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e nellepistemologia contemporanea
di Federico Creazzo*
1. Introduzione
Scopo di questa analisi quello di indagare e confrontare le pi
importanti accezioni nelle quali il termine relativismo si presentato nei diversi ambiti di ricerca, nonch quello di evidenziare i nessi, le contraddizioni e le analogie che hanno storicamente accompagnato luso di questo concetto. Il termine relativismo definisce ogni concezione che nega sia lesistenza di un
mondo di cose o di verit fuori da ogni relazione con i soggetti
desperienza sia lassolutezza del pensiero. Il soggetto, al quale
sono relativi i giudizi, pu essere inteso o come questo o quellindividuo oppure come il soggetto universale. Esso non connota quindi una vera e propria dottrina n un nucleo di pensiero
quanto un eterogeneo insieme di concezioni e atteggiamenti
che variano, anche di molto, a seconda del quadro storico e concettuale di riferimento. Nella storia della filosofia e pi in generale del pensiero occidentale, si parlato in senso lato di relativismo a proposito di autori i cui esiti concettuali sono stati a
volte molto diversi, se non addirittura opposti. In senso ampio,
le concezioni relativiste negano lesistenza dei principi assoluti,
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Cfr. LOCKE J., Saggio sullintelletto umano, Utet, Torino 1971, pp. 622-657.
Per una introduzione al tema in ambito antropologico-culturale si vedano:
MALIGHETTI R., s.v. Relativismo culturale, in FABIETTI U.-REMOTTI F. (a cura di),
in Dizionario di Antropologia. Etnologia, antropologia culturale, antropologia sociale,
Zanichelli, Bologna 1997, pp. 620-621 e DEI F.-SIMONICCA A., Ragione e forme
di vita. Razionalit e relativismo in antropologia, Franco Angeli, Milano 2008, passim.
Per un primo approccio al concetto di cultura vd. R OSSI P. (a cura di), Il
concetto di cultura, Einaudi, Torino 1970, passim.
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delle cosiddette scienze della cultura nella storia, nellantropologia culturale e nella sociologia3 (quelle che Weber chiamava
scienze storico-sociali), e il relativismo etico che ha avuto e continua ad avere importanti effetti sul dibattito filosofico politico.
Questa distinzione necessariamente approssimativa e in qualche misura arbitraria e deve essere assunta problematicamente.
Essa serve a circoscrivere dei campi dindagine che altrimenti
risulterebbero spuri e ambigui pi di quanto la natura stessa del
termine non consenta. In questo lavoro ci si occuper prevalentemente di relativismo gnoseologico e solo incidentalmente si
faranno dei riferimenti ai riflessi e alle implicazioni di questo
sulle altre forme di relativismo, con particolare riferimento allambito della teoria della scienza e della metodologia storica. In
particolare verranno presi in esame alcuni rilevanti aspetti dello
storicismo tedesco (Dilthey, Windelband, Rickert). Sulla base di
tale punto di vista si affermer che levento storico pu essere
spiegato solo in quanto si compie allinterno di un insieme storico di sistemi e di valori nel cui ambito per un certo tempo si
muove la comunit umana e che il giudizio del ricercatore
condizionato dallorizzonte culturale e dalla particolare connessione spirituale a cui lo storico stesso appartiene. Le spiegazioni
storiche sono formulate a partire da quelle diverse connessioni
di relazioni che costituiscono le nostre intuizioni del mondo.
Gli eventi del mondo non hanno una consistenza extrastorica
che renda ipostatico il valore delle formule con le quali sono espressi e questo fatto rende relative anche le leggi di natura. Infatti la
scienza, bench si occupi di quei frammenti di esperienza che
persistono facendoli diventare entit assolute fuori da ogni relazione con il soggetto e vada alla ricerca delle loro successioni e
coesistenze immutabili, ha conosciuto il mutamento dei propri
termini, dei propri schemi, dei nessi logici e delle proprie teorie.
WEBER M., Il metodo delle scienze storico-sociali, Einaudi, Torino 1981 (1922), passim.
