente determinato e identico a s. Lesse objectivum si distingue dallesse reale, in quanto esso coincide col reale in quanto oggetto di conoscenza razionale certa; daltra parte rimanda a quello come al suo fondamento. Il nuovo sistema scientifico si distingue da quello antico e tradizionale, perch esso comprende la ricostruzione del sapere secondo il metodo della ragione e ha per suo oggetto non pi un universo di essenze ma un complesso di idee (certe) e di rapporti (univocamente determinate) tra di esse. La matematica, in quanto costituisce un sistema di questo tipo, rappresenta il modello di ogni conoscenza certa. Essa, infatti, risulta costituita da alcune conoscenze fondamentali, configurate come certezze evidenti, e da altre conoscenze derivate per via dimostrativa.3 In base allassunzione di tale modello di conoscenza, Cartesio stabilisce le famose quattro regole del metodo: 1) regola dellevidenza: si assume come certa ogni conoscenza che abbia i caratteri dellevidenza, cio che sia conseguita attraverso un atto di intuizione intellettuale immediata; 2) regola dellanalisi: ogni situazione reale, per essere ricondotta ai termini della certezza obiettiva, deve essere sottoposta a un procedimento di analisi, deve, cio, essere suddivisa nei termini che la costituiscono e devono essere individuati i rapporti esatti tra gli stessi termini; il che vuol dire che ogni condizione data deve essere matematizzata; 3) regola della sintesi: i termini risultanti dallanalisi devono essere messi in rapporto in modo che, via via, venga ricostruita la situazione di partenza; 4) regola dellenumerazione, che consiste nella verifica, cio nel confronto tra i due processi, con lo scopo di assicurarsi che nessun termine sia stato trascurato e che, pertanto, la situazione esaminata sia stata riportata sul piano della certezza obiettiva e della conoscenza universale (che propriamente di tipo matematico). Cartesio intende, in un secondo momento, scoprire quel principio fondamentale di certezza, che costituisca il presupposto di ogni sapere; e a tal fine opera la messa in dubbio di ogni presunta conoscenza, con lo scopo di esaminare se vi sia una certezza che in nessun modo possa essere revocata in dubbio

Cartesio, in questo modo, ribadisce un principio fondamentale della cultura moderna, cio la distinzione tra la conoscenza delle cose che si riporta alla fede, cio alla rivelazione, e la conoscenza scientifica, che, invece, fondata dalla ragione, seguendo le regole metodiche che consentono il superamento della molteplicit delle opinioni empiriche. Il sistema scientifico riguarda la realt in quanto essa intelligibile, cio in quanto oggetto di comprensione da parte della ragione, che uno strumento universale, tale da garantire lo sviluppo di conoscenze obiettive. La fede, invece, riguarda tutto ci che rientra nei limiti dellintelligibilit naturale del reale: ad esempio le verit relative al significato ultimo dellesistenza delluomo e del mondo, che dipendono dalla volont di Dio e che non possono, pertanto, essere conseguite per via naturale. La filosofia moderna tiene conto dellistanza, riaffermata specialmente dopo la Riforma e la Controriforma, della assoluta trascendenza di Dio e, dunque, del carattere finito e limitato di ogni costruzione umana. In questo senso, non appaiono fondate le persistenti interferenze dellautorit religiosa nelle questioni propriamente attinenti allo sviluppo della scienza. Cartesio mette in rilievo la possibilit, per luomo, di pervenire a un tipo di conoscenza universale basandosi unicamente sullo strumento della ragione, creato da Dio per tale scopo. 3 Come noto, infatti, la matematica poggia su alcuni assiomi o postulati, che sono certezze evidenti, e su procedimenti di analisi e di sintesi, che sviluppano i presupposti assiomatici nelle loro conseguenze. Il metodo consiste essenzialmente nella determinazione univoca di tali relazioni.

e che costituisca il punto di partenza per ogni umana certezza.4 Questa certezza riguarda lesistenza del soggetto pensante: in quanto io dubito, cio penso, non posso dire di non esistere in quanto pensante. In tal modo, Cartesio riesce a dare alla nuova costruzione scientifica un principio di certezza assoluta. Lidea dellio pensante costituisce la prima e fondamentale idea chiara e distinta, a partire dalla quale, e attraverso la scoperta delle altre idee principali, si procede alla costruzione di un sapere dimostrativo, che ha la certezza (lobiettivit e luniversalit) della matematica. Il dualismo metafisico e il meccanicismo Il soggetto scopre dapprima, come abbiamo visto, lidea indubitabile di s come ego cogitans: anche prescindendo da ogni esistenza corporea, si deve ammettere la realt dellio in quanto cogitans. Cos si ha lidea fondamentale relativa a una realt che ha come sua caratteristica peculiare il pensiero, cio di una res cogitans, che di per s evidente e non rimanda a unaltra realt come condizione perch essa sussista e sia compresa. La res cogitans, pertanto, ha i caratteri della sostanza, cio della realt autonomamente costituita e che presenta princpi propri di costituzione e di esistenza. Essa va assolutamente distinta dalla realt materiale e corporea, dalla res extensa, che, a sua volta, basata su princpi propri ed governata da proprie leggi. La metafisica cartesiana ammette due sostanze finite del tutto indipendenti luna dallaltra. Lidea chiara e distinta di estensione (res extensa) rappresenta la sfera propria di sviluppo della scienza della natura. Mentre la geometria riguarda lestensione nella sua struttura spaziale ideale, la fisica la considera in quanto dimensione materiale nel cui ambito avvengono i mutamenti naturali (formazione e trasformazione dei corpi). Questi mutamenti non sono altro che modificazioni dellestensione medesima. La propriet che determina la produzione di mofificazioni nellambito della res extensa il movimento. Tutti i processi di trasformazione della materia non sono altro che modalit di configurazione del movimento. Perci Cartesio enuncia le leggi del movimento come leggi fondamentali della fisica. La I legge riporta alla quantit del movimento la particolare condizione (o stato) della materia: ogni quantit di materia si caratterizza in base alla quantit di movimento che essa possiede (il sistema dei movimenti dei punti materiali che la costituiscono); essa infatti dice che ogni parte di materia pu cedere una parte del suo movimento a unaltra parte di materia: sicch tutti i fenomeni fisici si riportano a processi uniformi fondamentali che riguardano il movimento delle particelle semplici, cio i sistemi di movimento che si vengono a organizzare di volta in volta. La II legge enuncia il carattere del movimento originario, che rettilineo (per cui tutti i movimenti composti derivano da modificazioni e composizioni del moto rettilineo originario). La III legge enuncia il principio dinerzia, secondo il quale ogni corpo persiste nel suo stato finch non interviene un fattore esterno a modificare tale stato. Il dubbio iperbolico di Cartesio esteso alle stesse conoscenze matematiche sulla base dellipotesi dellesistenza di un demone ingannatore che abbia il potere di influire sulla mente umana, inducendola allerrore. Il superamento di questa ipotesi compiuto, quindi, mediante le prove dellesistenza di Dio, garante della certezza. Che Dio esiste provato, in primo luogo, dal fatto che io ho di me lidea di un essere finito, che non si potuta dare lesistenza e che implica un essere assoluto e infinito che sia principio della sua stessa esistenza. In secondo luogo, la stessa idea di Dio come dellessere massimamente perfetto implica lesistenza di tale essere (prova ontologica). Inoltre, secondo il criterio della distinzione tra lesse reale e lesse objectivum, si deve presumere che lidea di Dio rimandi necessariamente a Dio, come a fondamento e origine di essa. Dio , dunque, fondamento di verit e la nostra mente stata creata in conformit ad essa: si deve credere che la certezza umana ha il suo fondamento nella verit divina. Dio stesso ha stabilito il criterio della certezza, come modo proprio della conoscenza umana, sulla base della verit (che corrisponde al modo divino della conoscenza). Dio ha stabilito le verit matematiche; e le nostre conoscenze, attuate nella forma di certezze, non sono che una riproduzione di esse. Ci che Dio comprende nella forma della verit, luomo conosce nella forma della certezza. E le idee innate sono le certezze fondamentali, che Dio ha impresso nella mente umana come il presupposto e la condizione per lo sviluppo di ogni conoscenza.
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Tutti i processi naturali non sono altro, dunque, che sviluppi nei rapporti tra i punti spaziali, cio modificazioni nei sistemi di movimento; e poich la configurazione di tali sistemi avviene secondo le leggi della geometria, la fisica si identifica con una parte della matematica. La matematizzazione della fisica raggiunge, in Cartesio, la sua forma pi compiuta. I corpi fisici sono costituiti da sistemi di rapporti tra i punti spaziali considerati nel loro movimento: essi, perci, sono dei meccanismi.5

Lanimale un meccanismo complesso, caratterizzato dalla estrema variet dei sistemi di movimento che lo compongono e dalla velocit dei singoli movimenti, che danno luogo a mutamenti continui nello stato della materia. In base al dualismo metafisico, il corpo non pu produrre pensiero n si pone in una condizione di parallelismo rispetto ad esso. Il pensiero (e cos gli atti volontari) prodotto tipico della res cogitans. Perci luomo risulta dallunione delle due sostanze, che hanno, tuttavia, il potere di influenzarsi reciprocamente: cos le passioni derivano dallinfluenza che il corpo esercita sullo spirito, determinando specifiche rappresentazioni (ad esempio, la rappresentazione connessa a una sensazione di dolore determina un sentimento di odio verso ci che ritenuto causa del dolore, o anche un sentimento di tristezza; la rappresentazione di uno stato futuro in cui il dolore cesser determina un sentimento di speranza, e cos via). Le passioni sono oggetto di studio scientifico in quanto si riconducono a modalit del sistema corporeo; invece in quanto rientrano nel dominio della volont, non sono riconducibili ad analisi rigorose. Cos la morale, in quanto rientra nellambito della volont, non oggetto di scienza esatta. Perci, per Cartesio, le regole della morale sono del tutto empiriche e si basano sulla constatazione dei vantaggi che i vari comportamenti umani procurano. Cos empiriche sono le regole della morale provvisoria, secondo le quali opportuno: 1) seguire le leggi e i costumi del proprio paese; 2) adottare come criterio la ragione piuttosto che gli impulsi sensibili; 3) cercare di vincere e dominare se stessi piuttosto che le circostanze esterne, e cos cambiare i nostri pensieri piuttosto che pretendere di mutare il corso delle cose.

Spinoza
Spinoza rappresenta una linea originale di sviluppo nellambito della cultura e del pensiero moderno. Egli tende a rinsaldare i legami che, attraverso la cultura rinascimentale, risalgono alla grande tradizione metafisica dellantichit. Il pensiero moderno, infatti, rappresenta unistanza di rottura e di continuit rispetto al Rinascimento: da una parte, esso procede a ricondurre la natura nellambito del finito, eliminando da essa ogni traccia di divino, ma daltra parte eredita i motivi rinascimentali di rottura rispetto alla cultura medievale, dominata, come noto, dallidea della radicale differenza tra il mondo e Dio. Chi meglio esprime la continuit del pensiero moderno con la concezione rinascimentale Spinoza. La cultura moderna riprende il motivo medievale della netta separazione tra lessere assoluto e il mondo: il divino interamente restituito alla trascendenza, mentre il mondo affidato allindagine scientifica, allesplorazione umana e alla manipolazione tecnica. Il mondo non cela misteri, non implica il ricorso a fonti divine di sapienza, interamente esplorabile coi mezzi umani della scienza e della tecnica. La cultura moderna , perci, la cultura del dominio del mondo. Spinoza intende, invece, il pensiero moderno come lo sviluppo e lapprofondimento di quello rinascimentale; perci, in primo luogo, conserva il motivo della concezione unitaria della realt, secondo la quale risulta impossibile separare finito e infinito, essere e ente, Dio e mondo, divino e umano. La prospettiva monistica costituisce il motivo essenziale di legame con la visione rinascimentale. Questa principalmente neoplatonica: essa, infatti, considera il mondo come lesplicazione di Dio e luomo come lente attraverso il quale esso ricondotto al suo principio. Per Spinoza, Dio si identifica con la sostanza unica, definita come ci che per s e da s compreso, dunque come il principio di ogni realt e di ogni conoscenza. In questo modo annullato ogni pluralismo metafisico: al posto delle tre sostanze cartesiane (quella infinita e le due finite) abbiamo lunit assoluta del reale. Ci implica leliminazione di ogni trascendenza, non solo dal punto di vista metafisico ma anche dal punto di vista gnoseologico: non c uno spirito (o una coscienza) che conosce una realt estranea ad esso, bens c ununica sostanza che conosce se stessa. Realt materiale e coscienza si identificano nellunica sostanza, sono due attributi di essa. La sostanza Dio stesso: Deus sive natura. Perci la filosofia considera questa identit e la suprema forma di conoscenza si attua in virt di unintuizione intellettuale e si esprime come amor intellectualis Dei. Spinoza scrisse la sua opera principale, lEthica more geometrico demonstrata, tra il 1661 e il 1665, rielaborandola poi, dopo la stesura del Trattato teologico-politico, tra il 70 e il 75, con una nuova divisione in cinque parti (al posto delle tre originarie). La prima parte, De Deo, dedicata allesposizione dei concetti relativi allontologia generale. Lidea della sostanza come realt unica e totale presente originariamente nella mente ed radice di ogni evidenza e certezza: essa coincide con la stessa necessit logica del pensiero (nel senso che non c pensiero che non poggi su questa idea fondamentale). La sostanza definita come ci che produce s medesima (causa sui) e come ci che non ha bisogno del ricorso ad altri concetti per essere spiegata. Nella sostanza i due princpi dellessere (in se esse) e del pensiero (per se concipi) costituiscono una identit assoluta. Inoltre il concetto di sostanza non indica lessere come lassolutamente indeterminato; in tal modo, infatti, sarebbe del tutto vuoto e non costituirebbe il punto di partenza per ogni sapere. Per Spinoza, dal concetto della sostanza unica e infinita si devono poter dedurre tutti i concetti relativi alle cose particolari, come si deducono le propriet del triangolo dalla sua definizione. Gi nel Breve Trattato su Dio, luomo e la sua felicit lessere infinito costituisce loggetto di unintuizione primaria: Dio non pu essere il termine finale di una serie di deduzioni che non potrebbero condurci oltre la catena degli enti finiti, bens deve rivelarsi intuitivamente, nella totalit della sua essenza; non pu essere conosciuto attraverso la mediazione di altre conoscenze, dovendosi supporre come lorigine di ogni ente e di ogni conoscenza, n la sua conoscenza pu essere meno chiara ed evidente di altre conoscenze, che, riguardando enti finiti, risultano limitate e ricevono luce da quella intuizione fondamentale. La massima chiarezza e distinzione non pu appartenere che allidea di Dio. Cos la metafisica ha il suo punto di partenza: lintuizione dellessere totale. E lintero processo del conoscere si basa su questa idea: poich lessere totale coincide col concetto di s, esso principio di conoscibilit dellintero reale. Questo processo appartiene allessere, non separato dallunit del reale ma coincide con la stessa connessione causale di tutte le cose nella totalit unitaria dellessere. Cos si spiega il valore conoscitivo del principio di causalit: in quanto causa (e ratio) di ogni ente e principio e struttura della connessione causale, Dio anche principio di ogni conoscenza. Nel Breve Trattato, tuttavia, lintuizione dellessere tende a configurarsi come lespressione di una unificazione mistica della mente col suo oggetto: perci Spinoza presenta lintuizione

nel senso dellappagamento che consente la massima felicit, piuttosto che in quello della rappresentazione. Si tratta di unintuizione profondamente diversa da quella cartesiana, che di tipo matematico. Nel Trattato sullemendazione dellintelletto lesigenza di raggiungere con la mente la visione dellessere eterno e immutabile rappresenta lo scopo di ogni vera aspirazione spirituale: Spinoza intende dimostare come la mente umana, liberandosi da tutte le sollecitazioni estranee, pu concentrarsi nel conseguimento dellidea vera, e come, partendo da questa, si possa dedurre lintera serie delle idee relative allordine della realt, attraverso un procedimento deduttivo. Lintelletto, nella sua purezza, considerato come lo strumento della verit: il criterio della certezza, afferma Spinoza, non va cercato in alcun oggetto esterno, bens nella forza dellintelletto stesso. Cos le verit della matematica possono prescindere da qualsiasi realt esterna: esse contengono in s il criterio della loro validit (ad esempio, la definizione della sfera non implica lesistenza di un oggetto esterno ma esprime la legge razionale in virt della quale tale figura si genera e si costituisce). La vera realt oggettiva quella che corrisponde alla coerenza logica del pensiero: infatti essa non pu essere espressa da particolari modalit da cogliersi empiricamente, bens pu essere data dalle leggi logiche che regolano i modi dessere delle cose. Lidea di questa realt scaturisce dalla intrinseca necessit logica del pensiero. Perci Spinoza muove dallemendazione dellintelletto, come processo attraverso il quale la vera natura e dimensione logica della mente viene messa in luce e condotta alla scoperta dellidea originaria, muovendo dalla quale viene dedotta lintera serie delle idee relative alle modalit di estrinsecazione del principio e della totalit del reale. Ci che in tal modo viene afferrato dalla mente il principio generale secondo cui ogni idea si genera: il procedimento scientifico segue il metodo della definizione; e definire un oggetto vuol dire indicare la legge logica secondo cui loggetto stesso viene dedotto e pensato; e in tal modo viene messa in evidenza la necessit naturale (la ragione o causa) secondo cui una cosa si genera e si costituisce nellordine generale della realt. La scienza non pu essere semplicemente descrittiva; essa deve riguardare il processo logico genetico di costituzione degli oggetti. Spinoza compie la completa identificazione di causa e ratio: il principio generativo del reale coincide col principio di spiegazione logica. In questo senso, il processo di deduzione matematica rappresenta il modello ideale di ogni processo genetico (e di ogni spiegazione e deduzione logica) della realt. Mentre per Cartesio lordinamento geometrico rimane ancora un fatto di carattere conoscitivo (lo stesso esse obiectivum corrisponde allidea che noi possediamo del reale), per Spinoza il metodo geometrico costituisce lo strumento dellintera metafisica. I gradi della conoscenza rappresentano le fasi attraverso le quali raggiunto il vero metodo della scienza razionale del reale. Nella seconda parte del Trattato sullemendazione dellintelletto Spinoza distingue quattro forme di conoscenza: la perceptio ex auditu (conoscenza per sentito dire), lexperientia vaga, la ragione dimostrativa e lintuizione intellettuale. La prima forma quella che appartiene al senso comune: essa viene trasmessa attraverso le parole o altri segni e viene recepita senza discernimento critico; si tratta, quindi, di una conoscenza basata sul linguaggio e sulla rappresentazione e descrizione esteriore delle cose. I segni, linguistici o grafici, hanno sempre un valore relativo e convenzionale; e la conoscenza che si basa su di essi altrettanto relativa e contingente, priva di qualsiasi necessit razionale. La seconda forma riguarda conoscenze che non sono elaborate seguendo un metodo rigoroso e precise regole intellettuali: si possono considerare di questo tipo le conoscenze che appartengono a sfere empiriche, nelle quali non si giunti ancora alla scoperta di leggi generali, a causa dellinadeguatezza del metodo o della variet e contraddittoriet dei fenomeni presi in esame. Il terzo tipo di conoscenza quello che si ottiene attraverso forme imperfette di deduzione: innanzitutto si procede per inferenza dalleffetto alla causa; si giunge a determinare il quid capace di produrre un qualche effetto, ma lessere proprio della causa rimane occulto; in secondo luogo vi la deduzione dalluniversale: in tal caso il particolare viene spiegato alla luce di qualcosa duniversale, ma lessenza della cosa particolare sfugge. La quarta forma di conoscenza quella perfetta e adeguata e riguarda la deduzione completa: essa consente di conoscere una cosa nella sua essenza e quindi di dare la definizione di essa in rapporto alla sua genesi logica.6 Poich lintuizione intellettuale costituisce il massimo grado di conoscenza, bisogna ammettere che esiste un metodo idoneo a conseguirla e che noi disponiamo di un innato criterio di verit. Perci nel Breve Trattato

I metodi relativi alle diverse forme di conoscenza risaltano dal seguente esempio: se, dati tre numeri, se ne cerca un quarto che stia al terzo come il secondo al primo, si pu procedere o mediante lapplicazione di una regola o senza ricorrere ad alcuna regola, in virt di una capacit di vedere intuitivamente la relazione di proporzionalit; la regola, poi, pu essere o quella empirica, trasmessa e applicata meccanicamente, oppure pu essere tratta per generalizzazione di alcuni casi, o infine pu essere dedotta dalla natura matematica e logica della proporzionalit. Come si vede, si pu ricorrere a un procedimento del tutto empirico (in cui le ragioni sono del tutto sconosciute) o a un procedimento razionale imperfetto o a un metodo logico interamente deduttivo, oppure a una via intuitiva.

Spinoza ha ammesso lintuizione della sostanza assoluta come condizione preliminare per lo sviluppo di ogni conoscenza e ha inteso tale intuizione come un dato presente nella mente, come fondamentale capacit della ragione di cogliere originariamente il suo oggetto o come presenza immediata di questo oggetto nella ragione medesima. Si tratta di riconoscere, quindi, la presenza in noi di alcune idee semplicissime che costituiscono i fondamentali strumenti del metodo. Infatti, per sapere di possedere delle verit occorre prima disporre di un criterio di riconoscimento della verit: e questa coincidenza della verit col criterio (presente nella mente) del suo riconoscimento costituisce la certezza, che rappresenta non tanto un sapere riflessivo ma una condizione preliminare e indispensabile per lo sviluppo di una qualsiasi forma di sapere. Il possesso della certezza rappresenta lo strumento innato fondamentale sulla cui base si costruisce il metodo della conoscenza. Tale strumento consente di riconoscere qualsiasi idea vera: sicch tale riconoscimento non avviene attraverso lesame della corrispondenza dellidea alla cosa conosciuta bens in base allintrinseca qualit dellidea stessa che deve risaltare nella sua razionalit evidente. Spinoza, dunque, considera la razionalit come un processo autonomo, capace di riconoscere immediatamente in s la presenza di un criterio di sapere e di valutare, pertanto, la verit di ogni idea. Il metodo adeguato presuppone, perci, il possesso di una fondamentale idea vera, che rappresenti la norma di riconoscimento della verit; e questa idea non pu essere che quella della sostanza assoluta (infatti soltanto da una adeguata idea del principio e della totalit del reale pu derivare qualsiasi idea vera relativa ad aspetti particolari della realt). Il concetto della sostanza infinita radice e condizione di ogni determinazione concettuale. Poich la sostanza infinita, infinite sono le determinazioni nelle quali essa si esprime: la sua unit consiste nel fatto che essa pu realizzarsi ed esprimersi in infiniti modi, rimanendo sempre se stessa. Da tale principio derivano tutte le modalit dessere, che Spinoza chiama attributi e che sono infinite. Di tali modalit noi riusciamo a comprenderne solo due, lestensione e il pensiero, dato che disponiamo di una duplice via di accesso alla realt, quella del corpo (delle impressioni sensibili) e quella della mente (delle idee).7 In ogni attributo si esprime lintera sostanza come ordine e legge della connessione necessaria e immutabile di tutte le cose. E questo ordine che si rivela identico, sia che lo si consideri come ordine reale, fondato sullestensione, sia che lo si riguardi come ordine logico, fondato sul pensiero. La concatenazione logica del reale rimane invariata sia sul piano dello sviluppo della realt oggettiva sia su quello della stessa rappresentazione ideale e concettuale. Lidentit della sostanza si configura, pertanto, come identit dellordinamento delluniverso, e la struttura immutabile costituita dallidentit del modo di connessione: il collegamento logico dei pensieri ha la sua esatta corrispondenza nel collegamento reale degli oggetti.8 La def. 4 qualfica come attributo quello che lintelletto percepisce della sostanza, siccome ci che ne costituisce lessenza. A partire da G. E. Erdmann e da K. Fischer si sviluppata una duplice interpretazione di questa definizione, una formalistica e una realistica: Erdmann, infatti, intende la molteplicit degli attributi come connessa alla ratio cognoscendi, cio come dovuta al rifrangersi della sostanza, per s unica, nel prisma della mente umana, la quale non potrebbe pensarla nellassoluta, immoltiplicabile e ineffabile sua unit; Fischer, invece, considera la distinzione degli attributi come propria della stessa sostanza e non come semplice conseguenza dellimmaginazione. A questo proposito, per, la maggior parte degli studiosi inclina per la tesi realistica. La tesi dellErdmann, - stato ad esempio osservato - in verit, pu servire indirettamente a rilevare lincongruenza tra lunit assoluta della sostanza e lasserita molteplicit delle sue modificazioni: ma non c dubbio che al pensiero di Spinoza aderisce, piuttosto, la tesi del Fischer. Tra laltro lintelletto, che scorge la molteplicit degli attributi nella sostanza, non pu essere inteso, in Spinoza, come un punto di vista soggettivo e particolare (ch tale solo limmaginazione), bens come lo stesso punto di vista dellAssoluto. E tanto poco la mente umana, come tale, ci che fa sorgere nella visione della sostanza infiniti attributi, che, anzi, di questi la mente umana non ne conosce che due: il pensiero e lestensione (A. Guzzo-V. Mathieu, Spinoza, in Enciclopedia Filosofica, IV, col. 879). In realt, Spinoza cercava di superare il dualismo scolastico, passato fin nel pensiero cartesiano, di esse e percipi, di realt e dintelligibilit, senza voler perci piombare nella impenetrabile caligine dei mistici, nei quali la perfezione nella soppressione completa dogni conoscenza e consapevolezza dei particolari. Nulla di strano quindi che egli facesse dellattributo, che innegabilmente un principio di distinzione intelligibile, un elemento necessario per determinare ab intra, realisticamente e dinamicamente, la unit in s identica della sostanza (A. Corsano, in Spinoza, Etica, a cura di A. Corsano, p. 23, nota 1). E cos anche il Cassirer: la concezione idealistica secondo cui la diversit degli attributi non dipende in estrema analisi dalla sostanza stessa, ma dal giudizio soggettivo dellintelletto, presuppone una distinzione del tutto estranea allo spinozismo. Per Spinoza lintelletto, anche nelle pi alte e pi libere manifestazioni, in cui si rivela determinato semplicemente dalle leggi della sua propria natura, non fa che riprodurre ci che sussiste oggettivamente nella realt delle cose: esso non pone nessuna distinzione del tutto nuova, ma riferisce, riporta soltanto delle differenze oggettive, sussistenti per s. Di conseguenza la sostanza stessa porta in s gli attributi, come determinazioni reali (Storia della filosofia moderna, II, pp. 142-43). 8 Questa coincidenza del momento logico-concettuale-soggettivo e del momento reale-oggettivo risaltava con maggiore evidenza a Spinoza che aveva di fronte il modello della geometria cartesiana. Allorch, ad esempio, noi
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Questa coincidenza stessa si esprime nellidentit di causa e ratio. Il concetto empirico-sperimentale di causa implica il fatto che la produzione delleffetto cada, nei suoi particolari modi, nellambito dellosservazione e che non possa essere stabilita a priori; invece il concetto spinoziano, essenzialmente matematico, implica lassoluta riduzione del rapporto causale al campo concettuale, per cui leffetto deriva dalla causa nellidentico modo logico per cui la conclusione deriva dalle premesse. Il modello metodologico valido per lindagine intorno a ogni aspetto della realt costituito dal metodo deduttivo-dimostrativo, riguardante la struttura e connessione dei pensieri nel loro ordine logico; n pensabile che possa ammettersi una logica differente per i diversi settori del reale. Anche se noi conoscessimo attributi diversi oltre il pensiero e lestensione, dovremmo comunque supporre un identico ordine logico per tutti. Qualsiasi aspetto o modo dessere dellinfinita sostanza deve cadere nellambito delle medesime leggi. Cos Spinoza concilia la molteplicit (infinita) delle determinazioni qualitative dellessenza unica con lunit fondamentale della struttura logica, che costituisce una condizione universale intrinseca a ogni determinazione. La regola universale che si applica alla totalit del reale non esclude le determinazioni qualitative, cos come non esclude gli enti particolari, anzi spiega lintrinseca coerenza del sistema della realt come sistema unitario per il quale vale una identica e immutabile logica di sviluppo. Lontologia spinoziana pu essere considerata come un grandioso tentativo di fondare nellassoluto ogni ordine particolare e principalmente lordine della natura e delluomo; e in effetti ci che sembra interessare principalmente al filosofo non la giustificazione della sostanza come entit assoluta ma lidea di tale sostanza come fondamento dellordine delluniverso e principio delle leggi del divenire. La sostanza vista sempre in rapporto allordine cui essa d luogo, ai modi in cui si riflette nellesistenza delle cose. In particolare, lo sviluppo della scienza fisica sollecitava la fondazione di una metafisica per cui le stesse leggi fisico-matematiche apparissero come espressioni di una necessit logica assoluta. Linteresse di Spinoza rivolto verso la fondazione di unontologia che consenta di vedere le cose particolari come termini di un ordine necessario, razionalmente coerente. Non si tratta di negare le cose particolari (n alcun ordine contingente), ma di riuscire a liberarle dalla loro contingenza per restituirle alla struttura intelligibile di cui esse fanno parte e nella quale trovano la reciproca giustificazione.9 La metafisica spinoziana si definisce come un tentativo di comprendere matematicamente, cio nella forma di un ordinamento geometrico e di una connessione universale, il processo delle cose finite. Essa rappresenta una specie di sintesi (o di compromesso) tra la concezione rinascimentale della natura come infinito processo creativo risalente allunit di un principio e la visione moderna della natura come ordine basato su leggi matematiche. La natura vista come un ordine in cui le cose si producono secondo le leggi del puro sequi matematico. Qui il concetto della natura come sistema unitario di leggi trova la sua assolutizzazione ontologica, per cui la matematica (nel senso pi vasto di scienza deduttiva) coincide con la metafisica. La ricerca di un modello unitario di interpretazione della realt nelle sue molteplici manifestazioni perviene a uno dei suoi pi significativi risultati.10

connettiamo gli elementi di un triangolo nel corso di una dimostrazione geometrica, connettiamo nello stesso tempo i concetti che esprimono quegli elementi; n possibile, se non astrattamente, separare i due momenti che fanno parte di un identico processo conoscitivo. Nella geometria analitica il numero riferito allo spazio, cio un puro modus del pensiero riferito a un modus dellestensione, in guisa tale che tra i due sussista una corrispondenza evidente e senza interruzioni. Ogni dipendenza esistente tra figure spaziali si rispecchia in una dipendenza tra grandezze numeriche, in modo che una medesima connessione si esprime in due forme differenti (E. Cassirer, op. cit., p. 144). 9 Ci che prima appariva un semplice aggregato di dati particolari, privi di rapporti, che si accatastavano gli uni accanto agli altri secondo le circostanze casuali dellimpressione sensibile, si presenta ormai come un sistema, in cui ogni termine procede secondo ragioni necessarie e comprensibili dallaltro. Lessere diventa una struttura razionale, che la mente, con la sua particolare attivit creativa, pu plasmare in una serie graduale di premesse e di conclusioni, appropriandosene compiutamente (E. Cassirer, op. cit., p. 137). Occorre concludere, dunque, che Spinoza, constatata lesistenza di cose finite nellesperienza, non dubitando della loro realt, cerca di conciliarle con il suo concetto di sostanza infinita, che nulla ammette fuori di s, facendone modificazioni della sostanza medesima" (A. Guzzo-V. Mathieu, l. cit., col. 879). Perci si pu dire che la dottrina degli attributi nasce in funzione della spiegazione delle cose particolari, non viceversa (l. cit.). Del resto, la sostanza concepita non tanto come una entit per s quanto piuttosto come la radice e la ragione dellordinamento delluniverso, come la legge unitaria in virt della quale tutti gli enti sono collegati tra loro e che fondamento di ogni manifestazione reale particolare e misura di ogni rapporto. 10 Indubbiamente Spinoza attratto dalla potenza del nuovo metodo scientifico e dalle prospettive che lanalisi matematica apre allo sviluppo del sapere e alla costruzione di un ordine umano interamente fondato sui princpi e sulle leggi della ragione. La costituzione matematica delluniverso, in virt della quale ogni termine risulta deduttivamente dallaltro, costituisce il vero e proprio oggetto del suo problema (E. Cassirer, op. cit., p. 143).

Spinoza, tuttavia, mantiene ferma la distinzione tra la fisica e la metafisica. Questa, infatti, riguarda il fondamento di qualsiasi ordine particolare, che pu anche essere relativo alla realt fenomenica. La fisica, per quanto possa costituirsi come una scienza matematica, non pu prescindere dai dati osservati e, pertanto, non pu oltrepassare lo stadio della scienza empirica. Essa si costituisce attraverso la comprensione razionale dei dati dellesperienza; riguarda i fenomeni, cio i modi in cui la costituzione matematica della materia (estensione) appare a noi; cio considera le forme regolari in cui tale costituzione si presenta nellambito fenomenico. I fenomeni stessi riflettono, in realt, le leggi interne che regolano lordine dellestensione geometrica. I modi apparenti delle strutture e delle leggi geometriche costituiscono, in questo senso, loggetto della fisica. I rapporti quantitativi espressi nelle scienze empiriche riguardano misure rilevate empiricamente, ma corrispondono a modalit interne dellestensione. Lordine della natura oltrepassa la descrizione fisica; e ci dovuto al fatto che tale descrizione avviene sulla base di dati sensibili. La geometria, invece, coglie la struttura interna dellestensione; ma neppure essa si costituisce come una scienza definitiva. Essa, infatti, riguarda dimensioni determinate dellestensione, che infinita e si dispiega in infiniti modi; cos riguarda la lunghezza, laltezza e la profondit, che sono, s, dimensioni fondamentali, ma non sono le sole e uniche. La geometria, cio, considera lestensione sotto determinati aspetti o da un particolare punto di vista. Rispetto allinfinit dellestensione, nessuna geometria esaustiva.11 Nelle scienze empiriche non possibile applicare interamente il metodo deduttivo della consequenzialit logica e dellordine geometrico. Se la fisica coincide con la geometria a livello teorico perch lordine geometrico appartiene allestensione nella sua pura costituzione essenziale. Invece la fisica come scienza costruita su basi empiriche si limita a una razionalizzazione del mondo fenomenico: ci che si pu fare, cio, a questo livello, introdurre la categoria di causa, cio razionalizzare i fenomeni, spiegandoli con una ragione. E la configurazione di rapporti costanti tra rappresentazioni che consente lo sviluppo di una prospettiva scientifica. Le rappresentazioni vengono sottratte alla mutevolezza dellapparenza sensibile e vengono proiettate su un piano di assolutezza ideale: esse, in tal modo, sono in qualche modo assimilate agli enti matematici, ai numeri e alle figure geometriche. Una tale idealizzazione investe lintero campo dei dati sensibili e perci anche la sfera relativa alle manifestazioni proprie delluomo, in particolare a quella delle passioni, per la cui descrizione Spinoza si serve dello stesso metodo geometrico. Le rappresentazioni corrispondenti a processi di idealizzazione, infatti, sono assimilate a quelle degli enti matematici, ai numeri e alle figure geometriche. In questo senso si potuto parlare di una geometria delle passioni. Spinoza tratta dellorigine e della natura delle passioni nella III parte dellEtica. Alla base degli affetti egli pone la tendenza, comune a tutti gli esseri, a perseverare nella propria esistenza, cio nel conatus, che espressione della stessa sostanza infinita in quanto principio di produzione e conservazione continua di s (anche nelle sue espressioni particolari, cio nelle cose finite). In qualche modo il conato riproduce negli enti particolari il carattere della sostanza infinita che continua creazione di s: esso, infatti, la tendenza di ogni ente a perseverare per un tempo indefinito, superando la durata limitata.12 In quanto riguarda la sola mente, il conato costituisce la volont, in quanto riguarda insieme la mente e il corpo, costituisce lappetito; il desiderio, poi, lappetito che ha coscienza di s medesimo.13 Ci che asseconda la tendenza a conservarsi sentito come piacevole, ci che la contrasta come doloroso, e su queste passioni fondamentali si sviluppano tutte le altre. La vita morale si basa sulla coscienza chiara di ci che pu esserci utile, cio del bene, e di ci che ci impedisce il conseguimento di ci che bene per noi. Perci necessaria la conoscenza delle passioni:

Anche se le geometrie non-euclidee siano state elaborate pi tardi, si pu dire che i loro presupposti siano contenuti nellidea spinoziana dellestensione infinita. Spinoza non stato un genio matematico ed egli accettava il complesso delle scienze matematiche nello stato di avanzamento al quale le aveva portate Cartesio. Tuttavia la sua concezione contiene implicazioni rilevanti per lo sviluppo della stessa geometria, oltre che per lo sviluppo di un discorso interdisciplinare intorno alla questione dellinfinito e, si pu dire, intorno a qualsiasi area del sapere. Infatti la prospettiva unitaria spinoziana rileva come i risultati raggiunti in ogni area specifica sono limitati e relativi a specifici aspetti che non esauriscono la totalit reale e che, pertanto, soltanto dallo sviluppo di un discorso molteplice si pu avere una trattazione abbastanza esauriente (ma non esaustiva) di ogni problema. 12 C in questo riconoscimento il germe di un rivolgimento rivoluzionario di questa gerarchia ancora fondata intellettualisticamente. La scoperta vichiana della grandiosa operosit storica delle passioni deriva dallaver accolto questa concezione spinoziana, respingendo per la distinzione qui posta, e assegnando anzi pi vigorosa fecondit agli stati della mente corrispondenti a conoscenze oscure e confuse (A. Corsano, l. cit., p. 70, nota 2). 13 Risulta da tutto ci che non gi noi ricerchiamo, vogliamo, appetiamo, desideriamo alcuna cosa perch giudichiamo che sia un bene; ma al contrario noi in tanto giudichiamo che qualcosa sia un bene in quanto la ricerchiamo, vogliamo, appetiamo e desideriamo (Etica, prop. IX, scolio).

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esse, infatti, possono essere fattore di impedimento nella ricerca del bene.14 In questo senso la lotta contro le passioni e il controllo razionale di essi costituiscono un essenziale mezzo di affermazione della libert: tanto pi luomo libero, cio capace di espandere la sua natura secondo la stessa inclinazione del conatus (di quel conato che riguarda lumanit come tale), cio tanto pi realizza se stesso. Basta, infatti, che gli uomini conservino la tendenza a perseguire ci che loro naturalmente utile, ci che giova alla loro perfezione, perch essi conseguano la felicit. La comprensione di Dio e dellordine delle cose, e, dunque, luniformarsi a tale ordine, rappresentano, per Spinoza, il fine proprio della natura umana.15

Leibniz
Il metodo della scienza universale Leibniz16 muove dallesigenza della fondazione di una scienza universale secondo il disegno razionalistico e della costituzione preliminare di una specie di alfabeto del pensiero, idoneo a consentire la costruzione dellintero edificio scientifico a partire da un numero limitato di nozioni semplici, messe in relazioni tra loro secondo le variazioni previste dalle leggi della logica. Il modello metodico costituito dallarte cobinatoria, cio dalla teoria (e insieme tecnica) logica, che stabilisce il numero e le modalit delle connessioni possibili tra termini dati. Attraverso la dottrina delle variazioni sarebbe possibile, secondo Leibniz, percorrere linfinita totalit dei problemi, comprendere larmonia del mondo, cio la connessione di tutti gli aspetti delluniverso, scoprire lintima struttura delle cose e tutta la serie delle forme: una tale metodica, cio, consentirebbe di penetrare nei segreti della natura, in quanto ogni ente naturale composto di elementi semplici (atomi o molecole) e basta conoscere questi per potere sviluppare lintero edificio della scienza della natura. In primo luogo si tratta di considerare gli elementi dal punto di vista matematico-geometrico, cio rispetto alla loro figura e posizione; sicch, passando alla fisica, cio allesame delle propriet dei corpi, possiamo vedere come questi siano costituiti dalla mescolanza delle qualit semplici.17 Chiamo servit scrive Spinoza nella prefazione alla IV parte dellEtica, intitolata De servitute humana seu de affectorum viribus lumana impotenza a dominare e comprimere gli affetti; infatti luomo servo degli affetti non padrone di s, ma dipende dalla fortuna. 15 Nulla sappiamo essere per certo bene o male fuor che quello che conduce davvero allintendere, o che pu impedire che intendiamo, e il sommo bene della mente la conoscenza di Dio (Prop. XXVII e XXVIII). 16 Gottfried Wilhem Leibniz nacque a Lipsia il 3 luglio 1646: il padre era professore di morale in quelluniversit ed egli pot avvertire ben presto linflusso di quellambiente colto, manifestando precoci attitudini allo studio e inclinazione verso la matematica e la filosofia. Alluniversit segu i corsi di giurisprudenza; nel 1663 consegu a Lipsia il titolo accademico di magister philosphiae, discutendo la dissertazione De principio individui. La sua vocazione filosofica si manifest ancora pi chiaramente lanno dopo, allorch egli pubblic la Conciliatio philosophiae platonicae et aristotelicae. Consegu la laurea in giurisprudenza presso luniversit di Altdorf nel 1666 e in quello stesso anno pubblic un altro fondamentale lavoro filosofico, il trattato De arte combinatoria. Linteresse verso lorganizzazione del sapere e la decisa volont di inserirsi attivamente nellambiente scientifico e filosofico del tempo lo port a ricercare incarichi presso le pi significative istituzioni culturali; cos accett lincarico di segretario della societ dei Rosacroce e, col sostegno del barone di Boineburg, ministro dellelettore di Magonza (che era un vescovo cattolico), si avvi alla carriera politico-diplomatica, ottenendo dapprima lincarico di consigliere presso la cancelleria di quellelettorato. Leibniz allora pens di poter favorire lattuazione di alcuni disegni di pacificazione ecumenica, in primo luogo attraverso la pacificazione tra le chiese cristiane, specialmente di quella cattolica e di quelle riformate, e quindi intervenendo presso Luigi XIV, perch imprimesse un indirizzo mondiale alla sua politica. A questo proposito, egli propose al re francese di condurre una campagna contro lEgitto; ma il suo progetto appariva inattuale alla luce della lotta per il predominio in Europa, che costituiva ancora il grande obiettivo di quel sovrano. A Parigi e poi a Londra Leibniz entr in contatto con lambiente scientifico: conobbe Huygens, lesse alcuni scritti inediti di Pascal ed ebbe uno scambio di idee con Newton. Il risultato di quei contatti fu specialmente la risoluzione del problema relativo al calcolo infinitesimale, esposta nel 1684 nel Nuovo metodo per i massimi e i minimi. Nel 1676 Leibniz assunse lincarico di bibliotecario e storico presso la corte del duca di Brunswik, ad Hannover, dove rimase fino alla morte, avvenuta il 17 novembre 1716. In quegli anni compose le sue opere filosofiche: il Discorso di metafisica, il Sistema nuovo della natura, i Nuovi saggi sullintelletto umano, i Saggi di teodicea, la Monadologia, i Princpi della natura e della grazia. In particolare, allora egli ampli i suoi contatti con lambiente culturale, anche perch frequent biblioteche e archivi in Austria e in Italia, per raccogliere il materiale storiografico relativo alla casa guelfa di Brunswick, ma quelle ricerche non gli impedirono di continuare a dedicarsi agli studi di matematica e fisica e di esporre i risultati delle sue ricerche nello Specimen dynamicum. I meriti scientifici gli valsero la nomina a membro delle pi importanti istituzioni accademiche, come lAccademia delle scienze di Parigi e lAccademia di Berlino. Gli ultimi anni furono amareggiati da una polemica con Newton e la societ scientifica inglese sulla priorit nella scoperta del calcolo infinitesimale. 17 Le espressioni citate sono contenute nel De arte combinatoria.
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Questo atomismo fisico e concettuale costituisce un fondamentale modello metodico dindagine, ma non intende ancora dare una soluzione del problema fisico (e metafisico) della costituzione delluniverso. Si tratta di un generale schema programmatico,18 che per gi individua nella teoria delle modalit di connessione di elementi semplici la chiave di risoluzione di tutti i problemi scientifici. Il primo passo, secondo questa prospettiva metodica, consiste nello sviluppo di una teoria generale delle relazioni, cio una scienza logica fondamentale riguardante il sistema delle connessioni logiche. A questo riguardo, ancora la matematiche che costituisce il naturale punto di riferimento, poich, ad esempio, in geometria noi procediamo per deduzione e dimostrazione, considerando i termini che stanno in rapporto e operando la loro trasposizione, invertendoli, componendoli e dividendoli. Sul piano puramente logico, si prescinde dai determinati contenuti e si considerano le pure forme dei rapporti possibili.19 Leibniz consapevole delle difficolt che derivano dal passaggio dal piano puramente teorico dellanalisi spaziale e della connessione logica ai problemi della fisica. In primo luogo, lanalisi matematica rimane nellambito della molteplicit discreta: infatti una figura geometrica risulta da una molteplicit di punti, tra alcuni dei quali vengono stabiliti rapporti. Il continuo spaziale e temporale (dal quale non si pu prescindere nellanalisi dei processi fisici) sembra sfuggire allanalisi geometrica: infatti esso caratterizzato proprio dal fatto di non risultare composto di unit semplici.20 Leibniz trova la soluzione mediante la sua analisi dellinfinito. Partendo dalla teoria dei caratteri geometrici, che riguarda le modalit di connessione logica tra elementi nello spazio, delinea una teoria universale della formazione, idonea a seguire lo sviluppo delle figure nello spazio non gi attraverso la via intuitiva ma sul piano puramente concettuale. Noi, cio, comprendiamo la ragione (la causa) di una figura, allorch possiamo seguirla nel processo logico del suo generarsi. Il calcolo integrale consente di determinare le figure reali nelle loro componenti quantitative (nelle loro misure) a partire da condizioni logiche. Le parti, gli elementi semplici, diventano, in questa prospettiva, funzioni che concorrono a definire lintero nella sua dimensione quantitativa oltre che nella sua forma. Linfinitamente piccolo rappresenta il concetto fondamentale che permette di risalire alla determinazione geometrica (o fisica) partendo da una funzione logica. Da una nozione di questo tipo costituita, ad esempio, la nozione di velocit allistante. Il principio della continuit costituisce, ora, il cardine metodico della costruzione leibniziana della scienza universale. Secondo questo principio, non c alcun salto nel passaggio da un termine al suo opposto, ma c uno sviluppo graduale e progressivo (ad esempio, tra quiete e movimento, eguaglianza e diseguaglianza, parallelismo e convergenza di linee). Elementi che allintuizione sensibile si presentano come antitetici, per lanalisi del continuo, invece, sono termini o limiti di uno sviluppo unitario del reale. Un elemento, considerato isolatamente, pu sembrare E. Cassirer, Storia della filosofia moderna, cit., II, p. 172). Un esempio dello sviluppo di questo principio metodico dato dalla teoria dei caratteri geometrici, elaborata dallo stesso Leibniz e che consiste nella considerazione delle pure relazioni spaziali, cio dei rapporti possibili tra i punti nello spazio (ad esempio, una retta determinata attraverso due punti); e anzich considerare le figure geometriche nella loro forma apparente complessiva (sensibile e intuitiva), ci si rivolge allanalisi della posizione spaziale di punti caratterizzanti. Ogni particolare aspetto intuitivo ed empirico derivato da questi fondamentali elementi logici: si pu avere, cos, la conoscenza del poligono di mille angoli in modo altrettanto chiaro e determinato di quella del triangolo o del quadrato, poich in quella figura, complessa e inafferrabile per via intuitiva, la teoria dei caratteri consente di stabilire con esattezza tutto linsieme dei rapporti che si stabiliscono tra i vari punti; e la determinazione di tali rapporti (anzi della formula matematica che tutti li regola) costituisce ora la vera conoscenza analitica dello spazio, cio la vera geometria (che prescinde dallintuizione delle figure determinate e considera unicamente i rapporti spaziali e le formule che le esprimono). Tutto ci che limmaginazione empirica conosce attraverso le figure, qui dedotto dai simboli per mezzo di dimostrazioni sicure; di qui poi si sviluppano delle conseguenze, cui la rappresentazione sensibile non potr mai giungere. In questo calcolo della posizione, che sar di unutilit straordinaria, e sinora sconosciuta, non soltanto per la geometria, ma anche per la scoperta di macchine e per la descrizione di macchine reali della natura, cos contenuta lintegrazione, e per cos dire la perfezione, della nostra capacit immaginativa (De analysi situs, cit. da E. Cassirer, op. cit., II, pp. 178-179). 20 In uno scritto composto nel 1676, Leibniz esamina le antinomie del continuo e rileva che, se si negano gli elementi del continuo e si rifiuta realt e determinatezza ai singoli momenti o punti del continuo temporale e spaziale, si rischia di dissolvere la realt stessa in una pura indeterminazione, e che, se, al contrario, si ammettono gli elementi semplici, si rischia di ipostatizzare delle pure astrazioni mentali, considerandole figure reali. La soluzione che Leibniz d a questa aporia , in un primo momento, di carattere metafisico (anzi propriamente teologico). Il persistere di entit stabili nel tempo e nello spazio spiegato col continuo intervento divino: non lente in s che passa da un luogo allaltro, ma Dio che ricrea continuamente lente nei diversi luoghi e nei diversi tempi. Ma subito Leibniz avverte il limite di questa spiegazione, che rimanda a un miracolo continuo; laddove si esige una spiegazione desunta dalle forze proprie delle cose create e dai princpi della ragione umana.
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opposto rispetto a un altro, ma se esso viene dedotto e sviluppato analiticamente appare in continuit con laltro. Perci il principio di continuit considerato da Leibniz come la fondamentale condizione logica che pu consentire il collegamento organico tra i concetti e lassunzione di tutti i fenomeni e gli aspetti della realt sotto univoche leggi. Cos, ad esempio, a proposito delle leggi del moto e della quiete, bisogna tenere presente che la regola della stasi deve essere costituita in modo tale da poter essere considerata come un corollario o un caso specifico della regola del movimento.21 E se questo principio corrisponde a unesigenza metodica, cio soddisfa la nostra volont di dar luogo a una teoria razionale del movimento, daltra parte non si deve pensare, secondo Leibniz, che si tratti di un dato meramente soggettivo, in quanto la razionalit appartiene allordine delluniverso.22 Il principio di continuit costituisce, cos, la chiave di comprensione dellintero sistema della natura e consente di ricercare lorigine e la causa dei processi fisici nelle regioni intellettuali (sul piano delle connessioni logiche tra elementi e su quello del calcolo integrale e infinitesimale).23 Leibniz muove dallesigenza di ridurre ad unit i vari aspetti delluniverso, considerando la realt come un ordine continuo, nellambito del quale ogni fatto deriva per connessione causale da una catena di eventi, tra i quali non si d mai una rottura (qualitativa e quantitativa). Ogni evento determinato ad essere ci che dallordine universale in cui inserito. In questo senso, il soggetto di ogni proposizione contiene in s espressamente o virtualmente i suoi predicati possibili. La connessione causale la ragione sufficiente che lintelletto coglie come spiegazione di ogni fenomeno. Per Leibniz, come vedremo, tutte le verit di fatto tendono a risolversi in verit di ragione. Ci che noi constatiamo come un evento nuovo e accidentale in realt lo sviluppo di condizioni date: esso, cio, non altro che la conseguenza di una serie di fattori causali: in ogni condizione anteriore contenuta ogni determinazione successiva, che, pertanto, deve essere dedotta da essa in modo assolutamente logico. Linterpretazione matematica della natura, per cui ogni fenomeno spiegato in termini quantitativi esatti, non che una conseguenza di questo presupposto fondamentale. Ogni fenomeno, infatti, considerato come il termine di una connessione matematica, come unespressione algebrico-geometrica inserita nel sistema generale della matematica. Ogni stato delluniverso solo una modalit particolare della connessione universale, cio una determinazione possibile del sistema dei rapporti tra gli elementi semplici che costituiscono luniverso. Ogni particolare scienza che intenda cogliere determinati ambiti di queste modalit di connessione tra gli elementi delluniverso si serve di simboli per rappresentare gli elementi e i loro rapporti. E tali simboli non rappresentano certo gli oggetti nei loro caratteri sensibili, bens indicano le relazioni reciproche tra gli oggetti; sono, infatti, queste relazioni che costituiscono i termini logici universali, che rimangono invariati, nonostante il variare degli oggetti che entrano in rapporto. Il mondo fenomenico pu essere conosciuto in quanto espressione di ununit sistematica, regolata da leggi univoche, che la ragione coglie nel loro complesso. La stessa analisi infinitesimale risponde allesigenza di avvicinare sempre di pi la variet dei fenomeni determinati alle condizioni scientifiche generali: in tal modo si viene a disporre di uno strumento Lettera a Varignon del 2 febbraio 1702, cit. da E. Cassirer, op. cit., II, p. 188. Si pu dire generalmente che tutta quanta la continuit qualcosa dideale e che cionondimeno il reale compiutamente dominato dallideale e dallastratto: in questo modo le regole del finito e dellinfinito [] e viceversa le regole dellinfinito nel finito conservano la loro validit. Tutto infatti sottomesso al dominio della ragione; in caso contrario non sussisterebbero n scienza n norme, il che contrasterebbe alla natura del principio supremo (Lettera a Varignon, l. cit., p. 189). 23 Nulla avviene ad un tratto. Una delle mie grandi massime scriver Leibniz e una delle pi ricche di applicazioni, che la natura non fa mai salti (natura non facit saltus): lho chiamata legge della continuit; [] e luso di questa legge molto importante nella fisica: essa stabilisce che si passi sempre dal piccolo al grande e viceversa, attraverso il medio, nei gradi come nelle parti, e che mai un movimento nasca immediatamente dal riposo, n vi giunga se non attraverso un movimento pi piccolo; e che non si possa mai finire di percorrere alcuna linea o lunghezza prima daver percorso una linea pi piccola; quantunque coloro che hanno formulato finora le leggi del movimento non abbiano affatto osservato questa legge, credendo che un corpo possa ricevere in un istante un movimento contrario al precedente. Tutto ci permette di stabilire che anche le percezioni evidenti derivano per gradi da quelle che sono troppo piccole per essere osservate. Giudicare altrimenti significa non conoscere a sufficienza limmensa sottigliezza delle cose, che implica sempre e ovunque un infinito attuale (Nuovi saggi sullintelletto umano, Prefazione). Il principio di continuit consente a Leibniz di superare il ricorso alla creazione continua, inizialmente adottato, e di dar luogo a una visione logica dellordine dei fenomeni, attraverso lidea del passaggio ininterrotto dalla causa alleffetto e viceversa e dellintegrazione reciproca, sul piano del continuo quantitativo e qualitativo (cos come si passa da una grandezza a unaltra attraverso infinite variazioni di grandezza, cos si passa da una qualit a unaltra attraverso infinite variazioni qualitative). Lanalisi del continuo rappresenta il presupposto metodico di ogni indagine.
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logico in virt del quale possiamo progressivamente colmare la distanza tra la situazione di fatto e il nesso razionale che serve a spiegarla.24 Leibniz sviluppa tutte le implicazioni filosofiche, logiche e metafisiche, del concetto di funzione, proprio della matematica moderna. Il concetto di armonia universale, ad esempio, o quello stesso di monade, rappresentano il corrispettivo metafisico, che consente al filosofo di dare a tutti i tutti i problemi una coerente unit e di dar luogo alla pi organica visione del mondo, che sia perfettamente aderente alle forme del pensiero matematico e scientifico del secolo XVIII e, nello stesso tempo, stabilisca una significativa linea di continuit con la grande tradizione metafisica occidentale. Verit di ragione e verit di fatto. Luniverso come sistema delle monadi. Leibniz distingue due modi di essere del reale e due corrispondenti modi di comprensione: da una parte sta lordine immutabile della realt, la fondamentale impalcatura logico-razionale delluniverso, e dallaltra parte sta la serie degli avvenimenti contingenti; e dunque da un lato la conoscenza razionale, basata sui princpi logici e costituita da proposizioni rigorosamente dedotte le une dalle altre e da dimostrazioni di tipo matematico, e dallaltro lato la conoscenza empirica, riguardante il mondo fenomenico nei suoi mutevoli aspetti sensibili. Le verit di ragione sono, perci, necessarie, assolutamente razionali e basate sui princpi didentit e non-contraddizione; le verit di fatto sono contingenti, riguardano lordine sensibile e sono basate sul principio di ragion sufficiente.25 Le verit di ragione riguardano le scienze logiche e matematiche e quelle conoscenze speculative, come quelle metafisiche, che hanno per oggetto il sistema della realt come una totalit coerentemente fondata. Invece le verit di fatto concorrono a ordinare il complesso e mutevole mondo dellesperienza, riportandolo ad alcune leggi costanti e spiegando, attraverso lindividuazione di nessi causali, i molteplici eventi che si producono nellambito del divenire e che hanno il carattere dellaccadere contingente (possibile e causale). Luniverso reale, infatti, non che uno degli infiniti mondi possibili, cio il mondo scelto da Dio in base al criterio del migliore possibile. Ora, lordine logico riguarda la forma generale di ogni universo possibile, i princpi e le leggi a cui ogni esistenza deve conformarsi; e lo stesso intelletto divino non pu prescindere dallinsieme delle verit di ragione, che valgono non per larbitrio divino ma per loro propria natura. Perci luniverso, che prodotto dalla volont di Dio, non basato unicamente sui princpi della logica: esso non corrisponde unicamente ai caratteri necessari di ogni mondo possibile; infatti avrebbe potuto non esserci o essere diverso da quello che . La realt delluniverso non discende, dunque, da una necessit logica. Il principio di spiegazione di esso , secondo Leibniz, il criterio stesso scelto da Dio come ragione sufficiente per la sua creazione (poich di ogni essere vi una causa, nihil esse sine ratione), e che identificato col principio del massimo bene nellordine della finitezza.26 Leibniz qualifica questo criterio del migliore possibile, come principio sulla cui base costituito luniverso ed distinto dalla razionalit puramente logica, come motivo inclinante (contrapposto a quello necessitante) o necessit morale. La necessit assoluta Se infatti continuando a scomporre il predicato e continuando a scomporre il soggetto non potremo mai dimostrare la loro coincidenza, ma se risulter almeno che da tale scomposizione continua, dalla progressione che ne deriva e dalla regola di questa non sorger mai una contraddizione, allora la proposizione possibile. Se poi risulta dalla regola della scomposizione progressiva come il procedimento possa giungere a tal punto che la differenza tra gli elementi che debbono coincidere sia minore di qualsiasi differenza data, sar dimostrato che la proposizione vera (Generales inquisitiones de analysi notionum et veritatum, cit. da E. Cassirer, op. cit., II, p. 211). Il collegamento necessario tra il soggetto e il predicato si evidenzia via via mediante lanalisi alla quale sono sottoposti i due termini. 25 Bisogna avvertire che tutta larte combinatoria si rivolge a teoremi, o proposizioni di verit eterna, che hanno validit non per arbitrio di Dio, ma per loro propria natura. Quanto alle proposizioni singolari e per cos dire storiche, come per es. Augusto fu imperatore dei Romani, o alle osservazioni cio alle proposizioni che sono s universali, ma la cui verit non si fonda sullessenza ma sullesistenza, e che sono vere quasi per caso, cio per arbitrio di Dio, come per es. tutti gli uomini adulti in Europa hanno cognizione di Dio; di tali proposizioni non si d dimostrazione ma induzione, salvo il caso in cui sia possibile dedurre unosservazione da unaltra osservazione attraverso un teorema (Ars combinatoria, G. IV, 69-70, in G. G. Leibniz, La monadologia, a cura di E. Colorni, Firenze 1963, p. 9). 26 Che, se non ci fosse stato il migliore tra tutti i mondi possibili, Dio non ne avrebbe prodotto nessuno (Teodicea, 8). Discende dalla perfezione suprema di Dio che, producendo luniverso, egli abbia scelto il miglior piano possibile, nel quale vi la massima variet, col massimo ordine; il terreno, il luogo, il tempo meglio organati, il massimo effetto prodotto coi mezzi pi semplici; il massimo di potenza, il massimo di conoscenza, il massimo di felicit e di bont nelle creature, ammissibile nelluniverso (Principes de la Nature et de la Grace, G. VI, 603, cit. in La monadologia, a cura di E. Colorni, cit., p. 21). Questo universo, dunque, realizza il migliore ordine spazio-temporale, attua la pi ampia variet dei fenomeni sulla base di leggi semplicissime, consente a tutti gli enti di conseguire una propria perfezione.
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tale per cui il proprio opposto contraddittorio; quella ipotetica o morale, invece, riguarda ci che, nellordine dellesistenza, attua la massima perfezione, ma il cui contrario non implica contraddizione. Cos le leggi fisiche non hanno altra necessit che quella che deriva dal criterio del migliore ordinamento possibile di un universo; non vi nessuna necessit logica in esse, ma di fatto esse corrispondono al principio in base al quale costituito questo universo come il pi perfetto tra tutti quelli che Dio stesso avrebbe potuto creare. E ci per una scelta di Dio stesso. Luniverso corrisponde, dunque, a un ordine stabilito in modo che non fosse in contraddizione con lordine logico e che, nello stesso tempo, non coincidesse con esso (al quale lo stesso intelletto divino deve uniformarsi) e che fosse espressione di una libera scelta. Dio ha stabilito tale ordine, fissandolo allatto della creazione nelle monadi, che sono le unit spirituali fondamentali che con la loro attivit danno luogo alluniverso. Questo, dunque, lespressione di un disegno iscritto in codice in ognuna delle sostanze semplici, che Leibniz ipotizza come i costituenti della realt finita, fisica e spirituale. Luniverso si svolge in base a questo disegno, per il quale, peraltro, le monadi sono tutte insieme accordate nei loro rapporti in modo da costituire un sistema perfettamente armonizzato. La monade, dunque, realizza il massimo di universalit e il massimo di individualit: essa la sostanza semplice che in s contiene lintero universo secondo il particolare punto di vista che corrisponde alle sue modalit di stare in rapporto con tutte le altre monadi.27 La rappresentazione leibniziana delluniverso come di un sistema il cui sviluppo disposto nella sua totalit corrisponde a una prospettiva ottimistica, rispondente ai caratteri della mentalit moderna. Tutto accade nella natura secondo il codice che iscritto in ciascuna monade e per cui queste costituiscono un sistema armonico, la cui attivit complessiva il divenire universale. Ecco, perci, che sono poste le premesse per ricondurre il divenire a una condizione di prevedibilit: nello stato delluniverso in un determinato istante sono contenute le condizioni dello sviluppo e, dunque, dello stato in un qualsiasi istante successivo. Il passaggio da uno stato ad un altro avviene secondo il principio della continuit. Lintero divenire si svolge sulla base dello sviluppo dellattivit rappresentativa fondamentale delle monadi; e questo sviluppo segue quel principio, per cui il presente gravido dellavvenire, il futuro potrebbe essere letto nel pasato, ci che lontano espresso in ci che vicino.28 Il compito finale della scienza sarebbe quello di riuscire a leggere interamente quel codice iscritto allinterno delle monadi; ma ci, ovviamente, non rientra nei limiti della conoscenza umana, che, invece, data dalla ricostruzione approssimativa della regolarit dei fenomeni. Se si potesse leggere allinterno della costituzione della materia, si vedrebbe sempre pi chiaramente il disegno delluniverso nella totalit del suo sviluppo.

Leibniz ha formulato per la prima volta il concetto di sostanza individuale nel Discours de Mtaphysique del 1686 e ha introdotto il termine monade nel 1696. Il concetto di monade costituisce il motivo basilare per lo sviluppo non solo della metafisica ma anche della fisica e della psicologia della conoscenza. In primo luogo da ricordare che allelaborazione di esso Leibniz stato indotto da una duplice motivazione, logica e fisica. Sul piano logico, si trattava di trovare un punto di congiunzione tra le verit di ragione e le verit di fatto. La monade, in quanto sostanza che in s contiene la molteplicit dei suoi attributi, , dal punto di vista della sua costituzione, il soggetto di una molteplicit di proposizioni che esprimono verit di ragione: infatti la monade contiene in s, gi determinate fin dalla sua origine, tutte le sue modalit di essere cio tutti i predicati possibili di cui essa il soggetto. Daltra parte, la monade lelemento costituente delluniverso ed un centro attivo, che configura, pertanto, la sostanza fondamentale che sta alla base della stessa estensione materiale come unenergia spirituale, una dynamis, che soddisfa pienamente la richiesta metafisica di una concezione dinamicistica (e non pi meccanicistica) delluniverso. Infatti, come sappiamo, una tale concezione che Leibniz introduce come ipotesi pi rispondente agli sviluppi della fisica che sempre di pi implicavano lammissione di una fondamentale forza come condizione per tutti i processi fisici. Il principio della fisica dinamicistica ipotizza che lenergia cinetica delluniverso rappresenta una grandezza costante, mentre quella meccanicistica basta sul principio della conservazione costante della quantit generale di movimento. I fenomeni dellorganizzazione chimica, specialmente, richiedevano un superamento della concezione meccanicistica e, a questo fine, lipotesi metafisica leibniziana sembrava soddisfacente. La monade principio di organizzazione e contiene in s lenergia idonea a produrre luniverso fisico. E vero, tuttavia, che questa concezione contiene un motivo idealistico, che, daltra parte, pu essere considerato come un germe che avrebbe di l a poco prodotto una pianta rigogliosa: infatti la monade centro spirituale, la cui attivit fondamentale la rappresentazione; tutta la sua energia si dispiega in virt di questo suo carattere essenziale. Cos si ha lidea che luniverso sia il prodotto di unattivit rappresentativa fondamentale. La percezione, che costituisce lattivit fondamentale di tutte le monadi, una rappresentazione inconscia dellintero universo dal punto di vista del posto e della funzione che ciascuna monade ha in esso. Lappercezione , poi, la rappresentazione cosciente, di cui sono dotate le monadi che sono destinate a costituire le anime, che sono, appunto, caratterizzate dallattivit cosciente. 28 Princpi della Natura e della Grazia, prop. 13.

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Per Leibniz, luomo, caratterizzato dalla presenza di una monade dominante, che principio di coscienza e di volont, reca in s impresso il disegno armonico delluniverso; e la sua ragione , in una certa misura e tenuta ferma la debita proporzione, quella medesima che Dio ha seguito nella creazione. Il criterio del meglio quello che guida luomo nel suo comportamento; e anche dal punto di vista dellattivit umana, si tratta di dare luogo al migliore mondo storico possibile. Esiste un disegno provvidenzialistico della storia, per cui questa, nella totalit del suo sviluppo, attuazione di ci che meglio; e in questo senso va inteso il progresso, come attuazione di un ordine sempre migliore e pi razionale. Luomo sicuro che, nonostante lirregolarit del processo storico, dovuto anche ai suoi errori, questo, complessivamente, rappresenta lo sviluppo migliore possibile delle sue potenzialit. Noi viviamo nel mondo migliore che sia consentito alluomo di produrre con la sua attivit storica. Cos il male, che connesso allimperfezione delluomo, un elemento accidentale, quasi irrilevante in confronto al bene che lumanit attua nel suo cammino storico.29 Prendere coscienza di ci che meglio e conformarsi sempre al criterio etico che caratterizza il soggetto razionale: ecco ci che ognuno deve fare, per poter contribuire alla realizzazione di un mondo migliore.30 E nella sua epoca Leibniz vedeva alcuni chiari segnali di orientamento dellumanit in tale direzione: la stessa passione con cui egli partecip al programma di politica illuminata del suo tempo una testimonianza della fiducia ottimistica in un avvenire di umana felicit.

Lempirismo
Lempirismo si sviluppa in rapporto allesigenza di recuperare la componente qualitativa nella descrizione dei fenomeni e nella fondazione della scienza fisica, gi configurata come una matematica. Lirriducibilit del qualitativo al quantitativo era una caratteristica della concezione greca della scienza: per Platone gli enti fisici partecipano della natura dei numeri, ma non si identificano con essi; per Aristotele la scienza fisica essenzialmente descrizione, anche se si caratterizza principalmente come ricerca delle cause. Per la scienza moderna, invece, i fenomeni naturali e le qualit fisiche sono risolti in rapporti di quantit: lideale scientifico si esprime nellidea di una mathesis universalis, che fisica, geometria, aritmetica e algebra insieme. Per lo stesso Galilei la scienza fisica deve superare le contraddizioni derivanti dallosservazione empirica e deve considerare gli enti fisici come enti geometrici.31 Perci la scienza moderna ha un carattere razionalistico, deduttivo. Ma il sistema della scienza fisica come sistema fondato sullautonomia del pensiero matematico richiedeva lammissione di un universo del conoscere costituito in virt di una sua coerenza interna e non derivato dalluniverso fisico reale: perci Cartesio ammette la res cogitans come sfera propria dei princpi assoluti del conoscere e dello sviluppo della conoscenza stessa. Limpianto della scienza razionalistica si regge sulla base del presupposto della perfetta correlazione tra princpi della realt fisica e Ed perci che linfelicit di alcune creature pu accadere per concomitanza e come una conseguenza di altri beni pi grandi []. Cos il male, o la mescolanza di beni e di mali in cui il male prevale, accade solo per concomitanza, in quanto legato coi beni pi grandi che sono fuori di quella mescolanza (Saggi di teodicea, 119). 30 Il mondo nella sua configurazione storica sempre perfettibile e a questo processo di progressivo perfezionamento, con leliminazione del male, concorre luomo, il quale si conforma al criterio stabilito da Dio del migliore possibile: Solo sub specie aeternitatis il mondo perfetto e riflette il disegno di Dio. E rimane sempre un divario infinito tra la contingenza degli eventi particolari e la totalit, sicch contingentiae radix est in infinitum: ogni stato particolare delluniverso positivo in quanto riferito alla totalit dei suoi stati, e solo questa pu dirsi propriamente corrispondere al criterio delluniverso migliore possibile. In definitiva, solo Dio pu rappresentare la garanzia della fiducia ottimistica nella perfezione delluniverso. Ed per questo che tutti gli spiriti [] entrando, in virt della ragione e delle verit eterne, in una specie di societ con Dio, sono membri della citt di Dio, cio dello stato pi perfetto, formato e governato dal pi grande e migliore dei monarchi []. E ci [] in virt dellarmonia prestabilita dalleternit, tra i regni della natura ed il regno della Grazia, tra Dio come Architetto e Dio come Monarca, in modo che la natura conduce alla grazia e la grazia perfeziona la natura servendosene (Princpi della Natura e della Grazia, prop. 15). 31 Quando il filosofo geometra vuol riconoscere in concreto gli effetti dimostrati in astratto, bisogna che diffalchi gli impedimenti della materia, che se ci sapr fare, io vi assicuro che le cose si riscontreranno non meno aggiustatamente che i computi aritmetici. Cos Galilei dichiara che delle leggi della caduta dei gravi egli venne persuaso dalla ragione prima che assicurato dal senso: per cui lesperienza, pi che un mezzo per scoprire le leggi fisiche, appare come una conferma di esse, dedotte razionalmente. Infatti, come afferma ancora Galilei, manifesto che [della materia], come di affezione eterna e necessaria, si possono produr dimostrazioni non meno dellaltre schiette e pure matematiche. Perci la vera scienza della natura si configura come meccanica, scienza della materia estesa e in continuo movimento, mentre considerazioni di tipo qualitativo sono ritenute come proprie della sfera empirica, non ancora scientifica. Galilei afferma perci: Ma che nei corpi esterni, per eccitare in noi i sapori, gli odori e i suoni, si richiegga altro che grandezza, figura, moltitudini e movimenti tardi o veloci, io non lo credo.
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princpi della conoscenza matematica. Le metafisiche razionalistiche hanno tutte la funzione di giustificare questa correlazione. Nella prospettiva meccanicistica, il movimento non solo insito nella materia ma sostanzialmente coincidente con essa. Ci emerge specialmente con la scoperta della gravitazione universale, per cui lestensione assimilata al movimento. Mentre la scienza cartesiana considerava la materia come assolutamente inerte, la teoria della gravitazione implica lammissione, nella materia, di una vis spontanea, di un principio attivo. E ci costituisce un nuovo problema per la filosofia della natura, che cerca di giustificare la presenza di tale forza, mentre si va delineando il carattere ipotetico-fenomenico della scienza fisico-matematica, prescindente da qualsiasi valutazione non strettamente quantitativa. La scienza fisico-matematica, inoltre, si basa sulla misuravilit dellestensione e dunque sulla considerazione della materia come costituita da particelle, cio da unit materiali estese. Cos lo stesso Cartesio ammette che, per quanto piccola (tanto da essere assimilata al punto geometrico), ogni particella sempre estesa. La materia, cio, risulta costituita, in ultima analisi, da una somma infinita di elementi finiti, cio di atomi geometrici. Questa concezione viene rovesciata in seguito alla scoperta del calcolo infinitesimale: poich gli elementi differenziali possono essere considerati infinitamente vicini allo zero, la stessa matematica (data anche limplicazione di geometria e algebra) risulta come una scienza che riguarda grandezze non necessariamente estese, e dunque come una scienza irriducibile alla fisica, che comunque riguarda un mondo realmente esteso. Ci sollecita la ricerca intorno ai fondamenti della fisica, o, meglio, intorno a quegli altri fattori concorrenti nella fondazione di una scienza fisica e non riducibili allanalisi matematica. Si tratta, ora, di superare il matematismo ingenuo del meccanicismo, senza disperdere i risultati del metodo scientifico e senza ritornare alla prospettiva, anchessa ingenua, di un metodo induttivo, limitato alla costruzione di una scienza intesa come semplice accumulo di dati, di osservazioni ed esperimenti particolari. Gli induttivisti, infatti, sulla scia di Francesco Bacone, non possono che dare luogo a una scienza dilettantesca, risolta allosservazione curiosa di fatti e alla scoperta di analogie casuali, ma asolutamente inadatta a stabilire le leggi universali e obiettive dei fenomeni. Daltra parte il superamento del puro metodo matematico-analitico implica una indagine approfondita intorno alla natura dellesperienza e alla funzione del soggetto come portatore delle condizioni della scienza stessa. La crisi dellideale razionalistico-deduttivo della scienza fisica connessa, quindi, con la scoperta della gravitazione universale da una parte e del calcolo infinitesimale dallaltra. La prima faceva risaltare le difficolt derivanti da una concezione meccanicistica rigorosa, quale quella cartesiana, ponendo lesigenza di introdurre il concetto di forza quale componente materiale irriducibile al semplice movimento: infatti, mentre nel meccanicismo le forze operanti nelluniverso fisico sono concepite come semplici espressioni del moto inerziale e cio come conseguenza delle modificazioni delle quantit di movimento nellambito di determinati settori dellestensione, la gravitazione universale pone il problema dellipotesi di forze coincidenti con la stessa distribuzione della materia e considerate come fattori di movimento (ad es. del movimento dei corpi celesti). Anche se ancora la fisica vista in termini meccanicistici, cio come descrizione esatta delle modificazioni di movimento, il concetto di forza come componente direttamente estranea a una interpretazione matematica (e oggetto, quindi, di una matematizzazione indiretta) pone problemi nuovi alla riflessione epistemologica, che deve rinunciare a una fondazione esclusivamente matematica del sapere scientifico e rivedere lintera questione dei fondamenti di esso. E poich la stessa rivoluzione metodologica cartesiana ha posto laccento sulle condizioni della soggettivit e della razionalit come fattori del sapere, venendo ora a entrare in crisi la dimensione della pura razionalit come condizione della coscienza autonomamente responsabile della fondazione della scienza, lindagine si allarga alla sfera della soggettivit nel suo complesso. Questa considerata come sfera della riflessione, che non pu dedurre il sistema delluniverso come unimpalcatura puramente formale, di carattere matematico, ma che si trova a compiere operazioni sui dati immediatamente forniti dagli stimoli del mondo esterno, fino alla organizzazione di un vero e proprio sapere. La necessit di procedere a una revisione del metodo deduttivo del razionalismo sollecitata dalla stessa scoperta del calcolo infinitesimale, che mette in dubbio la risoluzione cartesiana della fisica nella matematica, per lirriducibilit del quantitativo allesteso e in conseguenza del processo di formalizzazione della matematica (ormai definita come una scienza simbolica e come una logica). Se, dunque, il quantitativo fisico non pu essere interpretato in termini di pura e semplice matematica, non potendo essere ridotto a termini esclusivamente logici e simbolici, si tratta di restituire ad esso tutta quella pienezza che risalta dallosservazione empirica, con lemergere delle qualit, sia pure ancora interpretate soggettivamente e in massima parte riconducibili a modificazioni del soggetto senziente. Daltra parte, la logica del metodo scientifico moderno impone che lattenzione sia rivolta verso le condizioni della soggettivit e verso la formazione e la natura delle idee, che sono, appunto, le modificazioni della mente e il risultato delle operazioni mentali. Il metodo della scienza esige emerge ancora come il metodo della

formazione e della connessione delle idee; solo che le idee non sono pi concepite come cogitata, contenuti intrinseci alla struttura del pensiero, ma sono considerate in rapporto alla loro genesi empirica, sulla base della convinzione che originariamente la mente simile a un foglio bianco o a una tabula rasa su cui a poco a poco si iscrivono le impressioni prodotte dal mondo esterno. In tal modo di cerca di rafforzare la stessa scientificit del metodo, tanto pi che, in base ai presupposti razionalistici, risulta impossibile fondare una gnoseologia autonoma, in quanto la ricerca sui fondamenti del sapere rimanda alla costituzione di una metafisica fideistica, che pone Dio come garante delle verit matematiche sulle quali costruito lintero edificio della fisica meccanicistica. Il rifiuto di qualsiasi aggancio metafisico appare una condizione fondamentale per lautonomia del metodo scientifico, che deve essere risolto nei procedimenti della mente umana e deve avere il suo fondamento di validit nella correttezza di tali procedimenti operativi e non pu essere giustificato attraverso salti nella metafisica. Perci il discorso dellempirismo rivolto anche ai limiti della mente e ai caratteri ipotetici del sapere scientifico. Nellambito dellempirismo si pone, perci, il problema dellautonomia della scienza nei confronti della metafisica. Il metodo scientifico viene profilandosi con peculiari caratteristiche e va differenziandosi dal metodo puramente matematico, che piuttosto tende a coincidere col metodo della logica in senso stretto, cio col sapere proprio della scienza formale. E se loggetto dellindagine ancora lio (per cui si pu considerare lempirismo come una prosecuzione dello stesso cartesianesimo), si tratta specialmente dellio psicologico, protagonista della complessa fenomenologia delle impressioni e rappresentazioni empiriche. Il mondo oggettivo si profila come il risultato del processo della percezione e della formazione delle idee, indipendentemente dalla questione relativa a una corrispondenza tra le modalit del pensiero e le modalit di sviluppo della realt in s. La prima fondamentale indagine sulla formazione e sulla natura delle idee, quindi sui limiti e sui caratteri e sui limiti della conoscenza umana, quella svolta da Locke nel Saggio sullintelletto umano (1690). Locke stesso nellEpistola al lettore spiega i motivi che lo hanno indotto ad affrontare tale argomento: poich spesso accade a tutti di trovarsi ad affrontare questioni conoscitive complesse, senza una precisa consapevolezza intorno alle effettive possibilit di giungere a risultati soddisfacenti, si rende opportuna una preliminare indagine intorno alle possibilit e ai limiti generali della conoscenza umana. Cos prende lavvio la prima indagine critica intorno alla natura e ai limiti dellintelletto, inteso come il complesso delle capacit conoscitive delluomo e come ci che pone luomo al di sopra di tutti gli altri esseri sensibili. Lindagine di Locke intende essere puramente gnoseologica, cio intende riferirsi alla sfera dellintelletto come area operativa di produzione di conoscenze, e lascia da parte qualsiasi interferenza di carattere metafisico, ossia qualsiasi considerazione sullessenza o natura della mente o sui presupposti reali, materiali o spirituali, degli stessi processi conoscitivi.32 Lobiettivo di Locke solo quello di mostrare la via che il nostro intelletto segue nella formazione delle nozioni delle cose, a delineare il criterio della certezza della nostra conoscenza, a scoprire le radici delle persuasioni umane.33 Ci che egli assume come tema di riflessione la coscienza come soggetto che produce la conoscenza. E la prima difficolt che una tale indagine incontra consiste, appunto, nel fatto che si assume La coscienza come principio di esame critico delle sue attivit medesime.34 Si muove, comunque, dallassunto che la coscienza conosce i suoi stati interni, i propri atti e le proprie operazioni; si assume, cio, come un dato fondamentale levidenza con cui alla coscienza si manifesta lesperienza di s medesima. In tal modo lio psichico considerato come un mondo chiuso comprendente un complesso di idee, ma tale che questa sfera si configuri come un dato la cui origine e la cui formazione rimangono oscure. Ci che rimane escluso da questo tipo di indagine come si sia potuto generare il riferimento di questo mondo psichico a un mondo esterno: infatti la riflessione gnoseologica non pu considerare questo aspetto del problema riguardante il rapporto con il reale in s, ma limitarsi unicamente a una tematizzazione della sfera psichica nella sua datit immediata. Leliminazione di ogni presupposto metafisico implica ladozione dellempirismo come rigoroso principio metodologico: infatti ora impossibile presupporre lesistenza di una realt naturale come origine delle idee n possibile inquadrare lempirismo in un fondamentale materialismo. Ci che invece simpone come unesigenza primaria che venga esclusa

Poich dunque mi propongo dindagare lorigine, la certezza e lestensione della conoscenza umana, cio le radici della credenza, dellopinione, dellassenso e dei gradi di essi, non mi occuper qui di guardare lo spirito dal punto di vista naturalistico, n mi confonder ad indagare la sua essenza, n attraverso quali movimenti di spiriti animali o alterazioni organiche noi giungiamo a provare alcune sensazioni mediante i nostri organi e a percepire idee nel nostro intelletto, n se la formazione di alcune di queste idee o di tutte, dipenda o no dalla materia (Introduzione, 2). 33 Ibid. 34 Al pari dellocchio lintelletto ci fa vedere e percepire tutte le altre cose, ma non si accorge di se stesso; sicch non senza abilit e fatica noi riusciamo a porlo a distanza, e farlo oggetto di se stesso (Intr., 1).

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lesistenza di idee che abbiano unorigine diversa dagli stessi processi operativi in cui si esplica lattivit dellintelletto e che si presentino nella coscienza con unevidenza che non sia quella stessa della mente che riconosce i suoi oggetti. La polemica contro linnatismo, svolta nel I libro, ha questo significato. Tutte le idee devono essere considerate come prodotti dellattivit mentale; altrimenti noi dovremmo presupporre la verit come gi costituita indipendentemente dallattivit della coscienza e non potremmo indagare sulla validit di essa, in quanto non abbiamo criteri per poter giudicare contenuti che siano diversi da quelli che fanno parte dellattivit intellettuale. Cos lintelletto si riconosce come una sfera autonoma che capace di verificare la validit e la portata dei contenuti che esso stesso produce; esso, comunque, sarebbe incapace di giudicare oggetti che non siano il risultato della sua attivit. Locke contesta che possa ammettersi lesistenza nella coscienza di princpi e idee che abbiano unorigine diversa da quella che li pone come dati della coscienza stessa. Ammettere idee innate significherebbe ammettere idee che hanno una consistenza fuori della coscienza e che simpongano ad essa come oggetti estranei alla sua attivit e indecifrabili. Per potere esaminare le possibilit conoscitive dellio, occorre in primo luogo eliminare ogni residuo metafisico estraneo allio stesso. Noi possiamo indagare e giudicare sul complesso delle attivit dellio, mentre ogni dato estraneo cade fuori della nostra ricerca. Il rifiuto dellinnatismo corrisponde a una fondamentale esigenza metodologica: esso, comunque, non ha nessun significato metafisico, per il fatto stesso che linteresse metafisico escluso dallindagine gnoseologica. Nel II libro Locke esamina lorigine delle idee. Le fonti delle idee sono due: il senso esterno, per cui riceviamo stimoli e impressioni dal mondo esterno, e il senso interno, per cui percepiamo le operazioni della nostra coscienza. Questultimo la facolt propria della riflessione, intesa come capacit di giudicare le stesse operazioni della mente. Per senso Locke intende non strettamente la funzione fisiologico-psicologica ma anche la stessa intelligenza in quanto fa parte di questa sfera aperta al contatto della realt esterna e capace di elaborare dati relativi al mondo. Cos del senso esterno fa parte quella riflessione che opera sui dati immediati della percezione, le idee semplici, e giunge alla formazione di idee complesse (specialmente relative a sostanze o oggetti). In primo luogo abbiamo, dunque, le idee semplici del senso esterno (cio singole sensazioni: la percezione di questo colore verde, di questa forma triangolare, e cos via), distinte a seconda che riguardano un solo senso o pi sensi o lintero complesso dei sensi. Poi abbiamo le idee semplici che non sono date immediatamente dal senso esterno ma sono il risultato della riflessione, che, cio implicano il concorso della memoria, del ragionamento, della fantasia, e quindi sono prodotte da operazioni quali il distinguere, il paragonare, il comporre, lastrarre. Ad esempio lidea di esistenza prodotta dalla riflessione su una molteplicit di contenuti sensibili e mediante lastrazione dalle loro determinazioni particolari. Quindi abbiamo le idee complesse, anchesse prodotte dallattivit percettiva o dalla quella riflessiva. Esse sono distinte da Locke in idee di sostanze, relative alle cose, idee di modi, relative ai punti di vista da cui consideriamo le cose, idee di relazioni, riguardanti i rapporti che vengono stabiliti tra gli oggetti. Lidea di sostanza ci consente di considerare le cose come effettivamente esistenti, anche se, da un punto di vista metafisico, rimane oscura la reale struttura degli enti di cui si afferma la sussistenza. Tra le idee di modi, abbiamo specialmente quelle che riguardano le modalit secondo cui consideriamo lo spazio (che unidea semplice del senso esterno), cio la figura, la distanza, il luogo, la dimensione. Altre idee relative alle modalit secondo cui consideriamo le idee semplici sono quelle di tempo e di durata, luna relativa al modo di considerare le cose rispetto alla successione dei loro stati, laltra relativa alla successione degli stati della coscienza. Una idea di modalit sulla quale Locke insiste molto (capitolo 21) quella di potere, secondo la quale consideriamo lo spirito in rapporto alle sue possibilit di agire e di conoscere. La pi importante tra le idee di relazioni quella di causa. Dopo avere esaminato nel III libro la questione del linguaggio, sviluppando una teoria convenzionalistica e nominalistica, nel IV libro Locke affronta la vera e propria questione gnoseologica riguardante la validit della nostra conoscenza e, in particolare, il carattere proprio del sapere scientifico. Egli attribuisce la fondazione del sapere come sistema di verit scientifiche al complesso delle operazioni mentali che stabiliscono rapporti di concordanza stabile tra le idee. Un sapere appare costituito da un insieme di idee organicamente collegate tra loro in odo da cosittuire un insieme unitario e coerente. Alla domanda Che cos la verit? Locke risponde: Non altro che la congiunzione o separazione dei segni, secondo la reciproca convenienza o non convenienbza delle cose significate da quei segni.35 La conclusione gnoseologica appare, pertanto, come un idealismo soggettivistico. Il sapere si configura come un sistema caratterizzato specialmente dalle relazioni che sono poste tra le idee. La stessa esistenza data da una particolare evidenza con cui diverse idee si presentano in rapporto tra loro: cos, per quanto riguarda lesistenza delle cose esterne, vale il rapporto di attualit, per cui idee relative ad oggetti sono congiunte
35

Saggio sullintelletto umano, p. IV, cap. II, 2.

con quelle relative al tempo presente e allo spirito come immediatamente intuente; mentre altre idee sono raggiunte per via di dimostrazione, cio per mezzo di rapporti intermedi e di successive mediazioni concettuali. Un tipo di conoscenza dimostrativa , ad esempio, quella che riguarda lesistenza di Dio. Locke ammette anche le verit di fede, che non possono essere raggiunte per nessuna delle vie razionali dellintuizione e della dimostrazione e che esorbitano dai confini della ragione stessa. Per Locke si pu parlare di verit in rapporto alla sfera delle idee e allordine in cui sono disposte; e lo stesso riferimento al mondo esterno dato da un particolare tipo di connessione ideale. In tal modo appaiono evidenti le conclusioni idealistiche (nel senso di un idealismo psicologico) di Locke. Allidealismo perviene, pi direttamente e coerentemente, Berkeley. Il mondo esterno si configura sempre pi chiaramente come un prodotto dellattivit del soggetto e, in primo luogo, della stessa attivit percettiva. Nel suo Saggio su una nuova teoria della visione (1709), Berkeley sottopone ad esame critico la tradizionale teoria della percezione visiva, per dimostrare limpossibilit di far corrispondere ai contenuti della visione una oggettivit esterna. I tradizionali trattati di ottica presuppongono una specie di geometria oggettiva come condizione fisica della visione: ad esempio, si affermava che per effetto di tale geometria che si pongono le leggi della prospettiva, per cui due linee tracciate da un punto verso il soggetto formano un angolo pi acuto o pi ottuso a seconda che il soggetto si allontani o si avvicini. Loggettivit delle leggi geometriche era considerata come un dato fondamentale, cio come il vero presupposto della dinamica della visione: questa era considerata come parte di un mondo fisico le cui leggi geometriche costituivano la struttura di base. Berkeley cerca di dimostrare che tale presunta oggettivit non altro che il risultato di operazioni soggettive. Se lo spazio potesse presentarsi nella percezione visiva con le sue immutabili leggi geometriche, tutti gli individui avrebbero una uguale percezione delle distanze; invece noto che tale percezione varia in rapporto alle diverse condizioni soggettive, come dimostrato dallesempio del cieco nato che improvvisamente acquista la vista e che non acquista immediatamente la nozione della distanza (sicch anche le stelle pi lontane gli apparirebbero come aderenti alla sua retina). La semplice vista non ci d le dimensioni spaziali: queste sono costruite mediante il concorso di altre fonti percettive, specialmente del tatto. Dal tatto deriva la valutazione delle distanze, sulla base dei rapporti che si stabiliscono tra il nostro corpo e gli oggetti. Cos loggetto della percezione spaziale dato dalla sintesi di diversi elementi percettivi e cio, in ultima analisi, da una operazione di collegamento compiuta dallintelletto. Muovendo da questa critica della visione, Berkeley nel Trattato sui princpi della conoscenza umana e nel Dialogo tra Hylas e Philonus (1710 e 1713) procede a un esame radicale del realismo. Se gli oggetti della percezione sono il risultato di operazioni soggettive e il riferimento di essi a un presunto mondo reale del tutto problematico, le conclusioni idealistiche sono ovvie: le cose stesse si risolvono in oggetti della mente e contenuti di coscienza, fenomeni e idee; esse sono date dalla connessione tra le varie impressioni e rappresentazioni. E noi consideriamo reali quei complessi di rappresentazioni che simpongono con particolare evidenza, presentano una struttura coerente e costante, anche in rapporto alla dinamica soggettiva secondo cui essi si producono. Nella costanza e ripetizione dellordine delle percezioni e delle idee da ricercare, quindi, il criterio della verit. La radice della realt stessa va cercata, quindi, nellordine assoluto delle rappresentazioni: noi dobbiamo, perci, supporre un soggetto assoluto che fondi il percepire secondo condizioni immutabili. Cos Berkeley giunge alla famosa equazione per cui esse est percipi. Questa equazione esprime limprescindibile correlazione tra soggetto e oggetto: cos come la realt delle cose consiste nellordine delle rappresentazioni, cos lessere del soggetto consiste nellattivit rappresentativa. Cos Berkeley ricerca, idealisticamente, un fondamento oggettivo del rappresentare e pone le basi di una nuova metafisica, secondo cui superato lo sdoppiamento tra una realt esterna e lidea che la rappresenta. Lempirismo radicale elimina ogni residuo di realismo ingenuo. Se non vi sono idee fuori dellattivit rappresentativa, tale attivit deve essere considerata come il primum da cui partire e come il fondamento di qualsiasi oggettivit. Cos eliminato il problema del passaggio dalla realt allidea e viceversa: le idee sono collegate ad altre idee e spiegate mediante esse, n possibile uscire dallambito delle rappresentazioni stesse e stabilire forme di collegamento tra le idee e le cose. Berkeley rifiuta la distinzione lockiana tra qualit primarie e secondarie: lestensione, la figura, il moto sono qualit derivate dallattivit rappresentativa e risultano dal concorso dei vari sensi. La materia, lo spazio, il tempo, il movimento corrispondono anchessi a determinate modalit della connessione tra le rappresentazioni e, dunque, a forme dellattivit sintetica dellintelletto. Essi hanno una consistenza metafisica solo in quanto la loro organizzazione fondata sullattivit originaria del percepire da parte di un soggetto assoluto e quindi sulle leggi secondo cui tale attivit si sviluppa. Le coordinate assolute della scienza fisica, in tal modo, sinquadrano nella logica dellapparire fenomenico. I fenomeni stessi assumono la fisionomia di realt unica che obbedisce a leggi scientifiche. Queste, del resto, non si riferiscono a nessuna oggettivit che non sia quella dei contenuti dellattivit psichica che sfocia nella rappresentazione. I

fenomeni fisici non hanno altra forma o altra consistenza oltre quella che essi ricevono nellambito della rappresentazione stessa. La critica di Berkeley rivolta specialmente contro la scienza galileiana e cartesiana dellestensione matematica, ma essa coinvolge anche la scienza newtoniana. Il mondo fisico che il filosofo ha di mira , soprattutto, luniverso matematico-fisico, in cui materia ed estensione si identificano. La critica dellestensione, attraverso la radicale messa in rilievo della soggettivit delle dimensioni spaziali, implica la riduzione alla sfera operativa del soggetto di tutta la sostanza estesa. Loggettivit dei rapporti matematici, fondata sullidea della costituzione geometrica della materia, sostituita dalla soggettivit dellattivit percettiva e logica che pone tali rapporti. Cos viene negata lesistenza di uno spazio assoluto, dotato di unintrinseca geometria, poich la dimensione spaziale sempre connessa alla costruzione percettiva di oggetti. In tal modo criticata anche la fisica newtoniana, basata proprio sulla concezione di uno spazio (e tempo e moto) assoluto, cio non riferito ai corpi (o alla materia). Invece qualche difficolt incontrata nella critica del concetto di forza e della teoria degli infinitesimali e delle flussioni. Infatti il concetto di forza rimanda alla stessa attivit del soggetto e al processo della percezione, quindi cade in una sfera metafisica in cui la stessa filosofia di Berkeley infine destinata a sfociare. Daltra parte, la teoria degli infinitesimali nega, sul piano della matematica (e di unestensione diversa da quella materiale), latomismo, che, invece, la critica della materialit costretta ad ammettere (proprio per poterlo criticare). La teoria infinitesimale ammette linfinita divisibilit dellatomo; Berkeley, invece, deve ammettere la grandezza materiale per poterla negare come realt a s e negare, quindi, anche linfinita divisibilit. Inoltre, Berkeley deve negare la teoria del minimo sensibile, per cui una grandezza diventa irreale se non contiene almeno un minimo sensibile: Infatti ogni grandezza si risolve nella percezione, indipendentemente da qualsiasi valutazione di grandezza. Dal punto di vista di Berkeley, cio, la teoria degli infinitesimali perde la sua importanza e limmaterialismo, infine, annullando ogni criterio di distinzione tra dimensione formale-concettuale e dimensione reale-sensibile, finisce per perdere e lasciarsi sfuggire il significato dellanalisi matematica. La teoria del percipi universale ripropone la metafisica dellestensione. In questo modo riproposta anche la critica della riduzione della fisica alla matematica: la fisica riguarda sempre grandezze fornite di estensione e dunque non pu essere ricondotta a un procedimento deduttivo, bens riguarda sempre la sintesi di rappresentazioni, relative a grandezze estese. Escludendo una struttura logico-matematica come fondamento della regolarit della connessione tra gli elementi della percezione, non rimane che lo stesso soggetto assoluto a garantire tale regolarit. Perci Berkeley deve, infine, considerare Dio stesso come fondamento di quellordine e di quella regolarit: il campo percettivo di per s non presenta unintrinseca coerenza, n si pu dire che ad esso possa applicarsi lo schematismo logico-matematico. Lordine dei dati e degli elementi della percezione deve essere posto dal soggetto e la ragione deve consistere nellordine stabilito dalla volont divina. Berkeley conclude che Dio stesso che introduce nel nostro spirito le serie ordinate delle impressioni sensibili, provocando cos in noi le immagini degli oggetti. Dio, come in Cartesio, torna ad essere garante di verit; ma la verit qui data dalla totalit ordinata dellesperienza. Hume, nel Trattato sulla natura umana (1739), conduce lempirismo alle conseguenze pi radicali. Egli riscontra una specie di deformazione intellettualistica in Locke e in Berkeley, che, pur partiti da presupposti empiristici, hanno finito per considerare i contenuti dellintelletto, cio le idee, mettendo in rilievo specialmente lattivit della riflessione, che indubbiamente costituisce una forma secondaria dintervento sul materiale immediato delle impressioni, che devono, invece, essere considerate come il contenuto fondamentale dellesperienza umana (sia della conoscenza che della morale). Perci Hume, in primo luogo, sottolinea la distinzione tra impressioni e idee: le prime si riferiscono a percezioni immediate, siano immagini degli oggetti esterni trasmesse dai sensi siano passioni o emozioni; le seconde, invece, si hanno quando riflettiamo su di una passione o di un oggetto che non presente.36 E ovvio che le impressioni si distinguono per la loro vivacit e forza, mentre le idee risultano piuttosto scialbe e deboli: quelle, perci, sono i dati assolutamente elementari, da cui necessariamente dobbiamo muovere per organizzare qualsiasi conoscenza. La stessa distinzione passa tra sentire e pensare: questultimo non che un riflesso pallido, una copia del primo, che quello che occupa la mente con maggiore forza e si impone con maggiore autorit ed evidenza. La percezione lunica fonte di conoscenza ed cosa chiara per se stessa che nulla realmente presente allo spirito fuori delle sue percezioni, impressioni ed idee, e che gli oggetti esterni ci sono noti solo per le percezioni a cui danno occasione.37 Infatti, per quanto spingiamo la nostra attenzione fuori di noi, fino al cielo o agli estremi confini delluniverso, non riusciamo ad avanzare di un solo passo di l da noi stessi e a concepire altra specie di esistenza che le percezioni apparse entro
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D. Hume, La natura umana, antologia a cura di M. Dal Pra, p. 39. Op. cit., p. 40.

quellambito ristretto, che quello del percepire e del pensare strettamente congiunto ad esso. Le idee (semplici o complesse, secondo la distinzione lockiana, che Hume riprende) derivano tutte da impressioni. Queste costituiscono il materiale originario, non derivato: perci si possono considerare come il patrimonio innato (nel senso che non fondato su nessun dato precedente ad esse) di cui il nostro spirito dispone re in base al quale noi costruiamo lintera nostra rappresentazione della realt (sia degli oggetti esterni che di noi stessi). Quello che comunemente considerato come un potere infinito della mente umana, la quale sembra spaziare liberamente oltre ogni confine, in realt limitato dalla sfera ristretta delle impressioni e delle idee che ne derivano: esso, cio, limitato dalla sfera della nostra esperienza; e nulla noi possiamo pensare che non sia il frutto di unelaborazione ulteriore di impressioni date.38 E la validit di unidea dipende dallimpressione alla quale essa risale: cos posto un criterio di verifica che inteso anche come criterio di critica della metafisica. Questa, infatti, si serve di idee alle quali non corrispondono impressioni determinate o, se si prova ad analizzarle, corrispondono a impressioni che non giustificano quellelaborazione e modificazione arbitraria a cui sono sottoposte. E chiaro che questo criterio di verificazione assume validit in rapporto alla premessa rigorosamente empiristica di Hume, che pone il complesso delle impressioni originarie come lesclusivo fondamento di ogni conoscenza. Il criterio humiano intende costituire una specie di tribunale critico, di fronte al quale condurre le opinioni e le stesse ipotesi scientifiche, affinch venga esaminato ci che in esse si riferisce al materiale empirico fondamentale e ci che invece frutto della arbitraria elaborazione mentale e di elementi interpretativi e immaginativi che si sono sedimentati nel corso della tradizione. Hume, quindi, scopre uno strumento di verifica del sapere costituito ed avanza lesigenza di una continua verificazione, affinch nessuna verit possa sopravvivere allambito di esperienza fondamentale in base al quale essa enunciata: quellesperienza, invece, nella sua evoluzione e nel suo sviluppo, rappresenta il punto di riferimento insuperabile e il criterio della certezza. Matematica e fisica nel secolo XVII. Newton Il meccanicismo rappresenta la concezione nellambito della quale si sviluppa lintera attivit scientifica nel secolo XVII. Esso, infatti, costituisce un modello interpretativo capace di comprendere i diversi fenomeni naturali e di alimentare, pertanto, una ricca e complessa ricerca nei diversi settori della scienza fisica (fisica, chimica, biologia). Tutte le ricerche, in questo senso, sono permeate da un motivo unitario, rappresentato, appunto, dal modello meccanicistico, a sua volta legato alla visione matematica della natura. In primo luogo, si tiene fermo il principio secondo cui tutti i fenomeni sono espressione di grandezze quantitative misurabili; e a questo proposito si ritiene fondamentale la disponibilit di strumenti di misura. Lo sviluppo scientifico reso possibile, in gran parte, dai nuovi strumenti ottici (il telescopio e il microscopio) e dagli altri strumenti come il termometro e il barometro. In questo modo vengono spazzati via gli ultimi residui della tradizionale visione qualitativistica, che risaliva specialmente ad Aristotele. Secondo questo modello, come noto, la conoscenza era intesa come fondata sul processo definitorio, che in primo luogo fissava la forma o essenza concettuale delloggetto esaminato (en ente o un fenomeno); e si aveva cos una scienza essenzialistica e sostanzialistica, basata sullesplicazione delle quattro cause e quindi, in qualche modo, sulla supposta comprensione dello stesso processo creativo della natura. Nella cultura rinascimentale questa visione assumeva, quindi, alcune caratteristiche che dovevano costituire una spinta verso la costruzione di una nuova scienza. Da una parte, con laffermazione del platonismo, si richiam lattenzione sulla costituzione matematica della natura e, dallaltra, con lo sviluppo di una cosmologia basata sullidea dellanima del mondo si misero in rilievo le connessioni tra le forze agenti nelluniverso. Tuttavia, la visione della natura rimaneva essenzialmente sostanzialistica. Ancora la concezione di Francesco Bacone condivide questo carattere. La scienza moderna si sviluppa a partire dal processo di matematizzazione, a sua volta reso possibile dalla scoperta della soggettivit delle qualit sensibili, per cui quelle che erano prima considerate qualit essenziali risultavano, in realt, elementi trascurabili nel processo di costruzione della scienza della natura. Questa, infatti, riguarda la materia come struttura fondamentale di tutti i processi fisici, che, cos, sono ricondotti a ununica forma, che quella del movimento delle particelle semplici di cui composta la materia stessa. Il modello meccanicistico implica lanalisi o scomposizione dei dati sensibili (le qualit apparenti) e la riduzione di essi a determinazioni di movimento di entit materiali semplici: il fenomeno, in questo modo, riprodotto, a livello di interpretazione quantitativistica ed cos spiegato.

