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1 Vattimo G., Filosofia, in Enciclopedia Europea, vol. 4, Garzanti, Milano, 1977, pp. 906-910, p. 906.
2 Taroni P., Introduzione alla storia della filosofia occidentale, Edizioni Quattroventi, Urbino, 2009 (II ed. rivista,
corretta e ampliata, I ed. 2004), p. 13.
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valida? Insomma se possiamo conoscere, quale sarà il “metodo” migliore per conoscere?
Da questo punto di vista, quindi, <<le scienze devono dare per assodate alcune teorie
filosofiche che le sono presupposte: che l’esperienza sia una guida della realtà (come
crede l’empirismo); oppure che la realtà esista (come sostiene il realismo); o che il
mondo sia intelligibile e che la ragione possa aiutare nella ricerca (come pensa il
razionalismo). In fin dei conti, alla base di ogni teoria scientifica c’è sempre una
posizione filosofica>>3. In questo senso alcuni arrivano a dire che la filosofia ha come
campo di indagine ciò che per l’uomo comune è “ovvio”. Faccio mie le parole del
professore liceale ed universitario Paolo Taroni: <<A questo punto, qualcuno potrebbe
chiedersi se la sua ricerca è utile. La filosofia pone troppe domande agli individui e
chiedersi continuamente il “che cos’è” delle cose può risultare pericoloso perché ogni
ricerca comporta un pericolo: il pericolo di utilizzare in maniera autonoma e originale il
proprio pensiero e, quindi, imparare a criticare le idee e l’operato degli altri, fra cui
anche coloro che detengono il potere nella società. La filosofia, in sostanza, mette in
discussione, pone delle questioni e cerca di comprendere, in maniera più complessa,
tutte le idee comuni in modo diverso dal “senso comune”. Lo scopo è quello di
spingere più a fondo la conoscenza che possiamo avere di noi stessi e del mondo che
ci circonda. La filosofia offre un modo, uno strumento per pensare più
chiaramente. La principale abilità che si può acquisire con la filosofia è la chiarezza
di pensiero, e questo è un grande vantaggio nei ragionamenti e nelle discussioni
dialettiche. Il limite più profondo della filosofia consiste nel fatto che le risposte che
offre sono quasi sempre aperte e parziali; il più delle volte non sono vere e proprie
risposte ma domande per introdurre nuovi problemi. Naturalmente, per svolgere
attività filosofiche, come per ogni disciplina, è necessario utilizzare un linguaggio
tecnico e una terminologia rigorosa. L’acquisizione di un lessico specifico è
strettamente legata allo stile utilizzato e al metodo adottato>>4.
Infine possiamo fare un cenno al rapporto tra la filosofia e la teologia (scienza e studio
della natura di Dio e delle sue caratteristiche) visto che anche le religioni si interrogano
sul senso della vita e contengono una forma di conoscenza (dell’anima, di Dio ed in
fondo del mondo in senso più ampio del termine). Come probabilmente già sapete, le
nostre religioni sono per la maggior parte “rivelate” cioè si presume che Dio stesso,
tramite l’intermediazione di un uomo, si “rivela” all’uomo. Nella maggior parte dei casi
questa rivelazione è contenuta in un Testo Sacro, è l’esempio della Bibbia per i cristiani.
Appare subito evidente che la parola di Dio si può “interpretare” diversamente ma mai
mettere in discussione. Nelle religioni si parla spesso, infatti, di “dogma”, di “fede”. La
filosofia, invece, deve poter porre le sue domande in libertà, senza arrestarsi di fronte a
nessuna autorità, neanche quella divina. Per carità, un filosofo può anche arrivare alla
conclusione che il testo sia effettivamente una rivelazione divina, però è il metodo ad
essere diverso: non accetta che una verità sia tale senza la possibilità di indagarla e
verificarla.
Si possono individuare due aree della filosofia: la filosofia pura <<che genera i propri
problemi e le proprie risposte>>5 e che si divide in “teoretica” e “pratica” e la filosofia
applicata <<che esplora i fondamenti di altre discipline>>6. Non è necessario imparare
a memoria “tutte” queste articolazioni della filosofia, ma è importante leggerle più volte
3 Ivi, p. 14.
4 Ivi, p. 15 (il neretto è mio)
5 Ivi, p. 16.
6 Ibidem.
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e fissarne almeno le più importanti, e comunque tenerle presenti quando ci serviranno in
seguito.