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3. Il termine relativismo stato talvolta utilizzato per indicare limpossibilit o lincapacit di determinare in modo oggettivo e interpersonale una qualsiasi verit, dato che ogni sua rappresentazione
modificata da una molteplicit inconoscibile di fattori soggettivi ed oggettivi. Quindi il relativismo viene talvolta inteso come scetticismo radicale, per significare lassoluta impotenza del pensiero.
4. In particolari contesti il termine relativismo pu indicare la
natura congetturale e provvisoria di ogni conoscenza, svolgendosi questa per approssimazioni successive, e quindi come relazione della parte con lintero. Relativa la parte finita di un processo infinito
o indefinito che la totalit potenziale della conoscenza.
5. Unulteriore accezione di relativismo, che in parte contiene elementi delle precedenti, pu riguardare una teoria della conoscenza incentrata sullattivit di significazione o interpretazione del mondo da parte dei vari soggetti, i quali per vengono a
loro volta interpretati, ovvero modificati dalle prospettive presenti nella cultura di cui sono parte. Anche questa una forma
di relazionalismo simile a quella indicata nel punto 2, ma in questo caso la relazione conoscitiva non avviene tra elementi ma
tra prospettive o orizzonti di significati che si modificano reciprocamente e che si fondono insieme nel circolo ermeneutico che
si stabilisce tra il soggetto e loggetto. In questo caso il relativismo indica: A) la pluralit degli orizzonti di significato, nessuno
dei quali pi vero di ogni altro;4 B) che la prospettiva relativa al
soggetto non meno di quanto il soggetto sia relativo alla prospettiva (orizzonte); C) che la fusione degli orizzonti e delle prospettive
conduce ad un aumento indefinito della conoscenza del mondo, ma in
un modo tale per cui non possibile indicare una meta o una
strada da percorrere; D) che questo circolo ermeneutico costituisce lunico modo per stabilire di volta in volta ci che si considera
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tiano non ha relazione con nessuna delle accezioni di relativismo sopra specificate. Se poi ci riferiamo al cogito cartesiano,
anchesso legato ad una forma di soggettivismo gnoseologico,
risulta chiaro che i due termini devono essere tenuti distinti, a
meno che non si delimiti chiaramente il loro significato.
abbastanza curioso notare il fatto che dizionari e trattazioni specialistiche sullargomento relativismo spesso trascurino una
considerazione essenziale (e anche banale), e cio che di volta in
volta la sua definizione dipende dal significato del concetto di verit e
dal valore di posizione che esso ha allinterno di una filosofia. Dire che le
verit sono relative pu significare una tale quantit di cose diverse
da non significare quasi nulla, se noi non precisiamo il quadro
concettuale di riferimento e il valore di posizione dellidea di
verit di ciascuna dottrina filosofica. Per esempio Platone concepisce la Verit o come lIdea in se stessa, archetipo immutabile delle cose, o sul piano gnoseologico, come quei giudizi che
danno rappresentazione di tale immutabilit. Affermare qualcosa di diverso significa necessariamente cadere nellerrore. Per
lui nfatti non esiste conoscenza o verit che possa riguardare i
mutamenti del mondo sensibile o dipendere dalla pluralit dei
soggetti conoscenti. In questo senso la doxa di Protagora appare a Platone come lesatto contrario della verit. Se invece noi
prescindiamo della nozione platonica di verit e dal suo pesante
giudizio sulla scuola sofistica, potremmo interpretare Protagora
positivamente, non come il negatore di qualsiasi verit, ma come
il filosofo che ha ridefinito la verit come pluralit di verit. Soltanto
lopinione, nel suo accadere fenomenico, ha per Protagora quel
carattere di certezza che altri ricercano nella verit unica e universale.
Per Protagora e per i Sofisti la variabilit della conoscenza (la
sua indecidibilit) dipende dalla indeterminazione del soggetto
e delloggetto. A diversi soggetti e in diverse condizioni, la verit appare del tutto diversa e infinitamente variabile.
Il modo in cui le cose ci appaiono dipende dalle nostre sensazioni e questa apparenza il solo dato che possediamo. Lin23
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supposto dellantropologia secondo il quale ogni cultura o civilt ha in se stessa la sua giustificazione e il criterio della propria
spiegazione.