Il potere creativo della mente non consiste che nella facolt di comporre, trasportare, aumentare o diminuire i materiali forniti dai sensi e dallesperienza (op. cit., p. 44).

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Un impulso notevole alladozione del modello meccanicistico nei diversi ambiti scientifici venuto da Newton, il quale, perfezionando la matematica come strumento dellanalisi e dellinterpretazione scientifica (gi messo a punto da Galilei e sviluppato da Cartesio), attraverso la scoperta del calcolo infinitesimale.39 Nei Princpi, newton pose a fondamento della sua trattazione della meccanica il metodo delle prime e ultime ragioni, cio i processi di sviluppo quantitativo considerati nella loro genesi matematica, in rapporto alle variazioni di moto continuo dei punti spaziali.40 Newton porta, cos, a compimento la rivoluzione scientifica moderna. Egli stabilisce linsieme delle regole e delle leggi secondo cui avviene linterpretazione matematica della natura. Il III libro dei Principia inizia, appunto, con lenunciazione di quattro regulae philosophandi, da applicare nella ricerca fisica. La I regola enuncia il principio della maggiore esemplificazione possibile nei processi di spiegazione dei fenomeni, per cui occorre sempre cercare di ridurre a poche cause i princpi esplicativi.41 La II regola stabilisce il principio per cui effetti dello stesso genere devono smpre essere attribuiti, finch possibile, alla stessa causa: ad esempio, la pesantezza e la gravitazione vanno attribuite alla stessa forza di gravit. La III regola autorizza linduzione scientifica, cio lestensione di una legge, che stata verificata per un numero ristretto di fenomeni, a tutti i casi possibili.42 La IV regola enuncia il principio per cui le verit sperimentali sono certe finch rispondono, con una certa approssimazione, ai fatti e che esse non possono essere negate sulla base di ipotesi ancora non verificate.43 Il sistema della natura , per Newton, estremamente semplice: esso costituito da un infinito numero di particelle (corpuscoli), i cui movimenti sono regolati da leggi che si riconducono, in definitiva, al principio Newton, a proposito di questa importante scoperta (per la quale, come noto, si ebbero polemiche vivaci relative alla priorit leibniziana), ha avuto il merito di averne esplicata la funzione metodica nel campo dellinterpretazione fisica; infatti, come stato osservato, egli ha contribuito allo sviluppo di una nuova branca della matematica, non solo sistemandone le regole e i simboli, ma anche provando la funzione indispensabile che essi adempiono nella meccanica, e quindi nellintera scienza della natura (L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, Milano 1971, vol. II, p. 630). 40 Si obietta che non esiste lultimo rapporto di quantit evanescenti, in quanto esso, prima che le quantit siano svanite, non lultimo, e allorch sono svanite non c affatto. Ma con lo stesso ragionamento si pu giustamente sostenere che non esiste la velocit ultima di un corpo che giunga in un certo luogo, dove il moto finisce. La velocit, infatti, prima che il corpo giunga nel luogo non lultima, e quando vi giunge non c. La risposta facile: per velocit ultima sintende quella con la quale il corpo si muove, non prima di giungere al luogo ultimo nel quale il moto cessa, n dopo, ma proprio nel momento in cui vi giunge: ossia quella stessa velocit con la quale il corpo giunge al luogo ultimo con la quale il moto cessa. Similmente, per ultime ragioni delle quantit evanescenti si deve intendere il rapporto delle quantit non prima di diventare nulle e non dopo, ma quello col quale si annullano. Del pari, anche la prima ragione delle quantit crescenti il rapporto col quale nascono (Princpi, l. I, sez. II, cit. da L. Geymonat, op. cit., II, p. 631). Il calcolo delle flussioni prende le mosse dalla constatazione che le linee vengono descritte, non mediante addizioni di parti, ma per moto continuo di punti; le superfici per moto di linee; i solidi per moti di superfici, ecc.. Newton osserva quindi che le quantit cos generate variano, in tempi uguali, di pi o di meno a seconda della maggiore o minore velocit di accrescimento: a queste velocit egli attribuisce il nome di flussioni, mentre chiama fluenti le quantit descritte per moto continuo. Se indichiamo con x, y, z diverse fluenti, tutte funzioni del medesimo parametro t (tempo convenzionale), a ogni valore di questo t corrisponder un valore per ciascuna fluente e corrisponder pure un valore per la sua rispettiva flussione, che Newton denota con i simboli x, y, z (L. Geymonat, op. cit., II, p. 631). Seguono, pertanto, due problemi: calcolare il valore delle flussioni (o pi esattamente il loro reciproco rapporto), quando si sappia che le fluenti sono legate una allaltra da certe equazioni algebriche; e viceversa calcolare il valore delle fluenti quando siano note le relazioni esistenti fra le loro flussioni. Oggi indichiamo questi due problemi come calcolo delle derivate e calcolo delle integrali. Newton riusc a enunciare con molta chiarezza le principali regole di derivazione e di integrazione; scopr i concetti di derivate seconda, terza, ecc.; vide esattamente il legame che intercede fra derivazione e integrazione (teorema di inversione); comprese che, mentre la flussione perfettamente determinata allorch data la fluente, la fluente ricavata da una flussione invece determinata soltanto a mezzo di una costante arbitraria; si rese conto dellimpostazione delle equazioni differenziali, indicando il modo di risolverne alcuni tipi, sia pure particolarmente semplici; ne fece numerose applicazioni alla geometria e alla meccanica (L. Geymonat, ib.). 41 Bisogna ammettere solo quelle cause che sono necessarie per spiegare i fenomeni, giacch la natura non fa niente invano e farebbe cosa inutile se si servisse di un numero maggiore di cause per fare ci che si pu fare con un numero minore di cause. Ad esempio, la gravit basta a spiegare i movimenti dei corpi celesti e non occorre ricercare o ammettere altre forze (che sarebbero superflue). 42 Le qualit che non sono suscettibili di aumento e di diminuzione e che appartengono a tutti i corpi dei quali si pu fare esperienza, devono essere considerate come appartenenti a tutti i corpi in generale. 43 Nella filosofia sperimentale, le proposizioni raggiunte mediante induzione dai fenomeni devono essere considerate, nonostante le ipotesi contrarie, esattamente o approssimativamente vere fino al momento in cui altri fenomeni le confermino interamente o facciano vedere che sono soggette a eccezioni.
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della gravitazione universale, per il quale, allinterno dello spazio assoluto e in riferimento al tempo assoluto, la meravigliosa compagine delluniverso tenuta insieme dalla forza con cui due corpi si attraggono con una forza che direttamente proporzionale al quadrato delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza.

Vico
Lesigenza di fondazione di una scienza nuova che riguardi lessere delluomo espressa gi nella critica alla quale il Vico sottopone il cogito cartesiano, il quale segno indubitabile del mio essere, ossia mi d la certezza che esisto ma non mi induce scienza dellessere. La nuova scienza dovrebbe dunque raggiungere una determinazione ontologica delluomo, considerato non solo nella semplice facolt della ragione ma nella totalit delle sue manifestazioni, come uomo vivente che fonda una cultura e una storia. La scienza cartesiana riguarda, secondo il Vico, una mera presenzialit, un ordine dato di oggetti. Essa si allinea alla concezione aristotelica che scienza conoscenza delle cause; ma qui il concetto di causalit restrittivo, in quanto indica generalmente ci che agisce determinando qualcosaltro ma non comprende il processo integrale attraverso cui lazione causale si dispiega. La conoscenza vera, per il Vico, quando si pone allinterno del processo causale e lo segue nel suo produrre, nel corso del suo generare. In tal modo il conoscere simpossessa del processo del fare, fino a coincidere con esso: verum ipsum factum. La conoscenza si impossessa in modo totale del processo di fondazione delloggetto conosciuto e non considera codesto oggetto come un dato che occorre indagare dallesterno, ma lo considera come un processo dinamico che occorre riportare al piano del sapere, ripercorrendo con la mente la via di formazione delloggetto stesso nella sua struttura formale, cio nella sua verit. La verit delloggetto la sua forma, considerata non come una realt compiuta bens come processo dinamico di formazione. Il factum il termine di uno sviluppo, di un processo di determinazione, secondo esigenze formali, e la mente deve riprodurre tale processo sulla base delle sue stesse regole di determinazione formale. Il verum, come determinazione formale da parte della mente, in questo senso, coincide col factum, che determinazione oggettiva secondo leggi formali di formazione. Loggetto termine di conoscenza in quanto la sua struttura fondata su leggi formali, ossia in quanto esso il termine di un processo di formazione; e cos possibile la conoscenza, la quale riguarda sempre fatti e non dati come semplici presenze, processi di formazione e non forme staticamente definite. In questo senso il conoscere e il fare si identificano; in quanto il conoscere ricostruzione del processo del fare attraverso cui si determinano i fatti.44 Il criterio vichiano della coincidenza del verum e del factum non va interpretato secondo il fraintendimento della concezione idealistica, per cui il conoscere un fare nel senso di porre in essere loggetto. Infatti il Vico non risolve loggetto nel conoscere, metafisicamente, ma avanza e formula semplicemente un criterio gnoseologico nuovo, in opposizione a quello razionalistico e cartesiano e anche decisamente innovatore rispetto al concetto tradizionale della conoscenza. Tale criterio intende superare il piano del tradizionale obiettivismo e fondare su basi nuove la conoscenza. La novit consiste specialmente nel considerare loggetto della conoscenza non come qualcosa di dato, la cui costituzione inaccessibile, ma come un factum, termine di un processo generativo, che occorre indagare e risolvere. La conoscenza non genera il reale ma ripercorre la via attraverso la quale il reale si genera: questo sembra laspetto pi rilevante della trasformazione vichiana del concetto tradizionale di conoscenza e della diversit rispetto alla concezione idealistica. La conoscenza riguarda loggetto non come gi formato ma nel processo della sua determinazione; e ci possibile in quanto il conoscere stesso determinazione secondo leggi formali precise; si tratta di risolvere nel processo di determinazione conoscitiva il processo di determinazione delloggetto. Perci Vico dice che la verit conformit della mente con lordine delle cose;45 e che la scienza divina quella la cui verit costituisce la norma alla quale si deve misurare la verit della mente umana.46 Rimane, in tal modo, come fondamentale la concezione obiettivistica della verit come ordine reale; la trasformazione recata da Vico nel concetto di conoscenza. La conoscenza riguarda sempre codesto ordine reale delle cose, non per in una disposizione geometrica in cui le cose si trovano come semplicemente presenti, bens in quanto le cose stesse si generano come determinazioni oggettive secondo
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Cfr. De antiquissima, I, pp. 135, 144, 150. Diritto univ., II, p. 35. 46 De antiquissima, I, p. 141.

le leggi operative della mente. Vico riguarda il mondo non come una totalit definita di enti che stanno insieme in un ordine stabilito geometricamente, bens come un processo di continua formazione, come un fare eterno. Di questordine universale Dio lautore e luomo ha una conoscenza approssimativa, conforme ai processi di definizione oggettiva che sono propri del suo pensiero. La conoscenza vera riguarda, perci, il processo del fare che fa capo alluomo: costui conosce perfettamente ci che egli fa, ci che si produce per opera sua, per mezzo di un operare di cui egli conosce i principi, le leggi e le modalit di svolgimento. Cos gli uomini conoscono innanzitutto la matematica, poich comprendono tutta la guisa come operano e si forma il vero in conoscerlo; e la matematica una scienza simile alla divina, quanto alloperativit, poich in essa il vero e il fatto coincidono.47 Affermando la coincidenza del factum storico e del verum filosofico-scientifico, Vico pensa di fondare la nuova scienza, che riguarda i fatti e perci il divenire storico nella sua totalit, attraverso un metodo deduttivo, tale da permettere una visione dinsieme dei fatti nellessenza del loro prodursi. La storia si profila, cos, come una sfera definita, in cui agiscono leggi immutabili e dunque come un piano che la nuova scienza filosofica pu indagare e comprendere nella sua totalit e nella sua essenza. Il criterio di comprensibilit della storia dato dalla stessa coincidenza di verum e factum, nel senso immediato che luomo conosce pi propriamente il mondo che determinato dalla sua opera.48 La storia, secondo il principio gnoseologico vichiano, costituisce la vera scienza, in quanto comprende i fatti che sono certi (positivi, reali) e veri (in quanto conosciuti nel loro effettivo processo di formazione e perci nella loro ragione ed essenza). Nella conoscenza storica i fatti acquistano il loro inveramento, in quanto sono manifestati sulla base della ragione e del senso che essenzialmente li fondano: la scienza storica fonda la verit dei fatti, discoprendoli nella loro storicit (o essenza storica, comprendente il senso e il processo di produzione), nelleffettivo loro prodursi secondo leggi universali del divenire. In quanto la scienza storica innanzitutto accertamento dei fatti, verifica del certo, essa filologia, accertamento dei fatti tramandati dai documenti della civilt; e in quanto essa definizione delle leggi immutabili del divenire storico e quindi definizione della verit dei fatti stessi, filosofia. La filologia osserva lautorit dellumano arbitrio, onde viene la coscienza del certo; la filosofia contempla la ragione onde viene la scienza del vero.49 Il vero nella storia svelato dalla mente umana, che contiene i principi secondo i quali immutabilmente e secondo leggi certe e universali si viene svolgendo la stessa realt e natura delluomo. Luomo, infatti, si realizza nelle maniere in cui si riconosce e la forma pi matura di tale riconoscimento quello che si conforma alla ragione, per cui il vero consiste nella manifestazione della razionalit nello sviluppo dei fatti. La storia appare come svolgimento razionale e questa la sua verit, per cui essa diventa e si fa oggetto della filosofia. La filosofia riguarda, dunque, lessenziale razionalit della storia; la scientificit qui consiste nella rivelazione della razionalit del corso della storia umana. Infatti mediante la ragione che si sviluppano i fatti nel loro senso e nella loro determinazione. Senso, fantasia e ragione sono le grandi forme spirituali attraverso cui passa lumanit nel suo sviluppo. La scienza nuova riguarda queste forme in quanto potenze del fare, principi che determinano e caratterizzano lo De antiquissima, I, p. 136. Ancora il Vico non giunto alla scienza nuova e, sebbene sia giunto alla scoperta di un criterio gnoseologico di rilevante portata rinnovatrice, rimane ancorato alla convinzione cartesiana che la vera scienza sia quella matematica, sebbene non veda come possa risolversi in questa la scienza della natura. Nei dieci anni che intercorrono tra il DE antiquissima italorum sapientia (1710) e il Diritto universale (1720) il Vico viene delineando i principi di unapplicazione del criterio gnoseologico gi elaborato ai fini della fondazione di una nuova scienza. La dottrina gnoseologica basata sullaffermazione della coincidenza di verum e factum sviluppata, infatti, nel De antiquissima, ove viene presentata come dottrina propria degli antichi filosofi italici e ritrovata attraverso una ricerca etimologica e linguistica ingenerale. Sulla base di codesto criterio gnoseologico Vico sviluppa lintera sua speculazione, ricercando un principio che gli consenta di fondare una sintesi di tutto il sapere umano e divino.. Nel Diritto universale il factum per eccellenza, come manifestazione esemplare delluomo e della civilt, appare a Vico appunto il diritto; e, poich, secondo il criterio gnoseologico gi acquisito, ogni fatto va indagato e conosciuto nel processo del suo svolgimento,nel suo fieri, si tratta di intendere il diritto nel suo divenire storico, nella concretezza delle sue manifestazioni e, dunque, nelle modalit in cui esso si configura presso le diverse civilt ma specialmente presso i Romani, dove esso giunto al suo sviluppo pi completo. Lindagine vichiana intende scoprire, alla base dello sviluppo di ogni diritto, alcune norme eterne, immutabili e costanti, che in tal modo dovrebbero costituire loggetto di una scienza universale del diritto. Nel Diritto universale, dunque, nonostante lorientamento metafisico dominante, Vico si volge al mondo della storia come oggetto della nuova scienza e procedendo per questa via perviene a una chiara definizione di codesta scienza. Nella sua opera maggiore il Vico estender a tutte le manifestazioni umane il criterio della nuova scienza. 48 Questo mondo civile egli certamente stato fatto dagli uomini, onde se ne possono, e perci se ne debbono, ritrovare i principi dentro le modificazioni della nostra medesima mente umana (Scienza nuova seconda, 331). 49 Op. cit., Degn. 10.
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svolgimento storico come storia ideale eterna sopra la quale corron in tempo le storie di tutte le nazioni. Il criterio gnoseologico scoperto nel De antiquissima sfocia nella fondazione di una nuova metafisica.50 La scienza della storia riguarda la forma generale in cui si configura il divenire storico nella sua totalit. Tale forma si profila come ricorso, ricorrente succedersi dei tre momenti che costituiscono le modalit generali di manifestazione dello spirito, cio la spontaneit sensitivo-fantastica, la riflessione e la ragione. Esiste, dunque, per Vico, una struttura formale generale del divenire storico, che egli indica come storia ideale eterna e che non si identifica con la vicenda temporale, ma di questa costituisce il fondamento e la legge universale. La storia ideale eterna lordine formale dello stesso divenire nel tempo.51 Mentre la scienza della storia come scienza filosofica si profila come un sistema metafisico che riguarda le leggi universali del divenire storico, la storiografia riguarda i fatti concreti nella loro certezza, in quanto sostenuti dalla relativa documentazione diretta. Questa non comprende le opere letterarie, che risalgono a unepoca posteriore (come ad esempio i poemi epico-cavallereschi per i fatti relativa allet carolingia), bens i documenti arcaici, risalenti allepoca stessa in cui sono accaduti i fatti. Tra gli esempi di tale documentazione Vico cita specialmente i poemi omerici, che sono espressione di quella sapienza mitica e poetica, che, nello stesso tempo in cui attesta i fatti, dice qualcosa intorno al loro sensori verit. I miti sono le forme di verit elaborate sulla base dellattivit sensitivo-fantastica: sono, dunque, documenti storici e manifestazioni del senso (cio della verit) de fatti narrati. Omero non solo narra fatti accaduti ma trasferisce sul piano mitico (comprendente la storia ideale eterna) quei fatti. In questo senso la metafisica coincide con la storiografia e si lesempio pi significativo della storia come sapienza totale intorno alluomo. La forma mitologica costituisce un modello esemplare di elaborazione della verit storica: non ci pu essere forma di scienza storica che oltrepassi, si pu dire, il mito omerico. I greci antichi, in questo senso, ebbero la piena consapevolezza riguardo alla comprensione della realt storica dei loro tempi; ebbero, cio, perch realizzarono, la scienza storica completa nella forma della poesia epica. Si tratta di una storicit che corrisponde a una spiritualit determinata, che possiamo dire grecit: e comprendere la storia dei greci vuol dire comprendere la grecit come espressione storica (che d luogo a determinati fatti). Solo se i fatti sono inseriti sul piano della spiritualit che li esprime e li comprende, si pu dire di avere una piena comprensione del senso di quei fatti e della spiritualit complessiva alla quale essi appartengono. Ogni fatto storico, per vIco, pu essere interpretato nel suo senso di verit, cio in rapporto alle leggi universali del divenire storico; se poi esso corrisponda a uno o ad un altro stadio dello sviluppo spirituale, ci non influisce sulla possibilit di determinarlo. E la struttura trascendentale della storia che permette di determinare, poi, la verit di ogni fatto, che per deve essere documentato nella sua certezza, poich solo il certo pu essere anche vero; e il certo ci che storicamente determinato e che innanzitutto va definito nella sua certezza. Perci il Vico compie la sintesi di filologia e filosofia, che non solo indica lesigenza di compiere opera storiografica solo sulla base dei fatti accertati ma anche di restringere lindagine a quei documenti diretti che non contengono un travisamento o una deviante interpretazione dei fatti stessi ma tali fatti certificano secondo la modalit di espressione caratteristica della civilt corrispondente.

Il principio della conversione del vero col fatto definito da Croce come una verit che si pone nella serie dei grandi acquisti del pensiero umano, con la definizione di Socrate,la sintesi a priori di Kant, la dialettica di Hegel e altri pochi parimenti rivoluzionari e capitali (La conversione del vero col fatto, in Storiografia e idealit morale, bari 1950, p. 68). 51 In questo senso il dover essere della storia nel tempo; ma un dover essere che non annulla la problematicit di tale storia, la quale pu anche non adeguarsi ad essa e non raggiungere il termine che essa addita (N. Abbagnano, Storia della filosofia, II, I, p. 268). LAbbagnano insiste su codesto carattere problematico della storia che si svolge nel tempo e che Vico avrebbe riconosciuto, nonostante la sua costruzione di una metafisica della storia. Gli uomini rimangono liberi pur conoscendo, oscuramente o chiaramente, il termine verso cui diretto il divenire della loro storia. Perci le storie temporali delle singole nazioni possono anche non seguire il corso normale della storia ideale eterna. E Vico ammatte che ci sono nazioni nellet barbara, altre che si formarono nellet eroica, mai raggiungendo il loro sviluppo completo; ed anche nel mondo del suo tempo, che egli ritiene abbia raggiunto la sua compiutezza, riconosce nazioni barbare e scarsamente civili, il che vuol dire che lumanit si qua fermata ai suoi stadi primitivi (Op. cit., pp. 273-74).

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CAPITOLO XVIII Kant


La filosofia di Kant consiste in una critica della ragione, cio in una analisi della costituzione trascendentale del soggetto e, pertanto, in una ricerca intorno ai princpi a priori delle fondamentali attivit umane (la conoscenza, la morale, la valutazione estetica e teleologica). Il filosofo guidato, nellintero sviluppo della sua indagine, dalla convinzione che luomo, nella fondazione del complesso mondo della sua esperienza (comprendente la scienza, lattivit pratica, la morale, la religione, larte, la politica), segue alcuni princpi universali che appartengono originariamente e costitutivamente alla struttura del suo essere e che, perci, sono trascendentali rispetto allesperienza stessa (in quanto essi rendono possibile lorganizzazione delle varie forme dellesperienza ma non derivano da essa). La filosofia, in tal modo, assume come suo campo di riflessione non pi luniverso delle sostanze (e dunque la realt nei suoi princpi e nella sua totalit), bens il soggetto umano, considerato non pi in quanto soggetto psicologico ma in quanto io trascendentale, principio di costituzione di ogni esperienza (della conoscenza e di ogni altra forma di attivit spirituale). In quanto analisi critica della struttura trascendentale dellio, la filosofia di Kant si configura come criticismo o filosofia trascendentale. Lelaborazione di questa filosofia occupa lintero arco della maturit della riflessione kantiana ed preceduta da un intenso periodo di attivit e di produzione scientifica e filosofica, detto appunto pre-critico, durante il quale si sono venuti delineando via via i termini concettuali della successiva indagine, non senza, per, la proposta di motivi ancora largamente legati allimpostazione dei problemi dominante nella cultura e nella tradizione della filosofia moderna. In questa prima fase del suo pensiero, Kant appare ancora dominato dal problema della implicazione di fisica e metafisica: cos ladesione alla visione metafisica di Leibniz sostenuta che la monadologia possa rispondere meglio del meccanicismo cartesiano allesigenza di fornire una spiegazione metafisica dei fenomeni fisici: infatti i concetto di forza viva appare idoneo a spiegare il complesso dinamismo dellorganizzazione naturale dei fenomeni (meglio di quanto possa servire a tale scopo il semplice concetto di movimento inerziale, pur con le relative forme di composizione meccanica dei sistemi di movimento). Nella Nuova delucidazione intorno ai princpi della metafisica (Nova delucidatio, 1755), Kant intende integrare il sistema metafisico leibniziano, introducendo, accanto ai princpi tradizionali della metafisica razionale (cio quelli didentit e di non-contraddizione), i princpi della coesistenza e della successione (dello spazio e del tempo), che riguardano lordine spaziale delle monadi e le modificazioni che intervengono in esso (le monadi sono ordinate e lo spazio consiste nella loro disposizione le une in relazione alle altre, mentre le successive modificazioni danno luogo al tempo e alla stessa evoluzione del mondo fisico). Con questa metafisica Kant intendeva dare una risposta e una base filosofica alle ricerche che intanto andava svolgendo intorno a temi di fisica. In particolare, egli accetta il principio leibniziano della connessione di logica e metafisica: infatti i princpi logici fondamentali (quelli tradizionali ai si aggiungono i due nuovi) sono assunti come princpi fondamentali della metafisica (cio di una visione razionale della realt). In una successiva opera di metafisica, la Monadologia fisica (1756), Kant approfondisce il discorso sulla ipotesi metafisica leibniziana e, pur conservando linterpretazione monadologica come quella pi rispondente alle esigenze di una visione complessiva delluniverso, mette in rilievo la distinzione tra il mondo della fisica e quello della metafisica, rilevando, in particolare, come la descrizione dei fenomeni secondo rapporti quantitativi spazio-temporali riguarda il modo secondo cui la natura si presenta al soggetto attraverso lesperienza sensibile. Cos il tempo e lo spazio, come vengono assunti dalla fisica, sono grandezze che cadono nellambito della nostra esperienza e, dunque, dimensioni fenomeniche. In questopera, pur restando ferma limplicazione di fisica e metafisica, incomincia a incrinarsi il plesso unitario delle due discipline: la fisica appare fondata su una lettura fenomenica delluniverso, che non coincide con quella della metafisica; cos, mentre nellinterpretazione monadologica la metafisica rimane aderente alla concezione delle monadi come sostanze spirituali, la fisica costretta ad ancorarsi allesperienza sensibile e, dunque, implica una considerazione di ci che dellordine delle monadi si manifesta sul piano fenomenico. Kant si proponeva, appunto, si illustrare le caratteristiche di una monadologia fisica (tralasciando gli aspetti pi propriamente metafisici della stessa monadologia). In seguito, Kant, per linflusso della lettura delle opere degli empiristi inglesi e specialmente di Hume, tende a separare la metafisica dalla logica e, in tal modo, finisce per togliere ad essa una qualsiasi giustificazione razionale. Nei Sogni di un visionario illustrati dai sogni della metafisica (1766), egli prende posizione contro la metafisica: una pretesa conoscenza che intenda prescindere dallesperienza e costruire

una immagine della realt priva di qualsiasi validit oggettiva; essa soddisfa solo quei visionari che, appunto, al posto della indagine scientifica del mondo, si costruiscono una fittizia concezione metafisica. Kant avverte ormai lesigenza di una riflessione organica intorno alledificio del sapere e alle condizioni delloggettivit scientifica: cos maturano i presupposti dellindagine critica. Lopera in cui appaiono gi alcuni fondamentali concetti della filosofia critica la Dissertazione del 1770 (Dissertatio de forma et principiis mundi sensibilis atque intelligibilis). Qui Kant distingue nettamente la metafisica dalla fisica, luna riguardante il mondo intelligibile, laltra relativa al mondo sensibile; la prima basata sui princpi della logica, laltra, invece, sui princpi a priori dellesperienza, identificati nello spazio e nel tempo. Lelaborazione del criticismo avviene nel decennio tra il 1770 e il 1780: in quel periodo Kant scrive la Critica della ragion pura, lopera indubbiamente pi notevole di tutta la riflessione moderna. Kant muove da una riflessione sulle conclusioni alle quali sono pervenute le due grandi correnti del pensiero moderno, il razionalismo e lempirismo. Il razionalismo, secondo Kant, non riuscito a superare il dogmatismo: esso, infatti, muove dal presupposto (non dimostrato) della fondamentale razionalit dellessere (dunque sulla presenza nella mente dellidea relativa alla costituzione razionale del reale). Invece lempirismo non riuscito a superare lo scetticismo: infatti, specialmente con Hume, considera gli oggetti della conoscenza come nientaltro che complessi di percezioni, fenomeni basati sullattivit del soggetto psicologico. La filosofia critica, invece di assumere come suo oggetto la realt nella sua struttura metafisica (di carattere razionale) o la semplice attivit rappresentativa del soggetto, si rivolge allio trascendentale, che la condizione stessa per cui si costituisce qualsiasi oggetto e si organizza un sapere scientifico (avente i caratteri dellobiettivit e delluniversalit). Cos Kant parla, a proposito della sua prospettiva metodologica, di rivoluzione copernicana: il soggetto non ruota pi intorno alla realt in s, cercando di rappresentarla nei suoi caratteri sostanziali; , invece, la stessa realt che ruota intorno al soggetto e si conforma ai princpi conoscitivi che sono propri di questultimo, configurandosi come sfera fenomenica. Kant intende dimostrare la validit del sapere scientifico, di un sapere, cio, che, pur riguardando il mondo fenomenico e derivando il suo materiale dallesperienza sensibile, presenta il carattere dellobiettivit (e della validit universale). Tale carattere assicurato dallapplicazione (nellelaborazione dei giudizi conoscitivi) di princpi a priori, che sono propri, appunto, dellio trascendentale e, pertanto, sono identici per tutti gli individui e danno allesperienza ununiformit che rende possibile la definizione di leggi costanti dei fenomeni. Nella parte introduttiva della Critica della ragion pura, Kant esamina la teoria del giudizio, per mettere in evidenza come si pu raggiungere lobiettivit scientifica attraverso lelaborazione di giudizi basati sullapplicazione dei princpi a priori. Egli distingue, in primo luogo, i due tipi di giudizi ai quali si riportavano i razionalisti e gli empiristi: i giudizi analitici e i giudizi sintetici. I primi sono quelli che nel predicato si limitano a esplicitare il concetto espresso nel soggetto della proposizione: ad esempio, tutti i corpi sono estesi (dove il concetto di estensione implicito nel concetto di corpo), oppure il triangolo una figura di tre lati. Questi giudizi non accrescono il sapere, ma sono forniti di validit universale, in quanto basati su princpi logici inconfutabili. Secondo Kant, i razionalisti intendono fondare il sapere mediante giudizi di questo tipo: la costruzione del sapere, cos, segue il metodo analitico e deduttivo e consiste nella progressiva analisi di alcuni concetti generali, al cui validit assunta come logicamente fondata. Cos lintera geometria dedotta attraverso lanalisi dellidea di spazio esteso costituito da una molteplicit di punti e la scoperta delle leggi matematiche che regolano i rapporti tra punti diversi; e la stessa fisica fatta consistere da Cartesio nellanalisi matematica del concetto di res extensa. I giudizi sintetici, invece, accrescono il sapere, in quanto nel predicato esprimono un concetto nuovo rispetto a quello espresso nel soggetto della proposizione. Kant distingue i giudizi sintetici a posteriori, in cui la sintesi avviene tra elementi attinti allesperienza sensibile, e i giudizi sintetici a priori, in cui la sintesi avviene tra elementi che appartengono allarea trascendentale e che, perci, non contengono elementi empirici. Tra i giudizi sintetici a posteriori, poi, Kant distingue i giudizi percettivi e i giudizi di esperienza : i primi esprimono solo impressioni soggettive (es.: questacqua mi sembra salata), i secondi, invece, esprimono esperienze alle quali si attribuisce una validit oggettiva universale (es.: lacqua del mare salta). E evidente che solo questi ultimi rientrano nella costituzione delle scienze obiettive. I giudizi sintetici a priori risultano dallelaborazione dei princpi (intuizioni e concetti) a priori, specialmente delle intuizioni pure dello spazio e del tempo: essi sono, secondo Kant, i giudizi della matematica, quelli della fisica pura e quelli della metafisica. Contrariamente a quanto era ritenuto nella corrente razionalistica, che cio la matematica una scienza analitica, Kant ritiene che i giudizi di questarea del sapere sono sintetici: infatti, allorch io dico 7+5=12 compio una sintesi tra elementi e il concetto di 12, risultante

dalloperazione di sintesi non implicitamente contenuto nei concetti degli elementi (i numeri 7 e 5) dati, bens risulta come qualcosa di nuovo, come unentit (numerica) prima sconosciuta (ammesso che quelloperazione sia compiuta per la prima volta); cos il postulato secondo cui per un punto passa una sola linea parallela a una retta data (il famoso V postulato di Euclide) ha il carattere della sintesi conoscitiva, con un conseguente aumento del sapere. I giudizi della matematica hanno validit universale in quanto si riferiscono a una dimensione a priori e non sono condizionati dalla relativit soggettiva dellesperienza sensibile. Analogamente, i giudizi della fisica pura esprimono condizioni generali dellesperienza obiettiva e, in quanto fondamento di ogni descrizione della natura, hanno validit universale. Kant chiama questi giudizi princpi puri dellintelletto: ad esempio, ad ogni causa segue un effetto, tutti i fenomeni riguardano relazioni quantitative e cos via. Un discorso particolare, infine, va fatto sui giudizi della metafisica e Kant esamina la questione nellultima parte della Critica, la Dialettica trascendentale. Nella prima parte della Critica, lEstetica trascendentale, Kant esamina le condizioni trascendentali dellesperienza sensibile. Tali condizioni, o princpi o forme a priori, sono lo spazio e il tempo. Tutti gli elementi sensibili risultano organizzati, gi a un primo livello percettivo, in oggetti, che presentano le caratteristiche dellestensione spaziale. La spazialit, pertanto, non appartiene alla realt fisica in s, non una dimensione del mondo metafisico, connessa, invece, alla struttura trascendentale dellio percipiente, che, in tal modo, percepisce, in primo luogo, un mondo di oggetti esterni e un insieme di relazioni spaziali. Lintuizione pura dello spazio implica la presenza nella nostra mente di una implicita geometria, che successivamente pu essere sviluppata attraverso operazioni di analisi e di sintesi (ad esempio, collegando i vari punti si formano i concetti di linea, piano, figura, solido, e cos via, e tali concetti possono essere a loro volta analizzati e ricondotti ai loro elementi semplici). Kant considera lo spazio come la forma a priori del senso esterno; invece considera il tempo come la forma a priori propria del senso interno. Infatti il tempo indica lordine di successione delle impressioni sensibili: io percepisco prima questo poi quello e cos via; e lesperienza risulta dallordine di successione delle percezioni. Nellintuizione pura del tempo implicita laritmetica, come scienza dellordine della successione. Cos una percezione precede, segue o contemporanea a unaltra; e la distanza tra luna e laltra rappresentata come una quantit discreta (anche se tendente verso linfinitamente piccolo e linfinitamente grande). Kant attribuisce un certo primato al senso interno e, quindi, al tempo. Infatti lestensione spaziale risulta dalla contemporanea percezione di elementi disposti in un certo ordine e, inoltre, dalla percezione dei mutamenti intervenuti negli oggetti. Nella prima parte della Logica trascendentale, intitolata Analitica trascendentale, Kant esamina lattivit dellintelletto e, dunque, in particolare, la formazione dei giudizi. I princpi trascendentali dellintelletto, secondo i quali gli elementi della percezione sono unificati in forme desperienza che hanno validit obiettiva (e alle quali corrispondono i giudizi desperienza), sono chiamati da Kant categorie, in analogia con le categorie di Aristotele, che sono le modalit universali secondo cui avviene la predicazione (e dunque la stessa formazione dei giudizi). Le categorie sono dedotte dalla tavola dei giudizi. Ecco, pertanto, la classificazione logica tradizionale dei giudizi e le corrispondenti categorie: 1) secondo la quantit: singolari, plurali, totali; categorie: unit, pluralit, totalit; 2) secondo la qualit: affermativi, negativi, limitativi; categorie: affermazione, negazione, limitazione; 3) secondo la relazione: categorici, ipotetici, disgiuntivi; categorie: sostanza e accidente, causa ed effetto, azione reciproca; 4) secondo la modalit: assertori, problematici, apodittici; categorie: realt, possibilit, necessit. Ad esempio, nel giudizio questo sasso pesante sono applicate le categorie dellunit, dellaffermazione, della relazione sostanza/accidente, della realt. Lintelletto ha la facolt, dunque, di trasferire sul piano concettuale lintera area dellesperienza sensibile. Del resto, da avvertire che non si ha unesperienza semplicemente sensibile e che nella percezione di un oggetto si ha lintervento dellintelletto, che consente di esprimere un determinato giudizio in cui la percezione assunta (ad es. io dico c un sasso). Kant, per meglio chiarire la sussunzione degli elementi sensibili nellarea concettuale, elabora la dottrina dello schematismo trascendentale. Gli schemi trascendentali sono elementi puri che derivano dallintegrazione tra le intuizioni pure dello spazio e del tempo e le categorie. Cos lo schema trascendentale relativo alle categorie di quantit il numero, quello relativo alle categorie di qualit il grado, quello relativo ai categorie di relazione costituito dai concetti di permanenza, successione e contemporaneit, quello relativo alle categorie di modalit costituito dai concetti di esistenza in un tempo determinato, esistenza in un tempo indeterminato, esistenza in ogni tempo. E, in particolare, lintuizione del senso interno, cio il tempo, che viene in tal modo configurata secondo modalit espresse dalle categorie.

Infine Kant esamina quei giudizi che, nellambito della conoscenza del mondo fenomenico, esprimono le condizioni generali di ogni conoscenza obiettiva e, dunque, costituiscono i princpi della stessa fisica. La fisica teorica, sostanzialmente, per Kant, si riduce a queste proposizioni. Lintera organizzazione dellesperienza, dunque, orientata dalla struttura trascendentale dellio e Kant chiama Io penso tale struttura nella sua totalit e unit organica. E, infatti, in virt di questa fondamentale unit dellio, che lintera struttura trascendentale costituita e articolata in modo da consentire lo sviluppo dellesperienza e della conoscenza scientifica. Cos il mondo fenomenico appare come un mondo regolato da leggi, cio come una dimensione in cui i fenomeni accadono secondo una regolarit costante e rapporti quantitativi esattamente definibili. Al di l del mondo fenomenico, Kant ammette il noumeno, cio il mondo della realt in s, che rimane inconoscibile (in quanto irriducibile alla sfera dellesperienza). Nella Dialettica trascendentale, infine, Kant esamina il problema della metafisica. Accertata ormai la distinzione tra scienza fenomenica e metafisica, Kant avverte il bisogno di pervenire a qualche conclusione intorno alla possibilit e alla natura di una conoscenza speculativa. Infatti, da riconoscere che lesigenza di andare oltre i limiti della conoscenza fenomenica e di conseguire unidea della realt in s talmente forte, che se ne deve ammettere la legittimit. Cos si spieha, secondo Kant, lavventura della metafisica. La ragione umana, anzi, indotta a ritenere che, oltre i limiti dellesperienza sensibile, la sua capacit conoscitiva possa esplicarsi liberamente e con risultati di completa verit e certezza: essa, in questa sua convinzione, avverte Kant, simile alla colomba che pensa di poter volare meglio senza la resistenza dellaria. Ma quei risultati, ai quali si perviene per via puramente speculativa, non avendo nessun sostegno nellesperienza, non hanno nessuna validit scientifica e, tuttal pi, rappresentano sono delle idee regolative, cio delle esigenze ideali di rappresentazione della realt, che indicano lorientamento della ragione stessa verso un sapere totale ed esprimono le modalit ideale secondo cui un tale sapere potrebbe articolarsi. Kant esamina, quindi, lo stato della metafisica razionale nella cultura del suo tempo, cio della metafisica articolata nei rami della cosmologia razionale, della psicologia razionale e della teologia razionale, in quanto essa affronta i problemi delluniverso nella sua totalit, dellio come realt sostanziale, di Dio come fondamento assoluto. Nello sviluppo dellidea cosmologica (relativa alla cosmologia razionale) Kant avverte che la ragione non pu fare a meno di formulare coppie di tesi contrapposte, che egli chiama antinomie. Queste riguardano: 1) la quantit spazio-temporale; 2) la qualit spazio-temporale; 3) la relazione causale; 4) le modalit dellesistenza; e si esprimono nelle seguenti coppie di proposizioni. 1) a) il mondo ha un principio nel tempo e un limite nello spazio; b) il mondo infinito nel tempo e nello spazio; 2) a) tutto nelluniverso composto di parti semplici; b) non esistono elementi semplici, ma tutto nelluniverso e composto e la materia divisibile allinfinito; 3) a) la catena delle cause rimanda a un cominciamento spontaneo che causa di s; b) nella natura tutto avviene secondo il principio della concatenazione causale; 4) a) nella serie delle cause si deve ammettere uno stato di necessit; b) nellordine causale tutto accidentale e nulla necessario. Intorno a queste tesi le argomentazioni seguono il metodo classico della dialettica, in cui lo sviluppo di una dimostrazione razionale avviene in contrapposizione a un ragionamento opposto. Nello sviluppo delleidea psicologica (relativa alla psicologia razionale) Kant rileva che, in tale ambito, il ragionamento classico che viene seguito quello sillogistico, che consiste nel dedurre una conclusione da due proposizioni poste come premesse. Per i ragionamenti che generalmente vengono sviluppati per dimostrare la sostanzialit, la semplicit e limmortalit dellio pensante in realt risultano dei falsi sillogismi, che Kant chiama paralogismi. Si ha il seguente schema di ragionamento (per dimostrare la sostanzialit dellanima): 1) lio pensante soggetto; 2) il soggetto sostanza; 3) lio pensante sostanza. In questo sillogismo, nella prima premessa il termine soggetto assunto nel significato di ente reale (il soggetto in quanto entit individuale); nella seconda premessa lo stesso termine , invece, assunto come termine logico della proposizione (si vuol dire, cio, che nella proposizione il soggetto logico funge da sostanza, mentre il predicato funge da attributo o accidente); data, perci, lambiguit del termine soggetto nelle due premesse, ne consegue che la conclusione illegittima e lintero ragionamento inquinato da un vizio che lo rende sostanzialmente falso. Cos Kant mette in rilievo linfondatezza dellidea dellio pensante (anima) come sostanza spirituale (dunque semplice, incorruttibile e immortale). Ci che, dal punto di vista del criticismo, si pu affermare intorno allio ci che viene sviluppato in sede dindagine intorno alla struttura trascendentale dellio medesimo: lio, cio, appare come il legislatore della natura, il principio soggettivo che

contiene le forme a priori di ogni esperienza e, perci, della stessa costituzione oggettiva del mondo fenomenico. Riguardo, infine, allidea teologica (relativa alla teologia razionale) Kant sottopone a esame critico le prove tradizionali dellesistenza di Dio: la prova ontologica, che intende dedurre lesistenza di Dio dallo stesso concetto di essere massimamente perfetto (largomento di S. Anselmo, ripreso da Cartesio), si basa su una illegittima assunzione dellesistenza come attributo; invece, per Kant, lesistenza una condizione di realt che qualsiasi ente pu possedere o meno (indipendentemente dalla sua natura o costituzione sostanziale), per cui neppure dellente massimo essa pu venire semplicemente attribuita come una qualsiasi qualit; le prove cosmologiche che intendono risalire a Dio dalla constatazione dellordine relativo e imperfetto del mondo (e cio dalla concatenazione delle cause fino a una causa prima e a una causa finale, dal pi o meno perfetto a una perfezione assoluta, dal bene relativo a un sommo bene, e cos via) si basano su una illegittima estensione di alcuni concetti (come il concetto di causa), la cui validit limitata allordine fenomenico, a una realt che, invece, oltrepassa radicalmente tale ordine e si pone in una sfera di fondamentale assolutezza. I problemi della metafisica, dunque, non possono essere soddisfatti dallimpostazione che ad essi viene data nelle correnti tradizionali della filosofia; essi implicano unimpostazione diversa, alla quale Kant intende solo aprire la via e il cui sviluppo sar compito della filosofia successiva (in modo particolare dellidealismo). Nel 1785 Kant pubblicava i Fondamenti di una metafisica dei costumi e nel 1788 la Critica della ragion pratica, opere dedicate al problema morale. Attraverso limpostazione di questo problema, Kant riscontra lesigenza di una concezione della realt e delluomo, che sia coerente con un mondo (qual , appunto, quello delluomo) che non pu essere spiegato con le sole leggi fisiche. Il mondo morale, infatti, implica una interpretazione basata sul principio di libert e, dunque, in contrapposizione a quella che possibile sviluppare in sede di conoscenza scientifica (ove il principio di causalit rimanda allidea di un ordine necessario). I princpi a priori che fondano lattivit pratica delluomo (lattivit morale) risultano, pertanto, antitetici rispetto a quelli che fondano limmagine del mondo fisico e fenomenico.52 Il principio dellazione morale , in primo luogo, un principio di validit universale: esso un imperativo categorico, che impone una regola di comportamento che prescinde da particolari condizioni e non subordinata a nessuno scopo contingente. Limperativo categorico, infatti, si distingue dagli imperativi ipotetici, che, invece, sono regole pratiche relative al conseguimento di determunati scopi e non hanno validit universale (ad es. se vuoi conservarti in buona salute, segui i consigli del medico). Kant fornisce tre formulazioni dellimperativo categorico: 1) Agisci in modo che la norma della tua azione possa essere eretta a legge universale del comportamento pratico delluomo; 2) Agisci in modo da trattare gli altri sempre come fini e mai come mezzi; 3) Agisci in modo che la norma della tua azione possa essere assunta a legge universale anche dellordine della realt e dunque anche dellordine naturale. La legge morale, cos, appare come tale da non potere essere desunta da nessuna esigenza esterna ad essa e da non potere essere subordinata a finalit estrinseche. Il mondo morale interamente basato sullautonomia della legge morale. E il soggetto della morale, cio luomo, considerato come il fine stesso della sua azione e tale, pertanto, che in nessun caso pu essere subordinato a un fine diverso. In quanto il mondo morale espressione della libert e dellautonomia delluomo, esso non sottoposto alle leggi fenomeniche ed tale che per esso non valgono le leggi e le speigazioni fornite per il mondo fisico. Cos Kant condotto sul piano della metafisica. Il mondo morale finisce per configurarsi come quel mondo intelligibile, che, del resto, costituisce unidea costante dellintero sviluppo della riflessione kantiana. Nella Critica della ragion pratica lintegrazione metafisica mediante la tematica propria della riflessione intorno ai princpi della morale viene attuata in modo da accogliere concetti propri della stessa metafisica tradizionale, quali lidea di un ordine finalistico delluniverso, quella della sostanza spirituale dellio e quella di Dio come sommo bene. Sono i postulati della ragion pura pratica questi princpi metafisici che Kant riscontra sul piano della riflessione intorno alla fondazione trascendentale del mondo morale; essi riguardano, appunto, la libert, limmortalit dellanima, lesistenza di Dio. Il principio della libert unesigenza richiesta dallesistenza di un mondo autonomo qual quello dellattivit morale (che, come abbiamo visto, interamente sottratto alle condizioni della connessione causale e della necessit). Limmortalit dellanima unesigenza richiesta dalla necessit di attribuire una realt (diversa da quella fenomenica) al soggetto della morale: lio, come In realt, Kant presenta il mondo morale come il vero oggetto della metafisica e, in questo modo, si pu dire che abbia elaborato la prima fondamentale forma della filosofia idealistica, che, appunto, assume come realt assoluta la stessa sostanza etica, cio lo spirito libero che creatore del suo mondo. Lidealismo , secondo le indicazioni kantiane, la metafisica che considera il fondamento come dover-essere, principio di attuazione della realt etica.
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soggetto spirituale che non sottoposto alle condizioni fenomeniche, deve essere pensato come fornito di una realt e di unesistenza sovrasensibile. Inoltre si deve ammettere che i soggetti della morale costituiscano unideale comunit di spiriti, i cui membri sono rivolti verso lattuazione di un fine e dalle cui opere risulta, perci, costituito quellordine spirituale che Kant chiama regno dei fini, una sfera sovrastorica dominata dallattuazione del bene e giustificata, quindi, dallesistenza di Dio. Cos dedotto il terzo postulato, che appunto riguarda Dio come principio dellordine sovrasensibile. In tal modo Kant riconosce il primato metafisico dellordine morale: il bene, cio, costituisce, in quanto principio dazione, il fondamento metafisico della realt, che, piuttosto che consegnata a una dimensione definita, appare, invece, animata dal principio del dover-essere. Ci che fondamentalmente si configura come il principio della realt , dunque, lo stesso dover-essere come compito continuo, tendenza inesauribile allattuazione dl bene. La realt, piuttosto che una sfera definita una volta per sempre, appare come una dimensione sovrastorica (che per comprende il piano della storia) che continuamente attua il proprio fine e tende alla perfezione. Nel 1790 Kant pubblicava la terza delle sue opere fondamentali, la Critica del giudizio. Qui egli approfondisce ulteriormente il discorso sulle modalit di accesso a una considerazione della realt che, in qualche modo, superi la visione fenomenica, legata al determinismo fisico, e consenta un certo soddisfacimento dellesigenza metafisica. In particolare, Kant avverte il contrasto tra la visione deterministica della scienza fisica e la visione finalistica emersa nella Critica della ragion pratica e ricerca una via per superare tale dissidio e pervenire a una conciliazione fondata su una terza facolt spirituale (dopo quella conoscitiva e quella morale). Questa la facolt che si esprime nel giudizio riflettente, che Kant distingue dal giudizio determinante. Questultimo, infatti, quello proprio dellattivit conoscitiva: il esso il particolare empirico assunto nelluniversale delle categorie. Invece il giudizio riflettente riguarda una situazione in cui il particolare (gi assunto nelluniversale dal punto di vista della determinazione) deve essere assunto in una ulteriore e diversa forma universale; ma qui luniversale non raggiunto su un piano diverso e distinto dalla stessa forma sensibile, ma risulta da una condizione spirituale che si accorda a questa, che, dunque, nella sua particolare forma sensibile determinata, acquista un valore universale. Kant distingue due tipi di giudizio riflettente: il giudizio di gusto, che determinato dalla facolt del piacere e dal senso trascendentale del bello, e il giudizio teleologico, che riguarda la valutazione della causa finale. Il principio del piacere stabilisce una corrispondenza armonica tra la forma delloggetto sensibile (in quanto produce una percezione) e lesigenza interna di organizzazione della percezione stessa (nel senso che il soggetto esprime una reazione positiva e soddisfacente alla percezione prodotta dalloggetto); e ci in base al sentimento del bello che regola, appunto, la richiesta percettiva del soggetto e, dunque, valuta positivamente (o negativamente) la percezione. Il giudizio di gusto riguarda la valutazione delloggetto percepito in rapporto a queste esigenze e istanze spirituali; esso, cio, indica come il sentimento del bello si articola in rapporto alla percezione degli oggetti, tanto che sono gli oggetti stessi che, infine, sono giudicati belli, cio costituiti da elementi armonici. Qui lo spirito appagato dalla visione delloggetto e non avverte il bisogno di alcun rimando e riferimento ad altre forme dellesperienza: lattivit basata sul sentimento del bello e dunque sul piacere che procurato dalla visione delle forme della realt di per s autonoma e si sviluppa sulla base di un principio proprio. In questo modo Kant giustifica, ad esempio, la piena autonomia dellarte rispetto alle istanze conoscitive o morali (pur tenuta presente la fondamentale unit del soggetto). Accanto al sentimento del bello Kant pone, con funzioni analoghe, il sentimento del sublime, riferito agli aspetti dellillimitatezza quantitativa (il senso dello smisurato, proprio del sublime matematico) oppure della infinita forza della natura (sublime dinamico).53 Il giudizio teleologico riguarda la finalit intrinseca agli oggetti. Kant esamina analiticamente lidea di una finalit intrinseca alla natura, anticipando quella visione che sar specialmente sviluppata nella visione romantica. La natura appare qui ordinata e animata da interni princpi di organizzazione finalisticamente

Coi concetti di bello e di sublime Kant dimostra di comprendere, nella sua valutazione, i princpi propri dellestetica classica e di quella romantica. Infatti, il concetto del bello corrisponde alla definizione tradizionale e classica, secondo cui la bellezza non altro che laspetto sensibile della perfezione ideale; mentre il concetto del sublime corrisponde al senso romantico dellindefinito e alla tensione che spinge continuamente lo spirito verso il continuo superamento delle posizioni raggiunte. In questa seconda prospettiva estetica espressa la stessa irrequietezza spirituale, la tensione dinamica verso una totalit che non si possiede mai in modo definitivo: questa tensione che si rispecchia nelloggetto e lo fa apparire sublime, tale, cio, da oltrepassare ogni visione definita e racchiusa entro contorni e lienamenti precisi e determinati.

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orientati. Secondo questa prospettiva tendono a cadere i motivi di contrapposizione tra la natura e lo spirito.54

La filosofia di Kant non riusciva a superare la visione delluomo come costituito da facolt distinte, ognuna fornita di princpi costitutivi propri e, dunque, di autonomia; tuttavia essa era attraversata dal problema dellunit e della totalit delluomo. Infatti, la stessa considerazione delle tre facolt fondamentali e lesigenza di fornire una filosofia come critica della struttura trascendentale relativa a ciascuna di esse sono indicative di un motivo pi profondo, che si riveler in seguito, nella successiva filosofia idealistica, come comprensione dellunit dialettica dello spirito. In altri termini, vogliamo dire che solo lo sviluppo di una nuova metafisica poteva soddisfare la stessa esigenza unitaria che si pu riscontrare gi nella filosofia kantiana. Kant ancora si era limitato allo sviluppo di una prospettiva critica e, con gli strumenti di tale indagine, poteva conseguire certi risultati, che, sia pure ancora limitati e problematici, costituiscono un punto di approdo di notevole portata storica, una svolta che segna il passaggio dalla filosofia moderna alla problematica del pensiero contemporaneo. Luomo moderno, in realt, appare ancora scisso e la sua esperienza si svolge e si articola in campi separati di attivit; luomo contemporaneo tende, invece, a recuperare ununit fondamentale, superando le interne lacerazioni e divisioni e instaurando una armonia dinamica tra le diverse esigenze spirituali. Kant ha avuto il merito di indicare con chiarezza il fine storico della instaurazione di un mondo delluomo, caratterizzato dalla libert spirituale e dallaccordo tra sensibilit e ragione e rivolto verso la costituzione di una comunit animata da una interna adesione alla superiore e universale legge morale. La fondazione di un ordine umano universale, basato sulla costituzione trascendentale del soggetto, rappresenta il senso complessivo dellintero pensiero kantiano e la sua eredit attuale. Tutta la filosofia contemporanea, come stato notato, in gran parte determinato dalleredit di Kant e dalle interpretazioni che il pensiero dellOttocento ha creduto di poter dare della critica kantiana (E. Paci, La filosofia contemporanea, Milano 1974, p. 7). Lidealismo ha sviluppato lesigenza kantiana della rifondazione della metafisica; le correnti di opposizione a questa filosofia hanno ripreso il motivo kantiano della problematicit dellesperienza umana. Nellambito della scuola neokantiana di Marburgo il kantismo stato assunto come analisi dei princpi formali puri che rendono possibile lesperienza scientifica (con riferimento anche alle scienze storiche e sociali, per le quali appariva insufficiente il principio positivistico dellestensione al mondo umano del determinismo causale). I filosofi del nostro secolo hanno in modo diverso dialogato con Kant: Heidegger, ad esempio, ha ricondotto la struttura trascendnetale allattivit temporalizzatrice delluomo e, quindi, al progetto esistenziale (e per cui la conoscenza una funzione di questo progetto); e L. Goldmann ha interpretato la rivoluzione trascendentale come il tentativo di instaurare un umanesimo assoluto.

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CAPITOLO XX Romanticismo e idealismo


Il romanticismo
Il romanticismo si svilupp attraverso il concorso di due movimenti culturali che dominavano il clima spirituale della Germania tra il 1770 e il 1790: lo Sturm und Drang e la corrente neoumanistica e neoclassica. Esso, pertanto, attuava una nuova sintesi, unendo istanze spirituali diverse e opposte. Lo Sturm era una forma di irrazionalismo e vitalismo, che esaltava lespansione delle energie spontanee dello spirito e si proponeva di assalire con impeto gli ordinamenti costituiti nei vari campi (nellarte cos come nella societ): esso esprimeva unaperta avversione allilluminismo e al predominio della cultura francese; e il suo influsso si manifest specialmente nel campo letterario, con la produzione di opere libere dagli schemi della poetica classicistica. In particolare, si richiamava a una concezione della natura opposta a quella matematizzante della scienza moderna, cio intesa come vitalit infinita e inesauribile processo di creazione e trasformazione, e della quale espressione eminente luomo, che, pertanto, non pu essere ridotto alla sola dimensione della ragione, ma, piuttosto, va considerato come fonte di passioni violente, di traboccante immaginazione e volont rivolta a infrangere regole e freni sociali. Al centro di quella nuova estetica cera il concetto del genio creativo, che, in nome dellarte, prescinde da ogni norma stabilita e si pone come assoluto creatore. Cos cadono gli schemi normativi dellestetica classicistica: il genio, infatti, crea al di l di ogni norma; egli stesso creatore di forme significative e non imitatore della natura, che comprende un sistema di forme definite. La trasfigurazione dello Sturm nella nuova spiritualit romantica avviene attraverso ladattamento ad esso delle istanze della misura, dellordine e della disciplina del gusto, proprie della visione neoclassica. Il genio creatore che d luogo a forme artistiche classicamente equilibrate rappresenta lespressione tipica di questa spiritualit. La cultura tedesca, sotto linflusso della filosofia kantiana e del neoclassicismo, doveva ben presto raggiungere questo nuovo livello di equilibrio spirituale. In particolare, si trasse un suggerimento dallosservazione della natura, che, nel suo sviluppo, segue leggi inflessibili e appare animata da una interna forza formatrice e da un principio organizzativo. In questo modo, nella concezione dellarte, lattenzione si spostava verso lo stesso interno processo creativo della natura, visto come uno sviluppo unitario, il cui significato tocca allartista svelare. Larte, perci, ha il compito di rivelare ci che locchio comune non vede, quelle forme che losservazione non riesce a cogliere e che si produco allinterno del processo vitale della natura e della storia. Essa coglie la vita interna delle cose, il loro significato essenziale, linterno legame che le unisce in un sistema unitario e fa s che insieme costituiscano un unico disegno metafisico. In questo senso, larte non rappresenta le forme apparenti, mutevoli e contingenti, bens quelle forme ideali che insieme costituiscono il sistema della vita della natura e dello spirito. Su questo terreno la visione romantica sincontrava con quella neoclassica del Winkelmann.55 Rappresentare linfinito, cio lessenza o la forma eterna, che al di l delle manifestazioni contingenti in cui essa si rivela: questa laspirazione romantica che deriva dalla stessa matrice dello Sturm; trovare il modo di dare espressione compiuta a questa forma: ci , piuttosto, lesigenza neoclassica. La concezione estetica di Humboldt, in particolare, esprime e realizza questa equilibrata fusione di elementi romantici e neoclassici.56 Per Humboldt, il campo dellarte e della poesia limmaginazione. Limmagine poetica trasferisce su un piano atemporale gli oggetti dellesperienza, in modo da produrre illusioni profonde e durevoli di verit. Limmaginazione in tal modo ci libera dallesistenza degli oggetti e

55 La giovinezza di Winkelmann aveva preceduto lesplosione dello Sturm, ma ne portava gi in s i segni precursori. Anche lui aveva avuto il sentimento delloscura forza creatrice del genio, anche lui aveva aderito a unestetica dellespressione naturale. La successiva accentuazione dellideale classico non perci accademismo, reazione contro il pericolo che un eccesso di forza o unesuberanza di espressione turbi lequilibrio della bellezza. Ci che egli mostra di pregiare nei greci appunto il senso del limite e la capacit di realizzare linfinito nel finito, il movimento nellimmutabilit (G. De Ruggiero, Let del Romanticismo, p. 67). 56 Questa concezione esposta in uno studio sullo Hermann und Dorothea di Goethe e in numerose lettere a Schiller e allo stesso Goethe.

dai sentimenti e dai bisogni che sono collegati ad essi, in modo che la nostra attenzione rivolta alle forme poetiche. Per Hamann, la natura un sistema di simboli attraverso i quali Dio si rivela e che occorre interpretare con laiuto della fede. Cos il ritmo, che fondamento della poesia e della musica, lelemento essenziale della vita delle cose; e la musica, assimilata al ritmo come legge universale dei fenomeni, la forma pi originaria di linguaggio. Larte, in questo senso, imitazione del linguaggio originario in virt del quale luniverso stato creato e della cui sostanza risulta costituito. Gli studi di Herder sul linguaggio e sulla poesia popolare e primitiva hanno determinato in Goethe il convincimento che la poesia debba considerarsi come una dote del mondo e non come un patrimonio particolare di alcuni individui pi colti. La dottrina goethiana dellarte si sviluppa parallelamente alla concezione della natura. La natura e larte hanno in comune il fatto che, in entrambe, ogni forma individuale espressione simbolica delluniversale, e, inoltre, che la forza attiva opera nello stesso modo, sicch il genio non imita la natura, ma crea esso stesso come la natura. Schiller ha elaborato un originale nucleo di pensiero estetico nei suoi tre scritti filosofici fondamentali: Grazia e dignit, Lettere sulleducazione estetica delluomo, Poesia ingenua e sentimentale. Egli ha cercato, in primo luogo, di superare lopposizione kantiana tra sensibilit e ragione morale, mostrando la profonda unit tra linclinazione al bello e lassoggettamento degli impulsi sensibili alla disciplina morale. Secondo la sua prospettiva, la condizione di interna scissione che produce nelluomo quella opposizione, che assume la forma di un insanabile dualismo. Luomo moderno, diviso nelle sue facolt e scisso rispetto allunit della sua natura, vive questa condizione, causata specialmente dal sistema politico. Lunit umana pu essere ristabilita attraverso uno strumento educativo adeguato; e questo identificato proprio nellarte, la quale compone in unit i due impulsi che agiscono nellindividuo, quello sensibile, soggetto allo scorrere del tempo e variabile, e quello rivolto verso la forma, che consente di fissare lenergia vitale in caratteri permanenti della personalit. Il soggetto cos formato dominato da un impulso unitario che si configura come impulso al gioco, mediante il quale egli plasma liberamente se stesso e il mondo, in modo che tra i due termini non vi sia pi contrapposizione. Il mondo cos creato dalluomo ha gli stessi caratteri di armonia e bellezza che luomo riconosce in se stesso. Nel saggio sulla poesia, Schiller osserva che la poesia antica ingenua, in quanto lautore esprime con immediatezza i suoi pensieri, e la poesia moderna, invece, riflessiva, in quanto luomo tende a tornare alla natura attraverso la cultura e le idee; e vede il modello perfetto di poesia nel romantico/sentimentale configurato come sforzo riflessivo per riconquistare lingenua immediatezza dellispirazione. Federico Schlegel riconosce la superiorit della poesia moderna, alimentata dallentusiasmo e insieme tesa verso il conseguimento di livelli sempre pi maturi di riflessione. Il poeta deve dare forma alla sua ispirazione; ma deve cercare di conseguire una forma sempre pi adeguata. La poesia romantica quella che, appunto, esprime questa continua aspirazione alla forma compiuta: in questo senso, lironia consente il continuo superamento di ogni posizione raggiunta, nella direzione di unarte che sempre di pi ingloba in s la scienza e cio di una espressione in cui poesia e filosofia sono unite.57

Ci F. Schlegel indica come una poesia universale progressiva. Il suo fine egli scrive non solo quello di riunire nuovamente tutti i separati generi poetici e di porre in contatto la poesia con la filosofia e la retorica; ma essa vuole, e deve anche, ora mescolare ora combinare poesia e prosa, genialit e critica, poesia darte e poesia ingenua, render viva e sociale la poesia, poetica la vita e la societ, poetizzare lo spirito, riempire e saturare tutte le forme dellarte col pi vario e schietto materiale di cultura []. La poesia romantica ancora in divenire; anzi, questa la sua vera essenza, che pu solo divenire e mai essere []. Essa sola infinita, come essa sola libera, e riconosce come sua legge questa sola: che larbitrio del poeta non soffra legge alcuna (Fr. 97 dellAthenaeum). Lattivit riflessiva presente nella poesia, in quanto questa, in ci che rappresenta, misura anche se stessa, la sua funzione e il suo limite. La poesia, cio, lespressione dello spirito giunto alla piena consapevolezza di s. Il momento critico presente sia nella filosofia che nella poesia: lo Schlehel riconduce, cos, a una medesima matrice le due forme spirituali, fino al punto di prospettare la loro unione (nel senso che non si d filosofia che non sia anche poesia, e viceversa). F. Schlegel vede nel suo tempo attuarsi la compiuta forma della poesia filosofica e vede nella filosofia idealistica la corrente che pu fornire alla poesia il contenuto adatto (come nellantichit la mitologia ha fornito la materia a quei poeti ancora ingenui, cio capaci di rappresentare, senza spirito critico o riflessivo, quelle figure). Dallidealismo la poesia avrebbe tratto il suo materiale, improntato a un realismo simbolico e mitologico (in cui, cio, le figure rappresentano le idee, mediante le quali il soggetto comprende le grandi componenti della realt spirituale). La poesia deve alimentarsi, comunque, di mitologia, di figure fantastiche, trasfigurando ci che reale e storico. Lo Schlegel pensa, oltre che a Goethe (che gli sembra lunico contemporaneo che abbia attuato lideale della poesia romantica), ai pi grandi tra gli autori moderni, a Shakespeare, a Cervantes, a Dante e Ariosto. Per lo stesso motivo, egli rivaluta la religione e stabilisce un fondamentale nesso tra filosofia, poesia e religione (Organo per cercare e scoprire questa reliigone la filosofia, e chi lha scoperta parler il linguaggio della poesia). Le attivit e le espressioni della vita spirituale, cos, si muovono insieme e si compenetrano in un circolo unitario. Rendete umana la vasta vita e avrete fatto abbastanza; ma senza un elemento divino nno giungerete mai allaltezza dellarte e alla profondit della scienza. Tutto, cos, si compenetra di religiosit: La religione deve circonfluire da per tutto, come

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La fondazione dellidealismo Col romanticismo ritorna lesigenza di una filosofia come scienza del reale nel suo fondamento e nella sua totalit. La filosofia moderna era pervenuta a una prospettiva critica, per cui si rimuoveva (o almeno si sospendeva) il problema metafisico, considerandolo una illusione della ragione. La conoscenza limitata, per Kant, al mondo fenomenico, che costruito sulla base della costituzione trascendentale del soggetto, in primo luogo sulle coordinate dello spazio e del tempo e sulle categorie. Nellambito della cultura romantica, dominata dal problema del rapporto tra il finito e linfinito, la comprensione della totalit del reale costituisce unesigenza primaria e lidealismo elabora, appunto, in modo sistematico la concezione della realt come infinito sviluppo di un principio spirituale, configurato come Io o come Assoluto o come Spirito. La filosofia moderna, e con essa lo stesso Kant, considera la realt come una sfera separata rispetto al soggetto, per cui permane la grande difficolt di poterla comprendere nella sua effettiva costituzione. La comprensione del reale avviene sempre in base alle modalit del pensiero, che appartengono al soggetto; e cos anche per i razionalisti la realt viene compresa come una dimensione oggettiva, cio come loggetto delle idee chiare e distinte. Si muove dal presupposto di una fondamentale corrispondenza tra il soggetto razionale e la realt, costituita come un sistema di cause ed effetti. Cos, infine, per Kant il mondo fenomenico modellato dalla ragione pura, che imprime ad esso una forma e gli d delle leggi. Lidealismo intende superare la prospettiva della separazione del reale dal pensiero: il soggetto non si pone fuori della realt, ma si colloca allinterno di essa, come un principio che le intrinseco. Il pensiero identificato con lo stesso principio della realt. Cos la comprensione del reale avviene allinterno del reale stesso, come una modalit del suo sviluppo. Infatti lattivit teoretica e quella pratica sono viste come due aspetti di un unico processo. Lattivit rappresentativa, come osservava il Reinhold, fondamentale, poich nno vi pu essere posizione del reale che non sia implicitamente un atto di comprensione; il reale posto in virt dellatto rappresentativo in cui essa originariamente si costituisce e si fonda. Il principio, che si sviluppa come il reale medesimo, si rappresenta attraverso il pensiero che gli intrinseco ed attraverso questa rappresentazione che esso si pone. Lidea , dunque, la fondamentale posizione del reale. Il reale si pone come un S, in virt del suo autorappresentarsi. La conoscenza non latto di un soggetto che trova la realt di fronte a s, come un altro, bens una condizione del reale stesso, un aspetto dello svolgimento del reale. Tutto ci rappresenta una svolta nel pensiero moderno, il quale gi si muove sulla base dellidea di una stretta connessione tra il pensiero e la realt, che, tuttavia, si risolve nel senso delloggettivit cartesiana o in quello della soggettivit empiristica e humiana (si pu dire anche kantiana). Lidealismo elimina il concetto di una realt in s, posta indipendentemente dal pensiero; dunque risolve quella connessione nel senso dellidentit. Infatti esso muove proprio da una diversa interpretazione del principio didentit, inteso non pi come certificazione della realt da parte del pensiero (sulla base del rapporto gnoseologico), ma come autoriconoscimento del reale in virt di un principio di pensiero ad esso immanente. Lidentit riguarda, cio, la connessione metafisica di soggetto e oggetto, di pensiero e realt. Il rapporto gnoseologico si tramuta in rapporto metafisico: il rapporto tra conoscente e conosciuto diventa identit metafisica dei due termini. Si tratta di un approfondimento e di uno sbocco della problematica fondamentale del pensiero moderno, la quale orientata in senso idealistico. Il tema dominante di questo pensiero , infatti, la centralit del soggetto, lassunzione (in definitiva) del soggetto come principio. In Cartesio gi il soggetto principio dellobbiettivit (la res extensa loggetto di unidea chiara e distinta e dunque termine di riferimento di una conoscenza certa). Per Spinoza il pensiero e lestensione sono due attributi della medesima sostanza, per cui si pu dire che questa metafisica rinasce nellidealismo nella forma di un pi rigoroso monismo. Anche negli empiristi troviamo un orientamento sostanzialmente idealistico: la realt si configura come complesso di idee e la conoscenza non va al di l dellattivit rappresentativa. Lidealismo attua, secondo i suoi rappresentanti, la vera prospettiva trascendentale, la quale non si limiterebbe a individuare i princpi a priori di costituzione delloggettivit fenomenica, ma riguarderebbe i princpi stessi di costituzione del reale come identit di soggetto e oggetto. Il pensiero non solo condizione dellapparire della realt, ma condizione del porsi della realt stessa. La priori, che regola lattivit del pensare, regola anche lo sviluppo del reale. In questo senso si giustifica lidentit hegeliana di logica e
lelemento suo proprio, lo spirito delluomo morale: questo luminoso caos di pensieri e di sentimenti divini ci che chiamiamo entusiasmo (Ib.).

metafisica. La vera prospettiva trascendentale implica la priori come condizione della costituzione (e dello sviluppo) del reale. Perci la prospettiva fenomenistica appare inadeguata e propria dellempirismo. Lo stesso tentativo di individuare una struttura trascendentale del soggetto rimanda a una soluzione metafisica, cio a una idea della priori non come semplice dimensione di un soggetto separato dalla realt, ma come principio costitutivo del reale stesso nella sua identit. LIo penso, che la priori fondamentale, costituisce gi il principio del reale, inteso come identit con la sua rappresentazione. Esso poteva essere una condizione sufficiente per superare la difficolt derivante dallidea della realt in s. Ma linterpretazione metafisica della costituzione trascendentale del soggetto non sarebbe stata condivisa da Kant. Il punto di vista critico impediva ogni soluzione metafisica e tratteneva lapriori sul piano della soggettivit, sia pure con lesigenza di superare la prospettiva empiristica. Si trattava, perci, di rimuovere la pregiudiziale antimetafisica, riconoscendo nellIo penso qualcosa che andava al di l dellesame critico della ragione. In questo senso, lidealismo lo sviluppo conseguente del kantismo (inteso non come puro criticismo ma come filosofia trascendentale, che ricerca la priori come principio di una realt che non separata dalla sua rappresentazione. Se la priori una struttura permanente e universale del soggetto, questo, configurato come Io penso, si presenta come il principio di tale realt. Il pensiero, in questo senso, non tanto e soltanto la riflessione sulla realt, ma la condizione di costituzione (organizzazione) e di sviluppo della realt. I princpi a priori e le categorie formali sono gli stessi princpi organizzatici del reale e che danno ad esso un senso. Perci lidealismo considera il reale non come un sistema gi definito (dunque come natura) ma come svolgimento e attuazione di s (dunque come storia). Questa prospettiva si presenta, tuttavia, con notevoli differenze nei grandi rappresentanti dellidealismo Fichte, Schelling ed Hegel. Fichte considera specialmente limpegno dei soggetti finiti (nei quali lIo assoluto si concretizza per attuare se stesso) nella lotta contro la natura (configurata come il non-Io, il limite che lIo stesso si impone per continuamente superarlo e attuarsi, cos, nel processo storico) per affermare la propria autonomia. Egli vede, cio, specialmente lo sforzo degli uomini per trasformare se stessi e il mondo nel senso dellattuazione di un ordine reale che sia sempre di pi il risultato di un progetto liberamente scelto. Si tratta, infatti, di ampliare sempre di pi lo spazio della libert, restringendo il dominio della necessit e del determinismo causale. In questo senso, il motivo dominante dato dallidea della realt come ambito dellattivit del soggetto, il quale procede incessantemente nellapprofondimento delle modalit teoretiche (conoscitive) e pratiche (morali, politiche, economiche, sociali) di assimilazione di ogni esteriorit alle condizioni trascendentali della propria costituzione (che coincidono in definitiva col fondamento nellIo assoluto). Realizzare, cio, sempre pi compiutamente lIo assoluto nel mondo il compito degli uomini ed il senso e il fine della storia. Ci troviamo, come si vede, di fronte al pensiero maggiormente attraversato da una tensione etica, continuamente protesa verso il dover-essere, cio verso una sempre pi compiuta attuazione dellessere delluomo (la cui dimensione trascendentale identificata con lo stesso Io infinito). In Schelling, invece, predomina lidea della natura come sfera spirituale gi interamente attuata; e perci lidealismo schellinghiano la pi coerente espressione filosofica del romanticismo. Infatti, per i romantici la natura non qualcosa di estraneo (o di opposto) allo spirito, ma un aspetto della identica realt che essenzialmente vita dello spirito. In questo senso, non ha pi ragion dessere il conflitto tra luomo e la natura. La natura appartiene gi al disegno della storia dellumanit. Tutto il processo naturale, infatti, proteso finalisticamente verso la configurazione della natura umana, sicch la storia non altro che lo sviluppo di questa natura (luomo che lespressione conclusiva del processo naturale). Per Schelling, la natura rappresenta la preistoria della coscienza e ci che avviene nella storia il fine rispetto a ci che avviene nella natura. In questo senso si giustifica lintervento delluomo sulla natura, anzi lo si ritiene come un fatto esso medesimo naturale. Tuttavia, la natura costituisce un valore per se stessa, per ci che essa , indipendentemente dalle trasformazioni apportate dalluomo (invece per Fichte la natura vera in quanto essa riportata alla sfera dellattivit umana e diventa strumento o prodotto della prassi). Nel romanticismo, perci, il sentimento della natura rappresenta uno dei motivi di pi profonda spiritualit. La natura una foresta di simboli: essa un complesso di significati, un cosmo ordinato secondo uno scopo, dunque linguaggio nascosto, un cifrario segreto da intendere e decifrare. Il pensiero e il linguaggio non appartengono solo alla coscienza, ma sono gi caratteri della natura; e larte e la poesia attuano la trasposizione sul piano dellespressione umana di questo linguaggio pi profondo e originario. Schelling ha compiuto anche un poderoso sforzo per seguire lo sviluppo storico di questa fondamentale intuizione della realt. Si tratterebbe, in fondo, di una concezione che appartenuta allumanit fin dalle pi remote epoche della sua civilt, e le cui tracce sarebbero visibili nelle credenze religiose, nelle mitologie, nelle istituzioni sociali, nelle opere poetiche, nelle forme di conoscenza e in tutte le altre manifestazioni in cui si

esprime una visione del mondo. Lumanit sarebbe vissuta generalmente in sintonia con la natura e solo nellet moderna se ne sarebbe allontanata. La caduta, tuttavia, il tentativo delluomo di fondare un dominio autonomo rispetto al resto della realt, la separazione dal Tutto, secondo Schelling, appartiene gi alle prime epoche della storia dellumanit ed un fatto che ancora pesa sul destino delluomo. Il riavvicinamento allUno, il ritorno, come si pu dire (in senso plotiniano), tuttora un problema, forse il problema cruciale, dalla cui soluzione dipende la nostra salvezza. Per questo motivo, la lettura delle ultime opere di Schelling pu risultare utile per lindividuazione di alcuni attuali nodi problematici che riguardano le modalit di alienazione delluomo nellet tecnologica. Per tanti aspetti Hegel propone le medesime tematiche schellinghiane da un punto di vista pi organico e sistematico, tanto che gli spunti problematici e critici sparsi qua e l specialmente nella Fenomenologia dello Spirito finiscono per perdere il loro significato originario e pi autentico nel successivo inquadramento dellEnciclopedia delle scienze filsoofiche. Forse il significato complessivo del sistema hegeliano pu essere individuato nellidea della continua e progressiva mediazione dialettica che ha come suo risultato laffermazione sempre pi ampia della razionalit nel mondo. Hegel adotta, infatti, il principio dialettico, per cui ogni momento presenta limiti e contraddizioni che vanno superati attraverso il confronto con un momento opposto, e in tale confronto si esprime e si attua la razionalit di entrambi, col passaggio a un momento sintetico di conciliazione. In ogni momento si tratta, perci, di vedere come si sia pervenuti alla risoluzione di alcune contraddizioni e come eventualmente altre non siano state ancora risolte: la coscienza della situazione dialettica costituisce il presupposto per lo sviluppo della storia nel senso dellattuazione di una sempre pi ampia razionalit. Questa, infatti, consente una pi completa risoluzione dialettica. Si potrebbe pensare, ad esempio, dal punto di vista hegeliano, che oggi lumanit abbia accumulato un surplus di contraddizioni (quelle connesse allo sviluppo della civilt della tecnica), per cui si tratta di vedere come uscirne, passando inevitabilmente ad altre contraddizioni. Infatti ogni soluzione costituisce un nuovo problema. In tale contesto di pensiero, probabilmente sar opportuno rivalutare la categoria di possibilit. Il processo dialettico d luogo a diverse soluzioni possibili, che dipendono dalle mediazioni messe in atto dalla razionalit e dagli elementi contraddittori ai quali esse si applicano. Si pu dire, in questo senso, che ogni particolare momento storico esige ed implica una sua particolare dialettica. Pu, possiamo a questo punto domandarci, la dialettica hegeliana costituire uno strumento efficace per la comprensione critica di ogni situazione storica?

Fichte

Fichte58 privilegia il dover-essere nella costituzione del reale. LIo assoluto, il reale come soggetto, si identifica col processo attraverso il quale esso si attua continuamente. Ci che conta, in ogni situazione, lo sviluppo futuro, la prospettiva della successiva attuazione: infatti questa anche progressiva conquista della libert. Anzi, lIo stesso, per potersi costituire come processo di continua realizzazione di s, ha dovuto porre laltro di s, il non-Io, la necessit della natura: cos si data una costituzione dialettica. Il problema, in ogni momento, il modo del superamento: come da una situazione di minore libert si possa passare a una forma desistenza caratterizzata da una maggiore autonomia. Luomo coinvolto in questo processo: egli porta in s il destino dellIo: Di qui linterpretazione dellesistenza umana come compito, come dovere e responsabilit del progressivo conseguimento di un livello pi alto di libert. Al filosofo spetta, daltra parte, il compito di indicare le successive tappe storiche. La conoscenza, in questo senso, si configura come consapevolezza della libert: il sapere unespressione dellautonomo potere del soggetto, che perviene alla consapevolezza di s; perci non c pi frattura tra soggetto e oggetto, non c altro che il soggetto che conosce se stesso, e se considera la natura perch intende conoscere i modi in cui qualcosa si oppone al suo sviluppo. Luomo assume consapevolezza dei limiti naturali che lo costituiscono e si adopera per essere sempre pi libero. La vita stessa esercizio di conquista di libert. Il significato di ogni evento storico consiste nel fatto che esso segna la conquista di certe modalit di essere liberi (sul piano morale, su quello politico, e cos via). Ci che conta, dunque, la condizione della libert; tutte le altre componenti sono strumenti: cos strumento della libert la tecnica, cos come la stessa scienza. E la libert si esprime nella capacit di agire autonomamente, senza condizionamenti esterni. Per Fichte, la religione una forma di rivelazione dello sviluppo dellIo: cos la liberazione annunciata dal cristianesimo la libert che si compie nella storia. C dellescatologia nel pensiero di Fichte: perci la seconda fase del suo pensiero dominata dal tema della rivelazione. La fede religiosa rafforza la fiducia nel compimento della libert; e nello stesso tempo proietta nel futuro la stessa dimensione storica dellesistenza. Ogni individuo non destinato a vedere compiuta la sua esistenza nei limiti della sua vita, poich egli continua a vivere nello sviluppo dellIo. Fichte intende specialmente sottolineare questa appartenenza allAssoluto, il fatto stesso che, infine, lo stesso individuo si annulla nella vita dellIo o nella storia dellumanit. Ci che conta, infatti, lo sviluppo futuro, ci che sar dopo: lindividuo vive specialmente non tanto nel presente, quanto gi nel futuro.

Nato nel 1762 a Rammenau nellalta Lusazia da una modesta famiglia di artigiani, Giovanni Amedeo Fichte da giovane si adatt a procurarsi i mezzi per studiare con lattivit di precettore. Dal 1788 al 1790 rimase a Zurigo, dove conobbe Giovanna Rahn, figlia di un mercante di cui frequent la casa e divenuta poi sua moglie. Nel 1791 presentava a Kant il manoscritto della sua prima opera Critica di ogni rivelazione. Il saggio fu pubblicato senza il nome dellautore, sicch fu attribuito a Kant, che dovette rivelarne la effettiva paternit. Cos Fichte acquist allimprovviso una grande notoriet, che gli procur la chiamata allUniversit di Jena nel 1794. Soggiorn a Jena fino al 1799 e quei cinque anni furono i pi intensi e fecondi. Nel 1794 scrisse la prima redazione della Dottrina della scienza e la Missione del dotto: la prima era il risultato del suo primo corso di lezioni, la seconda quella di un breve ciclo estivo di conferenze. LIo fichtiano divenne preso, nellambiente carico di entusiasmi romantici, il nucleo di una nuova concezione della vita, il simbolo dellattivit inesauribile dello spirito. Linsegnamento di Fichte diede luogo, nel 1799, a una controversia di argomento religioso: lidentificazione di Dio con lordinamento morale del mondo, messo in luce ed enfatizzato in un articolo da un allievo di Fichte, il Forberg, e pubblicato nel Giornale filosofico, fin per provocare un vero e proprio scandalo. Furono presentate pubbliche denunce contro quella tesi che sfiorava lateismo. Il governo della Sassonia, che era cointeressato nella gestione dellUniversit di Jena, chiese la punizione di Fichte e di Forberg. Il granduca di Weimar intervenne in modo che la questione avesse le minime conseguenze: infatti ci si limit a una censura rivolta ai due filosofi da parte del senato accademico. Fichte imprudentemente reag con sdegno, minacciando le sue dimissioni. Il governo accett quelle dimissioni, anche se non erano state presentate formalmente. Schelling subentrava nella cattedra di Jena. Fichte si rec allora a Berlino, dove pot far parte del circolo romantico che era animato dai fratelli federico e Augusto Schlegel e di cui facevano parte Novalis, Schleiermacher, Tieck. Nel 1805 pronunci i famosi Discorsi alla nazione tedesca. Venne quindi chiamato allUniversit di Berlino; ma nel 1814 improvvisamente moriva, in seguito a una febbre infettiva contratta dalla moglie, che prestava servizio in un lazzaretto da campo. Nel 1796-97 Fichte pubblic le parti della filosofia relative alla prassi: il Fondamento del diritto naturale e il Sistema della morale. Intanto attendeva a una continua rielaborazione della Dottrina della scienza: redazioni diverse di questopera si succedevano dal 1797 al 1813. Lesposizione del 1801 segna una svolta nellorientamento della filosofia di Fichte, che si viene caricando di unistanza teologica, per cui tende a recuperare il punto di vista dellessere assoluto, configurandosi come una specie di fenomenologia della rivelazione. Nel 1801 Fichte pubblic la Missione delluomo e lo Stato commerciale chiuso. Le opere I tratti dellet presente (1805) e lEsortazione alla vita beata (1806), in modo particolare, esprimono il nuovo orientamento filosofico-teologico. Del 1812 sono, infine, il Sistema della morale e il Sistema del diritto, che riesaminano i problemi relativi alla sfera pratica secondo il nuovo punto di vista.

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Fichte considerato il vero fondatore dellidealismo, il filosofo che ha portato a compimento il processo di superamento del criticismo, dando una soluzione adeguata ai due problemi che i continuatori di Kant avevano messo in rilievo: il superamento della contrapposizione tra soggetto e oggetto e leliminazione della cosa in s. Egli affronta, in primo luogo, la questione fondamentale del pensiero moderno e cio la difficolt connessa alla concezione di una realt autonoma rispetto al pensiero e individua il vizio dorigine di tutte le aporie nellimpostazione del principio didentit. Il pensiero, infatti, muove dal concetto di essere e dal principio secondo il quale va posta lidentit assoluta dellessere con se stesso. Secondo la formula tradizionale, il principio didentit espresso con la formula A=A (lessere identico a se stesso). Ma tale identit affermata dal pensiero che, essendo esterno e altro rispetto allessere, appare non legittimato a tale compito: vero, infatti, che lidentit posta secondo unesigenza puramente logica, cio secondo unesigenza intrinseca al pensiero stesso; ma come pu questo uscire da s e applicare allessere (che altro da s) un principio che esprime una sua istanza fondamentale? Che cosa il pensiero pu affermare dellessere in senso assoluto? Quel principio diventa legittimo nella condizione di una realt che non abbia bisogno di ricorrere alla mediazione di un principio esterno (il pensiero), cio nel caso che si possa porre un reale capace di affermare e riconoscere da s la propria identit. Un tale reale non pu configurarsi come lessere, poich questo diverso dal pensiero; esso, secondo Fichte, non pu configurarsi altrimenti che come Io (un Assoluto reale che abbia in s il principio del pensiero). Perci la formula adeguata del principio didentit questa: Io=Io. LIo (unit di essere e pensiero) la realt nella sua unit e assolutezza (dunque il vero principio metafisico). Il superamento del dualismo tra essere e pensiero, tra principio della realt e principio del conoscere, costituisce il primo atto di fondazione dellidealismo. Latto rappresentativo (lidea) costitutivo del reale e non si aggiunge dallesterno, ad opera di un principio diverso. In questo modo, il reale non si configura pi come un immobile essere (una perfezione gi compiuta) bens si caratterizza come un processo di pensiero in atto. LIo, perci, infinito sviluppo di s: il reale che via via attua se stesso, passando attraverso una infinita serie di mediazioni, in virt delle quali realizza progressivamente la sua identit. Esso, pertanto, si manifesta in innumerevoli forme finite di soggettivit. In quanto lIo infinito si attua determinandosi e delimitandosi, esso fornito di unintrinseca capacit di autolimitarsi: perci Fichte dice che lIo pone il non-Io, cio un principio ad esso opposto, come suo limite. Ci che caratterizza lIo , quindi, la tendenza a superare il limite costituito dal non-Io, attuandosi in forme finite e determinante sempre pi razionali. Questo superamento coincide con laffermazione di una sempre pi ampia sfera di libert del soggetto: perci lo sviluppo dellIo assume un carattere essenzialmente etico. Nel processo di svolgimento e attuazione dellIo conoscenza e azione, teoria e prassi si integrano e sintrecciano in modo indissolubile; e oggetto della conoscenza non una realt definita una volta per sempre nella sua stabile e immodificabile identit, bens la realt nel suo farsi continuo e nel suo progressivo divenire trasparente a se stessa. La conoscenza un aspetto del complessivo svolgimento dellIo. Per Fiche, che muove dallesigenza rilevata dal Maimon di intendere il rapporto tra il soggetto e il reale in s come rapporto tra la forma e il contenuto della conoscenza, questultimo non pu assumere laspetto della completa identit e risoluzione delluno nellaltro dei due elementi. Ma fondamentale la tendenza della coscienza a risolvere in s (nei princpi formali in base ai quali possibile la conoscenza) ogni dato. In questo modo Fichte ricerca anche la conciliazione tra ragione teoretica e ragione pratica (ancora opposte in Kant, luna con la sua esigenza scientifica che si risolve nella costruzione di un sapere fenomenico, laltra con la sua esigenza metafisica, tendente a superare i limiti fenomenici della prima). Lesigenza dello spirito di attuare progressivamente la risoluzione del dato nelle condizioni del conoscere il segno inconfutabile che la coscienza si riconosce in unattivit autonoma che ha in s i princpi della sua organizzazione. Questa esigenza si configura come un costitutivo dovere: la forma originaria dellIo si presenta come un compito di infinita affermazione ed attuazione di s. Ricondurre la variet mutevole e contraddittoria dei dati allidentit dellio, dare alla molteplicit empirica delle cose la forma del sapere: questo il compito in cui si riconosce lio come principio autonomo di costituzione della realt. Il reale assume via via la forma che la coscienza come attivit conoscitiva riesce a delineare. Nellaspirazione dellio a realizzare se stesso, listanza teoretica e quella pratica si identificano. La stessa forma del sapere, in quanto si esprime nellinfinito processo di risoluzione e di comprensione del dato, appare come unespressione del dovere pratico: questo, infatti, ordina che la ragione, con le sue leggi a priori, penetri via via lintera sfera della realt data. La stessa intuizione intellettuale dellIo autonomo che si realizza in un processo infinito connessa allidea di un agire che si sviluppa sulla base di un rapporto tra la situazione data e la condizione ideale, tra il mondo sensibile e il mondo intelligibile. Ogni io finito si riconosce in questo compito, nellagire che trasforma ogni dato reale in un termine del dover-essere.

Fichte il filosofo che ha maggiormente sviluppato lidealismo come filosofia del dover-essere. La realt nella sua totalit ha un senso, una direzione di sviluppo; e questo senso muove verso la progressiva risoluzione di ogni opposizione tra il soggetto e la realt e, dunque, verso la costruzione di un ordine conciliato e pacificato. Nella misura in cui il soggetto riesce a riportare il reale a s e a riconoscere nelle cose unespressione della sua libera attivit, si compie il passaggio da una situazione incomprensibile a una condizione che chiara per la ragione. Qui il dato rappresentato da tutto ci che rimane oscuro, imprevedibile, causale, mentre il conosciuto ci che non presenta aspetti di impenetrabilit per il pensiero. Ora, secondo Fichte, non si d mai una completa risoluzione delluno nellaltro, e ogni forma di conoscenza rimanda a qualcosa che deve essere ulteriormente indagato e ricondotto ad essa. Lattivit conoscitiva, nellio finito, muove dalla sensazione: essa, infatti, parte dalla constatazione di una realt esterna, come un dato distinto dal soggetto. La produzione originaria del non-Io, infatti, ha determinato questa condizione, lesistenza della natura come realt separata dal soggetto. Lio, il soggetto della conoscenza, deve via via, attraverso i suoi atti, riconquistare quella realt in cui lIo infinito si inconsapevolmente alienato. Cos la realt esterna viene via via ricondotta alle condizioni di sviluppo della conoscenza: essa gi nella sensazione appare, diventa fenomeno; e, ovviamente, le condizioni dellapparire appartengono alle modalit di sensazione del soggetto. Lapparire, pertanto, un primo gradino del processo di assimilazione della realt alle condizioni formali del conoscere. La fenomenicit si configura, in primo luogo, come un insieme di sensazioni separate, non unificate, disordinate e confuse. Il soggetto avverte qualit diverse (sensazioni visive, uditive, tattili e cos via) e le attribuisce a una realt esterna, dalla quale si sente condizionato e stimolato. Successivamente, il soggetto unifica tali sensazioni in complessi organizzati secondo le modalit formali della conoscenza; e cos si ha la rappresentazione di oggetti. Gli oggetti non sono altro che unit sintetiche di sensazioni; ma essi indicano un ulteriore passo nella progressiva assimilazione della natura esterna alle esigenze della soggettivit. La natura appare come un insieme ordinato di oggetti: il soggetto, cos, in grado di orientarsi nel labirinto del mondo naturale ed in grado di distinguere, determinare e precisare i vari aspetti della realt nei loro caratteri specifici. Il molteplice della sensazione unificato; ogni elemento percettivo inquadrato e sistemato in un insieme significativo. Cos si costituisce lesperienza come prima e fondamentale forma di conoscenza. A questo punto interviene lintelletto, che, a sua volta, ordina gli oggetti dellintuizione percettiva in un insieme logico, ove gli elementi sono connessi gli uni agli altri. Ora ogni oggetto sta in relazione con tutti gli altri oggetti; e lesperienza riguarda linsieme delle relazioni e il loro sviluppo. Le cose sono conosciute proprio in rapporto al sistema di relazioni in cui sono inserite. Spazio, tempo, categorie kantiane sono le strutture di cui lintelletto si serve per stabilire relazioni tra gli oggetti e configurare, cos, un sistema ordinato dell'esperienza. E proprio questo sistema di relazioni che consente di dominare le cose: lesperienza ordinata gi di per s una tecnica. Infatti si sa che determinate relazioni producono determinati fenomeni: luomo, perci, intervenendo nel sistema dei rapporti tra le cose, influisce sullo sviluppo della natura fenomenica. Lesperienza, infine, riguarda queste modalit dintervento: essa si traduce in prassi. Lesperienza, in definitiva, la prassi come uso di un insieme di tecniche dintervento attivo delluomo sulla natura. Un ulteriore gradino nello sviluppo dellattivit teoretica costituito dal giudizio. Il soggetto giudica intorno allesperienza gi costituita: esso riflette sul mondo dellesperienza, sulla sua struttura e articolazione e sullattivit che lo fonda e lo configura. Attraverso questa riflessione, il soggetto scopre che il mondo dellesperienza un prodotto dellattivit teoretica del soggetto, e che perci il sistema delle leggi, delle relazioni e degli oggetti stessi riflette la costituzione trascendentale dellio. Tutta la sfera naturale ricondotta alle condizioni del soggetto; essa non pi vista come una realt autonoma, separata dal soggetto. Nellultimo gradino dellattivit teoretica, cio nella conoscenza filosofica, il cui organo la ragione, lintera realt si presenta come sviluppo dellIo. Cos come solo reale si rivela il mondo morale, la sfera di attuazione della libert dellIo. Le modalit in cui si organizzano le relazioni tra gli uomini costituiscono il reale tessuto storico, che ha senso, direzione di sviluppo, finalit (verit). La scienza filosofica dei rapporti tra gli uomini , perci, il nucleo dellintera opera di Fichte, che, almeno nella prima fase del suo pensiero, rimane fermo allidea del primato della morale e del significato etico dello sviluppo dellIo. lintera realt assume un significato morale: ci che conta lattuazione del regno della libert. La storia ha questa direzione: essa orientata verso la sempre pi completa instaurazione del regnum hominis. Il mondo degli uomini la sola e vera realt significativa: esso lo stesso scenario di attuazione dellIo infinito; ma uno scenario in cui i soggetti sono finiti ed esprimono modalit problematiche

di conquista della consapevolezza e della libert, per cui ci che occorre rilevare la tensione morale, lo sforzo per la liberazione, la lotta per il superamento degli ostacoli opposti dalla natura (che si esprime anche al livello degli impulsi sensibili). Lo sforzo di Fichte teso alla comprensione del mondo storico e alla indicazione di direttive progettuali che la stessa situazione storica richiede e sollecita. Il filosofo deve, infatti, cogliere e identificare la direzione del dover-essere; deve comprendere il nesso dialettico tra reale e ideale, tra essere e dover-essere, cio capire e portare alla chiarificazione concettuale il senso dello sviluppo storico. Perci Fichte considera lidealismo come la filosofia propria di unepoca destinata ad attuare la conquista della libert da parte delluomo. Cos trovano una precisa collocazione nel sistema fichtiano opere come La missione del dotto, che contiene le pi lucide riflessioni sul compito e sulla funzione degli intellettuali nella societ. Ma la base teoretica del lavoro e dellintervento dellintellettuale costituita dalla scienza della morale e della politica. Perci il nucleo del sistema fichtiano costituito dal sistema della morale e dal sistema del diritto. Lo Stato la forma compiuta di organizzazione che corrisponde alle esigenze di sviluppo dei rapporti intersoggettivi. Tali rapporti, infatti, possono avere una loro giustificazione e origine nella sfera dei bisogni, negli stessi impulsi sensibili: e su tale base essi assumono la configurazione di rapporti sociali. La sfera sociale, per, non sufficiente a costituire linsieme dei rapporti tra i soggetti: questi trovano la loro precisa regolamentazione nella sfera politica. Ma neppure questa riesce ad attuare la natura umana come sfera autonoma, capace di autoregolarsi. La politica, perci, assume significato solo in rapporto alla moralit, che espressione della libert umana. Lo Stato deve spingere lindividuo a realizzarsi come ente autonomo, capace di autodecisione; esso deve svolgere una funzione educativa; e perci assumono un ruolo fondamentale le istituzioni culturali, le scuole, le accademie, luniversit. Per Fichte, queste istituzioni sono interamente integrate nella societ e nello Stato: il loro significato dato dalla funzione educativa che esse svolgono. La scienza sinquadra in questo piano politico e morale complessivo: essa deve contribuire allelevazione morale degli uomini. La filosofia di Fichte esprime le aspirazioni di unepoca che intende portare a compimento il cammino dellet moderna. Questa, infatti, caratterizzata dallo sforzo di liberazione delle energie spirituali per linstaurazione del regno della libert umana, considerato come il senso dellintero sviluppo storico. Il segnale del nuovo corso era identificato nella rivoluzione francese, lavvenimento che rompeva con la tradizione politica dellassoggettamento dei sudditi ai sovrani e apriva la strada allattuazione di una politica intesa come conciliazione della libert individuale e della legge positiva, dellesigenza interna dellautonomia e di quella esterna della norma. Nellet moderna lindividuo ancora assoggettato a una norma esterna, a un sistema politico che egli sente come estraneo, in quanto limitativo della sua libert. La filosofia di Fichte ha, perci, un significato eminentemente politico. Essa intende interpretare le istanze pi proprie dellindividuo che portatore di energie spirituali che hanno bisogno di esprimersi liberamente e che, pertanto, si trova a lottare contro gli ostacoli costituiti dalla tradizione, dalla natura e dalla stessa immaturit spirituale delluomo.