<<Le discipline teoretiche sono quelle in cui la filosofia costruisce teorie filosofiche;
esse sono: la logica, la gnoseologia, la metafisica, l’ontologia, la teologia,
l’epistemologia. La logica: è la base della filosofia, studia il ragionamento, le
argomentazioni valide e i procedimenti logici della razionalità; il termine lógos
manifesta una diversità d’interpretazioni, a seconda dei due principali significati:
discorso e ragionamento; in greco, il termine rimanda al verbo greco légein che significa
“dire” e indica l’atto del legare, collegare, unire insieme i termini, le parole in un
discorso coerente, in un discorso razionale, da cui derivano i significati di parola,
discorso, ragionamento, ragione e il derivato (-logia) che indica studio, scienza, appunto
“ragionamento coerente su” qualcosa. La gnoseologia: è la teoria della conoscenza
(gnosis significa conoscenza), lo studio della conoscenza, indaga il modo in cui l’uomo
conosce, i metodi utilizzati, le possibilità e i limiti della conoscenza. Metafisica:
metafisica significa letteralmente “al di là della fisica” (phýsis significa natura), ciò che
va oltre la fisica, ciò che non possiamo spiegare in termini fisici. Il termine “metafisica”
sembra avere un’origine puramente bibliotecaria: è il titolo dato da Andronico di Rodi (I
sec. d. C.) all’opera di “filosofia prima” di Aristotele, collocata “dopo le opere di fisica”
(metà ta physikà). In Aristotele la metafisica tratta sia dell’essere in quanto essere sia
dell’essere supremo e in questo rimanda all’ontologia e alla teologia. Nel pensiero
aristotelico c’è coincidenza tra la metafisica come scienza della totalità del reale (l’ente
in quanto ente), e la metafisica come scienza del sovrasensibile (il divino), quindi fra
ontologia e teologia. Per questa duplicità (o ambiguità?) di significati, il termine
metafisica è stato utilizzato a indicare la dottrina che tratta della totalità del reale, sia che
indichi le cause prime all’interno del mondo dell’esperienza (natura), sia che le indichi
all’esterno del mondo, in un’altra sfera di realtà (sovra-sensibile). Ecco perché (nel
primo significato), si parla di metafisica anche per i filosofi cosiddetti pre-socratici, che
secondo Aristotele invece sarebbero solo dei fisici, poiché la ricerca dell’arché (il
principio di tutte le cose) avviene all’interno della phýsis, ed è identificato con un
elemento naturale. Nel secondo senso, il primo fondatore della metafisica sarebbe allora
Platone (ma già in Parmenide si trovano elementi fondamentali della metafisica
occidentale). Ontologia: è lo studio dell’essere, la scienza di ciò che è [in altre parole è
lo studio dell’essere nella sua generalità, nel senso più ampio possibile del termine].
Teologia: la teologia è lo studio di Dio, dell’essere supremo; nel Medioevo, assieme alla
psicologia e alla cosmologia costituivano tutto lo scibile di indagine filosofica.
Epistemologia: l’epistemologia strettamente parlando è lo studio della scienza, la
filosofia della scienza [e della sua evoluzione] e in questo significato rientra nelle
discipline applicate, ma nel linguaggio anglosassone l’epistemologia corrisponde alla
gnoseologia, in quanto studio dei metodi utilizzati nella ricerca scientifica.
Le discipline pratiche della filosofia pura indagano la teoria del valore (il bene, le virtù,
il bello) e sono: l’etica e la morale, e l’estetica. Etica e morale: l’etica e la morale si
occupano di ciò che è bene e di ciò che è male, di ciò che è giusto e di ciò che è
sbagliato. L’etica è la parte della filosofia che studia il nostro comportamento e le norme
cui esso obbedisce, sia descrivendo come di fatto agiamo, sia prescrivendo come
dovremmo agire. In altri termini, l’etica è quella sezione del pensiero filosofico che si
concretizza storicamente in domande del tipo: “quali sono i motivi che spingono gli
individui ad agire?”, “che cos’è il bene?”, “qual è il fine ultimo di tutte le nostre
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azioni?”, “che cos’è la felicità?”, “da dove possiamo ricavare le norme ispiratrici della
nostra condotta?”, ecc. La morale (dal latino moralem, “relativo al costume”, morem, per
ricalcare il greco hetichós), spesso identificata con l’etica o che, comunque, costituisce
l’oggetto dell’etica, è quel ramo della filosofia che indaga le regole, le norme, le forme e
i modi della condotta umana nella vita privata e pubblica. Estetica: l’estetica ha per
oggetto la bellezza e l’arte, è lo studio del valore e del significato dell’arte e dei criteri
con cui gli individui, nelle diverse epoche storiche, l’hanno giudicata.
I vari settori, cui la filosofia dedica il proprio esame, costituiscono le diverse aree della
filosofia applicata; alcune discipline rimandano più da vicino agli aspetti teoretici e
gnoseologici della filosofia, mentre altre a quelle più pratici e morali; teoricamente si
potrebbe applicare a ogni aspetto della vita, della ricerca e dell’attività umane, ma alcuni
settori di applicazione della filosofia sono più importanti e si sono definiti storicamente.