Come si detto sopra, per Platone i sensi non partecipano
alla scienza, perch testimoniano di un mondo che in continuo movimento e del mutevole non si d una vera scienza. Essa
possibile solo in relazione a ci che eternamente , e non pu
mutare, cio alle idee delliperuranio, agli archetipi o modelli
perfetti e inalterabili di tutte le cose che esistono, alle cause degli enti corruttibili e imperfetti del mondo sensibile. In tal senso
Platone risulta essere il pi fiero nemico di ogni forma di
relativismo: le idee, nella loro eterna e perfetta essenza, costituiscono il punto di partenza e di arrivo dellessere e del pensiero,
al riparo dal caotico fluire dei fenomeni del mondo sensibile. Le
idee costituiscono il reticolo dei valori su cui si fonda la politica
come una sorta di scienza esatta del bene universale.
A riprova della variabilit (per non dire vaghezza) dei significati del termine relativismo, merita attenzione il fatto che, nella
prospettiva della metafisica materialistica di Lange,5 il pensiero
di Aristotele (384 a.C.-322 a.C.) viene visto come una forma di
relativismo. In polemica con Platone, Aristotele considera le idee
come appartenenti al piano immanente della realt e non al piano trascendente del mondo soprasensibile e tuttavia assegna loro
un ruolo preminente rispetto alla materia. Questa immobile e
priva di ogni movimento proprio. Una delle definizioni della
sostanza afferma che essa il sinolo di materia e forma, ma la
materia funge da ricettacolo passivo dellidea espressa attraverso la
forma. Per Lange quindi lidea aristotelica di materia relativa in
quanto la materia non esiste in s, pu solo diventare qualche
cosa con laggiunta della forma.
5
LANGE F.A., Storia critica del materialismo, Editori Riuniti, Roma 1978 (1866),
passim.
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meno conoscenze probabili. Alla ragione come principio della verit e della virt, Arcesilao sostituisce la ragionevolezza, intesa
come criterio della convenienza pratica del pensiero.
Enesidemo6 (ca 80-ca 10 a.C.) raccolse in 10 tropi o modi le
varie specie di relativit che dipendono dalla estrema variabilit
delle nostre percezioni, giungendo a conclusioni sostanzialmente
simili a quelle dei suoi predecessori.
Una svolta gnoseologica allinterno dello scetticismo antico
si ha con Carneade (214-120 a.C.) il quale, pur negando la possibilit di una corrispondenza tra i giudizi e la realt oggettiva,
attribuisce ai giudizi stessi una capacit conoscitiva fondata sulla relazione con il soggetto che li esprime. Hanno valore conoscitivo
(relativo e probabile) quei giudizi che appaiono plausibili o persuasivi.
Anche per lui tale conoscenza ha uno scopo prevalentemente
pratico, come guida per la condotta della vita e per il raggiungimento della felicit.
Sesto Empirico limita la conoscenza umana a quanto attestato dai sensi e nega lesistenza e la dimostrabilit di qualsiasi
verit di ragione. La sua attivit di medico lo induce a rivalutare
i sensi, lesperienza e lanalogia tra le diverse esperienze. Egli
ritiene che non sia possibile individuare con certezza la causa
delle malattie, ma che possibile cercare una cura osservando
meticolosamente i cambiamenti prodotti dal farmaco sullorganismo. Il suo scetticismo, negando ogni dottrina e ogni verit
che si pretenda vera in s, non nega tuttavia lutilit della cura e
la possibilit della conoscenza. Per Sesto Empirico lo scetticismo il mezzo per liberarsi di una medicina costruita su unimpalcatura di tipo logico-speculativo.
Lo scetticismo antico, nonostante il suo agnosticismo di fondo, non pu logicamente negare un fondamento in una sia pure
generalissima idea di natura umana. Laccordo pratico o tecnico
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tra gli uomini non sarebbe possibile se non fossero presenti alcuni elementi comuni alla mente umana, che gli uomini riconoscono implicitamente nel loro agire.