Schelling e la filosofia dellidentit


Nei suoi primi scritti, Schelling individuava nella fondazione fichtiana dellidealismo lo sviluppo autentico della filosofia kantiana e vedeva soddisfatte in essa alcune esigenze eluse dal criticismo, come la composizione in ununit organica delle varie funzioni spirituali, lunit del fondamento e lo sviluppo di una nuova metafisica, il raccordo della speculazione filosofica con le istanze etico-politiche del tempo. A Tubinga, infatti, egli pot rendersi conto della portata rivoluzionaria del criticismo, partecipando al dibattito che aveva lo scopo di sottrarre Kant alle strumentalizzazioni in senso conservatore di cui era fatto oggetto nellambiente di quella scuola di teologia.59 Nello scritto Sulla possibilit della forma della filosofia in generale (1794), egli esaminava il problema fichtiano della forma di un sapere filosofico unitario che riconducesse i vari contenuti a un principio fondamentale; e giungeva alla conclusione che lIo, configurandosi nello stesso tempo come principio logico-gnoseologico (in quanto comprende tutte le categorie in base alle quali costruito qualsiasi sapere ed , pertanto, la forma a priori unitaria della conoscenza in generale) e come principio metafisico-ontologico (il principio didentit che, secondo linterpretazione fichtiana, implica la fondamentale unit di realt e pensiero), consentiva il superamento del tradizionale dualismo di soggetto e oggetto, di forma e contenuto del sapere, nonch di coscienza e realt, di spirito e natura. Cos era stabilita Schelling, che era nato nel 1775 a Leomberg, entr nellIstituto superiore di teologia di Tubinga nel 1790 e vi rimase cinque anni, avendo come amici uniti in un saldo sodalizio Hegel e Holderlin.
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una esatta corrispondenza tra la forma del sapere (come sapere unitario che ha per oggetto la struttura unitaria della realt) e lo svolgimento del reale medesimo, cio fra le categorie logiche e i princpi metafisici. Perci nello scritto successivo DellIo come principio della filosofia, Schelling approfondiva il discorso intorno al principio fondamentale (lIo) come unit e sintesi originaria di soggettivit e oggettivit e alla filosofia come scienza di questa connessione (cio della dimensione trascendnetale originaria, sulla base della quale si sviluppa sia lattivit del soggetto sia la realt delle cose; mentre nelle scienze positive la realt oggettiva assunta come un dato). Egli vedeva, inoltre, nellidealismo la vera filosofia della libert, in grado di eliminare ogni residuo di dogmatismo dalla prospettiva gnoseologica e ogni riconoscimento di autorit precostituita nella societ.60 Nelle Trattazioni per la delucidazione dellidealismo dalla Dottrina della scienza (1797), Schelling traccia gi le linee della problematica che sar sviluppata nelle sue opere maggiori. Egli amplia il quadro fichtiano, in modo da includere in esso, assieme al momento soggettivo-trascendentale, anche quello oggettivo del mondo e della natura. Lidealismo, per Schelling, deve configurarsi come una prospettiva nuova, capace, quindi, di superare tutte le antinomie del pensiero moderno, che, con la concezione di una realt in s inattingibile dal soggetto, sfociato nello scetticismo. Si tratta, in particolare, di riportare sul piano trascendentale quella sfera della natura che ancora per Fichte costituisce una radicale alterit rispetto al pensiero. LIo, pertanto, non pu essere considerato in senso soggettivistico, come un principio che lascia fuori di s un residuo oggettivistico totalmente irriducibile; esso, piuttosto, deve costituire un principio autonomo di sviluppo dellintera realt. Lattivit della coscienza e lo sviluppo della realt non sono altro che espressioni parallele di questo principio che, in primo luogo e fondamentalmente, si configura come dispiegamento dellinfinito nel finito, cio infinita attuazione di s in una molteplicit di determinazioni particolari. Da una parte abbiamo, quindi, le singole intuizioni o rappresentazioni o giudizi; dallaltra parte, le singole determinazioni reali: ma alla base di questi due piani (luno teoretico, laltro pratico) vi una identica struttura trascendentale fornita di princpi che operano a priori. Questi princpi sono lo spazio e il tempo, che insieme fondano la determinazione nelle due forme del pensiero e della realt: luno rappresenta lestensione infinita, laltro la limitazione. E il tempo che, di volta in volta, fissa i singoli momenti dellattivit pensante che estensione infinita, cos come ordina e organizza le determinazioni in cui si dispiega linfinito processo della natura e della storia. Il tempo, che inizialmente un punto, acquista estensione, mentre lo spazio, che senza limite, acquista determinazione. E il processo della determinazione sul piano esterno si configura come movimento, su quello interno come rappresentazione. La rappresentazione si configura, a sua volta, come un processo autonomo che da s passa alle intuizioni, ai concetti e ai giudizi, secondo una dinamica causale in cui ci che causa anche effetto. E tale anche lordine della natura: un continuo processo produttivo che ha in se stesso la sua causa e la sua finalit e che va dallorganizzazione delle forze elementari (di attrazione e repulsione) e dalla materia ai corpi e agli organismi viventi. Luomo, come lente dotato di volont libera, rappresenta il massimo grado nellevoluzione del sistema naturale; e cos il volere costituisce il pi maturo sviluppo del pensiero. Cos, come la serie dei movimenti tende a realizzare la vita organica culminante nelluomo, la serie delle intuizioni e dei concetti sfocia nellautocoscienza libera; e questa procede alla creazione di una sfera autonoma superiore, qual il mondo della storia. Questo dominato dalla tensione tra lideale e il reale: lattivit libera tende a delineare un mondo ideale e avverte sempre i limiti del mondo reale; ma lideale sussiste solo in opposizione al reale e questo rivela i suoi limiti alla luce di un impulso che tende a trascendnerlo. La realt dalla quale ci sentiamo limitati e quella che ci fa avvertire il limite rimandano a uno stesso principio. Nellambito unitario del reale non si danno, perci, opposizioni o fratture, si danno, invece, corrispondenze e continuit. Schelling si pone in una prospettiva che appare idonea a consentire il superamento dei tradizionali dualismi (tra natura e spirito, tra reale e ideale, tra necessit e libert, tra soggetto e oggetto, tra io e realt esterna). Nel 1797 comparve lopera che segna la conclusione della fase fichtiana del pensiero di Schelling, le Idee di una filosofia della natura.61 In questopera egli elaborava i motivi pi originali della sua riflessione e approfondiva il discorso sul vero significato del criticismo. Lo sforzo di Kant, infatti, appariva rivolto alla fondazione di una metafisica che comprendesse anche il superamento del meccanicismo fisico e fornisse la possibilit di pensare il sistema della natura attraverso la categoria della libert. E non era difficile, per il giovane Schelling, sulla base degli sviluppi della filosofia della natura in senso antimeccanicistico, giungere a cogliere un principio autonomo di sviluppo nello stesso mondo naturale. In tal modo, la natura non poteva Questo motivo sviluppato nelle Lettere filosofiche su dommatismo e criticismo, del 1796. Fra il 1796 e il 1798 Schelling segu corsi di matematiche e scienze a Lipsia e a Dresda, per passare poi a Jena, dove successe a Fichte, allontanato in seguito alla nota polemica sullateismo.
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pi essere pensata come laltro rispetto allo spirito, cio come il dominio della necessit contrapposto al dominio della libert, come ci che privo di autonomia e spontaneit, ma doveva essere compresa sulla base dello stesso principio dellautonomia della coscienza. Anzi questo stesso principio doveva essere colto su un terreno diverso da quello proprio della filosofia trascendentale, cio su quello della filosofia della natura. Si spiega cos lapparente rottura nello sviluppo del pensiero del giovane Schelling: in realt, si tratta di uno sviluppo coerente nella ricerca del fondamento. Infatti, non sarebbe potuta essere soddisfatta interamente lesigenza di un principio assoluto della realt (che fosse interamente risolto nel principio del sapere e, dunque, togliesse alla radice ogni oggettivit data fuori del sapere stesso), se non si fosse riusciti a inserire il sistema delloggettivit nella sfera dellidealismo trascendentale. La prima svolta nel pensiero di Schelling scaturisce dalla stessa esigenza di sviluppare in tutte le sue conseguenze il principio della filosofia di Fichte, cio il principio dellIo come processo universale di infinito sviluppo. LIo, in quanto comprende luniversale sviluppo del reale, non pu essere limitato alla sola sfera della coscienza e della libert umana; esso, invece, deve comprendere anche la natura e Dio.62 Il sistema della realt doveva apparire come un tutto unitario, fornito di un coerente senso di sviluppo e in modo che tra le sue grandi componenti emergesse il profondo rapporto di connessione organica. Questa esigenza corrispondeva, in particolare, alla visione della realt propria del romanticismo. Perci si trattava di abbandonare la prospettiva fichtiana ancora sostanzialmente antropocentrica e soggettivistica, per adottare un punto di vista veramente unitario, idoneo a considerare luomo come un momento dello sviluppo della realt (e caratterizzato, pertanto, da questa sua condizione propria, che quella dellente finito la cui essenza data dal rapporto con lassoluto, cio da ci che prima e da ci che sta dopo di lui).63 Per Schelling, dunque, la fondazione dellidealismo non poteva dirsi completa, se nella tematica del fondamento non fosse inserita anche la natura, come sistema organizzato secondo una propria teleologia. Il riconoscimento di un principio interno alla natura, e secondo cui questa si autosviluppa e si autorganizza, rendeva possibile il superamento della vecchia concezione della natura come di ci che altro e opposto rispetto allo spirito e alla coscienza, con la fondazione di una visione unitaria e organica dellintera realt, sulla base di un principio che giustifica nello stesso tempo sia loggettivit che la soggettivit e regge lintero edificio del reale nella sua complessa articolazione e nelle sue distinzioni interne. Cos tra la natura e la storia non si poneva pi nessuna frattura e nello sviluppo della realt si intravedeva una stessa direzione teleologica, pur attraverso la distinzione di momenti diversi e di diverse modalit di articolazione del principio unico. La prospettiva filosofica aveva il compito di mettere in rilievo proprio quella fondamentale unit del principio trascendentale, in modo che lo stesso criterio metodologico e il medesimo sistema di categorie logiche potessero applicarsi sia alla sfera della natura sia al mondo delluomo.64 In realt, la

Se lIo principio, la sua universalit non pu essere ristretta al solo Io umano. Essa deve estendersi a tutti gli enti che, giusta la classica tripartizione metafisica, costituiscono rispettivamente le calssi degli oggetti della psicologia (gli uomini come soggetti pensanti), della cosmologia (il mondo naturale) e della teologia (Dio come essere di tutti gli esseri). La universalit dellIo, coerentemente interpretata, unifica, sotto il medesimo titolo della vita vivente e creatrice, la natura, luomo e Dio, il cui ordine di successione logica la temporalit dei corrispondenti gradi di potenza. Dio il limite pi alto del processo, l dove la potenza tutta realizzata e non ci sono pi residui, ma Dio preparato gi al livello della natura e delluomo cos come la natura persiste, in qualche modo, in Dio quale suo fondamento oscuro, e luomo vede in Dio lideale paradigmatico della personalit, il cui compimento la ragione teleologica della intera produttivit universale e, quindi, anche dello specifico agire umano. Proprio per questo, per il carattere universale della produttivit, gli schemi fichtiani e, pi in generale, idealistici non bastano a spiegare il rapporto tra luomo e la natura, che, pertanto, va configurato non come rapporto della produttivit assoluta e incondizionata attivit con un nulla di produttivit e di attivit (la materia inerte), bens come rapporto di potenze diverse della produttivit universale (Giuseppe Semerari, la filosofia della natura nel pensiero schellinghiano, in Archivio di Filosofia, 1976, n. 1, pp. 4041). 63 La filosofia della natura come critica dellantropocentrismo vuol dire, allora, che luomo attivo e produttivo e pu astrarre dal gi dato per fare qualcosa di nuovo ( questo il tema del Sistema dellidealismo trascendentale, quando si affronta il problema della distinzione e del passaggio dalla filosofia teoretica o conoscitiva alla filosofia pratica), ma la natura non subisce passivamente lazione delluomo: al contrario, pu reagire a questa sfida, avendo una sua autonoma attivit. Il significato antiantropocentrico della filosofia schellinghiana della natura che la produttivit umana, nel suo presente realizzarsi, condizionata da un passato trascendentale, che la necessit obiettiva della natura quale sistema indipendente, cos come, va aggiunto, orientata da un futuro trascendentale, che Dio quale ideale della massima individuazione personale (L. cit., p. 42). 64 Per queste ragioni, la filosofia dellIo e la filosofia della natura erano i due modi linguisticamente differenti di presentare la medesima prospettiva filosofica, s che tanto luna quanto laltra erano gi, in potenza, la cosiddetta filosofia dellidentit, alla quale Schelling dedic gli scritti maggiori e pi significativi del periodo jenense e che

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filosofia della natura e la filosofia dellIo rappresentano nel sistema schellinghiano lesposizione delle due modalit in cui si esplica il medesimo principio trascendentale, per cui esse non sono altro che le due forme parallele della filosofia dellidentit. Lo sviluppo parallelo dellorganizzazione progressiva della natura, dalla materia come estensione spazio-temporale fino alluomo, e di quella della coscienza, dalla sensazione fino alla riflessione filosofica e alla volont libera, costituisce lo schema delle opere pi famose, il Sistema dellidealismo trascendentale (1800) e lEsposizione del mio sistema (1801). Schelling distingueva chiaramente i domini delle scienze positive e della filosofia: le prime si limitano a fornire una descrizione delle manifestazioni fenomeniche, sia nel campo della natura (fisica) sia nel campo della storia (storiografia): perci si tratta di scienze empiriche (in quanto esse organizzano i dati che emergono nellesperienza, attraverso lapplicazione di metodologie specifiche, come quelle che fanno capo allindagine sperimentale e allinterpretazione matematica della natura). La filosofia, invece, indaga sulle condizioni e sui princpi trascendentali in base ai quali sia il mondo fisico che la storia si organizzano e si sviluppano. Cos, per quanto riguardava la natura, si trattava di trovare i concetti fondamentali che consentissero uninterpretazione critica coerente degli stessi risultati raggiunti dalle scienze empiriche. Lattenzione del filosofo si rivolgeva ai princpi di organizzazione generale della materia, in una prospettiva che superava la distinzione tra le forze organizzative e la materia stessa e faceva coincidere le une con laltra: la materia, infatti, non si d allinfuori di un disegno organizzativo unitario.65 Lesigenza per cui, nella considerazione di ogni aspetto della natura, da tenere presente la relazione necessaria del tutto con le parti e delle parti con il tutto costituisce un principio teorico fondamentale: in realt, si riproponeva, come elemento teorico essenziale per linterpretazione dei fenomeni fisici, la questione filosofica del rapporto tra lideale e il reale, tra linfinito e il finito, tra luniversale e il particolare (per cui, appunto, la completa spiegazione di ogni determinazione reale trova il suo totale compimento nella considerazione della totalit di cui essa espressione). Nella natura il principio si esprime come forza animatrice e plasmatrice, che procede alla determinazione di una infinita serie di entit e forme finite: questa tendenza e capacit del principio a produrre determinazioni finite pu essere identificata con la gravit, mentre, in quanto consente al tutto di essere presente in ogni parte e che, quindi, fa s che, pur nella loro diversit, le entit finite appartengano a una medesima identit sostanziale, questa forza pu essere identificata con la luce. Le entit concrete derivano dalla convergenza dialettica delle due forze: la natura, unendo gravit e luce, produce tutto ci che nel suo insieme costituisce il mondo dellesistenza. Se la gravit rende finite le cose, la luce fa s che in ognuna di esse sia presente linfinito. In virt di questo processo, la natura infinita si articola in una molteplicit di esistenze, senza tuttavia che le singole entit individuali siano abbandonate alla loro finitezza, isolate le une rispetto alle altre, ma in modo che in esse circoli la stessa vita e che ognuna sia legata alla totalit. Cos, pur nel mutare delle manifestazioni fenomeniche, una vita identica permane: leternit questa permanenza della sostanza unica e identica in tutte le cose esistenti. Daltra parte, ogni cosa ha la sua durata, cio il suo modo finito e limitato di essere determinata. Il tempo rappresenta la sintesi delleternit e della durata, cio la congiunzione dellinfinito e del finito, dunque il mondo stesso nella sua unit dialettica di ideale e reale.

generalmente viene considerata la pi caratteristica formulazione del pensiero schellinghiano (G. Semerari, Introduzione a Schelling, Bari 1971, p. 58). 65 La pi oscura di tutte le cose, anzi secondo alcuni loscurit stessa, la materia. Tuttavia, proprio dal sollevarsi di questa radice sconosciuta che nascono tutti gli organismi e tutti i fenomeni viventi della Natura. Senza la conoscenza di essa la Fisica resta priva di fondamento scientifico, e la stessa scienza della ragione manca del legame mediante cui lidea conciliata con la realt (Lempirismo filosofico, tr. it., Firenze 1967, p. 67). Cos, a concetto-base della filosofia della natura Schelling poneva quello di materia e lo riteneva essenziale non solamente per dare consistenza scientifica alla fisica ma pure per legare la ide alla realt. Ci era importante, in quanto dimostrava che, secondo Schelling, il problema della natura era inseparabile da quello della ragione, onde una scienza della ragione non poteva essere costruita se non in stretta connessione con la fisica e non indipendentemente da come veniva risolto il problema della materia (G. Semerari, Introduzione, cit., pp. 65-66). Qui la materia non rappresenta pi, come nella tardizione filosofica, lassolutamente indeterminato, il polo negativo della realt, bens costituisce ci che in s contiene lintero sistema delle determinazioni reali, il disegno teleologico dello sviluppo della natura. La filosofia della natura aveva per suo compito lo sviluppo di una teoria unitaria del mondo materiale, a partire, appunto, dalla individuazione dei princpi fondamentali di costituzione della materia e delle categorie che presiedono allo sviluppo di essa nella molteplicit delle forme e dei fenomeni naturali. Lantico sogno alchimistico di strappare alla natura il segreto della sua pi profonda costituzione (appunto risalente alle oscure radici materiali) diventava il compito della filosofia, secondo linterpretazione schellinghiana del disegno idealistico della scienza trascendentale, per cui lindagine intorno alla costituzione dellIo , nello stesso tempo, indagine intorno alla costituzione logica e trascendentale della natura.

Se la vita della natura universale animazione, possiamo individuare le manifestazioni fondamentali di essa, che sono: magnetismo, elettricit, chimismo. Allorigine della formazione delle sostanze materiali, noi troviamo, secondo Schelling, questi processi che sono le modalit essenziali dellorganizzazione della natura. Attraverso questi processi fondamentali, dalla materia e dalle forze che in essa agiscono e in essa sono immanenti si passa al mondo delle entit concrete. In ognuno di questi fenomeni fondamentali si riscontra lo stesso schema di comportamento, cio il dispiegarsi di una opposizione dialettica nellambito di una polarit originaria comprendente le forze dellattrazione e della repulsione.66 E questa dialettica che consente lorganizzazione della vita ai diversi livelli e, nello stesso tempo, rende possibile ogni mutamento e ogni trasformazione.67 Sul piano della coscienza, la polarit si configura come opposizione tra soggetto e oggetto: il soggetto esprime lesigenza dellunione, della sintesi; loggettivit data rappresenta listanza della molteplicit dispersa. La sensazione coglie la molteplicit; la rappresentazione coglie il molteplice unificato nelloggetto. I gradi dellorganizzazione della materia sono ripercorsi a livello di sviluppo della coscienza. In una seconda fase dello sviluppo naturale troviamo la vita: gli organismi sono dotati di autonomia, di capacit di reazione agli influssi dellambiente, di riproduzione. Cos sul piano della coscienza si ha la stessa individualit del soggetto cosciente; e questo si scopre come autonomo, capace di riflessione e di conoscenza. A questo livello, il soggetto non solo conosce, ma riflette sulle condizioni della conoscenza, perci scopre le categorie e gli schemi trascendentali che presiedono alla costituzione di un mondo oggettivo (come le determinazioni di spazio e di tempo, di sostanza e accidente, di causalit, di azione reciproca, di finalit). E lintelligenza non altro che un prodotto della natura: la quale, in tal modo, perviene alla produzione delle condizioni della conoscenza di s; e ci possibile in virt del parallelismo tra le due forme dellattivit dellIo, quella teoretico-conoscitiva e quella naturale-oggettiva. Infine nella sfera della natura troviamo luomo; e a questo punto sul piano della coscienza troviamo il soggetto libero. La produzione naturale prosegue, allora, sul piano dellattivit pratica della coscienza costituita come libera volont: si ha il mondo della storia come prosecuzione dello sviluppo naturale. La storia il prodotto dellIo trascendentale che si costituito come soggetto libero nelluomo. A differenza della produttivit inconscia che d luogo alla sfera della natura, qui abbiamo lattivit consapevole. Il problema principale consiste, ora, nel rapporto tra il libero volere (problematico), che attribuisce ai fatti un carattere contingente, e il fine complessivo della storia (in quanto parte e aspetto, essa stessa, dellAssoluto). Come si accorda, cio, la volont libera con la necessit della razionalit del reale? Si deve supporre che la volont consista in una capacit spontanea di adeguamento a questa razionalit. La libert, in questo senso, consiste nella progressiva conquista di una prospettiva di agire che sia del tutto Repulsione e attrazione sono le forze fondamentali immanenti alla materia. Se agisse soltanto luna o laltra, si avrebbero, rispettivamente, lo spazio, in cui si disperderebbe linfinita materia, e il punto, nel quale essa verrebbe contratta; ma, poich fungono sempre in scambievole gioco di limitazione, si origina la materia come un tutto organicamente determinato in forme definite. Schelling riconosce alla nuova fisica dinamica (costruita sullidea dellazione delle due forze opposte) la capacit di spiegare la differenza qualitativa dei corpi (poich essa si riduce al rapporto quantitativo delle forze medesime). Lattivit chimica consiste nel ristabilimento di stati di equilibrio in seguito al contatto di corpi eterogenei. Dalla dinamica dipendono, dunque, le leggi generali del processo chimico; e cos stabilita una fondamentale continuit tra fisica e chimica. 67 Erano gli stessi risultati della scienza del tempo che rimandavano a uninterpretazione dei fenomeni come modificazioni di unidentica materia sotto linflusso di forze semplici e omogenee. Ricordando, ancora una volta, la capitale regola metodologica la filosofia interpreta ci che le scienze leggono nella natura - , si pu dire che la filosofia schellinghiana, considerata nella sua prospettiva pi originale, fu il risultato di una grandiosa interpretazione della nuova scienza chimica. Non certamente per caso le Idee per una filosofia della natura si aprivano con un capitolo dedicato alla combustione dei corpi, che era stato il grosso tema unificatore delle ricerche chimiche del secolo XVIII, quando la dottrina del flogisto stava per cedere il posto alla pi scientifica teoria della ossidazione e disossidazione e, grazie allopera sperimentale e sistematrice di Priestley e di Lavoisier, una scienza chimica allaltezza dei progressi gi raggiunti dalla fisica cominciava a spazzare via i residui della vecchia eredit alchimistica di Lullo e di Paracelso (G. Semerari, Introduzione, cit., pp. 70-71). Come stato gi osservato da G. Lukacs: Con la scoperta di tutta una serie di nuovi fenomeni nel campo della chimica e della biologia viene a trovarsi sempre pi al centro dellinteresse la critica del pensiero metafisico-meccanicistico; si ha la sensazione sempre pi chiara che il pensiero fondato solo sulla geometria e la meccanica, a cui la fiisca e lastronomia dei secoli XVII e XVIII debbono i loro trionfi, sia inadeguato ai nuovi compiti, ad abbracciare la totalit dei fenomeni naturali (La distruzione della ragione, tr. it., Torino 1959, p. 129). Perci Schelling individua nella combustione per la presenza dellossigeno il fenomeno che sta alla base di tutti i processi naturali. Lossigeno considerato come il principio materiale universale; e poich ogni corpo affine allossigeno particolarmente elettrizzabile, Schelling deduce la fondamentale identit dei fenomeni elettrici coi processi di combustione, e, dunque, riporta a questo ambito i fenomeni relativi al magnetismo e allelettricit.
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aderente alla intrinseca razionalit dellAssoluto. Ma, daltra parte, bisogna pur sempre ammettere che la stessa vicenda del soggetto libero (finito) si iscrive in quella (universale) dellIo infinito. In questo senso, la libert del soggetto finito fa parte della struttura del reale nella sua totalit (ideale). La storia fatta dagli uomini, ma i suoi princpi a priori appartengono allIo medesimo: la stessa assunzione della problematicit insita al volere ha il suo fondamento in esso, infatti sullAssoluto fondata ogni possibilit. Lesistenza (finita e problematica) giustificata (e richiesta come sua esigenza) dallinfinito. Il proposito di Schelling, pertanto, di giustificare il finito (lesistenza) sul piano dellinfinito. Lattivit del soggetto finito, perci, sempre vista in rapporto allinfinito: cos nel Sistema il fine della storia linstaurazione del governo della Provvidenza (lAssoluto come supremo soggetto della storia). La storia qui vista come progresso che si attua attraverso fasi successive di conquista e di oltrepassamento. Schelling individua tre grandi epoche storiche: la prima quella tragica, in cui domina lidea di destino, sicch lintero corso degli avvenimenti considerato come leffetto di una necessit superiore, trascendente le volont individuali; la seconda quella in cui domina lidea di legge naturale, sicch lo stesso processo storico visto come il prodotto e lespressione del sistema naturale in cui luomo isnerito e al quale ricondotto: pertanto gli uomini si riconoscono come soggetti a forze naturali che determinano i loro comportamenti, essenzialmente ricondotti al principio di autoconservazione e alla necessit di lottare e di contrapporsi reciprocamente; la terza epoca quella in cui si riveler il principio della storia come sominio della provvidenza, cio di un principio intelligente che orienta lintero cammino dellumanit verso linstaurazione di un ordine razionale e di una pace universale. Rimane il problema di come lIo possa divenire cosciente della originaria identit di soggetto e oggetto. Tale identit, infatti, non colta, nella sua struttura originaria, n nellattivit pratica libera (in cui predomina il motivo soggettivo della libert) n nellattivit teoretica della conoscenza (in cui predomina ancora il principio soggettivo della coscienza). Occorre uno strumento che possa cogliere tale identit; ed esso deve configurarsi come perfetto equilibrio di coscienza e non-coscienza, di consapevolezza e di inconsapevolezza naturale. Schelling ritiene che lintuizione artistica sia tale strumento specifico. Infatti nellartista operano insieme la forza inconscia del genio (che una forza naturale) e il principio della coscienza, dellattivit consapevole. Lartista , nello stesso tempo, consapevole della sua produzione e delloggetto della sua attivit e inconsapevole delle forze intuitive ed espressive che agiscono in lui e che sono forze naturali, appartenenti a quella stessa dimensione che fa della natura come un poema misterioso che gi narrazione misteriosa e oscura dellintera odissea dello spirito. Escatologia e storia in Schelling Nel 1803 Schelling veniva chiamato allUniversit bavarese di Wurzburg come professore ordinario di Filosofia. Schelling affront allora alcuni problemi che derivavano dallo sviluppo della sua filosofia trascendentale implicanti il parallelismo tra sviluppo della coscienza e processo della natura sul piano della filosofia dellidentit. Tre problemi fondamentali apparivano connessi a questa tematica: 1) la determinazione del finito, dellesistente empiricamente considerato rispetto allAssoluto, cio la considerazione del finito nella sua condizione di finitezza, legato alla temporalit dellaccadere, come esistenza; 2) limpostazione di questo problema rimandava al problema del rapporto tra filosofia e religione: infatti Schelling era ricondotto da quel problema alla tradizione mitologico-religiosa, pur senza rinunciare alla soluzione speculativa; 3) la definizione del finito in termini temporali sul terreno della filosofia e, insieme, in rapporto alla tradizione mitologico-religiosa, implicava unanalisi e uninterpretazione del senso della vita umana come esistenza temporale e storica (dunque i problemi del bene e del male delluomo, della posizione delluomo nel mondo, della direzione del processo storico, e cos via). Questi problemi costituiscono i motivi conduttori della ricerca di Schelling dal periodo di Wurzburg in poi. Una prima impostazione di essi contenuta nello scritto Filosofia e religione del 1804. Schelling si proponeva di recuperare alla filosofia le questioni che la religione aveva avocato a s. La filosofia, da parte sua, aveva rinunciato a considerare lAssoluto, avendo ridotto la coscienza al solo intelletto e ignorando, pertanto, il pi alto grado della ragione, che consente di comprendere non solo le singole parti ma lAssoluto quale connessione originaria di esse nel Tutto.

Intorno al problema della costituzione del finito e della sua derivazione dallinfinito, Schelling, scartate le soluzioni classiche dellemanatismo, si sofferma su quella pi frequentemente adottata dalle mitologie, cio sul mito della caduta, della rottura tra il piano del sensibile e quello dellAssoluto.68 La teoria della caduta consentiva a Schelling di spiegare il finito come esistente: il finito ha il suo fondamento, la sua ragione nella sua separazione dallAssoluto, nella sua medesima esistenza. La possibilit della separazione la libert, cio la possibilit, per il finito, di darsi un fondamento proprio, cio di non avere pi bisogno dellAssoluto. Il finito, in quanto si d un fondamento proprio, si attua sulla base della sua libert: la libert si profila, cos, come il senso proprio del finito e della sua storia. In tal modo Schelling disponeva dei primi essenziali elementi per comporre le linee di una prospettiva morale e di una interpretazione del significato della storia. Il finito, in tale prospettiva, si presenta come il soggetto che si assume la responsabilit di ricomporre lunit infranta per una via propria, che quella della storia dellumanit. La storia, pertanto, si configura come il cammino che realizza, via via, la riconciliazione del finito con lAssoluto, oppure ricompone loriginaria unit attraverso lo sforzo morale e lo sviluppo della libert medesima.69 La storia del finito, cos, appare come svolgentesi attraverso due fasi fondamentali: una di caduta, di allontanamento dallAssoluto, laltra di ritorno, di riconciliazione. La separazione male, il ritorno allunit bene.70 La storia gi mitologia: essa, a mano a mano che attua la riconciliazione, attua il compimento del destino del finito. Cos attribuito pieno valore allesistente: il finito considerato non tanto per ci a cui esso aspira, ma per ci che esso attua. In questa progressiva attuazione della riconciliazione nellunit consiste, per Schelling, il valore positivo dellesistenza. Il finito liberamente decide tale riconciliazione e non costretto da istanze esterne. In ci Schelling identifica la vera moralit. E la stessa natura vista come linfinito nel cui ambito avviene la riconciliazione, che anche il riscatto del finito dalla condizione di finitezza derivata dalla caduta. In connessione con questa prospettiva, Schelling sviluppava negli Aforismi di introduzione alla filosofia della natura (pubblicati negli Annali della medicina come scienza) una precisa filosofia della relazione, fondata sul seguente assunto: Il finito non pu essere separato dallinfinito, poich in s nulla potrebbe essere, dal momento che riposa solo su relazioni, ma queste non sarebbero nulla senza ci, di cui esse sono relazioni.71 Lo sviluppo delle relazioni rientra nel processo di ricostituzione dellunit: infatti la totalit che giustifica le relazioni. Schelling, intanto, nel 1806 si era trasferito a Monaco, dove aveva assunto la carica di segretario dellAccademia di quella citt. Il 12 ottobre 1807 egli pronunci il discorso sul Rapporto tra le arti figurative e la natura. Nel 1809, quindi, tornava ad affrontare la tematica della libert, scrivendo le Ricerche filosofiche sullessenza della libert umana. Qui era ripreso il problema della costituzione ontologica del finito e del suo rapporto con lAssoluto. La base teoretica era il concetto della natura come processo produttivo infinito, coincidente con lAssoluto stesso. La libert appartiene gi a Dio ed partecipata alluomo in quanto egli ha il suo fondamento nellAssoluto e, sia pure fornito di esistenza autonoma (dunque soggetto di una specifica storia), ha il suo senso pi proprio nel processo di ricomposizione della sua unit con la vita vivente dellAssoluto, che, in tal modo, riassorbe in s ogni processo del reale e, dunque, anche la vicenda del finito con la sua caduta e il suo ritorno allunit originaria. Il principio della vita vivente assunto come criterio dinterpretazione unitaria della natura, di Dio e delluomo.72 Infatti, dallassoluto al reale non v alcun continuo passaggio, [sicch] lorigine del mondo sensibile pensabile soltanto come una compiuta rottura dellassolutezza, mediante un salto. [] LAssoluto il solo reale, le cose non sono, a contrario, reali; il loro fondamento non pu perci trovarsi in una partecipazione del reale ad esse o al loro substrato: tale partecipazione muoverebbe dallAssoluto, pu trovarsi soltanto in un allontanamento, in una caduta dallAssoluto (cit. da Semerari, Introduzione a Schelling, cit., pp. 130-131). 69 Come scrive lo stesso Schelling: Il grande disegno delluniverso e della sua storia non altro che la compiuta conciliazione e risoluzione nellassolutezza (cit. p. 132). 70 Perci leternit non tanto una condizione che si debba attingere, una volta che sia spenta la vita nel tempo, bens qualcosa che si realizza gi, come detto nella Conclusione di Filosofia e religione, che esiste gi qui, nella vita del tempo, nella misura in cui ci si affranca dai vincoli del mero sensibile e al movimento centrifugo dalla totalit si sostituisce il moto centripeto verso di essa (G. Semerari, op. cit., p. 132). Cit. da Semerari, op. cit., p. 136. Cos Schelling esprimeva il programma di una scienza filosofica impegnata a rappresentare il processo ininterrotto della vita, dalla sua prima e pi antica origine in Dio alluomo e dalluomo di nuovo in Dio (G. Semerari, op. cit., p. 173). In fondo, Schelling intendeva sviluppare una filosofia dellumanit totale, della piena attuazione
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Sembra, pertanto, che le riflessioni dellultimo Schelling riguardino, in particolare, le modalit di ricomposizione dellunit della natura umana. Ad esempio, nellEsposizione dellempirismo filosofico Schelling ripropone il tema della connessione tra volont, intelletto e spirito, nello stesso momento in cui si richiama alluomo nella sua esistenza concreta. In questo senso, egli cerca di proporre una nuova versione dellidealismo, identificata come filosofia positiva in contrapposizione alla filosofia negativa. Questultima viene definita come quella che si occupa soltanto della possibilit (il che cosa [luniversale, lideale, il concetto, lessenza]), quella che riconosce tutto cos come nel puro pensiero indipendentemente da ogni esistenza. Per Schelling, si tratta ora di partire dallesistenza concreta, dalle modalit storiche dellesperienza umana, senza risolvere ci che appartiene allesistenza concreta in una sfera concettuale definita astrattamente dalla ragione; si tratta, cio, di indagare intorno alla complessa articolazione storica ed empirica dellesistenza. In particolare, Schelling considera il bisogno di Dio che attraversa lintera esperienza delluomo ed esamina le vie e le condizioni attraverso le quali si sono delineate, nellesperienza religiosa, le prospettive di riscatto e di riconciliazione. Schelling: la filosofia della libert e la metafisica del finito Nel 1803 Schelling veniva chiamato alluniversit bavarese di Wrzburg, dove rimase fino al 1806. In quel periodo diede la pi completa esposizione della filosofia dellidentit nel Sistema dellintera filosofia, rimasto inedito; inoltre scrisse e pubblic nel 1804 Filosofia e religione. Il motivo principale della sua riflessione, allora, risult costituito dal tentativo di chiarire e approfondire lanalisi e linterpretazione del senso della vita umana come esistenza temporale e storica. In che modo si giustifica il finito? Come la differenza, il distinto, il finito, il tempo prendono consistenza di fronte allAssoluto, allindistinto, allinfinito, alleterno? Schelling riusciva a trovare la soluzione nel mito della colpa, della caduta, della rottura: la ragione del finito sta nella sua separazione assoluta dallinfinito. Tale separazione implica la possibilit di darsi una ragione propria, un fondamento autonomo sul piano stesso del finito. Cio, essa implica la libert: il finito, separandosi dallinfinito, si pone sulla base di una capacit autonoma di separarsi, di darsi una consistenza. Cos Schelling riusciva a fondare il finito su se stesso, cio riusciva a tracciare le linee di una filosofia del finito, dellesistente. La condizione di essere separato dallAssoluto legoit: legoit il principio generale della finit.73 Il finito come esistenza e temporalit ha cos una sua natura specifica, una sua autonomia: esso, perci, costituisce il campo di un processo specifico, dotato di un proprio senso. La stessa separazione dallAssoluto costituisce linizio di una storia fornita di un significato intrinseco: lavventura del finito va, pertanto, interpretata in rapporto a categorie specifiche, che la riflessione filosofica ha il compito di indagare. delluomo nella sua essenza, configurata come libert. Questo appare, in definitiva, il senso dellintera speculazione di Schelling nelle opere di carattere teologico. Come osserva il Semerari, la teorizzazione del Dio personale sembrava allo Schelling il mezzo speculativamente pi efficace per dare certezza e solidit alla personalit umana. Fondamento della natura, eterno passato trascendentale della storia umana, termine ove doveva chiudersi il ciclo completo della creazione, che da lui aveva preso le mosse, il Dio personale si proponeva come la forma ideale della ontologia umana, sospesa tra la caduta dallAssoluto e il ritorno ad esso (G. Semerari, op. cit., pp. 177-178). Perci Schelling tracciava la via del completo conseguimento della natura umana con accenti teologici; e parlando di Dio egli parla delluomo: Tutta la vita [] soltanto la via a Dio, leterno movimento, del quale la natura il principio, secondo la sua invenzione, soltanto una progressiva realizzazione di ci che vi di pi alto, dove ogni momento successivo pi vicino alla divinit del precedente. Il passaggio delluomo nel mondo degli spiriti pu ben essere chiamato un andare verso Dio, alla condizione che segua il cammino della vita [], non muti per propria colpa la direzione e non lo trasformi da ascendente in discendente (cit. da Semerari, ib.). Il cammino verso Dio, - osserva il Semerari, nel linguaggio divenuto teologizzante dello Schelling pi maturo, voleva dire niente di sostanzialmente diverso da quanto nella giovanile Nuova deduzione nel 3 era stato indicato come lesigenza pi elevata della filosofia pratica: Sii! Nel pi alto significato della parola; cessa di essere fenomeno; tendi a diventare un essere in s!. Il Dio personale era il paradigma dello sforzo delluomo verso la propria personalit (G. Semerari, op. cit., p. 178). In questo senso, unopera come Lempirismo filosofico, dominata dallesigenza della rivalutazione dellesistenza considerata nei suoi aspetti positivi, fattuali, poteva contenere dichiarazioni teologiche di notevole portata rivoluzionaria. Scriveva, ad esempio, Schelling: [] soltanto luomo poteva conoscere Dio come Dio. Poich la divinit trova soltanto nelluomo il suo scopo e quindi la sua quiete, per questa essa si occupa tanto delluomo, si d tanto da fare per esso. [] Egli tutto quanto rivolto alluomo, non pu fare a meno di lui perch luomo il Legame della unit divina. In questo senso giustissimo il dire che Dio non esiste in tutto quanto il mondo, se non nelluomo, e precisamente nellintimo del vero uomo, delluomo quale si poteva ritrovare nel suo stato originario (cit. da Semerari, p. 196). 73 Cit. da Semerari, p. 131.

Questo significato proprio dello sviluppo del finito non pu avere, per Schelling, che un carattere essenzialmente morale: il finito, costituendosi come sfera separata dallAssoluto e dandosi un senso proprio, fonda la sfera della libert morale (propria di un essere che decide intorno a se stesso, alla sua costituzione e al suo sviluppo). Daltra parte, lavventura del finito non pu dispiegarsi che in un percorso che sia quello del ritorno allAssoluto: per il finito si pone il problema della riconciliazione, della ricostituzione dellunit originaria, infranta proprio dalla caduta. Il grande disegno delluniverso e della sua storia non altro che la compiuta conciliazione e risoluzione nellassolutezza.74 In tal modo la storia viene rappresentata come una vicenda articolata in due momenti, come un poema epico in due parti, luna che espone luscita dellumanit dal suo centro sino allestremo allontanamento da esso, laltra, che ne espone il ritorno. Il primo lato come lIliade, il secondo lato come lOdissea della storia. Nelluno la direzione era centrifuga, nella seconda diventa centripeta.75 Male la separazione, bene il ritorno allunit.Ci che conta, perci, lo sforzo della riconciliazione. La storia, cos, assume una tonalit epica: essa lo sforzo dellumanit per riconquistare lunit perduta, la tendenza alla riconciliazione col Tutto, lesaltazione di tutto ci che tale riconciliazione pu favorire e accelerare. Ne deriva una significativa rivalutazione del processo storico. Infatti la storia si valuta in ci che essa realizza riguardo alla ricomposizione dellunit, alla riconciliazione con lAssoluto. Infatti, leternit non tanto una condizione che si debba attingere, una volta che sia spenta la vita nel tempo, bens qualcosa che si realizza gi, come detto nella Conclusione di Filosofia e religione, che esiste gi qui, nella vita del tempo, nella misura in cui ci si affranca dai vincoli del mero sensibile e al movimento centrifugo della libert si sostituisce il moto centripeto verso di essa.76 Il movimento della storia non si pone, cos, in contrasto con la natura: esso anzi tende a ristabilire lunit originaria con la natura, che, in quanto principio attivo, in se stessa in eguale maniera la infinit e la unit, la espansione e la contrazione di tutte le cose fuori di ogni connessione e in eterna libert.77 Da questo punto di vista della filosofia, dunque, si tratta non di considerare il finito nel processo di caduta, ma di considerarlo nella prospettiva della totalit. La stessa filosofia della natura, per Schelling, ha questo significato: essa tende al punto di vista della unit, dellorganico. Ma, daltra parte, ci non vuol dire annullamento e negazione del finito: poich proprio in ci sta la funzione del finito, che esso sia capace di attuare una dialettica, di fondare una relazione. Il finito si attua nellambito di questa relazione, nel rapporto che esso instaura nella sfera che gli propria e nella capacit di farsi protagonista di un processo di riconciliazione, di ricostituzione dellunit. Il concetto, riconfermato dalla filosofia della natura, era il recupero del divino nella natura, ma il divino nella natura voleva dire la ripresa del principio della natura vivente, fonte ed espressione di vita al di l del modello deterministico e meccanicistico, significava anche la ricerca di quella pi alta unit, che, da una parte, togliesse via il dualismo di vita naturale e creazione spirituale, artificialmente posto, tra moralit e spontaneit.78 Nel 1806 Schelling lasciava luniversit di Wrzburg e assumeva la segreteria dellAccademia delle Scienze di Monaco. Un approfondimento della tematica della libert egli conduceva poi nelle Ricerche filosofiche sulla essenza della libert umana, del 1809. Il filosofo coglieva qui lessenza della libert in quellattivo processo della vita, che possibile individuare alla base di tutti gli eventi sia naturali sia propriamente umani e storici. La filosofia della natura non in antitesi con la filosofia della libert. Infatti la natura non il dominio del meccanicismo, bens la sfera della creazione, della vita, del finalismo. In tal senso Dio non separato dalla natura, ma in unit con essa. Natura e conoscenza in Schelling Lidealismo di Schelling si basa sulla dimostrazione della perfetta corrispondenza tra sviluppo della coscienza e vita della natura. Sul piano dellattivit conoscitiva. La coscienza originariamente forma di sapere illimitato; quindi si attua in modalit finte e determinate. Il tempo limita lattivit illimitata originaria e configura lo sviluppo del sapere come una successione di intuizioni. Ci che caratterizza la monade della conoscenza, lintuizione, la successione temporale. Altro carattere lestensione. Tempo e spazio limitano e determinano lattivit della coscienza. Il tempo limita lestensione originariamente illimitata. Ogni atto di coscienza, ogni sapere determinato, costituito dalla limitazione dellinfinit della coscienza, per cui tale
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Cit. da Semerari, p. 132. Cit. ib. 76 Semerari, op. cit., p. 132. 77 Cit. da Semerari, p. 134. 78 Semerari, op. cit., pp. 139-40.

infinit acquista una estensione determinata in virt del tempo. Il tempo, inizialmente senza estensione, acquista estensione; lo spazio, inizialmente illimitato, acquista determinazione. Spazio e tempo costituiscono le dimensioni originarie della coscienza. Come termine finale abbiamo lautocoscienza. Sul piano dellattivit materiale (natura). Anche la materia costituita dalla struttura spazio-temporale. Essa originariamente un punto (forza di attrazione), ma anche una estensione illimitata (forza di repulsione). Le due forze agiscono contemporaneamente determinando e organizzando il sistema della natura. Esse organizzano prima la natura inanimata (magnetismo, elettricit, chimismo). Le due forze agiscono determinando il movimento (ci che sul piano della coscienza la successione delle rappresentazioni). Come le intuizioni si organizzano in concetti, cos i movimenti si organizzano in corpi. Lo spazio indica lestensione della materia; il tempo indica il limite, lesigenza della determinazione. Spazio e tempo agiscono come forze che mettono in moto la materia, configurando sistemi di movimento. Sul piano teoretico la coscienza illimitata determinata, limitata: e si configurano sistemi di rappresentazioni (corrispondenti a determinazioni della coscienza illimitata). Come termine finale abbiamo luomo libero. Lattivit libera sintesi di ideale (ci a cui luomo tende) e reale (ci che si trova dato). La natura caratterizzata da una immanente polarit: la forza attrattiva d la forma, quella repulsiva d loggetto; il tempo limita lestensione indefinita; lo spazio (forza repulsiva) rappresenta loriginaria, incosciente attivit spirituale, che illimitata; il tempo lattivit cosciente e determinata, che d forma e limite. Le tre dimensioni spaziali (lunghezza, larghezza, profondit) sussistono in virt delle forze elementari che danno luogo ai tre fondamentali fenomeni: magnetismo, collegato alla lunghezza; elettricit, collegato alla superficie (ogni corpo si elettrizza su tutta la superficie); chimismo, legato al volume (lazione chimica investe lintera massa). In natura questi momenti costituiscono un processo unitario, indivisibile. Il processo vitale consta di tre funzioni fondamentali: sensazione (sensibilit), irritabilit (movimento di autoconservazione), riproduzione. Sul piano della coscienza si hanno: prima la sensazione e lintuizione: la sensazione lautointuirsi nella limitatezza dellattivit; nellintuizione si ha lattivit che trapassa quel limite: soggetto e oggetto sono in equilibrio. Si ha una corrispondenza con lo spazio-tempo (illimitatezza e limite). Alla vita organica corrisponde la coscienza: come la vita successione che ritorna su di s, cos la vita intellettiva si mantiene nella continuit delle rappresentazioni. Poi c la riflessione. Con la riflessione si chiudono le epoche della coscienza teoretica e incomincia lattivit pratica (libero volere, storia). Le tre epoche della storia sono quelle caratterizzate dal destino (epoca tragica), dalla natura (legge di natura) e dalla provvidenza (epoca morale). Sul piano teoretico i processi di sensazioneintuizione corrispondono allattivit fisica (magnetismo, elettricit, chimismo); la coscienza (sistemi di rappresentazioni) corrisponde allorganica (sensibilit, irritabilit, riproduzione). Alla riflessione corrisponde luomo e si ha il passaggio dalla natura alla storia. Per Schelling una comune base organizzativa presiede allo sviluppo dellattivit della coscienza e a quello dellattivit della natura. Da una parte abbiamo lattivit cosciente, dallaltra lattivit inconscia: Sono le due componenti dellassoluto, della realt stessa. Spazio e tempo sono le due forze fondamentali, i due principi che costituiscono il reale come polarit. Lo spazio tendenza allespansione illimitata: allespansione illimitata della materia sul piano della natura, allespansione illimitata della conoscenza sul piano dellattivit conoscitiva. Il tempo la forza attrattiva che ferma la tendenza allespansione illimitata, la determina, la limita, configurandola in oggetti determinati. Si hanno le prime forme di organizzazione della materia, da un lato, e della conoscenza, dallaltro. Sul primo piano abbiamo le intuizioni e le sensazioni: prime forme dellattivit teoretica. Intuizioni e sensazioni si succedono nel tempo. Il tempo il principio che le organizza. Sul piano della natura abbiamo le prime forme dellorganizzazione materiale: le linee, le superfici, i volumi. Procedendo avanti, sul piano della coscienza abbiamo le aggregazioni delle intuizioni e delle sensazioni, cio i concetti e le rappresentazioni di oggetti. Sul piano della natura abbiamo i corpi viventi con le loro propriet (sensibilit, irritabilit, riproduzione). Sul piano della coscienza abbiamo lattivit rappresentativa. La tappa successiva segna la comparsa delluomo sul piano della natura e il passaggio dalla conoscenza alla morale sul piano della coscienza. Abbiamo ora lunificazione del reale in un unico processo, che quello della storia. La filosofia di Schelling in massima parte filosofia della storia. Essa analizza i molteplici aspetti del processo storico: la libert, la religione, la rivelazione. Sul piano della storia superata la contrapposizione tra inconsapevolezza e coscienza, tra necessit e libert. Il reale si fa storia nella vicenda dellumanit (che anche la vicenda della divinit). Schelling riporta la stessa vicenda divina alla storia delluomo, ne fa un aspetto di essa. La storia espressione dellAssoluto. E vero che lAssoluto anche nella Natura, cos come presente nello sviluppo della Coscienza; ma la compiuta espressione del reale nella sua unit la storia. La storia , in primo luogo, tensione infinita. E processo inarrestabile di realizzazione del reale come finito, come limitato. Il reale caratterizzato da una intrinseca, fondamentale, vocazione alla finitezza, alla determinazione. Il reale ha in s il principio della propria autodeterminazione. Tale principio il tempo. Il reale comprende la

fondamentale polarit di spazio (estensione infinita) e tempo (determinazione continua). Esso contiene in s il principio della sua finitudine. Perci il reale si sviluppa come storia. La stessa vita della coscienza continua attivit di determinazione. Lillimitata coscienza si fa attivit rappresentativa determinata: essa comprende oggetti nello spazio e nel tempo. Spazio e tempo giungono alla compiutezza delle loro forme determinate sul piano della storia. Gli oggetti non hanno solo una dimensione fisica, reale, oggettiva, bens assumono anche una dimensione etica, un destino, un significato. La vicenda degli oggetti si misura e si valuta in rapporto alla vita morale degli uomini, in quanto essi promuovono o impediscono la realizzazione della dimensione morale degli uomini. Schelling il filosofo che meglio ha indagato il senso della storia umana e che ha fatto gravitare lintero svolgimento del reale intorno alla vicenda dellente finito per eccellenza, luomo. Si potrebbero dunque sviluppare argomenti come questi: Schelling filosofo della storia oppure interprete dellesistenza o anche La filosofia dellesistenza di Schelling oppure Finito e infinito nella storia secondo Schelling. Schelling ha avvertito la grandezza della storia umana, ma ne ha anche inteso la tragicit. La storia processo di ricongiunzione allAssoluto. Ci vuol dire che lesistenza sempre unemergenza, caratterizzata dalla problematicit. Luomo tende a ricostituire lunit originaria; ma la sua storia non attuer mai quellunit perduta per sempre. Tuttavia il senso della storia questa tensione a vivere nellarmonia del Tutto. Luomo rinviene le tracce di quellarmonia nelle cose, nelle figure del mondo. La sua esistenza come un inarrestabile tentativo di decifrare la Totalit nella complessa variet delle figure che via via si presentano nel corso della storia. Sempre lesistenza sar segnata dal senso di una mancanza, di unassenza. Anche quando lInfinito si manifester nella storia, esso sar sempre lontano, inafferrabile, ancora incomprensibile. Lumanit cercher di cogliere i segni della rivelazione dellinfinito; ma non riuscir mai a far s che quel linguaggio sia il suo linguaggio quotidiano. Dio parler sempre da una lontananza inaccessibile.

CAPITOLO XXI Hegel


Introduzione a Hegel Hegel il massimo esponente dellidealismo e anche il filosofo pi rappresentativo dellet moderna, che ha esercitato (e tuttora esercita) una profonda influenza sul pensiero contemporaneo. Secondo Hegel, la realt sviluppo dello Spirito: infatti egli chiama Spirito la realt nella sua totalit e assoluteza (ci che Fichte chiama Io e Schelling Assoluto, in quanto luno sottolinea il principio di coscienza e laltro lidentit di natura e spirito, di soggettivit e oggettivit). Lo Spirito, cio la realt nella sua costituzione e nel suo sviluppo, razionale, anzi coincide con la razionalit. Hegel chiama Idea la costituzione razionale della realt, cio il fatto per cui ogni ente e ogni aspetto della realt rispondono a una necessit oggettiva, che coincide con lunico modo dessere del reale. LIdea , cio, il Logos degli antichi, o il mondo delle idee o lIntelletto, cio la necessaria strttura razionale della realt nella sua assolutezza. La Logica la scienza filosofica dellIdea: essa una scienza deduttiva, a priori, che segue le leggi del pensiero e del ragionamento: consiste, perci, in una rigorosa concatenazione di concetti. Essa muove dal concetto pi generale, che quello di essere; ma subito il filosofo scopre i limiti e le contraddizioni insite in

esso: poich essere in generale e senza nessuna determinazione equivale a nulla (nulla di determinato). Cos il filosofo si accorge che il principio didentit non adeguato a consentire la comprensione del reale. Il concetto di nulla non il negativo di fronte al quale il filosofo arretra (come Parmenide); anzi, il filosofo, che intende comprendere la realt, assume questo concetto come un principio da cui partire (insieme a quello di essere): egli, cio, riconosce come principio di cominciamento la contraddizione essere/nulla. Hegel, cos, scopre che il pensiero deve seguire il metodo dialettico, cio procedere per affermazioni e negazioni, per opposizioni concettuali, e che lopposizione porta ad altri concetti, idonei a comprendere la realt: infatti, il concetto di divenire, che scaturisce dalla sintesi di essere e nulla, fornisce la prima fondamentale intelligenza del reale. Il reale stesso sviluppo dialettico. Alla dialettica del pensiero corrisponde la dialettica della realt; e la logica non pi solo una scienza della forma del discorso razionale, ma anche la scienza della costituzione razionale del reale stesso. Per Hegel, ci che reale razionale e ci che razionale reale. Ci vuol dire che la realt e la razionalit sono date dalla sintesi dialettica degli opposti: cos reale e razionale il divenire, mentre lessere e il nulla, presi isolatamente e considerati per s, sono irreali e irrazionali, cio non possono far parte di un processo reale, intelligibile, che abbia un senso razionale; e, analogamente, lindividuo e la societ sono termini opposti, che trovano e attuano la loro realt e razionalit nella sintesi dello stato; lindividuo, infatti, preso in s, non pu diventare soggetto di storia n avere posto in un processo di svolgimento spirituale. Cos, la quantit e la qualit intervengono nella formazione dei processi fisici, nei quali, in definitiva, consiste la loro realt/razionalit (lacqua che bolle a 100 gradi assume la forma di vapore, e una determinata qualit si spiega in rapporto a una determinata quantit, e viceversa). LIdea non lintera realt: essa la sua base razionale, la struttura secondo cui costituita ogni determinazione reale. Essa, perci, rimanda al proprio opposto, che la Natura, come dimensione dellesteriorit, dellestensione spaziale e temporale, della materialit e corporeit. E dalla sintesi dialettica di Idea e Natura si ha lo Spirito, che il reale nel suo svolgimento infinito. Questo svolgimento, perci, assume i caratteri della storia. La storia processo di svolgimento infinito della realt. Hegel interpreta lo spirito della modernit, cio dellet che si basa sulla fiducia nellattivit del soggetto umano che fa la storia. La natura non che un termine di questo sviluppo: essa offre lo scenario fisico, materiale e corporeo, spazio-temporale, dello svolgimento spirituale, che avviene secondo la fondamentale struttura razionale del reale. Anche Hegel afferma che ogni momento storico va superato, in quanto rappresenta, nello stesso tempo, una sintesi e una tesi; tuttavia, in quanto sintesi, ogni momento espressione della realt/razionalit e va compreso nel suo essere razionale; ma, in quanto di nuovo tesi, esso va interpretato in base al principio di contraddizione, cio va considerato in rapporto a ci che gli si oppone e lo nega e in rapporto alla nuova sintesi che dovr scaturire da quellopposizione. Hegel, da questo punto di vista, presenta una certa ambiguit: da una parte giustifica il presente e dallaltra porta a rilevare i limiti e le contraddizioni del presente e a lavorare e lottare per la sua modificazione. Gli scritti teologico-religiosi giovanili Il giovane Hegel, gi a Tubinga e poi a Berna e a Francoforte, svilupp alcune riflessioni sulla funzione dellesperienza religiosa nella vita degli individui e dei popoli. La religione costituisce, per il primo Hegel, lespressione pi tipica della vita spirituale, in quanto esperienza del rapporto tra il finito e linfinito (configurato e vissuto come rapporto tra luomo e la divinit): essa rappresenta quella forma emblematica sulla quale si modella la totalit dellesperienza storica e dalla quale dipende sostanzialmente la felicit degli uomini. La vita religiosa appariva specialmente connessa con quella politica (che, per Hegel, rappresenta laltra fondamentale forma di attuazione (e di svolgimento) dello Spirito nella storia. Troviamo qui un primo abbozzo della concezione hegeliana della vita spirituale. Questa si costituisce e si sviluppa sempre come una totalit: ed proprio questa totalit che si manifesta nella religione. Nellesperienza religiosa, ogni momento o aspetto particolare vissuto nei modi in cui esso sta in relazione con la totalit del reale. La sintesi e la conciliazione tra il finito e linfinito costituiscono il fondamento stesso della vita spirituale: e ci per la stessa fondamentale costituzione del reale e non soltanto perch, sul piano della religione, sono superati e riscattati tutti i limiti e tutte le contraddizioni dellesistenza. La vita spirituale si realizza in modo compiuto, solo allorch il soggetto finito assume consapevolezza della totalit nel cui ambito i singoli momenti e le particolari esperienze storiche si pongono in relazione reciproca. Attraverso la religione lindividuo attua lesperienza della totalit spirituale, assume, dunque, piena consapevolezza di s (del senso della sua vita e di ogni suo singolo atto), considerando se stesso sotto il profilo della realt spirituale universale e assoluta e, dunque, riconoscendo in s, in qualche modo, la forma dello Spirito assoluto.

Dunque gi nella concezione hegeliana della religione possiamo individuare il nucleo dellintera concezione hegeliana della realt come vita spirituale che si svolge in un infinito processo e in forme che realizzano sempre la sintesi di particolare e di universale. Come vedremo, la coscienza della presenza delluniversale nel particolare, della totalit nella singolarit, conseguita, per Hegel, dallarte, dalla religione e dalla filosofia. Questultima ben preso si configura, nello sviluppo della riflessione hegeliana, come la scienza concettuale, che ha il compito di rendere pienamente intelligibile (attraverso la costituzione di una scienza che ha i caratteri del sapere assoluto, cio di un sapere in cui non rimane nessun residuo che non sia risolto sul piano del concetto e che continui a presentarsi come un dato) la sintesi e la conciliazione tra il particolare e luniversale, il finito e linfinito. Ci che gi negli scritti Scritti teologicoreligiosi giovanili emerge listanza della consapevolezza della vita spirituale come esperienza e forma della realt nella quale si attua quella conciliazione. Le prime riflessioni di Hegel sulla religione risalgono al periodo di Stoccarda, quando egli frequentava lultimo anno al Realgymnasium: infatti del 1787 lo scritto Sulla religione dei Greci e dei Romani. Hegel cercava di individuare, attraverso lesame della vita religiosa, i caratteri della spiritualit propria di unepoca, e vedeva, nei modi in cui articolava lesperienza del rapporto col divino, le modalit stesse di articolazione dellesperienza storica nella sua totalit e nel fondamentale principio unitario che la animava. Egli, perci, considerava la rappresentazione del divino presso lumanit primitiva e seguiva la trasformazione di quelloriginaria idea religiosa nella Grecia e a Roma. Nello stadio pi antico, egli osservava, gli uomini si rappresentavano la divinit come un essere onnipotente, da cui dipendeva tuttta la vita che si svolgeva nel mondo, dunque ogni bene e male (avvertiti come premio e punizione). Questi uomini scriveva Hegel non si accorgevano che ogni male non male reale, che la mala sorte e le sventure dipendevano da loro stessi. Dopo aver rilevato che il politeismo nacque dalla fusione in un unico stato di gruppi etnici diversi e che il predominio della fantasia favor lo sviluppo della rappresentazione della divinit e delle cerimonie di culto, mentre intanto la funzione primaria della religione nella societ contribuiva alla formazione di una casta sacerdotale privilegiata, Hegel osservava come nel mondo greco la concezione del divino e lesperienza religiosa avessero raggiunto un livello particolarmente alto e consapevole: In Grecia notava tra laltro insegnavano che ad ogni uomo dato di raggiungere la felicit, poich a questa conducono la morale e il sapere. Nel periodo di Tubinga le riflessioni sulla vita religiosa hanno uno sviluppo notevole. Sia Hegel che Holderlin e Schelling espressero dei giudizi negativi sullesperienza di Tubinga e sullambiente ristretto, chiuso e dogmatico, di quelluniversit. La formazione del giovane Hegel si sviluppa in contrasto dialettico con linsegnamento che col era tenuto da parte di personalit di rilievo. Alla facolt di teologia insegnavano gli esponenti della corrente teologica del soprannaturalismo biblico; e troviamo Hegel particolarmente impegnato nella discussione degli argomenti teologici, non tanto per un puro interesse per le tematiche che vi si trattavano, quanto, invece, perch quelle dispute toccavano il campo della teologia razionale e della critica kantiana e fornivano spunti interessanti per lo sviluppo di una interpretazione razionale della religione e della vita spirituale nel suo complesso.79 Egli, perci, traeva lo spunto per sviluppare alcune
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Hegel pot allora ascoltare le lezioni di G. C. Storr, fondatore della vecchia scuola teologica di Tubinga e iniziatore della stessa corrente del soprannaturalismo biblico. Questo studioso rivolgeva la sua polemica soprattutto contro Semler, uno dei principali rappresentanti della teologia illuministica tedesca. Costui partiva dallidea che ciascun cristiano fosse libero di dare uninterpretazione personale dei testi sacri e quindi affermava che in essi si pu seguire uno svolgimento storico, per cui non tutti i libri del Nuovo e dellAntico testamento sono ugualmente autorevoli: a ciascuno doveva essere riconosciuta la facolt di compiere unanalisi dei testi e di porre a fondamento della propria concezione religiosa una parte o laltra della Sacra Scrittura. Laspetto storicistico di questa concezione attirava linteresse del giovane Hegel. Contro le affermazioni semleriane, la scuola di Storr ribadiva il carattere soprannaturale della rivelazione e quindi lautorit di tutti i libri sacri. Lo stesso Storr aveva cercato di portare un notevole contributo a questa tesi, sostenendo in unopera apparsa nel 1787 lautenticit dellApocalisse. Semler poneva una distinzione fondamentale tra religio naturalis e religio revelata e osservava come il cristianesimo non potesse essere considerata una semplice religione naturale, poich in esso acquista un essenziale valore laspetto rivelativo; ma faceva unaltra distinzione molto significativa, tra religione e teologia, secondo cui questultima sarebbe la cristallizzazione dellesperienza religiosa caratteristica di una determinata epoca o cultura, cio la religione fatta sistema, dunque lipostatizzazione sovrastorica di unidea e di unesperienza di carattere storico. Il luteranesimo sarebbe sorto, ad esempio, come reazione alla tendenza della Chiesa romana a considerarsi depositaria della vera interpretazione dei testi sacri. Per in seguito la stessa Chiesa luterana avrebbe finito col porsi nella stessa posizione, ritenendosi in possesso della vera dottrina cristiana. Perci si era giunti a una radicalizzazione del contrasto tra razionalisti e teologi. Kant aveva osservato che luomo non pu con la ragione pronunciarsi sulla natura della rivelazione, non pu negarla ma neanche affermarla come elemento fondamentale dellesperienza religiosa, pu soltanto prenderla in considerazione

considerazioni sulla critica kantiana; in particolare, era colpito dallidea kantiana dellautonomia della ragione e considerava come un residuo dogmatico ogni assoggettamento della ragione ai fatti; rivolgeva la sua attenzione al travisamento operato dalla teologia di scuola nei confronti del criticismo e, sulle orme kantiane, mirava a tracciare il profilo della vera religione naturale. Gli scritti teologico-religiosi di Hegel traevano origine da questo clima polemico: essi sinseriscono in un disegno rivolto a disturbare il pi possibile, nel loro zelo di polemiche, questi teologi che ricorrono al materiale critico per rafforzare il loro tempio gotico. Hegel, in realt, pensava al compito di proseguire lopera di Kant di demolizione di ogni dogmatismo, per la costruzione di un sapere fondato sulla piena autonomia della ragione. In tal modo egli esprimeva il suo sostanziale accordo col programma di Kant e, in particolare, pensava allapplicazione del metodo critico alla sfera religiosa e teologica e alla fondazione di una teologia razionale e di una critica dellesperienza religiosa.80 Il modo critico di concepire la religione si configurava come un aspetto del programma di fondazione di una nuova spiritualit, caratterizzata dallaffermazione della libert. La religione, infatti, appariva come il fenomeno storico pi rilevante, in cui si esprime lo sviluppo spirituale nella viva coscienza di un popolo. Lorientamento storicistico allontanava, nello stesso tempo, Hegel dalle posizioni di Kant e di Fichte, che attuavano una riduzione della religione alla morale e quindi alle strutture trascendentali ed eterne del soggetto umano, sicch sfuggiva alla loro indagine ogni forma particolare e storicamente determinata di morale e di religione. Cos era sufficiente ai sostenitori della religione positiva e della rivelazione mostrare il fondamentale accordo dei princpi della religione rivelata con la forma generale della razionalit, per giustificare la legittimit della rivelazione e mettere in rilievo i limiti (rispetto alla determinazione di una religione storica positiva) della dottrina religiosa sviluppata sulle basi del criticismo. Hegel, spinto da tali motivi, era portato a polemizzare sia con la teologia tubinghese sia con la filosofia religiosa di Kant e di Fichte: mentre costoro avevano tracciato le linee di una religione razionale, egli si orientava verso la giustificazione teoretica di una religione di popolo. Per Hegel, infatti, il soggetto della religione non lindividuo singolo n luomo come essere generico, bens la collettivit storicamente individuata e realizzata. I frammenti sulla Volksreligion sono i soli testi veramente autonomi del periodo di Tubinga: essi risalgono probabilmente al 1793.81 Il maggiore frammento delinea i caratteri dellesperienza religiosa come espressione rilevante dello spirito: la religione si ritrova in ogni manifestazione della vita e permea di s ogni esperienza collettiva, ogni momento della vita di un popolo. Hegel, dunque, afferma la necessit di un rinnovamento religioso attraverso la riscoperta della religiosit originaria ed essenziale, intesa come espressione del bisogno delluomo di instaurare rapporti armonici con lintera realt circostante e, nello stesso tempo, come fonte di tutte le norme etiche, oltre che motivo di sviluppo fantastico, nel senso della rappresentazione di un mondo popolato da divinit benevole. In questo senso, egli esprimeva una significativa valutazione, sostenuta da un sincero sentimento nostalgico, dellesperienza religiosa e politica dellantica Grecia.82 Hegel come un carattere accidentale di essa. Storr sottolineava il fatto che la rivelazione non era in contrasto col criticismo e traeva da ci spunto per unulteriore difesa del soprannaturale; dunque la ragione non capace di fondare una religione e non dato ad alcuno avere unesperienza meramente naturale e umana degli enti sovrasensibili. Perci impossibile impugnare lautenticit e lattendibilit delle dottrine bibliche, sulla base della sola ragione teoretica. Ci sembrava una conseguenza dello stesso criticismo. E perci, per questo indirizzo, la religione non pu fondarsi che sulla rivelazione. 80 Ragione, libert, regno di Dio sulla terra, regno dei fini, chiesa invisibile: nella terminologia kantiana in cui Hegel, insieme a Holderlin e Schelling, esprime il comune ideale da realizzare, indicato il radicale mutamento di prospettiva, entro cui, sganciato da preoccupazioni dordine dommatico, vive il problema religioso (C. Lacorte, Il primo Hegel, Sansoni, Firenze 1959, p. 196). Nel clima del nuovo umanesimo e della filosofia idealistica, Hegel avvertiva tutta la pregnanza del programma di instaurazione della libert e della dignit delluomo. Nel 1795 egli scriveva a Schelling: Ma perch si giunti tanto tardi a decretare in modo pi alto la dignit delluomo, a riconoscere il suo potere della libert, che lo colloca nelleguale ordine di tutti gli spiriti? Credo che non vi sia del tempo un segno migliore del fatto che lumanit venga dichiarata in se stessa degna di rispetto (Cit. da G. Semerari, in introduzione a Schelling, Bari 1971, p. 30). 81 Lelaborazione della Volksreligion compendia il risultato di tutti gli studi e della riflessione di Hegel, raccoglie lesperienza delle sue precedenti composizioni scolastiche, e rappresenta la prima spontanea e significativa formulazione della sua propria concezione filosofica (C. Lacorte, op. cit., p. 306). 82 Ahi scriveva il giovanissimo Hegel - dai lontani giorni del passato perviene allanima sensibile, alla bellezza umana e alla sua grandezza, una immagine luminosa, limmagine del genio di un popolo, figlio della felicit e della libert, alunno della bella fantasia. Il legame di bronzo dei bisogni lo ha legato alla terra materna. Ma esso con i suoi sentimenti, con la sua fantasia, lo ha cos lavorato, affinato, abbellito, con laiuto delle Grazie lo ha cos circondato di rose, che se ne compiace come di una parte di se stesso. A suo servizio erano la gioia, la letizia, la grazia. La sua anima era piena della coscienza della sua forza e della sua libert [] Questo genio scomparso dalla terra (Cit. da A.

vedeva nella religione greca una felice sintesi di fede soggettiva e di positivit istituzionale: lo spazio pubblico era allora quello stesso della vita individuale e la religione faceva tuttuno con la politica: cos quella realt storica appariva come lesempio di una spiritualit popolare pienamente realizzata. La religione, infatti, non data dalla sola fede individuale, poich, se lo slancio mistico verso la divinit rappresenta un elemento importante del fatto religioso (lelemento soggettivo, qua creditur), il complesso delle credenze, dei simboli e dei riti che costituisce il contenuto della religiosit (laspetto oggettivo, quae creditur). Con la stessa coerenza Hegel rintracciava la causa di ogni decadenza nella dissoluzione dello spirito religioso della collettivit e si soffermava su quel successivo momento e fenomeno storico, per cui lo sfacelo delle antiche repubbliche cittadine ha significato il tramonto della societ in cui fiorivano la libert e la grandezza umana, la trasformazione del cittadino eroico e repubblicano della polis nel semplice, egoistico, uomo privato della societ moderna, nel borghese. Negli scritti del periodo di Berna (1793-96), questa tematica politico-religiosa si delinea con maggiore chiarezza. Hegel muove dalla consapevolezza della scissione spirituale che caratterizza il suo tempo e dallurgenza di aver ragione, attraverso la riflessione, della profonda lacerazione da cui afflitta la coscienza del suo popolo. Egli rintraccia, quindi, uno dei motivi della crisi nella decadenza della vita spirituale, di cui uno dei fattori la riduzione della religiosit a culto esteriore e a legalit formale. Il cristianesimo non si configurato come una vera religione di popolo: nato in unet di crisi politica e come strumento di salvezza individuale, esso si via via identificato con le istituzioni, legittimando lobbedienza al potere costituito. Esso, pertanto, era inadeguato a interpretare le esigenze di piena rivendicazione della dignit umanae di concorrere ad attuare il regno della libert e della ragione. Il primo breve frammento che precede la vita di Ges riguarda questo limite del cristianesimo rispetto alle esigenze politiche e spirituali dei tempi; il secondo frammento illustra le ragioni che hanno favorito laffermazione di esso, sottolineando lo stato di decadenza politica dellet imperiale romana, nella quale la massa, che non ha pi virt pubbliche, che si trova gettata in uno stato di oppressione, ha bisogno di altro, sostegni, consolazioni, per avere un compenso alla miseria che non pu pi mitigare.83 Hegel poneva il problema del recupero della dimensione pubblica e collettiva da parte del popolo e, dunque, metteva in rilievo le profonde contraddizioni e lacerazioni della coscienza moderna, relegata nella particolarit individuale e costretta a vivere in uno stato di separazione dalluniversale. Si trattava di rispondere allaspirazione che si profilava potentemente allorizzonte per la ricostituzione di unarmonia tra lesistenza finita e lo spirito infinito.84 Massolo, Prime ricerche di Hegel, in la storia della filosofia come problema, Vallecchi, Firenze 1973, p. 47). Come osserva acutamente il Massolo, il segreto di questo frammento la sofferenza per luomo, per luomo tedesco, il cui spirito sta solitario, fuori di un mondo, nel quale pi non si pu riconoscere; e in esso espressa lesigenza delluomo totale. Un possibile antikantismo osserva Massolo ha in quella esigenza il proprio fondamento. [] Kant il filosofo delluomo dualizzato. Schelling, quando porr tematicamente il problema delluomo come restituzione alluomo della sua totalit, indicher nella filosofia kantiana la teorizzazione dei molteplici dualismi nei quali luomo del tempo soffre della propria astratta situazione. Ma se Schelling nella sua maturit concluder con laffermazione che luomo, in quanto tale, il risultato di una estraneazione, di una caduta della quale lAssoluto non pu aver ragione, se non avendo ragione delluomo, Hegel manterr la problematica nella storia stessa delluomo. E interessante notare come gi inizialmente il destino delluomo sia da Hegel posto come destino di popolo, come dunque gi inizialmente la coscienza individuale sia determinata come coscienza privata, come coscienza storica anchessa. Dentro questa problematica va configurata la sua polemica con certi aspetti e orientamenti dellilluminismo e in odo particolare con lottimismo e la presunzione di rivolgersi alluomo in nome di un intelletto universale identico in ogni tempo come espressione della verace natura umana (Op. cit., p. 48). Lattenzione di Hegel rivolta verso le forme concrete di attuazione delluomo e non verso un essere generico delluomo stesso: sono significative, cio, le concrete esperienze storiche; e, a questo proposito, la religione e la politica degli antichi greci costituiscono un modello esemplare di armonia e di completezza totale della realt umana. 83 Cfr. A. Massolo, op. cit., p. 61. 84 Lumanit scriveva Hegel dopo secoli di nuovo capace di idee []. Tutto ci che di bello c nella natura umana e che noi da noi stessi avevamo alienato nellindividuo estraneo (il Cristo), dacch per noi stessi avevamo lasciato soltanto tutta quella miseria, della quale essa capace, noi lo riconosciamo di nuovo con gioia come opera nostra, ce ne appropriamo di nuovo e con ci apprendiamo a stimarci, laddove prima credevamo soltanto che pu essere soltanto oggetto di disprezzo (Ib., p. 62). Come si vede, Hegel poneva il problema dellalienazione umana attraverso la religione, cio la scissione della coscienza dalluniversale (che pure appartiene alla sua struttura), lestrema riduzione allo stato di coscienza individuale, incapace di vera vita collettiva. Era chiara, daltra parte, la connessione con la dimensione politica: luomo moderno, che ha inteso realizzarsi sul piano della mera individualit, ha perduto il senso del bene comune ed diventato incapace di vera vita politica. Non solo Hegel anticipa i motivi essenziali della tematica sviluppata dalla Sinistra hegeliana, ma anche quelli che saranno approfonditi da Marx, intorno ai limiti del sistema borghese-capitalistico. Per quanto riguarda gli sviluppi del pensiero hegeliano sullintera problematica, basta

Nella Vita di Ges, Hegel intende recuperare alcuni motivi originari del cristianesimo, che ritiene ancora capaci di rispondere ai bisogni spirituali del tempo. Il senso della predicazione di Ges chiarito alla luce della dottrina etico-religiosa di Kant, cio come affermazione dellimperativo etico, della pura legge del dovere e dellordine morale universale, al di l di ogni ordine legale costituito e, dunque, al di fuori di ogni contaminazione con istituti storici particolari. Cos spiegato perch il messaggio evangelico si presentava in radicale contrasto con le istituzioni esistenti e con la legge scritta; e la morte e resurrezione di Cristo sono una testimonianza della verit e immutabilit della pura coscienza morale, intesa come la struttura fondamentale sulla quale impiantata lesistenza umana. Nello scritto successivo su La positivit della religione cristiana, Hegel dimostra come il messaggio cristiano, divenuto dottrina della Chiesa, si sia inevitabilmente andato contaminando con gli aspetti della realt storica e, nello stesso tempo, abbia agito come elemento propulsivo di vita morale universale, mutandosi, per, sotto la spinta delle esigenze di costituzione di strutture di potere, in legge positiva dogmaticamente imposta. Ges in realt ha superato il concetto ebraico di legalit e ha operato la riconciliazione tra Dio e luomo attraverso lamore e la fratellanza come valori sui quali si sarebbe dovuta fondare la vita degli uomini. Ma il messaggio evangelico non riuscito a permeare di s la societ: la comunit cristiana primitiva si isolata dalla societ e non ha potuto esercitare su di essa una spinta alla trasformazione nel senso indicato dalla predicazione di Ges, piuttosto finita per essere travolta; e il messaggio religioso-morale originario stato assorbito nelle formulazioni dogmatiche e nel complesso istituzionale della Chiesa. Hegel, perci, continua a considerare laffermazione socratica dellautonomia della coscienza morale come la vera matrice di ogni filosofia della libert; tuttavia si orienta verso una visione dialettica e tende a ricercare motivi di conciliazione tra le istanze ideali che operano nella storia e la positivit delle istituzioni che ad esse oppongono resistenza. Nel periodo di Francoforte (1796-1800) questa evoluzione della riflessione hegeliana , si pu dire, compiuta. Nello scritto Lo spirito del cristianesimo e il suo destino, Hegel rileva che il destino tragico del cristianesimo la negazione dello stesso messaggio di Cristo, ma che questo esito negativo costituisce un fattore fondamentale della positivit storica del cristianesimo stesso, che ha avuto un ruolo decisivo nella costituzione del mondo occidentale. Lidealit astratta del messaggio cristiano stata negata dai molteplici fattori che hanno agito nella storia; daltra parte, essa si posta come negazione della realt storica, riluttante ad accogliere le istanze di radicale riforma secondo i princpi evangelici (esprimenti, in realt, una condizione di purezza morale ideale e di astratta universalit). Questo duplice processo di negazione ha, per, dato luogo a uno sviluppo dialettico, cio a un esito caratterizzato dalla negazione della negazione, dunque dal duplice superamento dellidealit astratta da un lato e della positivit immediata dallaltro. Cos ideale e reale si conciliano nel corso della storia; e la razionalit consiste proprio in questo processo in cui il particolare e molteplice trova una modalit di sintesi e di unificazione con luniversale e cos riscatta i suoi limiti e le sue contraddizioni nella superiore totalit spirituale, che perviene a costituire, a sua volta, una realt storica positiva. Nel Frammento di sistema del 1800, il cristianesimo, che ha come suo principio fondamentale il dogma dellunione della natura umana e divina in Cristo, cio dellunione e della conciliazione di finito e infinito, costituisce il modello della stessa concezione dialettica della realt. La realt , nella sua essenza e totalit, un vivente processo dialettico, attraverso il quale la vita divina, in virt di una fondamentale forza damore, si diffonde e si concreta negli innumerevoli aspetti del mondo, ciascuno dei quali rimane legato al suo destino di finitezza, ma trova il odo di continuare a vivere nel corso dialettico delle opposizioni e delle conciliazioni, risolvendosi sempre in nuove sintesi. Questo destino del finito espressione della stessa vita infinita: il finito si risolve nellinfinito, il limite della finitezza superato nel processo infinito di quelle conciliazioni. Questa , per Hegel, la verit che la filosofia intravede, ma che la religione capace di proclamare con evidenza, facendola vivere nella realt concreta del mondo degli uomini. La teologia giovanile hegeliana contiene gi il nucleo della concezione dialettica: essa, infatti, ruota intorno allinterpretazione filosofica della Trinit, per cui il padre lunit ancora indistinta, len kai pan, il Figlio luomo che si staccato attraverso una scissione, lo Spirito Santo la conciliazione e la riunificazione attraverso lamore. Questa dialettica caratterizza anche lesistenza del singolo uomo: il quale dapprima immerso in una unit indistinta e innocente, inconsapevole; poi se ne stacca, per seguire il proprio egoismo, come un destino da lui non voluto; infine ritrova la sua realt attraverso lamore, che lo riconcilia col senso della vita. In tal modo si delinea una opposizione fondamentale al centro delluniverso: da un lato luniversale, dallaltro lindividuo. Dal punto di vista della scissione, questi elementi sono di per s considerare la sezione della Fenomenologia dedicata alla ragione attiva e alle sue espressioni nellindividualismo moderno.

insufficienti e infelici: luniversale separato dallindividuo il destino ostile, il Dio degli Ebrei, lontano e privo di amore; daltra parte, anche lindividuo isolato non che una morte in divenire, qualcosa che si annulla nel momento stesso in cui appare, senza senso e senza vera realt. Solo lunione d luogo alla vita autentica di entrambi: non solo la parte non ha significato se non si risolve senza residui nel tutto, ma anche il tutto non ha vita se non si articola nel sistema delle singole parti. Il nesso del finito e dellinfinito, cio del tutto con le sue parti, , quindi, il problema centrale della filosofia. E soltanto una filosofia che sia dialettica, cio penetrazione logica dellopposizione e della conciliazione delle parti della vita, pu comprendere questo nesso: giacch per lintelletto (e le scienze positive che su di esso si fondano) esso non pu che costituire un mistero incomprensibile. Essendo, poi, la scissione al centro delluniverso, la dialettica dovr avere un ritmo triadico, dovendo essa rispecchiare i tre momenti idealmente successivi dellunit originaria, della scissione e della sintesi finale. La scissione, tuttavia, non da eliminarsi dalluniverso; anzi essa la forza operante che tutto muove, e senza di essa la totalit rimarrebbe ferma, paralizzata, senza possibilit di sviluppo. E interessante anche il modo in cui Hegel interpreta la caduta delluomo nel peccato e la sua redenzione attraverso lapplicazione del modello dialettico. La caduta il prodotto tipico della scissione, con la conseguente opposizione di due entit positive. Il concetto di positivit fondamentale in Hegel: esso indica la situazione in cui viene a trovarsi lindividuo finito allorch si fissi nella propria finit. Sorgono cos le individualit storiche, che non sono altro che la serie dei positivi che scaturiscono dallunit originaria e che ad essa dovranno ritornare. Allorch uno di questi positivi pretende di levarsi contro luniversale, esso cade nella colpa, la quale richiama lintervento ostile delluniversale, altrettanto isolato, cio la pena. Ma la pena inefficace a risolvere la dialettica della colpa, che solo attraverso lamore si pu risolvere nella conciliazione. Positivit, colpa, pena appartengono tutte al regno della determinatezza storica, che pure il regno dellaccidentale, cio della possibilit contingente, priva di necessit logica. Ma la storia altro e pi che la serie delle determinatezze positive: essa sorge solo allorch lindividuo rinunzia alla sua finitezza, cio alla sua positivit, per ascriversi al regno dello sviluppo dialettico dei momenti ideali: egli si concilia cos con luniversale e diviene uno dei fattori del processo storico, che , insieme, processo ideale. Il compito della filosofia appare gi come la ricerca volta a comprendere il piano storico delluomo considerato nella sua aspirazione a sollevarsi alla vita infinita delluniversale realt. La Fenomenologia dello Spirito Hegel scrisse la Fenomenologia dello Spirito nel 1806 a Jena, mentre Napoleone entrava nella citt e si diffondeva la sensazione che fosse iniziata una nuova epoca nella storia del mondo. La rivoluzione francese, che sembrava allora portata a compimento, rappresentava la svolta decisiva verso la verit sia storica (rappresentata dalla libert umana) che filosofica (espressa dal sapere assoluto). La frase Il mondo diventa spirito riassumeva il senso di questa svolta epocale: ed Hegel voleva dire non solo che il mondo diventava la sede in cui si sarebbero realizzati i piani dellumanit, ma anche che il mondo di per se stesso si rivelava ora (ed era conosciuto dal filosofo) nella sua vera essenza, cio come continuo processo di realizzazione della razionalit. Hegel concep la Fenomenologia dello Spirito come una introduzione al suo sistema filosofico. Sappiamo che dal 1801 al 1806 egli scrisse circa duemila pagine, sviluppando le linee di un sistema compiuto. Nel corso dellelaborazione, poich non appariva imminente la pubblicazione dellintera opera, Hegel mut il piano originario, incorporando gran parte del sistema in quella che invece sarebbe dovuta essere una parte introduttiva. La Fenomenologia intende mostrare il cammino che la coscienza percorre per pervenire alla verit assoluta, che consiste nella conoscenza del mondo come processo dello spirito. Il mondo non come appare, ma come viene compreso dalla filosofia. Ci che importante, perci, attuare una filosofia che sia capace di comprendere il vero essere del mondo storico. Questo sapere diventa possibile allorch compiuta la storia dellesperienza della coscienza.85 Hegel intende ripercorrere il duplice cammino, storico e teorico, attraverso il quale la coscienza perviene al sapere assoluto e alla condizione di soggetto del mondo come spirito. I due aspetti, in realt, sono complementari, poich solo in una condizione in cui il reale divenuto spirito, il sapere non riguarda pi qualcosa di diverso dalla coscienza, ma riguarda la coscienza stessa, in cui il mondo, fatto spirito, si identifica. Il sapere assoluto, infatti, quello che supera lopposizione tra soggetto e oggetto.

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Questo il titolo dello scritto che costituisce la prima parte dellopera.

