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Filosofia teoretica

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«La filosofia teoretica è una disciplina al tempo stesso particolare e generale. Essa è una partizione interna di
quell'intero che è il sapere filosofico e nel contempo è, o riassume in sé, l'intera filosofia.[1]»

La filosofia teoretica (dal greco ϑεωρητικός, derivante da θεωρέω, theōréō, "guardo, osservo", composto da θέα,
théa, "spettacolo"[2], e ὁράω, horáō, "vedo") riguarda ciò che attiene alla teoria o alla teoresi volendosi intendere con
quest'ultimo termine un'accentuazione del carattere speculativo astratto e l'assenza nel pensiero teoretico di ogni
riferimento alla pratica[3].

La filosofia teoretica, come materia di studio accademico, tratta i problemi generali concernenti la conoscenza nei suoi
aspetti fondamentali e avanza una ricerca metodologica e teorie generali, simili ma non coincidenti a quelle della
metafisica ossia della realtà nella sua interezza[4]. In questo senso essa si pone antiteticamente alla filosofia pratica e
alla storia della filosofia.

La filosofia teoretica si occupa anche dei fondamenti teorici della scienza[5].

Indice
La "visione" nel pensiero greco arcaico
Generalità della filosofia teoretica
Definizione di filosofia teoretica
Problemi della filosofia teoretica
Atteggiamenti teoretici
Atteggiamento critico, da Kant in poi
La trattazione kantiana dell'esistenza
Temi teoretici nella filosofia esistenziale
Temi teoretici nella filosofia della scienza
Opere di filosofia teoretica
Note
Bibliografia
Altri progetti
Collegamenti esterni

La "visione" nel pensiero greco arcaico


La presenza del termine theōréō ("guardo, osservo") nell'etimologia di questa branca della filosofia trova spiegazione
nel pensiero di Guido Calogero, che si dedicò in modo particolare ai problemi logici del pensiero antico[6].

Nel 1927 grazie ad una borsa di studio Calogero trascorse un lungo periodo presso l'Università di Heidelberg, dove
incontrò pensatori come Heinrich Rickert e Raymond Klibansky e conobbe l'opera di Ernst Cassirer. Avvalendosi delle
conoscenze sul pensiero di questi studiosi e dei suoi studi su Aristotele, egli cominciò a definire un concetto di "età
arcaica".

Mentre Cassirer parlava di un'età mitica dove non si distingueva tra parola e cosa, riferendola al passaggio dal
pensiero primitivo a quello razionale adulto, Calogero vi vedeva una "coalescenza arcaica", una specie di fusione di
linguaggio, realtà e verità.

Nel primo capitolo del suo libro Storia della logica antica, "La struttura del pensiero arcaico", Calogero espose la sua
teoria secondo la quale i greci avevano una visione della realtà come "spettacolo": la vista era, ed è, infatti, tra i cinque
sensi, quello primario per la specie umana, che mette in contatto diretto con il mondo esterno[7].

I Greci, sostiene Calogero, in epoca arcaica non distinguevano dunque tra visibilità[8], esistenza e pensiero: solo ciò che
era visibile esisteva veramente e quindi poteva essere pensato. Questa interpretazione veniva da Calogero e
successivamente dallo storico della filosofia antica Gabriele Giannantoni, che la suffragò con una serie di prove
indirette:

ō
il termine" idea" deriva dalla radice "id-" del verbo greco horá ("vedo"); ancora in Platone l'"idea" è il risultato di una
visione, sia pure intellettuale, del mondo dell'iperuranio;
la forma più antica della letteratura greca è la storia, dal greco istor ("testimone oculare"): lo storico, cioè, può narrare
avvenimenti esistenti perché li ha visti con i suoi occhi, mentre, al contrario, colui che narra vicende fantastiche o
irreali è anticamente rappresentato come cieco;
l'architettura greca arcaica privilegia negli edifici la parte frontale, quella più visibile, e lascia non ornati gli altri lati;
la forma più antica di scultura è il bassorilievo, che della scena rappresentata privilegia la parte visibile allo spettatore,
mentre la scultura a tutto tondo è storicamente posteriore.
La religione più antica, quella iniziatica dei misteri, sembra contraddire questa teoria: i misteri, infatti, venivano
celebrati in luoghi appartati e la stessa parola richiama il buio, la segretezza. In effetti il termine misteri deriva da
mýstos (μύστος), a sua volta derivato dal verbo mýo ("chiudere la bocca e strizzare gli occhi", come si fa appunto per
vedere meglio): i mýstoi, cioè, sono quelli che vogliono vedere l'invisibile.