In epoca moderna, una delle pi radicali formulazioni del
relativismo si deve attribuire a Michel de Montaigne 7(15331592). La mutevolezza per lui la condizione fondamentale
della condizione umana e ci rende impossibile il conseguimento di verit e certezze definitive. Ci si traduce in critica
serrata allarroganza della ragione e alle sue pretese conoscitive, che confluisce poi nel pi generale attacco allantropocentrismo e alleurocentrismo. Luniverso di Montaigne plurale
e multiforme e non pu essere imbrigliato dalle categorie della logica aristotelica fondata sul principio di identit. I sensi e
le passioni degli uomini condizionano e modificano continuamente la nozione di verit, mentre la presunta realt di cui essi
dovrebbero essere testimonianza varia anchessa, senza raggiungere mai quel carattere di uniformit e stabilit che la conoscenza richiede.
Largomentazione di Montaigne ricca e articolata e, coerentemente con i suoi intenti critici, procede in modo programmaticamente non sistematico. Ci rende difficile una rappresentazione sintetica del suo pensiero, il quale oltretutto ha
un suo interno sviluppo legato alla iniziale adesione di Montaigne allo stoicismo e allepicureismo per poi confluire nello
scetticismo pirroniano. Si possono tuttavia individuare alcuni
temi centrali del suo pensiero. Nel passo che segue, si noti il
riferimento alla massima protagorea e al tempo stesso uninteressante anticipazione del concetto humeano di abitudine,
come fondamento della nostra fiducia nella capacit razionale
delluomo e come spiegazione della sostanzializzazione delle
nostre idee:
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Per Protagora lindividuo rimane la misura delle cose, per Montaigne, invece, come fonte di conoscenza esso del tutto inaffidabile dato che esso non altro che un insieme eterogeneo di umori e
sensazioni che inseguono il perenne mutare dellesperienza.
Non soltanto il vento delle circostanze mi agita secondo la sua
direzione, ma in pi mi agito e mi turbo io stesso per linstabilit
della mia posizione. Io do alla mia anima ora un aspetto ora un
altro, secondo da che parte la volgo.10 Il nostro agire, non sono
che frammenti messi insieme.11 Noi siamo fatti tutti di pezzetti, e
di una tessitura cos informe e bizzarra che ogni pezzo, ogni
momento va per conto suo12 [] E non vi furono mai al mondo
due opinioni uguali, non pi che due peli o due granelli. La loro
pi universale caratteristica la diversit.13
Ivi, p. 10.
Op. cit., libro III, p. 1349.
10
Ivi, p. 432.
11
Ivi, p. 434.
12
Ivi, p. 435.
13
Ivi, p. 1043.
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neppure la sua. Ora, essendo egli cos contraddittorio in se stesso, e un giudizio contrastando laltro senza posa, questa favorevole proposizione non era che uno scherno che ci portava a
concludere necessariamente la nullit del compasso e del misuratore.14
Montaigne, pur negando la sua conoscibilit, non nega lesistenza di un mondo di cose, di una natura che per caratterizzata da incessante movimento e cambiamento. Essa rimane sullo sfondo di ogni presunzione della ragione umana.
Lazione di questa natura sulluomo passa attraverso un generico fenomenismo che non si lascia imbrigliare dentro concetti e dottrine.
Lavvenimento fa la scienza non la scienza lavvenimento. I nostri maestri rispondono che vedere che qualcosa avviene, come
noi facciamo, e come fa Dio stesso (di fatto essendogli tutto
presente, egli vede pi che non prevede), non vuol dire costringerla ad avvenire; cio noi vediamo perch le cose avvengono, e
non le cose avvengono perch noi vediamo. 15
14
Ivi, p. 738.
Ivi, p. 941.
16
Op. cit., libro II, p. 799.
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17
Ivi, p. 801.
NIETZSCHE F., Perch sono cos accorto, in I D., Ecce Homo, af. 3.
19
ID., Frammenti postumi 1884-1885, fr. 40.