La coscienza non determinata che da se stessa: essa conosce solo le sue determinazioni; e gli aspetti e i fatti del mondo non sono altro che tali determinazioni. La scienza dellesperienza della coscienza termina laddove la coscienza si libera dallapparenza di essere condizionata da un mondo dato (cio da altro di s). La coscienza ora sa che il mondo non altro che lespressione dello sviluppo storico di se stessa. Allora pu procedere anche ad esaminare le tappe di questo sviluppo. La filosofia riguarda la realt come espressione dello sviluppo storico della coscienza. La fenomenologia intende seguire lo svolgimento della coscienza storica; e ovviamente il suo strumento dindagine il punto di vista dialettico, proprio della ragione, che la coscienza ha conquistato attraverso il superamento del punto di vista della coscienza naturale (o coscienza comune, propria delluomo della strada). Solo la concezione (gi conseguita) della realt come sviluppo della coscienza storica rende possibile, daltra parte, il punto di vista filosofico. In realt, si pu indagare non su una ipotetica forma di sapere senza contenuto, bens su un sapere in atto. La critica kantiana si basa ancora sul presupposto indimostrabile che il conoscere (come forma del sapere) sia separato dal suo contenuto (la realt oggettiva). Presupposto, del resto, eliminato dallidealismo. Ammettere che il conoscere stia da una parte e la realt dalla parte opposta proprio della conoscenza intellettuale. Questa la conoscenza tipica di quella filosofia che Hegel critica come filosofia della riflessione, la quale permane legata al dualismo di soggetto e oggetto. Si tratta, cio, di una conoscenza intellettuale, che non procede dialetticamente, non comprende le modalit di unificazione degli opposti e non perviene al punto di vista della totalit. La critica della conoscenza possibile allorch si raggiunto il punto di vista di un sapere che ha per oggetto se stesso. Essa un controsenso allorch si ancora nello stadio del sapere fenomenico. La coscienza fenomenica si rapporta a un proprio sapere qualcosa che considerato in s. E solo la coscienza filosofica sa che tale in s costituisce solo una modalit della coscienza fenomenica. Mentre la coscienza naturale pura presentazione, ci che rende possibile lapparire delle cose, dal punto di vista della coscienza speculativa noi vediamo sorgere il mondo delloggettivit attraverso lattivit della coscienza: lin s, ci che appare indipendente dalla coscienza, viene a svelarsi come il per s, ci che per la coscienza e non altro che un momento o un aspetto dello sviluppo di essa. La scienza dellesperienza della coscienza possibile per il punto di vista della coscienza speculativa. La realt (il mondo) appare, a questo punto, come il termine dello sviluppo della coscienza, lespressione della coscienza storica. Il mondo che il sapere assoluto coglie questo mondo della coscienza storica, cio questa coscienza nel suo vero contenuto. Nel movimento dialettico, per cui lin s negato ed riaffermato come per s, la coscienza riconosce la legge fondamentale del suo sviluppo (e tale sviluppo non riguarda un soggetto che ha di fronte a s la realt, ma la stessa coscienza che si svolge come mondo reale). Lintera storia (lo sviluppo della realt) appare come lo svolgimento dialettico delle figure della coscienza: e la scienza di questo sviluppo la fenomenologia dello spirito. I momenti fondamentali dello sviluppo fenomenologico sono quattro: la coscienza, lautocoscienza, la ragione, lo spirito. La coscienza rappresenta il momento teoretico, cio lo sviluppo dellattivit conoscitiva. Il primo stadio quello della certezza sensibile. A questo livello, sia il soggetto che loggetto appaiono individuati: io vedo questa casa qui, in questo particolare luogo, e in questo particolare momento, ora. Questa casa considerata reale e appare esistere per s. Lio che la vede sembra non essere essenziale, pu esserci come non esserci, e conosce loggetto solo in quanto loggetto esiste. Lelemento invariabile che viene colto nel flusso delle impressioni non loggetto (la casa che vedo in questo momento in un altro momento non la vedo pi), ma costituito dal qui ed ora (in un luogo e in un momento ugualmente determinati io vedo un altro oggetto). Il qui ed ora sono gli unici elementi che rimangono permanenti nel continuo mutare dei dati oggettivi. Inoltre, esistono come qualcosa di negativo; il loro essere un non-essere: lora in quanto non questo giorno, questa notte, ecc.; il qui in quanto non questo albero, questa casa, ecc. Il qui e lora sono qualcosa di universale; e questo universale costituisce la verit della certezza sensibile. Se loggetto particolare svanisce nella certezza delluniversale qui ed ora, lo stesso accade per il soggetto determinato. Da principio, lio individuale appare come lunico punto fermo nello scorrere dei dati sensibili. Ma se vedo una casa qui ed ora, io intendo che ognuno potrebbe prendere il mio posto come soggetto di questa sensazione. Lio, dunque, diventa universale. La verit appare come il risultato di un doppio processo di negazione: la negazione delloggetto per s e quella dellio individuale. Lesperienza sensibile ha cos dimostrato che il suo contenuto reale non il particolare, ma luniversale. Ma si tratta di un universale che pura forma senza contenuto (il qui ed ora, lio come soggetto indeterminato). Perci la coscienza passa a un livello pi alto, in cui luniversale il contenuto, loggetto stesso. Questo tipo di conoscenza la percezione. Gli oggetti percepiti sono cose, entit che eprmangono identiche nei mutamenti del qui ed ora. Per esempio, io chiamo questa cosa che percepisco sale: in

questo caso mi riferisco alla unit specifica della sostanza rispetto alla molteplicit delle sue propriet variabili. La cosa, da una parte, sembra non essere altro che il semplice essere insieme di tali propriet, il mezzo che le sostiene e le fa stare insieme. Daltra parte, essa qualcosa di pi. Le propriet, infatti, non sono arbitrarie e scambievoli, ma piuttosto ne escludono e negano altre. La cosa , dunque, non ununit indifferente a ci che , ma [] ununit esclusiva e che respinge da s propriet non sue. La cosa unit nella diversit: luniversale comprende la diversit e nello stesso tempo si mantiene come unit. La cosa afferma se stessa attraverso il suo opporsi ad altre cose e distinguersi da esse; perci la sua vera sostanza deve essere colta nelle relazioni che essa stabilisce con le altre cose. Comprendere tali relazioni non , per, in potere della percezione, ma compito dellintelletto. Lanalisi della percezione ha condotto allunit nella differenza o alluniversale incondizionato (in quanto lunit della cosa si afferma nonostante e attraverso tutte le condizioni che la limitano). La cosa di rivela unit che si autocostituisce in una molteplicit di rapporti con altre cose. La sostanza della cosa (ci che tiene insieme le diverse propriet) la forza. Questa una relazione i cui elementi sono distinti e tuttavia non divisi luno dallaltro. Ma la forza non unentit del mondo della percezione: possiamo percepirne leffetto. E lintelletto che coglie il concetto che consente di capire come diverse propriet stanno insieme unite nellunit sostanziale della cosa. Se consideriamo la sostanza delle cose come forza, andiamno oltre le propriet percettibili e raggiungiamo qualcosa che alla loro base e che possiamo definire come il vero reale. Infatti, se la sostanza delle cose forza, il loro modo di esistere nelle loro propriet percettibili risulta essere apparenza.86 La scoperta che la forza la sostanza delle cose d al processo della conoscenza la possibilit di penetrare nella sfera dellessenza.87 Il mondo dellesperienza sensibile il territorio dellapparenza. Il mondo dellessenza al di sopra del mondo della percezione. Hegel chiama questa prima comprensione dellessenza la prima e pertanto imperfetta manifestazione della Ragione. Il mondo dellessenza costituisce una sfera di leggi permanenti, che riguardano le modalit dei rapporti degli elementi allinterno di una determinata cosa e dei rapporti tra le varie cose. Tale mondo viene alla luce allorch le cose appaiono rette da una legge, cio allorch esse vengono colte e mantenute in tutti i momenti della loro apparenza. Il principio metodologico che consente di comprendere le leggi che regolano lunificazione costante della molteplicit fenomenica nellunit dellessenza appartiene allintelletto. Il senso comune e il pensiero scientifico tradizionale considerano il mondo come una totalit di cose esistenti per s e cercano la verit in oggetti considerati indipendenti dal soggetto conoscente. Per Hegel, invece, non vi alcuna verit che non riguardi lo sviluppo e lattivit della coscienza. Lintelletto la facolt che presenta un mondo reificato e sviluppa il sistema scientifico corrispondente. E la ragione che distrugge la morta oggettivit del mondo apparente e considera il mondo per ci che esso essenzialmente , cio come espressione della realizzazione storica della coscienza. Una volta raggiunta la fondamentale verit, che, cio, le cose hanno significato in quanto sono espressioni dello sviluppo della coscienza, il filosofo si pu accingere a tracciare le linee di questo sviluppo. In realt, Hegel tende a dimostrare che luomo, in quanto espressione della storia dellautocoscienza, non trova nulla nel suo camino che sia estraneo a se stesso e che non sia, in qualche modo, espressione del suo modo dessere. Il limiti, i condizionamenti, le contraddizioni sono allinterno dellautocoscienza e sono superati e risolti in virt della stessa dialettica messa in atto da essa medesima in quanto ragione. Luomo, cio, interamente padrone del suo mondo. Vediamo, ora, le tappe dello sviluppo storico dellautocoscienza. Lautocoscienza, in primo luogo, si trova in uno stato di desiderio: luomo, svegliatosi nellautocoscienza, desidera gli oggetti intorno a s, se ne appropria e li usa. Ma in tale processo egli subito perviene ad avvertire che i veri rapporti non sono con le cose, ma con gli altri individui (le altre autocoscienze). I rapporti con le cose non sono in realt che rapporti con gli altri. Hegel dice che lautocoscienza raggiunge la sua soddisfazione solo in unaltra autocoscienza. Lindividuo pu diventare ci che solo attraverso un altro individuo; la sua stessa esistenza consiste nel suo essere per un altro. Lanalisi di Hegel parte dallosservazione che il mondo in cui lautocoscienza incomincia a riconoscere se stessa (riconoscimento che avviene attraverso il rapporto con le altre autocoscienze) diviso in due parti in conflitto: da una parte c il mondo in cui luomo legato al suo lavoro, in modo che questo determina la sua
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Il termine apparenza ha per Hegel un duplice significato. Esso significa anzitutto che una cosa esiste in modo tale che la sua esistenza diversa dalla sua essenza, e, in secondo luogo, che ci che appare lespressione di unessenza. 87 Si d anche un duplice modo di intendere la forza: un primo modo quello fisico-matematico, per cui luniverso risulta un sistema di forze misurabili; un secondo modo quello proprio della filosofia della natura, che intende cogliere ci che al di l dellapparenza fenomenica e cio la sostanza delle cose.

esistenza, e dallaltra parte c il mondo in cui luomo si appropria delle cose, della terra e degli altri uomini e del loro lavoro e dei beni che essi producono.88 Il rapporto che cos si instaura non di armoniosa collaborazione tra individui che riconoscono la loro funzione in vista di un bene comune, bens si rivela come una lotta per la vita e per la morte tra individui che hanno gi assunto due condizioni opposte: luno di padrone e laltro di servo. Questa lotta costituisce, del resto, lunico modo in cui luomo pu giungere allautocoscienza. Si viene cos a definire in modalit diverse lo stesso essere delluomo. Il servo non un uomo a cui accade di lavorare, ma divenuto essenzialmente un lavoratore; il lavoro lo costituisce, , si pu dire, il suo modo dessere. Egli produce oggetti che non appartengono a lui e non pu neppure liberare la sua esistenza dal suo lavoro e dagli oggetti, n pu in alcun modo riappropriarsi della sua umanit alienata. Gli oggetti costituiscono la catena da cui egli non pu svincolarsi.89 Il lavoro, tuttavia, crea un mondo sociale di cui il lavoratore, a un certo punto, assume la coscienza di essere parte fondamentale. Il servo che lavora si vede e si riconosce nellintero mondo intorno a lui, nelle cose da lui prodotte e nelle stesse forme di vita degli altri, in primo luogo del suo signore. La sua coscienza come esternata nel mondo oggettivo nella sua complessit ed pensata nella condizione della permanenza. Da questa condizione dipende anche il signore, il quale, in realt, perde, a sua volta, la sua autonomia e libert, in quanto la sua esistenza legata allattivit del servo e ai prodotti del suo lavoro. Il rapporto servo/signore esprime, cos, la sua interna forza dialettica. Esso si configura come il rapporto in cui ognuna delle due parti riconosce di avere la sua essenza nellaltra; e lopposizione tra soggetto e oggetto tende a scomparire, poich loggetto si rivela nella sua essenza di oggettivazione di un soggetto che riacquista coscienza di s. Ecco che il lato dellesser-in-s o della cosalit, che nel lavoro riceveva la forma, non per nulla una sostanza diversa dalla coscienza; e cos a noi venuta sorgendo una nuova figura dellautocoscienza; una coscienza che, come linfinit o il puro movimento della coscienza, a se stessa lessenza: una coscienza che pensa o che autocoscienza libera (Fenomenologia, tr. De Negri, pp. 165-166). Il soggetto che pensa, infatti, sa che il mondo oggettivo un prodotto della sua attivit, cio una estrinsecazione di s. In questa consapevolezza consiste, per Hegel, la fondamentale condizione di libert del soggetto: libero, cio, luomo che pervenuto alla consapevolezza intorno al suo essere proprio. Attraverso il dominio di ogni esteriorit oggettiva, che riportata allo sviluppo dellattivit spirituale, il soggetto veramente libero: infatti non rimasto nessun residuo di realt esterna (estranea al suo essere) che possa condizionarlo e limitarlo. Si tratta, ovviamente, di una condizione che si realizza a libello di puro pensiero, di autocoscienza: ma questa libert, conseguita sul piano del pensiero, fondamentale e costituisce la premessa per la conquista della libert nel mondo storico. Hegel individua nello stoicismo questa attuazione della libert dal punto di vista puramente teorico: la dottrina stoica, in questo senso, rappresenta la pi coerente concezione dellessere delluomo come piena e completa autonomia spirituale. Lo stesso modo di esistere degli stoici (lo stile di vita, come possiamo dire) rappresenta il superamento di tutte le limitazioni esterne, provenienti sia dalla natura che dalla societ.90 Hegel, tuttavia, ritiene che questa forma di libert sia solo una condizione per lattuazione storica dellumanit libera e che, profilandosi ancora il mondo come qualcosa di estraneo e di ostile, non possa propriamente parlarsi di attuazione dellessenza delluomo.91 Egli vede, perci, nella successiva critica
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Il concetto di lavoro ha una funzione centrale in questa sezione in cui Hegel mostra che i prodotti dellattivit umana non sono cose inerti ma che in essi trasferita lessenza stessa del soggetto e che, pertanto, il loro destino (ad esempio di oggetti posseduti) trascina con s i soggetti che li hanno fatti. In realt, le condizioni per lo sviluppo del rapporto di signoria e servit sono gi poste nel primo momento in cui qualcuno si appropria dei prodotti dellaltrui lavoro. 89 E da notare che secondo questa esposizione la dipendenza del servo dal signore non il risultato di condizioni personali o naturali (inferiorit o prestigio, forza o debolezza, e cos via), ma mediata dal lavoro e dagli oggetti prodotti. Sostanzialmente, si tratta di modalit del rapporto tra luomo e i prodotti del suo lavoro. Luomo interamente considerato per ci che egli produce lavorando: sono presi in considerazione unicamente gli oggetti, in modo che luomo visto in rapporto ad essi, anzi in questi egli interamente risolto (alienato). In questo modo, il lavoro riduce luomo agli oggetti, tanto che egli non esiste pi che nella forma degli oggetti medesimi, cio nel modo delle cose. Luomo identificato con le cose che produce: egli un essere per queste cose. 90 Tale coscienza quindi negativa verso la relazione signoria-servit: il suo operare non quello del signore che trova la propria verit nel servo, n quello del servo che trova la propria verit nella volont del signore e nel servizio resogli; anzi il suo operare di essere libera sul trono o in catene, e in ogni dipendenza del suo singolo esserci; di riservarsi linerzia che dal movimento dellesistenza, cos dallagire come dal patire, si rifugia sempre nellessenza semplice del pensiero (Fenomenologia, p. 167). 91 La libert nel pensiero ha soltanto il pensiero per sua verit, - verit che senza il riempimento della vita, - ed quindi soltanto il concetto della libert, ma non proprio la libert vitale, giacch a tale libert essenza soltanto il

condotta dallo scetticismo come il passo da compiere per pervenire a una condizione di effettivo dominio dellestraneit oggettiva. Gli scettici, in realt, hanno inteso superare lostacolo, rimuovendo il concetto di una realt esterna indipendente. Ma questa operazione dovuta necessariamente limitarsi ancora al piano del pensiero e configurarsi, appunto, come destruens, senza pervenire a nessuna positivit storica.92 Il soggetto scettico si presenta come assoluta negativit, come la facolt di negare ogni determinazione reale data, ogni oggettivit (sulla base del principio per cui omnis determinatio est negatio). Certo, qui lautocoscienza non si limita ad un astratto porre se stessa, ma interviene a negare ci che altro, il mondo oggettivo in tutte le sue determinazioni. Laffermazione di s avviene attraverso la negazione di ogni alterit, lannientamento di tutte le determinazioni dellesistenza. Linfinit dellautocoscienza si rivela nel suo potere nientificante. Ma in questo modo, la coscienza scettica continua a far dipendere la sua realt dal mondo che essa via via nega: il suo essere consiste in questo negare ci che altro. Per un verso, essa si innalza a tutte le determinazione della realt (che appaiono differenze inessenziali); ma, daltra parte, rimane prigioniera di queste determinazioni, in quanto soltanto negandole nella loro particolarit accidentale afferma se stessa. La coscienza viene a dipendere proprio dallaccidentale, dal particolare che di volta in volta si presenta davanti alla sua attivit nullificante. Cos, mentre intende elevarsi alluniversalit dellio, questa coscienza in realt si pone, essa medesima, come accidentale. E di questa contraddizione interna al suo essere, la coscienza stoica non consapevole. Lautocoscienza passa, quindi, a quella che forse la pi famosa tra le sue figure storiche, alla forma della coscienza infelice. Questa coscienza infelice scissa entro se stessa cos costituita che, essendo tale contraddizione della sua essenza una coscienza, la sua prima coscienza deve sempre avere insieme anche laltra; e in tal modo, mentre essa ritiene di aver conseguita la vittoria e la quiete dellunit, deve immediatamente venir cacciata da ciascuna (Fenomenologia, p. 174). La coscienza infelice, perci, la coscienza di s come dellessenza duplicata e ancora del tutto impigliata nella contraddizione. Tuttavia, il senso della sua dialettica consiste nel suo superare la propria infelicit. Seguiamo le tappe di questo processo: la coscienza infelice dapprima come coscienza trasmutabile di fronte alla coscienza intrasmutabile, poi la figura dellintrasmutabile per la singolarit (luniversale concreto per la soggettivit) e infine il problema della unificazione delleffettualit e dellautocoscienza. Il primo stadio corrisponde allebraismo, il secondo alle prime forme del cristianesimo, il terzo rappresentato dal medioevo cristiano e si compie con il passaggio al rinascimento e alleta moderna (con laffermazione della ragione). Lautocoscienza si riconosce, in primo luogo, come molteplice; essa non si pone assolutamente come unit: io sono solo in quanto sono riconosciuto dallaltro e, reciprocamente, lo riconosco. Questa rappresentazione dellaltro pu radicalizzarsi, fino al punto in cui laltro appare come un altro essere della coscienza medesima. Se lautocoscienza si duplica, in tal modo, fino in fondo, si compie una scissione allinterno di essa, per cui si pone, insieme, anche come coscienza dell altro in modo assoluto (in quanto laltro indica lalterit in generale). La coscienza una e due nello stesso tempo: essa stessa luna e laltra.93 La prima forma in cui si esprime la coscienza duplice lopposizione fra lintrasmutabile e il trasmutabile, cio tra Dio e luomo (propria della religiosit ebraica), tra lessenza trascendente e laccidentalit mutevole.94 Lessere sta al di l della coscienza: un trascendente irraggiungibile, per cui gli sforzi

pensare in generale, la forma come forma, che, distaccatasi dallindipendenza delle cose, ritornata in s (Ib., p. 168). 92 Lo Scetticismo la realizzazione di ci di cui lo stoicismo soltanto il concetto: lesperienza effettuale di ci che sia la libert del pensiero; essa in s il negativo e deve cos presentarsi. [] Ora si palesa per la coscienza la totale inessenzialit e dipendenza di questo altro. Il pensiero diventa pensare perfetto che annienta lessere del mondo molteplicemente determinato, e la negativit dellautocoscienza libera, in questo vario e diverso configurarsi della vita, diventa la negativit reale (Ib., p. 169). 93 [] come una coscienza indivisa, nel medesimo tempo coscienza duplicata; essa stessa lintuirsi di unautocoscienza in unaltra; essa stessa luna e laltra autocoscienza, e lunit di entrambe le anche lessenza; ma essa per s non ancora questa essenza medesima; essa per s non ancora lunit di tutte e due le autocoscienze (Ib., p. 174). 94 La coscienza scettica diviene coscienza infelice. Scopre infatti il nulla della propria vita particolare. La coscienza del suo esserci, della sua presenza nel mondo, in pari tempo la coscienza del nulla di questa situazione particolare e mutevole, poich laltra coscienza per lei la coscienza di unautocertezza immutabile e semplice. Per tale via la riflessione veramente un opporre. Lautocertezza autentica si pone come essenza al di l della vita, e la vita mutevole e molteplice come un al di qua inessenziale. [] La coscienza essendo la coscienza di questa contraddizione si colloca dal lato della coscienza trasmutabile e appare a se stessa linessenziale. Lebraismo, dir Hegel, pone lessenza al di l dellesistenza, dio fuori delluomo. [] io sono solo un niente e la mia essenza mi trascende. Che la mia essenza

compiuti per elevarsi ad esso non fanno altro che rafforzare la consapevolezza intorno alla radicale finitudine e allo stato di insuperabile separazione in cui si trova lindividuo. Per una forma di superamento si annuncia col cristianesimo, allorch, dopo i vani tentativi del finito (il trasmutabile) di elevarsi allinfinito (lintrasmutabile), lo stesso intrasmutabile si individua e si manifesta in seno allesistenza singola (Dio si incarna e si manifesta nella figura umana). Cos per la coscienza si attua lunit dellUniversale e del Singolare. Ma, per il fatto stesso di presentarsi allautocoscienza in una figura sensibile, lintrasmutabile dilegua come tale: esso divenuto singolarit pensante, ma un soggetto privilegiato, che si pone di fronte alla coscienza come un impenetrabile, come Uno sensibile con tutta la crudezza di una realt effettuale (p. 178). In realt, il Dio/uomo, avverte Hegel, rimane un mistero inspiegabile, che non risolve la scissione della coscienza.95 La coscienza non si rapporta alla sua unit sul piano dellintelligenza concettuale, bens si riconosce nel sentimento e nella fede: la verit le si rivela dallesterno. Cos essa rimane infelice: infatti la sua essenza (lunita delluniversale e del singolare) le ancora estranea, si manifesta come un al di l di essa e una verit che riesce a trovare in se stessa; perci essa si dibatte fra la vuota notte dellal di l ultrasensibile e la variopinta parvenza del al di qua sensibile, senza potersi stabilmente insediare nel giorno spirituale della presenzialit. Infatti, la speranza di trovare la presenza del divino nel mondo si dissolta con la scoperta del sepolcro vuoto di Cristo; sicch alla coscienza non rimane che ripiegare sul mondo stesso e assumerlo come un simbolo del divino. Il riconoscimento del proprio destino di coscienza finita si manifesta attraverso le manifestazioni che pi propriamente caratterizzano lente finito, cio lappetire e il lavorare. Ma poich la coscienza sa che la sua essenza le estranea, non pu neppure riconoscere in queste manifestazioni qualcosa che sia connesso alla attuazione della sua essenza propria e perci vede nel mondo stesso nel quale la sua attivit si dispiega non il suo essenziale campo di attuazione, bens un simbolo dellessenza lontana, un modo in cui il trascendente si manifesta e un modo in cui esso fa dono si s alluomo: il mondo, cio, il segno della grazia divina. Lesistenza sensibile non ha per s fondamento e senso: il suo significato quello di rimandare comunque allinfinito, allessenza. Tuttavia, attribuendo tutto alla grazia, luomo in qualche modo si innalza a Dio, in quanto lo riconosce per ci che , come lassoluto, al quale solo pu essere attribuita vera realt. Lascetismo rappresenta, in questo modo, lespressione pi autentica della coscienza infelice: lasceta annienta la sua singolarit per ritrovare la sua realt in Dio, dunque per diventare unautocoscienza pi profonda. Il terzo stadio della coscienza infelice riguarda il cristiano che rinunzia al mondo e a qualsiasi forma di affermazione di s. La coscienza individuale nega se stessa, si aliena, si fa altro di s, per potere trovare in Dio il senso della sua stessa esistenza. Ma questo un modo con cui essa cerca di superare lo stato della scissione e guadagnare luniversale, lessenza. Lautonegazione della singolarit, daltra parte, favorisce laffermazione della Chiesa come termine intermedio, che rappresenta lo stesso modo in cui luniversale si manifesta nel mondo. Per questa via si perviene al superamento della scissione nellunit: e lunit, che cos riconosce se stessa, non altro che la coscienza medesima, che passata a uno stadio successivo del suo sviluppo, ed diventata ragione.96

non sia in me ma posta fuori di me, comporta necessariamente lo sforzo inteso a raggiungere e stesso, a liberarmi della non-essenza. La vita delluomo sar dunque questo sforzo indefinito di raggiungersi: sforzo vano, perch la coscienza instrasmutabile posta a principio come trascendente. [] La liberazione ipso facto una ricaduta nellinessenziale. [] Qui predomina la coscienza della separazione. Essa essenzialmente la coscienza del popolo ebraico che, anienata da s la propria essenza, la pone come un termine trascendente. [] Dio concepito come il signore inaccessibile e luomo come servo. La categoria del signore e del servo si traduce in una categoria religiosa (Jean Hyppolite, Genesi e struttura della Fenomenologia dello Spirito di Hegel, tr. it., Firenze 1972, pp. 239-241). 95 Per via della natura dellUno nellelemento dellessere, per via delleffettualit di cui si rivestito, accade neecssariamente chesso sia dileguato nel tempo e nello spazio, e che sia stato lungi e senzaltro lungi rimanga (p. 178). 96 Questo medio lunit che sa immediatamente e mette in rapporto quei due estremi; ed la coscienza della loro unit, unit che, enunciandoli alla coscienza, enuncia, quindi, se stessa: la certezza di essere ogni verit. Nel passaggio dallalienazione dellautocoscienza al riconoscimento dellunit che costituisce la coscienza stessa, Hegel ci mostra uno di quelli che possiamo chiamare prodigi della dialettica. Infatti, come osserva il filosofo, nellatto dellalienazione la coscienza singola non annulla se stessa, ma si mantiene in questa sua negativit: il che vuol dire che, conservandosi come singolare, acquista luniversale. In quella morte spirituale che lalienazione dellautocoscienza singola - come spiega lHyppolite la coscienza si mantiene nella sua stessa negativit: il S diviene lUniversale ma di rimbalzo lUniversale si pone come il S. I due termini fondamentali di tutta la dialettica hegeliana il Singolare e lUniversale, il S e lessere-in-s scambiano le determinazioni rispettive in modo tale che la verit diviene soggettiva e la soggettivit acquista una verit (Genesi e struttura, cit., p. 269).

La ragione dichiara Hegel la certezza della coscienza di essere ogni realt (p. 194). Il mondo si presenta ora alla coscienza come un aspetto o un prodotto di essa, come una compiuta presenza (cio non pi come un al di l o un al di qua, come qualcosa di diverso e di separato dalla coscienza). Conoscere il mondo possibile poich, per la coscienza, ci equivale a conoscere se stessa.97 In realt, qui Hegel vede laffermazione dellidealismo: la coscienza e la realt si identificano; non c soggetto che non sia mondo e non c mondo che non sia soggetto. La filosofia moderna, in questo senso, si caratterizza proprio dal riconoscimento del mondo come soggetto.98 Lidealismo si profila, a questo punto, come lespressione propria dello spirito moderno, e questa filosofia, per Hegel, rappresenta la piena consapevolezza dellintelligibilit del mondo, il riconoscimento che il mondo non un altro rispetto alla coscienza ma che la coscienza stessa nel suo sviluppo.99 La ragione, ora, si rivolge al suo altro, nella consapevolezza che questo un aspetto di se stessa e che leffettualit del mondo non corrisponde a una realt estranea e separata, per cui essa medesima ritrova se stessa in ogni figura e in ogni cosa. La coscienza osserva: vale a dire, la ragione vuol trovare e avere s quale oggetto nellelemento dellessere, quale modo effettuale e sensibilmente presente (Fenomenologia, p. 203). In questa prima fase, la ragione , perci, osservativa: essa assume come oggetto non se stessa, bens lessenza delle cose come cose; cio prende la realt propria nel senso dellimmediatezza dellessere. In questo senso, essa si configura come il soggetto proprio dellindagine scientifica, rivolta a costruire il sistema della scienza della natura e dellindividualit umana. Hegel segue lo sviluppo scientifico dal Rinascimento alla sua epoca. Egli dimostra come il sistema scientifico moderno, che pretende riguardare la natura nella sua obiettivit, in realt corrisponde al modo proprio della ragione di porre lobiettivit: la ragione, infatti, che si pone dal punto di vista dellesperienza (cio di quella della coscienza che corrisponde ai momenti della certezza sensibile, della percezione e dellintelletto) e, quindi, ipotizza una realt corrispondente, che si configura come un sistema coerente di intuizioni, di fenomeni e di leggi.100 Latteggiamento caratteristico della coscienza , qui, losservare, per il quale ogni processo conoscitivo considerato rispetto alla cosa, a un dato effettuale; il concetto, cio, irrigidito e considerato come essere, realt indipendente dalla coscienza. La ragione osservativa procede nella descrizione delle cose e nella ricerca delle leggi: loggetto , dapprima, ci che nellesperienza si presenta come identico, uguale a s nel variare dellesperienza; dunque, il primo risultato dellesperienza come fonte di conoscenza lidentificazione di una molteplicit di cose diverse luna dallaltra e ognuna fornita di una identit che indicata con un nome.101 Allorch lindagine rivolta non pi agli oggetti isolati ma alle loro relazioni, la si Soltanto di poi, quando il sepolcro della sua verit andato perduto, quando anche il cancellare la sua effettualit esso stesso cancellato, e quando a lei la singolarit della coscienza in s essenza assoluta, essa coscienza scoprir quel mondo come suo nuovo mondo effettuale che per lei ha interesse nel suo restare, mentre prima lo aveva soltanto nel suo dileguare; il sussistere del mondo le diviene infatti una verit e una presenzialit sua propria; la coscienza certa che qui far esperienza soltanto di s (Fenomenologia, tr. cit., p. 194). 98 Qui il termine mondo quanto corrisponde esattamente al nuovo stadio dellesperienza. Prima lessere-per-lacoscienza non era ancora un mondo, e per lautocoscienza era soltanto una realt estranea da escludere (J. Hyppolite, op. cit., p. 271). 99 Poich lautocoscienza ragione, il suo comportamento, finora negativo, verso lesser altro si cambia in un comportamento positivo. Finora ha avuto a che fare soltanto con la sua indipendenza e libert, al fine di salvarsi e mantenersi per se stessa a spese del mondo o della sua propria effettualit, mentre luno e laltra le apparivano entrambi come il negativo della sua essenza. Ma come ragione lautocoscienza, fatta sicura di se stessa, ha assunto verso quei due negativi un atteggiamento di quiete e li pu sopportare; essa infatti certa di se stessa come realt, ossia certa che ogni realt non niente di diverso da lei; il suo pensare esso stesso, immediatamente, leffettualit [] (Fenomenologia, p. 194). Mentre i precedenti filosofi tedeschi, Fichte e Schelling, hanno presentato lidealismo come una tesi filoaofica, appellandosi luno a unintuizione fondamentale dellautocoscienza, laltro a un principio originario della identit, Hegel incontra lidealismo lungo il cammino storico della coscienza umana dispiegantesi per se stessa (J. Hyppolite, op. cit., p. 271). 100 In questo processo, per la coscienza osservativa si sviluppa soltanto ci che le cose sono; ma per noi si sviluppa ci cheessa stessa ; ma, come resultato del suo movimento, essa diverr per se stessa ci chessa in s (Fenomenologia, p. 204). 101 Nella Realphilosophie del 1804 Hegel metteva in rilievo la funzione del linguaggio nello sviluppo della conoscenza concettuale. Nel nome scriveva lessere empirico tolto [] diviene un qualcosa di ideale. Il primo atto con cui Adamo istitu il suo dominio sugli animali quello con cui diede loro un nome negandoli nel loro essere e rendendoli ideali per s (cit. da Hyppolite, p. 285, il quale osserva che questo motivo ricorre in tutta lopera di Hegel: Il linguaggio veramente lesserci dello spirito. Nel fatto che le cose si possano dire, che la loro esistenza esterna possa esprimersi in una descrizione, c gi il segno che esse sono in s concetti, che il Logos umano insieme il Logos della natura e quello dello spirito).
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passa da una scienza semplicemente classificatoria a una scienza delle leggi. Qui lordine della natura, per cui le cose sono ben definite in una immobilit che corrisponde a un quieto essere, viene sconvolto e ad esso viene sostituito quello che riguarda le modalit costanti secondo cui avvengono i processi di formazione e di trasformazione.102 Lidentificazione delle leggi avviene attraverso la sperimentazione, che , secondo Hegel, una forma di concepire sensibile, cio un modo di attuare sensibilmente la logica del concetto. Nellesplorazione delluniverso organico la legge non appare pi come relazione di termini che si trasformano luno nellaltro, perdendo cos di volta in volta la loro identit, ma come unit di un processo che conserva se stesso trapassando in altro.103 Lessere vivente come un sistema chiuso, in cui tutti i processi si riportano a ununit essenziale. Qui si ha, secondo Hegel, il primo attuarsi del concetto nella forma della finalit, poich si realizza un sistema autosufficiente capace di autogiustificarsi. Lorganico non produce alcunch; anzi non fa che conservarsi, ovverosia ci che viene prodotto tanto gi presente, quanto viene prodotto (p. 217). 104 Questa considerazione della struttura dellessere vivente conduce a un nuovo punto di vista, secondo il quale lesterno , in realt, espressione dellinterno. Le leggi della natura hanno la loro unit nellorganico, anche se ancora, a questo livello di attuazione della coscienza, lesterno inorganico e linterno organico risultano due sfere separate e oggetto, ognuna, di unindagine specifica.105 Daltra parte, ogni vivente costituisce una singolarit universale, poich in esso si attua la struttura della sua specie. Nel sistema della vita, tuttavia, le specie appaiono separate le une dalle altre e prive di un senso unitario, prima che si profili lUniversale nei suoi momenti e come unitario processo dialettico: ma ci possibile a un livello che oltrepassa quello della natura, cio al livello della coscienza o dello spirito. Luniversale non pu essere costituito che sul piano del pensiero, cio nella sua struttura di elemento concettuale. Perci la stessa coscienza osservativa portata a considerare lindividualit umana come coscienza che riflette il mondo gi indagato e, quindi, in se stessa, nella sua unit fondamentale. Per losservazione si apre dunque un nuovo campo nella effettualit agente della coscienza (p. 252). La scienza psicologica riguarda la realt stessa della coscienza considerata come effettualit, cio come individualit esistente nel mondo. 106 Hegel passa, quindi, a considerare la coscienza come ragione attiva, che il soggetto individuale tipico dellet moderna nelle forme del suo agire pratico e, dunque, della complessiva configurazione della sua storicit. Il mondo non pi un dato ma ora un prodotto della coscienza stessa. Ovverosia la categoria che nellosservare ha percorso la forma dellessere, posta ora nella forma dellesser-per-s; non pi la coscienza si vuole immediatamente trovare, anzi vuol produrre se stessa mediante la sua attivit. Essa a se stessa il fine del suo operare, cos come nellosservare era tutta dedita soltanto alle cose (p. 289). Questa ragione propria dellindividualit singola e, dunque, non si identifica con lo stesso mondo storico (cio con lo spirito nel processo della sua realizzazione). Il mondo ancora qualcosa che le esterno: essa vi si trova e

Siccome il determinato, per sua natura, deve perdersi nel suo contrario, quellosservare che si limita al semplice o che mediante luniversale delimita la dispersione sensibile, trova dunque nel proprio oggetto la confusione del suo principio; epper la ragione, lasciando la determinatezza inerte che aveva la parvenza del permanere, deve piuttosto procedere allosservazione di quella determinatezza stessa comessa in verit, ovverosia comessa rapportasi al suo contrario. [] da poi che ora listinto della ragione si mette in cerca della determinatezza conformemente alla natura chessa possiede e che essenzialmente consiste non nellessere per s, anzi nel passare nellopposto, esso si mette in cerca della legge e del concetto di lei; li cerca bens come se anchessi fossero effettualit essente [] (Fenomenologia, p. 209). 103 La cosa inorganica ha a sua essenza la determinatezza e, quindi, pu costituire la pienezza dei momenti del concetto soltanto insieme con unaltra cosa, e va, perci, perduta tosto che entri nel movimento; invece nellessenza organica tutte quante le determinatezze, ondessa aperta per un altro, sono collegate sotto lunit organica [che ] semplice (Ib., p. 214). 104 Gi Kant aveva osservato: Io direi preliminarmente che una cosa esiste come fine della natura quando la causa e leffetto di se stessa (Critica del giudizio, tr. it., p. 234). 105 Linterno, in quanto tale, deve non meno essere un esterno e avere una figura, come la ha lesterno in quanto tale; linterno infatti oggetto o posto esso stesso come dato nellelemento dellessere, e come presente per losservazione (Fenomenologia, p. 222). 106 A questo punto Hegel svolge un esame critico delle due scienze in cui ai suoi tempi si articolava la scienza psicologica (come studio della struttura psicofisica, cio dei rapporti tra la psiche e il corpo), la fisiognomica (che dallosservazione dei tratti somatici del volto intendeva risalire alle tendenze caratteriali) e la frenologia (che intendeva stabilire un rapporto scientificamente determinabile tra la conformazione del cranio e lintera personalit). Egli rileva la completa arbitrariet di questo tipo di rapporti: ad esempio, come si pu ricondurre lattivit del pensare alla dimensione del cervello, se in realt una maggiore o minore quantit di pensiero o di sviluppo della spiritualit non trova un suo corrispettivo nella estensione cerebrale?

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agisce. Soltanto nella forma etica dello spirito oggettivo, la coscienza si presenter non pi solo come certezza soggettiva ma come verit e sostanza storica, realizzazione del senso della realt. Le figure in cui si esprime la ragione attiva sono, dunque, forme proprie dellindividualismo moderno. La prima indicata come il piacere e la necessit. La coscienza individuale, liberatasi da tutto ci che altro del puro per s e tutta protesa a realizzare se stessa, come il Faust di Goethe, disprezza intelletto e scienza e assume come unico criterio il suo potere sul mondo, che, in realt, le appare come una parvenza senza sostanza (p. 302). E lo scopo dellagire il piacere, il godimento immediato.107 Ma ogni piacere ancora appetito: perci al di sopra dellindividuo si pone una potenza misteriosa, quella stessa dellappetito inesauribile e che mai pu essere interamente dominato; nel goduto si insinua la brama del non goduto. Cos la coscienza individuale si trova di fronte a unessenza che, priva di una vera consistenza, si pone di fronte ad essa, come un destino o una necessit.108 Linsostenibilit di questa contraddizione interna conduce la coscienza alla seconda figura, che quella indicata come la legge del cuore e il delirio della presunzione. La coscienza avverte che deve tendere a un desiderio che abbia come oggetto un universale (poich, appunto, solo in questo modo si evita linesauribilit del desiderio stesso). Loscura fonte di quella necessit ora riportata dalla coscienza allinterno di s; e la coscienza scopre che ci a cui essa tende una legge universale che iscritta nella sua stessa intimit.109 Ci che lindividualit pone ora in atto la legge stessa, e il suo piacere quindi in pari tempo luniversale piacere di tutti i cuori (p. 308). Essa scopre che la legge che vige nel mondo estranea alla tendenza del cuore degli uomini e afferma, perci, il principio di una legge conforme a questa tendenza naturale. Ma il contenuto di questa legge risulta piuttosto inafferrabile e tale, dunque, a non potere essere riportato sul piano delleffettualit; la forma di attuazione di questo principio rimane un enigma e la stessa coscienza individuale dilegua nella sostanza delluniversale cos configurato.110 Ci che si profila come concreto ed effettuale il sentimento immediato. Il limite sta qui nel fatto che la coscienza non dispone dei processi di mediazione tra il particolare e luniversale, e ci anche perch non riconosce le condizioni reali che rendono possibile lattuazione delle aspirazioni individuali nel contesto del mondo storico: essa, infatti, identifica immediatamente il sentimento con la legge e si trova a vivere in uno stato di separazione che reca in s una sofferenza crudele. Per superare tale stato di contraddizione, la coscienza non fa altro che acuirla ancora di pi, giustificandola e rendendola radicale: la coscienza, cio, finisce per riconoscere che inevitabile accettare la legge effettuale del mondo storico, poich essa appare non pi come opposta alla legge del cuore, poich appare cos radicata nelle convenzioni e nei costumi da apparire quasi originaria e fondamentale. Ma questa convinzione appare ad Hegel come lespressione di uno stato di sconvolgimento a cui giunta la coscienza, cio di quella specie di folla che egli individua come delirio della presunzione. Il mondo, cos, torna a emergere come il gioco inessenziale del consolidarsi e del dissolversi delle singolarit (p. 315). Il corso del mondo questa effettualit costituita dal complesso agire degli individui per il proprio vantaggio personale. In questa dimensione tutto appare in funzione degli interessi individuali: il sistema della prassi, il lavoro, la tecnica, la stessa scienza. Perci la coscienza intende attuare un ordine universale che sia sottratto al gioco degli egoismi particolari: essa si pone dal punto di vista della virt, cio del principio di un ordine morale universale. Alla coscienza della virt la legge lessenziale e lindividualit quel che deve essere tolto: e ci sia nella coscienza stessa dellindividualit, che nel corso del mondo (p. 316). Ora la coscienza esige che lindividualit sia cancellata nel corso del mondo, in modo che appaia nella sua essenza lordine universale della legge morale. Ma anche questa volta la coscienza cade in unillusione, poich lordine universale, senza il concorso delle individualit che lo attuano, rimane una semplice astrazione, una pura enunciazione teorica. Anzi, col ritrarsi delle individualit dal corso del mondo, questo viene a configurarsi come un in-s minaccioso e oscuro. Perci appare disperata limpresa della virt che si ostina a portare a effettualit il bene mediante il sacrificio dellindividualit (p. 322). La virt non ha potuto Lautocoscienza si getta dunque nella vita, e conduce a perfezione quella pura individualit nella quale essa sorge. Pi che costruirsi la propria felicit, la coglie immediatamente e immediatamente la gode. Le ombre della scienza, delle leggi, dei princpi che solo stanno tra lei e la propria effettualit, scompaiono come inerte nebbia incapace di accogliere lautocoscienza e la certezza della sua realt. Lautocoscienza prende la vita a quel modo che vien colto un frutto maturo, verso il quale si stende la mano proprio mentresso par che si offra (p. 302). 108 La necessit, il destino ecc. sono appunto un alcunch di cui non si sa dire che cosa operi, quali siano le sue leggi determinate e quale il suo contenuto positivo (p. 304). 109 Nella sua nuova figura lautocoscienza se stessa come il Necessario; e sa di avere in se stessa immediatamente luniversale o la legge; e la legge, in forza di questa determinazione secondo la quale essa immediatamente nellesserper-s della coscienza, dicesi la legge del cuore (p. 306). 110 Come nota lHyppolite, qui Hegel pensa al sentimentalismo romantico del suo tempo, a Rousseau, al Werther di Goethe, a Schiller. Si tratta di una istanza utopica, che muove dallidea della natura essenzialmente buona delluomo.
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fare altro che costruire un castello di parole, che Hegel non esita a definire una gonfiatura che fa grossa la testa propria e quella degli altri, la fa grossa di vento (p. 324). La coscienza, constatata la vanit dellopera alla quale si accinta, infine si sbarazza, come di un vano mantello, delle rappresentazioni di un bene in s che non avrebbe ancora effettualit alcuna (ib.). Nello stesso tempo essa riconosce come il corso del mondo non sia tanto malvagio quanto pareva. Cos, al termine di questo percorso, lindividualit esce riaffermata e riconosciuta nella sua essenziale funzione (che quella di rendere possibile leffettiva attuazione di ogni essenza ideale); daltra parte, si riconosce come vera lindividualit che riconosce il mondo come suo ambito di attuazione. Il soggetto ancora chiuso in-s rappresenta una virtualit vuota, mentre allorch diventa per-altro si realizza: il corso del mondo si presenta come lambito medesimo in cui si realizza la virt, se questa si presenta non pi come una disposizione separata dallatto che le d consistenza storica. 111 Lagire dellindividuo ha sempre un significato storico e oltrepassa il piano della particolarit immediata: ma per ci occorre che esso sia sempre dialetticamente legato al senso del divenire storico, il quale, comunque, trasferisce ogni fatto da un presunto essere in-s nella concreta effettualit del mondo (dal nulla dellastrazione nellessere della realt, p. 323). Hegel pu passare, cos, allesame delleffettivo operare dellindividuo, che, ponendosi ora in-s e per-s, supera le contraddizioni nelle quali si trovato nelle figure gi descritte. Hegel indica questa coscienza individuale che comprende le condizioni del suo effettivo operare nel mondo come lindidualit che a se stessa reale in se e per se stessa: e anche questa si articola in tre figure. La prima figura indicata come il regno animale dello spirito e linganno, o la cosa stessa. Qui Hegel esamina lindividualit che dapprima immersa interamente in una specie di animalit, cio in uno stato di cura di s e di ricerca di ci che utile e vantaggioso ai fini della propria realizzazione in forme elementari di vita: in questa ricerca, osserva Hegel, la coscienza vede il fine stesso dellattivit spirituale e perci essa si colloca da un punto di vista ingannevole (si pu dire in un senso duplice: da una parte lindividualit sta in una situazione dinganno e daltra parte egli medesimo adotta deliberatamente linganno come strategia dialettica di affermazione di s). Ogni individuo cerca di fare apparire come dotato di significato universale ci che, invece, stato prodotto con il perseguimento di uno scopo personale. In questo modo, sorge un gioco delle individualit luna con laltra, nel quale esse ingannano e trovano ingannate ciascuna se stessa e le altre reciprocamente (p. 345). 112

Soltanto lindividualit che posta nella condizione di operare nel mondo, precisa Hegel, concorre ad allontanare la minaccia di un corso del mondo configurato come un in-s irrazionale. Ma in effetto cos anche vinto e sparito ci che, come corso del mondo, stava di contro alla coscienza di ci che in s. Ivi lesser-per-s dellindividualit era opposto allessenza o alluniversale, e appariva come realt separata dallesser-in-s. Ma poich si reso manifesto che leffettualit sta in inseparata unit con luniversale, cos anche lesser-per-s del corso del mondo dimostra di non esser pi; proprio a quel modo che lin-s della virt soltanto un modo di vedere (p. 325). 112 Unindividualit si accinge dunque a realizzare qualcosa; cos sembra chessa abbia reso qualcosa una Cosa: essa agisce; nellazione diviene per altri, e le sembra di avere a che fare con leffettualit. Gli altri prendono dunque loperare di quellindividualit per un interesse alla Cosa come tale e per il fine che la Cosa sia realizzata in s, non importa se ci sia promosso dalla prima individualit o da loro. Mentre essi cos mostrano questa Cosa gi da loor realizzata o, se ci non sia, mentre offrono il loro aiuto e gi vi si impegnano, ecco che quella coscienza invece gi uscita fuori dal punto in cui essi ritengono chella sia; ci che nella Cosa le interessa il suo operare e darsi da fare, e mentre essi si accorgono che in ci consisteva la Cosa stessa, si trovano quindi raggirati. Ma in effetto il loro accorrere in aiuto altro non era se non chessi volevano vedere e mostrare loperare loro e non la Cosa stessa; ovvero volevano ingannare laltro, cos come ora lamentano di essere stati alla loro volta ingannati (p. 345). Questa dialettica appare legata alla natura stessa di questo momento della coscienza, che corrisponde propriamente al lavoro e alla produzione di beni. Per una migliore comprensione di questo passaggio della Fenomenologia, riportiamo la spiegazione fornita da Hyppolite: Raccogliendo questi diversi momenti ai quali si pu sempre applicare il predicato della Cosa stessa la coscienza onesta finir per scoprire la propria disonest, o la contraddizione che in lei. Il puro operare essenzialmente operare di questo individuo particolare ed in pari tempo uneffettualit o una Cosa. Parimenti, ci che si chiama effettualit tanto un operare dellindividuo quanto un operare in generale. Perci lindividuo ora imamgina di aver a che fare con la Cosa stessa come causa astratta, ora con la Cosa stessa in quanto sua, come cosa di lui, ma in entrambi i casi vittima di una dialettica. Quando lui crede di volere solo la Cosa in generale, in realt sta pensando solo alla Cosa in quanto sua, e quando crede di volere solo la Cosa sua, in realt si sta abbandonando alla Cosa in generale. Che se poi prendiamo in considerazione il gioco delle individualit, tale differenza di contenuto diviene una differenza di forma: essere-per-s ed essere-per-altro. In altre parole, quando una coscienza individuale mostra allesterno uno dei moenti, serba per s laltro: si sviluppa qui un inganno reciproco. E daltronde gli individui non si ingannano soltanto a vicenda, gli uni gli altri, ma ingannano anche se stessi; la coscienza non mai dove si crede che essa sia (Genesi, p. 379).

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La seconda figura la ragione legislatrice. Per superare le contraddizioni della coscienza che si autoinganna, si pone lesigenza di sottoporre loperare a una legislazione che valga per tutti. Ma neppure per tale via si riesce a instaurare una prassi che possa essere considerata universale, tale cio che possa assumere identici valori per tutti gli uomini. In realt, ogni societ stabilisce regole che valgono nellambito limitato in cui si estende il suo potere; e anche per ogni individuo la medesima norma pu assumere un significato particolare. La forma che ancora domina questo momento quella dellaccidentalit. In realt, la coscienza individuale non pu superare questo punto di vista: luniversalit pu essere conseguita solo dallo spirito, in cui il reale piena coscienza di s e la coscienza interamente coscienza del reale, dellessere stesso (che essenza e verit di ogni determinazione individuale).113 Neppure la terza figura, la ragione esaminatrice delle leggi, riesce a instaurare una norma universale: essa, infatti, ponendosi al di l delle leggi da esaminare, deve riconoscere che non si danno leggi positive commisurabili dal suo punto di vista; infatti essa trascende ogni sistema effettuale di leggi e si pone come un in-s astratto, che non pu venire in rapporto con leffettualit.114 Cos entriamo nel regno dello spirito. La seconda parte della Fenomenologia si articola in tre sezioni intitolate Lo Spirito, La Religione, Il sapere assoluto.115 Come sappiamo, Hegel ha poi ampiamente ripreso la trattazione della filosofia dello Spirito, per cui nellesposizione del processo fenomenologico contenuta nellEnciclopedia ha eliminato questa parte riguardante, appunto, lo svolgimento dello spirito oggettivo e dello spirito assoluto. Per queste tematiche, che saranno oggetto di successiva trattazione, daremo, perci, qui conto, oltre che della linea di sviluppo fenomenologico, di alcune figure significative. La prima tappa rappresentata da quello che Hegel chiama lo spirito vero; leticit e che corrisponde al mondo spirituale e politico della Grecia antica, cio delleticit classica. Lo spirito, in primo luogo, il vero soggetto della storia: esso propriamente soggetto di sviluppo ed tale da comprendere le molteplici coscienze individuali. Lo spirito, pertanto, esiste, in una forma storicamente determinata, nelle istituzioni di un popolo, di una comunit.116 Hegel dice che lo spirito nella sua esistenza evidente, cio nel fatto che esso immediatamente riconosciuto nelle leggi, nei costumi, nelle istituzioni di una data comunit, quello che si d alla luce del giorno. Ma questo spirito ha radici pi profonde: esso proviene agli uomini dalla sostanza divina, che si manifesta dapprima nella vita familiare, col suo culto dei morti, dunque da quelle stesse ombre che sono il simbolo dellunit spirituale.117 In questo senso, le aggregazioni naturali (le famiglie, le trib) rappresentano

In effetto questa coscienza ancora separata come un singolo dalla sostanza, e o d leggi arbitrarie od opina di avere nel suo sapere come tale le leggi quali esse sono in s e per s; e ritiene di essere la loro forma giudicante. Ovvero, mettendoci dal punto di vista della sostanza, questa lessenza spirituale in s e per s essente, la quale non ancora consapevolezza di se stessa. Ma lessenza in s e per s essente , la quale in pari tempo a s effettuale come coscienza, e rappresenta s a se stessa, lo spirito (Fenomenologia, tr. De Negri, vol. II, p. 2). 114 Il metro della legge, metro che la ragione ha in lei stessa, conviene perci egualmente bene a tutto, e quindi non in effetto un metro (Fenomenologia, vol. I, p. 357). Che il legiferare e lesaminar leggi si siano dimostrati come nulli significa che entrambi, presi ciascuno singolarmente e isolatamente, sono soltanto momenti precari della coscienza etica; [] anzi questi momenti, quando sorgono immediatamente ciascuno per s come una effettualit, esprimono, luno un non valido porre ed essere di leggi effettuali, laltro un altrettanto non valido affrancarsi da esse. La legge, in quanto legge determinata, ha un contenuto accidentale, - il che vuol qui dire che essa legge di una singola coscienza di contenuto arbitrario (ib.). 115 Dopo la Prefazione famosa, che riguarda i caratteri della conoscenza filosofica e la funzione introduttiva della fenomenologia rispetto alle altre scienze filosofiche, abbiamo la prima parte, con lIntroduzione, che illustra il concetto di questa parte riguardante la scienza della esperienza della coscienza e, quindi, le sezioni dedicate alla Coscienza (che traccia il cammino della coscienza che va dalla certezza sensibile alla fondazione della scienza intellettuale), dellAutocoscienza (che riguarda le figure del servo/padrone, dello stoicismo, dello scetticismo e della coscienza infelice) e della Ragione. 116 Esso spirito che per s, - in quanto mantiene s nel riflesso degli individui; - ed spirito che in s o sostanza, in quanto li tiene in se stesso. In quanto sostanza effettuale esso un popolo o una nazione; in quanto coscienza effettuale, esso cittadino della nazione (Vol. II, p. 8). 117 Dalla sostanza originaria della famiglia luomo si innalza alla vita politica, dalla legge divina passa alla legge umana, edifica la Citt e si sottomette al governo dello stato; ma la sorella diviene, o la moglie rimane, la direttrice della casa e la conservatrice della legge divina. Dallo spirito domestico il marito viene indirizzato alla comunit e in questa egli trova la sua essenza autocosciente; come, ci mediante, la famiglia ha in quellessenza la sua sostanza universale e il suo sussistere; cos, viceversa, la comunit ha nella famiglia lelemento formale della sua effettualit, e nella legge divina la sua forza e la sua convalida. N luna n laltra solo in s e per s: nel suo vivo movimento la legge umana procede dalla divina, la legge valida nei mondi procede dallinfera, la legge cosciente dalla incosciente, la

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le stesse radici della vita collettiva che consegue la sua piena realizzazione nella forma dello stato, la cui espressione caratteristica il governo, definito da Hegel come lo spirito effettuale riflesso in se stesso (p. 14): infatti nel governo riflesso il s di tutti i cittadini, dunque la totalit cosciente di s. La polis, come sappiamo, considerata la forma perfetta di eticit, quella in cui attuata la perfetta armonia tra lindividuo e la comunit. Invece il mondo moderno conosce la frattura fra lindividuo e la societ e fra la societ e lo stato. Anche se questa frattura inizia gi nellet di crisi della polis, il suo culmine si ha nellet moderna. Hegel chiama questa seconda fase dello sviluppo fenomenologico dello spirito come lo spirito che si reso estraneo a s; la cultura. La scissione avviene tra lo stato e i cittadini: il s proprio dellindividuo si allontana progressivamente dalla sostanza etica, che gli appare sempre di pi come una realt estranea, e cerca di dotarsi di una sostanza (o essenza) alternativa. In tal modo, lo spirito intende attuarsi in unoggettivit illusoria, qual quella costituita dal mondo della cultura, che si sviluppa in forme indipendenti rispetto alle forme storiche delloggettivit spirituale. Gli intellettuali moderni dediti in gran parte allattivit di studio e di ricerca scientifica rappresentano la parte pi ampia di questa forma dello spirito. Tuttavia, lo sviluppo della cultura diventa processo di trasformazione del mondo storico con la rivoluzione francese: e sullinterpretazione fenomenologica di questo evento storico avremo modo di ritornare. La terza fase, infine, riguarda lo spirito certo di se stesso: la moralit. Si tratta del momento in cui lo spirito, dopo essere passato per le esperienze unilaterali della concezione morale del mondo e dellanima bella romantica, riesce a ricostituire la sua unit, con la riconciliazione nella vita etica. La religione e la filosofia costituiranno, per Hegel, loggetto di trattazioni pi approfondite. La logica di Hegel Hegel riprende le obiezioni gi sollevate dal primo idealismo contro il carattere formale della logica tradizionale e della stessa logica trascendentale di Kant, legata sostanzialmente al vecchio presupposto della realt di un mondo separato dallattivit del pensiero.118 In contrapposizione alla logica intesa come strumento di un pensiero che si pone come riflessione su una realt indipendente da esso, Hegel intende fondare la logica come sistema delle categorie del sapere assoluto, concepito come un sapere che si costruisce insieme al proprio oggetto e in cui, dunque, certezza soggettiva e verit oggettiva si compenetrano e si identificano. Egli intende risalire alla struttura originaria del pensiero (cio al pensiero che appartiene al fondamento, allessere, al reale nella sua costituzione originaria), a quella dimensione logica che assolutamente prima. Infatti, mentre il pensiero cronologicamente si manifesta dopo le rappresentazioni, logicamente la condizione delle rappresentazioni stesse (che si costituiscono sulla base e come espressioni di esso). La struttura originaria a cui Hegel si riferisce il pensiero come fondamento di ogni processo di mediazione: cos che risalta la distinzione tra pensiero riflessivo o riflessione (Nachdenken) e pensiero propriamente detto (Denken): il primo un pensiero che presuppone una rappresentazione come data, e dunque si sdoppia in una parte inerte (loggetto) e una attiva (il soggetto), mentre il secondo interamente attivit, lattivit che costituisce loggetto, dandogli la sua determinazione e il suo senso. 119 E la struttura del pensiero puro che condiziona e determina ogni attivit di riflessione e, dunque, ogni forma di conoscenza. Ci che nellaccezione comune definito come pensiero, invece, non altro che il prodotto dellattivit dellintelletto, il quale giunge alla comprensione di termini universali partendo da rappresentazioni date: in questo senso, la forma del conoscere separata dal contenuto e il pensiero considerato come una struttura solamente formale (tale da costituire la forma secondo la quale le cose sono comprese dallintelletto). Kant ha gi messo in rilievo che questa struttura che rende possibile loggettivit, cio la costituzione delle cose in termini di conoscenza. Ora si tratta di considerare il pensiero come condizione e fondamento di ogni realt. La logica riguarda questo aspetto del pensiero, il carattere del pensiero come fondamento del reale (e non pi come semplice struttura formale del conoscere). Essa rappresenta, secondo Hegel, il piano proprio in cui la riflessione filosofica supera la separazione tra soggetto e oggetto, tra pensiero e realt.120

mediazione dallimmediatezza; e similmente ritorna l ondessa proveniva. Viceversa la potenza infera ha la sua effettualit sulla terra e, mediante la coscienza, diviene esistenza e attivit (pp. 18-19). 118 Scienza della logica, tr. Moni, vol. I, p. 3. 119 Enciclopedia delle scienze filosofiche, tr. Croce, 2. 120 Hegel sottolinea laffinit tra la sua impresa logica e gli ideali che animano il suo tempo e considera la sua polemica contro la tradizionale divisione tra pensiero e realt molto di pi che una semplice critica filosofica e una

Nella Fenomenologia Hegel ha inteso mostrare il complesso cammino della coscienza verso la libert e verso il sapere. Ora, il sapere assoluto si costituisce in primo luogo nella Logica, come sistema delle determinazioni (categorie) mediante le quali il reale deve essere pensato. NellEnciclopedia, quindi, Hegel compie il tentativo di tracciare le linee fondamentali dellintero sapere costituito come corpus organico e sistematico. La logica il presupposto e il fondamento dellintero sapere. Infatti, il sapere assoluto deve essere costituito in base alla coerenza delle leggi del puro pensiero. In questo modo si attua la stessa piena libert e autonomia del sapere. 121 La logica riguarda la struttura razionale del reale, dunque le modalit della determinazione concettuale, che sono anche le modalit della determinazione reale; essa considera lo svolgimento del reale nellelemento del pensiero. Solo in base a questa costituzione logica il reale conoscibile; dunque la logica riguarda le condizioni della conoscibilit delle determinazioni reali. Per questo stesso motivo, ogni determinazione pu essere riportata alla totalit concettuale nellambito della quale essa ha senso e realt (razionalit). E la mediazione dialettica che fonda la realt (razionalit) di ogni determinazione. Le categorie della pensabilit (conoscibilit) delle cose sono anche le categorie della costituzione razionale (logica) delle cose stesse. Pu essere questo il senso del panlogismo hegeliano. La logica la chiave di volta di ogni sistema scientifico, di ogni accesso al sapere. La logica rivela le categorie logiche che presiedono alla costituzione di ogni reale, non considera il reale nel suo essere contingente.122 Essa comprende il sistema dei termini che consentono e operano la mediazione concettuale; e poich questo sistema non altro che il pensiero nel suo movimento, essa comprende larticolazione astratta del processo concettuale. Il pensiero nel suo movimento dialettico procede a partire da una indeterminazione iniziale (o immediatezza) verso la determinazione: attraverso questo movimento si va approfondendo la capacit del pensiero di costituirsi come strumento di mediazione; cos sono le progressive determinazioni concettuali pure che rendono possibile lo sviluppo di sempre pi complessi atti di mediazione.123 Hegel divide la logica in due parti: oggettiva e soggettiva; e suddivide la prima in logica dellessere e logica dellessenza (mentre la seconda costituisce la logica del concetto). La logica oggettiva corrisponde al sapere immediato (prospettiva del senso comune) e alla riflessione. Il carattere proprio di ciascuna prospettiva dato dal modo in cui posto il rapporto tra soggetto e oggetto. La logica dellessere riguarda le determinazioni concettuali mediante le quali si costituisce il sapere immediato, come sapere interamente rivolto a un oggetto.124 questione puramente teorica. A questo proposito sono interessanti i rilievi di H. Marcuse: Tale divisione, egli [Hegel] pensa, equivale a unaccettazione del mondo cos com e a un ritirarsi del pensiero di fronte al suo alto compito di mettere lordine esistente della realt in armonia con la verit. La separazione tra pensiero ed essere implica che il pensiero si ritirato dinanzi allattacco del senso comune. Se dunque si deve raggiungere la verit, bisogna liberarsi dallinfluenza del senso comune e, con esso, delle categorie della logica tradizionale, le quali sono, dopo tutto, le categorie filosofiche del senso comune che rendono stabile e perpetuano una falsa realt. Il compito di infrangere il dominio del senso comune proprio della logica dialettica (Ragione e rivoluzione, tr. it., Bologna 1966, pp. 150-151). 121 Il pensiero, cio, ha la sua autonoma struttura che regola la costituzione di ogni sapere e, in particolare, del sapere assoluto, che si distingue, anzi, per il suo intero dipendere dalle leggi del pensiero e per il fatto che esso non contiene elementi introdotti in base a criteri diversi di quelli puramente logici. Il sapere fondato autonomamente dal pensiero in base alla sua struttura logica: esso, cio, non prodotto dalla percezione sensibile e neppure dallintelletto (che usa categorie non puramente logiche) 122 Il sistema filosofico caratterizza il mondo come se fosse razionale, e lo fa distinguendo tra necessit razionale e contingenza empirica, ed escludendo questultima (Eugne Fleischmann, La logica di Hegel, tr. it., Torino 1975, p. 12). 123 Parlando espressamente delle sue determinazioni concettuali; Hegel non le assimila in nessun modo alle categorie di Aristotele, che sono forse gli ultimi predicati dellessere, n a quelle di Kant. [] In primo luogo, le determinazioni concettuali sono il prodotto stesso della libert, non hanno origine nelloggetto, ma nella creazione spontanea del soggetto logico. In secondo luogo esse non sono forme logiche vuote, ma rappresentano sia il processo che il contenuto del pensiero. Questo contenuto non un oggetto esteriore, ma un oggetto logico, il Concetto, che esiste in s e per s, e che Hegel chiama anche la cosa, possiamo dire nel senso di principale e di centrale. E cos ogni determinazione logica unentit concettuale, in se stessa sensata e pensabile, e non una generalizzazione astratta dal mondo degli oggetti esteriori, con la quale si confonde troppo spesso (sulla scia di Locke e di John Stuart Mill) la concettualizzazione e la formazione dei concetti. [] Poich le determinazioni concettuali non sono categorie n forme vuote di rapporti tra soggetto e predicato, non servirebbe molto volerle comprendere in termini di logica formale, antica o moderna (E. Fleischmann, op. cit., p. 16). 124 Loggetto considerato come la sola cosa importante con cui il pensiero debba identificarsi per essere vero. E, nelle gradi linee, la posizione presocratica e quella della metafisica dogmatica, che, secondo il giudizio dello stesso Hegel, non erano ancora consapevoli dellimportanza capitale della negativit che si interpone sempre e

La prima parte della logica , dunque, una critica dellontologia oggettiva tradizionale. Hegel, ponendo esplicitamente il problema dellinizio della logica, osserva che questa (come del resto tutta la filosofia) deve cominciare dal concetto pi astratto di tutti, che quello dellessere come lassolutamente indeterminato: infatti, se cominciasse da un concetto determinato e concreto, questo conterrebbe delle determinazioni che avrebbero bisogno di essere giustificate. Egli discute, quindi, il principio dellontologia eleatica, secondo cui lessere eterno e ingenerato e il rapporto tra lessere e il nulla si risolve nella celebre affermazione per cui ex nihilo nihil fit. Hegel, ovviamente, considera ingenua e semplicistica questa maniera di risolvere la questione, pure ineliminabile dal pensiero, del rapporto tra lessere e il nulla: quellontologia non considera il vero nocciolo della questione, che dato dallimplicazione di un concetto e del suo contrario La questione del nulla non riguarda tanto lorigine dellessere, bens implicita nello stesso concetto di essere indeterminato. Nel comune linguaggio di tutti i giorni noi diciamo che la rosa una pianta, che il giudizio vero, e cos via; la copula denota lessere, ma un essere ben diverso da un essere determinato; essa non indica alcuna cosa effettiva che potrebbe essere soggetto di una determinata proposizione; ma non possiamo definire questo essere poich esso il predicato di ogni cosa. In altri termini, ogni cosa , ma lessere non un qualcosa: e ci che non un qualcosa nulla. Lessere pura indeterminazione e vacuit: non alcuna cosa, e, quindi, non nulla. Lessere puro e il nulla sono vuote astrazioni; e solo nel rapporto e nel movimento che si instaura tra essi consiste la loro realt concettuale. Qui ci che appare vero il processo del pensiero che ha stabilito questa identit dellessere indeterminato col nulla: il pensiero ha stabilito il divenire nulla dellessere indeterminato. Questo divenire , ora, la verit dellessere e del suo stesso contrario che il nulla. 125 Il risultato della dialettica essere-nulla-divenire lessere determinato. Hegel riprende la nozione aristotelica della sostanza concreta, il tode ti, tradotto in tedesco con Dasein (o Etwas). Questo termine indica il punto ideale in cui gli opposti movimenti dellessere al nulla e del nulla allessere si neutralizzano reciprocamente, arrestandosi; dunque rappresenta lesigenza dellarresto, dellostacolo che spezza il flusso continuo e lo configura come un passare che resta e un restare che passa. Questa esigenza della determinazione si presenta come la qualit o la quiddit dellessere. La categoria della qualit esprime la determinatezza: una cosa, infatti, determinata, quando qualitativamente distinta da ogni altra cosa. Ma la costituzione dellessere cos determinato caratterizzata da una interna dialettica: infatti, esso, in rapporto alle qualit, un essere per laltro e il suo essere per se stesso si trova sempre di fronte a questa opposizione. In questo senso, la cosa deve sempre lottare per affermare la sua identit, il suo essere per-s. Lidentit, dunque, non una condizione statica, bens consiste nel processo attraverso cui la cosa (il quid determinato) integra la sua alterit (costituita dalle qualit) nel suo proprio essere. Questo processo costituisce il fondamentale movimento di mediazione attraverso il quale si costituisce il mondo oggettivo. Hegel fonda la cosa su un continuo rapporto con se stessa. La continua tendenza della cosa a essere per-s e la continua determinazione di essa come essere per laltro fondano la cosa stessa nella negativit: ogni cosa non riesce ad esistere che in una condizione negativa; essa, come in-s differisce sempre dalle condizioni in cui esiste di fatto. E le condizioni di fatto (che sono le condizioni della determinazione) si oppongono allo sviluppo dellessenza come vero essere della cosa.126 Lesistenza sempre dominata da una contraddizione tra le condizioni effettive e le potenzialit essenziali: si esiste sempre in modo limitato rispetto al proprio

necessariamente tra il pensiero e i suoi oggetti ritenuti immediati. La loro oggettivit consiste nellignorare le strutture proprie dello spirito, che tuttavia svolgono un ruolo decisivo in ogni visione del mondo. Di conseguenza questi filosofi hanno una visione delloggetto che non supera per nulla il piano della conoscenza immediata dei sensi: essi non descrivono che quello che vedono (Op. cit., pp. 22-23). La prospettiva dellessere quella in cui il soggetto si cancella davanti alloggetto: essa corrisponde alla volont di cogliere loggetto direttamente, senza la mediazione della struttura soggettiva che tuttavia rappresenta lo schermo necessario attraverso cui la stessa immediatezza percepita. 125 Il ragionamento che ci ha portato alla scoperta del divenire lo stesso che ha usato Eraclito contro la scuola eleatica: pensando lessere, che limitato dal nulla, e il nulla, che limitato dallessere, io faccio nascere questi due concetti luno dallaltro, vale a dire che questo processo del pensiero qui la realt. Le due realt implicate qui si escludono reciprocamente, non possono esistere in quanto oggetti o realt: e quindi il processo che si afferma e si mantiene (Op. cit., p. 54). 126 Quando, per esempio, parliamo dellessenza delluomo e diciamo che tale essenza la ragione, intendiamo dire che le condizioni esterne in cui luomo vive non si accordano con ci che luomo essenzialmente, che il suo stato di esistenza non razionale e che compito delluomo renderlo tale. Finch tale compito non portato a termine con successo, luomo esiste come un essere per laltro. La sua condizione contraddice la sua essenza. La presenza di tale contraddizione rende luomo combattivo: egli lotta per superare lo stato di cose in cui si trova. La contraddizione ha pertanto la forza di un dovere che impone alluomo di realizzare ci che non esiste ancora (H. Marcuse, op. cit., p. 163).

essere. La qualit dellessere significa non solo la sua determinazione ma anche la sua delimitazione: il suo limite o il suo ostacolo. Lessere in s tende a trascendere continuamente i propri limiti verso l'attuazione della propria essenza; daltra parte tale essenza non ha altra consistenza che quella del continuo trascendimento. Hegel fonda cos il concetto di finitudine: questa consiste nella mancanza di limiti determinati.127 Il finito lessere per s manchevole, che non realizza mai la sua essenza e che, pertanto, rimanda allinfinito come al piano in cui esso pu ritrovarsi interamente realizzato e compiuto. Linfinito consiste nel fatto che il finito esiste solamente nel suo passare oltre se stessa. In questo senso, linfinito lo stesso finito, che si riconosce nellindeterminazione, per potersi progressivamente determinare, e che infine comprende lintero ciclo dei suoi momenti e si pone come una totalit. Hegel pu dire che lidealismo non consiste che nel rifiuto di riconoscere il finito come vero essere (I, p. 145); ma nello stesso tempo deve ammettere che linfinito non altro che il risultato del processo di negazione del finito e il fatto che questo processo ha un compimento e si risolve in una totalit compiuta. Questa compiutezza , appunto, linfinito: lessere interamente determinato. Linfinito il modo in cui il finito perviene al suo essere: il compimento del finito. La realt e la verit appartengono al finito stesso e ad esso appartiene lessere stesso che nellinfinito interamente determinato.128 In questo modo, Hegel supera la tradizionale opposizione di finito e infinito. Questa, infatti, rivela la sua interna contraddizione: infatti, essa per affermare il senso di uno dei termini costretta a trasformarlo nel suo opposto: linfinito si rivela finito in quanto esclude dalla sua sfera il finito; e il finito si rivela infinito in quanto proprio ci che interamente determinato nel suo essere. Allimmagine dellinfinito come processo inarrestabile e mai concluso, Hegel contrappone quella dellinfinito come processo circolare, che continuamente ritorna al suo principio e in cui ogni principio anche un termine, ogni fine un cominciamento.129 Linfinito identit di unit e molteplicit. Mentre il finito il dominio della pura molteplicit, dove le unit si determinano attraverso il rapporto reciproco (e dunque attraverso il reciproco riconoscimento), linfinito si configura come lunit che in s comprende e risolve la molteplicit. In questo modo, linfinito sopprime la stessa differenza qualitativa: lunit non si afferma attraverso la distinzione da altre unit, bens essa non fa altro che riaffermare continuamente la propria identit e porsi sempre di nuovo come se stessa. Al posto della serie a, b, c, e cos via, troviamo la serie di identici a, a, a, e cos via. Cos dalla sfera della differenza qualitativa si passati a quella della distinzione quantitativa. La categoria della quantit rappresenta una nuova e diversa forma di determinatezza. Qui ogni unit si determina per s; dunque le molteplici unit sono indifferenti le une verso le altre: Non vi una serie caratterizzata dal rapporto reciproco, bens si ha una serie discreta e continua: di elementi tutti uguali e in cui ognuno interamente compiuto e determinato. Questi elementi, cio, costituiscono semplicemente grandezze identiche.130 Quando diciamo che le cose sono finite, intendiamo dire che il Non Essere costituisce la loro natura e il loro Essere. Le cose finite sono; ma il loro rapporto con se stesse consiste nellessere in relazione con se stesse come qualcosa di negativo, e tale rapporto le spinge oltre se stesse e il loro Essere. Esse sono, ma la verit del loro essere la loro fine. La cosa finita non solo muta [] essa perisce, e la sua fine non meramente contingente, cos che essa potrebbe essere senza perire. Il vero essere delle cose finite consiste nel loro avere in s i germi del perire come il loro proprio Essere in s, e lora della loro nascita lora della loro morte (Scienza della logica, vol. I, p. 117). 128 Hegel contrappone dunque questo concetto di infinit a quello teologico. Non vi alcuna realt diversa dal finito o al di sopra di esso; se le cose finite devono trovare il loro vero essere, esse devono trovarlo nella loro esistenza finita e solo in essa. Hegel chiama questa concezione di infinit la vera negazione di quel trascendente che in se stesso negativo. Linfinito di Hegel non che laltro lato del finito e pertanto dipende dalla finitudine; in se stesso uninfinit finita. Vi un solo mondo, e in esso le cose finite raggiungono la loro autodeterminazione attraverso il loro perire. La loro infinit in questo mondo e solo in questo mondo. Concepito come linfinito processo di trasformazione, il finito il processo dellessere per s. Noi diciamo che una cosa per s quando pu prendere tutte le sue condizioni esterne e integrarle nel suo proprio essere. Essere per s non uno stato ma un processo, poich ogni condizione esterna deve continuamente essere trasformata in una fase dellautorealizzazione (H. Marcuse, op. cit., pp. 167-168). 129 Lessere dellinfinito consiste nel compimento, non nellillimitatezza. Linfinito la totalit delle determinazioni, ci che non ha limiti e che compiuto nel suo essere; lessere per s, che non ha bisogno di rapportarsi ad altro; lunit che comprende ogni molteplice. Mentre ogni finito riceve la sua determinazione dal rapporto con gli altri, linfinito determinato per s. Ogni altro risolto nella medesima unit, che anche totalit. 130 Il concetto di grandezza, come ci che nello stesso tempo comprende la continuit e la discrezione, permette a Hegel di fondare una nuova dialettica dellinfinito, superando lantinomia relativa alla divisione allinfinito. Ogni elemento comprende lintera serie della quantit, sebbene sia distinto interamente da ogni altro. La divisione allinfinito non ammette, invece, la fondamentale identit dei termini in modo che in ognuno sia compresa la totalit: gli elementi in cui si divide la linea infinita sono qualitativamente diversi e la divisione non ha mai termine. Lo spazio continuo e il tempo continuo non sono aggregazioni esterne di punti spaziali e temporali ma sono dimensioni continue per struttura
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La sintesi in cui i concetti di qualit e di quantit trovano la loro verit (in cui, dunque, si esprime in modo compiuto il principio della determinazione) costituita dalla categoria di misura. Il quanto come misura non indica un semplice limite, bens rappresenta la determinazione della cosa in modo tale che questa, accresciuta o diminuita oltre questo quanto, viene distrutta. La misura, pertanto, appartiene al contenuto oggettivo in modo tale da concorrere in modo integrale alla determinazione di esso.131 Tuttavia, finora si considerato lessere dal punto di vista delloggettivit, prescindendo interamente dal soggetto. Tutte le categorie sviluppate in questa prima sezione della Logica riguardano, infatti, solo lessere nella sua certezza immediata. I concetti di puro essere, di divenire e di essere determinato, e quindi quelli di qualit, quantit e misura si esplicano tutti in rapporto alla pi precisa determinazione di tale certezza. In questo ambito lessere ci che si d: i suoi elementi sono ammessi come dati in unoggettivit costituita; la loro determinatezza gi stabilita e non si indaga sulla loro origine. Ora, invece, per tutto questo mondo dellimmediatezza si esige una mediazione, per cui si risalga alla sua ragion dessere, al suo fondamento.132 Abbiamo visto che un essere determinato per s solo quando ha esso stesso posto tutte le sue determinazioni e le ha rese momenti della sua autorealizzazione; e, pertanto, in ogni condizione che muta, esso ritorna sempre a se stesso. Hegel chiama questa unit negativa e questo processo di autorealizzazione lessenza. Il problema Che cos lessere? trova la sua soluzione nellaffermazione secondo cui la verit dessere. Occorre che in ogni punto temporale consista lintera struttura del tempo, la temporalit come tale nella sua intera determinazione; e concorre che la temporalit si presenti come successione discreta di momenti temporali. Il quantum si presenta, insieme, come grandezza interamente determinata in ogni elemento e come distinzione dei suoi momenti: si presenta come grandezza estensiva quando si considera dal punto di vista della discrezione e, quindi, si guarda alla composizione e alla separazione degli elementi; appare, invece, come grandezza intensiva, quando viene considerato dal punto di vista della connessione fondamentale. Sotto il primo aspetto la grandezza appare come moltitudine, sotto il secondo come grado. Il grado una grandezza determinata, che comprende il molteplice come sua struttura essenziale: il molteplice (ad esempio, 10 gradi) non una moltitudine (i numeri dall1 al 10) ma la determinatezza che si trova nel numero come semplice determinatezza. 131 In questa funzione fondamentale che il quanto assume per la determinazione generale del quid delloggetto concreto sta il senso della possibilit di una matematica della natura. La logica hegeliana, in questo modo, riconosce come suo compito lesame delle condizioni di una tale scienza. Anche se Hegel si preclusa in gran parte la via verso lapprofondimento di questa tematica, riprendendo e continuando la polemica contro Newton intrapresa da Schelling, tuttavia i rilievi forniti sulla categoria fisico-matematica di misura costituiscono dei motivi interessanti ai fini della precisazione delle modalit in cui si sviluppa linterpretazione matematica della natura. La compenetrazione reciproca di qualit e quantit, osserva Hegel, avviene progressivamente. Nel primo stadio, lo stato che si tratta di misurare e la misura ancora si contrappongono come elementi eterogenei. La misura una semplice regola che serve per una determinazione puramente esteriore: tale regola espressa da una indifferente media statistica, che per lo stato del singolo oggetto concreto non dice nulla (poich non lo determina). Cos, ad esempio, per la durata della vita di un uomo si usa un certo valore numerico che dato, appunto, da una media statistica. Quando da questa forma esteriore del computo statistico passiamo alla vera forma della misurazione fisico-matematica, lesteriorit del rapporto di qualit e quantit non ancora superata in odo radicale. Anche qui il sistema di misurazione rimane esterno alloggetto da misurare: loggetto dato gi interamente determinato nella sua condizione naturale e il sistema di misura una scala artificialmente costruita e alla quale loggetto viene confrontato. E in tale confronto consiste la misurazione, la quale cos rimane un processo estrinseco consistente nel riferimento delloggetto stesso a un sistema arbitrario. La isura incomincia a presentarsi come elemento fondamentale quando esprime delle caratteristiche inerenti allo stato delloggetto: un corpo ha una temperatura che dipende dallambiente esterno, ha per un proprio calore specifico e un proprio volume specifico. Tali determinazioni quantitative sono anche delle determinazioni qualitative intrinseche alloggetto. Nella misura della temperatura, la quantit non si rivela come una funzione della qualit. Invece il calore specifico indica un aspetto qualitativo, poich regola il quanto di calore che il corpo ha bisogno per un determinato innalzamento di temperatura. Il concetto di misura acquista la sua funzione integrale quando i termini di confronto non sono pi estrinseci luno allaltro, in modo che da una parte ci sia uno stato qualitativo e dallaltra una scala omogenea che serve da punto di riferimento, ma sono intrinseci luno allaltro in modo che la misurazione serve da determinazione per entrambi. In questo caso la misura diventa misura reale: i numeri che esprimono la misura rappresentano una immutabile relazione tra termini, il cui rapporto di misura esprime determinazioni qualitative complete. Cos i rapporti di misura indicano i modi di determinazione stessa dei contenuti oggettivi. Si tratta qui non di misure isolate, ma di una serie complessa di rapporti che si costruiscono gli uni sugli altri e che insieme realizzano il mondo dellessere determinato. Tali sono i rapporti che regolano la composizione e la trasformazione chimica dei corpi. 132 A questo punto il pensiero non pu pi identificarsi ingenuamente con loggetto, ma si prepara ad accorgersi dellinerzia, dellindifferenza delloggetto da una parte, e, dallaltra, dellattivit intellettuale che si suppone aggiunga alloggetto ci che gli manca, e cio un fondamento solido e pi stabile dei fenomeni. Questo sdoppiamento tra un mondo fenomenico che cambia e un mondo intellettuale che rappresenta la stabilit, la fissit, il punto di vista dellessenza a cui passiamo ora (E. Fleischmann, op. cit., pp. 112-113).

dellEssere lessenza. Lessenza consente allessere di ritrovare se stesso attraverso ogni mutamento di condizioni: essa non ha alcun essere determinato (perci, secondo Hegel, tutte le tesi tradizionali intorno al mondo delle idee e delle sostanze immutabili devono essere abbandonate) e, tuttavia, costituisce linfinito movimento dellEssere, al di l di ogni condizione determinata; e tale movimento il processo medesimo attraverso il quale lessere pone le sue propriet determinate come condizioni della sua autorealizzazione. Lessenza esprime, perci, il potere dellessere di riflettere sulle condizioni della sua determinazione; essa non altro, in definitiva, che il processo della riflessione. Lessenza lessere che si riflette, che si ripiega su di s, per scoprire la sua ragion dessere, ci che sta a fondamento del suo essere medesimo e che pi originario rispetto ad esso. E in questo senso lessenza indica la permanenza originaria dellessere nella sua radice: quindi la radice medesima che attraverso il mutare delle determinazioni permane e costituisce lidentit di una cosa. Lessere determinato si costituisce in una molteplicit di rapporti che rimandano a una fondamentale situazione di rapporto dellessere con se stesso, cio a una condizione di riflessione. La riflessione, infatti, indica il rapporto dellessere con se stesso. Loggetto non pu semplicemente essere definito cogliendo le sue propriet puramente oggettive o immediate: esso deve rivelarsi nella dimesnione che fonda i rapporti tra le stesse propriet, nel suo potere di mediazione che lo rende manifesto a se stesso. Lessenza ci che fonda lessere delle determinazioni e le fa apparire.133 La riflessione rappresenta lesigenza di una dimensione esplicativa che scaturisca dalla situazione stessa dellente: cos questo deve fornire a se stesso una condizione di comprensibilit razionale. Lente, cio, deve apparire a se stesso come un ente razionale (di cui sia evidente la ragion dessere). Nel capitolo sullapparenza Hegel si propone di dare una prima descrizione della natura della riflessione. Il primo passo nella costituzione dellessenza consiste in una distinzione tra loggetto che deve essere spiegato e la spiegazione che deve essere fornita dalla razionalit. In un primo momento lente (o oggetto) viene posto in dipendenza della spiegazione e fuori di questa come un nulla. Questa situazione delloggeto che tolto dal suo essere ed riportato nellambito dellessenza corrisponde allapparenza. Il termine apparenza indica in primo luogo il carattere negativo delloggetto nei confronti del ruolo fondamentale che assume il procedimento che lo spiega. Infatti solo ci che spiega loggetto assume ora il carattere di essenziale.134 Il primo momento del metodo riflessivo , dunque, la riflessione che pone. Lesistenza delloggetto deriva esclusivamente dalla spiegazione, cio dallessere-fenomeno: sicch, in ultima analisi, il reale consiste nel processo della riflessione. Hegel dimostra che qui lessenziale non risiede n nel polo soggettivo n in quello oggettivo, ma unicamente nei rapporti processuali tra di essi. La riflessione riduce le esistenze a processi. Hegel, ovviamente, sottopone a una critica radicale questa tipica interpretazione speculare, per cui un oggetto, per potersi rispecchiare e dunque apparire, deve essere innanzitutto posto, cos come, daltra parte, sono presupposte le condizioni dellapparire. Il presupporre costituisce, in questo modo, la condizione fondamentale della riflessione, e perci il suo grande limite. Si presuppone lesistenza degli oggetti, per spiegare gli oggetti stessi; e la spiegazione si configura attraverso il rispecchiamento, cio mediante lessere-tolto degli oggetti e la loro assunzione nellalterit del loro apparire. Le categorie della riflessione, cio della pura essenza in s, sono lidentit, la differenza, il fondamento. Il principio didentit, osserva Hegel, bench formulato nei confronti di un oggetto, non esprime altro che la condizione fondamentale della riflessione: lo sdoppiamento dellessere rispetto a se stesso, il primo atto di mediazione per cui lessere, ripiegandosi su se stesso, scopre lesigenza che questo processo non conduca a una contraddizione e che, anzi, riesca a mediare le contraddizioni e a risolverle nellaffermazione di una

Ci significa che lessere oggettivo, se compreso nella sua vera forma, deve essere compreso come essere soggettivo; ci che in realt. Il soggetto ora si rivela come la sostanza dellessere, cio lessere appartiene allesistenza di un soggetto pi o meno cosciente, capace di affrontare e comprendere le sue determinate condizioni e pertanto di riflettere su di esse e di formare se stesso (H. Marcuse, op. cit., p. 172). 134 Allinessenziale, in quanto non ha pi un essere, rimane dellesser altro solo il puro momento del non esserci; e la parvenza questo immediato non esserci. Esso nella determinatezza dellessere, in modo che ha un esserci solo nella relazione ad altro, nel suo non esserci; il di per s insussistente, che solo nella negazione. Non gli rimane pertanto che la pura determinatezza che solo mediante la sua negazione, e che di fronte alla sua mediazione non nulla fuorch la vuota determinazione dellimmediatezza del non esserci (Logica, vol. II, p. 9). Questa scissione delloggetto rispetto a ci che lo spiega, con la conseguente riduzione di esso a pura negativit, corrisponde alla prospettiva dello scetticismo e a quella dellidealismo soggettivistico moderno. Infatti: Lo scetticismo non si permetteva di dire: E. Il moderno idealismo non si permise di riguardare le cognizioni come sapere della cosa in s (ib.).

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identit permanente.135 In questo modo, lidentit implica la definizione dei modi in cui essa comprende in s ci che opposto e attua la differenziazione da esso in un processo che sfocia nella riaffermazione di s.136 Lidentit implica la determinazione riflessiva della differenza, la quale si svolge nelle categorie di diversit, di opposizione e di contraddizione. In virt della diversit un oggetto si distingue da tutti gli altri; questa categoria indica, appunto, ci per cui una cosa si distingue dalle altre, ma questo qualcosa che la ragione dellidentit non la cosa stessa: ad esempio, il triangolo si distingue dalle altre figure per il fatto che la somma dei suoi angoli di 180; ma non la stessa cosa dire triangolo e dire figura i cui angoli sono di 180: questultima definizione non altro che il termine della distinzione stabilito dal pensiero ed elaborato a livello di riflessione. E la riflessione che fornisce la ragione in virt della quale sappiamo distinguere un oggetto. Un discorso analogo si pu fare per lopposizione. Due termini opposti, il positivo e il negativo (+ e - ), si riconoscono e si definiscono in quanto la loro somma uguale a zero. Cos essi trovano la loro spiegazione in un terzo termine, che rivela la negazione reciproca delluno per opera dellaltro. Lopposizione, in quanto non riguarda due oggetti ma trasferita in un medesimo oggetto (ed sostenuta dal processo della riflessione) si presenta come contraddizione. Per Hegel, lideale della non-contraddizione, supremo postulato di una visione del mondo fondata sullintelletto riflessivo, unassurdit. La stessa esperienza immediata ci fa constatare lesistenza di fenomeni, come la vita, il movimento, e cos via, che non sono assolutamente identici a se stessi e che perci nello stesso tempo sono e non sono.137 La contraddizione, in quanto rivela allinterno della realt una lacerazione e uninquietudine che hanno bisogno di essere a loro volta spiegate, conduce al concetto di fondamento, o ragion dessere. Infatti, appunto perch le cose sono contraddittorie, si pone lesigenza di risalire a una ragion dessere che Dal punto di vista della totalit dialettica, lidentit non un substrato fisso e permanente, ma un processo in cui ogni cosa lotta con le sue contraddizioni e si sviluppa superandole e mediandole in virt della propria essenza. Ogni esistenza precipita nella sua negazione e rimane se stessa solo negando questa negativit. Essa si scinde in una diversit di condizioni e relazioni con altre cose che le sono originariamente estranee, ma che divengono parte intrinseca di s qualora vengano a trovarsi sotto linfluenza attiva della sua essenza. Lidentit pertanto uguale alla totalit negativa che si dimostr costituire la struttura della realt; uguale allessenza (H. Marcuse, op. cit., p. 175). 136 La posizione di Hegel osserva perci ancora Marcuse comporta una totale rivoluzione delle leggi tradizionali del pensiero e del modo di pensare che da esse deriva. Noi non possiamo esprimere questa identit delle cose in una proposizione che distingua un substrato permanente e i suoi attributi dal suo opposto o contrario. La variet e gli opposti sono per Hegel parte dellessenziale identit della cosa, e, per comprendere tale identit, il pensiero deve ricostruire il processo attraverso il quale la cosa diviene il suo opposto e in seguito lo nega e lo incorpora nel suo proprio essere (op. cit., p. 175). 20 E uno dei pregiudizi fondamentali della vecchia logica e dellordinaria rappresentazione, che la contraddizione non sia una determinazione altrettanto essenziale ed immanente quanto lidentit. Invece, quando si dovesse parlare di un ordine di precedenza e si dovesser tener ferme le due determinazioni come separate, bisognerebbe prendere la contraddizione come la pi profonda e la pi essenziale. Poich di fronte ad esse lidentit non che la determinazione del semplice immediato, del morto essere; la contraddizione invece la radice di ogni movimento e vitalit; qualcosa si muove, ha un istinto e unattivit, solo in quanto ha in se stesso una contraddizione (Logica, II, p. 71). Si vede qui il motivo centrale della filosofia hegeliana, che lesigenza di non considerare nessun reale per s, bens di assumerlo come una determinazione che reca in s la negazione di se stessa, in quanto la sua realizzazione consiste nel suo passare in unaltra determinazione, e cos via, in un processo infinito, che comprende determinazioni sempre pi complete e pi vere. Quanto pi un reale carico di contraddizione, quanto pi, cio, esso contiene in s la capacit di negare se stesso, tanto pi esso ricco e vitale: infatti la chiusura del reale in unidentit definita corrisponde, per Hegel, al morto essere, dunque a una condizione dessere che priva di significato dialettico e costituisce una semplice astrazione intellettuale. Perci lessere delle cose consiste in quella forza che pu comprendere in s e sopportare la contraddizione. Marcuse, a proposito della portata di questa concezione dialettica per linterpretazione della storia della societ umana, osserva: Che cosa significa lunit di identit e contraddizione nel contesto delle forme e delle forze sociali? In termini ontologici significa che la condizione di negativit non comporta una distorsione della vera essenza di una cosa, ma, al contrario, la sua stessa essenza. In termini storico-sociali significa che di regola la crisi e la caduta non sono fenomeni accidentali e disordini esteriori, ma manifestano la vera natura delle cose e pertanto forniscono la base sulla quale pu essere compresa lessenza del sistema sociale esistente. Inoltre significa che le intrinseche potenzialit degli uomini e delle cose non possono realizzarsi nella societ se non con la caduta dellordine sociale in cui esse sono dapprima raccolte. Quando una cosa si trasforma nel suo opposto, dice Hegel, quando contraddice se stessa, essa esprime la sua essenza. Quando, come dice Marx, lidea e la pratica della giustizia e delluguaglianza in un determinato momento storico conducono allingiustizia e allineguaglianza, quando il libero scambio di beni equivalenti conduce da un lato allo sfruttamento e dallaltro allaccumulazione della ricchezza, tali contraddizioni esprimono anchesse lessenza dei rapporti sociali di quel momento. La contraddizione costituisce la vera forza motrice del progresso (Ragione e rivoluzione, cit., p. 177).
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giustifichi tale loro essere contraddittorio. La categoria che qui incontriamo corrisponde al leibniziano principio di ragion sufficiente, che esprime lesigenza di riportare ogni fenomeno a una ragione che lo spieghi. In realt, a questo livello (che ancora quello della riflessione intellettiva), questo principio indica il fondamento in cui le determinazioni apparenti ripongono il loro essere e non lintrinseco principio concettuale che fonda il loro rapporto dialettico. 138 Il fondamento considerato prima in s, senza essere messo in relazione con ci che ne pu derivare. In questo senso, qualificato negativamente, in quanto non identico a tutto ci che pu risultare da esso e che esso pu spiegare; ma qualificato anche positivamente, in quanto il sostrato, identico a se stesso, degli oggetti che ne derivano. In quanto sostrato astratto, esso si identifica con un principio formale: il fondamento lessenza come entit puramente formale. Questo principio formale rimanda a una dimensione che coincide con lindeterminato, il senza forma, e cio la materia che si deve determinare.139 Poich materia e forma, come aveva gi mostrato Aristotele, sono princpi astratti e puramente formali, se considerati per s, indipendentemente dalla loro relazione reciproca, il fondamento che si articola attraverso di essi non riesce ancora a configurarsi come il fondamento di qualcosa. Perci esso, via via, si d un contenuto: dapprima (nella fase in cui si ha il fondamento formale) questo contenuto interamente tratto dal fondamento, per cui il fondato non si distingue dal fondamento, sicch esso, che dovrebbe essere essenziale ed esplicativo, in realt derivato e gi spiegato.140 Occorre, perci, realmente considerare il fondamento e il fondato come due termini differenti: cos perveniamo al fondamento reale. Ma anche questo fallisce il suo scopo esplicativo: infatti risulta impossibile costruire il fondamento su contenuti diversi, indifferenti luno allaltro e privi di connessione reciproca. In questo caso, infatti, i rapporti tra fondamento e fondato rimangono esteriori e contingenti, come, ad esempio, il rapporto tra Dio e la natura. Non si ha altro, Hegel rileva come questa categoria della riflessione intellettiva rientri in quella logica del presupposto che egli considera come il punto di vista che va superato nella visione dialettica. La ragion dessere si costituisce da una parte come ci a partire da cui lessere determinato viene compreso; ma daltra parte si muove dallessere determinato per giungere al principio che ne media limmediatezza e che dunque lo esplicita. In quanto dalla determinazione, come dal primo e immediato, si procede al fondamento (per la natura della determinazione stessa, che di per s va a fondo), il fondamento anzitutto un che di determinato da quel primo (Logica, II, p. 78). La riflessione intellettiva, dunque, si propone come suo compito principale quello di trovare le ragioni dessere partendo dallessere determinato, trasformando cos lessere immediato in essere riflesso; ma le ragioni dessere non sono cos dei princpi per s indipendenti, sono invece dedotti a partire dalla sfera dellessere determinato. Con la massima chiarezza questo circolo appare nei tentativi scientifici di spiegare i fenomeni dati sostituendo ad essi dei sostrati posti in maniera puramente concettuale come sarebbero quelli di molecole o di etere - ; infatti, se tali sostrati non debbono essere assunzioni del tutto arbitrarie, sotto un altro nome si esprimono in essi soltanto i rapporti dei fenomeni; mentre poi questo nome nasconde in s il pericolo che ci che solo una determinazione riflessa venga acriticamente confuso e identificato con determinazioni immediate dellessere dellessere determinato (E. Cassirer, Storia della filosofia moderna, tr. it., Torino 1958, vol. III, p. 437). 139 Lessenza divien materia in quanto la sua riflessione si determina a rapportarsi ad essa come allindeterminato privo di forma. La materia pertanto quella semplice identit indistinta che lessenza colla determinazione di esser laltro della forma. Essa quindi la vera e propria base o substrato della forma, perch costituisce la riflessione in s delle determinazioni formali, ossia quellindipendente cui esse si riferiscono come alla loro positiva sussitenza. Quando si fa astrazione da tutte le determinazioni, da ogni forma di qualcosa, riman la materia indeterminata. La materia un che di assolutamente astratto. (- La materia non si pu n vedere, n sentire, ecc. quel che si vede, o sente, una materia determinata, vale a dire una unit di materia e forma). Questastrazione, da cui sorge la materia, non per soltanto un estrinseco levare e toglier via la forma, ma, come si mostrato, la forma si riduce per se stessa a questa semplice identit (Logica, II, p. 87). 140 A cagione di questa identit del fondamento, o ragion dessere, e del fondato, la ragion dessere, cio il fondamento, sufficiente (limitando la sufficienza a questo rapporto). Non vi nulla nel fondamento che non sia nel fondato, come non vi nulla nel fondato che non sia nel fondamento. Quando si domanda una ragione, ossia un fondamento, si vuol vedere in una maniera doppia quella medesima determinazione che il contenuto, vederla cio una volta nella forma del posto, e laltra in quella dellesser determinato in s riflesso, vale a dire dellessenzialit (Logica, II, p. 97). E la forza di gravitazione di newton che funge qui da bersaglio, poich, per Hegel, essa presenta tutti i difetti della spiegazione mediante il fondamento formale: la forza di gravitazione non altro che il fenomeno osservato della gravitazione, ripetuto sotto forma essenziale a guisa di spiegazione (E. Fleischmann, op. cit., p. 134). Infatti Hegel ironizza su questa vuota tautologia assunta a legge di spiegazione scientifica: Se domandandosi perch questo uomo si metta in viaggio per recarsi alla citt, si rispondesse assegnando per motivo, che vha nella citt una forza attrattiva che lo fa andare, questa maniera di rispondere verrebbe riguardata come sciocca, mentre nelle scienze ammessa e approvata. Leibniz rimprover alla forza attrattiva di Newton dessere appunto una qualit occulta simile a quelle che a scopo di spiegazione venivano adoperate dagli scolastici. Si dovrebbe farle anzi il rimprovero opposto, che sia cio una qualit troppo conosciuta; poich non ha altro contenuto che il fenomeno stesso (Logica, II, p. 99).
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in realt, che un trasferimento della medesima funzione da uno allaltro termine: occorre supporre in Dio lessenza della natura o, viceversa, la presenza dellessenza di Dio nella natura.141 Cos il rapporto tra fondamento e fondato sul piano della forma si costituisce secondo i caratteri della reversibilit e sul piano del contenuto secondo i caratteri della contingenza. Il fondamento totale o assoluto rappresenta la sintesi delle due fasi finora descritte: poich forma e contenuto non sono separabili, esso consiste in un rapporto insieme reversibile e contingente tra fondamento e fondato; daltra parte, il fondamento unentit tra altre, bens indica ci che in relazione con la totalit dei condizionati. Solo considerando linsieme dei condizionati, e dunque la catena dei condizionamenti nella sua totalit, possibile pensare a un fondamento assoluto (che non sia a sua volta condizionato). In tal modo, la spiegazione dei fondati si trova nel loro concatenamento, nella totalit delle condizioni: come essere in una totalit, cio essere provvisto di fondamento, lente pu dirsi esistente. Con la costituzione del fondamento, come totalit delle ragioni dessere, si ha il passaggio dallessenza allesistenza: Se tutte le condizioni di una cosa sono presenti, essa entra nellesistenza. La cosa prima di esistere (Logica, II, p. 125). Lesistenza lapparenza fondata, tale cio che ha acquisito una serie sufficiente di ragioni dessere per avere la consistenza della realt. Sulla base del fondamento, tutti gli esistenti formano una trama organica di interdipendenze, qual luniverso delle cose. Le cose esistono sulla base dellesistenza come categoria che ha la sua base nel fondamento. Questo fa s che lessenza, lessere determinato, acquisti una ragion dessere sufficiente per esistere. Le determinazioni della qualit, della quantit, del grado, e le altre modalit della determinazione, concorrono alla configurazione dellessenza. Col passaggio allesistenza, loggetto appare non pi riflesso in se stesso, bens in altro: esso, cio, diventa fenomeno. Il fenomeno la completa e adeguata manifestazione dellessenza che divenuta esistenza. Il fenomeno la cosa stessa che si manifesta attraverso le sue propriet. Per Hegel, la cosa come nucleo indipendente dalle sue propriet un concetto astratto: sono queste, infatti, che la determinano nel suo essere proprio. Inoltre, in quanto la manifestano, esse fanno s che essa si ponga fuori di s e, quindi, si riconosca attraverso una riflessione estrinseca: il colore visto e distinto dallocchio, lodore dallolfatto, e cos via. Le propriet consistono in un rapporto tra linterno e lesterno; e questo rapporto non una determinazione estrinseca, qualcosa di indifferente rispetto al contenuto, bens appartiene alla cosa in modo intrinseco. La propriet ci che appartiene alla cosa come proprio ed ci che pone la cosa come fenomeno. Perci la cosa si identifica con le sue propriet: soltanto in virt di esse, infatti, posta, cio esistenza e fenomeno.142 Il fenomeno, per Hegel, lungi dal costituirsi come semplice apparenza inadeguata di un nucleo essenziale, esprime la verit stessa della cosa. La connessione indissolubile tra essenza e fenomeno costituisce la relazione essenziale, che si esprime in gradi diversi in rapporto ai diversi termini opposti, come forma e contenuto, tutto e parte, forza e manifestazione, interno ed esterno. Lunione completa, attuata sulla base di tale relazione, la compenetrazione integrale di un termine nellaltro, in modo che, ad esempio, tra lo stato dellinteriorit e la sua manifestazione esterna non rimane pi nessuna differenza, indicata col concetto di realt in atto. Con questo concetto, la logica oggettiva perviene alla sua categoria fondamentale. Il reale in atto il termine finale del processo dialettico dal punto di vista dellessere: il compito dello sviluppo dialettico appunto quello di portare al suo compimento reale, allatto, ci che dato inizialmente come astratto in s, come vuota possibilit dessere. Qui il reale manifesta s in se stesso: esso, cio, lassoluto.143 Il rivelarsi dellassoluto si articola in tre modi: possibilit astratta, semplice esistenza o accidentalit, vera realt in atto o necessit. La possibilit la potenza, il reale allo stato potenziale; la necessit esprime lunit della potenza e dellatto, del possibile e del reale. Le ultime categorie, che esprimono il potere attivo della sostanza (dellassoluto reale), sono: sostanzialit, causalit, azione reciproca. Come sostanza, lassoluto la costante potenza dessere, ci che costituisce il In generale, per questa via, si pu trovare una ragione (o un fondamento) per ogni cosa: di ogni cosa si possono portare una o parecchie buone ragioni, e cos anche del suo opposto; e si possono aver ragioni in gran numero, senza che da esse venga fuori nulla. Quello che Socrate e Platone chiamano sofistica non altro che largomentare in base a delle ragioni (Logica, II, p. 110). 142 Per lunit della cosa e delle sue propriet pu scindersi, se si adotta una prospettiva diversa, non filosofica e dialettica. In questo modo, le propriet si presentano come elementi indipendenti: cos la chimica, nella forma in cui Hegel la conosce, distingue un particolare elemento della luce e del calore, una particolare materia elettrica o magnetica. In realt, per Hegel, non esiste la cosa precedentemente alle propriet di cui costituita, n le propriet sussistono come elementi indipendenti e separati. 143 Il reale la posizione dellunit, la relazione divenuta identica con se stessa: perci sottratto al trapasso, e la sua esteriorit la sua energia: in essa riflesso in s: il suo essere determinato solo la manifestazione di se stesso, e non di un altro (Enciclopedia, 143).
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sostrato permanente di tutte le accidentalit che via via si presentano. Queste non hanno nessuna realt indipendente, ma derivano tutte da quella e sono espressioni e determinazioni di essa. Qui per ancora lassoluto non pensato come necessit, in quanto ancora in relazione allelemento mutevole degli accidenti. Invece laccidentalit superata dalla categoria di causalit: leffetto, infatti, sta alla causa in un rapporto di identit; la causa non che la possibilit della sostanza di costituirsi come effetto e questo non che la determinazione che come sua caratteristica fondamentale il derivare da una causa. La causa, in senso proprio, trasmette interamente se stessa nelleffetto e si conserva in esso. La forma compiuta di connessione causale quella che comprende lintera serie dei termini della relazione causale: soltanto in questa totalit, che come un circolo chiuso, ogni elemento si pu risolvere nellaltro, in modo da ritornare su se stesso; si ha, cos, una determinazione in cui leffetto nello stesso tempo causa e viceversa. In questa determinazione dellazione reciproca si compie, perci, la relazione assoluta. In questa forma sostanza e accidenti, causa ed effetti si identificano; il principio della necessit e quello della contingenza sincontrano e si giustificano reciprocamente, e la necessit viene a coincidere con la libert. 144 Cos perveniamo al concetto di un reale che domina tutte le condizioni del suo attuarsi e manifestarsi. Un tale reale non pu essere concepito che sotto forma di soggetto. Abbiamo raggiunto il punto in cui la logica oggettiva si volge in logica soggettiva, in cui la soggettivit emerge come la vera forma delloggettivit. 145 Mentre nella logica oggettiva Hegel ha mostrato le aporie in cui incorre il pensiero allorch si pone come riflessione sulloggetto, nella logica soggettiva dimostra come la totalit del reale (nella sua struttura razionale) pu essere coerentemente dedotta dal pensiero. La logica oggettiva pervenuta allidea del fondamento come totalit dei rapporti e delle condizioni esistenti tra gli esseri determinati. Essa in tal modo ha espresso lesigenza di un principio autocondizionantesi; e poich loggetto in s si dissolto nel processo della riflessione, questa medesima infine emersa come la dimensione in cui soggetto e oggetto si identificano. Il pensiero, cos, apparso come la fonte oggettiva delle sue determinazioni. Loggettivit del mondo non altro che laccordo, la coerenza di tutte le determinazioni del pensiero: si pu (e si deve) dunque partire dal pensiero per creare il mondo oggettivo. E questo il compito della logica soggettiva o dottrina del concetto. Il concetto non altro che la struttura soggettiva, dunque essenzialmente logica, considerata come sviluppo e come processo, perci vista nella totalit delle sue determinazioni, come sintesi di libert e necessit, in quanto sistema processuale autodeterminantesi. Il concetto, in quanto totalit, luniversale; loggetto, che gli opposto, in realt rappresenta lo stesso concetto dal punto di vista dei suoi contenuti, e perci il particolare; questo stesso concetto, poi, in quanto conosciuto, il singolare, il pensiero determinato da se stesso.146 La logica del concetto, cio la teoria critica e scientifica della realt, si articola in tre momenti: la soggettivit in s, la soggettivit oggettivata e la soggettivit assoluta (o Idea). Laffermazione dellidentit del concetto (il reale nella sua compiuta mediazione e dunque come razionalit) con se stesso (in quanto processo che si muove in virt di una propria interna capacit di mediazione) d la caratteristica della soggettivit in s. Ma la soggettivit contiene nella propria definizione il suo contrario, loggettivit: questa coincide con una totalit strutturata razionalmente, secondo i princpi dellautodeterminazione, e contiene in s lidea di un mondo ordinato secondo leggi. Perci la trattazione del concetto come totalit oggettiva comprende le leggi generali della strutturazione razionale delloggettivit, cio la meccanicit, il chimismo e la teleologia. La
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Questa verit della necessit perci la libert, e la verit della sostanza il concetto, - lo stare per s, che il differenziarsi in diversi elementi per s stanti; come questo, identico a s, e, come questo moto reciproco interno, soltanto con s (Enciclopedia, 158). 145 Il trapasso dalla necessit alla libert, o dal reale nel concetto, il pi difficile, perch la realt per s stante deve pensarsi che abbia la sua sostanzialit soltanto nel trapasso e nellidentit con la realt per s stante altra da lei: cos il concetto il pi difficile, perch esso appunto questa identit. Ma la sostanza reale come tale, la causa, che nel suo essere per s non vuol lasciar penetrar nulla in s, gi soggetta alla necessit o al destino di passare nellesser posta; e questa soggezione anzi la cosa pi difficile. Pensar la necessit , per contrario, la soluzione di quella difficolt; poich lincontrarsi di s con se stesso nellaltro, - la liberazione; la quale non la fuga della astrazione, ma consiste nel trovare nellaltro reale, con cui il reale legato per la potenza della necessit, s, - non come laltrui essere, laltrui posizione, - ma come lessere suo proprio, la sua propria posizione. In quanto esistente per s, questa liberazione si chiama io, in quanto sviluppo nella sua totalit, spirito libero; in quanto sentimento, amore; in quanto godimento, beatitudine. La grande intuizione della sostanza di Spinoza solo in s la liberazione dallesser per s finito; ma il concetto appunto per s la potenza della necessit e la libert reale (Enciclopedia, 159). 146 Nella elaborazione del concetto hegeliano concorrono laristotelico nous come pensiero di pensiero, la sostanza spinoziana come ci che comprende se stessa e lio penso di Kant: Aristotele ha elaborato la struttura del pensiero come atto puro e dunque come attualit reale, Spinoza ha affermato che pensare significa considerare le cose sotto laspetto della totalit, Kant ha riportato ogni oggettivit alla forma del pensiero.

terza e ultima sezione, dedicata allIdea, riguarda lintegrazione dellidea dellIo e dellidea del mondo in una totalit fondamentale che comprende la coscienza stessa che si riconosce nella sua attivit creatrice. La logica soggettiva, dunque, parte dal concetto, cio dal pensiero in quanto attivit pura e apparentemente priva di contenuto, per approdare allidea assoluta, che ancora il pensiero, ma dopo lesplicitazione del suo contenuto, come il reale pervenuto alla piena comprensione di s (alla verit).147 La prima parte della logica soggettiva (il Concetto soggettivo e la Soggettivit) presenta un formalismo estremamente astratto.148 Il Concetto, in quanto totalit riferita unicamente a se stessa, luniversale, il momento dellastrazione assoluta. Non si tratta, infatti, di un concetto generale che si astrae da molti oggetti empirici, ma della universalit stessa come determinazione del pensiero in quanto attivit pura. Per pensare bisogna anzitutto liberarsi da tutto ci che si ricevuto dallesterno, di tutto ci che si credeva di avere attinto dallesperienza, e porsi in una situazione iniziale di tabula rasa. In questa situazione non esistono condizionamenti o determinazioni: il pensiero non si trova con altro che con la sua necessit logica e teoretica.149 Questa condizione del puro pensiero come astrazione assoluta non pu essere ulteriormente spiegata: essa non pu essere spiegata che mediante se stessa. Eppure si tratta del presupposto di ogni verit: perci Hegel afferma che il concetto, in questa dimensione puramente formale, racchiudendo in s linfinita possibilit delle sue determinazioni concettuali, la determinazione pi ricca e nello stesso tempo pi semplice.150 Nella sfera del puro pensiero tutte le lacerazioni e opposizioni sono conciliate, poich il pensiero lascia trasparire le ragioni delle opposizioni. Luomo deve situarsi in questa dimensione per potere comprendere il reale e dominarlo.151 In quanto mediazione assoluta, il concetto non diventa mai qualcosa di diverso da se stesso: nel suo semplice rapporto con s gi determinazione assolta; una determinatezza, per, che esclude da s ogni separazione. Ogni differenziazione non lo riguarda, poich esso, in primo luogo, deve affermarsi come perfetta eguaglianza con se stesso. Allorch il Concetto si rivolge ai suoi contenuti (i pensieri pensati), esso abbandona la sfera formale e astratta della pura identit con se stesso e di conseguenza abbandona la sfera della universalit e assume in s la particolarit. Ogni momento particolare appare, cos, come lautodifferenziarsi delluniversale, che rimane il principio che governa , comprendendola in s, la totalit delle determinazioni. Solo nelluniversale hanno ragion dessere e solo attraverso di esso sono

Come osserva lEnciclopedia (par. 161), questo sviluppo non sar pi una transizione verso altro, ma unevoluzione del pensiero in s e con le sue proprie forze. Di qui la difficolt di ogni spiegazione. Come la Fenomenologia non aveva altro soggetto che la coscienza individuale, la logica soggettiva (anchessa) non si occupa che dellio trascendentale, insieme soggetto e oggetto. Ma il monismo della Logica pi complicato, poich qui non ci si pu pi riferire a ci che il pensiero non (il pensiero non unastrazione dal mondo esterno), ma tutte le determinazioni sono essenziali e tutto contenuto in tutto. In altri termini Hegel vuol dimostrare soprattutto contro Kant che il pensiero non formale, ma che le sue differenze di forma sono anche contenuti ben determinati, e a questo scopo deve partire proprio da un formalismo concettuale per poter procedere a una concretizzazione ulteriore (E. Fleischmann, op. cit., p. 215). 148 Hegel stesso traccia sinteticamente lo sviluppo delle determinazioni relative al Concetto che non vuole comprendere altro che se stesso, cio la sua sola forma: Primeriamente esso concetto puro, ossia la determinazione delluniversalit. Il concetto puro o universale per anche concetto determinato o particolare, che si colloca da parte accanto agli altri. Il concetto essendo la totalit, epper nella sua universalit e nel suo puro identico riferimento a se stesso essendo essenzialmente il determinare e il distinguere, ha in lui stesso la norma per cui questa forma della sua identit con s, mentre penetra e comprende in s tutti i momenti, altrettanto immediatamente si determina a esser soltanto luniversale di fronte alla differenziazione dei momenti. Secondariamente il concetto con ci questo concetto particolare o come il concetto determinato, che posto come distinto rispetto ad altri. In terzo luogo, lindividualit il concetto che si riflette dalla differenza nellassoluta negativit. Questo insieme il momento in cui dalla sua identit esso passato nel suo esser altro e diventa giudizio (Logica, III, p. 37). 149 Il concetto puro lassolutamente infinito, incondizionato e libero []. Il concetto pertanto dapprima lassoluta identit con s []. Questo puro riferimento del concetto a s (che questo riferimento mediante la negativit) luniversalit del concetto (Logica, III, 38). 150 E quindi in primo luogo il semplice riferimento a se stesso; soltanto dentro di s. Ma questa identit in secondo luogo assoluta mediazione, non per mediato (III, 39). 151 Che luomo debba ricercare nella scienza la ragione della sua libert e del suo potere una convinzione che Hegel eredita dalla grande tradizione filosofica occidentale, da Platone fino a Spinoza. Luniversale quindi la potenza libera. E se stesso e invade il suo altro; non per come un che di violento, ma come tale che in quello quieto e presso se stesso. Come fu chiamato la libera potenza, cos potrebbe anche chiamarsi il libero amore e lillimitata beatitudine, essendo un rapporto di s al differente solo come a se stesso; nel differente esso tornato a se stesso (III, 41).