Una permanenza di questa indistinzione tra essere e pensiero Calogero la riscontra nei suoi studi sugli eleati, in
particolare su Parmenide, il filosofo convinto che pensare ed essere siano la stessa cosa e che non si possa pensare il
"non essere".

Generalità della filosofia teoretica


La filosofia teoretica può in un certo senso essere definita la parte più generale della filosofia. È difficile dare una
descrizione esatta dei principali problemi della filosofia teoretica, poiché qualunque descrizione di questo tipo già
presuppone l'adesione e la formulazione di una ben precisa impostazione teoretica, come del resto qualsiasi tentativo
di definire la filosofia e i suoi specifici settori. Certo è che l'altissimo livello di generalità della filosofia teoretica ha
delle ricadute su tutte le altre "aree" della filosofia, perché è proprio il pensiero teoretico che si occupa specificamente
della definizione degli ambiti in cui tali "aree" si trovano ad operare, e dei metodi che esse devono adottare per
risolvere i propri problemi particolari[9].

In generale si può indicare che la filosofia teoretica si rivolge al tema fondamentale dei criteri della Conoscenza e a
quelli della Filosofia della scienza anche se rispetto a questi due settori ha uno sguardo più generale. Inoltre è possibile
dire che il compito primo, e tuttora ben lontano dall'esser portato a termine, della filosofia teoretica è definire l'oggetto
della Filosofia e il metodo della sua ricerca.

In questo senso è possibile differenziarla dalla Metafisica, la quale ha sin dall'inizio conosciuto una delimitazione ben
precisa del suo ambito di applicazione.

Definizione di filosofia teoretica


Potremmo quindi definire la filosofia teoretica una “filosofia della filosofia” o anche una "filosofia prima" (ancorché
questo epiteto venga sovente ascritto all'opera Metafisica di Aristotele): infatti fa parte certamente dei suoi compiti
trovare una caratterizzazione adeguata del concetto stesso di filosofia, di quali siano i suoi temi specifici e i suoi
metodi. Ma proprio su questa caratterizzazione la comunità dei filosofi non ha mai raggiunto il benché minimo
accordo, e anzi è oggi più che mai uno dei problemi più scottanti, sul quale vertono le discussioni. La filosofia va
continuamente alla ricerca del proprio compito[10].

Centrale per molti è il carattere metodologico della filosofia teoretica: essa è più un modo di affrontare certi problemi,
un atteggiamento che un uomo assume nei confronti del mondo e di ciò che sappiamo di esso, più che un insieme
consolidato di dottrine nelle quali credere, come la scienza naturale, la religione, il diritto o la critica artistica e
letteraria.

Problemi della filosofia teoretica


In realtà la migliore definizione che si possa dare di questa "disciplina filosofica" è l'esposizione di alcuni dei suoi
principali problemi.

Ci sono due questioni centrali che definiscono la filosofia teoretica in senso moderno, le cui prime esposizioni possono
trovarsi in autori come Cartesio; esse sono strettamente legate tra loro.

La prima è "Qual è la struttura ultima della realtà?"; è la domanda della metafisica, ed una risposta positiva ad essa
costituisce una ontologia.

La seconda domanda riguarda la possibilità della conoscenza e può essere così formulata: "È possibile conoscere
questa struttura ultima?", o anche "è possibile una conoscenza autentica, che non sia mera opinione ma scienza?". È la
domanda della teoria della conoscenza o gnoseologia[11].

Atteggiamenti teoretici
Rispetto a queste domande possono esservi atteggiamenti teoretici differenti da parte dei filosofi: un primo
atteggiamento può essere detto dogmatico. Esso argomenta in favore dell'assunzione di una risposta positiva alla
prima domanda, dando quindi una certa descrizione della realtà ultima, dalla quale viene ricavata la risposta alla
seconda domanda. Oppure, partendo da una qualche certezza ritenuta indubitabile, che costituisce dunque una
risposta positiva alla seconda domanda, ricostruiscono da essa una immagine di come realmente è strutturato il
mondo. Quest'ultima è la strategia adottata ad esempio da Cartesio, necessaria per affrontare le obiezioni dello
scettico.