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Un altro importante contributo allapproccio relativista nellambito della cultura europea rappresentato dalla filosofia di
Giordano Bruno (1548-1600). La sua visione delluniverso infinito
e omogeneo in tutte le sue parti implica la distruzione delle coordinate spaziali e delle gerarchie topologiche tradizionali, e della distinzione aristotelico-tolemaica tra terra e cielo, tra sostanze
corruttibili e incorruttibili, tra lumano e il divino, tra il centro e
la periferia. Dio non persona e non trascendente ma coincide con luniverso stesso e le parti di cui si compone, in un tutto
vivente e organico. Questa rivoluzione filosofica, che accompagna il sorgere della nuova cosmologia copernicana, intacca anche il tradizionale criterio di verit. Se luniverso divino e infinito, il rapporto delluomo con la verit non pu che svolgersi
nella prospettiva gi indicata da Cusano (1401-1464), e cio per
approssimazione e congettura, essendo il finito incommensurabile con linfinito. Luniverso inconoscibile nella sua interezza.
Ogni conoscenza, in quanto finita, relativa perch: 1) indica la
relazione della parte con il tutto (da cui il carattere parziale e provvisorio di ogni conoscenza); 2) coglie la relazione tra le parti; 3) dipende dalla posizione che occupa losservatore nelluniverso stesso.
Secondo lempirismo tutte le nostre cognizioni derivano dallesperienza ed il ripetersi della successione o della coesistenza
di certi stimoli determina il legame associativo delle sensazioni
e delle idee corrispondenti. David Hume (1711-1776) spieg la
legge di causalit con la legge di associazione per cui, dato un
fenomeno, noi siamo irresistibilmente condotti ad aspettarci laltro che nel passato avevamo sempre percepito dopo di esso.
Del principio di causa e di connessione razionale Hume nega la
verit sostanziale o logico-razionale. La causa unidea che si
fonda sulla credenza e quindi pu essere utilizzata dalla scienza
per uno scopo euristico, e si regge sulla possibilit che ci conduca ad una conoscenza probabile del fenomeno che stiamo osservando. Le sensazioni non si aggregano meccanicamente, ma
lo spirito a coglierne i rapporti e a combinarli insieme in vari
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DILTHEY W., La costruzione del mondo storico nelle scienze dello spirito, in Lo storicismo
tedesco, a cura di Pietro Rossi, UTET, Torino 1977, pp. 138 ss.
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delband. Fondamentale, secondo lui, la distinzione epistemologica e metodologica tra le scienze naturali e la scienza storica.
Mentre le prime hanno come scopo la determinazione delle leggi
generali mediante le quali possibile spiegare i singoli fenomeni, la scienza storica procede in senso inverso, in quanto parte
da leggi generali, aventi valore assiomatico, per giungere alla
comprensione dei fenomeni storici individuali. Le scienze naturali, in quanto generalizzanti, sono nomotetiche e, al contrario, la
conoscenza storica individualizzante idiografica. Essa pu pervenire allapprendimento individualizzante solo riferendo il proprio oggetto a dei valori sociali universali.
Unaltra fondamentale differenza deriva dalloggetto conoscitivo delle scienze naturali rispetto alla scienza storica. Le prime si occupano di fatti sussistenti in un mondo puramente obiettivo, invece la storia ha davanti a s non un mondo di fatti ma
un mondo di valori. Le scienze naturali utilizzano giudizi teoretici,
ovvero proposizioni che stabiliscono la correlazione necessaria
tra i fatti osservati, mentre la scienza storica utilizza giudizi critici,
i quali misurano la divergenza dei fenomeni storici dai valori
universali e assiomatici della coscienza umana. La filosofia indaga le forme di valutazione della coscienza comune, ovvero la struttura trascendentale della coscienza, e ritrova la loro origine nelle
condizioni culturali, storiche ed individuali ma, soprattutto, nella loro appartenenza ad una coscienza normativa universale e
metastorica, cio la configurazione data dagli uomini agli scopi
e ai valori supremi di tipo logico, etico ed estetico. Tali valori
assiomatici costituiscono il presupposto della conoscenza storica e ci forniscono il criterio per misurare ogni cosa.