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comprensibili i contenuti particolari. Questi, per s presi, non possono essere compresi nel loro significato e nel processo della loro costituzione.152 Il Concetto, in quanto determinato da se stesso, e che conserva la sua totalit nonostante la determinazione, il singolare, unesistenza determinata, che gode della propria perfezione. Il singolare deriva dalla determinazione reciproca dei due elementi fondamentali del concetto: esso comprende una totalit organica di determinazioni connesse logicamente. E ovvio, infatti, che il singolare non coincide con la singolarit empirica di un ente particolare: esso corrisponde a una entit logica, che ha la sua giustificazione sul mero piano concettuale. Il singolare di per s costituisce ununit logica di elementi e a sua volta fa parte di una pi estesa connessione sistematica. Questa condizione per cui il concetto una totalit sistematica, che ha una sua intrinseca perfezione e coerenza logica, analoga a quella dellorganismo, in cui il tutto che determina la funzione delle parti ed lunit del tutto che si ricostituisce nellindividuo. Lespressione logica di questa struttura organica il giudizio. Hegel osserva che ordinariamente il giudizio considerato come un rapporto esteriore che si stabilisce tra due termini, soggetto e predicato, gi dati e presupposti come indipendenti, mentre il significato del termine giudizio (Ur-teil: originario e parte) indica lunit del concetto la condizione fondamentale e la divisione in due elementi come il fatto successivo, ma che gi appartiene alla costituzione originaria di quellunit.153 Hegel distingue diversi tipi di giudizio: il giudizio dellessere determinato o giudizio qualitativo: viene aggiunto al soggetto un predicato che una qualit immediata e perci sensibile (per es., la rosa rossa); il giudizio della riflessione: il predicato non viene aggiunto ma sussiste in unessenziale determinazione nella quale costituito gi il soggetto: e a seconda della specie di soggetto, si distinguono le forme del giudizio singolare, particolare e universale; il giudizio della necessit, fondato sulle relazioni di sostanza, causa e azione reciproca e in base a tali relazioni suddiviso in giudizio categorico, ipotetico, disgiuntivo; il giudizio del concetto, in cui il predicato consiste in una norma universale (buono o cattivo, vero o falso, bello o brutto), a cui i singoli contenuti determinati vengono commisurati. Il giudizio rigorosamente obiettivo quello apodittico, il quale contiene in s la sua giustificazione e la prova della sua validit obiettiva. In esso la relazione espressa la reale identit del soggetto e del predicato (infatti il reale in atto unit di particolare e di universale, un individuale che mediante la particolarit si innalza alluniversalit). Invece il giudizio assertorio, in quanto semplice affermazione, coincide col giudizio problematico. Uno sviluppo del giudizio apodittico (in cui si ha la connessione immediata tra i termini) il sillogismo (in cui la connessione mediata da un terzo termine, appunto detto medio per la funzione che esso svolge). Ora raggiungiamo la categoria dellobiettivit, sulla quale poggia il concetto di mondo come totalit delle determinazioni obiettive (e che finora sono state considerate dal punto di vista del concetto logico come struttura razionale del reale). Qui hanno luogo le stesse relazioni fondamentali che costituiscono il sistema logico nellambito della relazione assoluta: alle categorie di sostanzialit, causalit e azione reciproca corrispondono quelle di meccanicit, chimismo, teleologia. La prima forma di relazione consiste nel fatto che un oggetto riceve unazione da un altro passivamente: una condizione delloggetto che non richiesta dalla

Ci equivale a dire che ogni particolare momento ha in s, come suo vero contenuto, il tutto, e deve essere interpretato come un tutto. [] La logica dialettica sostiene che ogni contenuto particolare determinato dal principio universale che stabilisce il movimento del tutto. Un singolo rapporto tra esseri umani, per esempio quello tra un padre e suo figlio, costituito dai rapporti di base che reggono il sistema sociale. Lautorit del padre sostenuta dal fatto che egli mantiene la famiglia: gli istinti egoistici della societ basata sulla concorrenza si infiltrano nel suo amore. Limmagine del padre accompagna ladulto e lo conduce a sottomettersi alle forze che regolano la sua esistenza sociale. Lintimit del rapporto familiare costituisce dunque un primo passo verso i rapporti sociali prevalenti, cos che lo stesso rapporto privato manifesta un suo contenuto sociale. Tale sviluppo si attua attraverso il principio della negazione determinata. Il rapporto familiare attua cio la contraddizione che disintegra il suo contenuto originario, e tale contraddizione, sebbene disintegri la famiglia, esercita la sua effettiva funzione. Il particolare luniversale, cos che il contenuto specifico si trasforma direttamente nel contenuto universale attraverso il processo della sua essitenza concreta. In questo caso la logica dialettica produce di nuovo la struttura di una forma storica della realt in cui il processo sociale dissolve ogni sfera di vita limitata e stabile nella dinamica economica. In seguito al suo intrinseco rapporto con ogni altro particolare momento del tutto, il contenuto e la funzione di ogni suo aspetto determinato mutano con ogni mutamento di tale tutto. Isolare e rendere stabili i particolari momenti pertanto impossibile (H. Marcuse, op. cit., pp. 188-189). 153 Il significato etimologico del giudizio nella lingua tedesca pi profondo; ed esprime lunit del concetto come il fatto primo, e la distinzione die esso come la partizione originaria: ci che il giudizio veramente (Enciclopedia, 166).

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natura propria di esso.154 Nel chimismo i due oggetti della relazione stanno in modo che ciascuno ha bisogno dellaltro: il rapporto con laltro e il modo di questo rapporto appartengono alla natura delloggetto.155 Loggetto della relazione chimica ha in s la tendenza a determinarsi, ponendosi in modo conforme al concetto che comprende la relazione tra i due termini; per nel risultato del processo i due termini, che prima stavano luno verso laltro in reciproca tensione, ritornano a una condizione dindipendenza e stanno in una indifferente coesistenza; perci la sintesi che si attua nella relazione chimica imperfetta e fa s che il chimismo si risolva di nuovo nel meccanismo. La vera sintesi si attua, invece, nella relazione teleologica. La finalit determina la molteplicit degli oggetti mediante una unit che li giustifica; per ancora qui si tratta di una subordinazione estrinseca degli oggetti al fine: gli oggetti costituiscono un semplice materiale rispetto al quale il fine cerca di affermarsi. Si tratta, cio, di una finalit esteriore, per cui il mondo degli oggetti non interamente dominato dalla finalit, ma solo estrinsecamente subordinato ad essa. Secondo Hegel, il merito della Critica del giudizio di avere mostrato la contraddizione di questa forma di teleologia e di avere posto i concetti di vita e di idea come termini di una finalit interna. Il primo passo verso il passaggio alla finalit interna costituito dal fatto che il mondo degli oggetti invece di apparire come il semplice campo indifferente si costituisce come il mezzo necessario per la realizzazione del fine. In tal modo, loggetto diventato un momento dello stesso processo teleologico, un termine indispensabile che trova la sua giustificazione nellambito di una unit concettuale. Lo strumento interno al processo in cui si realizza il fine. Questo fine, che non ha pi lobiettivit fuori di s come dimensione indifferente ma la d a se stesso realizzandosi attraverso di essa, lidea come unit assoluta del concetto e del mondo obiettivo. Lidea innanzitutto la vita: infatti la vita organica in ogni essere corporeo si presenta come unit di processo e di fine, un principio che in s contiene la forma della sua attuazione. La vita forma di obiettivit organizzata secondo un fine. Nellorganismo vivente il fine ha il suo mezzo nellobiettivit stessa; esso ununit in cui il mezzo e il fine si compenetrano: questo immanente a quello e si realizza in esso. Si ha un processo unitario, in cui il cominciamento ragion dessere e leffetto causa. Nel rapporto di finalit, non si ha laltro come termine a s indipendente, e ci che viene espresso come alcunch daltro, quale termine ultimo, conseguenza, effetto, non ha pi la determinazione dellalterit ma quella dellidentit. Questo concetto semplice che esprime la forma della vita organica come forma che ha in s il suo fine la nozione di anima. Lanima indica il fine di un processo vitale, una determinazione in cui si realizza nellobiettivit una razionalit immanente. Se nel primo stadio la vita ha per presupposto un mondo obiettivo, nel secondo stadio questo si identifica con lo spirito e diventa idealit. Nello stadio della vita, le categorie dellintelletto rimangono ancora qualcosa di estrinseco e di estraneo allobiettivit: la conoscenza ha ancora lobiettivit come un dato che le sta di fronte, come un essere estraneo; il concetto non riesce a raggiungere il particolare e le sue differenze si dissolvono nella forma delluniversalit. Daltra parte, per la via opposta, partendo da una determinazione universale, da una definizione, si cerca di svolgere un sistema di teoremi e di dimostrazioni, che hanno lo scopo di pervenire al reale determinato. Ma entrambi questi procedimenti non raggiungono lo scopo della conoscenza: essi muovono da un dato, che per luno si configura come molteplicit dei fatti, per laltro come molteplicit delle definizioni e degli assiomi. Tuttavia qui il conoscere ha abbandonato laffermazione che il suo contenuto sia qualcosa di dato. Si riconosce come fondamentale lattivit del determinare: loggetto non un dato che il conoscere deve semplicemente riprodurre ed esprimere, ma si annuncia come un prodotto. Al posto della semplice ricettivit, si ha la produttivit; il conoscere teoretico si converte nella forma pratica. Lobiettivit si determina come idea del bene e il bene viene determinato come dovere, contrapposto allessere. Ma sorge lesigenza di superare questo dualismo, in modo che lessere e il doveressere non siano pi opposti e si identifichino in ununit assoluta. Lidea che realizza lunit di sapere e volere, di teoria e pratica, di essere e dover-essere, di vero e di bene, di reale e di ideale lidea assoluta. Cos si ha il compimento dellintero processo del reale. Lidea assoluta conserva tutti i momenti di questo sviluppo nel rapporto necessario che li fonda come elementi di una stessa realt logica e sopprime in essi ogni configurazione unilaterale. Essa non un momento ulteriore che si aggiunge agli altri, non una

Questo forma il carattere del meccanismo, che qualunque rapporto abbia luogo tra i termini collegati, questo un rapporto ad essi estraneo, che non riguarda affatto la loro natura, e anche quando presenta lapparenza di ununit, rimane nientaltro che composizione, mescolanza, ammassamento, ecc. Come il meccanismo materiale, anche quello spirituale consiste nel fatto che gli elementi raccolti nello spirito rimangono esteriori gli uni agli altri e ad esso stesso (Logica). 155 In tal modo loggetto in s lintero concetto, ha in esso medesimo la necessit e limpulso a sopprimere la sua esistenza antitetica e unilaterale, e a farsi totalit reale nellessere determinato chesso conformemente al suo concetto (Logica).

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conclusione che si pone dopo le precedenti determinazioni come un fine indipendente: , invece, la stessa totalit sistematica in cui quei momenti stanno in connessione logica. Dunque indica il modo di questa connessione, il metodo secondo cui le singole determinazioni concettuali trovano la loro giustificazione e il loro fondamento logico. Lidea assoluta il punto di vista unitario da cui tutti i concetti acquistano il loro senso. Essa il concetto che ha per oggetto se stessa e che contemplandosi come oggetto ritrova in s la totalit delle determinazioni reali come termini di ununica necessit razionale. Hegel ha voluto presentare lassoluto nella molteplice variet delle determinazioni in cui si articola il processo della sua attuazione. Questo processo passa attraverso momenti di dissociazione e di riconnessione: un processo circolare il cui il principio si ricongiunge alla fine e in cui nulla gi dato ma tutto generato e prodotto. E la stessa realt spirituale che, come idea assoluta, genera se stessa attraverso il laborioso processo della dissociazione e della ricomposizione sintetica. La consapevolezza dellidea costituisce il sistema della scienza: la scienza la stessa idea come totalit che si conosce e si contempla nella totalit delle sue determinazioni e nella loro connessione sistematica. Lunico modo dessere della verit , per Hegel, il sistema scientifico di essa. La filosofia considera lassoluto non solo come fondamento ma lo contempla nella totalit del suo sviluppo. Hegel: la filosofia della natura Nel sistema dialettico, la natura lIdea che si estrania a se stessa, si aliena, esce fuori di s, e cos si configura nella forma dellesteriorit spazio-temporale. Le determinazioni concettuali che si danno una forma estrinseca nella natura appaiono come legate a un sussistere indifferente che le fa essere in uno stato di isolamento reciproco, esposte a una condizione di accidentalit. La natura, infatti, laltro rispetto al pensiero; essa non domina autonomamente la sua stessa condizione di esteriorit, ma si trova sempre come data, cio come qualcosa che ha in altro la sua essenza e il suo fondamento. Ci che Hegel sottolinea specialmente questa condizione subordinata della natura, il fatto che essa manca di libert e che il suo essere dipende da altro (dallidea, dalla struttura razionale del reale). La natura, cio, esclusa dalla sfera del fondamento. In questo senso, la natura rimanda al piano del concetto per la sua spiegazione; essa neppure ha una intrinseca finalit. Essa non ha in s la sua verit e il suo stesso compimento; e la vita dello spirito il suo scopo finale. 156 Le tre tappe in cui si sviluppa la vicenda della natura sono quelle della corporeit universale (la materia, massa informe e smembrata, che ha lunit e la forma fuori di s), della corporeit particolare (nelle sue specificazioni fisiche e chimiche), della corporeit individuale (propria degli organismi viventi). A queste grandi articolazioni corrispondono le tre discipline in cui si suddivide la filosofia della natura: meccanica, fisica, organica (che, a loro volta, riproducono, sul piano dellesteriorit, le categorie della logica, lessere, lessenza e il concetto).

La natura si dimostrata come lidea nella forma dellessere altro. Poich lidea per tal modo la negazione di se stessa, ossia esterna a s, la natura non esterna solo relativamente, rispetto a questidea ( e rispetto allesistenza soggettiva di essa, lo spirito); ma lesteriorit costituisce la determinazione, nella quale essa come natura (Enciclopedia, 247). La natura, perci, contemplata nel rispetto della sua esistenza determinata per la quale appunto essa natura, non da divinizzare; n bisogna considerare e addurre sole, luna, animali, piante, ecc., quali opere di Dio, a preferenza dei fatti e delle cose umane. la natura, considerata in s, nellidea, divina; ma nel modo in cui essa , lesser suo non risponde al suo concetto; essa , anzi, la contraddizione insoluta. Il suo carattere proprio questo, di esser posta, di esser negazione; e gli antichi hanno infatti concepito la materia in genere come il non ens. Cos la natura stata anche definita come la decadenza dellidea da se stessa; poich lidea, in quella forma dellesteriorit, inadeguata a se stessa. Solo a quella coscienza che dapprima essa stessa esteriore e quindi immediata, cio alla coscienza sensibile, la natura appare come il primo, limmediato, come ci che . Tuttavia, quantunque nellelemento dellesteriorit, la natura rappresentazione dellidea; e per si pu bene, e si deve ammirare in essa la sapienza di Dio. Ma al Vanini, che diceva bastare un fil di paglia a far conoscere lesser di Dio, bisogna rispondere che ogni rappresentazione dello spirito, la pi bassa delle sue immaginazioni, il giuoco del suo accidentale capriccio, ogni qualsiasi parola, fondamento pi eccellente a conoscere lessere di Dio di qualsiasi oggetto naturale. Nella natura non solo il giuoco delle forme in preda a unaccidentalit sregolata e sfrenata, ma ogni forma manca per s del concetto di s stessa. Il sommo, a cui si spinge la natura nella sua esistenza, la vita; ma questa, essendo idea soltanto naturale, in preda allirrazionale dellesteriorit, e la vitalit individuale , a ogni momento della sua esistenza, alle prese con una individualit diversa da lei; laddove, in ogni manifestazione spirituale, vi ha il momento della relazione libera e universale con se stessa ( 248).

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Lo spazio la forma fondamentale dellesteriorit, si potrebbe dire lesteriorit per eccellenza, la pura indifferenza (lindifferenziato in s) senza nessuna mediazione che in qualche modo la determini.157 Il fattore che ha il potere di determinare lo spazio il tempo, il quale si configura come successione di istanti. Listante fissa una sezione infinitesima dello spazio, cio il punto. In tal modo si costituisce la fondamentale struttura della materia, cio la dimensione spazio-temporale, la cui fondamentale determinazione il movimento, dovuto al continuo trapassare del tempo nello spazio e viceversa, in modo che il tempo assume la consistenza del luogo e lindifferenza spaziale assume la determinazione temporale. Il qui-ora rappresenta la fondamentale unit spazio-temporale (cronotopo), la cui caratteristica essenziale il movimento (cio il fatto che la posizione di un punto nello spazio varia col passare del tempo). Il movimento produce la determinazione dello spazio secondo le dimensioni geometriche (lunghezza, altezza, profondit). E poich si tratta di un processo non puramente ideale, ma, anzi, tale che si svolge nellesteriorit, esso si configura come reale (intendendo qui per reale ci che corrisponde allaltro del concetto, allalienarsi dellidea). Cos perveniamo al concetto di materia, che corrisponde al reale in quanto pura esteriorit e alienazione dellidea (trapassare dellidea nel suo altro). 158 La meccanica (scienza filosofica della materia in quanto caratterizzata essenzialmente dal movimento) comprende principalmente i concetti che concorrono a stabilire il sistema generale della materia come sistema in movimento. Essa, cio, cerca di riportare nellambito di una categoria generale la molteplicit delle forme e delle manifestazioni in cui si esplica il movimento della materia. E poich la forma generale intesa come gravitazione universale, cio come il rapporto costante tra le masse in cui la materia si organizzata, abbiamo i concetti di inerzia, urto, caduta, come elementi che concorrono a configurare la gravitazione e che, insieme, rappresentano le condizioni generali secondo cui le masse materiali si caratterizzano nellambito di essa.159 La massa materiale nella sua totalit gravita verso il suo centro; ma le masse particolari, che sono caratterizzate da unanaloga tendenza, hanno il loro centro di gravit fuori di esse, in altre masse che le attirano. In ci sta la contraddizione che distingue le masse materiali in questa prima fase della loro organizzazione: la materia grave viene a trovarsi nella contraddizione (insostenibile) di avere il proprio centro fuori di s. La materia si organizza, perci, nei corpi particolari, che hanno la caratteristica di essere centri per s ( 270) e dunque superano il limite delle semplici masse qualitativamente indifferenziate. Con la costituzione dei corpi qualitativamente determinati si passa alla fisica, che, appunto, riguarda la materia nelle sue determinazioni qualitative. In quanto, in primo luogo, si tratta di superare le contraddizioni legate alla condizione di gravita, che la caratteristica fondamentale della materia indifferenziata, la fisica incomincia con la trattazione della luce, che quella condizione della materia in cui la gravit neutralizzata.160 Con ci non siamo ancora sul piano della fisica dei corpi. Si ha un corpo individuale allorch la materia passa a uno stadio di organizzazione caratterizzato dal rapporto dialettico, che tale da rendere possibile la costituzione di un sistema di opposti. Il magnetismo rappresenta il livello pi semplice e immediato di questo tipo di organizzazione materiale: esso corrisponde a quello che , sul piano concettuale, lo sviluppo del sillogismo, come rapporto tra due termini attraverso la mediazione di un terzo (che qui la relazione stessa, come ci che fa sussistere i due poli opposti e fa s che essi costituiscano ununit).161 Qui la lattivit dei due poli si esercita ai punti estremi di una linea. Quando lazione si

Lo spazio la giustapposizione del tutto ideale, perch lesser fuori di se stesso, e semplicemente continuo, perch questa esteriorit ancora del tutto astratta, e non ha in s alcuna differenza determinata ( 254). 158 Il trapasso dallidealit alla realt, dallastrazione allessere concreto determinato, e qui dallo spazio e dal tempo alla realt, che appare come materia, incomprensibile per lintelletto, e si fa sempre per esso in modo estrinseco e come un dato ( 261). 159 Secondo la determinazione spaziale, nella quale il tempo negato, il corpo dura; secondo la determinazione temporale, nella quale negata la sussistenza spaziale indifferente, il corpo passa: si ha, in genere, ununit del tutto accidentale. Il corpo veramente lunit che congiunge i due momenti nella loro contrapposizione, il movimento: ma, come verso lo spazio e il tempo, cos indifferente verso la loro relazione, il movimento: questo gli estrinseco, come gli estrinseca la negazione, che esso ne fa, il riposo: - il corpo inerte ( 264). 160 La prima materia qualificata tale come sua pura identit con s, unit della riflessione in s, e quindi la prima manifestazione, ancora astratta, della materia. Essendo nella natura in modo determinato, la relazione con s come indipendente verso le altre determinazioni della totalit ( 275). 161 I poli sono i termini sensibilmente esistenti di una linea reale (di una verga, o anche di un corpo esteso largamente in tutte le dimensioni): come poli, peraltro, non hanno la realt sensibile e meccanica, ma una realt ideale: essi sono assolutamente inseparabili. Il punto dindifferenza, nel quale hanno la loro sostanza, lunit in cui si trovano come determinazioni del concetto, di modo che non hanno significato ed esistenza se non in questa unit, e la polarit

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distribuisce in una superficie, abbiamo lelettricit; e quando si diffonde in un volume (nella massa di un corpo) si ha il chimismo. Ma nel processo chimico il corpo composto che risulta da un insieme di reazioni tra sostanze semplici appare soltanto come provvisorio e costituisce solo come momento dellindividualit ( 336). Invece, la realt che rappresenta il vero raccogliersi delle corporeit distinte in ununit lorganismo vivente. Lorganica riguarda la natura come vita. Hegel distingue tre tipi di organismi: quello geologico, che corrisponde allimmagine universale della vita;162 quello vegetale, che corrisponde alla soggettivit particolare e formale;163 quello animale, che la soggettivit singola e concreta. Infine, attraverso lorganismo umano, lidea ritorna a s nella forma dello spirito.

La filosofia dello spirito: lo spirito soggettivo Lo spirito lautocoscienza che divenuta libera volont di agire e di creare il suo mondo. Ora lesteriorit della natura rientra nella sfera del soggetto e diventa una componente della attuazione dellassoluto. In un primo momento, lo spirito si presenta nella forma della relazione con se stesso: ed lo spirito soggettivo; quindi si presenta nella forma della realt, come di un mondo da produrre e prodotto da esso: ed lo spirito oggettivo; infine si d come sintesi e unit che in s e par s: ed lo spirito nella sua verit assoluta, lo spirito assoluto. I primi due momenti riguardano lo spirito finito, cio lo spirito che permane in una condizione di inadeguatezza tra concetto e realt, dunque si configura come processo di superamento e di liberazione: dove, tuttavia, il trovare un mondo come presupposto, il generarlo come posto da lui, e la liberazione da quel mondo e in quel mondo, sono una e medesima cosa (Enciclopedia, 386). Qui, dunque, la finit indica la condizione dello spirito non come un immobile essere bens come un continuo trapassare e un andar oltre se stesso. Questo processo, dunque, consiste anche in una progressiva appropriazione del mondo presupposto da parte dello spirito, in una continua negazione di esso e, dunque, in una affermazione dello spirito come mondo, come quel mondo che esso via via crea, appropriandosi del mondo dato. Lo spirito soggettivo ha anchesso unarticolazione tripartita. Esso dapprima in s o immediatamente: e cos anima o spirito naturale; quindi per s o mediatamente: ed coscienza, che si esplica nellattivit riflessiva; infine lo spirito che si determina in s, come soggetto per s. E le scienze filosofiche che riguardano queste tre forme della soggettivit sono lantropologia, la fenomenologia dello spirito e la psicologia. Lanima la dimensione spirituale in cui dapprima si desta la coscienza, per cui si pone una realt che caratterizzata, in primo luogo, dalla consapevolezza di s. Essa il fondamento assoluto di ogni particolarizzamento e individualizzazione dello spirito; di modo che lo spirito ha nellanima ogni materia della sua determinazione ( 388). La costituzione dellindividualit avviene attraverso il fenomeno del destarsi; infatti, in uno stato originario, lanima, che rappresenta limmaterialit universale della natura, ancora confusamente indeterminata, priva di singolarit autonoma. Cos il sonno il ritorno periodico dellanima individuale alla unit indifferenziata dello stato inconscio, mentre la veglia il sollevarsi di essa alla luce della coscienza.164 La prima fase del risveglio dellanima la sensazione, definita come la forma non altro che la relazione di tali momenti. Il magnetismo, oltre la determinazione cos posta, non ha alcuna ulteriore e particolare propriet ( 312). 162 Il primo organismo, appunto perch dapprima determinato come organismo immediato o tale che solamente in s, non esiste come un vivente: la vita, come soggetto e processo, essenzialmente attivit, che si media con se stessa ( 338). 163 Nella pianta, nella vitalit soggettiva e soltanto immediata, lorganismo oggettivo e la soggettivit di esso sono ancora immediatamente identici, onde il processo dellorganizzazione e dellautoconservazione del soggetto vegetale un venir fuori di s e un dirompersi in pi individui, pei quali luno ed intero individuo piuttosto soltanto il terreno che non lunit soggettiva delle membra ( 343). Dunque lorganismo vegetale non perviene a costituire la vera e propria realt individuale: la stessa forma si riproduce nei diversi organismi come se essa fosse di volta in volta lo stesso individuo riprodotto in modi diversi (sotto laspetto quantitativo: praticamente si ha una quercia pi grande e una pi piccola, ma entrambe riproducono la stessa forma vegetale). 164 Lo svegliarsi non distinto solo per noi, o esteriormente, dal sonno; esso stesso il giudizio [nel senso di partizione] dellanima individuale, il cui essere per s per lei la relazione di questa sua determinazione verso il suo essere, la differenza di se stessa dalla sua universalit ancora indifferenziata. Nello stato di veglia ha luogo in genere ogni attivit consapevole e razionale dello spirito in quanto per s, nella sua distinzione. Il sonno rafforzamento di

dellagitarsi ottuso dello spirito nella sua individualit priva di coscienza e dintelletto; nella quale ogni determinazione ancora immediata, posta senza svolgimento cos secondo il suo contenuto come secondo lantitesi di un oggettivo contro il soggetto ( 400). Lanima sveglia essenzialmente senziente: ed questa la prima autentica affermazione dello spirito, giacch la sensazione, pur nella sua incerta indistinzione, ha il potere di trasformare ogni dato esteriore in qualcosa di interno allo spirito, cio in rappresentazione.165 Cos lanima finisce per riconoscersi come una realt autonoma, capace di dominare le cose con la sua attivit rappresentativa e di esprimere questa sua attivit fondamentale attraverso il linguaggio e gli altri simboli. Essa, perci, diviene coscienza. La trattazione della coscienza loggetto della fenomenologia dello spirito.166 La psiche, come terzo grado dello spirito soggettivo, lunit dellanima e della coscienza. Se lanima rappresenta il processo attivo di formazione del soggetto spirituale autonomo e la coscienza attua, a sua volta, la consapevolezza di questo processo, fino alla configurazione dellautocoscienza, ora le due forme di attivit sono unite sinteticamente, in modo che si ha il soggetto libero che consapevole del suo fare. Il fare dellanima e il sapere della coscienza sono elevati a una forma in cui il principio dellagire e quello del conoscere costituiscono un tuttuno. Il soggetto eleva il sapere a principio del suo fare; e in questo modo il sapere elevato alla forma del conoscere. Questo ora si configura nella sua funzione attiva, realizzante, cos come la volont si identifica con lo stesso pensiero che cerca di darsi esistenza.167 Lo spirito libero in quanto perviene alla conoscenza di ci che deve essere ed capace di attuare il progetto del suo dover-essere. Il principio della determinazione (teoretica) coincide con quello dellattuazione (pratica).168 Lo spirito libero si propone concretamente la regola e lo scopo del suo agire; ma cos lo spirito esce dalla sfera della soggettivit ed entra nel concreto mondo dei rapporti sociali, diventa, cio, spirito oggettivo. 169 questa attivit, non come riposo meramente negativo di essa, ma come ritorno dal mondo delle determinatezze, dal dissipamento e dal fissamento nelle singolarit, allessenza universale della soggettivit; la quale essenza la sostanza di quelle determinatezze e la loro potenza dominatrice assoluta ( 398). 165 Quasi sorprende questo elogio hegeliano della sensazione: Tutto nella sensazione, e, se si vuole, tutto ci che ha luogo nella coscienza spirituale e nella ragione, ha la sua fonte ed origine in essa: giacch fonte ed origine non altro significano che la prima e pi immediata maniera in cui qualcosa appare. Il contenuto dellintelletto, osserva Hegel, pu essere eliminato in qualsiasi momento cos come stato acquisito, ma il contenuto della sensazione fa intimamente parte del soggetto, tanto che questo lo sente come qualcosa che appartiene al suo essere e dal quale non pu staccarsi: [] nella sensazione un tal contenuto determinazione di tutto il mio essere per s, quantunque questo in tal forma sia ottuso: posto, dunque, come quello che io ho di pi propriamente mio. Il proprio ci che inseparato dallio reale, e concreto; lunit immediata dellanima con la sua sostanza e col contenuto determinato di essa appunto questa inseparatezza, in quanto non determinata come io della coscienza, e ancor meno come libert della spiritualit razionale ( 400). 166 NellEnciclopedia Hegel elimina tutte le parti storiche e il passaggio attraverso le varie figure concrete della sua famosa opera jenense e limita la trattazione a una sintesi schematica contenuta nei limiti di una ventina di pagine ( 413-439). 167 In quanto il sapere, affetto della sua prima determinatezza, meramente astratto o formale, lo scopo dello spirito di produrre ladempimento oggettivo e, con ci, insieme, la libert del suo sapere ( 442). 168 Lo spirito conosce le forme della sua attuazione in quanto esse corrispondono al principio della determinazione razionale (esse, cio, sono espressioni della mediazione dialettica che introduce gradi sempre pi elevati di razionalit nella realt): perci il progetto del suo dover-essere sempre legato a una determinazione del reale secondo il principio della razionalit. Lo spirito teoretico , appunto, quello che si elevato a questa forma di conoscenza, la quale necessaria perch, in quanto spirito pratico, esso possa agire e produrre il suo mondo sulla base del pieno possesso della libert. Questa, infatti, fondata sulla consapevolezza che il mondo nella totalit delle sue manifestazioni non altro che un prodotto dello spirito. La libert, cio, consiste nel fatto che il soggetto ha il completo potere su ci che gli estraneo, dunque nellespressione di una forma di agire che domina ogni estraneit e la riconduce allambito spirituale. Ecco come Hegel riassume questa dialettica dello spirito libero: Perci il cammino dello spirito : a) di essere teoretico, di avere che fare col razionale come con la sua determinatezza immediata, e porlo ora come il suo; o liberare il sapere dal presupposto, e quindi dalla sua astrazione; e far soggettiva la determinatezza. E, poich il sapere cos in s e per s determinato, e la determinatezza posta come la sua, e quindi come libera intelligenza, esso : b) volere, spirito pratico, il quale dapprima parimente formale; ha un contenuto solamente come il suo; vuole immediatamente, e libera la sua volizione dalla sua soggettivit, come dalla forma unilaterale del suo contenuto; cosicch esso c) diventa spirito libero in cui quella duplice unilateralit superata ( 443). 169 La parte dedicata alla psicologia ( 440-482) ampiamente articolata. Hegel compie unanalisi dettagliata del processo conoscitivo, con osservazioni puntuali sui diversi momenti del suo sviluppo: a proposito dellintuizione, rileva che a questo primo livello dellattivit teoretica della coscienza lintelligenza come calata nelloggetto, costituito nellesteriorit spazio-temporale; segue quindi la progressiva emancipazione dellintelligenza, che, liberando le rappresentazioni dallimmediatezza spazio-temporale e idealizzandole, incomincia a costituire il dominio della

Lo spirito lautocoscienza che divenuta libera volont di agire e di creare il suo mondo. Ora lesteriorit della natura rientra nella sfera del soggetto e diventa una componente della attuazione dellassoluto. In un primo momento, lo spirito si presenta nella forma della relazione con se stesso: ed lo spirito soggettivo; quindi si presenta nella forma della realt, come di un mondo da produrre e prodotto da esso: ed lo spirito oggettivo; infine si d come sintesi e unit che in s e par s: ed lo spirito nella sua verit assoluta, lo spirito assoluto. I primi due momenti riguardano lo spirito finito, cio lo spirito che permane in una condizione di inadeguatezza tra concetto e realt, dunque si configura come processo di superamento e di liberazione: dove, tuttavia, il trovare un mondo come presupposto, il generarlo come posto da lui, e la liberazione da quel mondo e in quel mondo, sono una e medesima cosa (Enciclopedia, 386). Qui, dunque, la finit indica la condizione dello spirito non come un immobile essere bens come un continuo trapassare e un andar oltre se stesso. Questo processo, dunque, consiste anche in una progressiva appropriazione del mondo presupposto da parte dello spirito, in una continua negazione di esso e, dunque, in una affermazione dello spirito come mondo, come quel mondo che esso via via crea, appropriandosi del mondo dato. Lo spirito soggettivo ha anchesso unarticolazione tripartita. Esso dapprima in s o immediatamente: e cos anima o spirito naturale; quindi per s o mediatamente: ed coscienza, che si esplica nellattivit riflessiva; infine lo spirito che si determina in s, come soggetto per s. E le scienze filosofiche che riguardano queste tre forme della soggettivit sono lantropologia, la fenomenologia dello spirito e la psicologia. Lanima la dimensione spirituale in cui dapprima si desta la coscienza, per cui si pone una realt che caratterizzata, in primo luogo, dalla consapevolezza di s. Essa il fondamento assoluto di ogni particolarizzamento e individualizzazione dello spirito; di modo che lo spirito ha nellanima ogni materia della sua determinazione ( 388). La costituzione dellindividualit avviene attraverso il fenomeno del destarsi; infatti, in uno stato originario, lanima, che rappresenta limmaterialit universale della natura, ancora confusamente indeterminata, priva di singolarit autonoma. Cos il sonno il ritorno periodico dellanima individuale alla unit indifferenziata dello stato inconscio, mentre la veglia il sollevarsi di essa alla luce della coscienza.170 La prima fase del risveglio dellanima la sensazione, definita come la forma dellagitarsi ottuso dello spirito nella sua individualit priva di coscienza e dintelletto; nella quale ogni determinazione ancora immediata, posta senza svolgimento cos secondo il suo contenuto come secondo lantitesi di un oggettivo contro il soggetto ( 400). Lanima sveglia essenzialmente senziente: ed questa la prima autentica affermazione dello spirito, giacch la sensazione, pur nella sua incerta indistinzione, ha il

conoscenza come una sfera propria, i cui contenuti sono liberamente padroneggiati dapprima con limmaginazione, che plasma liberamente il materiale della rappresentazione, e poi col linguaggio, che rappresenta il mezzo fondamentale per la costruzione dei concetti e lo sviluppo del pensiero. La differenza tra pensiero e volont, poi, non consiste, secondo Hegel, in una distinzione di facolt, bens in una diversa articolazione del comportamento (teoretico e pratico). La volont non altro che un determinato atteggiamento dellintelligenza, cos come questa, nella sua forma compiuta, coincide con quella. Lintelligenza, che, in quanto teoretica, si appropria la determinatezza immediata, ora, dopo compiuta la presa di possesso, nella sua propriet: mediante lultima negazione dellimmediatezza, si posto implicitamente, che per lintelligenza il contenuto determinato per mezzo dellintelligenza. Il pensiero come concetto libero ora, anche riguardo al contenuto, libero. Lintelligenza, che si sa come ci che determina il contenuto, - che tanto il suo proprio, quanto determinato come fornito di essere, - il volere ( 468). Il volere libero, dunque, lintelligenza pervenuta alla consapevolezza che il mondo un prodotto dellattivit dello spirito. Hegel traccia anche le linee dello sviluppo dello spirito pratico. Dapprima la volont si presenta come impulso e desiderio, tendenza a conseguire qualcosa di cui si avverte la mancanza; e a questo livello il soggetto appare dipendente dalle cose e ancora incapace di dominare le passioni che sono connesse agli stati danimo determinati dalle modalit in cui avviene il soddisfacimento dei bisogni. Ma in questo ambito il soggetto rivolto al particolare ed invischiato in un processo che non perviene mai al suo compimento; occorre perci che il volere si diriga verso luniversale, e in questo modo esso il soggetto perviene a uno stato che non pi legato al mutevole corso delle passioni, bens si presenta come una condizione stabile di felicit. Questa, a sua volta, limitata dal fatto che luniversalit del suo contenuto soltanto rappresentata. Allorch il soggetto si eleva allautodeterminazione del contenuto stesso del suo volere, esso diventa spirito libero. 170 Lo svegliarsi non distinto solo per noi, o esteriormente, dal sonno; esso stesso il giudizio [nel senso di partizione] dellanima individuale, il cui essere per s per lei la relazione di questa sua determinazione verso il suo essere, la differenza di se stessa dalla sua universalit ancora indifferenziata. Nello stato di veglia ha luogo in genere ogni attivit consapevole e razionale dello spirito in quanto per s, nella sua distinzione. Il sonno rafforzamento di questa attivit, non come riposo meramente negativo di essa, ma come ritorno dal mondo delle determinatezze, dal dissipamento e dal fissamento nelle singolarit, allessenza universale della soggettivit; la quale essenza la sostanza di quelle determinatezze e la loro potenza dominatrice assoluta ( 398).

potere di trasformare ogni dato esteriore in qualcosa di interno allo spirito, cio in rappresentazione.171 Cos lanima finisce per riconoscersi come una realt autonoma, capace di dominare le cose con la sua attivit rappresentativa e di esprimere questa sua attivit fondamentale attraverso il linguaggio e gli altri simboli. Essa, perci, diviene coscienza. La trattazione della coscienza loggetto della fenomenologia dello spirito.172 La psiche, come terzo grado dello spirito soggettivo, lunit dellanima e della coscienza. Se lanima rappresenta il processo attivo di formazione del soggetto spirituale autonomo e la coscienza attua, a sua volta, la consapevolezza di questo processo, fino alla configurazione dellautocoscienza, ora le due forme di attivit sono unite sinteticamente, in modo che si ha il soggetto libero che consapevole del suo fare. Il fare dellanima e il sapere della coscienza sono elevati a una forma in cui il principio dellagire e quello del conoscere costituiscono un tuttuno. Il soggetto eleva il sapere a principio del suo fare; e in questo modo il sapere elevato alla forma del conoscere. Questo ora si configura nella sua funzione attiva, realizzante, cos come la volont si identifica con lo stesso pensiero che cerca di darsi esistenza.173 Lo spirito libero in quanto perviene alla conoscenza di ci che deve essere ed capace di attuare il progetto del suo dover-essere. Il principio della determinazione (teoretica) coincide con quello dellattuazione (pratica).174 Lo spirito libero si propone concretamente la regola e lo scopo del suo agire; ma cos lo spirito esce dalla sfera della soggettivit ed entra nel concreto mondo dei rapporti sociali, diventa, cio, spirito oggettivo. 175 Quasi sorprende questo elogio hegeliano della sensazione: Tutto nella sensazione, e, se si vuole, tutto ci che ha luogo nella coscienza spirituale e nella ragione, ha la sua fonte ed origine in essa: giacch fonte ed origine non altro significano che la prima e pi immediata maniera in cui qualcosa appare. Il contenuto dellintelletto, osserva Hegel, pu essere eliminato in qualsiasi momento cos come stato acquisito, ma il contenuto della sensazione fa intimamente parte del soggetto, tanto che questo lo sente come qualcosa che appartiene al suo essere e dal quale non pu staccarsi: [] nella sensazione un tal contenuto determinazione di tutto il mio essere per s, quantunque questo in tal forma sia ottuso: posto, dunque, come quello che io ho di pi propriamente mio. Il proprio ci che inseparato dallio reale, e concreto; lunit immediata dellanima con la sua sostanza e col contenuto determinato di essa appunto questa inseparatezza, in quanto non determinata come io della coscienza, e ancor meno come libert della spiritualit razionale ( 400). 172 NellEnciclopedia Hegel elimina tutte le parti storiche e il passaggio attraverso le varie figure concrete della sua famosa opera jenense e limita la trattazione a una sintesi schematica contenuta nei limiti di una ventina di pagine ( 413-439). 173 In quanto il sapere, affetto della sua prima determinatezza, meramente astratto o formale, lo scopo dello spirito di produrre ladempimento oggettivo e, con ci, insieme, la libert del suo sapere ( 442). 174 Lo spirito conosce le forme della sua attuazione in quanto esse corrispondono al principio della determinazione razionale (esse, cio, sono espressioni della mediazione dialettica che introduce gradi sempre pi elevati di razionalit nella realt): perci il progetto del suo dover-essere sempre legato a una determinazione del reale secondo il principio della razionalit. Lo spirito teoretico , appunto, quello che si elevato a questa forma di conoscenza, la quale necessaria perch, in quanto spirito pratico, esso possa agire e produrre il suo mondo sulla base del pieno possesso della libert. Questa, infatti, fondata sulla consapevolezza che il mondo nella totalit delle sue manifestazioni non altro che un prodotto dello spirito. La libert, cio, consiste nel fatto che il soggetto ha il completo potere su ci che gli estraneo, dunque nellespressione di una forma di agire che domina ogni estraneit e la riconduce allambito spirituale. Ecco come Hegel riassume questa dialettica dello spirito libero: Perci il cammino dello spirito : a) di essere teoretico, di avere che fare col razionale come con la sua determinatezza immediata, e porlo ora come il suo; o liberare il sapere dal presupposto, e quindi dalla sua astrazione; e far soggettiva la determinatezza. E, poich il sapere cos in s e per s determinato, e la determinatezza posta come la sua, e quindi come libera intelligenza, esso : b) volere, spirito pratico, il quale dapprima parimente formale; ha un contenuto solamente come il suo; vuole immediatamente, e libera la sua volizione dalla sua soggettivit, come dalla forma unilaterale del suo contenuto; cosicch esso c) diventa spirito libero in cui quella duplice unilateralit superata ( 443). 175 La parte dedicata alla psicologia ( 440-482) ampiamente articolata. Hegel compie unanalisi dettagliata del processo conoscitivo, con osservazioni puntuali sui diversi momenti del suo sviluppo: a proposito dellintuizione, rileva che a questo primo livello dellattivit teoretica della coscienza lintelligenza come calata nelloggetto, costituito nellesteriorit spazio-temporale; segue quindi la progressiva emancipazione dellintelligenza, che, liberando le rappresentazioni dallimmediatezza spazio-temporale e idealizzandole, incomincia a costituire il dominio della conoscenza come una sfera propria, i cui contenuti sono liberamente padroneggiati dapprima con limmaginazione, che plasma liberamente il materiale della rappresentazione, e poi col linguaggio, che rappresenta il mezzo fondamentale per la costruzione dei concetti e lo sviluppo del pensiero. La differenza tra pensiero e volont, poi, non consiste, secondo Hegel, in una distinzione di facolt, bens in una diversa articolazione del comportamento (teoretico e pratico). La volont non altro che un determinato atteggiamento dellintelligenza, cos come questa, nella sua forma compiuta, coincide con quella. Lintelligenza, che, in quanto teoretica, si appropria la determinatezza immediata, ora, dopo compiuta la presa di possesso, nella sua propriet: mediante lultima negazione dellimmediatezza, si posto
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Lo spirito oggettivo La filosofia dello spirito soggettivo si concludeva con laffermazione che la volont un particolare modo di pensare, cio il pensiero che si trasforma in realt e diventa azione attraverso la quale il soggetto crea liberamente il suo mondo. In questo modo, il mondo non una realt data, che il soggetto trova davanti a s o nella quale si trova come gettato, bens lespressione della volont che da s ha posto anche le condizioni dellagire medesimo. Infatti questo deve essere in conformit della ragione e deve consistere in un processo di progressiva razionalizzazione di quanto stato gi posto e attuato. Lo spirito media progressivamente ci che esso ha creato e lo riporta a condizioni di pi compiuta razionalit. In ci sta il senso della storia, che il campo di attuazione dello spirito oggettivo. La volont libera , in primo luogo, la possibilit del soggetto di emanciparsi da qualsiasi condizione data o presupposta e di riportarsi allassoluta libert dellio in s; daltra parte, essa esprime la capacit del soggetto di determinarsi in una condizione concreta e di affermarsi liberamente come io finito.176 Ma a questa condizione, che quella del soggetto che consapevolmente e liberamente agisce nella storia, la volont individuale perviene attraverso un processo dialettico. Infatti, dapprima la volont libera soltanto in s ed la volont immediata o naturale. Questa afferma ed esprime le inclinazioni spontanee dellindividuo, cio gli stimoli, i desideri, gli impulsi, con i quali la volont si trova determinata dalla natura (Lineamenti di filosofia del diritto, 11). E in questa fase il soddisfacimento dei bisogni avviene attraverso lappropriazione diretta di ci che risulta utile a tale scopo: lindividuo si impadronisce degli oggetti che desidera, escludendo gli altri dalluso o dal godimento di essi: Questa volont che ha

implicitamente, che per lintelligenza il contenuto determinato per mezzo dellintelligenza. Il pensiero come concetto libero ora, anche riguardo al contenuto, libero. Lintelligenza, che si sa come ci che determina il contenuto, - che tanto il suo proprio, quanto determinato come fornito di essere, - il volere ( 468). Il volere libero, dunque, lintelligenza pervenuta alla consapevolezza che il mondo un prodotto dellattivit dello spirito. Hegel traccia anche le linee dello sviluppo dello spirito pratico. Dapprima la volont si presenta come impulso e desiderio, tendenza a conseguire qualcosa di cui si avverte la mancanza; e a questo livello il soggetto appare dipendente dalle cose e ancora incapace di dominare le passioni che sono connesse agli stati danimo determinati dalle modalit in cui avviene il soddisfacimento dei bisogni. Ma in questo ambito il soggetto rivolto al particolare ed invischiato in un processo che non perviene mai al suo compimento; occorre perci che il volere si diriga verso luniversale, e in questo modo esso il soggetto perviene a uno stato che non pi legato al mutevole corso delle passioni, bens si presenta come una condizione stabile di felicit. Questa, a sua volta, limitata dal fatto che luniversalit del suo contenuto soltanto rappresentata. Allorch il soggetto si eleva allautodeterminazione del contenuto stesso del suo volere, esso diventa spirito libero. 176 Il volere contiene a) lelemento della pura indeterminatezza, o della pura riflessione dellio in s, nella quale risoluta ogni limitazione, ogni contenuto, esistente immediatamente per natura, bisogni appetiti e impulsi, o dato e determinato per mezzo di che che sia; contiene, cio, lillimitata infinit dellassoluta astrazione o universalit, il puro pensamento di se stesso. [] b) Lio specialmente il trapasso dallindistinta indeterminatezza alla distinzione, alla determinatezza e a porre una determinatezza, in quanto contenuto e oggetto; - sia poi questo contenuto dato dalla natura o prodotto dal concetto dello spirito. Con questo porre se stesso come determinato, lio entra nellesistenza in generale momento assoluto della finit, o individuazione, dellio. c) la volont lunit di questi due momenti: - la particolarit, riflessa in s e quindi riportata alluniversalit; - lautodeterminazione dellio di porsi nellUno, come negativit di se stesso in quanto cio determinato, limitato; e di restare in s, cio nella propria identit con s e nella propria universalit, e di coincidere, nella determinazione, soltanto con se stesso (Lineamenti di filosofia del diritto, tr. di F. Messineo, Bari 1913, 5-6). Hegel chiama il primo di questi due momenti laspetto universale della volont poich attraverso il continuo sottrarsi a ogni condizione particolare e la continua negazione di tali condizioni lIo afferma la sua identit in contrapposizione alla diversit dei suoi stati particolari. Lio individuale, cio, un vero universale nel senso che pu trascendere da ogni particolare condizione e sottrarsi a essa rimanendo in tale processo se stesso. Con la seconda affermazione si riconosce che lindividuo non pu in realt negare ogni condizione particolare, ma deve sceglierne una entro cui egli vive la sua vita. Da questo punto di vista lindividuo un io particolare (H. Marcuse, Ragione e rivoluzione, cit., p. 216). Perci, in realt, secondo Hegel, il soggetto non pu rimanere sul piano dellassoluta affermazione della sua volont, prescindendo da ogni situazione storicamente determinata e da ogni contesto politico e sociale, n pu appellarsi a una universalit pura (come, ad esempio, la natura originaria delluomo, secondo Rousseau), ma deve, di volta in volta, scegliere aspetti determinati della realt storica, trasferendo in essi la sua volont libera e concorrendo, quindi, alla loro modificazione nel senso della progressiva rispondenza alle esigenze della ragione.

esclusivamente la forma dellindividualit si configura come semplice arbitrio: essa esclude qualsiasi possibilit di accordo con le altre volont: perci lappropriazione degli oggetti avviene nella forma dellalternativa tra lessere mio e lessere tuo.177 Hegel riconosce che la libert si attua in forme storiche determinate e che lappropriazione di beni materiali costituisce una prima, ancora imperfetta, realizzazione di essa. Del resto, nel processo dialettico attraverso il quale tale realizzazione perviene alle forme pi adeguate e rispondenti alle istanze della razionalit, lindividuo rimane il nucleo centrale dellintero sviluppo. E lio, infatti, che si eleva alluniversalit della volont. A questo punto la volont individuale diventa volont che pone a suo oggetto la libert stessa come condizione generale delluomo. Ma lindividuo che deve diventare veramente libero: infatti, solo a questa condizione pu attuarsi una volont che non si diriga pi verso oggetti particolari ma si proponga come suo scopo lattuazione della libert per tutti gli uomini.178 La conquista della libert , dunque, un risultato che si consegue nellambito dello sviluppo dellautocoscienza; ed sul piano del pensiero che questa perviene al punto di vista delluniversale. Senza lelevazione del soggetto alla sfera del concetto, non si attua neppure una volont universale.179 Luomo attua se stesso come soggetto libero allorch conosce la sua essenza: questa conoscenza la stessa autocoscienza (volont) della libert. La filosofia dello spirito oggettivo riguarda le forme e le tappe in cui il soggetto attua la sua essenza che la libert. Come abbiamo visto, la libert consiste nella completa emancipazione da condizioni o oggetti esterni. Il soggetto deve, in primo luogo, appropriarsi di ci che gli si presenta come estraneo, deve rendere ogni oggetto esterno parte del suo essere; pertanto deve configurare le modalit di tale appropriazione, perch esse siano condizioni di attuazione della libert. Cos si ha la sfera del diritto. In un secondo momento, il soggetto si riporta unicamente a se stesso, prescindendo dallesistenza degli oggetti esterni, e ipotizza un mondo interamente corrispondente allesigenza interiore della libert: e si ha la sfera della moralit. Infine i limiti delle due precedenti condizioni (la resistenza degli oggetti esterni e la pura formalit della morale universale) sono superati nella sfera delleticit. Il diritto lesistenza immediata, che la libert di d in maniera immediata ( 40). Esso, dunque, la forma che la libert si d in modo immediato, prima del processo dialettico delle mediazioni che la portano a coincidere con la razionalit. Questa forma di libert si d un contenuto concreto attraverso la sua Troviamo qui un primo esempio dellidentificazione che Hegel fa tra la legge naturale e la legge della societ basata sulla concorrenza. [] Come pu, dunque, la volont individuale, che esprime le contrastanti esigenze del mio e del tuo senza alcuna base comune, divenire la volont del nostro ed esprimere cos un interesse comune? Lipotesi del contratto sociale non pu servire in quanto nessun contratto tra individui supera i limiti del diritto privato. La base contrattuale che si suppone costituisca lo stato e la societ li lascerebbe in bala di quello stesso arbitrio che domina gli interessi privati. Allo stesso tempo, lo stato non pu basarsi su nessun principio che implichi lannullamento dei diritti dellindividuo. Hegel sostenne fermamente questa tesi che fu enunciata da tutta la filosofia politica della classe media in ascesa. Era passato il tempo in cui lo stato assolutista descritto nel Leviathan poteva essere considerato il migliore per salvaguardare gli interessi della nuova classe media. Una lunga esperienza aveva dato frutto: lindividuo era divenuto lunit fondamentale della vita economica e, ci che anche pi importante, ora reclamava i suoi diritti nella vita politica. Hegel sostenne queste richieste e fu fedele a questa linea in tutta la sua teoria politica (H. Marcuse, op. cit., p. 218). A questo proposito, si pu osservare che la concezione hegeliano dello stato come espressione delleticit, cio di una categoria dello spirito oggettivo, che rappresenta la sintesi tra il momento della volont individuale e la volont universale, risponde proprio allesigenza per cui nellambito del diritto, legato ancora al piano della volont individuale, non pu essere soddisfatta la richiesta di un effettivo superamento del punto di vista individuale in una dimensione di carattere politico, cio propria dellattuazione di ci che si dice bene comune. In realt Hegel cerca di conciliare listanza moderna dellaffermazione dellindividuo libero con quella della difesa delle istituzioni statali, giungendo alla conclusione che queste hanno leffettivo potere di lasciare sussistere la libert dellindividuo e di attuare, nello stesso tempo, attraverso di quella, la stessa comunit organizzata sulla base del perseguimento di scopi condivisi da tutti. 178 Non qualsiasi individuo, ma lindividuo libero desidera la libert. La libert nella sua vera forma pu essere riconosciuta e voluta solo da un individuo che libero. Luomo non pu conoscere la libert senza possederla: deve essere libero per divenire libero. La libert non semplicemente un suo status, ma una azione che egli compie come soggetto autocosciente. Fintanto che non conosce alcuna libert, egli non pu raggiungerla da solo; la sua mancanza di libert tale che potrebbe perfino scegliere volontariamente la sua schiavit o accettarla passivamente: egli non ha interesse per la libert e la sua liberazione deve avvenire contro la sua volont (H. Marcuse, op. cit., p. 219). 179 Lautocoscienza purifica e innalza il suo oggetto, contenuto e fine, sino a questa universalit; lo rende pensiero, che si attua nella volont. Questo il punto, nel quale chiaro che soltanto come intelligenza pensante la volont vera volont libera. Lo schiavo non conosce la sua essenza, la sua infinit, egli non si conosce come essenza; - ed egli non sa che , egli non si pensa. Tale autocoscienza, che si comprende mediante il pensiero in quanto essenza, e appunto perci abbandona il contingente e il falso, costituisce il principio del diritto, della moralit e di ogni eticit (Filosofia del diritto, cit., 21).
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affermazione come volont di appropriarsi di ci che appare come cosa. Hegel, cos, nel diritto di propriet trova una significativa corrispondenza con la concezione idealistica secondo cui lessere oggettivo dipende dal pensiero.180 La prima fase di attuazione della libert quella che corrisponde allaffermazione del diritto di propriet da parte della volont singola. Il soggetto si pone come individualit esclusiva, che ha come riferimento se stessa: in questo senso, essa persona. Egli realizza la sua libert affermando questa esclusivit, cio escludendo gli altri dal godimento degli oggetti di cui si appropriato.181 Allorch gli altri individui riconoscono questo potere sugli oggetti da parte di qualcuno, si pu dire che il diritto ha la sua piena attuazione.182 In questo modo, viene superato il punto di vista soggettivo e si ha un mondo oggettivo di cose riconosciuto da una intera societ: e lappropriazione diventa possesso. La propriet privata , per Hegel, un elemento essenziale della costituzione dellindividuo libero: essa ha la sua giustificazione razionale nellessenza della persona. In questo senso, Hegel considera la propriet un elemento della costituzione ontologica delluomo come singolo individuo, cio come qualcosa che anteriore e fondamentale rispetto a ogni particolare modo in cui luomo si attua e si determina storicamente. La propriet non ha unorigine nello sviluppo dei rapporti tra gli uomini, ma corrisponde a unattitudine fondamentale delluomo stesso, qualcosa che sta, si pu dire, nella sua natura, nel suo essere proprio. Perci anche il fatto che luomo usa i Tutte le cose possono divenire propriet delluomo, poich questi volont libera, e, in quanto tale, in s e per s; ma ci che sta di contro a noi non ha questa qualit. Quindi, ciascuno ha il diritto di rendere cosa la sua volont, o sua volont la cosa; cio, in altre parole, di sopprimere la cosa e di convertirla in sua; poich la cosa, come esteriorit, non ha un fine autonomo, non linfinito rapporto di s a se stessa, ma un che di esteriore a se stessa. Anche il vivente (lanimale) una siffatta cosa esterna ed , pertanto, esso stesso una cosa. Soltanto la volont linfinito, in cospetto ad ogni altro assoluto, mentre laltro, per parte sua, soltanto relativo. Quindi, appropriarsi significa, in fondo, soltanto manifestare lelevatezza della mia volont di fronte alla cosa, e dimostrare che questa non in s e per s, e non fine autonomo. Questa manifestazione avviene, perch io pongo nella cosa un fine diverso da quello che essa aveva immediatamente []. Quindi, la volont libera lidealismo, il quale non ritiene le cose come sono, per s e in s, mentre il realismo le dichiara assolute, se anche esse di trovino soltanto nella forma della finit (Aggiunte di Gans al 44). 181 In altri termini, la personalit ha inizio quando vi una forza cosciente di s che pu rendere gli oggetti della volont di un singolo propriet di tale singolo (H. Marcuse, op. cit., p. 222). 182 E chiaro che la sfera del diritto, cos intesa, riguarda i rapporti di propriet e comprende, da una parte, i soggetti in quanto individui che rivendicano il loro potere immediato sulle cose, e, daltra parte, gli oggetti considerati nella loro forma immediata, come cose che appartengono alla natura, a una sfera non ancora mediata dallattivit della coscienza. Soltanto di queste cose, - precisa Hegel - quali sono immediatamente, non delle determinazioni che, con la mediazione della volont sono capaci di diventare tali, si parla qui, a proposito della persona; la quale, essa stessa, ancora nella sua prima immediatezza. Attitudini spirituali, scienze, arti, persino un che di religioso (prediche, messe, preghiere, benedizioni alle cose sacre), invenzioni, etc. diventano oggetti di contratto, equiparati alle cose. [] Conoscenze, scienze, talenti etc., sono certamente propri dello spirito libero e un che di interiore al medesimo, non di esteriore; ma altrettanto lo spirito pu dar loro, con lestrinsecazione, unesistenza esterna e alienarli, per cui essi sono posti sotto la determinazione delle cose. Essi, quindi, non sono da principio cosa immediata, ma diventano tali, soltanto per la mediazione dello spirito, che degrada la sua interiorit allimmediatezza e allesteriorit. Secondo la determinazione, non giuridica n morale, del diritto romano, i figli erano cose per il padre, e costui, quindi, era in possesso giuridico dei suoi figli; e tuttavia egli stava, certo, con loro anche nel rapporto etico dellamore (il quale rapporto doveva essere certamente molto indebolito da quella ingiustizia). In ci, quindi, aveva luogo ununificazione, per altro del tutto antigiuridica, delle due determinazioni di cosa e non-cosa. Nel diritto astratto, che ha per oggetto soltanto la persona come tale, quindi anche il particolare, che appartiene allesistenza e alla sfera della sua libert, solo in quanto esso come cosa separabile da quella e immediatamente diverso (costituisca ci la sua determinazione essenziale o possa riceverla soltanto col mezzo della volont soggettiva), le attitudini spirituali, le scienze etc. si considerano unicamente secondo il loro possesso giuridico; il possesso del corpo e dello spirito, il quale si acquista con la coltura, lo studio e labitudine etc., e in quanto propriet interna dello spirito, non da considerare qui. Ma del passaggio di tale propriet spirituale allesteriorit, nella quale rientra sotto la determinazione di propriet giuridica di diritto, si deve parlare soltanto in sede di alienazione ( 43). In questo senso, prescindendo dalle modalit della mediazione spirituale, lindividuo, a un livello astratto, ha il diritto di appropriarsi di ogni cosa. La persona ha per suo fine sostanziale il diritto di porre la sua volont in ogni cosa, la quale, pertanto mia: non avendo in se stessa un tale fine, riceve a sua determinazione e anima la mia volont; assoluto diritto di appropriazione delluomo su tutte le cose ( 44). Nel periodo giovanile, Hegel non giungeva ancora a distinguere la condizione astratta dellindividuo dalla determinata condizione storica mediata dialetticamente e, quindi, non ipotizzava, ad esempio, lo sviluppo di un semplice rapporto immediato del soggetto con le cose, e sottolineava, piuttosto, come ogni rapporto con le cose passa attraverso il rapporto con gli altri. Ora egli, invece, accoglie nello stesso ambito dialettico i rapporti immediati dellindividuo con gli oggetti e, quindi, il diritto nel senso pi stretto e limitato, quello che riguarda, si pu, dire uno stato di alienazione.
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beni di cui si appropria per soddisfare i suoi bisogni secondario.183 Cos secondario cosa e quanto una persona possiede, poich ci dipende dalle circostanze, cio da fattori che sono del tutto ininfluenti dal punto di vista del diritto formale.184 Per Hegel il modo in cui distribuita la propriet dipende da circostanze accidentali, che non rientrano nellambito di una considerazione razionale, poich appartengono alla sfera dei fatti;185 e cos non rientra neppure nellambito della ragione la determinazione di una ipotetica uguaglianza sotto il profilo economico, cio in rapporto al possesso dei beni materiali.186 Hegel pone il diritto di propriet a base dellintero sistema giuridico: perci fa derivare da esso il diritto contrattuale e tutte le obbligazioni giuridiche. In questo ambito, la libert della persona si realizza nella sfera esterna delle cose; e questa esteriorit coinvolge la persona stessa, che considera se stessa come alienata, cio reificata, alla stregua degli oggetti.187 Hegel mette in rilievo, a questo proposito, lesigenza che, anche a questo livello, non si pervenga alla alienazione totale. Esistono due modalit di attuazione di questa esigenza: da una parte, la dichiarazione di inalienabilit per alcuni beni o determinazioni personali, che costituiscono lessenza intima dellindividuo libero (e in questo caso si ha la determinazione di una sfera che viene sottratta alla trasposizione sul piano dellesteriorit);188 daltro lato, la limitazione nel tempo degli aspetti della persona che vengono alienati (come, ad esempio, il fatto che il lavoratore alieni non tutto il suo tempo ma una parte di esso e che lalienazione avvenga per periodi determinati).189 La razionalit della propriet non sta nellappagamento dei bisogni, ma in ci: che la semplice soggettivit della persona si annulla. Soltanto nella propriet, la persona in quanto ragione (Aggiunta di Gans al 41). Cio: la vera ragione della propriet risiede nella stessa essenza delluomo, nel fatto che essa supera la mera soggettivit della persona e, insieme, la realizza nel suo essere razionale. 184 In rapporto alle cose esterne, la razionalit costituita dal fatto che io ho una propriet; laspetto della particolarit comprende i fini soggettivi, i bisogni, larbitrio, il talento, circostanze esterne, etc.; da ci dipende il possesso semplicemente come tale; ma questo lato particolare, in questa sfera della personalit astratta, non ancora posto come identico alla libert. Che cosa e quanto io possiedo, , quindi, una contingenza giuridica ( 49). 185 Che la cosa appartenga a colui che accidentalmente primo nel tempo, che la prende in possesso, perch un secondo non pu prendere in possesso ci che gi propriet di un altro; una determinazione immediatamente intelligibile e superflua ( 50). 186 Leguaglianza lidentit astratta intellettualistica, alla quale si rivolge principalmente il pensiero che riflette e quindi la mediocrit dello spirito in generale, quando gli si presenta il rapporto dellunit con una distinzione. Qui, leguaglianza sarebbe soltanto eguaglianza delle persone astratte come tali, fuori della quale cade, appunto perci, tutto quanto riguarda il possesso, questo terreno dineguaglianza ( 49). Ci non toglie, peraltro, che leguaglianza non possa diventare oggetto del superiore livello delleticit e costituire una questione della societ civile. Al livello, invece, del diritto formale astratto, le differenze tra gli individui sono indifferenti, poich considerato non lindividuo concreto, storicamente determinato, ma lastratto soggetto del diritto (che si esprime, a un livello di alienazione, come diritto di propriet). In questo senso, Hegel considera lo stato di alienazione come una condizione fondamentale, che appartiene allindividuo, il quale, in primo luogo, ha a che fare con le cose alle quale si indirizza la sua volont di dominio. In tale condizione, il soggetto individuale del tutto immerso nel possesso delle cose, in modo che tutte le manifestazioni della sua vita sono espressioni di questo atteggiamento fondamentale. Cos i rapporti tra gli individui sono aspetti e modificazioni dei rapporti con le cose e si configurano come rapporti alienati (in quanto assumono le modalit dei rapporti con le cose). 187 La persona, in quanto concetto immediato, e quindi anche in quanto essenzialmente singola, ha unesistenza naturale; parte in se stessa, parte come tale, alla quale essa si riferisce, come a un mondo esteriore ( 43). Cos accade che, a questo livello, come abbiamo visto, anche le manifestazioni pi propriamente spirituali, come i prodotti dellarte e della scienza (e perfino della religione), diventano oggetto di contrattazione e di compravendita. 13 In questo senso costituiscono una contraddizione la schiavit, la rinuncia alla propria libert, lobbligarsi a professare una fede imposta, lincapacit di esercitare il possesso, e cos via; e perci tali limitazioni vanno rimossi. Il diritto a tale inalienabilit imprescrittibile; poich latto, col quale prendo possesso della mia personalit e della mia essenza sostanziale, mi costituisce soggetto capace di diritto, di imputazione, mi rende morale, o religioso, toglie queste determinazioni appunto dallesteriorit, che unicamente d loro la capacit dessere in possesso altrui. [] Questo ritorno in me scopre la contraddizione di aver dato in possesso ad altri la mia capacit giuridica, la mia eticit, la mia religiosit, che io stesso non possedevo, e ci che, appena lo possesso, esiste appunto, essenzialmente, in quanto mio e non in quanto cosa esterna ( 66). 14 Delle mie attitudini particolari, corporali e spirituali e delle possibilit dellattivit posso alienare prodotti singoli a un uso limitato nel tempo da parte di un altro, poich esse mantengono, giusta tale limitazione, un rapporto esterno con la mia totalit e universalit. Con lalienazione di tutto il mio tempo concreto, per mezzo del lavoro, e della totalit del mio prodotto, renderei propriet di un altro la sostanzialit di essi, la mia universale attivit e realt, la mia personalit ( 67). Il principio della libert, che doveva dimostrare lassoluta supremazia della persona su tutte le cose, non solo ha trasformato tale persona in cosa, ma la ha anche resa una funzione del tempo. Hegel insiste sullo
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Nella sfera della propriet privata, i rapporti tra gli individui sono regolati dal contratto. Questo impedisce che qualcuno rivendichi il diritto sulla propriet altrui e, nello stesso tempo, stabilisce le condizioni secondo le quali qualcuno decide di trasferire il suo diritto a un altro. Il contratto reso possibile dal fatto che la volont dellindividuo di appropriarsi di qualcosa , nello stesso tempo, volont di alienare il possesso acquisito, dunque di non essere proprietario. In questo modo e con questo strumento sono regolati i rapporti tra i proprietari, che sono rapporti sul piano dellesteriorit. Per Hegel, i contratti rimangono esclusivamente nellambito del diritto privato.190 Hegel mostra, quindi, come la sfera del diritto, nei modi in cui questo si realizza nellambito dellaffermazione delle singole volont individuali, rechi in s limiti e contraddizioni che richiedono lintervento di elementi idonei a garantire il suo interno equilibrio. Il limite principale consiste nel fatto che qui i soggetti sono persone immediate che intendono far valere la loro volont particolare come la volont che in s, una determinazione contingente come una norma universale. Cos, alla luce del diritto in s e della volont universale, il diritto, cos come si attua per opera delle singole volont, reca in s il suo contrario, cio il torto. Ad esempio, pu accadere che diversi individui aspirino a impadronirsi della medesima cosa e la ritengano come propria. Daltra parte, pu accadere che nella formulazione dei contratti, intervenga qualche elemento di frode (dovuta al fatto che deliberatamente si fa apparire per reale ci che apparente) oppure che qualcuno intenda difendere il suo presunto diritto con la violenza, o anche che non siano rispettate le clausole di un contratto. Perci questa sfera del diritto implica anche listituto della pena.191 stesso fatto che in seguito condusse Marx ad asserire che labbreviazione della giornata lavorativa costituiva la condizione perch luomo raggiungesse il regno della libert. Le idee di Hegel si spingono anche abbastanza avanti per vedere la forza nascosta del tempo lavorativo e per mettere in luce che la differenza tra lantico schiavo e il lavoratore libero pu essere espressa in termini di quantit di tempo che appartiene al padrone (H. Marcuse, op. cit., p. 226). 190 Hegel respinge ogni estensione della pratica contrattuale alla sfera delleticit. Sotto il concetto di contratto, - egli precisa non pu essere sussunto il matrimonio; tuttavia questa sussunzione, nella sua (bisogna dire) turpitudine, esposta in Kant. Tanto meno, la natura dello Stato consiste nel rapporto contrattuale, o che lo Stato sia considerato come un contratto di tutti con tutti, o quale contratto di questi tutti col principe e col governo. Lintrusione di questo, come in generale dei rapporti della propriet privata, nel rapporto statale, ha prodotto le pi grandi confusioni nel diritto pubblico e nella realt ( 75). 191 Hegel respinge le valutazioni non strettamente giuridiche della pena e il trasferimento di questo tema sul piano della morale o del sentimento. La teoria della pena egli avverte una delle materie che, nella scienza giuridica positiva dei tempi moderni, se la sono peggio cavata; poich, in questa teoria, lintelletto non sufficiente, ma si tratta essenzialmente del concetto. Se il delitto e lannullamento di esso, come quello che si determina ulteriormente come pena, in generale considerato soltanto come male; si pu certamente riguardare come irrazionale il fatto di volere un male semplicemente per ci, che gi esiste un altro male. Questo superficiale carattere di male presupposto quale primo elemento nelle varie teorie sulla pena: teoria della prevenzione, dellintimidazione, della minaccia, del miglioramento; e ci che, invece, deve risultarne appunto determinato superficialmente in quanto bene. Ma non si tratta n semplicemente di male, n di questo o di quel bene, ma, determinatamente, di torto e di giustizia. Ma, da quel superficiale punto di vista, la considerazione oggettiva della giustizia, che il primo e sostanziale punto di vista nel delitto, messa da un canto; e segue da se stesso che il punto di vista morale, laspetto soggettivo del delitto, mescolato con triviali concezioni psicologiche dello stimolare e del rinvigorire glimpulsi sensitivi di fronte alla ragione, della coazione e dellinflusso psicologico sulla rappresentazione (come se tale aspetto non fosse degradato dalla libert, ugualmente a qualcosa di soltanto accidentale), si muta in essenziale. [] Cio, in questa discussione importa unicamente che il delitto deve annullarsi, non come larrecamento di un male, ma come violazione del diritto [] ( 99). La prospettiva di Hegel fortemente coerente, ma appare legata a una distinzione troppo netta tra le categorie del diritto e della morale: infatti quei limiti che egli riscontra nelle teorie moderne, che introducono nella valutazione della pena elementi di carattere non esclusivamente giuridico bens morale e psicologico, in realt, da un altro punto di vista, appaiono motivi di superamento di una concezione naturalistica del diritto. Si pu tenere presente ci che a questo proposito osserva Marcuse: La concezione di Hegel presenta cos questo elemento fortemente meccanicistico, rivelando ancora unaltra impressionante identit con la materialistica filosofia politica di Hobbes. Certamente Hegel sostiene che la libera ragione governa la volont e lazione degli individui, ma tale ragione sembra funzionare al modo di una legge naturale anzi che come unautonoma attivit umana. La ragione domina luomo anzi che operare attraverso il suo potere cosciente. Quando dunque Hegel identifica la legge di Ragione con la Legge di Natura questa formula assume un significato sinistro del tutto contro la sua intenzione. Egli intendeva porre laccento sul fatto che la ragione la vera natura della societ, ma il carattere naturale della legge di Ragione si avvicina molto di pi alla cieca necesit della natura che non alla libert autocosciente di una societ razionale. Vedremo che Hegel sottolinea ripetutamente la cieca necessit della ragione nella societ civile. La stessa cieca necessit che in seguito Marx denunci come lanarchia del capitalismo fu dunque posta al centro della filosofia hegeliana quando Hegel volle dimostrare la libera razionalit dellordine prevalente (Ragione e rivoluzione, cit., p. 229).

Ma il torto, il delitto e la giustizia vendicativa rappresentano momenti nei quali la volont individuale si trova di fronte unaltra volont che pone il diritto su un piano diverso, che non quello dellimmediatezza. In questo processo si pu ravvisare la progredita, interna determinatezza concettuale della volont: la volont stessa procede a negare la forma della immediatezza e crea lantitesi tra la volont universale che in s e quella individuale che per s, passando, in tal modo, alla determinazione della volont libera come espressione di un soggetto che non si riconosce esclusivamente nellindividualit immediata, ma si configura come infinita soggettivit, che si realizza sul piano non pi della semplice appropriazione esteriore, bens su quello della stessa interiorit spirituale. Cos si ha il passaggio dal diritto alla morale.192 La morale corrisponde allesigenza che la volont sia interamente autodeterminata, che, cio, su di essa non agiscano spinte o impulsi estranei. La volont, in quanto impulso allazione, si basa sulla fondamentale capacit delluomo di distinguere il bene e il male e prescinde da ogni fattore o condizionamento esterno. Perci la morale si riporta essenzialmente alla sfera interiore della coscienza, allintenzione di attuare, in ogni modo, il bene come valore universale.193 Per la volont, che si riporta come a unica fonte della sua determinazione alla interiore istanza morale, il bene lunicamente essenziale. Tuttavia, il soggetto non si pone ancora il problema intorno alle modalit secondo cui il bene come principio e scopo dellazione morale possa essere concretamente attuato. Il bene, cos configurato, lessenza della volont nella sua sostanzialit e universalit e, in quanto tale, esso semplicemente solo nel pensiero e per il pensiero ( 132). Esso esprime una generale condizione di dover-essere, che per non si sa come possa trovare pratica e storica attuazione.194 Il punto di vista morale rimane limitato allenunciazione di princpi formali che non riescono a darsi un contenuto determinato e, pertanto, non diventano norme pratiche di comportamento.195 Tuttavia, Hegel sottolinea limportanza e la funzione della coscienza morale, che ha la prerogativa di essere universale e individuale nello stesso tempo: si tratta, infatti, del potere del singolo individuo di elevarsi alla conoscenza del bene come valore assoluto. Ci che egli rileva come limite il fatto che a questo livello si presentano La volont, cos, ha ormai per proprio oggetto la sua personalit, come quella che volont soltanto nel diritto astratto; la soggettivit della libert, cos per s infinita, costituisce il principio del punto di vista morale ( 104). 193 Nel diritto rigoroso, non importava ci che era il mio principio o la mia intenzione. Tale questione dellautodeterminazione e del movente della volont, come del proposito, si manifesta qui, nel campo morale (Aggiunta di Gans al 106). 194 Il bene ha, col soggetto particolare, il rapporto di essere lessenziale della sua volont, la quale, pertanto, ha in esso semplicemente il suo obbligo. Essendo la particolarit distinta dal bene e rientrando nella volont soggettiva, il bene ha, per prima cosa, soltanto la determinazione dellessenzialit universale astratta, - il dovere; - a cagione di questa sua determinazione il dovere deve essere compiuto per il dovere ( 133). 195 Si pu parlare del dovere molto elevatamente, e questo parlare pone luomo pi in alto e dilata il suo cuore; ma se non si procede ad alcuna determinazione, alla fine si diventa noiosi: lo spirito esige una particolarit, alla quale sia autorizzata. Invece, la coscienza morale questa profondissima, interna solitudine con s, dove ogni cosa esteriore, ogni limitatezza svanita, questa generale ritiratezza in se stessa. Luomo, in quanto coscienza, non pi vincolato dai fini della particolarit; e, pertanto, questo un punto di vista pi alto, un punto di vista del mondo moderno, il quale soltanto giunto a tale coscienza, a tale profondarsi in s (Aggiunta al 135). Come si vede, Hegel attribuisce alla cultura moderna la tendenza a rendere interiore la norma morale e a separare la morale dal diritto e dalla politica. Ma la libert interiore, per Hegel, solo una tappa del processo che conduce alla attuazione storica delluomo libero. Questa posizione pu avere dato luogo a interpretazioni controverse: in particolare, pu avere consentito di vedere in essa una legittimazione dellazione repressiva dello stato nei confronti della libert interiore, manifestantesi nel libero pensiero e nellautonomia della coscienza morale. Osserva, per esempio, Marcuse: La libert interiore almeno riserva allindividuo una sfera incondizionatamente privata, con la quale nessuna autorit pu interferire, e la moralit lo sottopone ad alcuni obblighi validi universalmente. Ma quando la societ assume la forma del totalitarsimo, in accordo con le esigenze dellimperialismo monopolista, la totalit della persona diviene un oggetto politico. Anche la pi intima moralit dellindividuo sottoposta allo stato, e la sua vita intima viene abolita. Le stesse condizioni che precedentemente richiedevano che i valori venissero resi interiori, ora richiedono che essi vengano completamente esteriorizati (Ragione e rivoluzione, cit., p. 231). Daltra parte, si pu osservare che Hegel, mettendo in rilievo linsufficienza del solo punto di vista formale e lesigenza della determinatezza, sollecita la morale stessa a darsi una consistenza nel mondo storico, permeando di s la societ e lo stato. Lintenzionalit morale ha bisogno di trovare le condizioni effettive perch possa estrinsecarsi e queste possono essere fornite dal contesto sociale e politico. E in una visione dialettica il processo di mediazione avviene attraverso il concorso delle due componenti, listanza morale e la situazione contestuale determinata; la sintesi data dal livello politico che si sar instaurato sulla base di quei fattori e che sar, pertanto, fortemente permeata di moralit. In questo senso, lo stato rappresenta un superamento della pura moralit interiore: eeso, in realt, costituisce la condizione di attuazione di essa, la sfera storica e reale nella quale i princpi universali della morale trovano le condizioni per la loro pratica estrinsecazione. E verso forma di stato che spinge lanalisi dialettica di Hegel. Lo stato non , da questo punto di vista, un semplice mezzo, bens lo stesso piano di attuazione della libert e dellessenza morale delluomo.
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aspetti problematici che non si possono trascurare: in particolare, si tratta di verificare se il termine di riferimento della coscienza sia il bene in s o non, piuttosto, una apparenza di esso, e, in secondo luogo, di evitare una scissione tra la consapevolezza teorica e il comportamento pratico, con la possibile degenerazione dei princpi morali ad astratte norme formali (con la conseguente messa in ombra dellintenzione come disposizione interiore al bene).196 Ovviamente, cadono fuori della moralit quegli aspetti in cui si configura il semplice arbitrio soggettivo.197 Perch la volont morale dia luogo a un mondo concreto di individui liberi che operano perseguendo il bene comune, occorre che essa esca dallinteriorit e si volga verso lesterno, verso lambito esteriore dei costumi sociali. Il bene come puro ideale soggettivo rimane astratto e praticamente inoperoso. Lo stesso ideale, infatti, si realizza solo determinandosi.198 La terza parte della Filosofia del diritto tende a dimostrare che la libert del soggetto si attua nellambito delle istituzioni oggettive della famiglia, della societ e dello stato, e che, daltra parte, le istituzioni hanno la loro giustificazione (la loro radice e ragion dessere) nella volont libera. Hegel identifica lethos con linsieme oggettivo degli ordinamenti che sono in s e per s ( 144) e che hanno il loro fondamento nellautocoscienza che agisce liberamente.199 Leticit realizza lunit del concetto di volont e della sua esistenza; e questa unit si articola in un sistema di determinazioni oggettive, che non sono qualcosa di estraneo al soggetto, bens sono la sostanza stessa in cui si viene estrinsecando la volont individuale.200 La norma morale del dovere e il diritto degli individui alla loro autodeterminazione storica trovano qui il terreno della loro unificazione: gli individui si autodeterminano proprio attraverso lappartenenza alle istituzioni oggettive e queste traggono la loro ragion dessere dallesigenza di attuazione della libert come supremo dover-essere. Leticit realizza lidentit della volont universale e della volont individuale ( 155); e lo stato, che la sua compiuta espressione, la realt della libert concreta, consistente nel fatto che in essa gli interessi particolari [dellindividuo] hanno il loro pieno sviluppo e riconoscimento e, daltra parte, si mutano, da se stessi, nellinteresse della generalit ( 260). La dialettica delleticit si svolge attraverso le istituzioni della famiglia, della societ civile e dello stato. La famiglia la prima forma di attuazione dello spirito etico. Essa unistituzione naturale, cio praticamente immediata, anteriore alla mediazione razionale che svolta specialmente dallo stato. Qui abbiamo, in primo luogo, la coscienza dellessere dellindividuo non come esclusivit del s bens come componente di ununit della quale fanno parte altri. La coscienza di questa unit si configura come sentimento: si ha, cio, ununit che sente di volere se stessa, e che, dunque, si manifesta nellamore reciproco

Cfr., su questa tematica, il 137. In particolare, per quanto riguarda la riduzione al formalismo vuoto: Ci che nella vera coscienza morale non distinto, , per, distinguibile; ed la soggettivit determinante del sapere e del volere, che pu separarsi dal vero contenuto e porsi per s, e pu degradare il medesimo a forma e ad apparenza. 197 Hegel passa in rassegna questi aspetti aberranti della coscienza che intende erigere a norma il proprio arbitrio: ad esempio, si ha la malizia, quando il soggetto consapevole che sta assumendo come principio di comportamento un fattore che in contrasto con la ragione morale; quando, poi, si nascondono agli altri gli effetti negativi di un comportamento arbitrario, si ha lipocrisia; infine, come espressione di un soggettivismo estremo, si ha lironia romantica, per cui il soggetto si pone a fonte di ogni morale e intende sottoporre gli altri al proprio giuoco. Il culmine, da considerare ancora qui, della soggettivit, che si comprende come cosa ultima, pu esser soltanto questo: sapersi ancora come quella determinazione e decisione circa la verit, il diritto e il dovere, che, nelle forme precedenti, esiste gi in s. Esso consiste, quindi, nel conoscer, s, loggettivit etica, per non dimenticando se stesso, n facendo rinunzia a s, nel profondarsi nella severit della medesima e nellagire in base ad essa; ma, in rapporto ad essa, preservare, in pari tempo, la medesima da s e conoscersi come ci che vuole e decide in un dato modo, e pu anche volere e decidere ugualmente bene, altrimenti. Prendete, infatti, una legge, e schiettamente qual in s e per s; io ne sono, perci, anche al di l e posso fare cos o cos. Non la cosa superiore, ma son io superiore e sono il padrone, al di sopra della legge e della cosa, che con esse soltanto scherza, come col suo piacere, e in questa coscienza ironica, nella quale io lascio perire il Sommo, godo soltanto di me ( 140). Connesso con questo atteggiamento , per Hegel, quello dellanima bella, illustrato nella Fenomenologia. 198 I due principi che abbiamo considerato finora, cos il bene astratto, come la coscienza, difettano del loro opposto; il bene astratto si volatiliza in qualcosa di completamente impotente, nel quale posso mettere ogni contenuto, e la soggettivit dello spirito diventa non meno priva di valore intrinseco, poich le vien meno il significato oggettivo (Aggiunta al 141). 199 Leticit lidea della libert, in quanto bene vivente, che ha nellautocoscienza la sua consapevolezza, la sua volont e, mediante lagire di questa, la sua realt; cos come questo ha, nellessere etico, il suo fondamento che in s e per s e il fine motore, - il concetto di libert, divenuto mondo esistente e natura dellautocoscienza ( 142). 200 Il diritto degli individui per la loro destinazione soggettiva alla libert, ha il suo compimento nel fatto che essi appartengono alla realt etica, poich la certezza della loro libert ha la sua verit in tale oggettivit ( 153).