Un secondo atteggiamento è appunto quello dello scettico. Egli risponde negativamente alla seconda domanda,
sostiene cioè che non vi sia mai una vera e propria conoscenza, ma sempre e solo opinione. Per questo si rifiuta di
rispondere positivamente alla prima, egli ritiene impossibile per l'uomo conoscere la vera natura delle cose. La
struttura ultima della realtà, l'essenza delle cose, è inconoscibile.

Questi due tipi di atteggiamento sono in qualche modo riscontrabili in tutta la filosofia, dalle sue origini ad oggi. Nella
maggior parte degli autori i due atteggiamenti si mescolano in vari gradi, producendo quella varietà di pensiero tipica
della filosofia.

Atteggiamento critico, da Kant in poi


Ma da Kant in poi è nato un nuovo atteggiamento introducendo una serie di elementi rivoluzionari per la filosofia
teoretica. Kant attua una vera e propria "rivoluzione copernicana" nel campo della conoscenza filosofica, perché, come
Copernico aveva invertito il rapporto tra il sole e la terra, così il filosofo tedesco intende ora invertire i rapporti tra
soggetto e oggetto della conoscenza. Mentre prima si pensava, in maniera dogmatica, che le forme del soggetto si
adattassero passivamente alla natura, col criticismo si inaugura una nuova concezione per la quale è l'esperienza
sensibile a venir modellata dalle nostre strutture mentali[12]. Kant, con il suo criticismo[13], ha introdotto una nuova
prospettiva con la quale guardare il problema della conoscenza e, di conseguenza, anche la metafisica. Questi sono
alcuni dei principali motivi di novità:

Sposta l'attenzione della gnoseologia dal problema del rapporto tra idee soggettive e cose oggettive a quello della
validità dei giudizi; quali sono i criteri per dire che un giudizio è valido (cioè vero)?
Viene rifiutata di conseguenza la tradizionale contrapposizione tra il soggetto conoscente e l'oggetto reale, comune sia
al dogmatico che allo scettico.
L'oggetto della conoscenza non è più una cosa in sé, ma un fenomeno, che appare in una rappresentazione seguendo i
principi dell'intelletto puro (cioè i giudizi sintetici a priori).
La conoscenza non è il rispecchiamento passivo di una realtà predeterminata, essa è una "costituzione" dell'oggetto
secondo le regole della ragione a partire da un materiale sensibile dato. In essa l'intelletto ha un ruolo attivo (questa
attività è la "spontaneità dell'intelletto" che si contrappone alla natura passiva della sensibilità, la “ricettività”).
La filosofia critica non può descrivere la realtà come è in sé stessa, può invece esporre i principi a priori con cui
l'intelletto costituisce il mondo fenomenico.
Il mondo fenomenico non è un mondo di "mere parvenze", è il mondo di oggetti che tutti conosciamo. In esso i
principi dell'intelletto servono a distinguere tra la realtà (empirica) e l'immaginazione.

La trattazione kantiana dell'esistenza


Particolarmente rilevante per gli sviluppi successivi è la trattazione kantiana del concetto di esistenza. Il fatto che
l'esistenza non sia un predicato (sfruttato per confutare la Prova ontologica dell'esistenza di Dio) può essere
considerata un'anticipazione della moderna teoria della quantificazione, sviluppata dalla logica e assai discussa nella
filosofia analitica.

D'altra parte nella filosofia continentale[14] Heidegger ha sviluppato il legame rilevato da Kant tra esistenza e
temporalità, per superare l'impostazione tradizionale della metafisica e del problema ontologico. Egli propone un
sostanziale abbandono del problema della conoscenza e della metafisica come ricerca della struttura ultima della
realtà. La filosofia diventa interpretazione dell’esistenza, in particolare dell'esistenza sensata, quella umana. Da
Heidegger in poi nella filosofia continentale si parlerà di ermeneutica. Si indicano in generale le principali filosofie che
hanno discusso l'eredità kantiana:

idealismo tedesco e Neokantismo


positivismo
positivismo logico
pragmatismo
fenomenologia

Temi teoretici nella filosofia esistenziale


Nella filosofia continentale l'ermeneutica, da Heidegger in poi, è stata un ulteriore salto di qualità rispetto
all'atteggiamento critico di Kant, un nuovo atteggiamento teoretico che rifiuta certe ossessioni della filosofia moderna,
come il primato del conoscitivo e la ricerca del fondamento della conoscenza.