Il neokantismo di Windelband , a mio avviso, non del tutto
conseguente. In sede logico-teoretica, Kant aveva affermato lesistenza di principi universali formali della coscienza umana, le
categorie, che costituivano la struttura trascendentale della soggettivit umana. Tuttavia la validit conoscitiva di questi principi era rigorosamente limitata alla costellazione spazio-tempora49
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le dei fenomeni. La normativit formale delle categorie kantiane sembra quindi ben diversa dalla presunta normativit universale dei valori di cui parla Windelband in sede storica. Anche
prendendo a modello la morale kantiana, la filosofia dei valori
di Windelband suscita qualche perplessit. Essa reinterpreta la
legge morale kantiana anchessa formale, come criterio universale e assoluto della conoscenza storica. Pi convincente appare
la critica nei confronti della scuola storica positivistica, la quale
aveva trasferito acriticamente i metodi e la logica delle scienze
naturali nellambito della metodologia storica, trascurando la
ineliminabile connotazione valoriale del mondo storico. In conclusione, la filosofia di Windelband, pur distinguendosi dallidealismo hegeliano e dalla scuola storica positivista, ipostatizza un
criterio di verit assoluto e normativo che appare non del tutto
chiaro e comunque lontano da ogni approccio relativistico.
Rickert (1863-1936) riprende e sviluppa la filosofia dei valori
di Windelband, insistendo sul principio della Wertbeziehung, ovvero della Relazione ai valori come connotazione fondamentale e
specifica del mondo storico. Per Rickert la distinzione tra le scienze naturali e le scienze della cultura non dipende dalla qualit
psicologica dellintendere (Erleben) come in Dilthey, n dalla differenza dellambito oggettuale, ma dalla particolare configurazione metodologica delle scienze della cultura.
Lapprendimento individualizzante del metodo storico mette in relazione la particolarit delloggetto con valori che non sono
collegati a nessun altro oggetto e al tempo stesso con dei valori
logico-formali universali, contenuti nella funzione del giudicare.28 Ci non esclude che un oggetto preso in esame per la sua
significativit individuale possa al tempo stesso essere studiato
nellottica generalizzante delle scienze naturali. Lo storico si
occupa solo degli oggetti che ha selezionato sulla base della loro
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significativit, nel quadro storicamente condizionato degli interessi sociali, che sono parti o momenti della totalit dei valori
universali incorporati nello stato, nella religione, nellarte. Non
tutti i fatti sociali o umani hanno valore storico, ma solo quelli
che assumono valore allinterno della cultura. Lo storico deve
selezionare i fatti significativi ed estrarli dalla molteplicit infinita del divenire. Questa selezione non dipende dai giudizi di valore soggettivi del ricercatore (ogni forma di relativismo o soggettivismo viene rifiutata da Rickert) ma dal riferimento dei fatti a
valori formali conoscitivi di portata universale o ai valori normativi
della costellazione storica a cui il ricercatore si riferisce. La storia
individualizzante risponde alla domanda su come si realizza linsieme della cultura attraverso i suoi momenti singolari.29
Un certo riflesso dellevoluzionismo si pu cogliere nellopera
di Georg Simmel (1858-1918), il quale concepisce la conoscenza
come un processo di adattamento del pensiero a quello che lui
chiama sviluppo vitale della specie. Simmel ha collegato lapriori
kantiano alla determinazione inevitabilmente soggettiva del mondo
circostante. Rispecchiare fedelmente le cose impossibile, e la
natura quale ci appare creazione del soggetto, ma mentre lapriori
kantiano costante e costituisce limpalcatura universale della
conoscenza obbiettiva, per Simmel esso un apriori psicologico
e mutevole. Il soggetto di Simmel non ha la stabilit e luniversalit del soggetto kantiano ed esso piuttosto londa mobile in cui
ogni essere sussiste solo come essere condizionato. Per Simmel,
noi scegliamo una rappresentazione concettuale con cui cogliamo le parti e i movimenti dellessere e la facciamo funzionare
come il centro reale o come il senso di tutta lesistenza. La validit
delle conoscenze, non potendo essere controllata sulla realt in
s, pu solo essere cercata nella loro capacit di favorire lo sviluppo
vitale. Il relativismo di Simmel concepisce come sistema di riferi-
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mento delle conoscenze e come criterio della loro validit la capacit che alcune di esse hanno di sopravvivere nel corso dellevoluzione della specie, in quanto favoriscono gli individui che
le seguono, rispetto agli altri che seguono principi falsi cio
dannosi. Lo sfondo del relativismo gnoseologico di Simmel appare orientato verso un pragmatismo, che sostituisce il principio
dellutilit per la specie al vecchio principio della verit.