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dei suoi componenti.201 Il matrimonio non una semplice sanzione contrattuale di questa unit ma listituzione stessa di essa nellambito della realt dello spirito.202 La famiglia ha nella propriet una condizione essenziale del suo essere. Hegel rileva che lesigenza del possesso stabile e duraturo di beni fondamentali per la sussistenza si pone in rapporto allistituto della famiglia, anche sotto il profilo giuridico, cio in quanto la propriet si configura nella sua forma compiuta sulla base del riconoscimento da parte di una comunit. Ma la propriet anche la causa della disgregazione della famiglia: infatti il godimento di una propriet comune da parte di tutti i componenti e, poi, la divisione del patrimonio tra i figli determinano la scissione dellunit familiare e la costituzione di una pluralit di soggetti proprietari in concorrenza tra loro, in quanto ciascuno, per lancora debole legame etico, tende a perseguire i propri interessi particolari.203 Perci lo stesso ordinamento famigliare rimanda a un ordine etico che sia idoneo a dargli una adeguata stabilit; e dalla negazione della famiglia come istituzione insufficiente nasce la societ civile. Lanalisi hegeliana della struttura della societ tiene conto di alcuni caratteri essenziali del mondo moderno. La societ moderna vista come un sistema di dipendenza reciproca, in cui ogni individuo, perseguendo interessi egoistici, promuove linteresse generale della comunit. Infatti, si costituisce una connessione tra gli interessi particolari, tale che ciascuno di questi pu essere conseguito attraverso lattuazione di ordine di civilt in cui le attivit siano disposte e organizzate in vista degli scopi generali.204 E vero, tuttavia, che, a questo livello, lintegrazione degli interessi individuali risulta come il prodotto del caso e non di una superiore decisione etica, per cui Hegel pu dire che nella societ civile, luniversalit non altro che necessit (Aggiunta al 229). In tale contesto, il posto e il ruolo degli individui risultano piuttosto da circostanze accidentali, e specialmente dal capitale di cui il soggetto dispone, e non sono corrispondenti alle reali esigenze e capacit.205 Proseguendo la sua analisi, Hegel perviene a considerazioni che costituiscono pi che unanticipazione rispetto alle considerazioni di Marx sulle conseguenze dellaccumulazione capitalistica della ricchezza sullaggravarsi degli squilibri sociali per limpoverimento progressivo della classe dei lavoratori.206
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La famiglia, in quanto sostanzialit immediata dello spirito, ha per sua determinazione la sua unit che sente se stessa, lamore. S che il suo principio avere lautocoscienza della propria individualit in questunit, in quanto essenzialit che in s e per s, per essere in essa, non come persona per s, ma come componente ( 158). 202 Ma nellautocoscienza, in secondo luogo, lunit della sessualit naturale soltanto interna, o che in s e, appunto perci, nella sua esistenza soltanto esteriore, si trasforma in amore spirituale, autocosciente ( 161). Lethos del matrimonio consiste nella coscienza di questa unit, in quanto fine sostanziale e, quindi, nellamore, nella fede e nella comunione di tutta lesistenza individuale ( 163). Sulla base di questi presupposti, Hegel giustifica il rapporto monogamico: Il matrimonio essenzialmente monogamia, poich la personalit, lindividualit immediata esclusiva, che si pone e si abbandona in questo rapporto; la cui verit e intimit (forma soggettiva della sostanzialit) risulta, quindi, dalla rinunzia reciproca intera a questa personalit; questa perviene al suo diritto, ad esser cosciente di se stessa, nellaltra, solo in quanto laltra, come persona, cio come individualit atomistica, in questidentit ( 167). 203 La famiglia, in quanto persona giuridica, di fronte alle altre, devesser rappresentata dalluomo, quale suo capo. Inoltre, spetta specialmente a lui lacquisto allesterno, il provvedere ai bisogni, come la disposizione e lamministrazione del patrimonio familiare. Questo propriet comune, in maniera che nessun componente della famiglia ha una propriet particolare, ma ciascuno ha il suo diritto alla cosa comune. Questo diritto e quella disposizione, spettanti al capo della famiglia, possono, per, venire in conflitto, poich palese limmediatezza, ancora esistente nella famiglia, del sentimento etico, della particolarizzazione e dellaccidentalit ( 171). 204 In questa dipendenza e reciprocit del lavoro e dellappagamento dei bisogni, legoismo soggettivo si converte nel contributo allappagamento dei bisogni di tutti gli altri, - nella mediazione dellindividuo, per mezzo delluniversale, in quanto movimento dialettico; cos che, poich ciascuno acquista, produce e gode per s, appunto perci produce e acquista per il godimento degli altri. Questa necessit, che si trova nella complicazione universale della dipendneza di tutti, ormai per ciascuno il patrimonio generale, permanente, che per lui contiene la possibilit di partecipare ad essa, per mezzo della propria educazione e attitudine, per esser garantito nella propria sussistenza; - cos come questo acquisto, mediato dal proprio lavoro, mantiene e accresce il patrimonio generale ( 199). 205 La possibilit della partecipazione alla ricchezza generale, la ricchezza particolare, , peraltro, condizionata, in parte, da unimmediata base particolare (capitale), in parte, dallattitudine, che, per parte sua, di nuovo condizionata essa stessa da quella, ma poi dalle circostanze contingenti, la cui molteplicit produce la diversit nello svolgimento delle disposizioni naturali corporali e spirituali gi per s ineguali; - diversit che, in questa sfera della particolarit, vien fuori in tutte le tendenze e da tutti i gradi e, con laltra accidentalit e con laltro arbitrio, ha, per necessaria conseguenza, la ineguaglianza dei patrimoni e delle attitudini degli individui ( 200). 206 Quando la societ civile si trova in non impacciata attivit, essa si occupa dentro se stessa della popolazione e dellindustria che progrediscono. Con la generalizzazione del collegamento degli uomini, mediante i loro bisogni e i modi di perparare e di conferire i mezzi per questi bisogni, si accresce, da un alto, laccumulazione delle ricchezze, -

Come rimedio a eliminare le contraddizioni della societ basata sullillimitata concentrazione della ricchezza in una sola classe, si pone il sistema delle classi sociali organizzate. Ma tale sistema non in grado di risolvere quelle contraddizioni. Tutte le organizzazioni e le istituzioni della societ la classe degli agricoltori, quella dei commercianti, degli artigiani e degli operai, e quella dei burocrati rimangono sottoposte al principio della propriet e risultano governate dalle condizioni economiche, cio dai modi in cui organizzato il lavoro ed distribuita la ricchezza. Perci simpone la necessit di una superiore mediazione razionale, cio lo sviluppo di forze e istanze etiche capaci di dominare e inverare la dialettica che sinstaura al livello dei rapporti economici. Cos si ha il passaggio allordine politico: lo stato lorgano proprio della compiuta attuazione delleticit come essenza propria dello spirito oggettivo. In primo luogo, lo stato impersona luniversalit della legge, che ha identico valore per tutti.207 Il sistema delle leggi unopera universale, alla quale concorrono le funzioni delle singole classi sociali e linsieme delle attivit e delle cure dei singoli individui. In secondo luogo, esso media gli interessi antagonistici delle diverse classi sociali e d ad essi una forma pi razionale di quanto sia ad essi attribuita dalla dialettica economica basata sulla produzione e sullo scambio delle merci. Perci disciplina la concorrenza, in modo che vengano assicurate a tutti uguali condizioni e presupposti per lo sviluppo della loro attivit; cos pone rimedio a eventuali ingiustizie e ristabilisce lequilibrio sociale, senza sconvolgere lordine esistente.208 La concezione hegeliana dello stato vicina alla teoria organicistica: lo Stato, in quanto spirito vivente, soltanto come una totalit organizata e distinta in attivit particolari (Enciclopedia, 539). Lunit dello stato simboleggiata dalla costituzione, che interpreta ed esprime gli interessi di tutti ed qualcosa che si pone come fondamento dello stato stesso, cio come qualcosa di pi originario ed essenziale.209 poich si trae, da questa doppia universalit, il pi grande profitto, - come daltro lato si accresce la divisione e la limitatezza del lavoro particolare e, quindi, la dipendenza e la necessit della classe, legata a questo alvoro; al che, congiunta linsufficienza del sentimento e del godimento delle altre facolt e, particolarmente, dei vantaggi spirituali della societ civile ( 243). 207 Le leggi esprimono le determinazioni di contenuto della libert oggettiva. In primo luogo, pel soggetto immediato, pel suo arbitrio indipendente e pel suo interesse particolare, esse sono limiti. Ma sono, in secondo luogo, lo scopo finale assoluto e lopera universale (Enciclopedia, 538). Luomo ha valore, cos, perch uomo, non perch giudeo, cattolico, protestante, tedesco, italiano, etc. (Filosofia del diritto, 209). 208 Infatti, osserva Hegel, nella societ civile la cieca necessit del sistema dei bisogni non ancora elevata alla coscienza delluniversale, ed attuata movendo da questo (Enciclopedia, 532). 209 Ma, in generale, - arriva a dire Hegel essenziale unicamente che la costituzione, sebbene derivata nel tempo, non sia ritenuta come un che di formato; poich essa , anzi, ci che unicamente in s e per s e che, quindi, deve considerarsi come cosa divina e duratura, e come al di sopra della cerchia di ci che formato (Filosofia del diritto, 273). Come si vede, Hegel, quando parla di costituzione, non si riferisce al documento fondamentale dellordinamento statale, dunque a un elemento formale, bens considera il fondamento oggettivo dellorganismo statale, ci che pone lo stato, appunto, come organismo unitario inscindibile tra le sue componenti. In questo senso, la costituzione lanima di ogni istituzione politica: anche quando non compare un documento (o un insieme di documenti) configurato come costituzione, questa struttura fondamentale sta alla base dello stato; n, pertanto, la costituzione un carattere distintivo di alcune forme di stato in contrapposizione ad altre (nel senso della distinzione dello stato costituzionale moderno dallo stato assoluto). Secondo Hegel, lo stato non il risultato di un contratto o di un accordo tra i cittadini, non unassociazione che affondi le sue radici nellambito del diritto privato, bens , come abbiamo visto, unespressione dello spirito oggettivo nella sua sostanza etica: e la costituzione la forza originaria che questo spirito esprime come principio organizzativo che d luogo allo stato. E appunto in virt di questo principio organizzativo che un popolo costituisce ununit e una volont politica. La costituzione , dunque, il principio organizzativo dello stato, e, come tale, presiede al funzionamento delle diverse parti come funzioni di un tutto, in modo che in qualsiasi manifestazione della vita politica lintero stato che si esprime e non una parte di esso. Lo stato funziona e si esprime sempre come una totalit. La costituzione fa s che ogni elemento dello stato (sia una classe sociale o una funzione pubblica o anche unattivit del singolo) si riconduca a questa totalit organica e sia espressione di essa. Essa fonda, pertanto, gli stessi rapporti sociali, fa s che ognuno partecipi, in modo diverso, allo sviluppo della vita politica, e che, ai diversi livelli, operi il medesimo principio organizzativo. Perci Hegel osserva che, se legittimo chiedersi a chi spetti il compito di fare le leggi, non ha senso domandarsi a chi spetti di stabilire la costituzione, perch questa anteriore allorganizzazione dello stato e ha la sua matrice nella struttura etica che si configura come spirito di un popolo. La garanzia di una costituzione cio la necessit che le leggi siano razionali e la loro realizzazione venga assicurata, riporta nello spirito di tutto il popolo, cio nella determinatezza, secondo cui esso ha lautocoscienza della sua ragione (la religione questa coscienza nella sua sostanzialit assoluta), - e quindi insieme nellorganizzazione reale ad esso conforme, come svolgimento di quel principio. La costituzione presuppone quella coscienza dello spirito; e, inversamente, lo spirito presuppone la costituzione; poich lo spirito reale stesso ha la coscienza determinata dei suoi princpi, in quanto essi sono per lui come esistenti. La questione, a chi, e a quale autorit e come organizzata, spetti di fare una costituzione, la medesima che se si domandasse, chi abbia da fare lo spirito di un popolo. Il separare la

Lo stato il popolo che, in virt della costituzione, si dato un ordinamento etico, rappresentato dai poteri, che sono quello monarchico, quello legislativo e quello amministrativo (o governativo).210 E ovvio che per Hegel questi poteri appartengono allo stato e non possono essere dispersi nel contesto sociale o tra il popolo. Il potere statale si impone alle articolazioni della societ con autorit indiscussa. Anche la religione, sotto certi aspetti che riguardano i riflessi sui comportamenti sociali e, quindi, i rapporti dei gruppi e degli individui con lo stato, va controllata e sottoposta alla giurisdizione politica.211 rappresentazione di una costituzione da quella dello spirito, come se questo esista, o sia esistito una volta, senza possedere una costituzione a s conforme, unopinione che dimostra soltanto la superficialit con cui stata pensata la connessione dello spirito, della sua autocoscienza e della sua realt. Ci che si chiama fare una costituzione non mai, a cagione di tale inscindibilit, - accaduto nella storia; come non si mai fatto un codice: una costituzione si soltanto svolta dallo spirito, in identit con lo svolgimento proprio di questo; ed insieme con lui ha percorso i gradi di formazione e i cangiamenti, necessari in virt del concetto. E lo spirito immanente e la storia, - e la storia soltanto la storia dello spirito, - ci da cui le costituzioni sono state, e sono, fatte (Enciclopedia, 540). Si potrebbe, a questo punto, sollevare la questione intorno allaccordo con questa linea della difesa con cui Hegel intervenne in occasione della concessione della costituzione del Wurttemberg da parte di quel principe. In realt, si pu ritenere che, in questo caso, il principe sia considerato come linterprete dello spirito del popolo o, anche meglio, dello spirito del tempo. A questo proposito, si pu riportare la spiegazione fornita, con la consueta icasticit, da Norberto Bobbio: Per risolvere questa apparente contraddizione tra lidea della costituzione come di qualche cosa che si svolge nel tempo e una politica costituzionale in favore di una costituzione uscita tutta intera dalla testa di un sovrano, occorre tener conto dellimportanza che nellinterpretazione hegeliana della storia ha, accanto allo spirito del popolo, lo spirito del tempo. [] Quel che corrisponde allo spirito del popolo non detto che corrisponda allo spirito del tempo, e viceversa, tanto che in determinati periodi, cio nei periodi di crisi, di grandi trasformazioni, di accelerazione storica, com quello da Hegel vissuto, ladeguamento allo spirito del tempo precede e in qualche modo forza il mutamento dello spirito del popolo. [] Tenendo presenti questi due princpi, si pu capire che, pur dovendo una costituzione corrispondere allo spirito del popolo per essere efficace, di questo spirito possa essere interprete migliore, in determinati periodi storici, appunto nei periodi di trapasso da unepoca allaltra, un principe illuminato, capace di mirare allinteresse generale, che non i rappresentanti dei vari ceti, la cui vista del bene offuscata dal prevalere dei loro interssi particolaristici. Se vero che generalmente le costituzioni sono il prodotto di una lenta evoluzione sociale, altrettanto vero che l dove il mutamento sociale profondo e repentino occorrono procedimenti straordinari per adeguare le istituzioni allo spirito del tempo (La costituzione in Hegel, in Studi hegeliani, Torino 1981, pp. 80-81). 210 Hegel concorda sul principio della divisione dei poteri, ma non su quello della loro autonomia reciproca. Il principio della divisione dei poteri contiene il momento essenziale della differenza, della razionalit reale; ma come lo intende lintelletto astratto, si trova in esso, in parte, la falsa determinazione dellautonomia assoluta dei poteri, luno di fronte allaltro; in parte, lunilateralit di intendere il loro rapporto reciproco in quanto negativit, in quanto mutua limitazione. [] Con lautonomia dei poteri, [] si pone immediatamente, come si veduto anche in grande, lo sconquasso dello Stato, o, in quanto lo Stato essenzialmente si conservi, la lotta per cui un potere sottomette a s laltro (Filosofia del diritto, 272). 211 E lindagine filosofica quella che riconosce che Chiesa e Stato non stanno nellantitesi del contenuto della verit e della razionalit, ma nella differenza della forma. Se, quindi, la Chiesa si muta in dottrina [] e la sua dottrina concerne princpi oggettivi, i concetti dellethos e della razionalit; essa, pertanto, in questa manifestazione, passa immediatamente nel dominio dello Stato. Di fronte alla fede e allautorit di essa sullethos, sul diritto, sulle leggi, sulle istituzioni, di fronte alla convinzione soggettiva di essa, lo Stato , anzi, quello che sa; nel suo principio, il contenuto non si ferma essenzialmente alla forma del sentimento e della fede, ma appartiene al pensiero determinato. [] poich i princpi etici e lordinamento dello Stato, in generale, interferiscono nel dominio della reliigone e non solo si lasciano, ma anche si devono porre in rapporto ad essa; questo rapporto, da una parte, d allo Stato stesso laccreditamento religioso; dallaltra, resta ad esso il diritto e la forma della razionalit autocosciente, oggettiva, il diritto di farla valere e di affremare, di fronte alle affermazioni che provengono dallaspetto soggettivo della verit, quale che sia la garanzia e lautorit di cui essa si circondi (Filosofia del diritto, 270). Hegel ricorda anche i conflitti della Chiesa con lo sviluppo della scienza e, a questo proposito, rivendica il diritto dello stato a tutelare la libert del pensiero e della scienza e a difendere e proteggere la verit oggettiva nei confronti di opinioni ingannevoli e i princpi della vita etica nei riguardi di dottrine morali che allontanino dai fini politici nei quali si esprime leticit come forma essenziale dello spirito oggettivo. Quindi rileva una certa funzione negativa che la religione pu assumere in concomitanza con la crisi delle istituzioni pubbliche, allorch, ad esempio, allontana gli uomini dai loro compiti civili e li sospinge verso lillusione di una libert spirituale capace di compensare i torti subti per effetto della ingiusta gestione del potere e per gli iniqui rapporti che si instaurano nella societ. La religione, osserva Hegel a questo proposito, raggiunge il suo apogeo nei tempi di pubblica calamit, di scompiglio e di oppressione, poich allora additata come conforto, di fronte al torto e come speranza di compenso del danno. Come sarebbe ritenuto uno schermo osserva ancora nella lunghissima nota dedicata al rapporto tra lo stato e la religione il fatto che si respinga ogni sentimento contro la tirannide, col dire che loppresso trova il suo conforto nella religione, cos, parimenti, non deve dimenticarsi che la religione pu assumere una forma, che ha per conseguenza la pi dura schiavit, fra i ceppi della superstizione, e la

Per Hegel, lo stato ha la funzione fondamentale di far coincidere gli interessi dei gruppi sociali e dei singoli individui con linteresse generale: in questo senso, lo stato non sopprime lordine sociale n annulla la libert individuale, bens rende possibile la loro concreta attuazione e conservazione. Lo stato assrobe in s la societ, conservandone la struttura. Le esigenze diverse della vita sociale (e in primo luogo quelle economiche) sono soddisfatte in virt del governo che ne rende possibile la manifestazione; esse non sono sostanzialmente mutate dallo stato, che le rende, piuttosto, autenticamente oggettive, le giustifica e le realizza storicamente. In effetti, la societ che offre i contenuti storici determinati e lo stato non potrebbe trovare le condizioni della sua concreta determinazione se non si riferisse a quei contenuti particolari che sono propri della vita sociale e che costituiscono anche le motivazioni dellagire individuale. Lo stato fa s che il sistema delle esigenze sociali si tramuti in un organico sistema di attivit disposte in funzione del conseguimento di un bene comune. Ci che nella societ contingente risultato di processi associativi particolari, privi di un autentico fine politico, diventa elemento di organizzazione unitaria: e per quanto autentiche, le forme di associazione e di interrelazione che si producono a livello di societ non pervengono mai al carattere della vera razionalit. La societ, con la trama delle sue strutture e larticolazione dei rapporti che essa instaura tra gli individui e i gruppi, fornisce solo il materiale, che, opportunamente negato e mediato, diventa contenuto di libert e di realt storica. Al livello dellordine sociale, agiscono ancora la dura necessit dei bisogni materiali e la disordinata concorrenza degli impulsi e degli interessi particolari. Il dominio dellutile, tuttavia, costituisce una spinta fondamentale per la costituzione della sfera delleticit: questa deriva dal riconoscimento che quel dominio ha bisogno della libert, che, cio, esso deve liberarsi dalla sua necessit stessa, per diventare strumento di civilt per tutti gli uomini. La sfera economica deve essere liberata dagli interessi privati e consegnata alluniversalit etica nel cui ambito avviene la compiuta attuazione della natura umana.212 Il limite che oggi appare pi notevole nella concezione politica hegeliana consiste nel fatto che in essa non trova posto il diritto internazionale. Il riconoscimento dellesigenza della sovranit dello stato fa s che non venga pensata nessuna istituzione etica che possa emergere al di sopra di questa sovranit dei singoli stati, che, cio, non possa venire ipotizzata una organizzazione politica che in s contenga i singoli ordinamenti

degradazione delluomo, al disotto dellanimale (come presso gli Egizii e gli Indiani, i quali onoravano, come le loro pi alte divinit, animali). Questo fenomeno pu, almeno, rendere guardinghi nel parlare di religione; e, anzi, contro di essa, qual in certi aspetti, si esige una forza liberatrice, che prenda cura dei diritti della ragione e dellautocoscienza (Ib.). Dopo avere ricordato che la religione il rapporto con lassoluto nella forma del sentimento, della rappresentazione, della fede, Hegel critica le forme di fanatismo religioso che finiscono per porre a base del comportamento sociale non pi loggettivit delle leggi e dellordinamento dello stato ma la soggettivit della fede e del sentimento. Loggettivo e luniversale, le leggi, in luogo di essere come esistenti e validamente determinate, acquistano la determinazione di un che di negativo, di fronte a quella forma, che nasconde ogni cosa determinata e diviene, appunto perci, soggettiva; e per la condotta degli uomini risulta la conseguenza: al giusto non data alcuna legge; se siete religiosi, potete fare ci che volete, potete abbandonarvi al particolare arbitrio e alla passione; e relegare gli altri, i quali, perci, patiscono il torto, nel conforto e nella speranza della religione, o, ancora peggio, disapprovarli e condannarli come irreligiosi (Ib.). Non la forza, ma la debolezza, ha costituito nei tempi moderni la religiosit come una specie polemica della devozione []. Invece di vincere la propria opinione col lavoro dello studio, e di sottomettere la propria volont alla disciplina, e, quindi, elevarla a libera ubbidienza, miglior mercato rinunziare alla conoscenza della verit oggettiva, conservare un senso di depressione e, quindi, larroganza, e aver, ormai, nella religiosit ogni requisito, per penetrar la natura delle leggi e degli ordinamenti dello Stato, sentenziare sopra di essi e indicare come essi debbano e possano esser disposti: cio, poich siffatta cosa proviene da un cuore pio, in modo infallibile e intangibile; poich, pel fatto che intenzioni e affermazioni assumono a base la religione, non si potrebbe pi obiettare alcunch, n circa la loro superficialit, n circa la loro disonest (Ib.). Dunque, per Hegel, leffettiva realizzazione delluomo nella storia non avviene attraverso la religione ma soltanto attraverso la vita politica, lattiva partecipazione allorganica opera dello stato. Da questo punto di vista, il rifugio nel sentimento e nella fede costituisce una regressione allo spirito soggettivo e assume, ove pretenda porsi nei confronti della societ come un criterio di giudizio, una forma di negativit capace di compromettere la stabilit delle istituzioni civili. 212 In questo senso, Hegel non approva la concezione dello stato che adotta come suo sistema il lberismo economico. Solo il superamento del sistema concorrenziale quale si sviluppa nella societ attribuisce una connotazione etica e politica alleconomia. Cos anche il modello dello stato liberale risultava insufficiente. Lidea hegeliana di stato sorge da una filosofia in cui la concezione liberale dello stato e della societ quasi completamente tramontata (H. Marcuse, op. cit., p. 248). Ma, in quanto lo stato, secondo Hegel, rappresenta listituzione capace di trasformare in superiore interesse comune la concorrenza tra i gruppi sociali, esso non pu essere identificato con quello fascista (che praticamente riconosce il predominio degli interessi borghesi) n con quello socialista (che promuove la dittatura del proletariato). Questi modelli politici rappresentano proprio forme di dominio sullintera societ da parte di gruppi che sono portatori e interpreti di interessi particolari.

statali e ne attui la piena razionalit. Per Hegel, gli ordinamenti statali per s sovrani non rimandano ad altro oltre di s, per cui nessun ordine internazionale che regoli i rapporti tra gli stati e ne dirima le controversie viene previsto o teorizzato. La concezione hegeliana si ferma allo stato come istituzione che ha il carattere della sovranit. Era ovvio che, data questa limitazione di fondo, per Hegel lunico piano in cui si confrontano gli stati in concorrenza tra loro fosse quello della guerra, riconosciuta come male necessario.213 Rimane, tuttavia, che lintera storia del mondo espressione dello spirito oggettivo e che le vicende dei singoli stati si risolvono, in definitiva, in fatti accidentali che non hanno un vero significato in s; e rimane laffermazione dello stesso Hegel che soltanto il diritto dello spirito del mondo lillimitatamente assoluto (Filosofia del diritto, 30). Ci che emerge, dunque, come veramente razionale la storia universale dei popoli e degli stati; e a questa visione deve elevarsi lazione stessa di ogni singolo stato, sulla base della consapevolezza che il mondo storico nella sua unit e totalit contiene la suprema e assoluta verit ( 33). Bisogna tenere presente che il concetto relativo a una entit etica universale coincide, per Hegel, con lidea universale, in quanto genere e assoluto potere verso gli stati individuali, lo spirito, che si d la propria realt, nel processo della storia universale ( 259). Per Hegel, la storia la realizzazione dello spirito nel tempo; e la filosofia della storia riguarda questo cammino che coincide col contenuto storico della ragione. In quanto si attua nel corso della storia, la ragione si configura come spirito del mondo: essa d un senso e una direzione di sviluppo alla manifestazione dellidea nel tempo. Il senso della realt nella sua totalit, cio, anche svolgimento di s nel tempo; perci si configura come soggetto che si viene attuando, come spirito del mondo. Questo non esiste indipendentemente dalle forme concrete e dalle realt particolari in cui si viene via via esprimendo; cos come non pu essere identificato solo con una forma o realt particolare, ma comprende la totalit infinita del suo sviluppo. E questo il vero soggetto della storia; le entit particolari (gli individui, i gruppi sociali, i popoli, gli stati) non sono altro che espressioni di esso e in quanto tali hanno dignit ed efficacia. In realt, gli individui si illudono di essere i protagonisti e gli autori delle loro azioni: questa illusione , in realt, un espediente dellastuzia della ragione, la quale si serve delle passioni e degli interessi di quelle entit per realizzare se stessa.214
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Nelle cose addotte, si trova il momento etico della guerra, la quale non deve considerarsi come male assoluto e come accidentalit semplicemente esteriore, che abbia la sua ragion dessere, per ci stesso accidentale, in quel che si voglia, nelle passioni dei detentori del potere o dei popoli, nelle iniquit etc., in generale, in cosa tale che non deve essere (Filosofia del diritto, 324). Hegel era dunque tanto cinico quanto Hobbes a proposito dello stato borghese, e fin con il rifiutare completamente il diritto internazionale. Lo stato, il soggetto fondamentale che perpetua la societ basata sulla concorrenza, non pu essere legato a una legge pi alta, poich tale legge comporterebbe una restrizione esterna della sovranit e distruggerebbe lelemento vitale della societ civile. Nessun contratto tra stati valido. La sovranit non pu essere limitata da trattati che implicano per la loro stessa natura una reciproca dipendenza delle parti che vi hanno aderito. Gli stati sovrani stanno al di fuori del mondo dellinterdipendenza civile; essi si trovano in uno stato di natura (H. Marcuse, op. cit., pp. 254-255). Marcuse cita questo passo tratto dalla Propedeutica filosofica ( 31): Gli stati si trovano tra di loro in un rapporto pi naturale che giuridico. Vi quindi tra di essi una continua lotta. Gli stati concludono trattati e stabiliscono conseguentemente un rapporto giuridico tra di essi. Daltra parte essi sono autonomi e indipendenti. Il diritto quindi non pu essere reale tra gli stati. Essi possono violare i trattati arbitrariamente, e si trovano necessariamente e costantemente a non avere fiducia luno dellaltro. Poich sono in uno stato di natura, essi agiscono sulla base della violenza: si mantengono e si conquistano i propri diritti attraverso la loro forza, e devono necessariamente gettarsi nella guerra. Hegel stesso, daltra parte, rileva la contraddizione tra il principio della sovranit statale e quello del diritto internazionale in base al quale i singoli stati stipulano trattati tra loro: Il principio del diritto internazionale, in quanto diritto universale, che deve valere in s e per s tra gli Stati, a differenza dal contenuto particolare dei trattati positivi, che i trattati, come quelli, dai quali dipendono le obbligazioni degli Stati tra loro, devono essere osservati. Ma poich il rapporto tra essi ha per principio la loro sovranit, essi sono, pertanto, nello stato di natura gli uni di fronte agli altri, e i loro diritti hanno la loro realt, non in una volont universale costituita a potere, al disopra di essi, bens in una loro volont particolare. [] Non c alcun pretore, arbitro supremo e mediatore tra gli Stati, e anche questi sono soltanto in modo accidentale, cio secondo la volont particolare. La concezione kantiana duna pace perpetua, mediante una lega degli Stati, la quale appiani ogni controversia, e, in quanto potere riconosciuto da ogni singolo Stato, componga ogni dissenzione, e quindi renda impossibile la decisione per mezzo della guerra, presuppone lumanit degli Stati, che dipende da ragioni e riguardi morali, religiosi o di qualsiasi natura; in generale, sempre da una volont sovrana particolare, e, quindi, resta affetta da accidentalit (Filosofia del diritto, 333). 214 Lo spirito del mondo lipostatico soggetto della storia; esso il sostituto metafisico del soggetto reale, il misterioso Dio di unumanit frustrata, nascosto e terribile come il Dio dei calvinisti; il motore di un mondo in cui tutto ci che accade si verifica a dispetto delle azioni coscienti delluomo e a danno della sua felicit (H. Marcuse, op. cit., p. 268). Neppure i grandi protagonisti della storia sono i veri soggetti; essi, infatti, incarnano, in un grado elevato, lo spirito del mondo, sono strumenti e veicoli della ragione che svolge la sua esistenza in relazione ad aspetti determinati

Arte, religione, filosofia Lo spirito assoluto segna il ritorno dellIdea dalla sua espansione oggettiva (come sviluppo nel tempo) alla sua sfera fondamentale, cio alla sua assolutezza e infinit in s. Le forme in cui si esprime lautoconsapevolezza dello spirito assoluto sono larte, la religione e la filosofia. Lo stesso contenuto dellIdea, che ora comprende non solo la struttura della razionalit nella sua articolazione concettuale, ma anche lintero suo svolgimento dialettico, si esprime diversamente in queste forme, che costituiscono, a loro volta, una unit dialettica, caratterizzata dal continuo fluire di una nellaltra. Arte, religione, filosofia rappresentano, cio, tre modalit nelle quali espresso lo stesso contenuto: in questo senso, ci che cambia la modalit della rappresentazione nella quale lo spirito perviene alla piena coscienza di s. Esse riguardano lo spirito assoluto e le sue articolazioni. Ora, perci, ad esempio, la natura non pi qualcosa come una struttura in s, bens considerata nella sua realt vera, cio come momento dello spirito, Idea che si esteriorizzata, momento dello stesso spirito assoluto nel suo svolgimento dialettico. Cos lartista che rappresenta un albero non si limita certamente a raffigurare un oggetto, ma rappresenta simbolicamente un momento dello svolgimento spirituale nei suoi caratteri specifici e in rapporto alla totalit del reale; e se rappresenta un personaggio storico, intende raffigurare lo stesso spirito del mondo nel suo operare nel tempo e la stessa razionalit che in tal modo si attua nella storia. Lo stesso spirito assoluto il contenuto della religione: solo che considerato nella forma propria dellesperienza dellinfinito e dellassoluto, quale si storicamente configurata nelle religioni positive e, in particolare, nella religione rivelata. Anche in questo caso il contenuto lo spirito assoluto, visto specialmente in rapporto con lesistenza umana. Infine, la filosofia considera lassoluto nella forma del sapere concettuale; e, in questo senso, si pu dire che lautoconsapevolezza dello spirito perviene alla piena e completa attuazione di s. Nellambito di ciascuna di queste forme si d una dialettica di momenti diversi, che da una condizione di aggancio allo stato precedente si elevano a una specie di precorrimento della forma successiva. Cos, ad esempio, larte da una originaria intuizione ancora in gran parte immersa nelloggettivit del suo contenuto passa a una situazione di equilibrio di contenuto e forma e, infine, raggiunge un livello di libera espressione della soggettivit. Larte riguarda la manifestazione sensibile dello spirito assoluto. Questa manifestazione avviene nella forma sensibile della bellezza.215 Qui il contenuto ideale assume una forma oggettiva (la forma, appunto, dellopera darte), cio appare come fissato e oggettivato in opere che hanno una consistenza in s e possono diventare, in qualsiasi momento, termini di analisi estetica o di contemplazione. Dunque, la consapevolezza, che presente nel soggetto che produce lopera, viene interamente trasferita nelloggetto stesso, attraverso la compiuta espressione di un contenuto attraverso una forma appropriata.216 Il genio artistico attua questa connessione organica di forma e contenuto, di ispirazione soggettiva e di opera oggettiva: egli crea in modo originale, cio seguendo, s, le regole dello stile, che sono proprie di una determinata arte, ma soprattutto

del suo contenuto storico. La politica, la scienza, larte, la religione, in questo senso, sono forme di questo contenuto: perci hanno una configurazione storica e si manifestano nel mondo. 215 Con questo termine precisa Hegel - noi escludiamo subito il bello naturale. [] Infatti la bellezza artistica la bellezza generata e rigenerata dallo spirito, e, di quanto lo spirito e le sue produzioni stanno pi in alto della natura e dei suoi fenomeni, di tanto il bello artistico superiore alla bellezza della natura. [] La superiorit dello spirito e della sua bellezza artistica di fronte alla natura non per soltanto relativa, ma lo spirito solo il vero, quel che tutto in s abbraccia, cosicch ogni bello veramente bello, solo in quanto partecipe di questa superiorit e da questa prodotto. In questo senso il bello naturale appare solo come un riflesso del bello appartenente allo spirito, come un modo imperfetto, incompleto, un modo che secondo la sua sostanza contenuto nello spirito stesso (Estetica, ed. it. a cura di N. Merker, Torino 1967, pp. 6-7). 216 A questo proposito noi possiamo, conformemente al concetto dellideale e mettendoci anche qui dal punto di vista dellestrinsecazione soggettiva, cos definire la vera oggettivit: del contenuto autentico che ispira lartista, niente deve essere trattenuto nellinterno soggettivo, ma tutto deve essere sviluppato completamente, e in modo anzi che sia lanima e la sostanza universale del contenuto scelto appaiano messe in rilievo, sia la forma individuale di esso appaia in s completamente conclusa e compenetrata da quellanima e sostanza rispetto a tutta la rappresentazione. Infatti la cosa pi alta e pi eccellente non lineffabile, di modo che lartista sarebbe in s pi profondo di quanto non palesi lopera, ma le sue opere siano il meglio dellartista ed il vero; egli ci che , ma non ci che rimane solo nellinterno (Estetica, pp. 326-327).

lispirazione interna che coglie il contenuto proprio dello spirito assoluto ed capace di esprimerlo in una forma unica e irripetibile.217 Hegel distingue tre forme particolari del bello artistico (che corrispondono anche a tre momenti nello sviluppo storico dellarte): la simbolica, la classica e la romantica.218 Nellarte simbolica, la forma non adeguata alla rappresentazione del contenuto ideale;219 nellarte classica, si d una piena commisurazione e la forma aderisce perfettamente al contenuto;220 nellarte romantica, la soggettivit dellartista eccede rispetto al contenuto.221 La vera opera darte deve essere liberata da ogni falsa originalit, poich essa rivela la sua autentica originalit solo con lapparire come lunica creazione propria di uno spirito che uno e che non raccatta n raffazzona nulla dallesterno bens lascia che il tutto, in rigorosa connessione, venga a prodursi da se stesso in un solo getto e in un solo tono, cos come la cosa si in se stessa riunita (p. 333). 218 Larte si realizza e si sviluppa sulla base della fondamentale idea del bello, che, si pu dire, costituisce lelemento primario ed essenziale dellintuizione artistica; pertanto si d, in primo luogo, una forma in cui questa idea prende corpo e trova modo di esprimersi, come forma adeguata al suo contenuto che costituito da un aspetto dello spirito assoluto. Il modo in cui lidea del bello intuita molteplice e diverso, in rapporto allesperienza generale della coscienza, cio a seconda che la coscienza sia ancora in gran parte immersa nelloggettivit esteriore della natura o sia pervenuta alla consapevolezza di s. Perci, per Hegel, si hanno diverse modalit di intuizione dellideale della bellezza, che danno luogo a diverse modalit dellespressione artistica. Sono le modalit specifiche che caratterizzano lintuizione dellidea del bello che concorrono a caratterizzare le forme darte corrispondenti, che, cio, sono realizzate sulla base di tale intuizione. Ma lidea del bello, osserva infatti Hegel come lidea, al contempo una totalit di differenze essenziali, che devono comparire e realizzarsi come tali. Possiamo chiamare ci, nellinsieme, le forme particolari dellarte in quanto sono lo sviluppo di quel che implicito nel concetto dellideale e viene ad esistenza mediante larte. [] Pi precisamente, le forme darte come sviluppo realizzante il bello trovano la loro origine nellidea stessa in questo modo, che essa perviene a raffigurazione e realt mediante quelle e viene ad apparire in una forma reale diversa a seconda che essa per se stessa soltanto in base alla sua determinatezza astratta o in base alla sua totalit concreta. Infatti lidea in generale vera idea solo in quanto si sviluppa per s per prorpia attivit, e, essendo essa come ideale apparenza immediata, ed anzi idea del bello identica con la propria apparenza, in ognuno dei gradi particolari che lideale nel suo svolgimento percorre, ad ogni determinazione interna si lega immediatamente una configurazione reale diversa (Estetica, pp. 339-340). In realt, il modo in cui intuita lidea del bello corrisponde al modo in cui intuito il contenuto che deve trovare espressione proprio in base a quellintuizione medesima. La forma della rappresentazione risulta condizionata da tale intuizione fondamentale. Se, pertanto, il contenuto intuito come un dato immediato del mondo, ci costituisce un limite dellidea del bello, che costituisce lambito proprio in cui avviene lintuizione dello spirito assoluto. Questo non compreso ancora come ideale compiuto, bens colto attraverso il riferimento a un oggetto determinato; e cos necessariamente la forma artistica in cui trova espressione risulta caratterizzata da quello stesso limite. Quindi la stessa cosa considerare in questo sviluppo il procedere come un procedere interno dellidea in s o come un procedere della forma in cui essa si d esistenza. Ognuno di questi due lati immediatamente legato allaltro; la compiutezza dellidea come contenuto appare perci altrettanto come la compiutezza della forma, e le insufficienze della forma si mostrano a loro volta come insufficienza dellidea, la quale costituisce il significato interno per lapparenza esterna ed in questa diviene a se stessa reale. Quando noi, dunque, ci imbattiamo qui in forme darte ancora inadeguate in confronto con il vero ideale, non si tratta di opere darte mancate, nel senso abituale del termine, le quali o non esprimono nulla o non hanno la capacit di essere allaltezza di ci che dovrebbero rappresentare; ma per ogni contenuto specifico dellidea, la forma determinata che il contenuto si d nelle forme darte particolari ogni volta adeguata, e linsufficienza o la compiutezza dipende solo dalla determinatezza relativamente vera o no, quale a s lidea per s. Infatti il contenuto deve essere in se stesso vero e concreto, prima che possa trovare la vera forma bella (p. 340). 219 Nellarte simbolica, lidea del bello in cui colto il contenuto ancora astratta ed indeterminata e si determina solo attraverso riferimenti agli oggetti dati, in modo che perviene solo ad uneco e ad un accordo ancora astratto di significato e forma: chiaro, pertanto, che rimane una distanza tra contenuto e forma e che questa rimane in gran parte legata al mondo degli oggetti (dato che a questo mondo riferita la stessa idea del bello che costituisce il punto di partenza dellintero processo artistico). 220 Lo spirito ora, come soggetto libero, determinato in s e ad opera propria, e in questa autodeterminazione possiede anche nel proprio concetto la forma esterna a lui adeguata, a cui pu riunirsi come con la sua realt a lui adatta in s e per s. [] Larte in tal caso si tanto accostata al proprio concetto da presentare lidea come individualit spirituale immediatamente unita con la sua realt corporea in modo cos perfetto, che innanzitutto lesistenza esterna non ha pi autonomia nei riguardi del significato che deve esprimere, mentre linterno a sua volta mostra solo se stesso nella sua forma approntata per lintuizione, in cui si riferisce affermativamente a se stesso (Estetica, p. 341). 221 In questo caso, lidea del bello coincide con lintuizione dello stesso spirito assoluto come idea in s, priva di ogni riferimento allesteriorit. Essa dissolve cos quella unione classica di interiorit e di apparenza esterna, e se ne ritorna in s. [] per essa, richiedendo il suo contenuto, a causa della sua libera spiritualit, pi di quanto non sia in grado di
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Nellarte simbolica, la forma fornita da un dato immediato dellintuizione sensibile: si assume un oggetto come simbolo per rappresentare qualche aspetto generale della realt o qualche momento della vita dello spirito.222 Nel simbolo bisogna distinguere due aspetti: il significato e la sua espressione, cio il contenuto e la forma sensibile o il segno con cui esso viene rappresentato artisticamente. Il segno non , in questo caso, un dato scelto arbitrariamente, bens unimmagine che gi per s contenga un qualche riferimento al contenuto che sintende rappresentare: cos, ad esempio, il cerchio assunto come simbolo delleternit in quanto esso ha i caratteri della figura di qualcosa di compiuto e perfetto (mentre la linea retta indica ci che illimitato).223 Il segno un dato (unimmagine) particolare, il significato un contenuto universale. Tra questi due termini si stabilisce un rapporto variabile di commisurazione: in questo senso, non si hai la piena corrispondenza tra il simbolo, che, per essere tale, contiene determinazioni sue proprie, e il contenuto rappresentato.224 Le immagini, dunque, hanno bisogno di essere interpretate e comprese nei loro significati: infatti potrebbero alludere a contenuti diversi, e solo il concorso di altri elementi culturali consente di cogliere la loro determinata funzione simbolica.225 Ci che in questo tipo di arte emerge, infatti, proprio il carattere simbolico del rapporto tra la forma e il contenuto, tra limmagine e il suo significato. Qui un aspetto determinato che intuito sensibilmente viene assunto per rappresentare un aspetto universale del reale. Non si tratta, perci, di considerare la funzione simbolica dellarte in generale, ma di vedere come la forma della rappresentazione pu attuarsi mediante lassunzione di unimmagine particolare, tratta dalluniverso sensibile (in che modo, ad esempio, un triangolo pu diventare simbolo rappresentativo di Dio per i offrire la raffigurazione nellesterno e nel corporeo, la forma diviene unesteriorit pi indifferente. Cos larte romantica crea di nuovo, ma da un punto opposto rispetto a quella simbolica, la separazione di contenuto e forma (p. 342). 222 Simbolo in generale unesistenza esterna che immediatamente presente o data allintuizione, ma che non deve essere presa in base a lei stessa, cos come immediatamente si presenta, bens in un senso pi ampio e pi universale (p. 344). 223 In questi generi di simbolo, quindi, le esistenze sensibilmente date hanno gi nel proprio esserci quel significato per la cui rappresentazione ed espressione esse sono impiegate; ed il simbolo, considerato in questo senso pi ampio, non dunque un semplice segno indifferente ma un segno che nella sua esteriorit abbraccia in s anche il contenuto della rappresentazione che esso fa apparire. Al contempo per esso deve portare a coscienza non se stesso come questa singola cosa concreta, ma solo quella qualit universale in s del significato (p. 345). 224 Va poi in terzo luogo notato che il simbolo, sebbene non debba essere del tutto inadeguato al suo significato, come il segno semplicemente esterno e formale, non deve neanche, per rimanere simbolo, farsi ad esso interamente commisurato. Infatti, sebbene per un lato il contenuto, che il significato, e la forma che usata per significato, concordino in una qualit, tuttavia la forma simbolica contiene per s ancora altre determinazioni assolutamente indipendenti da quella qualit in comune che essa ha prima designato (Ib.). 225 Quando, per es., nelle chiese cristiane noi vediamo su di un punto appariscente di un muro il triangolo, riconosciamo subito che qui non si tratta della semplice intuizione sensibile di questa figura geometrica, ma di un suo significato. E altrettanto chiaro che in un altro luogo questa figura non deve essere considerata come simbolo o segno della Trinit. Ma altri popoli non cristiani, che non hanno la stessa abitudine e le stesse conoscenze, si troveranno in dubbio a questo proposito, e noi stessi non potremmo determinare dappertutto con eguale sicurezza se un triangolo va inteso come triangolo vero e proprio o come simbolo (p. 349). In realt, la sfera del simbolico per s inesauribile; e soltanto il possesso di adeguati strumenti interpretativi consente di muoversi nellambito di questo particolare tipo di espressione artistica. Le forme simboliche, infatti, per s non ci dicono nulla e non danno godimento n accontentano nella loro intuizione immediata, ma ci richiedono da se stesse di procedere oltre di esse fino al loro significato, che deve essere qualcosa di pi vasto e di pi profondo di queste immagini (Ib.). Invece questi elementi problematici non condizionano la comprensione dellarte classica: poich qui le figure non rimandano ad altro rispetto a ci che esse di per s rappresentano. In tal modo il senso, - osserva Hegel il significato non se non quello che realmente c nella figura esterna, corrispondendo perfettamente entrambi i lati; invece nel simbolico, nella similitudine, ecc., limmagine rappresenta sempre qualcosa daltro che il mero significato di cui fornisce limmagine (p. 350). Tuttavia, motivi di ambiguit e di dubbio si presentano allorch ci troviamo di fronte alle opere dellarte classica: qui, in particolare, il dubbio riguarda se dobbiamo ammirare quelle figure per il fatto che esse si presentano come gioco pieno di grazia di una felice fantasia o se dobbiamo ancora cercare un diverso e pi profondo significato. A questo proposito, Hegel sostiene lesigenza che la mitologia non sia considerata solo come lespressione della fantasia piuttosto viva ed esuberante del popolo che lha creata, ma che venga, invece, intesa simbolicamente e sia, perci, considerata come un sistema organico e coerente di rappresentazione del mondo. In questo senso egli ricorda particolarmente Creuzer ha ricominciato in tempi recenti, nella sua Simbolica, ad esaminare le rappresentazioni mitologiche dei popoli antichi non pi nella solita maniera, esteriormente e prosaicamente o secondo il loro valore artistico, ma ricercando una interna razionalit di significati. E conclude: Se noi andiamo in cerca della verit interna delle rappresnetazioni mitologiche, senza per perdere di vista anche laltro lato, cio laccidentalit e larbitrio della immaginazione, la localit, ecc., possiamo allora anche giustificare le diverse mitologie (p. 352).

cristiani). In realt, ci che, in questo ambito, risulta elemento di considerazione la commisurazione tra il simbolo e il contenuto: ad esempio, da tenere presente che il triangolo solo su una base di incommensurabilit infinita pu rappresentare Dio. In realt, nellarte simbolica si d sempre un rapporto di relativa incommensurabilit tra la rappresentazione e la realt alla quale essa si riferisce: specialmente limmagine del divino espressa mediante immagini fantastiche, per s inadeguate e approssimative. Hegel distingue diversi gradi nella corrispondenza della forma simbolica al contenuto. A un primo livello troviamo il simbolismo incosciente, proprio di quella fase storica dellesistenza umana in cui la rappresentazione non ancora interamente liberata dalloggetto sensibile e in cui, dunque, il soggetto non domina ancora una sfera concettuale autonoma. Luomo, che non ha ancora questa padronanza mentale delle cose, vive in uno stato di ottusit e di torpore, incapace di distinguere le cose, giacch non si per s staccato e liberato ancora dagli oggetti e dalla loro immediata esistenza singola: perci in un primo momento ancora non appare larte in senso vero e proprio, poich questa legata allo sviluppo della rappresentazione, cio alla consapevolezza che esiste un modo dessere simbolico e mentale delle cose stesse.226 In un secondo momento, si incomincia ad avvertire linadeguatezza tra la rappresentazione e i contenuti universali che sono intuiti;227 e infine si giunge alla consapevolezza del simbolo come mezzo di espressione artistica.228 La seconda maniera in cui si attua larte simbolica riguarda il simbolismo della sublimit. A questo livello, larte animata dallo sforzo di superare la sproporzione tra la forma (le immagini simboliche) e i contenuti che riguardano linfinit divina: il sublime, infatti, deriva dalla tendenza dello spirito a confrontarsi con lincommensurabilit dellassoluto.229 Infine, a un terzo grado, troviamo il simbolimo cosciente, per cui la consapevolezza artistica si mette alla ricerca di modalit simboliche diverse, che hanno la funzione di rendere la rappresentazione pi completa e adeguata ai contenuti; in particolare, per questa via, si ha lespediente di ricorrere a significati riposti che vengono inseriti nella forma artistica: si hanno, cos, la favola,230 la parabola,231 il proverbio, lapologo,232 e poi lenigma, lallegoria,233 e le figure retoriche, in cui i significati sono celati in immagini particolarmente icastiche.234

La prima fase n va detta ancora propriamente simbolica, n fatta rientrare nellarte. Essa apre soltanto la strada ad entrambe, ed limmediata unit sostanziale dellassoluto come significato spirituale con la sua esistenza sensibile, in una forma naturale (p. 361). 227 La seconda fase costituisce il passaggio al simbolo vero e proprio, in quanto questa prima unit incomincia a dissolversi, e da un lato i significati universali si elevano per s oltre i singoli fenomeni, mentre dallaltro devono ritornare a coscienza, in questa universalit rappresentata, sotto forma di concreti oggetti naturali. In questo diretto doppio sforzo di spiritualizzare il naturale e di sensibilizzare lo spirituale, si mostra, in questa fase della propria differenza, tutto quel che vi di fantastico, di confuso, tutto il fermento e lebbra, barcollante mescolanza dellarte simbolica, che sente s linadeguatezza delle sue forme e delle sue immagini, ma non pu rimediarvi che deformando le forme fino alla smisuratezza di una sublimit semplicemente quantitativa. Noi viviamo quindi, in questa fase, in un mondo pieno di pure invenzioni, inverosimiglianze e miracoli, senza che ci imbattiamo in opere darte di autentica bellezza (Ib.). 228 Con questa lotta tra i significati e la loro rappresentazione sensibile noi giungiamo, in terzo luogo, allo stadio del simbolo vero e proprio, in cui lopera darte simbolica si sviluppa per la prima volta secondo il suo pieno carattere. Le forme e le figure non sono pi quelle esistenti sensibilmente che, come nella prima fase, coincidono immediatamente con lassoluto come sua esistenza, senza essere prodotte dallarte, o, come nella seconda, sono in grado di superare la loro differenza nei riguardi delluniversalit dei significati solo ampliando fuor di misura ad opera della fantasia gli oggetti e gli avvenimenti naturali particolari. Ci che ora portato a intuizione come forma simbolica invece una creazione dellarte, che da un lato deve rappresentare se stessa nella sua peculiarit, ma dallaltro deve manifestare non solo quelloggetto singolo, ma anche un significato pi vasto e universale che va con esso associato e in esso conosciuto. In tal modo queste forme ci si presentano come temi che esigono che si sveli linterno in essi nascosto (pp. 361-362). 229 Hegel distingue due modi in cui si manifesta lo sforzo di elevazione allassoluto attraverso larte: uno positivo, per cui la sostanza, in quanto il tutto e luno liberato da ogni particolarit, immanente ai fenomeni determinati come anima che li produce e li vivifica, intuita in questa immanenza come affermativamente presente, colta ed resa manifesta dal soggetto che rinunzia a se stesso immergendosi amorosamente in questa essenzialit immanente in tutte le cose e ci ci d larte del panteismo sublime; e laltro negativo, individuabile specialmente nella poesia ebraica, che esalta linfinit di Dio mettendo in rilievo la finitezza del mondo e delluomo e facendo dellintero creato solo una testimonianza della sua potenza. 230 Hegel compie unanalisi approfondita di questo genere artistico e ne rileva la grande incidenza nello sviluppo della cultura. La favola corrisponde a un preciso momento dello sviluppo della coscienza, precisamente a quella fase in cui la coscienza assume consapevolezza della sua finitezza e si rappresenta attraverso simboli che alludono proprio a tale condizione finita. Il naturale, prima assunto per rappresentare la divinit, viene riportato alle modalit di svolgimento dellesistenza umana attraverso linstaurazione di paragoni tra le due sfere, che sono, peraltro, lasciate

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indipendenti luna dallaltra. In quanto ora quel naturale viene rappresentato e lasciato autonomo, anche lo spirituale un determinato in modo finito: luomo con i suoi scopi finiti; ed il naturale acquista un rapporto se pur teoretico con questi fini, unallusione ed una rivelazione di essi per il meglio e per lutile delluomo (p. 433). Ci troviamo, cio, in una fase in cui luomo acquista intera consapevolezza della sua autonomia di essere finito e sviluppa tale coscienza anche attraverso il paragone con gli aspetti della vita naturale che presentano motivi di affinit o di corrispondenza con gli aspetti del suo essere. Cos con la descrizione di atteggiamenti degli animali o di aspetti delle cose, luomo rappresenta simbolicamente se stesso. Quel che qui dobbiamo prendere in esame osserva Hegel un fenomeno naturale, un evento che contiene un rapporto particolare, uno svolgimento che pu essere preso a simbolo per un significato universale tratto dalla cerchia delle azioni e delle faccende umane, per una dottrina morale, per una massima di saggezza; per un significato, dunque, che ha a suo contenuto una riflessione sul odo come ci si comporta o come ci si dovrebbe comportare nelle cose umane, cio in fatto di volont. Qui non c pi la volont divina che si rivela nella sua interiorit alluomo mediante eventi naturali e la loro interpretazione religiosa, ma uno svolgersi del tutto comune di casi naturali, dalla cui isolata rappresentazione si pu astrarre in modo comprensibile alluomo una massima morale, un avvertimento, una dottrina, una regola di saggezza; e lo svolgersi su accennato viene introdotto ed offerto allintuizione in vista di questa riflessione (p. 434). 231 La parabola ha con la favola questa affinit generale, che essa trae dalla cerchia della vita quotidiana avvenimenti a cui conferisce un significato pi alto e pi generale []. Al contempo la parabola si distingue per dalla favola per il fatto che essa cerca tali casi non nella natura e nel mondo animale, ma nellagire e nelloperare umano [] (p. 441). 232 In questo caso si sviluppa un intero racconto per rappresentare un qualche aspetto generale dellesistenza. 233 Lenigma il mascheramento volontario di una verit conosciuta in una forma simbolica che deve servire da indizio per la scoperta del significato in essa celato. Lallegoria, invece, ha lo scopo di manifestare in modo diretto e immediato alcune verit per mezzo di una rappresentazione simbolica. Anchessa, certo, cerca di rendere intuibili le qualit determinate di una rappresentazione universale per mezzo di qualit affini di oggetti sensibilmente concreti; tuttavia fa questo non in vista di un mezzo velame e per proporre enimmi, ma proprio con il fine opposto della chiarezza pi completa, cosicch lesteriorit di cui si serve deve essere la pi trasparente possibile per il significato che in essa deve apparire (p. 449). 234 In questo tipo di arte simbolica il rapporto tra il contenuto e la forma non stabilito da uno di questi elementi, ma un terzo che scopre una affinit tra di essi e colma linadeguatezza delluna rispetto allaltro. Limmagine, rinunciando a svolgere il suo ruolo proprio di espressione del contenuto, scade a semplice ornamento, a involucro esterno, senza che si pervenga a quella unit che il carattere proprio del bello artistico. Perci Hegel osserva che, in questo caso, si ha un rapporto che non corrisponde al concetto del bello, perch immagine e significato stanno luna di fronte allaltro invece di fondersi reciprocamente, come accadeva, se pure in modo incompleto, nel simbolico vero e proprio (p. 364). Si hanno, perci, a questo livello, opere che non possono dirsi propriamente artistiche, ma di genere inferiore, cio produzioni secondarie. Hegel, dunque, distingue tre manifestazioni in questo ambito pseudo-artistico: a) i generi come la favola, la parabola e lapologo, e in cui non ancora esplicitamente posta la separazione di forma e significato, n messo ancora in rilievo il lato soggettivo del paragonare, per cui dominante rimane la rappresentazione della singola apparenza concreta a partire dalla quale si dovrebbe chiarire il significato generale; b) figure come lallegoria, la metafora e la similitudine, in cui il significato dominante rispetto alla forma; c) i generi, come la poesia didascalica e quella semplicemente descrittiva, in cui la forma quasi estranea al contenuto e, quindi, risulta, rispetto ad esso, semplicemente accidentale e secondaria. Per quanto riguarda le figure retoriche, Hegel rileva, in primo luogo, la differenza tra la similitudine e la metafora, osservando che in questultima il significato non distinto dallimmagine, tanto che esso non messo in relazione mediante la congiunzione come che instaura il paragone. Infatti lespressione metaforica indica un solo lato, quello dellimmagine; ma nella connessione in cui usata limamgine, il significato vero e proprio si presenta cos ovvio da esser dato immediatamente quasi senza diretta separazione dallimmagine. Quando, per es., sentiamo dire le primavere di queste guance, oppure un mare di lacrime, necessario prendere queste espressioni non letteralmente, ma solo come unimmagine, il cui significato ci indicato esplicitamente dalla connessione. Nel simbolo e nellallegoria la relazione di senso e forma esterna non cos immediata e necessaria (p. 454). La metafora un paragone in breve, in quanto, se pur non oppone ancora luno allaltra significato e immagine, ma mette in rilievo solo limmagine, ne cancella per il senso proprio e fa conoscere chiaramente e subito nellimmagine, mediante la connessione in cui essa appare, il significato che realmente si intende, sebbene tale significato non sia indicato esplicitamente (p. 455). Hegel mette in rileivo, quindi, i principali caratteri dellespressione metaforica: la metafora non costituisce unespressione artistica per s autonoma, ma un elemento accessorio che concorre alla definizione della forma complessiva di unopera darte; essa unespressione essenzialmente linguistica e ogni lingua gi contiene una variet di espressioni metaforiche (ad esempio, il significato di alcuni verbi, come cogliere, afferrare, hanno, oltre a quello diretto e principale, un significato che si riferisce al campo spirituale e specialmente alla sfera del sapere); linvenzione poetica di metafore ha la funzione di arricchire la sfera espressiva e di rendere pi agevole la comprensione di significati propri della sfera spirituale attraverso immagini sensibili oppure di elevare i fenomeni naturali al loro significato pi profondo di figure e simboli dei fatti spirituali (come dice Caldern: Le onde gemevano per il grave peso delle navi); la metafora concorre a dare uno spessore

Con lo sviluppo delle forme darte del paragone e specialmente con il poema didascalico si pu dire che larte simbolica entra nella sua crisi definitiva: infatti, il rapporto tra contenuto e forma qui si configura in un modo del tutto esteriore e arbitrario. A questo punto non si ha pi arte, bens si delinea un contenuto al quale viene adattata una veste esteriore che non ha nessuna corrispondenza con esso, un ornamento, cio, che, a sua volta, rivendica la sua indipendenza e una funzione che si risolve nel semplice apparire.235 Larte, per potere tornare ad essere possibile, deve porre di nuovo il problema del rapporto tra il significato e la sua rappresentazione, cercando di conseguire quella piena corrispondenza, per cui la spiegazione del contenuto avvenga gi interamente nellambito della forma, mediante ed entro la sua apparenza esterna. Ma, per questo scopo, avverte Hegel, larte abbandona il piano del simbolico, che caratterizzato proprio

sensibile alla parola (Il vivace consiste nella intuibilit come rappresentabilit determinata che sottrae la parola, sempre generale, alla sua semplice indeterminatezza e la sensibilizza configurandola in immagine, p. 457); la metafora corrisponde al bisogno dello spirito di non fermarsi allabituale e al comune e di oltrepassare questa sfera, intendendo lintera realt nei suoi molteplici aspetti come simbolo e immagine degli atteggiamenti della vita sprituale (cos, ad esempio, nello stesso Caldern troviamo limmagine di occhi che sprizzano fiamme o del sospiro infuocato, e cos via); dunque lespressione metaforica corrisponde alla tendenza del soggetto a vedere se stesso riflesso nelle cose e a considerare le cose come simboli del suo stato danimo; infine, la metafora soddisfa il bisogno dellespressione artistica di riuscire efficace e, in questo modo, stimola la fantasia a creare una grande variet dimmagini. Limmagine, invece, la rappresentazione di un fatto spirituale attraverso un complesso sensibile: in questo modo, il significato costituisce un elemento a s, che soltanto, in base allesplicita dichiarazione dellartista, riconosciuto come il vero contenuto della rappresentazione: Hegel cita la poesia di Goethe Il canto di Maometto, dove, per rappresentare la predicazione del profeta che converte folle intere di popoli, sviluppa limmagine di una sorgente scaturita da una roccia e che con impeto travolgente si diffonde per vasti territori, provocando la nascita di nuove citt. Il contenuto qui un soggetto che agisce, produce oggetti, vive situazioni e viene tradotto in immagine non come soggetto, ma solo in rapporto a ci che fa, compie, gli capita (p. 461). Hegel fa rientrare tutte queste espressioni nella cosiddetta forma darte del paragone e tra esse, accanto alla favola, alla parabola, al proverbio e allapologo, pone le metamorfosi; e intorno a questo genere di racconto sviluppa (come, del resto, per gli altri generi) alcune interessanti osservazioni. Esse sono egli precisa di natura simbolico-mitologica, ma al contempo contrappongono esplicitamente il naturale allo spirituale, in quanto danno a quel che esiste in natura, una roccia, un animale, un fiore, una sorgente, il significato di essere una degradazione e una punizione di esistenze spirituali: per es. Filomena, le Pieridi, Narciso, Aretusa, che per un fatto, una passione, un delitto sono caduti in una colpa infinita o in un infinito dolore, perdendo perci la libert della vita spirituale e divenendo unesistenza solo naturale. Da un lato, dunque, il naturale non viene qui considerato solo esteriormente come montagna, fonte, albero, ecc., ma gli dato un contenuto che appartiene ad una delle azioni o degli eventi provenienti dallo spirito. La roccia non solo pietra, anche Niobe che piange i suoi figli. Dallaltro questo atto umano una colpa, e la trasformazione in semplice fenomeno naturale va considerata come una degradazione dello spirituale (pp. 443-444). Queste trasformazioni, per cui lo spirituale e lumano trapassano nel naturale, va distinto dal simbolismo incosciente, che, come abbiamo visto, considera il divino panteisticamente immerso nella natura e talvolta identifica la divinit con un aspetto della natura stessa. Ovviamente, a questo livello, vi unassimilazione di ci che sommamente elevato, qual il divino, a unesistenza naturale e terrena (come avviene, ad esempio, nellidentificazione, presso gli Egizi, del dio con un astro o anche con un animale o con unaltra forma naturale; invece nel racconto di metamorfosi si ha la distinzione consapevole tra i due elementi che sono oggetto della riduzione. In questo senso, le divinit della mitologia greca si distinguono da quelle proprie del simbolismo incosciente: esse sono il risultato di un processo di spiritualizzazione di aspetti della natura, che, cos, sono elevati a espressioni degli elementi immutabili dellordine cosmico. Il mitologico vero e proprio, osserva Hegel, pur partendo nei suoi miti da una concreta esistenza naturale, il sole, il mare, i fiumi, gli alberi, la fecondazione, la terra, elimina poi per esplicitamente questo elemento semplicemente naturale, in quanto estrae il contenuto interno dei fenomeni naturali e lo individualizza artisticamente, come potenza spiritualizzata, in di configurati umanamente sia allesterno che allinterno (p. 444). 235 235 Nella metafora, nellimmagine e nella similitudine, osserva Hegel, ancora sussiste un nesso tra il contenuto e la forma, tra i sentimenti e le immagini che li rappresentano; invece nel poema didascalico e nella poesia descrittiva viene a cadere qualsiasi relazione logica tra i due termini; mentre prima sono i contenuti stessi che richiedono il confronto con le immagini, sulla base dellesigenza della compiuta adeguazione della forma al contenuto, ora il rapporto stabilito arbitrariamente dallartista. Se un significato, pur formando in se stesso un tutto concreto e coerente, concepito per s come significato e configurato come tale ma fornito solo esternamente di un ornamento artistico, ecco sorgere il poema didascalico (p. 476). Qui abbiamo un contenuto per s organico, al quale viene applicata una forma del tutto estranea e accidentale: dunque non siamo di fronte a una vera e propria opera darte. Analogamente, nella poesia descrittiva abbiamo un contenuto che per s risulta indifferente alla forma che lo rappresenta. Un altro tipo di poesia oggettiva (descrittiva), ricorda Hegel, lepigramma antico, che, come dice la parola, consiste in uno scritto (o componimento) sopra un oggetto dato.

dal problema della commisurazione tra la forma e il contenuto, ed entra in una sfera diversa, che quella della forma darte classica.236 Per Hegel larte classica rappresenta la forma pi propria e perfetta di attuazione dellideale artistico. E, cio, larte per eccellenza, che realizza compiutamente la sua definizione. Qui la forma interamente adeguata al contenuto ed , per se stessa, significativa e oggettiva; il contenuto lideale stesso, che si presenta anche come forma e che , pertanto, luno e laltra insieme, come compiuta rappresentazione sensibile di s attraverso la bellezza. Lo spirito assoluto qui di per s significato e perviene a questa condizione in quanto ha conseguito una forma che lo manifesta (ma nel senso che esso medesimo divenuto questa forma): la forma conseguita sul piano del bello rende, cio, manifesto sensibilmente lo spirito riguardo alle sue determinazioni.237 Nellarte classica lo spirito trova in se stesso la forma corporea che lo rappresenta: il significato, sul piano della piena autonomia dello spirito, ha in se stesso le condizioni del suo apparire sensibile.238 In questo senso, il mondo naturale, il piano dellesteriorit, si presenta come un lato della totalit dellinterno stesso, cio come il perfetto corrispondente del contenuto che sul piano dellautonomia spirituale trova anche la condizione della sua rappresentabilit. Il recupero della forma corporea e naturale avviene nellambito della determinatezza spirituale che divenuta oggetto di rappresentazione artistica; e in questo modo si pu dire che la forma corporea solo lambito di manifestazione dello spirito.239 Hegel individua nella figura umana la forma adeguata per la rappresentazione degli aspetti determinati dello spirito: essa, infatti, quella forma naturale che coincide con lindividualit spirituale che nello stesso tempo determinata e in s autonoma (p. 487). Perci lumano costituisce il centro ed il contenuto della vera bellezza e arte: ma, sintende, la figura La rappresentazione autentica va cercata solo dove la cosa d la spiegazione del proprio contenuto spirituale mediante ed entro la sua apparenza esterna, svolgendosi lo spirituale perfettamente nella sua realt, e non essendo il corporeo e lesterno altro che lappropriata esplicazione dello spirituale e dellinterno stesso. Per prendere in esame il perfetto adempimento di questo compito, dobbiamo separarci dalla forma darte simbolica, perch il carattere del simbolico consisteva proprio nel non potere unire che imperfettamente lanima del significato con la sua forma corporea (p. 480). 237 Infatti la bellezza classica ha come suo interno il significato libero e autonomo, cio non un significato di qualsiasi cosa bens ci che significa e quindi anche spiega se stesso. Esso lo spirituale che in generale fa ad oggetto se stesso. In questo rendere oggetto se stesso lo spirituale ha poi la forma dellesteriorit che, in quanto identica con il proprio interno, perci anche immediatamente il significato di se stessa e si mostra in quanto si sa (Estetica, p. 481). Nellarte simbolica il contenuto (spirituale) , invece, espresso simbolicamente attraverso figure determinate che solo imperfettamente rappresentano aspetti universali dello spirito; accade, perci, che rimane sempre un certo distacco tra il particolare che funge da simbolo rappresentativo e luniversale che il contenuto da rappresentare: per cui come precisa Hegel lisolata esistenza naturale, pure essendo considerata come lesistenza di quella universalit, non era in grado di rappresentarla corrispondentemente, e il contenuto universale cos rappresentato mediante limmediatamente singolo e sensibile non riesce ad apparire in modo adeguato. In generale significato e forma stavano solo in un rapporto di semplice affinit ed allusione, e, pur potendo essere posti in connessione per alcuni aspetti, per altri restavano reciprocamente esterni (p. 482). Nellarte simbolica, dunque, lo spirito come contenuto e significato non riesce a porsi in una condizione di completa autonomia rispetto alla figura sensibile che ha la funzione di rappresentarlo. Questa piena libert e autonomia , invece, conseguita sul piano dellarte classica. Lo spirito interamente se stesso e la forma non costituisce nessun limite per la sua manifestazione, anzi essa lo strumento appropriato perch esso divenga rappresentazione di s. La forma classica, cio, , di per se stessa, rappresentazione dello spirito nella sua universalit ideale. La forma simbolica, invece, conserva i caratteri dellesteriorit condizionante rispetto allinteriorit del contenuto spirituale. Ora, osserva Hegel, linterno viene a coscienza come in se stesso totale e quindi prevaricante sullesteriorit dapprima a lui diversa ed estranea (Ib.). Lo spirito riferimento a se stesso e in s trova le condizioni per il suo manifestarsi: perci esso crea quelle figure nelle quali prende corpo la sua manifestazione. In questo senso agisce la fantasia, che crea larte stessa nella sua forma classica. Lungo la via verso questa liberazione del significato dal sensibile immediato e verso la sua autonomia, ci imbattiamo nella sublimit e santificazione della fantasia (p. 483). 238 Questa totalit in s libera che rimane eguale a se stessa in quel che le altro, a cui essa procede a determinarsi, linterno che nella sua oggettivit si riferisce a se stesso, il vero, libero ed autonomo in s e per s, che nella sua esistenza non rappresenta altro che se stesso. Ora, nel regno dellarte questo contenuto non nella sua forma infinita, non il pensiero di se stesso come lessenziale, lassoluto che diviene a s oggettivo e si fa per s nella forma delluniversalit ideale, ma ancora in unesistenza immediata naturale e sensibile. Ma nella misura in cui autonomo, il significato deve prendere nellarte da se stesso la propria forma e avere in se stesso il principio della sua esteriorit (p. 486). 239 Questa lidentificazione adeguata allo spirito dello spirituale e del naturale. Essa non si arresta alla neutralizzazione dei due lati opposti, ma eleva lo spirituale alla totalit superiore di mantenersi nel suo altro, di porre idealmente il naturale e di esprimersi entro e attraverso il naturale. Su questo genere di unit si fonda il concetto della forma darte classica (Ib.).
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umana ideale (che costituisce, perci, la forma propria dellarte classica).240 Non senza ragione, dunque, questa figura stata scelta dai Greci come punto di riferimento e criterio per ogni rappresentazione artistica.241 Larte classica ha trovato, perci, nella cultura greca il terreno della sua piena e compiuta realizzazione.242 Essa, precisa Hegel, scaturisce solo dalla libert dello spirito a se stesso chiaro (p. 493).243 Ma in quanto contenuto dellarte, lumano, come stato gi sviluppato nel concetto dellideale, sottoposto alla determinazione essenziale di unindividualit concreta e dellapparenza esterna ad essa adeguata, che nella sua oggettivit purificata dai difetti della finitezza (p. 487). 241 Tanto meno la forma darte classica una personificazione superficiale posta solo corporeamente, in quanto tutto lo spirito, nella misura in cui deve costituire il contenuto dellopera darte, passa nella corporeit ed in grado di identificarsi perfettamente con essa. Da questo punto di vista va considerata anche lidea che larte abbia imitato la forma umana. Invero, secondo lopinione corrente, questo cogliere d imitare la figura umana appare unaccidentalit; al che va obbiettato che larte giunta a maturit deve necessariamente raffigurare nella forma dellapparenza umana esterna, poich solo in essa lo spirito acquista lesistenza sensibile e naturale a lui conforme (p. 489). 242 La bellezza classica con la sua infinita estensione di contenuto, materia e forma stato il dono conferito al popolo greco e noi dobbiamo onorare questo popolo per aver creata larte nella sua pi alta vitalit (p. 491). Hegel ricerca le ragioni di questo singolare fenomeno storico e le trova nellarmonia realizzata, presso i Greci, fra la libert soggettiva autocosciente e la sostanza etica (Ib.). Mentre nella situazione politica propria delle monarchie orientali il soggetto scompariva nellunica sostanza universale o in uno qualsiasi dei suoi lati particolari, nella civilt greca lindividuo era in s autonomo e libero, pur senza distaccarsi dagli esistenti interessi universali dello Stato reale e dalla immanenza affermativa della libert spirituale nel presente temporale (p. 492). Luniversale delleticit e la libert astratta della persona allinterno e allesterno rimangono, conformemente al principio della vita greca, in imperturbabile armonia e, nellepoca in cui questo principio anche nellesistenza reale si faceva valere in una purezza intatta, lautonomia di ci che politico non si ergeva contro una moralit soggettiva da essa distinta; la sostanza della vita statale era immersa negli individui tanto quanto questi cercavano la propria libert solo nei fini universali dellintiero. Il bel sentimento, il senso e lo spirito di questa felice armonia pervadono tutte le produzioni in cui la libert greca ha preso coscienza di s e si rappresentata la sua essenza. Perci la sua visione del mondo appunto il centro in cui la bellezza incomincia la sua vera vita ed inaugura il suo regno sereno (Ib.). Lesperienza dei Greci si mantiene nellambito di questa armonia, che, se da un lato consente la piena manifestazione delluniversale vita spirituale nelle forme reali dellesistenza, e se esprime questo ideale di compiutezza nella particolare forma dellarte classica, daltra parte non va al di l di questo piano di serena armonia e non in grado di compiere unulteriore mediazione tra altri o successivi aspetti nei quali si viene a configurare la dialettica del rapporto tra il finito e linfinito. In questo senso, Hegel osserva che la spiritualit greca il centro di un pieno sviluppo della riflessione ed al contempo di unassenza di riflessione, che non isola lindividuo, ma neanche pu ricondurre la sua negativit, il suo dolore, la sua infelicit, allunit positiva ed alla conciliazione (Ib.). In realt, poich, per Hegel, questo ulteriore passo compiuto dalla religione e, in particolare, dal cristianesimo, si pu dire che, presso i Greci, lideale dellarmonia consegue la forma della compiuta realizzazione spirituale e, perci, esso neppure rimanda a unesperienza successiva; e che la forma artistica costituisce lespressione propria di questa compiutezza, tanto che ad essa appare subordinata la stessa religiosit, per cui le divinit si manifestano solo nellambito della forma artistica e nella sfera della bellezza. Nella cultura greca, cio, lideale che in s attua la pienezza dello spirito assoluto la visione armonica delluniverso, espressa in modo mirabile nellolimpo delle divinit. Gli di della Grecia rappresentano, insieme, la compiuta spiritualit e la sua realizzazione e apparizione nellesistenza storica. Lumano , perci, il terreno dellincontro, della realizzata armonia; ma esso, come bene rileva Hegel, non pu reggere interamente il peso dellinfinita mediazione: esso , inevitabilmente, il regno della finitezza e non pu eliminare da s il dolore del distacco, della perdita, dellinadeguatezza. La religione cristiana, invece, compie questa funzione di riscatto dalla finitezza, su un piano in cui ovviamente abbandonato quellideale di serena armonia. A un certo punto, si pu ancora aggiungere in margine alle riflessioni hegeliane, la riflessione greca ha prospettato, specialmente con lepicureismo, il mantenimento di quella serenit attraverso la neutralizzazione dei problemi connessi col rapporto con linfinito, confinando il divino in una regione isolata e per s tale da non potere entrare in rapporto con lumanit. Ma, in questo modo, il limite della finitezza emergeva con tanta maggiore evidenza che essa contribuiva a porre il problema del suo superamento. Per Epicuro e per Lucrezio, come sappiamo, la forma classica dellarte ha il suo corrispondente speculare nella contemplazione dei templa serena rappresentati dagli aspetti dellordine cosmico e nella raggiunta impertubabilit del saggio. Si tratta, da questo punto di vista, di una forma particolare (ma sempre rientrante nella logica della spiritualit greca) di attuazione dello stesso ideale di armonia che domina lintero sviluppo di quella spiritualit. E possiamo dire che come la religione greca la religione stessa dellarte (p. 493), la filosofia greca dominata dallo stesso ideale e dallo stesso problema: pensare (e in qualche modo attuare) larmonia tra il finito e linfinito (si presenti questo nella forma della divinit o in quella del cosmo intero e della sua vicenda di incessante trasformazione). 243 Questa libert riguarda anche lartista. Infatti la sua produzione si mostra come il libero fare delluomo assennato, che sa quel che vuole, cos come pu quel che vuole, e che dunque in chiaro con se stesso rispetto al significato e contenuto sostanziale che vuole configurare per lintuizione, cos come non trova nellesecuzione nessun ostacolo di natura tecnica (p. 493).
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Il contenuto non pi il termine di una tormentata ricerca, ma si d con immediata evidenza ed costituito dalle figure in cui si trova gi espresso il vasto patrimonio delle credenze religiose, della tradizione mitologica, di ci che tuttora costituisce la sostanza dellesperienza spirituale.244 E, analogamente, la forma non costituisce pi un elemento quasi indipendente per s e solo parzialmente significativo, bens ha in s il significato che ha il compito di manifestare.245 La figura umana , nellarte classica, la forma esemplare in cui appare lo Spirito. La forma chiamata ad esprimere in modo adeguato e compiuto il contenuto spirituale. Ma per linfinita soggettivit dellIdea qualsiasi figura determinata inadeguata. Perci si ha il passaggio allarte romantica, dove il mondo spirituale interiore non riconosce nessuna forma definita che possa esprimerlo e il contenuto corrispondente supera loggettivazione della forma. Hegel vede in alcune opere come La sposa di Corinto di Goethe e Gli di della Grecia di Schiller la manifestazione del rimpianto per il tramonto della bella classicit, che appare ormai inadeguata a rappresentare la vita dello Spirito. Lo spirito romantico riconosce se stesso come tale che per esso risulta impossibile racchiudersi in una forma sensibile (come quella naturale delluomo, nellarte classica). La bellezza appare solo come una dimensione spirituale dellinteriorit, come aspetto della soggettivit infinita. Si ripropone cos il problema della inadeguatezza tra la forma e il contenuto. La forma ora non riesce a conciliare tutte le tensioni e lo spirito presenta una vitalit che al di l di ogni forma determinata. Larte classica consegue la serena contemplazione di forme considerate perfette; invece larte romantica attraversata da uninquietudine inappagata e si configura come tensione spirituale verso il conseguimento di una forma espressiva che ha a che fare con un contenuto sfuggente e indefinito. In questo modo, si ha una spiritualit finita che tende allinfinito e che di volta in volta riconosce il limite che inevitabilmente la caratterizza e perci avverte sentimenti contrastanti di dolore, di nostalgia, di ansia, di aspirazione inappagata. Cos le forme naturali non sono pi assunte a rappresentare simbolicamente e sensibilmente gli aspetti della vita spirituale. Questa, infatti, si risolve in una vicenda tutta interiore; perci la storia dellanima che viene a costituire loggetto privilegiato della rappresentazione artistica. Il Dio-Spirito , in primo luogo, il protagonista di questa vicenda che simboleggia lintera sfera spirituale (nella quale luomo inserito); cos lintera storia dello Spirito racchiusa emblematicamente nella vicenda della Passione (la sofferenza della Croce, la morte, la resurrezione); e quindi la rappresentazione si allarga alla storia del cristianesimo e alle sue manifestazioni temporali (di cui un esempio tipico appare la cavalleria medievale coi suoi ideali di fedelt, amore, onore). Hegel segue, in particolare, il processo di Larte simbolica tutta presa dalla fatica di prodursi e di chiarirsi il proprio contenuto []. Perci le manifestazioni dellarte simbolica, che dovrebbero essere esposizioni del contenuto, rimangono soltanto enimmi e problemi, testimoniando soltanto la tensione alla chiarezza e lo sforzo dello spirito che continuamente inventa senza trovare pace e riposo. Di contro a questa ricerca torbida, per lartista classico il contenuto deve essere gi compiutamente esistente e dato, cosicch esso in se stesso gi determinato per la fantasia, rispetto allessenziale, come certo, come fede, credenza popolare o come evento accaduto, tramandato da leggende e dalla tradizione. Lartista, nei riguardi di questa materia stabilita oggettivamente, assume ora questo rapporto pi libero []. Gli artisti greci trassero la loro materia dalla religione popolare []. Egualmente, anche gli artisti cristiani, Dante, Raffaello, hanno solo dato forma a ci che gi cera nelle credenze e rappresentazioni religiose (p. 494). 245 Ma se noi ci chiediamo quale sia la forma determinata che pu entrare in questa unit con lo spirito senza divenire una mera allusione del proprio contenuto, della determinazione che nel classico forma e contenuto devono essere adeguati, sorge anche nei riguardi della forma la richiesta della totalit e dellautonomia in s. Infatti proprio della libera autonomia dellintiero, nella quale risiede la determinazione fondamentale del classico, che ognuno dei due lati, tanto il contenuto spirituale che la sua apparenza esterna, sia in s la totalit costituente il concetto dellintiero. [] La mancanza di questo libero sdoppiamento di s entro la medesima unit introduceva nel simbolico appunto lassenza di libert del contenuto e conseguentemente anche della forma. Lo spirito non era a se stesso chiaro e quindi la sua realt esterna non si mostrava a lui propria, da lui e in lui in s e per s posta. A sua volta la forma doveva essere, s, significativa, ma il significato era in essa solo parzialmente, solo per certi aspetti. In quanto ancora esteriore al proprio interno, lesistenza esterna dava dapprima solo se stessa e non il significato da rappresentare, e perch mostrasse di alludere a qualcosaltro, si doveva esercitare su di essa violenza. E con questa deformazione essa n rimaneva se stessa, n diveniva laltro, il significato, ma palesava solo unassociazione ed una mescolanza enimmatici di aspetti eterogenei oppure, come semplice ornamento strumentale o abbellimento esterno, si tovava dominata dalla nmera glorificazione dellunico significato assoluto di tutte le cose, finch alla fine non era costretta ad abbandonarsi allarbitrio semplicemente soggettivo del paragone con un significato per essa remoto ed indifferente. Se questo rapporto non libero deve risolversi, la forma deve gi avere in se stessa il suo significato, e proprio quello dello spirito. Questa forma essenzialmente quella umana, perch solo lesteriorit delluomo in grado di rivelare in modo sensibile lo spirituale (pp. 487-488).
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mondanizzazione dellamore, che da elemento dellesperienza mistica diventa idealizzazione della donna e poi, nellet moderna, passione travolgente. Il romantico cavalleresco trapassa nel romanzesco moderno, in cui il simbolismo degli atteggiamenti assume una coloritura interiore e psicologica. Al posto delle figure istituzionali del contesto cristiano-cavalleresco subentra la soggettivit con la sua vicenda quotidiana e contingente. Lumorismo un aspetto di questa esplosione del quotidiano nelle sue forme contraddittorie. Poich ogni aspetto del mondo appare come il frutto di unazione arbitraria del soggetto, lartista rappresenta questa capacit soggettiva, ponendosi dal punto di vista dellironia, considerando, cio, ogni forma come una creazione che non ha un riferimento oggettivo stabile ma destinata di volta in volta a essere travolta dal mutevole atteggiamento del soggetto creatore. Il mondo finisce per apparire come lo scenario in cui un libero creatore fa e disfa le sue creature. E lartista intende andare oltre ogni realt possibile, in modo che, a un certo punto, gli viene a mancare loggetto stesso, cio il rappresentabile. In questo modo, lultima fase di sviluppo dellarte romantica coincide con un momento dissolutivo dellarte: sorpassando ogni oggettivit, larte si trova privata del suo contenuto proprio, rimane solo unistanza formale, al di l della quale c la vita, configurata in modo da non potere pi essere oggetto di rappresentazione: Questo momento rappresenta la stessa morte dellarte.

CAPITOLO XXII I critici di Hegel e la dissoluzione dellhegelismo


Schopenhauer Con Schopenhauer si incomincia a profilare la violenta opposizione anti-idealistica, con la quale si pu dire che entri in crisi la concezione razionalistica della realt e della storia, culminata nella filosofia hegeliana. Dobbiamo chiederci perch si avuta una tale opposizione, se veramente lidealismo ha rappresentato il momento culminante nel processo di autogiustificazione teorica della civilt moderna. Lidealismo aveva sviluppato una prospettiva troppo ottimistica; ma i motivi critici erano in qualche modo allinterno di esso e

specialmente della concezione dialettica hegeliana. Gli idealisti, infatti, avevano messo in rilievo i limiti della situazione storica del tempo e la lotta che lumanit avrebbe dovuto affrontare per attuare un ordine razionale. Ad esempio, lo stesso Hegel, come abbiamo visto, insiste sulle contraddizioni, sulle opposizioni insite in ogni momento storico e spirituale, sullo stato di alienazione alla quale pervenuto luomo moderno. Ed era, poi, difficile sostenere che la semplice mediazione dialettica della ragione avrebbe potuto eliminare tutte le contraddizioni, risolvendole in fattori positivi di sviluppo spirituale. Lindagine di Schopenhauer incomincia dalla prima involontaria formazione della nostra immagine empirica del mondo. Tale immagine, infatti, muove dalla percezione come evento fisiologico che finisce per configurarsi come affermazione di una oggettivit esterna. La sensazione si presenta come una modificazione dellio, un evento che appartiene in primo luogo allo stesso sistema dellorganismo senziente. Com possibile che partendo da questo atto puramente soggettivo si giunga ad affermare lesistenza di una realt esterna, configurata come un essere permanente? Una tale realt non pu risultare da una semplice somma degli elementi sensibili. Questi, infatti, non possono avere una sussistenza che non sia quella dellatto della sensazione. Invece la percezione e lintuizione ci danno limmagine di oggetti reali, di un mondo indipendente dallio, fornito di qualit oggettive. Inoltre la sensazione pu cogliere dati immediati n pu giungere a una organizzazione spaziale di essi: occorre che la dimensione spaziale sia intuita a priori e che essa sia la condizione stessa di quellorganizzazione. Cos lanalisi fisiologica del meccanismo della sensazione rimanda allanalisi trascendentale delle condizioni a priori della percezione e dellintuizione degli oggetti. Queste condizioni appartengono allintelletto. I sensi non forniscono che il materiale grezzo che lintelletto elabora per mezzo dei suoi princpi trascendentali, che sono lo spazio, il tempo e la causalit. In questo modo, cos ordinato, il complesso delle sensazioni si converte nella rappresentazione di un mondo fisico retto da leggi uniformi. Questa rappresentazione corrisponde allintuizione intellettuale. Per Schopenhauer scompare la distinzione kantiana tra forme a priori dellintuizione (lo spazio e il tempo) e le categorie (che sono le forme a priori dellintelletto); e il principio di causalit non che lunificazione sintetica dello spazio e del tempo. Nel saggio Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente (la tesi di dottorato, del 1813) Schopenhauer distingue quattro funzioni del principio di causalit: ratio fiendi, come principio dellagire causale proprio dellessere naturale; ratio cognoscendi, come principio dei rapporti tra i termini del giudizio; ratio essendi, come principio della connessione logica necessaria nellambito dello spazio e del tempo (relativo agli enti matematici); ratio agendi, come principio della motivazione interna del soggetto che agisce. Questultima forma di causalit esclude la libert umana. Luomo soltanto un fenomeno tra gli altri fenomeni e soggiace alla legge generale dei fenomeni che la causalit nella forma specifica della motivazione (ratio agendi). Il mondo come rappresentazione il risultato dellattivit percettiva e intuitiva; e questa, a sua volta, espressione della struttura materiale del soggetto, che ha nel cervello il suo organo principale. Ma qual la radice primaria della costituzione fenomenica della realt? Schopenhauer individua questa radice nella volont di vivere. Questa struttura originaria, attraverso il principium individuationis, d luogo al fenomeno degli enti individuali, che, con la loro stessa costituzione fisica e organica, costituiscono orizzonti determinati di rappresentazione del mondo. Ogni essere vivente realizza una specifica rappresentazione del mondo. Per Schopenhauer il reale stesso si costituisce sul piano fenomenico. Loggettivazione un fenomeno radicale, che caratterizza la volont di vivere e investe tutte le forme in cui essa si manifesta. Le idee rivelano il carattere oggettivo delle cose; perci lessenza reale costituita dalla volont di vivere non pu essere oggetto di rappresentazione intellettuale. Cos le relazioni tra gli oggetti (i fenomeni) sono oggetto di conoscenza secondo il principio di ragione. Al di l della rappresentazione sviluppata nellambito della scienza razionale, rimane la relazione delloggetto con la volont di vivere (la cosa in s): e tale relazione non oggetto di conoscenza scientifica. Se la prima maniera di considerare le cose (come oggetti in relazione tra loro) corrisponde a una linea orizzontale che corre allinfinito, la seconda maniera corrisponde alla verticale che taglia laltra in qualsiasi punto. La linea che congiunge linsieme dei fenomeni con la cosa in s non stabilisce una relazione tra fenomeni ma esprime ladeguazione del fenomeno alla cosa stessa. Il rapporto del fenomeno con la cosa in s oggetto della rappresentazione artistica. Larte si riporta alla volont di vivere e ne rappresenta il dinamismo. Schopenhauer stabilisce una gerarchia tra le arti, corrispondente allo sviluppo del rapporto tra la cosa in s e il fenomeno. Ci sono arti che privilegiano la rappresentazione degli oggetti e arti che si concentrano sulle forme universali in cui la cosa in s si esprime. Ad esempio, la tragedia rappresenta la manifestazione della volont di vivere nellesistenza umana, mentre la musica rappresenta il graduale organizzarsi della vita, a partire dalle forme della natura inorganica fino alle forme pi alte e complesse della coscienza umana.

La contemplazione artistica costituisce il primo momento nel processo di liberazione delluomo dalla volont di vivere quale si dispiega nelloggettivit fenomenica. Il secondo momento costituito dallelevazione dellindividuo a una prospettiva etica, di distacco dai beni connessi con la vita individua e di ricerca di beni che abbiano un significato per lumanit intera. Il primo gradino in questo processo la giustizia, cio il riconoscimento della uguale dignit degli altri, che nel mondo fenomenico porta ad atti di riparazione di eventuali violazioni del diritto naturale e, sul piano pi alto della cosa in s, attua la liberazione dal principium individuationis come criterio dellagire. Un grado pi alto lamore che sorge dalla compassione. Esso attua la negazione della volont di vivere attraverso il sacrificio disinteressato di s e della propria vita per gli altri. Secondo Schopenhauer, luomo afflitto da un male radicale, da una condizione di colpa originaria, determinata dalla volont dellindividuo separato. La liberazione consiste nel progressivo annullamento di questa volont che espressione dellaffermazione egoistica dellindividuo. Il livello pi alto, in cui si compie il superamento della volont di vivere, lascetismo, basato sulla rinuncia ai beni materiali e a ogni cosa che sia espressione della vita individuale. Lascetismo elevazione a uno stato di fusione con tutte le cose, per cui si avverte il dolore di tutti gli esseri e, infine, lesperienza della fusione si tramuta in senso mistico di beatitudine. Schopenhauer ci rinvia allesperienza delle religioni orientali, specialmente del buddismo, ma anche alle biografie cristiane dei santi, allascetismo monastico, agli scritti dei mistici e, in particolare, alla teologia tedesca, che considera come la forma pi completa e consapevole della noluntas. Kierkegaard La critica di Kierkegaard alla dialettica hegeliana si collega direttamente alla critica a Hegel di Adolf Trendelemburg. A proposito del primo passaggio fondamentale della logica hegeliana, quello dallessere e non-essere al divenire, il Trendelemburg osservava che i primi due concetti indicano delle astrazioni rigide, tali da non legittimare linterpretazione dialettica introdotta da Hegel.246 Analogamente, Kierkegaard individuava nella illegittima introduzione del movimento nella logica il principale errore di Hegel: la logica riguarda determinazioni concettuali stabili e rapporti necessari, univocamente definiti; essa, in tal modo, riguarda una dimensione astratta, nella quale non possono avvenire trasformazioni e passaggi; considera, cio, lessere immobile e non pu comprendere il movimento dellesistenza. I rapporti logici, cos, si basano sullinclusione del predicato nel soggetto e sulla continuit fra i momenti del processo logico. Lesistenza, che comprende la sfera del movimento e riguarda i processi di formazione e trasformazione, sfugge alla rigida determinazione della logica: essa riguarda passaggi che non si spiegano attraverso la pura e semplice inclusione del predicato nel soggetto: lesistente non pu essere dedotto per via puramente logica, come sono dedotte le leggi della geometria e, in genere, come sono dedotti gli enti matematici. Il divenire dominato dal principio della libert o della casualit: esso non costituito da una serie continua di eventi e di cose rigidamente concatenati secondo una sequenza logica, ma essenzialmente caratterizzato dalla discontinuit e dalla novit. La logica, dunque, non pu giustificare il divenire, e questo non pu essere compreso da un ordine puramente logico. Logico solo un sistema chiuso e interamente predeterminato, in cui nulla si produce e nulla effettivamente diviene. Ogni tentativo della filosofia speculativa, condotto col metodo della logica, di dedurre il molteplice dallidentico e il movimento dallimmobile, cos come di risolvere il molteplice nelluno e il movimento nellimmobilit, una vera e propria trasposizione in altro genere (secondo lespressione di Aristotele, il quale giustamente aveva sottratto il movimento a ogni riduzione concettuale, non identificandolo con una categoria particolare, perch in qualche modo le interessa tutte). Mentre lessenza, dunque, costituisce la sfera del necessario, nella quale nulla diviene, lesistenza la sfera del divenire ed caratterizzata dal movimento reale. Lesistenza comprende il divenire, il contingente e la storia. Kierkegaard nega che lesistenza possa costituire oggetto di conoscenza; il conoscere riguarda essenzialmente lessere: perci Hegel ha inteso fare del reale nella sua totalit loggetto del sapere assoluto. Il divenire, in quanto sfera della libert, della casualit e della contingenza, non rientra nella determinazione dellessere: lesistenza la conseguenza di un atto di trascendimento. Tra lessere e lesistenza si pone una distanza incommensurabile: si pone, infatti, lindefinita sfera della possibilit. Lesistenza non deriva dallessere bens dal possibile. Soltanto attraverso un evento unico e irripetibile pu essere colmata la distanza tra lessere e lesistenza; ci che scioglie il nodo dellincommensurabilit un fatto:
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Cfr. G. Lukacs, La distruzione della ragione, tr. it., Torino 1959, p. 254.

il fatto storico che Dio esistito in forma umana. Solo la fede nel Dio-Uomo pu costituire la via per la comprensione dellesistenza (di una comprensione, ovviamente, che travalica ogni logica). Perci, per Kierkegaard, la forma propria dellesistenza lesperienza religiosa incentrata nella fede cristiana. Al di fuori di questo stadio, lesistenza rimane un enigma, per il quale si pongono soluzioni illusorie: la ragione, infatti, prescinde dalla trascendenza in cui si colloca lesistenza e considera il reale nei suoi aspetti universali e astratti. In Aut-Aut, pubblicato nel 1843, Kierkegaard ha delineato le forme inautentiche dellesistenza, individuate nello stadio estetico e in quello etico. Lopera comprende vari scritti, raccolti in due parti: lautore finge, infatti, di avere trovato dei manoscritti di filosofia della vita e di averli ordinati in Carte di A e Carte di B, poich nel primo gruppo svolta una concezione estetica della vita e nel secondo una concezione etica. Il primo gruppo si apre con i Diapsalmata, una introduzione sul modo estetico di condurre lesistenza; seguono sette dissertazioni su Gli stadi erotici immediati, ovvero il musicale erotico e infine Il Diario del seduttore. La prima sezione analizza il significato del Don Giovanni mozartiano, che simboleggia appunto lo stadio del piacere immediato, configurato come flusso di una sensibilit che continuamente muta e non si posa su un oggetto, ed perci sempre inappagata e presa dalla sua inquietudine. Questa condizione ha la sua espressione compiuta nella musica, considerata come larte propria dellimmediatezza sensibile. In una sua prima forma, questa esperienza si alimenta di se stessa, senza proiettarsi verso un oggetto esterno: Cherubino, il saggio de Le nozze del Figaro, rappresenta questa modalit in cui il desiderio non ha ancora acquistato autonomia dal suo oggetto e fa tuttuno con esso; il personaggio, che canta con voce femminile, vive nella contraddizione per sente di non potere desiderare la femminilit (di cui pure ha lidea) nella sua realt individuale, per cui rimane a sognare oscuramente quello che ha, a desiderare malinconicamente quello che possiede.247 Invece in Papageno, nel Flauto magico, il desiderio si desta e si separa dalloggetto; da ci consegue che esso strappato dal suo sostanziale riposare in se stesso, per cui si disgrega in una molteplicit. Cos il personaggio, nel momento in cui cerca di scoprire la donna effettivamente desiderata, non trova il vero e proprio oggetto di questa scoperta, ma mentre cerca loggetto che vuole scoprire scopre il molteplice.248 La figura di Don Giovanni, poi, rappresenta la sintesi di questi due momenti e cio lattuazione dellimmediatezza erotica, in cui il soggetto appagato dal suo stesso continuo cercare e il molteplice mai definito si configura come la medesima sostanzialit. Il Diario del seduttore riflette la inesplicabile e improvvisa rottura del fidanzamento di Kierkegaard con Regina Olsen (nel 1841) ed la rappresentazione poetico-psicologica di un rapporto amoroso basato sul principio teorico della vita estetica: Giovanni il Seduttore sviluppa con le sue arti raffinate e crudeli una fanciulla, Cordelia, squisitamente sensibile e intelligente, fino ad abbandonarla deliberatamente quando essa persuasa della banalit borghese matrimonio e ha deciso di darsi liberamente a lui, al di fuori delle convenzioni sociali; egli, cos, intende lesperienza erotica come via di assoluto dominio sulla stessa interna vita sentimentale delle figure femminili verso le quali rivolge il suo diabolico potere. Nelle Carte di B, il punto di vista etico sviluppato in contrapposizione a quello estetico in due lettere sulla Validit estetica del matrimonio e sullEquilibrio fra lestetico e letico nello sviluppo della personalit, cui segue una predica di un pastore di campagna sullEdificazione insita nel pensiero che contro Dio noi abbiamo sempre torto. Kierkegaard pone a confronto estetica ed etica, impersonate nelle figure di un esteta raffinato e intelligente e un suo buon amico moralista che vuole convertirlo. Il soggetto che vive esteticamente, ricercando sotto tutte le forme il piacere e il godimento, si presta a tutte le trasformazioni, scinde la sua personalit in una serie di figure effimere. In questa dispersione egli ritiene di vivere la pi splendida delle esistenze, che gli consente di assaporare tutti i doni della vita. Letica, invece, richiama luomo alla responsabilit della scelta, a calarsi, cio, in una condizione determinata e socialmente significativa. La vita, del resto, non pu continuare nel giuoco infinito delledonismo fine a se stesso, anche perch il suo vero motivo di forza consiste nella costituzione di una personalit definita. Lestetica riguarda uno stato immediato, naturale, delluomo; e solo attraverso la scelta etica luomo ci che diventa, esce dallimmediatezza naturale, per darsi unesistenza. Lesteta vive nel momento, nellimmediatezza dellistante, e considera la vita come un felice stato naturale, di cui si deve godere; ma nella continua ricorsa del piacere, prova la vanit della gioia che cerca e infine si abbandona alla malinconia che madre di tutti i peccati, perch il peccato di non volere. Ci che lesteta teme e fugge la continuit, la coerenza; invece queste sono caratteristiche della vita etica. Ma com possibile la conversione dallestetica alletica? Bisogna cercare la radice della personalit, poich al fondo del nostro essere vi qualcosa che assoluto in rapporto a tutto ci che . Bisogna scegliere questo io assoluto e lottare per la sua attuazione. La scelta segue alla disperazione del finito, al sentimento che linfelicit ha la
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Aut-Aut, tr. it., ed. Adelphi, vol. I, p. 144. Aut-Aut, cit., p. 147.

sua causa nel molteplice che fuori di noi. La conversione, quindi, avviene a partire da un decisivo ritorno allinteriorit: qui si scopre lassoluto da scegliere la stessa propria personalit, lio che pu contrapporsi al molteplice esterno e temporale. Cos lio che vive nella storia e nel tempo si scopre insieme finito e infinito, legato alla contingenza e insieme valore assoluto. Dopo la scelta, il soggetto rimane, s, un individuo determinato, legato a un contesto ben definito, ma, insieme, un assoluto, capace di riportare ad unit il molteplice contingente. Il soggetto etico non distrugge la sua realt storica, bens si riconosce in essa: non il saggio greco, che dissolve la sua personalit in unastratta ragione universale, n il mistico cristiano, che rifiuta il mondo e i suoi doveri di padre di famiglia e di cittadino. Se lambito proprio della vita estetica il piacere immediato, fuori di ogni legge sociale, la visione etica fa perno intorno allamore coniugale sancito dal vincolo del matrimonio. Il soggetto etico vede nellaltro lelemento positivo che capace di conciliarlo col mondo.249 Lo stadio etico dellesistenza, irrimediabilmente legato alla finitezza, si presenta, per, limitato e contraddittorio. La scelta dellio si configura come una colpa, in quanto affermazione del finito nei confronti dellinfinito ed , quindi, espressione di una volont di realizzare e risolvere linfinito nella finitudine della storia. Il soggetto, che cerca di realizzarsi autenticamente, cio nel rapporto reale con linfinito, si riconosce colpevole: col pentimento, perci, assume come colpa la sua realt storica e accetta la responsabilit della colpa dei suoi simili. Col pentimento, la vita etica entra in conflitto con se stessa e mostra le radici della propria dissoluzione: il soggetto non trova pi energie per lazione, poich il pentimento il segno della nuova scelta, cio della scelta dellinfinito e dellassoluto e quindi della crisi della scelta della finitezza storica.250 Lepisodio biblico di Abramo che riceve da Dio lordine di sacrificare il figlio Isacco indica emblematicamente il salto nella fede. Quellatto, contrario a ogni legge morale, manca di qualsiasi giustificazione, eccetto lordine di Dio, che Abramo solo ha percepito e di cui solo capace di valutare lautenticit, nellangoscia di un dramma senza testimoni. Vi , dunque, una possibilit di andare al di l delletica, e tale possibilit la fede, in cui il singolo sottratto allimpero della generalit ed posto a tu per tu con Dio, in una immediatezza che non quella del sentimento ma che posteriore al pensiero. Ome al di l delletica, cos pure la fede al di l dellinteriorit pura di una rassegnazione infinita che rinuncia

Kierkegaard vede nella donna questo elemento positivo. La donna ha, infatti, un talento innato, una disposizione originaria a conferire un senso al finito; essa, perci, sempre in armonia con lesistenza. La donna , perci, in un certo senso, pi perfetta delluomo; chi spiega qualche cosa, infatti, ben pi perfetta di chi cerca la spiegazione; e la donna spiega con la sua presenza il senso del finito, mentre luomo, per la sua essenza, anela allinfinit. La donna rifugge dal pensiero e le sono risparmiate, quindi, langoscia e la disperazione del dubbio. Poich spiega la finitezza, essa radica luomo nel finito della sua condizione: Senza la donna luomo uno spirito inquieto che non trova pace in nessun luogo. La donna , dunque, il simbolo della finitezza positiva, che si esprime nella condizione storica e si realizza nella comunit: il matrimonio il legame che riannoda lo spirito al mondo e alla vita sociale. 250 Per gli studiosi di Kierkegaard sorge il problema di stabilire il rapporto tra lo stadio etico in Aut-Aut e il successivo stadio religioso. Franco Lombardi (Kierkegaard, Firenze 1936) sostiene che il passaggio o la dissoluzione delletica nella religione viene da Kierkegaard accentuato negli scritti posteriori, se anche immediatamente successivi, e non gi nei primissimi, per quanto se ne possa vedere il principio in essi (p. 112). Pochi mesi dopo la pubblicazione di Aut-Aut, infatti, Kierkegaard pubblica Timore e tremore, in cui larmonia tra etica e religione definitivamente rotta e la relione si pone nel pi aspro e crudo contrasto con letica, come dimostra il richiamo dellesempio biblico del sacrificio di Isacco. Daltra parte, leditore e traduttore tedesco Schrempf ritiene che la visione etico-religiosa di Aut-Aut sia la pi alta alla quale Kierkegaard per allora si spinge e che racchiuda insieme la sua comprensione del cristianesimo in quel periodo. In questo senso, gi lintera visione della dinamica esistenziale sarebbe gi presente nellautore di Aut-Aut e se, successivamente, egli insiste a illustrare specialmente i temi propri dellesperienza religiosa, perch degli altri stadi egli ha trattato specialmente in quella prima opera fondamentale, oltre che per il fatto, che sembra abbastanza ovvio, che lo stadio dellesistenza autentica racchiude una problematica pi ampia e complessa. Kierkegaard considera i tre stadi come ognuno fornito di una sua logica autonoma e come essenzialmente costitutivi dellesistenza che, in primo luogo, ha il carattere della finitezza. Perci egli descrive con tanta ricchezza di dettagli labbandono dellindividuo alla gioia dellattimo e, poi, esalta i vantaggi della vita sociale nella visione etica della vita. Abbiamo nelle sue opere come stato notato un progressivo allontanamento dalla mondanit, dalla storicit e dalla natura, ma questa progressione di rinuncia e di ascesi non una ripulsa che nasca dal risentimento e non colga quindi il valore di ci che vien negato, bens un superamento esistenziale e cio la conquista, non meramente logica, ma di tutto luomo nelle sue radici volitive e metalogiche, di una pi alta condizione di vita. Il momento estetico e il momento etico, prima di negarsi e dissolversi nel momento religioso, sono e valgono per se stessi, quali forme categoriali imperiture della vita umana, che, se pur tende verso leterno, muove e trascorre nel finito, che quindi un suo passaggio obbligato che non si pu n si deve evitare (Remo Cantoni, Kierkegaard e la vita etica, in S. Kierkegaard, Aut-Aut, tr. it., Milano 1956, pp. 23-24).