Si indicano in generale le principali filosofie del secolo XX che hanno trattato questioni di filosofia teoretica, sotto il
punto di vista dei problemi esistenziali:

esistenzialismo
post-strutturalismo
decostruttivismo

Temi teoretici nella filosofia della scienza


La filosofia analitica[15] si pone in continuità con l'impostazione tradizionale della filosofia teoretica, così come si è
configurata nell'illuminismo e nel positivismo. La teoria della conoscenza inizia ad essere anche epistemologia,
filosofia della scienza. Il problema diventa quello delle fonti di validità delle teorie scientifiche, oltre che la ricerca di
un metodo per distinguere tra ciò che è o può essere scienza e ciò che non lo è. Karl Popper, ad esempio, cercherà nel
suo "falsificazionismo" (vedi falsificabilità) un criterio di demarcazione tra scienza e non-scienza.

Viene inoltre aggiunto un nuovo livello di complessità con la “svolta linguistica”, introducendo nel problema della
conoscenza e della metafisica il piano del linguaggio. Fu prima di tutto l'emergere della nuova logica ad opera di Frege,
Bertrand Russell[16] e Ludwig Wittgenstein a portare nella filosofia teoretica la filosofia del linguaggio, arricchendola
con nuovi problemi come quello del significato (o senso) e del riferimento (o denotazione) degli elementi che formano
il discorso umano. Le nuove potenzialità dell'analisi logica portano un altro nuovo blocco di problemi, trattati dalla
filosofia della scienza e dalla filosofia della matematica.

Uno spartiacque importante è la crisi del principio di verificazione (portato avanti dal positivismo logico) avvenuto tra
gli anni cinquanta e gli anni settanta del novecento ad opera della cosiddetta Nuova Filosofia della Scienza
(rappresentata all'estero da autori come Thomas Kuhn e Imre Lakatos ed in Italia da: Ludovico Geymonat, Giulio
Giorello e Marcello Pera).

Da allora si sono riaffermati diversi atteggiamenti teoretici, già presenti nella tradizione rinascimentale e illuminista
(che potremmo definire, oltre che post-critici, anche post-verificazionisti) il cui contributo alla filosofia teoretica
contemporanea è ancora in corso di evoluzione.

Realismo
Empirismo
Razionalismo
Filosofia della scienza

Opere di filosofia teoretica


Platone, "Dialoghi socratici", "La Repubblica", 390-370 a.C.
Aristotele, "Organon", "Metafisica" (scritti di logica), 340-330 a.C.
S.Tommaso d'Aquino, "De veritate" (La verità - da: “Questioni disputate”)
Cartesio, "Discorso sul metodo", Parigi 1637
John Locke, "Saggio sull'intelletto umano", Londra, 1690
Leibniz, "Nuovi saggi sull'intelletto umano", 1705
Spinoza, "L'Ethica, ordine geometrico demonstrata", Amsterdam 1677
David Hume "Trattato sulla natura umana", 1739 – 40
Kant, "Critica della ragion pura" (1781).
Kant, "Critica della ragion pratica", Konisberg 1788
John Stuart Mill, "Sistema di logica deduttiva e induttiva", Londra 1843
Heidegger, "Essere e tempo" (1927)
Piero Martinetti, Introduzione alla Metafisica. Teoria della conoscenza, Marietti, Genova, 1987 (riedizione, prima ed. 1904)
Giovanni Emanuele Barié, L'io trascendentale, 1948.
Bertrand Russell, "Storia della filosofia occidentale", TEA, Milano 1991.
Karl Popper, "Logica della scoperta scientifica", Vienna 1935
Thomas Kuhn, "La struttura delle rivoluzioni scientifiche", Chicago 1962