La filosofia non pu, secondo Simmel, essere separata dalla
psicologia. Ogni visione del mondo connessa alla vita degli
individui e muta con il mutare di questa. La stessa filosofia non
oggettiva, ma piuttosto una risposta dellindividuo ai problemi della comunit di cui fa parte. Lindividuo adatta a s il reale
ma non in una configurazione fissa, perch il rapporto del s
con la realt, in cui esso vive, muta continuamente per il gioco
dei contrasti e dei rapporti delle diverse reazioni spirituali. Le
categorie sono forme mobili della determinazione reciproca
tra soggetto e oggetto. Non si d, quindi, una verit assoluta e
occorre abbandonare ogni pretesa di trovare un fondamento
ultimo della scienza. Il relativismo riguarda la storia e la societ,
nonch le scienze che le studiano: ogni formazione storica e
sociale costituisce un mondo a s, regolato dai propri principi e
valori e non commisurabile ad altri. La storia una specie di
psicologia applicata, perch il suo contenuto umano presuppone che gli eventi siano analizzabili anche come eventi psichici.
Lo storico quindi non pu aspirare a una conoscenza oggettiva
del passato ma deve mirare a una penetrazione psicologica
(Einfhlung) che gli consenta di rivivere i caratteri dellepoca che
sta indagando. La comprensione storica rivela allora una molteplicit di mondi (religione, filosofia, arte, scienza) che coesistono, fondandosi ognuno su un proprio principio organizzativo.
Nellindividuo tali mondi si trovano luno accanto allaltro, senza richiedere mai una conciliazione definitiva. La pluralit dei
mondi e il loro sviluppo vengono studiati alla luce di una concezione biologica della vita spirituale: in ogni sfera si afferma pro52
gressivamente una tendenza organica che espressione dellautopotenziarsi della vita, la quale seleziona quelle verit che la favoriscono, mentre accantona come falso ci che le dannoso. Esiste
quindi unidentificazione tra verit e utilit vitale.
Si pu cogliere nel pensiero di Simmel una duplice accezione del relativismo, inteso sia come relazione del sapere al soggetto, infinitamente variato a seconda delle costellazioni spirituali e vitali a cui appartiene, sia come relazione ad un presunto
imperativo della specie di cui lindividuo funzione. Come afferma lo stesso Simmel:
Il Relativismo moderno tende a risolvere il singolare ed il sostanziale in azioni reciproche e intende la personalit come il luogo e il
modo particolare in cui si collegano i fili sociali.30 Come la circolazione degli elementi naturali ci pervade e noi non possediamo un
essere per noi, cos in quanto esseri sociali siamo in ogni attimo
composti dalle relazioni reciproche con gli altri. Da una parte, noi
ci sappiamo prodotti della societ, degli antenati e dello spirito del
passato cristallizzato in forme oggettive, e daltra parte ci sappiamo membri della societ, intessuti con il nostro processo vitale
con il suo senso ed il suo scopo in modo tanto poco indipendente
nella sua prossimit come nella sua successione.31
La reciproca determinazione tra soggetto e oggetto, tra lindividuo come centro della rappresentazione e il mondo storico-sociale di
cui parte (ed espressione) presenta, a mio avviso, una certa analogia
con la dottrina del prospettivismo nietzschiano. Lintero contenuto
della vita che pu essere spiegato in base agli antecedenti sociali e alle
relazioni reciproche devessere contemporaneamente considerato
come esperienza vissuta dellindividuo, come prodotto ed elemento
della vita sociale o come il destino centripeto del suo portatore.
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Lindividuo di Simmel, nella sua variabile dimensione psicologica, non il fondamento autonomo della rappresentazione
(Nietzsche direbbe interpretazione) se non in relazione ad una
condizione epocale e in relazione ad una utilit della specie.