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al mondo. Abramo, leroe della fede, dopo avere rinunciato a Isacco, lo ottiene in questo mondo stesso: la fede, dunque, non fa perdere il mondo, ma permette di riconquistarlo autenticamente.251 Questo motivo ritorna nellopera La ripetizione. Saggio di esperienza psicologica di Constantin Constantius (1843). E impossibile ritrovare le esperienze passate a livello estetico-mondano; di tali esperienze si ha solo il ricordo; ma il ricordo rende pi infelice chi ricerca il passato, poich esso legato alla malinconia del rimpianto. Solo su un altro piano ci che stato vissuto pu essere recuperato: come Giobbe infine si riconcili col Signore ed ebbe, raddoppiato, ci che aveva perduto, cos a ognuno dato di tornare a possedere il mondo, dopo avervi rinunciato, nellesperienza religiosa della fede. Sul piano religioso possibile, dunque, la ripetizione: su tale piano tutto ci che dominio dellesperienza passata ritorna in modo autentico; la vita si presenta autenticamente solo a chi capace di ripercorrerla attraverso la fede. Cos lo stadio estetico e lo stadio etico dellesistenza assumono autenticit in quanto sono ripresi, ripetuti sul piano dellesperienza religiosa. La ripetizione garanzia di eternit: essa rappresenta il vero modo in cui si realizza linfinit delluomo. Laspirazione alla ripetizione, come componente della psicologia umana, esprime laspirazione allinfinito; solo la fede che colma labisso che separa il finito dalla trascendenza consente di considerare il mondo e il finito sotto il punto di vista dellinfinito. Il problema del rapporto tra fede e sapere affrontato nelle Briciole filosofiche, opera pubblicata nel 1844 sotto lo pseudonimo di Giovanni Climacus, famoso eremita del Monte Sinai. Kierkegaard ribadisce, il contrapposizione alle tendenze hegelianizzanti del tempo, il carattere sovra-razionale del cristianesimo: Nel I capitolo, Ipotesi fittizia, egli osserva che la funzione maieutica di cui parla Socrate essenziale, poich, essendo il concepimento (del pensiero) funzione divina, luomo non pu fare altro che aiutare il parto. Ma se con laiuto della maieutica luomo scopre la verit, vuol dire che egli, prima del momento della scoperta, fuori della verit, egli stesso non-verit. Se il discepolo nella condizione di non-verit (cio di peccato), il maestro assume i caratteri di salvatore, liberatore, redentore, giudice. Ma un tale maestro non pu essere umano: egli deve essere la verit stessa, per poterla donare (e cio donare se stesso) al discepolo, insieme alla condizione (la fede) di poterla accettare. E listante della scoperta (che rivelazione), lattimo del passaggio dalla non-verit alla verit, avendo insieme i caratteri del temporale e delleterno, sar la pienezza del tempo. Il discepolo, luomo svegliato alla verit, luomo niovo, prodotto di una conversione, che si presenta nello stesso tempo come coscienza piena della propria condizione e come rinascita. Nel II capitolo, che comprende un Saggio poetico, si tenta di presentare, attraverso una favola simbolica, il modo in cui pu avvenire lammaestramento da parte di Dio: occorre che Dio si faccia uguale al discepolo e gli appaia sotto forma di servitore, proprio per testimoniare il carattere singolare, metastorico, miracoloso dellincontro. Nel III capitolo, il Paradosso assoluto del pensiero chiarito ulteriormente: il pensiero, come frutto dellintelligenza, deve essere negato, se si vuole raggiungere loggetto verso cui esso tende; luomo vuole scoprire la verit con il pensiero, ma la verit pu essere solo rivelata, dato che essa trascendenza rispetto al dubbio e alla ricerca; cos lintelligenza deve rischiare la perdita di s, per attingere il paradosso dellassoluto (una verit che al di l dellopinione/pensiero). Se lintelligenza accetta la perdita di s e sincontra con lassoluto in mutua comprensione, si ha la fede; ma se lintelligenza non accetta il paradosso perch assurdo, nasce una passione dolorosa, che si presenta come scandalo del paradosso. Ma quanto lintelligenza, nellatto dello scandalo, afferma del paradosso, in realt lo deriva da questo, e solo per una illusione acustica essa sillude di averlo scoperto da s: il paradosso index et judex sui et falsi. Anche in questo caso, dunque, Dio si fatto maestro. Il capitolo IV approfondisce questo motivo del Dio maestro e servitore che, attraverso la fede, interviene nel mondo storico e in tale dimensione, finita e temporale, rende possibile la verit. Nellultimo capitolo, Il discepolo di seconda mano, Kierkegaard dimostra che, dato il fatto fondamentale della presentazione storica del Dio-maestro, anche laccettazione del fatto storico possibile mediante un atto di fede. Del 1844 anche Il concetto dellangoscia, pubblicato con il sottotitolo Semplice meditazione psicologica preliminare al problema dogmatico del peccato originale e sotto lo pseudonimo di Virgilius Haufniensis. In questopera lo stadio religioso illustrato nei suoi caratteri peculiari. Se la conclusione di Aut-Aut era che luomo ha sempre torto di fronte a Dio, qui viene approfondito il torto delluomo, che il peccato, ci che separa luomo da Dio e che si presenta come una distanza abissale, il cui sentimento peculiare langoscia. Il divieto divino rende inquieto Adamo perch sveglia in lui la possibilit della libert (cio Adamo scopre che pu infrangere il divieto): la possibilit si presenta come assenza di essere e come ignoranza che produce angoscia. Nellignoranza di ci che pu, Adamo possiede il potere nella forma della pura possibilit; e Cos Kierkegaard, se avesse fede, potrebbe riottenere Regina, dopo avere rinunciato a lei. Timore e tremore rappresenta, quindi, il momento in cui Kierkegaard cerca una riaffermazione del mondo, superando lo stato della rassegnazione conseguente alla rinuncia.
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lesperienza vissuta di questa possibilit , appunto, langoscia. Dallangoscia deriva il passaggio delluomo da uno stato di indifferenza naturale allo stato spirituale vero e proprio: prima di impegnarsi di fronte al bene e al male, luomo scopre labisso della possibilit.252 Langoscia connessa col possibile e questo corrisponde allavvenire: dunque con langoscia nasce il tempo, che si presenta in primo luogo come avvenire. La Sinistra hegeliana Nel 1822 usciva unopera di Hinrichs sulla religione, con una lunga prefazione di Hegel, che precisava il suo punto di vista intorno al problema dei rapporti tra filosofia e religione. Hinrichs sosteneva il principio della coincidenza di ragione e fede (contro gli indirizzi allora dominanti nellambito della filosofia della religione: razionalismo, soprannaturalismo, teologia del sentimento religioso); ed Hegel ribadiva la tesi sostenuta nelle Lezioni di filosofia della reliigone, che, cio, tra filosofia e religione si ha identit di contenuto (entrambe considerano lo Spirito assoluto) ma differenza formale. Nel 1929 negli Annali berlinesi usciva una recensione di Hegel a unopera di Goschel, in cui si cercava di conciliare lopposizione tra il nonsapere (Jacobi) e il sapere assoluto (razionalisti) attraverso un termine medio che era identificato nella stessa filosofia hegeliana ed era indicato come credere e sapere. Hegel elogiava il tentativo di Goschel e proclamava la concordanza della sua filosofia con lortodossia evangelica. In quello stesso periodo Hegel stava elaborando un corso di lezioni dedicate allesposizione delle prove classiche dellesistenza di Dio, mentre, analogamente, mostrava di spostarsi su posizioni ortodosse anche in politica, criticando il parlamentarismo inglese, incapace di attuare unorganica conciliazione di interessi opposti (con la contrapposizione tra i partiti e tra il governo e le opposizioni9 ed esaltando lorganica razionalit dello stato prussiano. Nel novembre del 1831 Hegel terminava la prefazione alla seconda edizione della Logica e dopo pochi mesi moriva. I discepoli di hegel formavano allora un gruppo abbastanza compatto, impegnato a difendere lortodossia filosofica del maestro: di quel gruppo, che costitu la Destra hegeliana, facevano parte Rosenkranz, Michelet e Bruno Bauer (che in seguito passer alla Sinistra). Il punto di vista di Hegel sulla religione, in realt, dava adito a due opposte interpretazioni: da una parte, lo schema metafisico che doveva servire a conciliare il dogma con la filosofia, cio la coincidenza del Soggetto con la Sostanza (dello Spirito assoluto con Dio), riusciva, in qualche modo, a spiegare alcuni aspetti del problema religioso, come il rapporto tra uomo e Dio, tra finito e infinito, limmortalit, la personalit di Dio, Cristo, la redenzione e la grazia; daltra parte, la concezione dialettica hegeliana legittimava una certa subordinazione della religione alla filosofia (secondo la quale Dio lo Spirito assoluto, che si attua nella storia). Nel 1835 usciva a Tubinga il primo volume della Vita di Ges di David Strauss (e pochi mesi dopo usciva anche il secondo volume), il quale gi negli Annali berlinesi aveva pubblicato una recensione di alcuni studi biblici, sostenendo lesigenza di uno studio critico delle fonti bibliche, per individuare il significato dei racconti ivi contenuti. Nella sua opera, Strauss si propone, perci, una tale critica e, quindi, analizzava il significato dogmatico della vita di Ges, cercando di dimostrare che essa era in gran parte il risultato di una costruzione mitica per opera della collettivit ebraica che vedeva soddisfatta lattesa messianica. Strauss riprendeva il concetto hegeliano di identit di contenuto tra filosofia e religione, rilevando che nella dogmatica cristiana era espressa una verit speculativa, cio lidea dellunit sostanziale della natura divina e di quella umana: Cristo non sarebbe altro che il simbolo di questa unit, che non si realizza in un singolo individuo (sia pure esemplare come lo stesso Ges), bens soltanto nello spirito dellintera umanit.253 Negli scritti coi quali Strauss ribatt le critiche che gli erano mosse troviamo, tra laltro, alcune precisazioni sui suoi rapporti con la scuola hegeliana: Hegel probabilmente non avrebbe approvato la sua critica (sosteneva), ma questa in realt rispondeva pienamente allo spirito della concezione hegeliana in tema di filosofia della religione. Egli notava, poi, che in rapporto alla divergenza di vedute sul problema della Linnocenza ignoranza. Nellignoranza luomo non determinato come spirito, ma determinato psichicamente nellunione immediata con la sua naturalit. Lo spirito delluomo come sognante. [] In questo stato c pace e quiete; ma c nello stesso tempo qualcosaltro che non inquietudine n lotta, perch non c niente contro cui lottare: Allora, che cosa ? Il nulla. Ma quale effetto ha il nulla? Esso genera langoscia. Questo il profondo mistero dellinnocenza: essa nello stesso tempo angoscia (Il concetto dellangoscia, tr. it., Firenze 1966, pp. 50-51). 253 Lopera di Strauss ebbe quattro edizioni in cinque anni; lo stesso autore, per, fu subito esonerato dallufficio di ripetitore nello Studio di Tubinga e trasferito al liceo della citt natale; e gli scritti rivolti a criticare quella tesi furono numerosissimi (sono stati elencati 47 scritti apparsi tra il 1835 e il 1844).
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interpretazione della figura di Ges (che per gli ortodossi costituisce la personalizzazione dello Spirito e per Strauss, invece, una rappresentazione mitica dellintera umanit, come dimensione in cui si realizza lo Spirito, rappresentato come Dio), veniva a delinearsi una scissione, tra i seguaci di Hegel, in una Destra, in un Centro e in una Sinistra. I rappresentanti della Destra (Goschel, Gabler, B. Bauer) consideravano tutta la storia evangelica come autentica e dunque aderivano al dogma dellunit della natura umana e divina nella persona di Cristo; mentre Strauss (che appariva allora come lunico rappresentante della Sinistra) compiva una critica della storia biblica, interpretando la figura di Ges come un simbolo dellintera umanit, in rapporto allattuazione della promessa messianica di liberazione dal male e dallerrore. Strauss aveva ragione di ritenere il suo punto di vista conforme allo spirito hegeliano, poich lassoluta diversit tra umano e divino era contraria alla concezione dialettica di Hegel. Per la Destra, invece, lumanit, in cui si cala Dio stesso, di fatto concentrata nella persona di Cristo, mediatore tra luomo e Dio. Il Centro stava in una posizione intermedia; ad esso appartennero Rosenkranz, Schaller, Conradi, Vatke e Michelet. Feuerbach Feuerbach esprime la tendenza del pensiero dellOttocento a configurarsi come una concezione delluomo. In questo senso egli intende liberare il nucleo dellhegelismo (e dellidealismo in genere) da ogni impalcatura metafisica. Il pensiero non pu riguardare che il finito. Lintelligibilit dellinfinito contraddittoria: una mente finita non pu comprendere che il finito nelle sue varie manifestazioni. Per Feuerbach, lhegelismo non altro che una teologia, in quanto una filosofia dellinfinito e dellassoluto. Del resto, ogni presunta scienza dellassoluto si fonda su una preliminare operazione di assolutizzazione del finito. Non possibile evitare, cos, il rischio della proiezione di strutture e realt finite sul piano dellinfinito. In realt si continua a parlare del finito, anche quando si presume parlare dellinfinito e dellassoluto. Dio non altro che un modo di questa assolutizzazione. In realt Dio non altro che il prodotto di operazioni che assolutizzano le qualit dellessere umano. Luomo ha proiettato la sua realt su un piano ideale, in cui, appunto, egli viene ad assumere i caratteri dellessere perfetto, cio la bont infinita, la conoscenza totale, la volont libera da ogni determinazione, e cos via. Per Feuerbach, in tal modo luomo ha alienato la sua essenza in Dio; e si tratta, perci, di compiere loperazione opposta, attraverso la quale luomo si riappropri della natura che ha alienato, trasferendola da s allente perfetto. Si tratta di trasformare la teologia in antropologia, di fondare la scienza delluomo e considerare luomo come lunico ente al quale data la possibilit di conoscere se stesso e di costruirsi la sua realt. Feuerbach continua la tradizione romantica dellinfinito perfezionamento delluomo, anzi teorizza la realizzazione della perfezione umana, mediante il recupero dellessenza alienata. Una volta eliminata lalienazione religiosa, lumanit si sarebbe realizzata nella sua forma perfetta. Questo eccessivo utopismo venne denunciato dallo stesso Marx, che intese proseguire lopera di Feuerbach, rivolgendo lattenzione, per, dal campo della religione a quello delle istituzioni sociali, politiche ed economiche. Nietzsche Nietzsche mette in discussione tutti i modi dimpostazione dei problemi filosofici secondo il quadro di categorie consolidate nella tradizione razionalistica. Per tale quadro, il reale intelligibile: si ha, cio, qualcosa come una mappa concettuale, in base alla quale classificare, definire, conoscere, prevedere; cos, si d una successione determinata nei processi temporali, si danno rapporti di connessione causale, la logica riguarda un ambito rigoroso di categorie. Per Nietzsche, si tratta di un quadro senza fondamento, dunque provvisorio, arbitrario. Nietzsche ritiene che la stessa metafisica soggettivistica moderna abbia portato a queste conseguenze, cio alla negazione del quadro logico-concettuale nel quale era collocata la rappresentazione del mondo. Che ne , infatti, di questa rappresentazione, allorch essa emerge come una invenzione del soggetto? Nietzsche propone unalternativa: sul versante della tradizione, si tratta di recuperare quei paradigmi che precedono lo sviluppo della visione razionalistica, cio i motivi della sapienza greca presocratica e che sono compresi nellet tragica della cultura e del pensiero greci; sul versante teorico, si tratta di portare a termine, in primo luogo, la demolizione del razionalismo e dello storicismo (sintetizzati in Hegel) e, quindi, di proporre lo sviluppo di una nuova volont di potenza, che riguardi la costruzione di unumanit nuova, simboleggiata nel superuomo. Questo progetto comprende lo sviluppo di un nuovo tipo di conoscenza,

basato sullassunzione del divenire come destino che si dispiega nel tempo come eterno ritorno dellidentico. Il superuomo la scoperta delluomo essenziale, della vera umanit; e si tratta di credere nel ritorno di questa umanit, che la storia (della ragione) ha rimosso. Si tratta di unumanit che rinuncia al progetto del dominio del mondo, al progresso storico, alle illusione del mondo moderno. In primo luogo, una tale umanit non si pone in un atteggiamento di conflitto con la natura e col divenire, non cerca, cio, di prevedere e dominare il divenire: unumanit che non si presenta pi sotto le vesti del leone, bens piuttosto in quelle del fanciullo. Il divenire, definito innocente, accettato cos come si presenta, n luomo cerca di modificare il corso delle cose. Al posto del dover-essere subentra il lasciar-essere e labbandonarsi allessere che . Luomo si riconosce nelleventualit dellessere, cerca di mantenersi in bilico entro lorizzonte dellessere, sospeso come un acrobata sopra labisso. Si pu considerare Nietzsche come il grande critico della tradizione culturale e filosofica del razionalismo. Secondo questa tradizione, come noto, la nostra rappresentazione del mondo segue coordinate definite e univoche, che sono appunto quelle della razionalit e della stessa logica (che si esprime in un discorso fornito di senso universale). Dopo la crisi di tale modello dominante, la cultura e lo stesso pensiero filosofico si sono trovati a battere i sentieri pi disparati, a tentare le vie pi diverse, per lo pi inedite o basate su interpretazioni nuove della tradizione. Perci Nietzsche, denunciando la crisi della tradizione razionalistica, ha aperto la strada alle filosofie e alle pi varie esperienze culturali del Novecento. Questo secolo si sviluppato, si pu dire, sotto il segno dellavventura nietzschiana, considerata per lo pi da punti di vista interpretativi piuttosto fuorvianti e lontani dal suo significato pi autentico. Nietzsche, come noto, incomincia con alcuni scavi filologici nellarea presocratica, in quellarea, cio, che oggi, anche per le stimolazioni venute da quella prima esplorazione, presentata come la fonte sapienziale dellintero pensiero greco. Nietzsche ha inteso dimostrare che quella sapienza stata dimenticata. Questo il punto di partenza polemico, che, secondo Nietzsche, aveva specialmente la funzione di consentire il recupero dellintero pensiero racchiuso in quel corpus che oggi si indica come proprio della sapienza greca prefilosofica. Secondo Nietzsche solo i primi filosofi hanno accolto fedelmente quei motivi e li hanno trasferiti sul piano del logos. La sua critica invece, perci, la svolta razionalistica che si sarebbe avuta specialmente con Socrate: ladozione del metodo della definizione concettuale e del ragionamento rigorosamente logico avrebbe provocato un estremo impoverimento dei mezzi umani di comprensione della realt. Nietzsche stesso ci d un esempio, nelle sue opere, di quello che potrebbe chiamarsi un pensiero in movimento, che non segue una via uniforme di sviluppo e che, invece, percorre sentieri diversi e si esprime per aforismi, sentenze, confessioni, miti e apologhi, paradossi e iperboli, comunque con un andamento che non quello della rigorosa analisi e deduzione concettuale. Tra i motivi presenti nella cultura greca prerazionalistica e che Nietzsche cerca di far rivivere troviamo, in primo luogo, la visione tragica dellesistenza umana. Come noto, Nietzsche nella sua prima opera fondamentale La nascita della tragedia, individua nella coscienza tragica lessenza dello spirito greco, realizzata attraverso la composizione della visione dionisiaca e di quella apollinea. Lelemento dionisiaco rappresentato dalla presenza, nelluomo, di una tensione che via via lo eleva, da uno stato di sofferenza e di morte (simboleggiato nella morte di Dioniso) a una condizione di vita cosmica (lo stesso Dioniso come simbolo della vita rinnovantesi). In questo senso, la serena visione apollinea il risultato di una conquista che non deve fare dimenticare la lotta per conseguirla. La visione tragica la coscienza che luomo si realizza in virt di una lotta sostenuta con se stesso, con ci che in lui connesso con la natura titanica, cio con lelemento del disordine e della morte. Se Dioniso il simbolo della condizione umana e se il dio che muore e rinasce, esso indica che il destino delluomo in una continua rinascita di se stesso, in una trasmutazione, che lo porta a oltrepassarsi incessantemente. Lelemento apollineo, invece, rappresenta la razionalit come destino definitivo. Si tratta, per, di vedere i due elementi nella loro connessione indissolubile, poich luomo il dio mortale (Dioniso) che lotta per recuperare la condizione dellimmortalit. La condizione tragica, nella quale si identifica lesistenza umana, caratterizzata dalla lotta che luomo sostiene con la componente titanica che in lui e dalla tensione dioniasiaca verso la composizione di tutti i contrasti nellunit cosmica. Luomo , nello stesso tempo, portatore di una colpa originaria e veicolo di espiazione di essa.254 Due altri grandi motivi che Nietzsche riprende dalla sapienza greca arcaica sono leterno ritorno e linnocenza del divenire. Si tratta, come ovvio, di elementi che fanno parte di una visione del mondo Nietzsche proporr il superuomo come figura delloltrepassamento della natura umana nel senso della tensione dionisiaca. Il superuomo visto in Cos parl Zarathustra come il fanciullo, in cui lelemento terrestre recuperato nellambito dellinnocenza (il terrestre non indica pi lelemento titanico del sangue, bens indica il cosmico, lessere riconciliato che in s armonizza i contrasti).
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alternativa rispetto a quella che propria della metafisica occidentale. Nella storia del pensiero, infatti, si imposta lidea di una realt in continuo sviluppo, come storia e come progresso. In questo senso, luomo sarebbe passato a una dimensione altra rispetto a quella naturale e originaria, rappresentata ancora, secondo linterpretazione nietzschiana della tragedia, dalla figura di Dioniso, e avrebbe cos anche abbandonato la condizione essenzialmente tragica. Questo fondamentale storicismo rifiutato decisamente da Nietzsche, per il quale, ovviamente, luomo non che un elemento del processo della natura e non pu essere assunto come pietra di paragone per lelaborazione di una visione organica dellintera realt. La natura fuori della storia e luomo non che un frammento della natura, tale da non potere assolutamente uscire da essa, per porsi a un livello di realt indipendente.255 Cos, eliminata lidea del divenire come processo della storia, e ricondotto il divenire allessere stesso, si ha il recupero del motivo della ripetizione dellidentico come fondamentale dimensione del tempo e del divenire. Rifiutata lidea di progresso infinito, cos cara agli idealisti, rimane quella di una permanenza immutabile come caratteristica della realt, che si svolge nel tempo: il divenire non che la continua riproposizione dellidentica realt nel tempo circolare; e la natura non fa che riproporre se stessa in ci che essa immutabilmente .256 Il tempo/natura/divenire come un fanciullo che giuoca con i sassolini sulla spiaggia: esso non costruisce niente di nuovo e non fa che rimescolare continuamente le piccole pietre con le quali giuoca, come fa linnocente fanciullo. Ecco, dunque, linnocenza del divenire.257 Ma, allora, perch luomo deve fare un salto e passare a unaltra esperienza esistenziale e culturale, quella del superuomo? Appunto per situarsi nella realt che originariamente gli appartiene, uscendo dallillusione della trascendenza. La realt umana razionale, trascendente rispetto a quella della natura, unillusione creata dalla filosofia. Dunque il superuomo indica la restaurazione della vera realt umana, il ritorno allinnocenza del divenire, cio al tempo originario (che quello della natura e non quello della storia). A questo punto necessaria, per Nietzsche, una metamorfosi interiore, secondo lallegoria presentata nella famosa favola dello Zarathustra: dopo le deformazioni della natura umana, rappresentate nel cammello, portatore di valori imposti da un Dio/padrone, e nel leone, simbolo delluomo che si erge a dominatore delle cose, luomo scoprirebbe la sua vera realt nella figura del fanciullo, simbolo, appunto, dellidentit originaria. Laltro famoso motivo nietzschiano, la volont di potenza, costituisce un elemento accessorio rispetto al concetto del superuomo. In particolare, si tratta della facolt di conoscere e di volere che propria del superuomo, dunque la capacit di comprendere la vera realt umana e linnocenza del divenire, nonch la volont morale di conformarsi ad essa, cio di accettare la propria realt, ci che gi di , senza volere attuarsi in una dimensione diversa, qual quella della storia. Si pu dire che la volont di potenza la facolt unitaria, teoretica ed etica insieme, del superuomo. Nietzsche: le opere Le Considerazioni inattuali Nella I considerazione inattuale, Davide Strass, uomo di parte e scrittore (1873), Nietzsche si scaglia contro il filisteismo culturale, dominante nella Germania del tempo, allorch, dopo la guerra vittoriosa contro la Francia, la classe degli intellettuali tedeschi si adagi in una illusoria soddisfazione di s, nella falsa convinzione di avere raggiunto risultati di alto livello nellarte e nella scienza.258 Laccordo dei dotti, la fine delle polemiche non sono, per N., che i segni di un filisteismo culturale che intende dare limpressione di Il naturalismo presocratico era ancora aderente a questa visione (o almeno in questo senso andrebbe interpretato); e alcune significative espressioni di Anassimandro, Eraclito, Parmenide e altri sarebbero la prova inconfutabile che ci troviamo allinterno di un pensiero monistico, in cui non si ancora insinuato il motivo della trascendenza 8delluomo o di Dio). Per Nietzsche, si tratta di recuperare il pi autentico senso dellimmanenza. Lidea che la cultura sia lespressione di una realt altra rispetto allunica realt naturale rappresenta il primo grande errore che si insinuato nella filosofia, che, in tal modo, ha assunto un orientamento metafisico. La restaurazione dellidea di un unico divenire, originario e appartenente allessere medesimo (allidentico), una delle principali condizioni in base a cui il pensiero occidentale potrebbe risalire alle sue radici, per rimettersi in moto secondo il suo spirito pi vero. 256 Questo sarebbe anche il radicale rimedio contro limprevedibilit del divenire. Ecco perch, secondo Nietzsche, il rimedio della scienza, approntato dalla cultura occidentale, sarebbe ancora pi dannoso della malattia. 257 Il divenire pu anche essere considerato come lo spazio dionisiaco in cui avviene continuamente la purificazione e in cui sinstaura continuamente linnocenza. Dioniso il dio che cancella ogni colpa e fa rinascere luomo nello spirito dellinnocenza. 258 Filistei sono chiamati da N. coloro che fingono (o silludono) di possedere una vera cultura e che in realt vivono senza uno stile e senza una identit culturale propria.
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una forza apparente attraverso leliminazione di tutti i motivi di dubbio, di contrasto e di problematicit. Il vero artista, invece, sempre un ricercatore che smuove lapparente tranquillit e smaschera la falsa illusione di un sapere che ha risolto tutti i problemi. N. condanna la classe dei dotti identificata nella persona di Strauss, il quale ha cercato di interpretare lo spirito della nuova epoca nel libro La vecchia e la nuova fede (Berlino 1872).259 La polemica di N. contro una cultura adagiata nellapparente sicurezza di un sapere sistematico significativa, in quanto ci prospetta i compiti di una nuova ricerca, rivolta a mettere in luce la vera realt del mondo e delluomo e a smascherare il falso mito di un sapere che in effetti non che la giustificazione del mondo borghese e della sua morale.260 Nella II considerazione inattuale, Sullutilit e il danno della storia per la vita (1874), N. si rivolge contro il metodo archeologico delle scienze storiche e della filologia germanica: i filologi avrebbero ridotto il passato a un corpo orto da anatomizzare; invece la vera visione storica deve trasformare il passato in vista delle esigenze del futuro diveniente; ci che conta, dunque, la scienza del significato dellepoca attuale e ogni ricerca storica e filologica deve servire a questo scopo. Di fronte a un metodo storiografico puramente scientifico, N. avanza le prospettive di una storiografia artistica, geniale, ispiratrice e chiarificatrice rispetto ai compiti del presente. La storia, per N., si attua e si sviluppa nellatmosfera creativa, dunque non nella fredda analisi di ci che o stato ma nellattesa di ci che deve essere: nel passato deve essere ricercato limpulso creativo che ha reso possibili le grandi conquiste dello spirito. Occorre, dunque, una storia che non insegni ad accettare ci che ma che guidi a sviluppare lo spirito nel suo essenziale divenire e nel suo tendere sempre oltre, verso la verit delluomo e del mondo. Nella III considerazione inattuale, Schopenhauer come educatore (1874), N. delinea il suo ideale di filosofo. I filosofi devono esercitare la loro critica radicale nei confronti del modo comune di considerare la vita, creando le condizioni di sviluppo di unumanit superiore, a cui tende e aspira lintera natura. Si tratta, secondo N., di promuovere lo sviluppo di tutte le potenzialit creative che sono proprie delluomo. Ma questa tendenza della natura stessa tradita e neutralizzata dalla cultura moderna, che ha gettato lumanit nella trama di falsi egoismi, di obiettivi dannosi, di una apparente soddisfazione: una tale cultura ha prodotto legoismo degli affaristi, il narcisismo degli scienziati assorti in speculazioni teoriche, la politica culturale che scoraggia la produzione di una filosofia nuova. Schopenhauer appare a N. come il filosofo che insegna a negare la verit apparente, a sconvolgere lordine della falsa scienza, dunque come leducatore di una nuova umanit. Nella IV considerazione inattuale, Wagner a Bayreuth (1876), N., prendendo spunto dallallestimento dei Nibelungi a Bayreuth, presenta Wagner come la personificazione del suo ideale artistico. Infatti Wagner risuscita lo spirito apollineo nello stile drammatico ditirambico della sua opera, riproponendo cos il vero compito dellarte, che quello di risvegliare le energie spirituali assopite nella melensa societ colta, di vivificare la potenza negatrice dei grandi spiriti. Di fronte a unarte scaduta a mero diletto, a gioco virtuosistico, N. propone unarte aderente allo spirito della grande tragedia e identifica in Wagner il rappresentante della nuova arte che nasce in un animo tumultuante e insieme capace delle pi alte armonie.

Umano, troppo umano (1878). Il viandante e la sua ombra (1880) Nella prima parte di Umano, troppo umano, Delle prime e ultime cose, N. sviluppa la sua polemica contro la metafisica, che ha duplicato la realt, ponendo a fianco del mondo reale un mondo razionalistico, costruito speculativamente, logicamente coerente ma sostanzialmente falso. Egli rintraccia le origini della metafisica nella stessa struttura fisiologica delluomo. La vera creazione di un mondo doppio rispetto a quello reale si ha nel linguaggio; ma bisogna risalire alle primitive strutture biologiche per rintracciare la vera origine del mondo concettuale, come duplicato del mondo reale: infatti sul piano dellesistenza vegetale si svilupp il senso delleguaglianza connesso alla perenne quiete in cui vivono i primi esseri viventi; dal senso delleguaglianza sarebbe sorto il concetto di numero, cio il criterio di una distinzione puramente quantitativa; e cos il concetto di sostanza sarebbe sorto dal fatto che i deboli occhi dei primi organismi vedevano in tutto la stessa cosa e lidea di libert sarebbe sorta dallerronea credenza che esistessero esseri isolati, senza rapporto tra loro. Insomma, per N., ci che noi ora chiamiamo mondo il risultato di
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David Strauss era il critico biblico e storico del cristianesimo che aveva suscitato parecchio scalpore con la sua interpretazione storicistica della figura di Ges, costruita secondo la sua tesi, dai primi cristiani suggestionati fortemente dallattesa biblica del Messia. Nel suo ultimo libro egli esaltava la nuova fede nella scienza e nel progresso. 260 Il filisteo come fondatore della religione del futuro ecco la nuova fede nella sua forma pi suggestiva; il filisteo diventato fanatico ecco il fenomeno inaudito che caratterizza in Germania la nostra epoca (Opere, p. 286).

una quantit di errori e di fantasie che, sorti a poco a poco durante tutto lo sviluppo degli esseri organici, sono cresciuti, e sono stati ereditati da noi come tesoro accumulato dellintero passato: come un tesoro, in quanto su di esso si basa il valore della nostra umanit (aforisma 16).261 N. riconosce che il mondo come errore metafisico profondo, meraviglioso e che la perdita di esso rappresenta un impoverimento dello spirito: in ci tende a problematizzare la sua stessa operazione, presentandola come una via metodologica rivolta a rintracciare le profonde ragioni psicologiche dellillusione metafisica.262 Nella II parte, Per la storia dei sentimenti morali, N. estende al campo della morale la negazione di valori e principi assoluti e trascendenti. E ingiusto giudicare, cos come non ha senso condannare la menzogna, giacch chi compie determinati atti, o si comporta in un certo modo, lo fa in quanto ne convinto, e chi dice cose che non si accordano con la visione degli altri, perch stato educato a credere e a pensare conformemente a ci che dice. N. tende a mettere in discussione i principi assoluti della morale.263 Nella III parte, La vita religiosa, N. anticipa i motivi della sua polemica contro il cristianesimo e la religione in generale. Le religioni trarrebbero origine da una tendenza umana a opporre fino alla netta contrapposizione i due principi del positivo e del negativo che sono nelluomo stesso; cos si avrebbe da una parte lesaltazione di una parte delluomo, conformemente ai principi della morale ascetica, dallaltro lato la condanna dellaltra parte, considerata come diabolica. Nel cristianesimo lo spirito ascetico porta alle estreme conseguenze il disprezzo del mondo. Nella IV parte, Dellanima degli artisti e degli scrittori, N. chiarisce laporia secondo cui lopera darte appare come il risultato di unintuizione immediata e di una rivelazione, mentre in effetti presuppone un paziente e complesso lavoro di elaborazione logica e critica. Egli rileva altres la funzione dellarte nellelevazione dello spirito e nella rivelazione del senso dellinnocenza del divenire.264 Nella V parte, Indizi di cultura superiore e inferiore, Nietzsche ritorna sulla nascita dello spirito libero (contrapposto allo spirito buono, acquiescente), cio del genio, libero appunto dai condizionamenti della natura e della storia. La civilt dominata dal contrasto tra limpulso angelico e quello spirituale e solo dallacuirsi di tale contrasto si generano le condizioni adatte per lapparizione del genio, che muove la storia verso nuovi obiettivi.265

Opere, p. 528. In realt, la scienza rigorosa pu liberarci da questo mondo della rappresentazione solo in misura minima e una cosa diversa non sarebbe affatto augurabile in quanto non pu essenzialmente infrangere la forza di antichissime abitudini del modo di sentire: ma pu lentamente e per gradi rischiarare la nascita di quel mondo come rappresentazione, e innalzarci, almeno per qualche istante, al di sopra dellintero processo. Forse allora ci renderemo conto che la cosa in S degna di una omerica risata: che essa sembrava tanto, anzi tutto, mentre in effetti vuota, ossia vuota di significato (Ib.). 263 La storia dei sentimenti in base ai quali noi chiamiamo qualcuno responsabile, la storia dunque dei sentimenti morali, si svolge secondo le seguenti fasi principali. Dapprima si definiscono buone o cattive determinate azioni senza considerarne i motivi, ma unicamente in base alla bont o al danno dei loro effetti. Presto per si dimentica lorigine di tali definizioni e ci si illude che la qualit di buono o di cattivo sia inerente alle azioni in s, indipendentemente dalle loro conseguenze. [] Andando avanti, si attribuisce il predicato di buono o di cattivo non pi al motivo singolo, bens allintero essere di un uomo, dal quale il motivo sorge come la pianta dal terreno. Cos si considera luomo responsabile, nellordine, per i suoi effetti, poi per le sue azioni, poi per i suoi motivi e infine per il suo essere. Da ultimo si scopre che nemmeno questo essere pu dirsi responsabile, in quanto in tutto e per tutto una conseguenza necessaria, e concresce dagli elementi e influssi di cose passate e presenti: quindi luomo non pu essere considerato responsabile per nulla, n per il suo essere n per i suoi motivi n per le sue azioni n per i suoi effetti. Si con ci arrivati a riconoscere che la storia dei sentimenti morali la storia di un errore, dellerrore della responsabilit che, come tale, poggia su quello della libert del volere (aforisma 39, Opere, pp. 540-41). 264 [] quale posizione resta ancora allarte oggi? Innanzitutto essa ha insegnato per millenni a guardare con interesse e piacere alla vita in ogni sua forma, e a stimolare il nostro sentimento al punto che alla fine esclamiamo: Sia come sia, la vita buona!. Questo insegnamento dellarte, di provar piacere nellesistenza e di considerare la vita umana come un pezzo di natura, senza lasciarsene troppo coinvolgere, come oggetto di uno sviluppo conforme a leggi, questo insegnamento cresciuto dentro di noi e torna ora alla luce come prepotente bisogno di conoscenza. Si potrebbe rinunciare allarte, ma non per questo si perderebbe la capacit che da essa abbiamo appresa; cos come si rinunciato alla religione, ma non ai potenziamenti e alle elevazioni dellanima che essa ci ha fatto acquisire (aforisma 222, Opere, p. 605). 265 Vien detto spirito libero colui che pensa in modo diverso da come ci si aspetterebbe in base alle sue origini, al suo ambiente, al suo ceto sociale e al suo ufficio, o in base alle opinioni dominanti. Egli leccezione, gli spiriti vincolati sono la regola (aforisma 225, Opere, p. 608). Nel contesto di una societ questo tipo di individuo reca instabilit e indebolimento; pertanto la comunit cerca di inglobarlo, rendendo il pi possibile inefficaci i suoi
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Nella VI parte, Luomo nel rapporto con gli altri, N. mette in rilievo le ipocrisie, la vanit e legoismo, che sono alimentati dai rapporti sociali. In particolare, condannato legoismo e sono esaltati i sentimenti della benevolenza, della generosit e dellamicizia. Nella VII parte, La donna e il fanciullo, appare notevole la considerazione che il matrimonio debba fondarsi sulleamicizia ed essere quasi una lunga conversazione; e profonde sono anche le osservazioni sulla tragedia dellinfanzia, sacrificata spesso agli interessi e al disorientamento morale dei genitori. NellVIII parte, Uno sguardo allo Stato, N. vede nella demagogia e nella statolatria i pericoli maggiori per lo sviluppo dello spirito; e il socialismo considerato come il fratello minore del dispotismo. Nella IX parte (lultima), Luomo con s solo, il filosofo si ripiega su se stesso, avvertendo il pericolo morale che saccompagna a ogni sforzo di liberazione, ritrovando, quindi, lo spirito problematico, che gli consente di rifiutare ogni fanatismo delle convinzioni assolute e di guardare alla forza dellintelletto come a criterio di equilibrata giustizia. Lopera si conclude con la figura del viandante, cio del ricercatore che vive la gioia della sua avventurosa ricerca e la splendida letizia della scoperta.266 Il secondo volume di Umano, troppo umano si articola in due parti. La I parte, Opinioni e detti diversi, comprende una vasta rassegna di pensieri sulla situazione umana nei suoi vari aspetti. In generale N. mette in rilievo le tendenze dominanti negli uomini e le ragioni che inducono a determinati comportamenti. Ad esempio, a proposito della tendenza delluomo a preferire la verosimiglianza alla verit, egli avverte che tale atteggiamento dovuto alla paura di trovarsi qualche volta abbagliati dalla luce e, pertanto, preferiscono vivere nella penombra. La II parte intitolata Il viandante e la sua ombra e si apre (e poi si chiude) con un dialogo tra questi personaggi. Il viandante si accomiata dallombra, che simboleggia la trascendenza che implacabilmente lo accompagna. Nellultimo aforisma troviamo riassunto il pensiero di N. intorno al senso della sua stessa filosofia. Il filosofo dichiara di rivolgersi a un tempo avvenire, in cui luomo, finalmente libero e nobilitato, potr essere riproposta la massima aurea, cio il comandamento cristiano della pace e dellamore fraterno. Egli sa che il suo pensiero non per il suo tempo e che ha il senso di unutopia che implica il radicale rinnovamento delluomo.267 Come si vede, in questopera lo spirito polemico trova un motivo di rasserenamento: cos nel meraviglioso idillio Et in Arcadia ego N. si sofferma a considerare la vita semplice e pura dei pastori dellEngadina, che gli ricordano il mondo idillico-eroico dellantichit classica.

Aurora. Pensieri sui pregiudizi morali (1881) Il libro ha per epigrafe questi versetti del Riveda: Vi sono tante aurore,/ che devono ancora risplendere. N. polemizza contro la morale considerata come indiscutibile patrimonio di verit sul bene e sul male, criticando latteggiamento per cui di fronte alla morale, come di fronte a ogni autorit, non si deve pensare, ancora meno parlare, perch qui si ubbidisce. Nessuno, egli osserva, ha osato criticare la morale, neppure assumere la morale come problema; la morale anzi ha entusiasmato i filosofi, esercitando su di essi un fascino tale da potere essere chiamata la vera e propria Circe dei filosofi.268 Cos Kant per fare spazio al suo regno morale si vide costretto a disporre un mondo indimostrabile, un al di l logico.269 N., daltra parte, dichiara di combattere la orale per moralit, cio per riproporre i valori originari delluomo e sollecitare la cultura a recuperare la ricchezza umana.270 comportamenti. Secondo N., il progresso spirituale rappresenta una effettiva evoluzione solo allorch esso assimila lo spirito libero e ne fa un fattore dello sviluppo storico. 266 Chi sia giunto anche solo relativamente alla libert della ragione, sulla terra non pu sentirsi altro che un viandante, - anche se non un viaggiatore diretto verso unultima meta, che non c. Ma egli ben vuole guardare, e tener gli occhi aperti su tutto quel che veramente accade nel mondo; per questo non gli consentito unire troppo strettamente il suo cuore a nessuna cosa particolare; devesserci in lui stesso qualcosa di nomade, che gioisca del mutamento e della provvisoriet (aforisma 638, Opere, p. 701). 267 Non , cos pare, ancor tempo che a tutti gli uomini possa accadere come a quei pastori che videro rischiararsi il cielo su di loro e udirono quelle parole: Pace in terra, e agli uomini un compiacersi gli uni negli altri. E ancora lepoca degli individui (aforisma 350, Opere, p. 884). 268 Opere, p. 900. 269 Ib. 270 Ma non v dubbio scrive N. che anche per noi parla un tu devi, che anche noi obbediamo ancora ad una severa legge posta sopra di noi, - e questa lultima morale, pure per noi ancora udibile, che anche noi sappiamo ancora vivere: [] anche noi siamo uomini di coscienza: nel fatto cio che non vogliamo tornare di nuovo indietro verso ci che noi consideriamo sopravvissuto e decrepito, verso un qualche cosa di non degno di fede, si chiami esso Dio, virt,

Con questa opera N. intende distaccarsi radicalmente dalla cultura corrente e dallo stesso mondo che aveva la sua espressione pi tipica proprio nella convinzione di una morale razionale. Il distacco da questo mondo morale costituisce il motivo estremo che rende il pensatore pronto a levarsi in volo (secondo limmagine dellaforisma finale) verso terre sconosciute, con la consapevolezza di potere ancora annunciare appena il rivelarsi di un nuovo percorso, di un sole nuovo.271 N. a questo punto si paragona alla talpa che scava nei sotterranei, per aprirsi un varco verso gli spazi inesplorati in cui dovr cimentarsi il suo pensiero. Al di l della demolizione di tutti gli idoli della vecchia cultura si profila, dunque, laurora del nuovo pensiero. Cos parl Zaratustra (1883-84) Dopo dieci anni di meditazione, Zaratustra scende in mezzo al popolo per annunciare la verit; ma il popolo, attratto dalle acrobazie di un funambolo, non ascolta la sua parola ispirata; perci il profeta deve rivolgersi a pochi discepoli. Il primo dei discorsi di Zaratustra una parabola intitolata Le tre metamorfosi, in cui seguito lo sviluppo dello spirito umano, dallobbedienza, simboleggiata dal cammello, alla negazione violenta, impersonata dal leone, infine alla pura affermazione dellinnocente divenire, di cui immagine la figura del fanciullo. Altri discorsi sono demolitori e si indirizzano contro la morale dellubbidienza, in cui si rifugiano gli spiriti pusillanimi e mediocri; contro la metafisica, che scredita il mondo predicando lastrazione; contro la cultura ufficiale, soddisfatta del presente; contro lascetismo, che persuade alla morte; contro la statolatria, che soffoca le energie personali. Altri discorsi sono invece affermativi ed esaltano le forze e le forme desperienza che aiutano luomo a superarsi: la lotta come stimolatrice delle umane energie; la meditazione, in cui lindividuo scopre se stesso; la vita che ha in s il suo scopo; la generosit che nasce dal bisogno di donarsi. Zaratustra si ritira di nuovo nella solitudine della montagna e dopo mesi ed anni torna alla sua predicazione, esaltando la vita come volont di affermazione e come spontaneit creativa, contro gli idealisti, i deboli, gli altruisti. Dopo un altro periodo di meditazione, Zaratustra predica la dottrina delleterno ritorno, come assoluta affermazione della vita e della terrestrit, e detta le nuove tavole dei valori, che capovolgono, in nome dellamoralit costruttiva della vita, gli antichi concetti basati sul principio della distinzione del bene e del male. Zaratustra in un ulteriore viaggio nella solitudine incontra sette personaggi che sono raffigurazioni simboliche del sopravvivere di antichi valori: un indovino, che incarna il disgusto della vita; due re, nauseati dalla falsit del potere; uno scienziato, avvelenato dal proprio positivismo; un mago, schiavo della sua fantasia; lultimo papa, che vaga senza meta dacch Dio morto; luomo pi brutto del mondo che per rancore ha ucciso Dio; il mendicante che cerca la felicit sulla terra. Zaratustra e i suoi nuovi discepoli iniziano il banchetto in onore del superuomo, destinato a emergere dalla massa dellumanit. Durante una breve assenza di Zaratustra, i discepoli, presi da nostalgia di Dio, si inchinano ad adorare un asino; ma Zaratustra cancella questo obbrobrio e intona il canto dellEbbrezza, affermazione ultima della fede nelleterno ritorno.

Al di l del bene e del male (1885) N. affronta il problema delleliminazione del pregiudizio della morale, dominante nella filosofia e nella cultura. In particolare, rileva che la morale cristiana ha livellato gli uomini in un gregge informe e ha spento ogni tendenza verso il superamento. Cos ha finito per trionfare lo spirito democratico, di cui espressione anche la scienza moderna. SullEuropa democratica si imporr la futura aristocrazia degli spiriti liberi, che si former attraverso una severa disciplina.

Sulla genealogia della morale (1887)

verit o amore del prossimo; nel fatto cio che non ci permettiamo alcun ponte di menzogna verso antichi ideali; e che siamo radicalmente ostili a tutto ci che in noi vorrebbe mediare e produrre mescolanze (Opere, p. 901). 271 E dove vogliamo dunque arrivare? Al di l del mare? Dove ci trascina questa potente brama, che per noi pi forte di qualsiasi altro desiderio? Perch proprio in questa direzione, laggi dove fino ad oggi sono tramontati tutti i soli dellumanit? Si dir forse un giorno di noi che, volgendo la prua a occidente, anche noi speravamo di raggiungere le Indie, - ma che nostro destino fu quello di naufragare nellinfinito? Oppure, fratelli miei? Oppure? (aforisma 575, Opere, p. 1077).

Nel primo saggio, Buono e malvagio, buono e cattivo, N. tratta dellessenza e dellorigine del cristianesimo, il quale nascerebbe dallo spirito di risentimento contro il predominio dei valori aristocratici. Nel II saggio, Colpa, cattiva coscienza e affini, listinto della crudelt, ripiegato su se stesso, diventa un fattore importante dello sviluppo della civilt e assume il ruolo della coscienza. Nel III saggio, Che cosa significano gli ideali ascetici?, N. torna a polemizzare contro la morale della rinuncia.272

La gaia scienza (1881-87) La gaia scienza la poesia dei trovatori provenzali (gai saber), sintesi di canto, cavalleria e spirito libero. N. esalta lamore della vita come coincidenza di s col destino, come amor fati, che vieta ogni finalismo e ogni concezione ordinata delluniverso.273 La conoscenza si configura come consapevolezza della necessit delle cose e libera accettazione di essa; essa si declina come gioia vitale, esaltazione della pura esistenza. In questo senso va rifiutata lidea della conoscenza come ascetismo, negazione della realt sensibile, astrazione del pensiero, ricerca di un supposto mondo vero oltre le apparenze. N. osserva che, da Platone in poi, i filosofi hanno congiunto il sapere con la repressione dellimpulso naturale, con lallontanamento dalla realt sensibile e persino con la valutazione negativa dellesistenza; e che, daltra parte, gli artisti hanno cercato la gioia in un mondo immaginario e hanno sempre inteso rappresentare una realt fantastica, rispondente alle proprie aspirazioni soggettive, al posto del divenire reale.

Crepuscolo degli idoli (1888) N. polemizza contro i filosofi che tendono a ipostatizzare i concetti, perdendo cos il senso della realt e del divenire.274 Socrate ha corrotto lanima greca col mito della ragionevolezza a tutti i costi. Ogni
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Lideale ascetico scaturisce dallistinto di protezione e di salute di una vita degenerante, che cerca con tutti i mezzi di conservarsi e lotta per la sua esistenza; esso indica una parziale inibizione ed estenuazione fisiologica, contro la quale combattono incessantemente, con nuovi mezzi e invenzioni, i pi profondi istinti vitali rimasti intatti. Lascetismo il segno di una incapacit delluomo a prendere possesso della sua natura e a realizzarla pienamente. Questo appunto significa lideale ascetico: che qualche cosa mancava, che unenorme lacuna circondava luomo egli non sapeva giustificare, spiegare, affermare se stesso, soffriva del problema del suo significato. 273 Guardiamoci bene dal pensare che il mondo sia un essere vivente. Dove dovrebbe estendersi? Di che cosa dovrebbe nutrirsi? Come potrebbe crescere e moltiplicarsi? [] Dobbiamo guardarci gi dal credere che luniverso sia una macchina; esso non certo predisposto per un unico fine []. Guardiamoci anche dal presupporre sempre e dappertutto una caratteristica cos formale come i movimenti ciclici delle stelle a noi vicine: gi unocchiata alla via lattea fa sorgere il dubbio che, lass, si verifichino movimenti molto pi rozzi e contraddittori, che vi siano astri le cui traiettorie di caduta sono perpetuamente rettilinee, o qualcosa di simile. Lordinamento astrale in cui noi viviamo uneccezione; questo ordinamento e la durata approssimativa chesso determina ha a sua volta permesso leccezione delle eccezioni: la costituzione dellorganico. La caratteristica globale del mondo , invece, per leternit, il caos, non nel senso che manchi la necessit, ma nel senso che mancano ordine, struttura, forma, bellezza, saggezza, ovvero le nostre umanit estetiche. [] Ma come possiamo biasimare o lodare luniverso? Guardiamoci dallattribuirgli mancanza di cuore o irragionevolezza o i loro contrari: non n perfetto n bello n nobile; non vuole diventare niente di tutto ci; non mira assolutamente a imitare lumano! Nessuno dei nostri giudizi estetici o morali pu coglierlo! Non possiede neppure listinto di conservazione, n altri istinti; non conosce legge alcuna. Guardiamoci bene dal dire che in natura esistono leggi. Ci sono solo necessit: non c nessuno che d ordini, nessuno che obbedisce, nessuno che oltrepassa un limite. Sapendo che non ci sono fini, sapete anche che non c un caso: solo in un mondo di fini, infatti, la parola caso ha un senso. Guardiamoci bene dal dire che la morte sarebbe contrapposta alla vita. Il vivente soltanto una modalit del morto, e una modalit assai rara. Guardiamoci bene dal pensare che il mondo crei costantemente qualcosa di nuovo. Non esistono sostanze eternamente durature; la materia un errore pari al dio degli Eleati. Ma quando mai la smetteremo con la nostra cautela e la nostra circospezione? Quando non saremo pi oscurati da tutte queste ombre di Dio? Quando avremo completamente dedivinizzato la natura? Quando potremo cominciare a naturalizzare noi uomini, con la natura pura, ri-trovata, ri-redenta? (aforisma 109, Opere, II, pp. 114-115). 274 Tutto ci di cui da millenni i filosofi hanno fatto uso, erano concetti mummificati []. Quel che non diviene; quel che diviene, non []. Questi sensi, i quali anche per il resto sono immorali, ci ingannano sul mondo vero. Morale: liberiamoci dallinganno dei sensi, dalla menzogna []. Metto da parte, con sommo rispetto, il nome di Eraclito. Se il restante popolo dei filosofi rigettava la testimonianza dei sensi, perch questi indicavano molteplicit e mangiamento, egli rifiutava la loro testimonianza perch essi mostravano le cose come se avessero durata e unit.

metafisica, e specialmente quella kantiana, compie una scissione tra il mondo vero e quello apparente; ma il primo non che il risultato di unesaltazione della ragione, mentre il mondo fenomenico quello reale. La morale, daltra parte, un controsenso e contrasta con la profonda natura delluomo: essa cerca di modellare su schemi fissi gli individui, che, essendo frammenti di Fato, sono portatori di una legge che oltrepassa ogni norma stabilita, di una sempre nuova necessit. N. denuncia i quattro errori che hanno traviato gli uomini: la confusione tra causa ed effetto, il concetto della causalit connesso allintenzionalit del soggetto, il ricorso a cause immaginarie per spiegare le nostre azioni e il concetto del libero arbitrio da cui gli uomini sono resi schiavi delle proprie responsabilit. N. sostiene che bisogna ristabilire linnocenza del divenire, tenendo presente che luomo soltanto un frammento della fatalit e della totalit. I cosiddetti miglioratori dellumanit non fanno altro che guastare loriginaria innocenza delluomo, generando la coscienza del peccato oppure pretendendo di formare una classe scelta di eletti.

LAnticristo. Maledizione del Cristianesimo (1888)


N. rintraccia nel concetto di Dio la causa e la radice di ogni nichilismo, cio della tendenza a negare la realt esistente per sostituire ad essa una realt fittizia. Leliminazione di questo concetto, anzi delle condizioni che ne determinano la formazione, costituisce il nodo fondamentale, il motivo essenziale di quella riforma culturale che il filosofo propone. Si tratta di unoperazione difficile, poich il senso comune portato quasi naturalmente a identificare Dio con il principio della realt e non riesce a scorgere la negazione che sottende questa concezione, il nichilismo che alla base di essa. Cos per il senso comune laffermazione dei valori morali appare come lopposto del nichilismo; pertanto il concetto morale di Dio come sommo bene inteso come la garanzia dello stesso ordine morale del mondo e della stessa umanit. La tendenza a credere in valori assoluti, eterni, immortali corrisponde alla tendenza a conservare ci che destinato a perire e dissolversi, che superato nel tempo e infine manifesta la sua precariet. N. scardina queste fondamentali certezze del senso comune. La costruzione di un ordine ideale, di un mondo di valori eterni, avviene sulla base di un errore fondamentale, che la negazione della realt esistente e la sua sostituzione con una realt illusoria, costituita, appunto, sulla base di un allontanamento dalla verit. La morale, cos, sostituisce il dover-essere allessere e attribuisce realt immutabile allideale. Il Cristianesimo rappresenta, per N., il pi eclatante esempio di costruzione di un ordine reale fittizio, compiuta per dominare il mondo e controllare il divenire e la storia. Tale il progetto concepito da Paolo di Tarso sulla base della tradizione religiosa ebraica. Si tratta, secondo N., di un progetto di integrale attuazione di una ideologia, cio di una dottrina religiosa e morale finalizzata alla disposizione dellintera vita pratica. Lo strumento dellideologia il sistema dei libri sacri, considerati come fonte di verit, la cui interpretazione affidata alle autorit ecclesiastiche. Alla Bibbia il filosofo dichiara di preferire il Codice di Manu, che gli sembra libero da motivi ideologici di controllo della vita pratica mediante leggi e precetti, e al Cristianesimo il Buddismo che, pur negando la vita, non propone un mondo illusorio. N. osserva che il Cristianesimo, daltra parte, si afferma e si sviluppa in contraddizione con lo stesso insegnamento di Ges, che non rivolto alla negazione della vita e non prescrive norme di comportamento. In un rapido excursus storico, egli, quindi, rileva come nella cultura del Rinascimento si sia registrata gi quella morte di Dio che in seguito si manifestata in una forma generale nella cultura europea. La teologia protestante avrebbe reagito a quel fenomeno e avrebbe riproposto fortemente la verit cristiana nellintero sviluppo della filosofia e della cultura. Il Rinascimento avrebbe rappresentato, secondo questa interpretazione, lesempio di una cultura libera, capace di neutralizzare ogni condizionamento ideologico e metafisico. Successivamente, con lo sviluppo della cultura barocca, il fondamentale scetticismo sarebbe stato mascherato di altri motivi ideologici sostanzialmente riportabili alla riaffermazione dei valori cristiani. Ci, tuttavia, non impedisce che quel germe di scetticismo pervengano al loro naturale esito, che il compimento del nichilismo.

Anche Eraclito fece torto ai sensi. Essi non mentono n nel modo che credevano gli Eleati, n in quello che credeva lui in generale essi non mentono. E soltanto quel che noi facciamo della loro testimonianza che introduce in essi la menzogna, per esempio la menzogna dellunit, la menzogna della coralit, della sostanza, della durata. La ragione la causa del nostro falsificare la testimonianza dei sensi. In quanto i sensi ci mostrano il divenire, lo scorrere, il mangiamento, non ingannano []. Ma Eraclito aveva ragione in eterno nellafferma che lessere una vuota finzione. Il mondo apparente lunico mondo: il vero mondo unaggiunta mendace [] (Opere, II, p. 715).

CAPITOLO XXIII La filosofia italiana dellOttocento


Nella filosofia italiana dellOttocento si possono individuare alcune linee di sviluppo: una linea illuministica: si assume lilluminismo come lideologia moderna del progresso, in primo luogo come strumento del rinnovamento delle istituzioni (in rapporto allemergere della borghesia), a partire dalla formazione di una nuova struttura statale, unitaria, costituzionale, dimpronta liberale. In questo ambito, tuttavia, si ha una differenziazione di orientamenti: da Cattaneo, che rivaluta gli aspetti scientifici e tecnici e, dunque, auspica lo sviluppo, in Italia, della rivoluzione industriale e tecnologica, ai liberali pi conservatori, che si richiamano maggiormente alla tradizione; b) una linea kantiana ed hegeliana, con Galluppi, Gioberti, Rosmini, successivamente con la scuola spaventiana e la tradizione napoletana; c) una linea positivistica, con Ardig e gli altri sostenitori dello sviluppo scientifico, con la conseguente articolazione di una cultura dominata dallidea del determinismo fisico; d) una linea marxista, con Antonio Labriola. a) Si pu dire che, in generale, si tratta di un vasto panorama di ideologie: pi che allo aviluppo speculativo vero e proprio (se si eccettua la linea hegeliana), la cultura italiana interessata allo sviluppo di ideologie capaci di interpretare le aspirazioni storiche relative al nuovo assetto politico, al regime liberistico in economia, allo sviluppo industriale e allemancipazione delle masse. Filosofi di considerevole spessore sono Gioberti, Rosmini, Bertrando Spaventa, Ardig, Antonio Labriola. E pi feconda di sviluppi stata indubbiamente la scuola degli hegeliani di Napoli, nellambito della quale maturata unoriginale versione dellhegelismo. Nellet della restaurazione, la cultura filosofica italiana si trov di fronte alla prospettiva di confrontarsi con gli sviluppi della filosofia europea (specialmente con la filosofia trascendentale e con lidealismo) e, nello stesso tempo, di riprendere e sviluppare, in forma aggiornata, i motivi caratteristici della propria tradizione (pi o meno antica): da un lato agiva linflusso di una linea di svolgimento che, attraverso Vico, si congiungeva al Rinascimento, e daltra parte si percepiva la presenza, nel quadro europeo, di forme di pensiero nuove, non facilmente riconducibili a quella tradizione. Cos, per un verso, si tent di recuperare contenuti tradizionali che apparivano in maggiore accordo con il pensiero europeo moderno: Romagnosi, Cattaneo, Ferrari proseguirono sulla linea dellIlluminismo, ricollegandosi specialmente agli ideologi francesi. Romagnosi cerc di fondare una filosofia civile, configurata come una scienza unitaria comprendente i princpi della morale, del diritto, della politica; e a tale scopo occorreva, secondo il suo punto di vista,

considerare le leggi della natura umana, mediante il metodo sperimentale e induttivo, cio formulando ipotesi da controllare poi attraverso lanalisi empirica. La conoscenza delluomo sociale non poteva ottenersi, infatti, discorrendo in astratto delle facolt spirituali, bens occorreva analizzare i processi attraverso i quali storicamente erano sorti e si erano sviluppati istituzioni, comportamenti sociali, forme dellincivilimento. Anche per Cattaneo si trattava di dare alla filosofia il carattere di una scienza unitaria positiva, facendola convergere nello studio storico e sperimentale del pensiero umano, cos come esso si manifestato nelle forme della civilt, nelle istituzioni, nelle lingue, nelle religioni, nelle arti, nelle scienze, nelleconomia e nella tecnica. Per scoprire la natura umana, occorreva rivolgersi non alla coscienza in s, intesa cartesianamente come soggetto astratto dalla storia, ma al complesso delle relazioni (in continuo sviluppo) che legano gli individui in una determinata societ.275 Il nuovo atteggiamento scientifico doveva esplicarsi, secondo Cattaneo, attraverso una lotta contro la reazione metafisica e un energico richiamo ai faticosi studi positivi, cio mediante un sistematico sviluppo delle scienze sperimentali.276 Ancora pi radicale era la posizione antimetafisica di Ferrari, secondo il quale occorreva riconquistare il fatto e rimanere sulla base sua a dispetto di ogni insidia logica e ontologica, nella convinzione che i fenomeni bastano a se stessi e che let della scienza avrebbe eliminato ogni residuo teologico e metafisico, configurandosi cos anche come let della rivoluzione democratica e socialista. Ma il richiamo alla tradizione serv specialmente come elemento idoneo a consentire al pensiero italiano di partecipare al pi ampio movimento di reazione alla cultura settecentesca e illuministica, troppo unilateralmente attestata su posizioni sensistiche e materialistiche. La cultura italiana partecip cos alla critica degli ideologi, mettendo in rilievo le insufficienze del loro empirismo e della loro teoria della sensibilit, nei confronti della quale rivendicava lirriducibilit e lautononia creativa del soggetto. Pasquale Galluppi rilev, ad esempio, che, invece di fondare la filosofia sui puri dati sensibili, occorreva fondarla sul dato originario e fondamentale della coscienza (riflessione interiore, scoperta di s da parte della coscienza medesima), dalla quale si sarebbe ricavata per analisi la spiegazione di tutto il processo conoscitivo. Egli partiva dalla constatazione che la coscienza di qualunque sensazione inseparabile dalla coscienza del me e, osservando, quindi, che, daltra parte, questa coscienza fondamentale inscindibile dalle sue modificazioni, e che queste rimandano a un non-me di fronte al quale sempre io mitrovo, concludeva che loggetto risulta altrettanto come un dato originario che simpone con pari certezza della coscienza. Ma la polemica contro lilluminismo, il sensismo, lempirismo, venne sviluppata specialmente dai filosofi cattolici. La critica investiva, in primo luogo, lintero corso del pensiero moderno: questo, infatti, aveva posto il criterio del vero (e, quindi, anche del buono, del bello, del giusto) non pi in un valore assoluto e immutabile (come nella tradizione metafisica) ma nella mente e nella coscienza delluomo; aveva, quindi, sostituito il principio di autorit col criterio individuale (o sociale) di valutazione: perci esso avrebbe portato allindividualismo edonistico e allo scetticismo, allanarchica espansione delle forze individuali e allaffermazione del materialismo. Il compito dei liberali cattolici fu, dunque, la restaurazione della oggettivit dei valori e il recupero della prospettiva realistica (per cui la conoscenza adaequatio del pensiero allessere, cos come la morale adeguazione della volont umana al valore oggettivo del bene e edificazione di un ordine civile fondato sulla fede in una giustizia trascendente). Per Rosmini, il soggettivismo, in tutte le sue forme (da quella lockiana a quella condillachiana e a quella kantiana), era il grande errore da combattere. Nel Nuovo saggio sullorigine delle idee (1830) egli criticava le teorie gnoseologiche prevalenti nei secoli XVII e XVIII: quelle empiristiche e sensistiche, in quanto pretendevano di derivare tutta la conoscenza dallesperienza; quelle razionalistiche, in quanto concepivano linnatismo come presenza nella mente delle idee in quanto comprensive sia dei loro contenuti che delle strutture formali e logiche. Perci, rispetto al razionalismo, egli ammetteva il progresso compiuto da Kant e operava una riforma della stessa filosofia trascendentale in senso metafisico e realistico, riducendo i principi a priori a uno solo, lidea dellessere, come unica forma dellintelletto umano originaria ed essenziale. La prospettiva di Rosmini costituiva, in questo senso, un mutamento sostanziale rispetto a Kant: infatti, i princpi trascendentali nel criticismo avevano la funzione di giustificare la fondazione di una scienza Il maggior numero delle nostre idee non deriva dal nostro individual senso e dal nostro individuale intelletto, ma dai sensi e dagli intelletti degli uomini associati nella tradizione e nel commercio del sapere comune e dei comuni errori (C. Cattaneo, Psicologia delle menti associate). 276 Cattaneo pu essere collocato gi nellambito del positivismo. Egli credeva nellindefinito progresso dellumanit attraverso i benefici recati dallo sviluppo delle scienze e dalle relative applicazioni tecniche. In politica sostenne lideologia democratico-liberale, in economia difese il libero scambio, rifiutando il protezionismo statale; e cos anche difese la propriet privata, polemizzando contro i sostenitori del comunismo che demolirebbe la ricchezza sensa riparare alla povert (unespressione quasi profetica!); propose, come noto, la soluzione federalistica per lo stato italiano.
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fenomenica obbiettiva, mentre lidea dellessere aveva la funzione di dare un fondamento sicuro alla metafisica. Infatti la gnoseologia era concepita da Rosmini come una introduzione a unenciclopedia filosofica, la cui parte fondamentale era, appunto, la metafisica, articolata in metafisica dellente finito (o psicologia) e metafisica dellente infinito (o teosofia). Lidea dellessere non soltanto qualcosa di soggettivo: essa luce che emana dallessere e lo manifesta alla mente, e la sua oggettivit garanzia della oggettivit di ogni conoscenza determinata. Anche per Gioberti lidea dellessere costituisce linizio e il fondamento di ogni conoscenza. Ma questa idea, piuttosto che un semplice principio trascendentale, si configura come un vero e proprio principio conoscitivo fondamentale, cio come una formula ideale che esprime il concetto di ci che la realt nella sua totalit e nel suo principio. Questa idea racchiude in s la legge del complicato processo che lega ogni aspetto della realt al suo unico principio; ed espressa nella formula lEnte crea lesistente, lesistente ritorna allEnte; indica, pertanto, il processo ciclico che va da Dio verso il mondo e dal mondo verso Dio. I due momenti non sono due processi diversi, che si susseguono nel tempo, ma due aspetti del medesimo ciclo dialettico. E la conoscenza che si sviluppa a partire da tale formula non un semplice atto teoretico e contemplativo, bens si risolve, vichianamente, in un fare: essa un inserimento attivo del soggetto nel processo costruttivo della realt. La nostra mente non solo intuisce lopera di Dio (anzi il processo attraverso il quale Dio crea il mondo), ma anche partecipa a questa opera, si compenetra nel processo dialettico dellintera realt; la conoscenza, in questo senso, avviene allinterno del processo di produzione del reale e come un aspetto o una manifestazione di esso. La filosofia, che conoscenza del reale nella sua essenza e nella sua totalit, costituisce il grado eminente di questa partecipazione. La storia il processo di progressivo ritorno allessere totale. Da ci deriva limportanza della tradizione, intesa come il tramandarsi della stessa parola di Dio e il progressivo approfondimento della razionalit e il perfezionamento delle arti, delle scienze e delle istituzioni civili. Cos anche in tale contesto concettuale si spiegano la funzione primaria assegnata alla religione, in quanto conoscenza e culto dellEnte, e il primato della Chiesa nella guida del progresso morale e civile dellumanit.277 In Italia si profilava sempre pi insistentemente il tentativo di riportare i contenuti della cultura filosofica europea e specialmente tedesca a quelli della nostra tradizione, della quale il momento culminante appariva rappresentato dallo storicismo vichiano.278 In particolare, ora, il primato italiano veniva fatto consistere nella capacit di sintesi, cio di riuscire a fare convivere insieme i movimenti culturali pi diversi. Lo stesso positivismo, cos, sorse e si svilupp in Italia nel segno dello spiritualismo tradizionale: Ardig, pur collegandosi direttamente alle concezioni filosofiche di Spencer, fondava il suo positivismo nel naturalismo italiano del secolo XVI, richiamandosi specialmente a Pomponazzi, del quale sottolineava i seguenti motivi essenziali: indipendenza della ragione nella scienza, metodo positivo nella filosofia, la natura dappertutto nel mondo della materia e dello spirito, il concetto psico-fisico dellanima. Questa fondamentale unit di natura e spirito era presente anche nel pensiero di Bertrando Spaventa che pi direttamente si richiamava a Vico e risolvendo la natura nel fare umano cercava di attuare una sintesi originale tra idealismo e positivismo. Cos il positivismo si veniva a configurare come una filosofia della cultura (le forme del fare umano nelle quali si risolve il processo naturale). Alla luce della tradizione filosofica italiana, si tentava un ricongiungimento dellidealismo hegeliano con la scienza contemporanea; ma la pregiudiziale idealistica finiva per compromettere lattribuzione di validit oggettiva autonoma alle scienze empiriche.

Il romanticismo italiano La Chiesa, a sua volta, avrebbe dovuto, secondo Gioberti, accettare francamente tutti i progressi della scienza e della civilt moderna. Gioberti fu il pi avanzato dei liberali cattolici: egli dedusse dal suo pensiero conseguenze pratiche di portata rivoluzionaria, come la necessit di eliminare il potere temporale, di aggiornare la teologia che gli appariva indietro di secoli, di sopprimere il celibato dei preti, di sciogliere lordine dei gesuiti e cos via. 278 Il Gentile pot, perci, fare di Rosmini e Gioberti dei filosofi italiani, protagonisti del processo per cui sulla tradizione autoctona italiana erano stati innestati i fermenti rappresentati dal pensiero di Kant e di Hegel. E, prima di lui, Bertrando Spaventa elabor un significativo modello di interpretazione storiografica: dovendo risolvere lantimonia prodotta dal riconoscimento del primato della filosofia idealistica e di quello della tradizione italiana, escogit lo schema della circolazione del pensiero europeo, per cui il pensiero italiano del Rinascimento sarebbe stato la fonte di tutto il pensiero europeo e da qui sarebbe tornato in Italia, con la filosofia da Galluppi a Gioberti, quello stesso grande filone speculativo. Cos era illustrato il primato italiano, emblematicamente simboleggiato in bruno e Vico. Anche lArdig osservava che il pensiero moderno, a cui lEuropa deve la sua attuale condizione di grandezza e di potenza, la maturazione dun pensiero che nacque presso di noi negli anni della Rinascenza.
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Con la Lettera semiseria di Grisostamo, che il Berchet scrisse nel 1816 a proposito della traduzione di due ballate del Brger, si pu dire che incominci il romanticismo italiano. Quelle ballate il Berchet ritiene che siano romanzi e che debbano essere tradotte in prosa. Si tratta, infatti, di composizioni elaborate sulla base del principio della popolarit della poesia. Il Brger partiva dallidea che la sola vera poesia fosse la popolare. E il Berchet intende dimostrare questa tesi, ricollegandosi a Vico e citando i romantici stranieri (Burke, Lessing, Schiller, M. de Stal, Schlegel). Egli rileva che tutti gli uomini hanno nel profondo dellanima la tendenza alla poesia, che per lo pi rimane allo stato passivo, mentre nei poeti si manifesta in forma attiva.279 Berchet distingue tre categorie di individui: gli ottentotti, cio i primitivi, insensibili alla poesia; i parigini, i raffinati e anchessi divenuti insensibili alle emozioni poetiche, e il popolo, composto da tutti gli altri individui leggenti e ascoltanti. Quindi il Berchet passa a distinguere, nello sviluppo delle letterature nazionali, una poesia classica e una romantica: la prima sarebbe quella di coloro che intesero riprodurre le bellezze ammirate ne Greci e ne Romani e che imitarono, modificandoli, i costumi, le opinioni, le passioni, la mitologia de popoli antichi; la seconda, invece, quella di coloro che interrogarono direttamente la natura [], la credenza del popolo [], lanimo umano vivente e cos cantarono cose risultanti dalle usanze, ora cavalleresche, ora reliigiose, ora feroci, ma o praticate i presenti o conosciute generalmente; cose risultanti dal complesso della civilt del secolo in cui vivevano.280 Il Berchet giungeva a ritenere di poter nominare con tutta ragione poesia dei morti la prima , e poesia de vivi la seconda. Infatti, se la poesia espressione di sentimenti, bisogna riconoscere che lanima commossa al vivo dalle cose nostre che ci circondano tuttod, non dalle antiche altrui. Il Berchet, da quel punto di vista, considera romantici poeti come Omero, Pindaro, Sofocle, Euripide, perch non cantarono le cose degli egizi o dei caldei, ma quelle dei loro greci, cantarono, cio, la propria religione, i propri costumi, la propria storia e tradizione. Perci esorta i letterati del suo tempo a ispirarsi alla realt contemporanea della propria nazione, della propria societ e della propria civilt e a cercare di riproporre e rielaborare i temi tramandati dagli antichi; insomma a fare ci che gi altri letterati dEuropa facevano, in modo da non essere superati dallo stesso sviluppo degli eventi. Infine tratta di alcuni principi della poetica classicista: lunit di tempo e di luogo, secondo cui lazione di un dramma non dovesse superare le 24 ore o al massimo 36 ore;281 e luso della mitologia.282 La lettera di Berchet suscit immediate reazioni. Il Manzoni scrisse allora uno scherzo satirico intitolato Lira di Apollo, in cui immaginava che Apollo, per loltraggio alla mitologia minacciasse disastrose vendette; perci egli cercava di placarlo, invocandolo coi pi classici appellativi mitici e dicendo che il solo responsabile della condanna della mitologia era quel letterato che aveva scritto la Lettera semiseria, mentre tutti gli altri ancora non pensavano affatto di poter fare a meno delle immagini mitologiche; sicch infine il dio si convince a desistere dai suoi propositi di vendetta e stabilisce solo che quellunico letterato sia escluso dal privilegio di respirare le aure della poesia (non spiri aura di Pindo in sua parola:/ tutto ei deggia dallintimo/ suo petto trarre e dal pensier profondo). E anche del 1816 un discorso di M. de Stal, pubblicato sulla classicistica Biblioteca italiana del Monti, del Giordani e dellAcerbi, e intitolato Sulla maniera e lutilit delle traduzioni (tradotto dallo stesso Giordani), in cui si invitavano i letterati italiani a compiere traduzioni dalla contemporanea letteratura inglese e tedesca, in modo da uscire dalla tradizione classicista e introdurre nel panorama delle patrie lettere una certa aria nuova, dato che quelle favole mitologiche erano gi da un pezzo dimenticate.283 Il Giordani nella sua risposta rivendicava, invece, la validit della tradizione classica per la letteratura italiana; egli metteva in guardia, perci, i letterati italiani dai pericoli derivanti dal cercare di imitare gli stranieri, i quali seguivano una tradizione diversa e perci usavano immagini che gli italiani non potevano La natura, versando a piene mani i suoi doni sullanimo di que rari individui ai quali ella concede la tendenza poetica attiva, pare che si compiaccia di crearli differenti affatto dagli altri uomini in mezzo a cui la fa nascere. Di qui le antiche favole sulla quasi origine divina dei poeti, e gli antichi pregiudizi sui miracoli loro, e lest deus in nobis. Di qui il pi vero dettato di tutti i filosofi: che i poeti fanno classe a parte, e non sono cittadini duna sola societ ma dellintero universo (Cit. da F. Flora, IV, 308). 280 Cit. da F. Flora, IV, 309. 281 Luomo per virt della illusione teatrale pu arrivare a tanto chegli persuada se stesso dessere vissuto trentasei ore, quando non ne ha vissuto che le poche tre, per le quali dura lo spettacolo. 282 Tanto che appare insuperabile vestire di verit i concetti, di splendore le immagini, senza Minerve, senza Giunoni, senza Mercuri. 283 Perci scriveva M. de Stal gli intelletti della bella Italia, se amano di non giacere oziosi rivolgano spesso
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lattenzione di l dallAlpi; non dico per vestire le fogge straniere, ma per conoscerle; non per diventare imitatori, ma per uscire da quelle usanze viete, le quali durano nella letteratura come nelle compagnie i complimenti, a pregiudizio della natura schiettezza (Ibid., p. 314).

che imitare molto estrinsecamente, laddove invece lo spirito della classicit era in essi intrinseco e perci costituiva ancora quasi lunica grande fonte di ispirazione.284 Anche il Leopardi invi una lettera alla Biblioteca Italiana su quellargomento. Partendo dal presupposto che non liitazione che fa i poeti bens lispirazione (scintilla celeste, e impulso sovrumano vuolsi a fare un sommo poeta, non studio di autori, e disaminamento di questi stranieri), egli pu respingere linvito della Stal notando che non qualche modello da imitare che manca agli italiani, ch anzi essi da qualche tempo hanno scoperto quelle letterature e si sono messi a imitare quei modelli (che hanno introdotto un gusto diverso) con risultati certo non esaltanti (temo assalissimo la soverchia imitazione alla quale Italia piega tanto), giacch i nostri letterati assai frequentemente trovano in quegli scrittori esagerazioni ed immagini gigantesche, ed assai radamente la vera castissima santissima leggiadrissima natura. Perci il Leopardi, anzich unirsi alla Stal, si augurava che la letteratura italiana continuasse nella sua tradizione e seguisse la sua maniera, dato che essa di tutte le letterature del mondo la pi affine alla greca e latina, cio a dire [] alla sola vera, giacch la sola naturale, e in tutto vota di affettazione. I romantici italiani fondarono Il Conciliatore, periodico che usc il 2 settembre 1818 a Milano e che fu soppresso dal governo austriaco nellottobre del 19. Gi a difesa della Stal si era pronunciato il di Breme nel suo opuscolo Intorno allingiustizia di alcuni letterati italiani: egli delineava un quadro desolante delle condizioni della cultura italiana, tutta intenta a esaltare il passato e a rifiutare il commercio quotidiano didee e di lumi con gli altri ambiti culturali; quindi rilevava che i letterati italiani si attardavano ancora nellus di una lingua statica, strumento arcaico superato e non rispondente alle esigenze poste dai nuovi contenuti espressi dai tempi e, dunque, a esprimere il pensiero vivo. Daltra parte, rilevava che i grandi scrittore italiani non si erano adattati alla semplice imitazione dei modelli classici; da Dante unico, incomparabile, eterno al Petrarca Tirteo insieme dellItalia italiana e non latina, dallAriosto lumeggiante romantico al Tasso altrettanto originale e moderno nel colorito e nellargomento, quanto ligio al rito epico e al sistema scolastico nella struttura della magnifica sua epopea; perci poteva affermare che la letteratura italiana era stata sempre romantica, perch atta a esprimere tutte quelle impressioni, tutti quegli effetti che sono presenti nelle facolt sensibili e contemplative delluomo.285 Il di Breme rivendicava i diritti della fantasia, la libera interpretazione della natura: il poeta, perci, non pu essere prigioniero di rigidi canoni estetici e di modelli da imitare; egli, piuttosto, deve attingere la sua arte dalla sua capacit di liberamente interpretare la realt, in modo da trarne una rappresentazione originale. Un altro significativo intervento di Pietro Borsieri: unoperetta intitolata Avventure letterarie dun giorno o consiglio di un galantuomo a vari scrittori e pubblicata nel settembre 1816. Lautore ribadiva uno dei principi dominanti del nostro romanticismo, cio che la letteratura ha il compito di illuminare il vero e giovare per la via del diletto alla coltura delle moltitudini, e, pertanto, metteva in rilievo lesigenza di una letteratura popolare, alla quale fosse interessata una moltitudine di lettori.286 Nel gennaio del 1818 appariva un altro intervento del di Breme: precisamente si trattava di due articoli pubblicati nello Spettatore; in seguito alluscita della traduzione italiana del poemetto byroniano Il Giauro. Il di Breme ribadiva la superiorit dei moderni rispetto agli antichi: essi, infatti, sarebbero pi progrediti in fatto di cognizione del cuore umano; sicch componente principale della poesia moderna il patetico, inteso come espressione di ci che vha di pi riposto e di pi profondo nellanimo, cio del sentimento come stato profondo dellanimo stesso. Riuscire a esprimere ci che si agita nel pi profondo dello spirito sarebbe una capacit propria dei moderni. Gli antichi, invece, avevano sviluppato una poesia dimmaginazione: le immagini poetiche erano quelle suscitate dai fenomeni naturali, inspiegabili con la ragione. Il meraviglioso mitologico era proprio di quei popoli che ancora non si davano spiegazioni razionali dei fenomeni della natura e guardavano tutto con balorda ammirazione, immaginandosi una infinita gerarchia di miracolose potest. Ma ora quel mondo mitologico non poteva pi continuare a costituire la sostanza della poesia; ormai lo sviluppo della ragione e dello spirito scientifico aveva tolto ogni significato a quel mondo favoloso. Perci occorreva fare riferimento ai contenuti propri della modernit: le religioni spirituali e ascetiche, lamore sublime, gli espedienti e i coloriti rivelati dalle nuove conoscenze, le

Studino gli Italiani nei propri classici; e ne Latini e nei Greci: de quali nella italiana pi che in qualunque altra letteratura del mondo possono farsi beglinnanti; poich ella pure un ramo di quel tronco; laddove le altre hanno tuttaltre radici; e allora parr a tutti fiorita e feconda (Cit. ibid., p. 315). 285 Cfr. Letteratura italiana, Garzanti, VII, 471. 286 Allora si forma scriveva il Borsieri dir cos, uninvisibile catena dintelligenza e didee tra il genio che crea e la moltitudine che impara; si sente e sindaga il bello con pi profondit; i falsi giudici sono pi facilmente combattuti; ai veri granduomini concessa la gloria e agli ingegni minori la fama.

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stesse conquiste dellindustria. Piuttosto che alle forme secondo cui gli antichi avevano interpretato la loro visione della natura e i loro sentimenti, bisognava riferirsi unicamente ai sentimenti suscitati dalla visione diretta delle cose e nelle nuove condizioni caratterizzate dallo sviluppo della ragione scientifica. Il Pellico, intanto, ricordava la tesi secondo la quale il romanticismo fosse nato dopo lavvento del cristianesimo e le invasioni barbariche, allorch si formarono le lingue romanze dalla corruzione del latino e i poeti (a cominciare dai provenzali) trattavano argomenti confacenti al proprio tempo. Lo spirito romantico consisterebbe, dunque, nel rendere originalmente i propri pensieri, invece di andarli a cercar belli e fatti in altrui. Romantica, in questo senso, sarebbe la letteratura liberamente ispirata dalla realt storica contemporanea o dalla tradizione nazionale, mentre i classicisti avrebbero abbandonato (specialmente in Italia) quella ispirazione, per assumere, invece, come modelli e fonte dispirazione i contenuti gi rappresentati nelle opere antiche. Nel secondo articolo pubblicato nelle Avventure il Borsieri, dopo aver notato che la Biblioteca Italiana aveva deluso le aspettative degli intellettuali che richiedevano la discussione di temi attuali, auspicava un giornale che complessivamente costituisse una lunga e bellopera di natura e di storia letteraria e scientifica, distribuita a varie riprese per non generare saziet, e per seguire davvicino i successivi progressi dello spirito umano. Del resto nellambiente milanese era avvertita questa esigenza: i grandi problemi della cultura interessavano lintera societ (o almeno un ampio strato sociale) e si rendeva necessario un organo di stampa che li dibattesse e li facesse arrivare al popolo. Cos, fin dai primi mesi del 1816 il di Breme, il Borsieri e il Pellico avevano progettato un giornale che fosse alternativo alla Biblioteca. Quel gruppo poi aveva intessuto una serie di rapporti con altri gruppi e circoli (quello del Berchet e del Manzoni e quelli torinese, fiorentino, bresciano, nonch quelli ginevrini, parigini, londinesi). Il nuovo giornale si chiam Il Conciliatore proprio perch esso riuniva in un unico programma il gruppo che faceva capo al di Breme e quello manzoniano; ebbe sede nel palazzo del conte Luigi Porro Lambertenghi (dei cui figli era precettore il Pellico); sostenitore finanziario fu, insieme al Porro, il conte Federico Confalonieri. Il giornale usc due volte la settimana per 118 numeri, dal 3 settembre 1818 al 17 ottobre 1819. Lo stesso Gonfalonieri, il Porro, il Gioia vi collaborarono per la parte riservata alla statistica, economia, manifatture, agricoltura, arti e scienze. Il programma fu dettato dal Borsieri: si escludevano dallinteresse del giornale le questioni di pura erudizione, le dispute grammaticali, le oziose gare arcadiche, la letteratura della nuda parola; si mettevano, invece, in primo piano i problemi di interesse generale, cio i problemi sociali, pedagogici, etici, economici, e soprattutto quelli riguardanti lagricoltura e il commercio; e, insieme, per rendere pi piacevole la lettura, si ammettevano sezioni relative ai ridenti studi della bella letteratura; in sintesi di proponeva lintento di diffondere la sociale filosofia dei costumi e a un tempo gli studi generosi del bello. Il Conciliatore non ospit molti scritti teorici sul romanticismo, ma i principi romantici affioravano nelle recensioni a opere di vario argomento. Sono da ricordare soprattutto gli scritti di Ermes Visconti, in primo luogo le Idee elementari sulla poesia romantica, e il Dialogo sulle unit drammaturgiche di luogo e di tempo: scritti che non riescono a dare una trattazione organica dei principi del romanticismo e comprendono un complesso di osservazioni sparse, con intento piuttosto divulgativo. Una certa continuit ideale dovette pur esserci tra Il Conciliatore e lAntologia. Anche la nascita di questultima fu il risultato di una serie di discussioni e progetti lunghi e complessi, che ebbe luogo per iniziativa dello storico Gino Capponi e Gian Piero Vieusseaux. Il periodico incominci a uscire nel 1821 col programma di raccogliere articoli tratti da altre riviste, specialmente traduzioni di scritti stranieri, cio di costituire una specie di collezione italiana, vero luogo dincontro dellintero mondo culturale. Esso poi conserv un interesse prevalente per gli studi scientifici e cerc di tenere vivo il concetto di una letteratura impegnata e al passo dei tempi. Il Tommaseo ne divenne il pi famoso collaboratore fisso. Il Manzoni intervenne nella discussione sul romanticismo con due scritti che sono considerati i contributi pi significativi sul chiarimento della questione sulla poetica romantica: le Lettere in risposta al classicista francese Victor Chauvet, il quale, discorrendo del Conte di Carmagnola sulla rivista Le Lyce franais del maggio 1820, aveva avanzato nuovi argomenti in difesa delle unit drammatiche; e la lettera al marchese Cesare Taparelli DAzeglio sulla mitologia. Il Manzoni aveva iniziato la sua carriera di critico e teorico dellarte con una difesa (nella Prefazione) del Carmagola (1820), che rispondeva alle richieste del Visconti: non teneva pi conto delle unit drammatiche ed era basato sulla storia italiana, secondo il principio che lopera di poesia doveva aderire rigorosamente alla verit storica e doveva fornire la verit psicologica dei personaggi e degli avvenimenti. Nella lettera allo Chauvet, a chi chiedesse che cosa restasse al poeta, togliendo ci che lo distingue dallo storico, cio il diritto dinventare i fatti, rispondeva: Ce qui en reste? La psie; oui, la posie. La storia, infatti, ci d il racconto degli avvenimenti considerati nella loro esteriorit : ci che gli uomini han fatto, ma

non ci che essi hanno pensato, i sentimenti che hanno accompagnato le loro decisioni e i loro progetti, e i discorsi coi quali essi hanno cercato di esprimere le loro passioni e comunicarle agli altri: invece di ci deve parlare il poeta, lartista. Costui ha il compito di scavare nellanimo di quei personaggi e svelare cos i loro interni sentimenti e infine svelare ci che negli avvenimenti o nelle decisioni dei grandi personaggi c di misterioso e profondo, come ad esempio il sentimento religioso che le ha ispirate o laspirazione alla gloria o la virt eroica o il senso del destino umano e della storia, e cos via. Infatti, la Prefazione del Carmagnola aveva provocato in Francia una difesa delle famose unit da parte di uno scrittore poco conosciuto, lo Chauvet. La poesia drammatica, secondo il Manzoni, ha lo scopo di spiegare ci che quei personaggi hanno sentito, veduto e sofferto nel corso delle loro azioni. La lettera al DAzeglio, che il Manzoni scrisse nel 1823, una difesa del romanticismo. Lautore osservava che il romanticismo, proponendosi descludere tutte le norme, che non siano veramente generali, perpetue, ragionevoli per ogni lato, viene a renderne pi scarso il numero, o almeno pi lenta la scelta. E proponeva come oggetto dellarte romantica il vero storico, la storia moderna in gran parte dominata dalla concezione cristiana della vita. Si trattava di vedere come lo stesso cristianesimo avesse agito sullo sviluppo della storia e avesse ispirato le stesse vicende e le decisioni dei grandi protagonisti. Il Manzoni ripudiava lidea che il romanticismo avesse a che fare con un mondo tenebroso, di fantasmi, di spettri e di streghe. Sulla base di questi principi egli si accingeva a scrivere il suo capolavoro. Egli, rilevando come per i romantici la poesia dovesse avere per oggetto il vero, condivideva la condanna della mitologia, tanto da giungere a dire che luso della favola idolatria. Il dibattito sul romanticismo, dopo una pausa seguita al 21, dovuta al fatto che il di Breme era morto, il Pellico e il Borsieri arrestati e riparato allestero il Berchet, riprese nel 1825, allorch venne pubblicato il montiano Sermone sulla mitologia. Audace era per Monti la scuola romantica che bandiva tutti gli di dallOlimpo e metteva in fuga le Grazie, senza il cui riso nella cosa bella, e costrette ora a cedere il campo ai lemuri e alle streghe; e la nuova poesia nordica, che si fondava sul tetro vero, avendo a sdegno i sogni e le favole antiche, abitar gode ne sepolcri e tutte/ in lugubre color ginger le cose. Il Monti riprendeva motivi che erano gi stato messi in evidenza da Francesco Vileardi nel 1822 nel sermone Sopra il romanticismo: i romantici erano considerati stregoni, in quanto prediligevano le descrizioni della natura sconvolta dagli uragani e i paesaggi notturni al riflesso raggio/ di sanguinante luna, le scene truculente di omicidi e suicidi per amore nella spettrale cornice dun cimitero, le scene macabre e cruente di eroi che mangiano il suore dei loro nemici, e cos via. Gioberti ed Hegel La filosofia italiana degli anni del Risorgimento partecipava energicamente al movimento di reazione contro il sensismo e il materialismo del Settecento e rimaneva legata alla visione tradizionale di uno spiritualismo dualistico (che opponeva lo spirito alla natura). Vincenzo Gioberti, che tra il 1827 e il 32 guardava pi a Giordano Bruno che a Schelling e a Hegel, aveva espresso certe tendenze panteistiche. La Rivelazione scriveva non altro che la Ragione considerata sotto il rispetto religioso, cio come la voce di Dio. Infatti la ragione assoluta, impersonale, immutabile non luomo come individuo, ma luomo come Dio; Dio medesimo. Bisogna distinguere la ragione spontanea dalla riflessione [] La prima una vera e propria Rivelazione. Lo stesso linguaggio riecheggiava nelle lezioni tenute dal Cousin alla Sorbona al tempo della sua momentanea adesione allidealismo immanentistico. Ma il fervore panteistico giobertiano dur poco (Galletti, p. 24). Nel Primato Gioberti riconosceva nel cattolicesimo lautentica linea della tradizione filosofica italiana e poi nel Rinnovamento civile d?Italia (1851) rompeva nello steso tempo col cattolicesimo reazionario e col panteismo idealistico e invitava il pensiero italiano a seguire una via autonoma, segnata dalla ragione guidata dalla scienza e dallesperienza. La scuola mistica scriveva il Gioberti (Del Rinnovamento, II, 7, Della scienza civile italiana) considera il Cristianesimo come lunica base della civilt nostra e reputa lantico retaggio che i Greci e i Romani ci tramandarono per cosa corrotta e diabolica. E si divide in due fazioni, luna vaga dellassoluto (il suo oracolo Giuseppe De Maistre) e laltra del popolo. Quella fa del papa un autocrate, questa un tribuno; ma amendue si somigliano, in quanto ripongono la coltura nellascetica e mutano la citt in un convento governato allaristocratica dai vescovi e dai Gesuiti; o alla democratica, dai curati e dai cappuccini. E il panteismo e, si pu dire, la demagogia del pensiero e della speculazione; e come il costume demagogico annulla nella operativa ogni civilt e fino s stesso, cos gli andazzi panteistici sovvertono il sapere in universale e lo riconducono per mezzo della confusione al caos e al nulla dellignoranza. La logica di Hegel aggiungeva il Gioberti non altro, a cappello, che lideologia psicologica trasferita nei campi dellontologia. Contro il panteismo di

Hegel, che identificava il reale con la razionalit, egli affermava la realt dellideale, definendo il reale come lattuazione delimitata dellideale. Il Gioberti, quindi, additava in Hegel il teorico della democrazia, che avrebbe gettato, perci, i primi semi (bench ancora occulti) del socialismo immoderato e del comunismo. Egli, intorno al 1850 aveva lo sguardo rivolto principalmente a quanto scrivevano i democratici della Giovane Europa che anchessi trovarono nelle teorie di Hegel un fondamento filosofico alle loro speranze e alle loro promesse (Galletti, p. 26). Perci osservava che la filosofia hegeliana era come la metafisica della politica accreditata presso un certo numero di democratici. Il pensiero italiano, dunque, non avrebbe dovuto seguire n la strada dello spiritualismo cattolico n quella dellimmanentismo e del panteismo idealistico. Esso si sarebbe dovuto ispirare alla sua migliore tradizione e sarebbe dovuto essere espressione della ragione libera da pregiudizi. In modo certo, dunque, Gioberti rilevava la necessit di un pensiero nazionale, alla cui elaborazione evidentemente egli credeva di dare un grande contributo. Che cosa infatti dee essere il rinnovamento, se non la creazione civile dItalia? E come creare senza il pensiero, che la radice dellatto creativo e della sua essenza? Il pensiero legge, diritto, dovere, autonomia, libert, unione, nazionalit, ordine, progresso, scienza, poesia, potenza, gloria, virt, felicit e brevemente ogni cosa, quando tutti i beni per la via del pensiero si acquistano, si conservano e si godono e in lui sostanzialmente si reggono, tanto che il declinare dei popoli e degli individui non altro che indebolimento e scemenza della loro virt cogitativa. La religione stessa pensiero nella sua forma pi eccellente; e lo scadere odierno delle credenze procede, se ben si guarda, dallessersi attenuata la mentalit loro. Lande il restauro della filosofia conferir a ravvivarle e a rimetterle in credito, ritirandola allidealit primigenia e al senso cattolico, che il pensiero della chiesa universale (l. cit.). Gioberti intendeva seguire la linea del romanticismo liberale italiano, cio quella di un prudente intellettualismo illuminato dallesperienza (Galletti, p. 27). La redenzione dItalia scriveva nel I capitolo del Rinnovamento vuol procedere spontaneamente, cos nei concetti come nei modi, in guisa che lavvenire germini dal presente e dal passato []. Ed essendo spontanea e italiana, sar eziandio moderata, conciossiach la moderazione risegga nel conformarsi alla natura, che non cammina a salti n a sbalzi, ma a passi misurati. Egli riconosceva che il risorgimento italiano doveva essere democratico e comportare il riscatto civile del popolo; ma avvertiva che la democrazia non poteva significare affermazione dellarbitrio popolare, in quanto la volont popolare esprime esigenze momentanee e particolari e non, invece, qualcosa come ci che bene per luomo. La volont nel maggior numero non pu aver forza assoluta di legge, se non in quanto si conforma colla ragione e col vero. La ragione adunque e non la volont generale semplicemente la legge suprema; onde ragione nel nostro idioma suona anche legge e diritto. In coerenza con tali principi teorici, il Gioberti indicava come le fondamentali istanze politiche del tempo la libert del pensiero, lautonomia nazionale e il riscatto del popolo. Nellopera del Manzoni egli vedeva, infine, lespressione autentica di unarte popolare (democratica). In sostanza, dunque, Gioberti (almeno quello del Rinnovamento, intorno agli anni 50) appare come risolutamente atihegeliano, in quanto vedeva nellhegelismo la dissoluzione della religione nel panteismo, la distruzione dellideale nel reale, la risoluzione dei principi permanenti della metafisica nel processo nullificante della dialettica, e, infine, la giustificazione della volont popolare e dunque la legittimazione di una democrazia demagogica. Evidentemente non era tutto ci lhegelismo autentico. Ma il Gioberti conobbe, quindi, questo hegelismo? Sembra che anche nelle sue ultime opere egli abbia sottolineato la sua differenza rispetto a Hegel. E in questo senso ci sarebbero poche differenze tra il Gioberti del Rinnovamento e quello della Protologia; o, almeno, questa la nostra impressione. Lo stesso grosso studio di Spaventa su Gioberti sembra che accrediti questa convinzione: Spaventa compie una scrupolosa, dettagliata lettura di Gioberti dal punto di vista dellhegelismo, cio mettendo in rilievi i limiti e gli errori del giobertismo in rapporto alla verit idealistica. Interessante a questo punto sarebbe valutare questa lettura, non per metterne in rilievo i limiti, ma per rilevare il particolare metro storiografico. Spaventa, che si attribuiva il compito di aggiornare la filosofia in Italia attraverso la piena acquisizione di Hegel, rilevava i limiti e le insufficienze della precedente posizione di quella filosofia nei confronti dellhegelismo. Sul Galluppi A proposito del Galluppi, da osservare la sua parziale ricezione della lezione kantiana. In particolare, emerge lidea di una fondamentale corrispondenza tra il reale e il soggetto: in questo senso si pu dire che egli ricusi il principio della filosofia moderna, per cui si tende a ricercare il fondamento della certezza nellio pensante e conoscente e poi si ribadisce lassoluta eterogeneit del soggetto, con conclusioni inevitabilmente scettiche. Il soggettivismo moderno sarebbe strettamente connesso con lo scetticismo. Perci Galluppi

concorda con Kant, nella delineazione del sistema dei principi a priori, ma ritiene che a tale sistema corrisponda un insieme strutturale analogo sul piano della realt. La verit, insomma, sarebbe, come per gli antichi, nella corrispondenza tra il sentire, il pensare, il ragionare, propri del soggetto, e le forme dellesistenza oggettiva. Galluppi aderisce a un ontologismo di tipo tradizionale e ritiene che non avrebbe senso costruttivo un trascendentalismo critico (kantiano) senza un corrispondente ontologismo. Perci le forme principali e originarie della certezza, lidea dellesistenza di s e quella del mondo esterno, sono aspetti di ununica condizione essenziale, che racchiude insieme il mondo e lio, loggetto e il soggetto. I principi a priori sono definizioni dei modi di giudicare (di costruzione dei giudizi) non meno che definizioni dei modi dessere delle cose. Comunque non sono solo principi trascendentali, appartenenti esclusivamente alla costituzione del soggetto e da qui riflessi sulla rappresentazione degli oggetti. Loggettivit ha una sua costituzione fondamentale che insiste sulla realt stessa delle cose. Essa non , cio, una semplice e totale costruzione da parte dellio. Partendo da questo presupposto, Galluppi fonda la sua teoria della conoscenza ed elabora alcuni principi metafisici. La riflessione sulla costituzione dellio conduce allidea dellessere spirituale, pensante, libero, dunque a una specie di spiritualismo; quella sulla realt esterna conduce a una cosmologia razionale fondata sulla concezione unitaria del cosmo, basata sui principi di finalit, di creazione da parte di un Ente supremo, di insita intelligenza. Le idee dellio spirituale e di Dio come principio di ogni realt sembrano dunque costituire i principi fondamentali della metafisica. Galluppi ritiene, in questo modo, di avere riesaminato la questione critica della certezza conoscitiva e di avere posto i presupposti per il superamento del soggettivismo moderno. Si pu intravedere in questa concezione una prima esigenza di andare oltre il criticismo di Kant, cio quella stessa istanza che aveva costituito la base e il punto di partenza per lo sviluppo dellidealismo? Galluppi, come i critici di Kant, ha messo in rilievo i limiti del kantismo. Ma non riuscito a trarre tutte le conseguenze dal criticismo: egli, piuttosto, tornato indietro, mettendo un po Kant tra parentesi e non tenendo conto di tutto il senso della filosofia trascendentale. Ha soltanto recepito, di Kant, listanza critica di un processo di esame delle condizioni della conoscenza. I neokantiani italiani Il Fiorentino in un saggio sulle correnti filosofiche in Italia dopo il 1860 avvertiva che la filosofia italiana di questo secolo si pu dire che sia nata e cresciuta sotto gli auspici di Kant, pur quando sembra che se ne voglia risolutamente dipartire. Significativamente, lattivit filosofica dello Spaventa aveva avuto inizio (se si prescinde dagli Studii sopra la filosofia di Hegel) e si era conclusa con lavori di argomento kantiano: La filosofia di Kant e la sua relazione colla filosofia italiana (1856) e Kant e lempirismo (1880): nel primo egli aveva cercato di mettere in luce gli stretti rapporti di Kant con lo sviluppo della filosofia italiana e nellultimo aveva inteso controbattere la lettura empiristica che alcuni neokantiani andavano compiendo. Il neokantismo in Italia assunse caratteri peculiari, ben diversi da quelli propri del movimento originario che si svilupp in Germania in seguito al ritorno a Kant sostenuto dal Liebmann nel 1865. Come indice dellinteresse per Kant in quegli anni si pu fare riferimento tuttora al saggio di Luigi Credano del 1886, Alfonso Testa e i primordi del kantismo in Italia. Il ritorno allo studio di Kant in Italia ebbe una portata notevole, in quanto, oltre a stimolare una serie di studi e di ricerche sul criticismo, contribu a rafforzare i legami del pensiero italiano con la cultura europea e a immettere i fermenti (specialmente dimpronta neoidealistica) nel circuito internazionale. Questo contatto diretto con gli ambienti europei della rinascita kantiana si attua anche nella forma della frequentazione da parte dei nostri kantiani di corsi tenuti dai maggiori rappresentanti del neokantismo, come il Cantoni, che fu allievo del Trendelenburg e del Lotze a Berlino e a Gottinga. In contrapposizione al positivismo, i neokantiani, mentre ammettevano lesigenza di una giustificazione del progresso scientifico e dunque la validit oggettiva delle scienze positive, rifiutavano gli esiti della metafisica naturalistica e difendevano lapplicazione dei principi trascendentali alla sfera delletica. Essi, inoltre, criticavano linterpretazione di Kant in senso idealistico e, perci, intendevano correggere la posizione radicale sulla concezione dei principi trascendentali attraverso una ricerca di tipo nuovo, di stampo psicologistico, intorno ai processi genetici dei principi a priori (lo spazio e il tempo e le categorie). A questo proposito Giacomo Barzellotti osservava: In altre parole, il Kant non si propose il problema psicologico che esce da quello, pi generale, della Critica. Di qui nacque che, egli lasci di spiegarci che cosa siano e come debbano considerarsi quelle sue forme del senso e categorie dellintelletto (spazio, tempo, causa, ecc.), e siano o no innate (di che i suoi interpreti discutono ancora), ma non si dimand se lufficio, chesse

hanno, secondo lui, nel processo del nostro pensiero gi adulto, labbiano pure sin da principio in quello dellesperienza individuale e soggettiva.287 In questo senso, il Barzellotti proponeva unintegrazione del punto di vista trascendentale con quello psicologico e psicogenetico, al fine di conseguire una migliore descrizione dei processi cognitivi e una pi completa fenomenologia dellesperienza scientifica. Lindagine psicologica aveva la funzione di evitare gli esiti idealistici e soggettivistici e nello stesso tempo si proponeva di legittimare loggettivit della scienza. Sintendeva ribadire il valore oggettivo della conoscenza scientifica basata sullesperienza e si ammetteva, daltra parte, lesclusiva forma trascendentale dei principi della morale, per sottrarre questultima al dominio empirico e naturalistico.288 Il vasto studio su Kant, in tre volumi (1879-84), valse a Carlo Cantoni il dottorato honoris causa dellUniversit di Knigsberg, che lo riconobbe Disciplinae kantianae interpres subtilissimus. In contrapposizione allinterpretazione razionalistica, che sopravvalutava la funzione aprioristica, egli accentuava la funzione dellesperienza nellincremento delle scienze: per Kant, la scienza in ultimo essenzialmente sperimentale; essa non progredisce con il semplice sviluppo delle forme conoscitive, ma colla incessante applicazione di queste al reale empirico, agli oggetti del senso. Infatti, si darebbe una corrispondenza tra le leggi del pensiero e le strutture della realt. Felice Tocco espose il suo neokantismo negli Studi kantiani del 1909. Al suo maestro Spaventa egli rimproverava di piegare tesi preconcette linterpretazione dei filosofi, laddove occorreva trarre il criterio interpretativo nel grembo del sistema medesimo che si critica. Rifiutava, come il Cantoni, linterpretazione razionalistica di Kant sostenuta specialmente dal Paulsen e quelle idealistico-critiche di Cohen e Natorp; e metteva in rilievo lesigenza di una integrazione psicologistica della prospettiva trascendentale. Questultima istanza lo portava a guardare agli empiristi, al Locke della distinzione tra qualit primarie (reali, obbiettive) e secondarie (soggettive). Lestensione verrebbe, in tal modo, a configurarsi come la forma propria della conoscenza della natura, mentre i dati sensibili verrebbero a costituire il materiale oggettivo.289 Perci la filosofia kantiana si sarebbe dovuta considerare come un realismo empirico, dato che il fenomeno nella sua materia non posto dallo spirito, ma a lui dato; ma anche come un idealismo trascendentale, perch cade sotto la cognizione quello solo, che pu essere elaborato dallattivit sintetica dello spirito, vale a dire i rapporti formali dei dati. In questo senso, una specie di real-idealismo sarebbe da individuare nella stessa prospettiva kantiana, prima ancora che nello Spaventa. In un contributo su Kant e la scienza, il Tocco esamin gli scritti scientifici di Kant, riscontrandovi unanticipazione delle dottrine trasformistiche. Nel saggio Le disfatte della scienza, del 1896, sostenne la difesa del sapere scientifico e dei suoi recenti progressi, osservando che parla di disfatta solo chi sotto il nome di scienza nasconde una speculazione non meno dommatica dellavversaria, e contro la quale protestano prima degli altri gli uomini stessi della scienza. Il Fiorentino dedic numerosi studi a Kant, tra i quali fondamentale rimane Kant e il mondo moderno, del 1865. Egli mise in luce la funzione di Vico nello sviluppo del pensiero moderno, da Cartesio a Kant. Infatti il Vico indag intorno ai modi storici in cui luomo fa la scienza. In tale prospettiva rivolta alla funzione della mente umana, il Fiorentino rilevava, al pari degli altri neokantiani, limportanza dellindagine psicologica e genetica, da affiancare a quella sulla dimensione trascendentale dellesperienza e del giudizio. Anzi, il Fiorentino giunse a negare il carattere trascendentale delle forme a priori, considerandole come strutture generate per via psicologica, attraverso i processi di associazione e mediante labitudine, e trasmesse per eredit (dunque a priori per lindividuo ma a posteriori per la specie). Al kantismo il Barzellotti ha dedicato un saggio molto informato e puntuale: La nuova scuola del Kant e la filosofia scientifica contemporanea in Germania, pubblicato sulla Nuova Antologia del 1880. Neokantiano considerato anche Alessandro Chiappelli, col suo studio Dalla critica al nuovo idealismo (1910).