Note
1. ^ Carlo Sini in Karl-Otto Apel, Filosofia, Editoriale Jaca Book, 1992, p.15
2. ^ F. Montanari, GI - Vocabolario della lingua greca - Greco Italiano (Seconda edizione), Torino, Loescher, 2004. Il termine è
connesso con θέα théa, "spettacolo", a sua volta derivato da θαῦμα thâuma, "visione". Il termine mantiene però
esclusivamente il significato di "guardare".
3. ^ Vocabolario Treccani alla voce "teoresi"
4. ^ Antonio Pieretti, Filosofia teoretica, La Scuola, 2008
5. ^ Dizionario filosofico Treccani alla voce "Filosofia teoretica".
6. ^ Vedi il trattato I fondamenti della logica aristotelica (1927), gli Studi sull'eleatismo (1932) e i primi quattro capitoli della
Storia della logica Antica (1967).
7. ^ Karl-Otto Apel, Op. cit. ibidem
8. ^ «È opportuno, allora, poiché facciamo parte di questa tradizione, interrogarci sul significato originario di sapientia; il
latino sapere significa avere sapore, da cui può derivare avere senno, essere perspicace. Questa duplicità rimane nel
nostro uso linguistico, con alcune sfumature: diciamo che un cibo sa di qualcosa o è insipido; un cibo è sapido e
insipido, una persona sapiente (in disuso per evidenti ragioni) o insipiente; insomma in origine è presente una
connessione con un senso, il gusto, qualcosa di istintivo; in greco una connessione del genere si ha con il verbo noein,
(nous, noesis), che viene da una radice snovos, snow, annusare, fiutare, capacità di (diremmo oggi 'captare',
subodorare, snasare) presentire, di accorgersi istintivamente di qualcosa, una situazione, un pericolo, dunque una sorta
di sapere diretto e istintivo. In Omero noein significa vedere, un vedere che può essere inteso e tradotto con riconoscere.

Iliade V 590:
Ettore li vide tra le file
Il. XV 423-4:
Ettore come vide (enòesen) con gli occhi il cugino (Caletore ucciso da Aiace) cader nella polvere davanti alla nave
nera
Dopo Omero noein non designa più il vedere. In seguito noein diviene propriamente il verbo che indica il pensare e
nous designa l'intelletto; ma anche quando questi termini si sviluppano con un significato tecnico, essi indicano sempre
un'apprensione in qualche modo diretta, immediata, un'intuizione, opposta a forme di pensiero discorsivo.» (In Bruno
Centrone, Istituzioni di storia della filosofia antica, Pisa, 1970)
9. ^ Karl-Otto Apel, Op.cit, p.18
10. ^ R. Ronchi, Filosofia teoretica. Un'introduzione, UTET Università, 2009
11. ^ In inglese la gnoseologia viene chiamata epistemology, cioè epistemologia, ma l'uso in italiano di quest'ultimo
termine è solitamente ristretto alla filosofia della scienza.
12. ^ «Quando Galilei fece rotolare le sue sfere su di un piano inclinato con un peso scelto da lui stesso, e Torricelli fece
sopportare all'aria un peso che egli stesso sapeva già uguale a quello di una colonna d'acqua conosciuta […] fu una
rivelazione luminosa per tutti gli investigatori della natura. Essi compresero che la ragione vede solo ciò che lei stessa
produce secondo il proprio disegno, e che […] essa deve costringere la natura a rispondere alle sue domande; e non
lasciarsi guidare da lei, per dir così, colle redini; perché altrimenti le nostre osservazioni, fatte a caso e senza un disegno
prestabilito, non metterebbero capo a una legge necessaria» (Kant, prefazione alla Critica della ragion pura [1787],
Laterza, Roma-Bari 2000).
13. ^ V. Grieco, Genesi e sviluppo del criticismo. Emanuele Kant, Ist. ed. del Mezzogiorno, Napoli 1969
14. ^ G. Fornero, S. Tassinari, Le filosofie del novecento, ed. Bruno Mondadori
15. ^ Sergio Cremaschi, Filosofia analitica e filosofia continentale, La Nuova Italia, Firenze, 1997.
16. ^ Bertrand Russell, " Linguaggio e realtà ", Laterza, 1970

Bibliografia
Nicola Abbagnano, "Scritti neoilluministici", in Classici della filosofia, Utet Torino 2001
Nicola Abbagnano, "Dizionario di filosofia", UTET, Torino 1971
Ludovico Geymonat, "Studi per un nuovo razionalismo", 1945
Ludovico Geymonat, "Storia del pensiero filosofico e scientifico", 7 volumi, Garzanti, Milano, 1970-76.
Paolo Rossi, "La filosofia", 4 volumi, Utet, Torino 1995
AA.VV. "Enciclopedia Garzanti di Filosofia", Garzanti, Milano 1981.
Vittore Marchi, Relazione tra la filosofia teoretica e la filosofia pratica, in L'idealismo realistico, Roma 1924.

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Collegamenti esterni

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