Pur con tutte le differenze, Simmel e Nietzsche hanno in
comune uno sfondo di vitalismo e di naturalismo che fungono
da argine ad un relativismo confinante con il caos.
Lepistemologia storica di Max Weber rappresenta sicuramente il pi maturo tentativo di sistematizzazione allinterno del cosiddetto storicismo tedesco e ne rappresenta in un certo senso il
superamento. Come storico e come sociologo, Weber escluse sempre che la scienza potesse produrre giudizi sintetici sul divenire
del mondo. Questa limitazione riguardava per lui le cosiddette
scienze della cultura non meno che le scienze naturali. Ugualmente le discipline storico-sociali non erano per lui capaci di esprimere giudizi pratici in grado di vincolare lazione. E ci non perch avesse un ideale naturalistico della conoscenza scientifica.
Loggettivismo positivistico non rientra nella sua epistemologia
se non come bersaglio polemico. La sua epistemologia non si
fonda tanto su un modello esterno esemplare, mutuato magari
dalla fisica o dalla matematica, quanto su una teoria della conoscenza autonomamente elaborata. Molto importante per lo sviluppo del pensiero di Weber fu la sua presa di posizione di fronte
alle risposte che Dilthey, da un lato, e Windelband e Rickert, dallaltro, avevano dato al problema della distinzione tra le scienze
della natura e le scienze dello spirito. Rispetto al primo, Weber
dubita del fatto che la comune radice del ricercatore e delloggetto della conoscenza nellErleben, nellesperienza vissuta del mondo umano, possa assicurare loggettivit conoscitiva nellambito
delle scienze della cultura. Dilthey aveva insistito sulla superiorit
conoscitiva del Verstehen (comprendere), come conoscenza dallinterno tipica del mondo storico-sociale, sullErklren come spiegazione dei nessi causali (esterni) della natura. Per Weber, invece,
qualsiasi conoscenza che pretenda per s validit scientifica, deve
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essere una conoscenza di cause, e rispetto a questo principio epistemologico generale non fanno eccezione neanche le scienze
della cultura. Lesclusione del principio di causalit dalle scienze
dello spirito in Dilthey era dovuta probabilmente ad unaccezione troppo ristretta del concetto di causa, intesa come implicazione necessaria tra i fenomeni. Weber articola questo concetto in
modo del tutto originale e rifiuta unermeneutica storica fondata
sul principio dellErleben: la ricostruzione del passato nellErleben
interiore non ha quel carattere di immediatezza e di assolutezza
che pretenderebbe di avere e lo storico non pu evitare di trasferire anche inconsapevolmente sulloggetto idee di valore e significati appartenenti allorizzonte della propria cultura e alla sfera etica
individuale. LErleben pone laccento su ci che comune a tutte
le manifestazioni spirituali passate, presenti e future, e che si pu
genericamente individuare nella qualit creatrice dello spirito. Da ci
deriverebbe una sorta di con-genialit tra il passato e il suo interprete. Al contrario, Weber insiste sul significato e sui processi di
significazione soggettiva del mondo per sottolineare la qualit differenziale di ogni processo individuale della cultura. Il significato, nella
sua configurazione storicamente determinata, si pone come il
principale operatore della storia e lorizzonte complessivo dellermeneutica storica. Dalla filosofia di Windelband e Rickert, Weber
trae il principio della Relazione ai Valori, modificandone per il
significato e la portata. Anche per Weber, lo storico seleziona
loggetto dellindagine dallinfinit magmatica del divenire sulla base
di un criterio di valore. Diversamente da quanto sostengono Windelband e Rickert, tale criterio non universale e metastorico, ma
anchesso funzione delle modificazioni storiche della cultura. La
cultura una sezione finita dellinfinit priva di senso del divenire
del mondo a cui attribuito senso e significato dal punto di vista
delluomo.32 Linteresse della scienza resta vincolato a presuppo-
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WEBER M., op. cit., trad. it. Pietro Rossi, pp. 96 ss.
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Federico Creazzo
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