La psicologia dellet evolutiva (ad esempio quella del Piaget) ha indagato la formazione delle categorie del pensiero (ai suoi vari livelli), in stretta connessione con lo sviluppo dellesperienza. Rimane che lindagine kantiana di tipo diverso (trascendentale) e non riguarda gli aspetti genetici delle strutture mentali. 288 Per i neokantiani italiani, nei principi trascendentali si rivela la realt stessa, nel suo essere vero e nella sua essenziale razionalit. In questo senso, osserva il Tocco, il Cantoni avrebbe dovuto cercare lin s [] nella qualit seconda di Locke, imperocch riducendo lestensione ad essere forma ed il rimanente che si trova nelle nostre sensazioni ad essere materia, dovea considerare lestensione come soggettiva, e la materia e quindi tutte le qualit seconde secondo il Locke, se non come oggettive, come date dalloggetto. Questa la schietta dottrina di Kant egli dichiarava mettiamo anche che non labbia espressa con tutta la chiarezza desiderabile (cit. da M. Quaranta, in Geymonat, vol, VI, p. 325).
289

287

Filippo Masci, nel libro conclusivo della sua parabola filosofica, Pensiero e conoscenza (1922), rifiutava le posizioni kantiane relative alla costituzione trascendentale del soggetto e accentuava limportanza dellindagine sulle strutture psicofisiche e sulla loro funzione nella fondazione della conoscenza, per approdare a conclusioni sostanzialmente idealistiche. Infatti osservava che tra lorigine kantiana da una parte e lempirismo dallaltra, la via che il nuovo indirizzo segna quella delloriginalit di tutte le forme soggettive, dati, logica, organismo, forme della conoscenza, come prodotti delloriginalit dello spirito nel suo aspetto subiettivo e creatore dellesperienza, secondo i suoi bisogni conoscitivi. Questo il punto di approdo, sostanzialmente idealistico, di quel neo-kantismo che aveva tentato, con un richiamo acritico alla psicologia, di rispondere ai gravi problemi che il sapere scientifico e filosofico avevano sollevato (M. Quaranta, l. cit., p. 328). In realt, il Masci rilevava lesistenza di principi oggettivi del conoscere, sia pure incardinati nella struttura psicofisica del soggetto. Tali principi corrispondono alle strutture intelligibili della realt: per cui la conoscenza non attivit alteratrice bens potenziatrice della realt; cio si costituisce come rivelatrice delle cose nel loro essere. In tal modo si intendeva riaffermare il valore delle scienze positive. Le forme a priori sono valide per la realt qual in se stessa, appunto perch questa non distinta dal suo rivelarsi nellesperienza, e, nella sua profonda radice, non materia pi che spirito o spirito pi che materia, bens lunit indifferenziata delluna e dellaltro, un principio psico-fisico che, progressivamente potenziandosi, si rivela nella dualit di natura e spirito (Lamanna, p. 767). In tal modo si profilava una specie di idealismo naturalistico. In realt, in tal modo, il neocriticismo italiano apriva e chiudeva una parentesi nel percorso dellhegelismo, che, dopo quellesperienza, tornava a riprendere il suo cammino con nuove prospettive e aperture nel panorama della cultura italiana di fine secolo XIX. La metafisica di Sebastiano Maturi Che dire dellipotesi metafisica di Sebastiano Maturi, scolaro di Bertrando Spaventa e artefice, insieme ad altri, dello sviluppo dellhegelismo in senso real-idealstico? Sembra che si tratti di una ipotesi che tiene conto dello sviluppo delle scienze fisiche e specialmente delle ricerche intorno alla costituzione e struttura della materia. Per Maturi, infatti, alla base dellintero sviluppo reale occorre porre qualcosa come un principio di attivit continua, di autoproduzione. Tale attivit originaria si articolerebbe nella forma del pensiero e in quella della materia. La materia un aspetto del processo dellattivit originaria; e il pensiero laspetto corrispondente sul piano spirituale. In tal modo il Maturi avrebbe dato un contributo decisivo al realidealismo. Il processo di produzione della materia andrebbe dal pensiero verso la struttura materiale/reale, verso unoggettivit, che poi viene ricondotta sul piano spirituale dellintelligenza. Tutto per avverrebbe come in una specie di attivit circolare, per cui si avrebbe un rifluire continuo dal pensiero alla materia e da questa a quello: qualcosa come un processo emanativi articolato attraverso le fasi del depotenziamento verso la materia e del ritorno allUno. Si hanno cos le due forme fondamentali dellattivit reale: quella inconscia di produzione della materia e quella consapevole di intelligenza della realt. Da una parte il pensiero si tramuterebbe in sostanza materiale, ordinata nel sistema delluniverso e articolata nella serie dei fenomeni della natura. Dallaltra parte la natura stessa si tradurrebbe in sistema spirituale articolato nelle attivit dello spirito (la conoscenza, la morale, la storia e cos via). Si avrebbe una specie di metafisica neoplatonica, appunto nel senso del duplice processo di produzione del mondo materiale, del sistema della natura, e di intero ritorno della realt al piano spirituale dellintelligenza e della storia. Questo tipo di metafisica riconosce lassoluto ma ammette che il reale si viene svolgendo sul piano del relativo, del singolare, del particolare. Tutto proviene dallunico principio e tutto vi ritorna. E lo svolgimento avviene attraverso una dialettica dimpronta essenzialmente hegeliana. Ogni passaggio avviene attraverso i momenti della dialettica (tesi, antitesi, sintesi). Ma ogni momento assume qui una dignit ed esprime una realt propria, che non si annulla negli altri termini. Il fatto che il sapere empirico trapassi a un certo punto nel sapere filosofico e assoluto non vuol dire che esso si annulla; anzi esso conserva la sua fisionomia e la sua funzione propria, significativa per una determinata forma dellattivit spirituale (ad esempio per la scienza empirica). Passaggio, dialettica non vuol dire universale risolversi e annullarsi dei momenti precedenti in quelli seguenti; bens vuol dire rapportarsi dei vari momenti e costituire insieme un sistema significativo. Il sapere empirico non si annulla semplicemente nel sapere assoluto, bens conserva la sua funzione e diventa significativo anche in quanto trapassa in una forma superiore di sapere. Lindividuo non si annulla nella vita dello stato, anche se infine concorre a formare la realt etico-politica e acquistare significato in essa. Leroe che muore per la patria non realizza una forma necessaria dellesistenza, ma vive

nella dimensione nuova della sfera etico-politica, senza che in questa sia disperso tutto il valore della sua esistenza. Il realidealismo presenta anche questo aspetto, di rivendicazione del valore autonomo dellesistenza individuale. In questo senso esso attua una certa riforma della dialettica hegeliana. I momenti dialettici sono autonomi, pur potendo entrare in relazione tra loro. Essere, nulla, divenire sono momenti significativi ognuno per s e nellinsieme del sistema di cui fanno parte. Che vuol dire che lessere un momento fondamentale, significativo di per s? Vuol dire appunto laffermazione del principio realistico, irriducibile e irrisolvibile in altro, anche se atto a stabilire rapporti con laltro. Allo stesso modo il nulla indica il valore della negazione rispetto allessere, che significativo altrettanto per il sistema della realt. Per Hegel, invece, tesi e antitesi si annullano nella sintesi.

Su Spaventa e Vico Esponiamo brevemente una possibile idea intorno allinterpretazione spaventiana di Hegel e di tutta la linea di sviluppo della filosofia moderna. Un primo dato che sembra indiscutibile che Spaventa si pone come la conclusione hegeliana (ma italiana) del pensiero moderno. Egli si attribuisce una sorta di originalit rispetto a Hegel, nel senso che ritiene che con Hegel si sia raggiunta una posizione speculativa tale da potere essere sviluppata e interpretata secondo lo spirito della filosofia italiana che nellet moderna si manifestata originalmente nel pensiero di Vico. I prodromi dellidealismo sono in Kant; ma altrettanto, e in forma diversa, sono anche in Vico. Dunque Vico va considerato il grande protagonista della rivoluzione idealistica (mentalistica) moderna, che si compiuta specialmente con Kant. Spaventa, dunque, intende integrare Hegel con Vico e cos dare luogo a una forma originale di idealismo (che potrebbe essere quella che nella tua prospettiva esegetica, mutuata da Alderisio, chiami real-idealismo e che tu stesso assumi come termine di partenza per la fondazione di una nuova metafisica). Lo sforzo di conciliare Hegel e Vico mi sembra evidente specialmente nellultima fase (quella del compimento) del pensiero spaventiano. Io ritengo che gi nel primo approccio spaventiano a Hegel si possa riconoscere e individuare questa linea interpretativa. Spaventa privilegia (di Hegel) la fenomenologia, cio la linea di sviluppo della coscienza come coscienza storica. In qualche modo si sente gi linflusso vichiano. La concezione vichiana della storia eterna lungo la quale corrono le storie delle nazioni non altro (in altri termini) che la fenomenologia hegeliana come esame delle tappe storiche della coscienza che infine raggiunge il suo compimento come Spirito. Nelle figure della fenomenologia siscrivono le storie particolari dei popoli. La fenomenologia una metafisica della storia, cos come lo la concezione vichiana. Spaventa legge Hegel attraverso Vico. E questo gi nei famosi (ora che tu li hai rimessi in luce) Studi su Hegel. La fenomenologia perci considerata come la prima parte del sistema hegeliano e non come una semplice introduzione al sistema, cio come una propedeutica. La fenomenologia la prima dimostrazione dellidealismo: essa presenta la realt come soggetto, coscienza nel suo sviluppo storico. Il reale svolgimento dello Spirito. La fenomenologia culmina nellIdea Logica e nellIdea Spirito. La mente vichiana non che questa coscienza che si sviluppa storicamente e di volta in volta si manifesta in determinate figure fenomenologiche (la coscienza mitologica e poetica, lo spirito scientifico, il dispiegamento della ragione e cos via). Si pu leggere la metafisica della mente umana come una fenomenologia dello Spirito: ed precisamente quello che fa Spaventa. Si tratta di un tema che finora la critica spaventiana non ha affrontato. In questo modo risalta la grande originalit di Spaventa rispetto allo stesso Hegel. Il che non vuol dire che Spaventa si pone contro Hegel, ma semplicemente vuol dire che egli ricerca la metafisica hegeliana gi esposta da Vico nella Scienza nuova e che, nella sua geniale interpretazione della circolarit del pensiero moderno migrante tra lItalia e lEuropa, egli mette in rilievo la quasi contemporanea fioritura delle medesime tappe di svolgimento del pensiero nei due ambiti geo-speculativi. Lidealismo sarebbe maturato ugualmente in Europa e in Italia. Non si spiegherebbe Vico senza quella maturazione pressoch contemporanea nei due ambienti storico-culturali (e filosofici). Vico il grande instauratore dellidealismo in Italia, come Kant lo in Europa. Cos si piega il programma di studi che Spaventa si proponeva e che tracciava nei suoi famosi Studi. Le successive tappe del lavoro filosofico di Spaventa concorrono a dimostrare questa ipotesi interpretativa. Spaventa passa al vaglio lintero sviluppo della filosofia moderna, con lintento di mettere in rilievo la linea coerente di uno svolgimento che sfocia nella rivoluzione trascendentale kantiana.

Non voglio dilungarmi sullinterpretazione spaventiana di Kant precursore (ma gi in gran parte fondatore) dellidealismo. Questa anche la linea interpretativa che tu sostieni (anzi con maggiore forza, dato che giungi fino al punto da inserire Kant tra i rappresentanti dellidealismo vero e proprio). Dunque assumiamo questo altro dato: che Spaventa d una lettura idealistica di Kant. Con un certo ritardo la rivoluzione idealistica sarebbe maturata poi in Italia, attraverso Galluppi, Rosmini e Gioberti. Il pensiero italiano, che con Vico aveva si pu dire saltato le tappe rappresentate dal dibattito tra i razionalisti e gli empiristi e la stessa crisi maturata con Hume, sarebbe cos ritornato indietro a riprendere i termini di quella discussione e assimilarla in vista della rivoluzione idealistica, che in Italia avrebbe avuto luogo (per in modo imperfetto) con Gioberti. Quando Spaventa esamina Galluppi e Rosmini, lo fa alla luce del dibattito moderno tra lempirismo e il razionalismo. Egli intende dimostrare che lo sbocco di quel dibattito lidealismo di Gioberti (anche se si tratta piuttosto di un ontologismo). Kant sarebbe il grande animatore della ripresa speculativa in Italia. La stessa ripresa vichiana avrebbe ancora aspettato: essa avrebbe avuto attuazione proprio con lo stesso Spaventa (che, appunto alla luce della metafisica vichiana, interpreta la fenomenologia ma poi lintero sistema di Hegel). Ma lidealismo (come esigenza di superare il divario insormontabile tra il soggetto e loggetto, tra il pensiero e la realt) sarebbe gi presente nel nostro Giordano Bruno. Nella filosofia italiana del Rinascimento (o Risorgimento) sarebbe gi in nuce lintero sviluppo del pensiero europeo fino allidealismo. Bruno ha dato plastica consistenza allidea di una posizione reale di sintesi tra quei due termini contrapposti: nel mito di Atteone, che, colpevole di avere visto Diana nuda (la Verit in faccia), viene divorato dai suoi cani, adombrato, appunto, il culmine del processo conoscitivo (e metafisico), quello dato dalla fondamentale unit (e identit) di pensiero e realt. Perch, infatti, Spaventa esamina cos puntigliosamente la questione delle prime categorie della logica hegeliana? Proprio per dimostrare lassunto idealistico dellidentit di realt e pensiero. La forza del pensiero immanente al primo dispiegarsi del reale, al suo originario e fondamentale fondarsi. Non c fondamento che non sia pensiero (dunque, in qualche modo, pensiero in atto). Spaventa svela il carattere di fondamento della famosa triade di essere, non-essere, divenire. In questa triade (nella sua fondamentale unit) si rivela il reale come soggetto, idea. Come si vede, la produzione speculativa dello Spaventa appare ispirata a una mirabile unit ideale e sistematica, che si esprime come esigenza di riforma del sistema hegeliano. Ecco, dunque, ad esempio, il serrato lavoro di riconduzione allattivit del soggetto (ma qui il soggetto non contrapposto alla realt, ma si identifica col reale stesso e costituisce una identit con esso) di ogni determinazione oggettiva, nella cosiddetta Parentesi. Il reale intelligibile, ma non tutto gi intelletto. La Parentesi sviluppa, si pu dire, la fenomenologia della coscienza sotto laspetto gnoseologico, cio intendendo la coscienza come soggetto della conoscenza (che assurge al sapere assoluto). Su questa identit fondamentale si basa la tesi idealistica della essenziale identit di logica e metafisica. Spaventa ha cercato, a suo modo, di tracciare una originale interpretazione di questa tesi hegeliana in Logica e metafisica. Egli, del resto, insiste sulla essenziale corrispondenza tra Idea Logo, Idea Natura e Idea Spirito. E chiaro che il compimento dellIdea, come svolgimento del reale, si ha nello Spirito. E lo svolgimento storico dello Spirito specialmente svolgimento del mondo dei rapporti tra le coscienze, cio come svolgimento del mondo etico. Le forme delletica ripropongono le forme e le figure dello svolgimento storico dellautocoscienza. Tu, Nicola, hai efficacemente messo in rilievo gli spunti di sviluppo originale che Spaventa imprime alla Filosofia del diritto di Hegel. Questi spunti concorrono a rovesciare in qualche modo il rapporto dialettico hegeliano tra morale e politica. Spaventa, ovviamente, che vive nellet del positivismo, non pu fermarsi allhegelismo. Egli fa i conti con tutte le nuove correnti e principalmente con lo stesso positivismo. Ma il dialogo che egli pure concorre a sviluppare non stravolge i principi del suo idealismo, anche se preme per un aggiornamento nel senso del real-idealismo. Il dato non realmente fuori della coscienza, anche se esso appare cos configurato. Questo momento oggettivo fa parte dello sviluppo del processo conoscitivo attraverso il quale passa la coscienza. C una forma di conoscenza ineliminabile che corrisponde allo sviluppo delle scienze particolari e che adotta gli oggetti conosciuti come dati reali. Si tratta di uno stadio e di una forma della conoscenza che fanno parte dello sviluppo della coscienza stessa nellambito dellidentit (che oggetto di considerazione del sapere filosofico). Spaventa (come del resto gi Hegel), non solo non rifiuta, ma accoglie come un elemento essenziale, il sistema delle scienze empiriche. Allo stesso modo nessun filosofo rifiuterebbe la visione del mondo delluomo della strada, che considera le cose come aventi una consistenza in s. La realt metafisica (questo si sa fin dallorigine stessa della filosofia) non visibile, solo pensabile. In realt Spaventa, con gli sviluppi di Esperienza e metafisica, intende sottolineare il fondamentale accordo tra le

due prospettive: quella empirica delluomo della strada e quella metafisica del filosofo. La visone empirica non distrugge ed elimina quella metafisica, ma questa non pu neppure distruggere ed eliminare quella. Linflusso di Spaventa e della sua scuola nella cultura italiana del Novecento Linflusso di Spaventa e della sua scuola si dispiega nella cultura italiana del Novecento in modi diversi. In primo luogo io citerei gli studi di storia della filosofia, la cui grande tradizione da riportare alla linea spaventiana incentrata sulla scoperta di Hegel e sullaver posto, dunque, lhegelismo al centro e al culmine della filosofia moderna, come lo stesso compimento della modernit, avviata, secondo Spaventa, dalla filosofia italiana del Rinascimento. Secondo questa linea, la filosofia del Novecento non potr che essere dominata ancora da Hegel e dallhegelismo. Spaventa credeva nellavvenire che lhegelismo avrebbe avuto in Italia, dopo la sua prima grande fioritura con Gioberti. Hegel si sarebbe dovuto coniugare con lapprofondimento del kantismo. La nuova cultura scientifica e filosofica si sarebbe dovuta basare sullo sviluppo delle scienze empiriche, dotate di un proprio metodo e di una propria verit, e sull?inveramento del sapere scientifico attraverso la filosofia, che avrebbe soddisfatto lesigenza metafisica che scaturisce e si alimenta dello stesso sviluppo delle scienze positive. Il sistema del sapere, configurato come sistema di scienze positive e di scienze filosofiche, si sarebbe rafforzato. Lidea fondamentale che corre in Spaventa quella che riguarda la fondamentale unit del sistema del sapere. Spaventa non vede sapere che non costituisca un sistema unirlo, articolato ai due livelli delle scienze empiriche e delle scienze filosofiche. Kant (preceduto dagli empiristi) era stato il grande teorico del sapere positivo delle scienze empiriche; Hegel era stato il grande realizzatore del sapere filosofico, comprendente la visone unitaria del reale. Le discussioni che si sono sviluppate nel corso del secolo XX riguardano tutte gli aspetti di questo quadro unitario tracciato dallo Spaventa. Esse riguardano, infatti, in primo luogo la stessa costituzione, e il ruolo e la portata, delle scienze particolari, il cui sistema stava per essere ampliato attraverso il nuovo apporto delle scienze umane e storiche. Lo stesso Spaventa aveva dato contributi allo sviluppo delle scienze antropologiche (antropologia e psicologia). Un tema fondamentale ereditato da Spaventa e dalla scuola spaventiana , dunque, costituito dalla definizione della struttura e del ruolo delle scienze empiriche. Nello stesso tempo la riflessione ha cercato di ridefinire il posto e la funzione della filosofia. Spaventa ha, inoltre, cercato di andare oltre ogni forma di soggettivismo, proprio della cultura della rappresentazione del mondo. Questa esigenza realistica rimasta a caratterizzare alcuni indirizzi del Novecento. Il pensiero va riportato a un fondamento reale e non va considerato come semplice espressione dellistanza soggettiva. Esso va inteso come parte della struttura originaria del reale. Secondo il principio idealistico (che Spaventa condivide), il reale ha la costituzione essenziale del pensiero. Idealismo non vuol dire dissoluzione del reale nel soggetto, ma, piuttosto, assimilazione del pensiero nel reale, superamento della visione soggettivistica del pensiero (come prerogativa della mente). La ripresa della tradizione spiritualistica nella filosofia del Novecento risponde a questa istanza realistica dellidealismo. Il reale ha lorganizzazione dello spirito: questo non altro, dunque, che il reale organizzato, nel principio della sua organizzazione e del suo sviluppo. Lesigenza metafisica rappresenta una grande eredit spaventiana. Un altro aspetto di questa eredit costituito dallassunzione della cultura italiana come del luogo proprio dellelaborazione e dellaggiornamento dellhegelismo. Gli indirizzi che si sono sviluppati in Italia nel corso della prima met del Novecento rispondono alla fondamentale istanza idealistica riproposta dallo Spaventa attraverso il ripensamento giobertiano. La linea italiana tendeva a superare il soggettivismo dominante nella cultura moderna. Ed significativo che le forme di pensiero pi rilevanti espresse dalla cultura italiana della prima met del secolo XX siano quelle emerse dal superamento dellattualismo. Ci significava anche un ritorno allo spirito della tradizione spaventiana.

Sulla filosofia in Italia dal 1870 al 1920 La filosofia italiana influenzata specialmente dallo spiritualismo eclettico del Cousin. E questa, infatti, la filosofia che troviamo negli epigoni italiani del pensiero tradizionalistico, Mamiani, Ferri, Conti, Bestini (per i quali cfr. Abbagnano, II/2, pp. 232-37). Si tratta di un pensiero che attesta quanto forte fosse in Italia il legame alla tradizione dominata, evidentemente, dallinflusso della dottrina cattolica. Questa dottrina

riconosciuta come il fondamento della nostra civilt e per cui i costumi e i comportamenti sono improntati al rispetto delle leggi e delle istituzioni, alla convinzione che lo spirito umano dipende da quello divino e perci capace di percepire il vero, il buono, il bello, il giusto, e cos via. Romanticamente ammessa una rivelazione infinita di Dio nelluomo e nella storia; e ci alimenta lottimismo nelle umane sorti e progressive. Di un certo rilievo, nel Mamiani, appare lidea dellunit organica dellumanit, che considerata, pertanto, come un corpo solo idealmente proteso verso il progresso e la perfezione. Nellumanit, infatti, si riflette linfinita perfezione divina. Del Ferri, invece, appare di un certo interesse il suo quadro storico della filosofia italiana nella prima met dellOttocento: in particolare, si possono seguire gli influssi della filosofia europea sugli sviluppi del pensiero in Italia (secondo una tesi che opportunamente si oppone a quella di una tradizione autoctona). Del Bertini potrebbe apparire interessante il tentativo di fondare un teismo filosofico, basato sullidea che linfinito si attua in una moltitudine di enti o monadi nella quale predomini una monade infinita cio comprendente nella sua intelligenza questa pluralit infinita. Praticamente, si tratta di una teologia mistica, per la quale lumanit vive in Dio e Dio si dispiega in essa e nel suo infinito processo di perfezionamento. Queste filosofie, in sintesi, riflettono i caratteri di unet dominata dallidea ottimistica del progresso infinito dellumanit. E se da un lato tale prospettiva poteva sembrare fortemente tradizionalistica, daltra parte essa stimolava la ricerca del nuovo e induceva al cambiamento, dato che lumanit era concepita come una realt in svolgimento e tale, dunque, da non doversi adagiare in una forma compiuta, bens da cercare continuamente le condizioni del suo perfezionamento. In una prospettiva cos ligia alla tradizione si potevano celare, dunque, potenzialit di pensiero rivoluzionario. Indubbiamente saranno quelle esigenze che Spaventa metter in luce. Un analogo motivo, per sviluppato da un altro angolo visuale, troviamo nella Filosofia della rivoluzione del Ferrari. Qui il progresso dellumanit e per il quale questa perverr a un ordine comune per tutti i popoli iscritto nella stessa necessit naturale. La storia, cio, interamente riportata allordine naturale. Il processo della natura, orientato verso una meta precisa, la rivelazione naturale, che costituisce lunica fondamentale forma di rivelazione ed , pertanto, lo stesso unico oggetto di conoscenza vera. La storia muove verso lordine universale dellumanit: un ordine che prender il posto di quello artificiale ancora messo in atto dalle erronee valutazioni degli uomini. Questo errore indicato genericamente dal Ferrari metafisica, cio una costruzione del reale basata sui principi della logica e non su quelli propri della rivelazione naturale. Da mezzo secolo osserva il Ferrari la metafisica tende unultima insidia alla rivoluzione. Essa trasporta il problema della scienza nelle antinomie dellessere e il problema delluguaglianza nelle antinomie del diritto. Ne consegue che abbiamo il regno della scienza fatta astrazione dalla verit, il regno della libert fatta astrazione dai dogmi, il regno delluguaglianza fatta astrazione dal riparto [cio dalla giusta distribuzione del reddito], il regno dellindustria fatta astrazione dal capitale (Filosofia della rivoluzione, pp. 408-9; cfr. Abbagnano, p. 266). Tutte queste astrazioni saranno eliminate dalla ulteriore fase della rivelazione naturale, della quale si vedevano le anticipazioni nel positivismo che si andava affermando in Europa. Pressoch la stessa idea si trova nel positivismo evoluzionistico, che ha avuto in Italia il suo grande rappresentante nellArdig. Il miglioramento dellumanit qui connesso allevoluzione psichica, che, tuttavia, non segue un processo necessario e univoco, ma soggetta al caso, per cui viene a cadere ogni ragione deterministica di ottimismo. Ardir rifiuta ogni prospettiva spiritualistica e razionalistica. Ma il filone pi vitale della tradizione filosofica in Italia quello dellhegelismo napoletano, rappresentato in modo eminente dallo Spaventa, ma, in realt, articolato in una molteplicit di orientamenti. Oltre a quella dello Spaventa, la prospettiva pi interessante e feconda quella aperta nel campo della storia e della critica letteraria dal De Sanctis. Lidealismo napoletano riusc, infatti, ad assorbire le istanze pi avanzate del positivismo. Salvatore Tommasi, ad esempio, accett il naturalismo sperimentale, mettendo in rilievo i limiti e gli inconvenienti di una visione aprioristica dellordine naturale. Invece il De Meis intese riproporre, nellambito del suo idealismo, una filosofia della natura, analoga a quella dello Schelling. Egli partiva dal presupposto che la filosofia hegeliana era adatta a spiegare tutti i processi della realt e dunque anche quelli propri dellordine naturale. In questo senso egli riportava la spiegazione di tutti i fenomeni alla filosofia, in quanto scienza della totalit del reale e sistemazione logicoconcettuale della stessa natura. Riguardo alla posizione di Augusto Vera, considerato un hegeliano ortodosso (si potrebbe dire, di destra), sarebbe opportuno e interessante che si approfondisse lindagine intorno alla polemica sostenuta con Spaventa e rivolta a rivendicare la validit complessiva dellidea hegeliana, nella sua assoluta autonomia

logica e ontologica. Ci deve essere una ragione, ad esempio, del fatto che il Vera privilegiava, tra le opere di Hegel, lEnciclopedia e riteneva la Fenomenologia un frammento staccato dal tutto. Sintomatico, poi, potrebbe essere laccentuazione del momento della religione nel processo spirituale. Probabilmente si poneva un problema di egemonia culturale (e politica) nel quadro della situazione italiana del tempo. Vera, infatti, rappresentava una linea non apertamente critica nei confronti della tradizione spiritualistica, mentre Spaventa interpretava le esigenze della rivoluzione moderna, laica, razionalistica e liberale. Il primo si muoveva ancora tra idealismo ed eclettismo, il secondo seguiva la linea della dialettica hegeliana (anche se non si pu dire che egli fosse un hegeliano di sinistra, dato che qui questa differenziazione inapplicabile). Ma, a un attento esame, salta lorientamento nel senso metafisico tradizionale (di una metafisica dualistica) della lettura di Hegel compiuta dal Vera. Un motivo principale di questa lettura costituito, infatti, dalla netta affermazione dellautonomia e assolutezza dellIdea nei confronti dello spirito che si realizza nella storia. La difesa delle strutture assolute si riflette anche nella concezione del Soggetto assoluto della storia, che trascende i singoli individui, i quali hanno realt in quanto si risolvono in quello. Riusc lo Spaventa ad attuare il suo progetto di una cultura filosofica dominata da una visione critica e aggiornata del pensiero di Hegel, da un hegelismo critico, cio, riveduto attraverso il ripensamento dellintera linea di sviluppo storico da Bruno a Gioberti (passando specialmente per Kant e Vico)? In che senso la sua scuola ha portato avanti quel progetto, adattandolo via via alle istanze del contesto storico, rendendolo, cio, uno strumento duttile, non dogmatico, aperto, disponibile al dialogo con le altre filosofie e con le scienze positive? Un primo risultato si pu dire che sia quello di tenere viva in Italia la tradizione dei rapporti con le correnti europee. In questo senso, gli scolari di Spaventa, pi che continuare la linea dellhegelismo, si sono trovati su linee diverse, in ragione, appunto, della necessit del pensiero italiano di confrontarsi con le filosofie che intanto si affermavano specialmente sullonda dellopposizione al positivismo. Ad ogni modo, il tentativo di mantenere fermo il nucleo hegeliano come il fondamentale elemento di sviluppo del pensiero in Italia pienamente riuscito, se non altro attraverso le grandi espressioni teoriche di Croce e di Gentile; ma non sono da sottovalutare i tanti altri filosofi che popolano lambiente culturale tra la fine dellOttocento e i primi del Novecento. Si pu dire che ogni filosofia doltralpe abbia subito trovato riecheggiamenti pi o meno originali da noi. Basti pensare alla notevole corrente dei neokantiani e poi alla grandi nuove sintesi spiritualistiche, ontologistiche, razionalistiche, tutte di derivazione hegeliana e neohegeliana (specialmente attraverso la mediazione di Gentile). Che cos, tanto per cominciare, il pensiero di Antonio Labriola se non il tentativo di riportare il nucleo della concezione materialistica della storia nellalveo della dialettica hegeliana? E, daltra parte, che significato assumeva lassimilazione del marxismo nel solco della tradizione borghese liberale moderna se non il tentativo di dar luogo a un grande blocco laico e progressista sotto linsegna dellhegelismo? Si tendeva a formare il grande blocco della modernit contro un altro blocco che intanto si delineava e che era costituito dalla tradizione del pensiero cattolico. Papa Leone XIII il 4 agosto 1879 nellenciclica Aeterni Patris proclamava il tomismo filosofia ufficiale della Chiesa (o almeno riconosceva il pensiero di S. Tommaso come quello pi rispondente alla verit rivelata). La grande offensiva cattolica proseguiva con ledizione delle opere di S. Tommaso e con la designazione del Santo a patrono delle scuole cattoliche. Di qui lavvio di un processo di rinvigorimento della filosofia cattolica attraverso il movimento neoscolastico che ben presto si sarebbe costituito. Intanto il fronte laico si riorganizzava nel segno di un ritorno a Kant. Lesigenza di una restaurazione razionalistica giustificava e imponeva un tale percorso. Neokantiani sono Giacomo Barzellotti,290 Carlo Cantoni,291 Felice Tocco,292 Francesco Fiorentino.293 Insegn nelle universit di Pavia, Napoli e Roma. Il suo contributo principale al neokantismo il saggio La nuova scuola del Kant e la filosofia scientifica contemporanea in Germania, apparso nella Nuova Antologia del 1880. 291 Fu allievo di Trendelenburg a Berlino e di Lotze a Gottinga; insegn a Pavia; nel 1899 fond la Rivista filosofica. 292 Insegn filosofia a Pisa e a Firenze; condusse numerose ricerche platoniche e comp interessanti studi sul pensiero di Giordano Bruno. Per Tocco, la filosofia kantiana si configura come un realismo empirico, perch il fenomeno nella sua materia non posto dallo spirito, ma a lui dato, e come un idealismo trascendentale, perch cade sotto la cognizione quello solo, che pu essere elaborato dallattivit sintetica dello spirito, vale a dire i rapporti formali dei dati. 293 Insegn a Bologna, Napoli e Pisa. Nei numerosi studi sul pensiero del Rinascimento (tra cui principalmente: Il panteismo di G. Bruno, 1861; Telesio, 2 voll., 1872-74) ha messo in rilievo, sulla scia dello Spaventa, loriginalit e lautonomia del pensiero italiano. Tra gli studi kantiani il pi notevole Kant e il mondo moderno (1865). Ha condotto una revisione di Kant attraverso Vico, approfondendo lindagine intorno allorigine psicologica della priori. Nella prolusione pisana del 1876, Positivismo ed idealismo, ha tentato una sintesi tra le due correnti.
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Laltra notevole corrente che si affermata negli ultimi decenni dellOttocento il pragmatismo. Il principale rappresentante Giovanni Vailati, il quale ha cercato di fare il punto sul problema relativo ai rapporti tra filosofia e scienza, andando oltre le posizioni contrapposte dei positivisti e degli idealisti. La sua posizione assume caratteri di originalit nei confronti del pragmatismo: egli, infatti, non nega loggettivit della scienza e non riconduce ogni attivit conoscitiva o teoretica allambito utilitaristico. Anzi il suo interesse stato rivolto costantemente alla configurazione di una aggiornata metodologia scientifica. In ci egli guardava alla concezione del Mach e individuava gli elementi fondamentali del metodo scientifico nelluso del linguaggio, nel senso che il primo requisito per la fondazione di ogni metodo era da porre nella definizione di un rigoroso linguaggio scientifico, caratterizzato dallunivocit e dalla precisione dei significati delle parole. Il riferimento al momento pratico visto dal Vailati come riferimento dei dati scientifici alla programmazione e quindi alla realizzabilit di determinate condizioni nel futuro. In questo senso le scienze fisiche non differiscono, quanto ai loro scopi, dalle scienze morali. Leredit di Kant. La filosofia di Kant si definisce come criticismo, per cui appare illegittimo ogni tentativo di presentarla come una metafisica (o una introduzione a una nuova metafisica). Essa una critica che, nel momento in cui mette in luce le strutture trascendentali sulle quali si edifica un sapere obbiettivo, stabilisce i limiti della conoscenza umana, escludendo, in particolare, la costruzione di una metafisica come sistema razionale di comprensione dellintera realt. Tale il significato storico della filosofia di Kant. Tuttavia vero che questa filosofia conteneva un motivo che ne avrebbe legittimato la trasformazione nellidealismo. Questo motivo stato messo in rilievo da Beck e consiste nel principio sintetico del pensiero, che il fondamento dellintero sistema dei principi trascendentali. In particolare, le categorie sono determinazioni di questo principio unitario e fondamentale. E poich le categorie modellano i dati dellesperienza, costituendoli come elementi di conoscenza obiettiva, si deve ammettere che esse costituiscono lesperienza e la stessa sensazione. Infatti anche lo spazio e il tempo sono modificazioni di quel principio originario. Lo schematismo trascendentale consente la trasformazione dei dati sensibili in elementi di conoscenza che riguarda oggetti: esso unifica il piano empirico e quello categoriale. Beck ha ricondotto questa sintesi, per cui si costituiscono gli oggetti conosciuti scientificamente, al principio sintetico del pensiero, aprendo la via allidealismo. Kant, invece, pur ammettendo la funzione fondamentale della spontaneit sintetica del pensiero (dellIo penso), rilevava lesistenza della cosa in s, del reale che condiziona lattivit del soggetto. Egli, tuttavia, nelle due successive Critiche affront il problema del superamento della visione deterministica della natura, considerando lintera realt dal punto di vista della spontaneit (libert) del soggetto razionale. Era, perci, pressoch inevitabile che, in definitiva, il principio dellattivit spontanea e rivolta verso un fine si estendesse allintera sfera reale (alla natura, dunque). Lo stesso Kant, infatti, elaborava i princpi teorici per lo sviluppo di una nuova metafisica, che riguardasse il sistema della totalit reale, considerandolo come retto da un principio interno autoregolativo e finalistico, quale era quello attestato dalla ragion pratica e dalla facolt del giudizio riflettente. La morale, lestetica e il finalismo kantiani sono direttamente connessi al problema dello schematismo inteso come sintesi di necessit e di libert, di determinismo della natura e di finalit dello spirito.294 Paci rileva che Hegel risolve la dialettica della storia nelleterno compimento dello Spirito nel mondo. Mentre Kant aveva concepito Dio come un ideale che serviva da guida per il perfezionamento morale delluomo, Hegel lo concepisce come vivente di fatto nella dialettica del conoscere, nella dialettica della storia e nella dialettica dello spirito.295 E la dimensione temporale, che costituisce la struttura fondamentale per Kant, finisce per essere risolta nella presenza compiuta dello Spirito per Hegel.296 Il Paci osserva che il modello presente nello schematismo kantiano si ritrova in momenti significativi del pensiero contemporaneo, specificamente nel neopositivismo e nella filosofia della scienza, per cui i modelli scientifici non sono soltanto costruzioni logiche ma anche rappresentazioni, quadri immaginari di strutture relativamente permanenti nel tempo, e cio schemi (La filosofia contemporanea, p. 11). La funzione dello schematismo anche il motivo al quale si riporta Heidegger, per rilevare limportanza dellidea di temporalit in Kant (nel senso della interpretazione dellessere come temporalit). Per quanto riguarda i neopositivisti, il richiamo alla dottrina di Kant collegato al problema essenziale che quello del rapporto tra dati empirici e strutture logiche, tra discorso fondato sui fatti, dai fatti verificabile, e discorso fondato su regole logiche, verificabile soltanto secondo queste regole (p. 12). 295 Quando con Hegel la dialettica diventa storicismo, Hegel conquista la storia, ma il suo processo finisce per essere un processo chiuso. Se nella filosofia kantiana si pu pensare un movimento di progressivo avvicinamento allideale del conoscere e alla legge etica, nonch un orientamento finalistico nella natura, orientamento in ultima analisi diretto verso il mondo morale e verso la libert, anche se di fatto la libert non verr mai di fatto conquistata, si deve dire che il
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CAPITOLO Il Novecento
La linea unitaria del pensiero del Novecento
Le filosofie del Novecento, a ben considerare, appaiono riconducibili a un denominatore comune: quello della reazione allegemonia del sapere scientifico, ritenuto inadatto a interpretare la realt delluomo e la complessa vicenda e articolazione della vita spirituale. Il positivismo era culminato, come ben noto, nelle tesi dellevoluzionismo e del darwinismo, che avevano definitivamente strappato luomo dalla sua posizione di ente privilegiato, legato direttamente allessere, facendone una semplice espressione della vita naturale. Cartesio aveva enfaticamente stabilito, tra Dio e luomo, quasi un rapporto di reciproca dipendenza, poich, se vero che Dio la sostanza prima da cui derivano le sostanze finite (il pensiero e lestensione), anche vero che luomo lente in cui si risolve lintera sostanza pensante e che d voce a Dio stesso, consentendone la rivelazione e lintera sua proiezione sul piano dellesperienza religiosa. Dio fa parte di questa vicenda umana della religiosit fino quasi a identificarsi con essa. La natura autonoma delluomo rispetto alla restante realt fisica costituisce un principio (quasi un dogma) costante del pensiero. E solo col positivismo e la sua espressione estrema e culminante, il darwinismo, questa verit fondamentale messa in discussione. Ci ha concorso a determinare quella situazione assurda di unumanit scardinata dal suo fondamento e ridotta a una condizione di smarrimento e di angoscia. La reazione al positivismo nasce da unesigenza imperiosa di restaurare una verit quasi costitutiva della storia dellumanit occidentale (e anche di altre tradizioni culturali). Si ricordato che la libert non pu risalire alla condizione naturale e che la libert una prerogativa inconfutabile delluomo. Piuttosto si messo in rilievo che la natura riceve le sue leggi dal soggetto, come bene ha rilevato la filosofia moderna. Bergson ha inteso dimostrare che lo spirito precede la materia e che la natura un prodotto dellattivit spirituale, configurata come energia creatrice, al di l della stessa distinzione tra materia e spirito. Il principio dellattivit spirituale, identificato nello sviluppo del pensiero o altrimenti, nella forma dellattivit morale e nel processo della storia, richiamato in vari modi e rimesso in circolazione da diversi punti di vista. Cos si dispiega il quadro delle filosofie del Novecento, articolato tra contingentismo, intuizionismo, storicismo, pragmatismo, attualismo, ontologismo, fenomenologia, esistenzialismo, spiritualismo, neotomismo e cos via, per una miriade di corrente, di orientamenti pi o meno segnati da un comune motivo di fondo, la restaurazione del primato del pensiero, che, in definitiva, si converte in un sostanziale antropocentrismo. Luomo misura di tutte le cose: lantico principio protagoreo continua a dominare cos il quadro del pensiero, dando alla linea del Novecento un carattere unitario, che quello di un assoluto umanismo. Heidegger occupa un posto centrale in questo panorama. Il suo apporto alla rinascita della filosofia come pensiero dellessere (nel duplice senso soggettivo e oggettivo di questo genitivo) ha una consistenza di straordinario rilievo. Si pu dire che mai una crisi cos estesa aveva investito il corso della storia, come quella che si apr nel mondo occidentale alla fine dellOttocento. Essa riguardava nello stesso tempo la metafisica e la scienza, lidentit delluomo e il mito della felicit e del progresso. La repentina caduta del fondamento (la nietzschiana morte di Dio), la retrocessione delluomo al rango dellanimalit, la scoperta della duplice istintualit umana rilevata da Freud, il carattere ipotetico e provvisorio dei dati scientifici, il sopravvento dellirrazionale e la messa in discussione della ragione stessa, dunque il primato dellazione come fine a stessa: tutto ci (e altro ancora) rappresenta let del nichilismo, allorch veramente alluomo non dato nessun indizio intorno alla sua stessa identit. Da qui anche la forte reazione antinichilistica, della quale stato protagonista il pensiero nellet tra i due secoli. La crisi delle scienze allora ebbe come risultato un rinnovamento movimento a cui pensa Kant, che a suo modo un processo che tende a un limite, un processo che non si chiude e che resta sempre perfezionabile. Cos avviene che lo storicismo hegeliano chiuda in realt il processo storico mentre il non storicismo kantiano sia tale da poter dar pensare ad un processo sempre aperto della storia (pp. 14-15). 296 La risoluzione del tempo in una creazione del tempo stesso da parte dello spirito il tentativo di eliminare il tempo che invece Kant vuol mantenere nella sua funzione limitatrice per il fatto che ogni realt per lui dal tempo condizionata e perch ogni sensibile non pu essere intuito che nel tempo, e non pu essere ordinato, dalle stesse categorie, che secondo uno schema temporale. Anche da questo punto di vista il non storicista Kant presenta dei punti di vantaggio rispetto ad Hegel per quelle filosofie che non possono pensare il processo storico che come processo temporale e quindi come processo reale ed esistenziale. Il misconoscimento hegeliano della temporalit allorigine di tutte le critiche che la sinistra hegeliana muove ad Hegel quando lo accusa di ignorare i processi storici conreti ed in modo particolare i processi umani ed economici. Lo stesso misconoscimento allorigine della critica di Kierkegaard che contrappone allastratto processo razionale di Hegel la realt esistenziale delluomo legato al finito, e perci alla propria singolarit e alla morte. Lultimo atto di questa rivendicazione del tempo contro lhegelismo rappresentato dal tentativo dellesistenzialismo di ricondurre ogni realt concreta e storica alla sua struttura temporale e finita (pp. 1516).

interno che diede luogo al superamento del sistema classico delle scienze matematiche e fisiche; mentre sul versante filosofico la ripresa avveniva intorno alla possibile rinascita della metafisica attraverso il recupero della problematica del soggetto come luogo del fondamento stesso. La ripresa ebbe in primo luogo una connotazione neoidealistica. Croce ha cercato di elaborare un sistema sotto il titolo di filosofia dello spirito e con la forma di una metafisica dellessere storico. Egli risaliva allassunto vichiano, che luomo pu conoscere solo il mondo storico che il risultato della sua attivit. In tal modo era possibile riproporre in tutto il suo significato il tradizionale umanesimo, che lo stesso filosofo ha contribuito a illustrare attraverso la sua multiforme attivit di critico e di storico. La concezione dellessere come soggetto, che era il perno concettuale dellidealismo, toccava il punto culminante nellattualismo dellaltro grande rappresentante della cultura italiana del primo Novecento, Giovanni Gentile. La filosofia del soggetto, basata specialmente sullanalisi trascendentale della coscienza, trovava il suo terreno pi adatto nellintuizionismo, nella fenomenologia, nellesistenzialismo. Il complesso panorama delle correnti che hanno tenuto banco nel corso dellintero Novecento comprende diramazioni e derivazioni di quelle posizioni fondamentali. In complesso si pu dire che il tema intorno a cui ha ruotato il pensiero lo sviluppo di una nuova conoscenza delluomo. Lantropocentrismo, piuttosto che essere esorcizzato, si riproposto nella sua forma pi estesa. Del resto naturale che unattivit cos umana abbia come suo oggetto di riflessione il ruolo, il significato e il destino attuale delluomo. Per un profilo introduttivo del Novecento Il carattere principale del Novecento la globalizzazione: con il concorso degli straordinari mezzi di comunicazione (da quando Marconi speriment la radio senza fili al principio del secolo) il mondo diventato ununica area globale, visibile e osservabile da qualsiasi punto del pianeta. Ci che accade in tutte le parti del mondo ci immediatamente messo davanti agli occhi. Non c area del mondo che sfugga a questa possibilit. I mezzi di comunicazione ci informano in tempo reale intorno a tutto ci che accade; perci possiamo dire che noi viviamo nellepoca della comunicazione globale. Il Novecento anche il secolo dellesplorazione scientifica della materia: si potrebbe dire anche il secolo dellatomo. Lanalisi della materia proceduta fino alle particelle infinitesime; e la conoscenza dellinfinitamente piccolo ha avuto le sue importanti ripercussioni nel campo della tecnica, con lo sviluppo dellelettronica e della telematica. Perci abbiamo la massima espansione della tecnologia (fino al punto da fare apparire la tecnica come limposizione di un sistema generale di condizionamento della vita). Limpressione che si fosse davanti a unepoca di grandi cambiamenti nel sistema generale dellesistenza era gi forte alla fine dellOttocento, quando dun colpo le tradizionali certezze incominciarono a vacillare e si aperta una temperie storica caratterizzata da una diffusa inquietudine, da un senso di angoscia per la perdita di una situazione che appariva stabile e sicura e il profilarsi di profonde incertezze. La cultura che si svilupp a cavallo dei due secoli declina, in modi diversi, il fenomeno della dissoluzione di consolidati schemi, lirrompere di forme inedite di ricerca. Le avanguardie artistiche dei primi decenni del Novecento testimoniano in modo chiaro (quasi profetico) le grandi trasformazioni e rivoluzioni che avrebbero di l a poco investito la stessa vita quotidiana, scardinando abitudini e modi di pensare, di scrivere e di comunicare. La simulazione delluomo-macchina prelude a queste conquiste, culminate nella robotica. Per le avanguardie storiche del primo Novecento si trattava di una prova sperimentale di riduzione delluomo alla struttura della macchina. Si trattava, in primo luogo, dellacquisizione di nuove dimensioni della velocit. Il linguaggio veniva destrutturato per essere ristrutturato in rapporto alle esigenze espresse da quella simulazione della condizione umana attraverso lassunzione del modello meccanico. La macchina era lossessione del principio del secolo. Il Novecento nacque e mosse i primi passi sotto quellincubo e quella curiosit. Si trattava di andare fino in fondo nello sviluppo dellet meccanica. Il Novecento ha realizzato le potenzialit meccaniche fino a certi confini estremi. Si pens anche di potere compiere un viaggio attraverso le profondit nascoste della psiche umana. Le avanguardie stesse intendevano portare alla luce del sole parti e brandelli di quella profondit oscura. Si rischiarava la notte dellinconscio; si riportavano alla luce immagini e figure di questa inesplorata regione della mente (o dellio profondo). Si attribu alla parola una nuova inedita dimensione rivelativa. La letteratura ebbe sempre meno a che fare con lesperienza ordinaria. Si cerc di esplorare dimensioni psichiche fino allora trascurate. Pirandello mise in rilievo gli equivoci che si celavano nello svolgimento dellesperienza comune, che si intendeva accertata dai sensi e dalla ragione. Si vide la relativit di tale esperienza. Linteriorit proiettava sempre di pi la sua ombra nellambito di ci che era sembrata larea della certezza sensibile. Lalterit affermava la sua legittima capacit di espropriazione dellidentit umana e personale. Ci che fino allora era apparso inequivocabilmente identico appariva come altro. Si riconosceva

che era pressoch impossibile comunicare qualcosa di certo. Si comunicavano, piuttosto, allusioni, cenni, indizi; si parlava per metafore, simboli. La realt si deformava in infiniti modi. I primi decenni del secolo si sono sviluppati allinsegna della destrutturazione. Limmagine tradizionale del mondo si dissolveva, si scomponeva; e coi residui brandelli desperienza, di parola, di discorso bisognava cercare di ricomporre figure significative. La lettura e larte si esercitarono in questo processo di ristrutturazione. La prima guerra mondiale determin un disperato bisogno di ordine, di chiarezza, di speranza. Si cerc di restaurare la parola nella sua dimensione ottocentesca, tradizionale, perfino classica. Questo bisogno si espresse ancora dopo la seconda guerra. Si trattava di ripartire dalle strutture pi tradizionali e antiche, dal focolare domestico, dalla famiglia, dalla casa, dal paese, dagli amici. Questo il senso della restaurazione neorealistica, promossa e resa possibile specialmente dal cinema. Questo, infatti, aiutava a recuperare gli elementi di una visione di certezze, di cose evidenti, di sentimenti universali. La letteratura aiutava a riscoprire la realt familiare, quella pi adatta per accingersi alla immane opera della ricostruzione. Riprendeva a prevalere coi suoi diritti lesperienza quotidiana, la realt familiare, la tradizione popolare. Il popolo era considerato come il grande fattore della conservazione, della memoria, dunque della nuova progettualit storica. Si rimetteva in piedi il sistema industriale del Nord. E a partire da questo si compiva la grande rivoluzione della trasmigrazione interna e della conversione di intere masse di contadini al lavoro industriale e allinurbamento. Ci determinava la formazione di una classe media allargata (fino a comprendere gli operai che godevano di un salario fisso): con ci aumentava il potenziale numero dei fruitori e di lettori. La diffusione del libro venne promossa anche dal sistema delle pubblicazioni a dispense (talvolta anche come inserti di settimanali illustrati). Listituzione dei premi letterari stato un altro fattore di incentivazione al consumo librario. Altri fattori sono stati i partiti politici con lofferta di materiale propagandistico e con la propaganda medesima di libri di narrativa, di storia, di divulgazione scientifica. Si spiega cos anche il successo di collane economiche (dei tascabili). Ci stato un impulso notevole alla lettura. Si diffuse la conoscenza anche dei classici stranieri. Sul versante del pensiero filosofico si assiste a una generale dissoluzione del sistema della ragione. I presupposti del pensiero sono individuati nei processi pratici della vita e della cultura, nella partecipazione delluomo al generale vitalismo che domina e anima il tutto, nello sviluppo dellintuizione e del sentimento, nello slancio vitale, insomma. Il sistema delle scienze positive ricondotto da Croce allambito dellattivit pratica; esso comprende solo strategie della programmazione delle operazioni da compiere nel dominio della natura e nellordinamento della societ. Lo spirito riconosciuto nel processo inarrestabile del fare. In questo modo, qualsiasi struttura compiuta si dissolve nel movimento stesso del suo costituirsi; non ci sono pi entit da contemplare. Lesistenza la cura delluomo per il mondo, il pre-occuparsi, il disporre strategie e piani tecnici per la sopravvivenza. Lessere di Heidegger un miraggio irraggiungibile: perci il filosofo rinuncia a continuare la sua ricerca intorno ad esso e si limita a delineare la sua analitica esistenziale. Il mondo lutilizzabile e la categoria dellutilit riassume il senso di ogni manifestazione umana e spirituale. La natura stessa, piuttosto che un ordine regolare di fenomeni, si configura come un processo inarrestabile di produzione imprevedibile, che solo in parte la scienza riesce a interpretare. Vi regna lindeterminismo piuttosto che il necessario determinismo causale. Renouvier riconduce alla libert anche i processi fisici. La determinazione causale dei fenomeni unoperazione della scienza, piuttosto che una condizione della natura. Perci Husserl denuncia lo schematismo della scienza moderna e rileva il carattere comprensivo e totale dellesperienza della coscienza, che, nel suo assetto precategoriale, si presenta come un insieme irriducibile a dimensioni unilaterali. La stessa ragione appare molteplice, come uno strumento adatto per particolari operazioni tecniche, incapace di cogliere qualsiasi senso o di indicare un fine nellambito della natura o della storia. La ricerca del senso dellessere ha solo il tono di un richiamo nostalgico, esprime listanza utopica di uno sviluppo diverso e alternativo della storia del pensiero. Heidegger mette in questione lorientamento metafisico del pensiero occidentale e auspica uninversione di tendenza. Ma la questione dellessere rimane semplicemente posta e poi sviluppata attraverso un pensiero frammentario, del quale sintendono rintracciare allusioni e indizi nella complessiva manifestazione della realt nella parola (specialmente nella parola dei poeti). La realt non un ordine o un sistema di entit definite, piuttosto un campo aperto di operazioni da compiere; coincide, pertanto, con lo stesso sistema della tecnica; e la tecnica operativit, produzione artificiale, sperimentalismo. Prodotti sempre nuovi escono dalla dimensione naturale e sempre nuove strutture sono programmabili. La natura diventa il progetto delluomo. La progettazione infinita, non ha limiti, avanza a mano a mano che si esplora il dominio dellinfinitesimale. Lo stupore rivolto ai sempre nuovi ritrovati della tecnologia. Solo le operazioni che inducono la produzione di strutture programmate sono vere. La verit riguarda le operazioni umane, non le strutture della natura. Queste sono piuttosto ipotesi che vanno verificate attraverso la tecnica.

Lo storico della letteratura rileva la dissoluzione del sistema metrico-poetico ancora elaborato da Carducci e Pascoli (e anche da DAnnunzio) e riconduce a una nuova dimensione diversamente articolata la quasi totalit dei poeti del Novecento.297 La preminenza della tecnica si rispecchia nellaccentuazione dei connotati formali della scrittura. Le teorie del linguaggio di cui ricco il Novecento si giustificano in rapporto a questa esigenza. La costruzione del testo diventa sempre di pi unimpresa di raffinata tecnica combinatoria.298 I contenuti sono per lo pi ricondotti alla forma. Cos, ad esempio, si attua la pi libera e aperta contaminazione tra i generi: opere di narrativa si connotano come geniali saggi critici e viceversa questi si configurano come vere e proprie opere darte e di letteratura.299 Il prototipo dei personaggi che popolano le opere di narrativa Zeno, che fa lanalisi di se stesso, si sdoppia nelle figure del paziente e del medico. In realt il romanziere che si proietta nei suoi personaggi.300 Cos di fronte alla dissoluzione dellunico modello di esperienza e di realt, dilaga il fantastico. Il reale assume dimensioni inedite, quali, ad esempio, quelle che si riscontrano nel sogno.301 Predomina il paradosso, lesagerato, quasi limpossibile. E il fantastico si unisce quasi sempre al giocoso, allumoristico, se non al satirico.302 Peraltro, si mette in discussione il concetto stesso di arte e di letteratura artistica, considerandolo piuttosto elitario, dunque proprio di una societ divisa in classi piuttosto distinte. Il romanzo non pi lunica (o predominante) forma di letteratura narrativa: esso si confonde spesso col reportage, col diario, con la corrispondenza giornalistica o la stessa cronaca di avvenimenti, specialmente di quelli sportivi. Tende pertanto a scomparire la differenza tra i generi di scrittura. E stato notato che in questa situazione le forme tradizionali dellarte e della poesia hanno cercato modi, sia pure precari e provvisori, di sopravvivenza.303 La poesia ha cercato di scendere sul campo Per i procedimenti tecnici innovativi nella poesia italiana emergono individui e gruppi: il predadaismo di Palazzeschi (che, riducecendo a insensata onomatopea il linguaggio delle tre corone tardottocentesche, liquida di colpo ritmi e significati carducciani, pascoliani e dannunziani) e il prefuturista verso libero di Lucini; i crepuscolari, nei quali una colloquialit quasi prosaica mescola e accorda termini preziosi con altri dimessi (Gozzano e Moretti, nonch Corazzini); i futuristi (da Marinetti a Cangiullo, da Covoni a Buzzi, da Altomare a Folgore), che, registrando senza argini il materico, sconfinano dalla poesia alla prosa per ridurre la seconda alla prima; gli espressionisti (Jahier, Sbarbaro, Rebora, i dialettali tessa, Marin Giotti, Noventa), che selezionano i vertici morali ed emotivi con cui incidere la scorza delle impressioni naturalistiche; i neoclassici (Cardarelli), che chiedono aiuto ai pi alti modelli ottocenteschi per imprigionare e mitigare langoscia che connotato inalienabile da qualsiasi modernit; gli ermetici (da Quasimodo a Gatto, da Sinisgalli a Parrochi, nonch da Betocchi a De Libero, fino ai maggiori Sereni e Luzi) [che attuano] il pi ricco e misterioso laboratorio di poesia erede del simbolismo e del surrealismo; i neorealisti che divennero quasi subito neoespressionisti e neosperimentalisti, che magari avevano cominciato come ermetici (da Pisolini a Roversi, da Fortini a Cattafi, da Erba a Zanzotto, da Giudici a Raboni, da Legnetti a Majorino. Da Risi a Orelli) e che pi tardi in molti casi aderiranno alla neoavanguardia (da Pagliarani a Balestrino, da Giuliani a Porta, da Sanguineti a Cacciatore, da Villa a Spatola, da Amelia Rosselli a Giuseppe Guglielmi) (Walter Pedull, Diagramma del Novecento, in Storia generale della letteratura italiana, Ed. Motta-LEspresso, 2004, pp. 55-56). 298 Sono cos fatti, o cos disfatti, i romanzi di Tozzi, Savinio e Gadda: lacerti vivissimi di narrazioni che vanno montati, spesso senza sutura, perch la vicenda cammini: o meglio voli per analogie che moltiplicano i significati dei vari episodi (Op. cit., p. 52). Chi punta sulla struttura privilegia il montaggio, giustapposizione di blocchi che possono essere congeniali ma che meglio se sembrano incompatibili: pi stridente allora lattrito, pi bruciante il corto circuito. [] Ne sa qualcosa Gadda []. Per procedere nella narrazione la iscrive dentro tanti riquadri, quanti sono i capitoli della Meccanica e della Cognizione del dolore e li mette in contrapposizione [] (Op. cit., pp. 50-51). 299 Sono connotati della scrittura del Novecento la mescolanza degli stili, lurto di registri linguistici, laccordo di parole straniere o di lingua e dialetto, lepifanizzazione del trascurabile, la metaforizzazione globale, palese o nascosta, la desamantizzazione o svuotamento di senso. Sono connotati caratterizzanti della struttura il montaggio (giustapposizione di dati che fanno attrito), la verticalizzazione (il frammento o i frammenti lirici, la selezione di apici emotivi), lo straniamento (il discorso parla daltro, lanalogia con qualcosa di opposto), la polifonia (il racconto per punti di vista, la composizione a cubo), linfrarealismo (il ribaltamento prospettico che ingigantisce il minuscolo e minimizza limmenso), lars combinatoria (o montaggio originale di elementi persistenti) (Op. cit., p. 53). 300 Tutti i personaggi sono uno solo: lo stesso autore che prende di volta in volta le sembianze di chi in un determinato momento esce dallo stato originario di onnipotenzialit nella quale non c differenza individuale. Il mondo ridotto a un unico personaggio che tutto lo contiene (Op. cit., p. 49). 301 Sogna sperando di non svegliarsi Palazzeschi. Per lui tutto il mondo una sorpresa: luomo di fumo che era sceso dal camino per visitare il regno se ne scappa scottato: non c nessuno che non gli faccia la sorpresa di comportarsi in odo assurdo. [] Il laico Volponi si ritrova in testa i pensieri di fra Jacopone da Todi. E Calvino scopre che girando come fa un racconto doggi linseguitore anche un inseguito (Op. cit., pp. 48-49). 302 Pirandello, Savinio, Palazzeschi, Bontempelli, Calvino, Malerba e manganelli scrivono come se il terreno in cui cresconocomicit e fantastico fosse lo stesso (Op. cit., p. 53). 303 In periodi diversi il poeta ha messo in versi la vergogna di fare poesia dopo che la contestazione aveva rivelato che solo dei fantasmi avrebbero scritto letteratura: si passi dunque allazione , dissero gli anni di piombo. Astuzia della
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medesimo dellesperienza quotidiana, riportando a s i diversi generi di scrittura. La poesia si fa filosofia.304 In questo stesso senso, la riflessione critica rappresenta uno dei canali pi fecondi del rinnovamento letterario. Il sistema letterario si rivelato come un ordine autonomo di continua elaborazione di contenuti archetipi. Propp ha rilevato che alla base di ogni fiaba c una favola di cui tutte le favole di magia non sarebbero che varianti. Sono le azioni-tipo gli elementi fondamentali che funzionano in ogni tessuto fantastico: le narrazioni sono varianti di una medesima storia. In questa direzione, si potuto affermare che larte pura forma.305 Cos pu accadere che tutte le opere di un autore, come ad esempio Dostoevskij, siano altrettante variazioni di un nucleo narrativo fondamentale. Si potrebbero considerare, cos, i diversi romanzi come altrettanti capitolo di un solo romanzo, tanto le tematiche, i problemi, i tratti della visione del mondo si corrispondono e si richiamano reciprocamente. Opere complesse come Il Mulino del Po di Bacchelli si spiegano con la continua proliferazione dellasse narrativo e la sua dislocazione molteplice in episodi che trovano la loro composizione armonica nellinsieme che intanto si delinea, crescendo con il continuo determinarsi delle variazioni (che sono in gran parte formali, dato che il contenuto rimane sostanzialmente invariato). Luomo del Novecento ha continuamente a che fare con la nevrosi: finita legemonia dellio razionale, messa in discussione la costituzione del soggetto logico, trionfalmente avviato per i sentieri del progresso e della libert, luomo si riconosce estraneo a se stesso, alienato, affetto da una malattia spirituale che si configura specialmente come angoscia dinanzi al precipitoso volgere del tempo, alla straordinaria accelerazione impressa al divenire. Marx e Freud appaiono i principali interpreti di questa situazione umana, sospesa tra alienazione e nevrosi.306 In realt, il marxismo appariva come la possibile via per sfuggire alla nevrosi, determinata dalla stessa condizione esistenziale dello sradicamento dalla realt sociale. Lesistenzialismo, a sua volta, era considerato come la pi efficace e radicale analisi di quella condizione. La fenomenologia poteva fungere da tramite e intermediario, mettendo in rilievo gli atteggiamenti intenzionali attraverso i quali intervenire per instaurare un equilibrio nello sviluppo dellumanit. Essa, infatti, riconducendo i comportamenti individuali e sociali alla loro matrice intenzionale, indicava le possibili vie di rimedio alla nevrosi. Il marxismo appariva il rimedio pi attuale per una ricomposizione organica della societ. Per un discorso introduttivo al Novecento. Il quadro storico della seconda met dellOttocento provvidenza, possibile fare poesia della vergogna di scrivere versi quando le energie andrebbero incanalate nella politica. La poesia muore di politica e tuttavia di politica riesce a vivere: Majakovskij, Jahier, Sereni, Scotellaro, Pagliarani, Fortini, Pisolini, Roversi, Legnetti, Balestrino, Sanguineti e Delfini (Op. cit., p. 45). 304 E tornata fondamentale in letteratura la filosofia. Pensiero pi musica la poesia, dice con Scleiermacher, Montale. Il Novecento ha trasformato in poesia ogni materiale intellettuale (Gadda, Bontempelli, Onori, Zanzotto, Amelia Rosselli), persino leconomia e la questione meridionale (Pagliarani in Lezioni di fiisca). Col ritmo spezzato bene (secondo Olson, la poesia si legge con lorecchio) non c pensiero o concetto che non combina una forte emozione intellettuale. Ed questo per gli artisti lossimoro pi denso e suggestivo di un secolo che maestro Pirandello aspira a commuovere con la riflessione pi accanita (Op. cit., p. 40). 305 Laffermazione di Victor Sklovskij, lautore di Teoria della prosa. Nel saggio Arte come artificio si fa consistere tale forma negli artifici stilistici, nella trama, nella struttura e nelle figure retoriche. E la forma-artificio lautentico contenuto dellarte. [] Le idee, i sentimenti e i giudizi sono sempre gli stessi: nuova solo la combinazione delle forme. Meglio se il racconto risulta non rettilineo ma pieno di digressioni, lacunoso e incompiuto. Le sue qualit sono la stranezza, la singolarit, la sorpresa, il sarcasmo, lirrisione e il sacrilegio. E in quanto ai modelli, saltare i padri e rivolgersi agli zii e ai nonni. Non lOttocento dunque, bens il Settecento illuminista, lenciclopedia, i generi misti, la memorialistica e ogni letteratura senza soggetto. In termini diversi quella che Ortega y Gasset avrebbe chiamato nel 1926 disumanizzazione dellarte: della quale il filosofo spagnolo porta a esempio il teatro di Pirandello (Op. cit., p. 42). 306 Aveva officiato il matrimonio fra marxismo e psicanalisi Jean-Paul Sartre, il pensatore che ha pure reso inconsapevoli alleati di Marz la fenomenologia e lesistenzialismo. Il marxismo, la psicanalisi e la fenomenologia hanno frequentato quella scuola del sospetto che ha smascherato ideologie sociali, coazioni culturali r sublimazioni dei rapporti di forza. Naturalmente, quando fin lembargo per Nietzsche, imputato di essere il progenitore del nazismo, lautore di Cos parl Zarathustra parve il pi geniale profeta e il pi feroce iconoclasta della modernit (Op. cit., p. 35). La miscela fra marxismo da una parte e psicanalisi, fenomenologia e strutturalismo dallaltra ha generato incongruenze a livello di teoria ma ha figliato opere darte ragguardevoli e ha impresso un vigoroso dinamismo alla cultura pi sensibile al mutamento e alla ricerca (Op. cit., p. 39).

La seconda met dellOttocento particolarmente segnata dalla formazione di due stati europei, lItalia e la Germania, su basi nazionali. Tramontavano gli stati fondati su ragioni dinastiche e raggruppanti popolazioni diverse. Cos il secolo XIX realizzava il principio delle rivoluzioni nazionali, che era stato il nucleo della sua realt storica. Lo spirito delle nazioni si affermava come fondamentale dato storico, basato sulle componenti culturali (lingua, religione, cultura). Insieme allo spirito della nazione si affermava il principio della sovranit popolare, dunque listanza costituzionalista, per cui era inferto il colpo decisivo a ogni forma di assolutismo. In particolare era lImpero asburgico a dovere subire le conseguenze di queste trasformazioni. Da grande impero, esteso a gran parte dellEuropa, venne a ridursi a stato austro-ungarico, dove era riconosciuta la sovranit popolare dellUngheria, della quale gli Asburgo detenevano la corona. La nuova grande realt nazionale era la Germania, unificata specialmente per lopera del Bismarck. Nel caso della formazione degli stati nazionali, spinte culturali e spirituali e spinte politiche e diplomatiche agivano in sostanziale accordo. Il sistema degli stati nazionali si configurava come un fattore di stabilit, di pace e di progresso: la fiducia nelle umane sorti e progressive era pressoch incrollabile; sul piano politico-sociale la borghesia appariva come la classe che, interpretando la libert diniziativa dellindividuo, avrebbe assicurato governi liberali e una vasta realizzazione di opere utili alla prosperit dellumanit. Lo sviluppo scientifico appariva come un infallibile fattore di progresso. La produzione industriale cresceva ininterrottamente; la popolazione europea cresceva; si ingrandivano progressivamente le citt, sotto la spinta dello sviluppo industriale; le notizie si diffondevano rapidamente grazie allinvenzione del telegrafo; aumentavano i lettori di riviste e quotidiani. In tale contesto lorientamento culturale e filosofico dominante era il positivismo, cio un indirizzo che privilegiava il metodo scientifico dellosservazione, fuori di ogni avventura speculativa ad opera della sola ragione. Il positivo era ci che poteva essere accertato attraverso lesperienza, ci che poteva essere riportato nellambito della conoscenza scientifica, sperimentale, galileiana. La cultura sarebbe dunque dovuta essere liberata dalle superstizioni, dalle false credenze, dallignoranza; e le masse popolari sarebbero dovute essere educate e formate professionalmente e culturalmente. Listruzione obbligatoria era adottata quasi in tutti gli stati europei. La civilt era davanti a una serie di scoperte e di invenzioni che tra poco avrebbero cambiato il quadro della stessa vita quotidiana di milioni di persone. Il metodo positivo consentiva il raggiungimento di nuovi traguardi in diversi campi: nella fisica, nella medicina, nella chimica, nella biologia. La pratica della sperimentazione consentiva il superamento di vecchi pregiudizi e di infondate credenze. Le stesse concezioni idealistiche spiritualistiche che ancora erano coltivate in alcuni centri culturali e in alcune universit (come quella di Napoli) non si ponevano in contrasto col positivismo, in quanto convergevano nella stessa fiducia nel progresso dellumanit sulla via dellemancipazione e della progressiva conquista della libert. Gli scrittori naturalisti e veristi intendevano contribuire allopera di risanamento e di riscatto sociale e umano. Verga rappresentava una realt i cui limiti fino allora erano attribuiti al destino (dunque erano considerati come una necessit) e che, invece, apparivano come un prodotto della storia (di quella situazione storica perpetuatasi allinsegna dellimmobilit e dellarretratezza). Marx insegnava che le masse popolari avrebbero dovuto finalmente assumersi il compito del cambiamento della loro condizione. Lo strumento di questa nuova consapevolezza era lorganizzazione in partiti a livello internazionale. In quello stesso tempo la civilt europea interveniva in vaste aree del mondo con intenti coloniali ma anche con uno spirito positivo rivolto allesplorazione, allaiuto, alla fratellanza nella lotta contro difficolt e ostacoli. Il mondo della seconda met dellOttocento era dunque sostanzialmente dominato dallidea della felicit possibile dellumanit. I popoli dEuropa, costituiti in stati liberi e in governi liberali e costituzionali, ordinati secondo i principi dei diritti della persona (libert personale, diritto di propriet), avrebbero dato una spinta alla civilizzazione del mondo intero. La storiografia del tempo insisteva molto su questi concetti: civilt, civilizzazione, incivilimento. Erano, del resto, i grandi concetti della concezione vichiana della storia. LEuropa avrebbe portato lumanit a un livello omogeneo di civilt, civilizzando gli altri popoli, in modo da portarli alla condizione di soggetti liberi della storia. I poeti romantici avevano esaltato lo spirito della libert. Carducci era pieno di ammirazione per Roma portatrice di civilt tra i popoli antichi, maestra del diritto, ancora viva nelle testimonianze della sua grandezza. Roma sarebbe rivissuta nello spirito e nella realt della Terza Italia. Carducci il grande poeta della storia: la storia cammino verso la libert, conquista di conoscenza e di progresso civile. Egli interpreta la continuit della grande tradizione classica, dei grandi valori dellumanesimo: il suo classicismo intende riferirsi alla sua funzione attuale, di fattore di sviluppo di forme armoniche in tutti i campi, nella vita civile, nellarte, nella politica, nella stessa religiosit aperta e tollerante.

Al centro della cultura del secondo Ottocento c, dunque, lidea dellumanit attiva, che plasma se stessa secondo un ideale storico, che, in primo luogo, si riferisce allo spirito dei popoli (dunque di carattere nazionale). Luomo vive nella tradizione della civilt alla quale appartiene: plasmato dalla lingua che parla, dalla mentalit secondo la quale egli pensa (secondo un determinato atteggiamento di pensiero), dalla cultura che assimila profondamente dallambiente in cui si forma e vive. Non esiste luomo universale, astratto, generale. Luomo persona, singola esistenza, individuo e soggetto attivo. Si pu dire che la cultura della seconda met dellOttocento ancora romantica, radicata negli ideali di libert, di infinito progresso, di sviluppo storico dellumanit. Per un panorama culturale del Novecento Nei cento anni che vanno dalla fine dellet napoleonica e la prima guerra mondiale, in Europa non si erano avuti grandi rivolgimenti e lequilibrio fondato sul sistema di alcune monarchie stabili aveva sostanzialmente retto, pur con episodici conflitti, dovuti piuttosto allottocentesco movimento per la libert delle nazioni. Con le monarchie resisteva, con alcuni fondamentali privilegi, la classe nobiliare, che esercitava la sua egemonia nelle campagne, mentre nelle citt andava crescendo il proletariato industriale. Indubbiamente la borghesia si avviava a occupare il potere politico, dopo essersi impadronita di quello economico. Il sistema delle monarchie cercava di mantenersi saldo e, per alcuni aspetti, di rafforzarsi per via dello sviluppo delle relazioni dinastiche, mediante i matrimoni tra le grandi case principesche. Il proletariato si era organizzato intanto nei grandi partiti e movimenti politici di massa. La borghesia pot, tuttavia, contenere lurto di quel movimento, ricorrendo, dopo la crisi della guerra, allinstaurazione di regimi autoritari nella maggior parte dei paesi europei (Italia, Germania, Spagna e altrove), mentre i regimi liberali resistevano in altri paesi (Inghilterra, Francia, Olanda, Belgio, Stati Uniti). Agli inizi del Novecento quella societ, sostanzialmente stabile e dominata da una grande fiducia nel progresso e nello sviluppo assicurato dai rapidi mutamenti che lapplicazione sistematica della scienza alla tecnologia faceva intravedere, appariva in grado di resistere e consolidarsi. Circolava un clima di profonda soddisfazione, tanto che si chiam Belle poche quellet di ritrovata armonia tra gli individui e i popoli, propria di una societ ancorata a principi morali consolidati e governata da regimi stabili. Ma su quella societ si rivers il grande terremoto della guerra, con limpressionante spettacolo di morte e di distruzione. Lumanit si trov a vivere la sua pi grave crisi, una crisi tale da fare pensare a un fatale declino della stessa civilt europea, a una fine dellOccidente come sistema culturale, morale e politico costituito come nucleo e fondamento dello stesso sistema mondiale della civilt.307 La stessa societ europea era colpita irreparabilmente. Crollava, infatti, il sistema di scambi, di relazioni, di reciproci influssi che, attraverso le grandi citt (Parigi, Vienna, Berlino, Pietroburgo, Londra, Roma), concorrevano a fare dellEuropa una sola grande area culturale, in cui un pubblico esteso partecipava agli stessi eventi e dovunque emergeva una comune mentalit e un medesimo gusto. In realt lEuropa costituiva un unico ambiente, dove gli intellettuali, i rappresentanti dellaristocrazia, gli stessi borghesi sincontravano, sentendosi dovunque come a casa propria. Dopo la guerra, quella realt si frantuma irreparabilmente, quel sistema si dissolve, tornano a predominare le chiusure nazionali e, al posto del senso di sicurezza, esplodono le inquietudini, le incertezze, le ansie e le paure per il futuro e il vuoto. Lesperienza e limpressione dominanti sono quelle di una radicale difficolt a riconoscere i contorni della stessa figura e identit umana. Questo il clima generale allinterno del quale maturano le nuove esperienze intellettuali, artistiche, filosofiche, che sono proprie dellet tra le due guerre. In Germania la tradizione di pensiero che aveva dato lidealismo e poi il nichilismo si trova impegnata nellinterrogazione intorno ai caratteri, al ruolo e alla funzione della stessa filosofia, oltre che alla responsabilit degli intellettuali. Husserl cos formula lidea del filosofo funzionario dellumanit, che, Quella guerra costituisce per tutti, gente del popolo, borghesi, intellettuali, un trauma enorme, e opera un profondo cambiamento non solo in chi la combatte, da una parte e dallaltra, non solo in chi ne subisce le conseguenze anche senza combatterla, ma in chi da quella indotto a interrogarsi sul destino dellumanit, sulle scelte e sui valori che ancora danno, o che pi non danno un senso alla vita umana. La guerra provoca una crisi della coscienza e della cultura europee di dimensioni e di profondit mai viste. Filosofi, artisti, scrittori, moralisti, intellettuali attenti a osservare e valutare quel che succede intorno, documentano in maniera pi o meno drammatica questo nuovo stato di cose, questo disorientamento che colpisce strati sociali e intellettuali sempre pi vasti (Restaino, 52; cfr. H. Stuart Hughes, Coscienza e societ. Storia delle idee in Europa dal 1890 al 1950, tr. it., Einaudi, Torino 1967; tra gli intellettuali che hanno particolarmente testimoniato la crisi europea: Peguy, Gide, Alain-Fournier, Proust, Spengler, Hesse, Mann, Benda).
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movendo dalla riflessione sulla crisi della cultura scientifica, sia capace di indicare una via per la ripresa e la ricostruzione o ricomposizione del mondo occidentale. Agli inizi del Novecento egli gi il maestro riconosciuto del pensiero europeo.308 La fenomenologia la filosofia che avr il pi vasto influsso sullo sviluppo dellintero pensiero del secolo. Husserl col suo indirizzo si propone di portare alle estreme conseguenze la filosofia trascendentale, cio la ricerca sui processi mentali che fanno capo alla costituzione pura della coscienza. Che cosa, in questo senso, si pu dire, allorch si mette tra parentesi lintero mondo culturale che costituisce lorizzonte della nostra esperienza e del nostro sapere? Che cosa contiene la mente, prima che essa dia corso alla complessa formazione delle sue idee relative ai diversi campi della cultura? Quali sono i principi che presiedono alla formazione dei concetti logici, ad esempio, o dei concetti scientifici o di quelli morali e politici? La filosofia, per Husserl, deve interrogarsi e indagare intorno alla pura condizione trascendentale della coscienza, per esplorare quella zona in cui si avvia ogni processo di attivit mentale, di fondazione della cultura e del sapere. La fenomenologia gravita intorno al concetto di intenzionalit, termine col quale si indica la disposizione originaria della mente, cio la struttura trascendentale della coscienza come fonte del pensiero e principio della costruzione dellintero mondo culturale e umano. La mente umana dotata di un originario impulso a dare luogo a sfere oggettive che corrispondono ai diversi ambiti culturali (il sistema dei concetti scientifici, il complesso delle credenze religiose, i principi della morale e del diritto, e cos via). Questa disposizione trascendentale originaria ci che Husserl chiama intenzionalit, in quanto rappresenta la tendenza della mente (che appartiene al soggetto) a costituire un mondo di valori e dati oggettivi. Lindagine fenomenologica, secondo Husserl, muove, dunque, dalla liberazione della coscienza da ogni contenuto, da ogni oggettivit, per potere osservare la mente nella sua costituzione pura, come struttura interamente a priori. In tal modo sarebbero emersi i principi e i processi di fondazione dei concetti relativi alle diverse sfere culturali (scienza, tecnica, morale, religione, diritto e cos via). Queste sfere costituiscono, in tal modo, loggetto della successiva fase dellindagine filosofia, rivolta a ricercare la struttura delle diverse ontologie relative ai diversi settori dellesperienza e del mondo. Le ontologie regionali comprendono i concetti generali di cui sono costituiti e sui quali si fondano le diverse aree culturali. Il filosofo che ha inteso proseguire sulla via tracciata da Husserl, nel senso, tuttavia, dello sviluppo originale, Heidegger, la cui opera principale, Essere e tempo, del 1929, riflette, pertanto, in modo emblematico i caratteri di quellet di crisi che segue la tragedia della guerra, con la dissoluzione dei valori positivi, morali, politici, culturali. Lesperienza allora si declina in un senso negativo, sul versante di ci che appartiene al nulla piuttosto che allessere. Questa ipotesi radicale rappresenta in realt la conseguenza estrema di un pensiero che si sviluppa nel segno della negativit. Lesistenza umana costituisce, del resto, il terreno pi proprio e adatto a una simile indagine e riflessione. Che ne delluomo allorch la stessa sfera intenzionale (per cui fondata ogni idea positiva relativa ai diversi ambiti culturali) devastata e messa in crisi? Heidegger compie il tentativo radicale di trarre da una tale situazione ancora motivi per potere pensare. Ci ci convince e ci persuade intorno alla forza del pensiero, come estremo motivo di certezza per la realt umana, come, cio, quella verit che permane pur dopo la pi totale devastazione. Quando la stessa intenzionalit sembra cancellata, riemerge il pensiero, come istanza e struttura atta a produrre nuova intenzionalit, sia pure, in primo luogo, rivolta a individuare gli stessi elementi concettuali sulla cui base si sviluppa il nichilismo. Lidea fondamentale su cui Heidegger riesce a riprendere lopera filosofica di ricostituzione del mondo della cultura e della storia quella di finitudine, connessa alla stessa idea di esistenza. La realt che il pensiero umano (dunque la coscienza o la mente) in primo luogo rivela quella relativa allesistenza finita, a quella esistenza per la quale la morte costituisce la stessa possibilit dessere. Heidegger, in unepoca in cui la forma stessa delluomo sembrava dispersa, ricorda che luomo lente finto che ha la prerogativa di interrogarsi intorno al proprio essere e allessere in generale. Egli pertanto intende percorrere quel sentiero ancora aperto alla riflessione filosofica e per il quale luomo avrebbe potuto trovare una nuova possibilit di esistenza autentica, sottratta ai modi della prevalente declinazione di essa nel mondo quotidiano della banalit, dello sfruttamento materiale, della chiacchiera, della ricerca del piacere e del benessere, secondo un sistema di vita fondato sulla sempre pi ampia disponibilit di prodotti di consumo. In questo modo la filosofia investiva lesperienza delluomo comune, entrava nellorizzonte dellesistenza quotidiana, metteva in discussione tutto ci che appariva ovvio e inevitabile, riportava lindividuo alla radice delle sue responsabilit etiche. La filosofia si prospettava come il terreno in cui la ragione umana avrebbe potuto ritrovare la sua autonoma capacit di riscoprire ci che proprio delluomo, sulla base della libera riflessione e recuperando tutti gli elementi culturali e di pensiero che, nel Le pi significative opere di Edmund Husserl (1859-1938), Ricerche logiche, La filosofia come scienza rigorosa, Idee per una fenomenologia pura e una filosofia trascendentale, appartengono ai primi decenni del Novecento.
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corso della storia, hanno caratterizzato lo sforzo rivolto verso il percorso in cui si manifesta la verit intorno alluomo, alla sua natura e al suo destino. Come si vede, si trattava di restituire alla filosofia una funzione di ricerca autonoma a partire da una domanda radicale, da un atto profondo di problematizzazione, cio dal problema che coincide con lorizzonte dellesistenza medesima. Lanalitica eistenziale di Heidegger mette in rilievo le modalit trascendentali (cio basate sulle stesse strutture del soggetto) di declinazione dellesistenza: in primo luogo lessere-nel-mondo, il processo attraverso il quale lesperienza umana si configura come sistema di rapporti con le cose e con gli altri. Si rileva che generalmente questa modalit della declinazione esistenziale assume i caratteri dellesperienza pratica basata sul criterio dellutilizzabile, per cui il mondo stesso si configura come lorizzonte del reale in quanto a portata di mano (di tecnica): gli stesi rapporti intersoggettivi si delineano come un sistema basato su un tipo inautentico di comunicazione, secondo cui ogni individuo vede nellaltro il termine di uno sfruttamento possibile in vista dei propri bisogni e desideri. Tutta la civilt appare viziata da questa forma di esistenza: e gli eventi storici non sono altro che lespressione e la manifestazione di un modo in autentico di vivere e di sperimentare lessere proprio. In questo modo la morale, la politica, larte e la stessa religione (oltre alla scienza) fanno parte del sistema del mondo come orizzonte generale dellesistenza dispersiva e sempre pi lontana e separata dal suo autentico essere. Il soggetto a un certo punto deve essere portato dalla riflessione ad avvertire la propria responsabilit di fronte a tali modalit inautentiche di esperienza umana: egli avverte un senso di profondo smarrimento di fronte al dileguarsi del mondo stesso e allapparire di un orizzonte di pure possibilit. Bisogna passare per tale esperienza, per potere pervenire a una forma autentica desistenza, cio a unesperienza esistenziale corrispondente a ci che proprio dellessere umano. Questa modalit che prelude a una specie di liberazione dal mondo comune langoscia, che ripropone il tema kierkegaardiano dellesistenza come pura possibilit e responsabilit di scelta. Cos luomo si libera dalla cura per il mondo e si dispone a sviluppare una forma di esistenza basata sulle sue pi proprie possibilit. In primo luogo, e principalmente, il soggetto deve vivere lesperienza dellesistenza come pura possibilit. Questa fase della ricerca dellesperienza autentica ci che Heidegger chiama essere-per-la-morte, poich la morte la possibilit che fonda tutte le altre possibilit, il fondamento dellessere stesso come orizzonte di possibilit. Daltra parte, la morte rimanda alla finitezza, dunque alla temporalit. Heidegger si ferma quando avrebbe dovuto dirci quali possibili sentieri si aprono allumanit nellattuale situazione storica e quali forme desperienza autentica sono oggi da ricercare per consentire la generale salvezza dellumanit. Giustamente egli ci ricorda che a questo punto il compito della filosofia finisce, dato che non si pu attribuire al pensiero razionale la capacit di profetizzare il futuro. Cos il posto ceduto allesperienza della parola poetica, che, per le sue dimensioni di profondit, la pi adatta a suggerire e a indicare, ad alludere e a far vedere, a manifestare ci che appartiene alla stessa verit dellessere. Si tratta, comunque, di vivere il pi radicalmente possibile lesperienza della ricerca dellessere (e del suo essere proprio), fino al punto di affidarsi interamente a questa domanda e a identificarsi con essa. Allora lesistenza si assimila alla manifestazione dellessere e lorizzonte occupato interamente da questa rivelazione. Tutto ci che avviene si configura come una forma delleventualit temporale come storia dellessere.309 Per Jaspers, lesistenza essenzialmente trascendenza verso lessere. La finitudine si esprime essenzialmente in una tensione (che assume tonalit anche tragiche, di estremo struggimento) verso linfinito. Questa caratteristica connota inevitabilmente lesistenza. Luomo, principalmente, attratto dalla ricerca della verit, avverte il limite della mancanza di conoscenza, la situazione di disagio che deriva dallerrore e dallopinione relativa e provvisoria. Luomo soffre per essere costretto a vivere nella finitezza dellesistenza. Perci lesistenza si configura come un orizzonte verso il quale costantemente essa rivolta. Essa si declina a partire da questa tensione. La filosofia ha il compito e la funzione di attuare le forme di pi intensa tensione, dunque le forme concrete dellinserimento negli orizzonti progressivi in cui si va situando la tensione esistenziale verso la verit e lassoluto. La fenomenologia indaga queste forme dellesistenza come forme dellesperienza dellinfinito.310

La ricerca dellessere da parte dellente ha quindi un carattere non pi puramente teoretico, ma investe tutta la persona nei suoi sentimenti e impulsi pi profondi (Restaino, 58). 310 Come in Heidegger, anche in Jaspers il singolo individuo nella sua esistenza situata si interroga sul mondo e sullessere di questo, riscontra i limiti delle risposte delle scienze, delle filosofie, delle religioni, e cerca incessantemente una risposta. Jaspers studia a fondo i tentativi di risposta che partono dalla consapevolezza sia della propria libert di scelta, pur nella situazione dellesistenza, sia del carattere illusorio di tale libert (non ho scelto io di essere nel mondo, qui ed ora). La ricerca di senso della propria esistenza porta, secondo Jaspers, gli spiriti pi profondi e conseguenti ad accettare il proprio destino (in questa tesi stato riscontrato un preciso influsso di

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Per Sartre, invece, il trascendimento dellesistenza si colloca, piuttosto che nellessere proprio dellesistenza, nel rifiuto di ogni situazione da parte dellesistenza e, dunque, nella continua erosione dellessere che costituisce lesistenza medesima. Lesistenza messa in discussione di ogni forma di essere, processo di annientamento, di annichilimento. Essa ha la sua radice nel nulla piuttosto che nellessere. Il soggetto reca il carattere e limpulso del per-s, cio della realt che continuamente si svolge e si fa, contrapponendosi a ogni realt chiusa e solidificata, caratterizzata dalla forma dellin -s. Lesistenza, in quanto continua tensione e impulso a darsi una realt, vive lesperienza radicale e costitutiva della sua libert. Luomo si trova sempre a opporsi a qualcosa di inerte, a qualcosa, cio, che si presenta come un tentativo di annullare la sua libert. La visione sartriana del mondo , perci, drammatica, basata sullopposizione e sulla resistenza allazione nientificante che proviene dagli altri e dalle cose. Perci Sartre iscrive il suo pensiero nella cornice della concezione dialettica della storia. La sua opera che meglio delinea il suo pensiero nella sua complessit, e che si caratterizza come una sintesi organica di esistenzialismo e di marxismo, la Critica della ragione dialettica (1957-60).311 Lesistenza si configura come struggente ricerca dellessere (inteso come fondamento assoluto) negli esistenzialisti francesi di orientamento spiritualista, principalmente in Marcel, che in opere significative (Essere e avere, Homo Viator, Il mistero dellessere, scritti fra il 1935 e il 51) ha sviluppato il tema di un inevitabile incontro di pensiero ed esperienza religiosa, nella convinzione, appunto, che la ricerca speculativa rimanda al sentimento religioso, che unicamente in grado di aprire lesperienza umana alla sfera del mistero. Mentre nellEuropa continentale si sviluppava lindirizzo fenomenologico ed esistenzialistico, nel mondo angloamericano il pensiero filosofico rappresentato dallindirizzo logico-matematico-analitico. I rappresentanti pi importanti di questo indirizzo sono Russell e Moore, insieme allaustriaco Wittgenstein, che fu loro allievo. Secondo costoro, i filosofi continentali, percorrendo sentieri diversi da quelli delle scienze e delle matematiche, si attardavano ancora nellambito dellapparato concettuale della metafisica tradizionale. Russell, che insieme a Witehehead scrisse i Principia Matematica (1910-13), propone alla filosofia il compito di enucleare le proposizioni fondamentali espresse intorno al mondo, cio quelle proposizioni che indicano condizioni generali dellesperienza e della realt e che costituiscono qualcosa come gli atomi o elementi della realt. Anche Moore partiva dalle proposizioni fondamentali che compongono le enunciazioni comuni (e scientifiche) intorno alla realt. In tal modo dimostrava che la filosofia non ha bisogno di un linguaggio tecnico specifico e che si serve di argomentazioni proprie del linguaggio comune. Wittgenstein, nel suo famoso Trattato logico-filosofico (1921) metteva in rilievo la corrispondenza tra le strutture linguistiche e le condizioni della realt, distinguendo tra le verit relative a condizioni di fatto e quelle relative a condizioni puramente logiche. In realt, egli osservava, per, che, per stabilire la effettiva verit delle proposizioni, sarebbe necessario un punto di vista neutrale rispetto al dualismo di linguaggio e realt, per cui, mancando un tale soggetto, la realt si sottraeva alla possibilit di una sua descrizione vera e il linguaggio, da parte sua, si riduceva a una funzione assurda, quella cio che chiamata a testimoniare lindicibilit del reale.

Nietzsche), vivendolo per non come esperienza comune e ingenua, ma come esperienza esistenziale con i suoi momenti di drammaticit (Restaino, 59). 311 La libert per certi aspetti quasi una condanna, in quanto ci costringe a progettare ad ogni momento la nostra vita, ad assumerci le responsabilit di quanto facciamo; da qui i momenti di angoscia, di paura, di attesa e altre esperienze che lautore analizza o raffigura con grande maestria. Da questa tesi di fondo Sartre faceva discendere unaltra tesi, destinata ugualmente a una fortuna enorme: quella della necessit dellimpegno da parte dellintellettuale cosciente della propria irriducibile libert. Luso responsabile della libert, infatti, per Sartre non porta allanarchia, ai comportamenti egoistici e arbitrari. Pur non essendoci sistemi di valori oggettivi e assoluti, egli ritiene infatti che nellessere umano consapevole della sua libert debba prevalere limpegno, per rendere i rapporti umani pi giusti. Di qui lincontro con il marxismo e con lesigenza di una nuova societ in cui la giustizia prevalga sullingiustizia (Restaino, 60).

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