La filosofia della scienza: studia i metodi (è l’aspetto dell’epistemologa che coincide
con la teoria della conoscenza o gnoseologia), i fondamenti, i significati e le
interpretazioni delle scienze. Si possono delineare più nello specifico varie discipline
epistemologiche, come la filosofia della fisica, la filosofia della biologia, la filosofia
della matematica, la filosofia della psicologia, ecc.; come si vede la filosofia può
applicarsi alle scienze esatte, come la fisica (l’ottocentesca filosofia della natura), la
cosmologia/astronomia, la chimica, la biologia, oppure alle scienze sociali e umane: la
psicologia, la sociologia, la pedagogia e l’educazione, l’antropologia culturale. La
filosofia del linguaggio: è una disciplina filosofica recente e possiede molti aspetti
teoretici; esamina la possibilità e i limiti del linguaggio; tenta una comprensione del
significato e dell’efficacia della comunicazione. La filosofia della mente: nasce in
seguito alle ricerche del secondo Wittgenstein e del neo-positivismo logico del
Novecento e della filosofia analitica; essa studia i meccanismi della mente e il suo
rapporto con il corpo. Dagli anni Novanta del XX secolo è stata una delle branche
filosofiche di maggiore diffusione nella filosofia anglosassone. La filosofia politica:
strettamente connessa all’etica, essa si occupa (in modo descrittivo e prescrittivo) dei
problemi relativi alla vita associata, concretizzandosi in questioni tipo “qual è il fine
dello Stato?”, “quali sono le forme ottimali di governo?”, “chi deve comandare?”, “che
cos’è la giustizia?”, “che cos’è la libertà?”, ecc. Studia i modelli, i significati e le
giustificazioni del vivere in società politiche. La filosofia del diritto: studia in una
determinata epoca storica una legge p considerata giusta e in un’altra epoca no; in
sostanza indaga i significati filosofici sottesi alle leggi giuridiche. La filosofia della
religione: si occupa del significato della religione e del perché sono nate le religioni [,]
del loro valore filosofico e delle possibilità di validità della teologia. L’antropologia
filosofica: studia le diverse maniere in cui la filosofia concepisce l’uomo e la persona
umana. La filosofia della storia: indaga il modo in cui i filosofi hanno interpretato la
storia nel suo sviluppo e nelle sue trasformazioni cercando di individuare l’eventuale
esistenza di cause, finalità e significati. L’etica applicata: è l’applicazione delle leggi
morali e delle speculazioni etiche sui problemi concreti della vita sociale e quotidiana; il
più importante ramo dell’etica applicata è la bioetica, che studia tutti gli aspetti e i
problemi della vita umana, quali la sessualità, l’aborto, l’eutanasia; ci possono però
essere anche indagini etiche applicate agli affari, all’economia, al lavoro, ecc.>>7.
Ci sono sostanzialmente due modi di affrontare la filosofia: attraverso la “filosofia
teoretica” cioè per temi, ad esempio “Dio esiste?” Oppure “cosa è il bene e cosa il
5
scorgere dietro la tesi occidentalista una sorta di chiusura mentale o comunque un
inconscio privilegiare l’Occidente, insomma, detto in altre parole: <<Se la filosofia in
quanto tale è solo greca e occidentale, allora le potenze che si inquadrano all’interno di
tale tradizione svolgono una funzione “civilizzatrice”. Se invece la filosofia greca e
occidentale non si è originata per partenogenesi culturale, ma ha rielaborato i contributi
di altre parti del mondo oppure è una pianta che si è formata anche in altre civiltà – come
suggerisce nel suo Atlante di Filosofia8 (2004) Elmar Holenstein – allora tale pretesa è
infondata e si tratta di ripensare la filosofia come un pensiero su scala interculturale
globale>>9. Inoltre è stato osservato che <<la tesi occidentalista include un curioso
paradosso: se il pensiero orientale non è filosofico, in quanto limitato nel suo sviluppo
dalla religione, perché la filosofia medievale e quella cristiana dovrebbero essere incluse
nella tradizione occidentale? Quale criterio non contraddittorio può legittimare
l’esclusione di Kŏngfūzĭ (Confucio) o delle Upanishad e l’inclusione di Agostino
d’Ippona o diTommaso d’Aquino? Un mero criterio geografico che fa decidere che
tutto ciò che si pensa a ovest degli Urali e a nord di Tunisi è filosofia e il resto
superstizione o mito?>>10. Come potete vedere, lo studio e le interpretazioni del
pensiero del passato (e del passato in generale), si intreccia inevitabilmente con la
cultura, il vissuto, i pregiudizi, le esperienze, la mentalità del presente. Nel 1987 Martin
Bernal interviene nel dibattito con la pubblicazione del libro Atena nera dove, in estrema
sintesi, mostra le radici afroasiatiche della civiltà greca (soprattutto dell’Antico Egitto).
Anche questo testo, però, ha ricevuto molte critiche. Inoltre un autorevole studioso del
mondo greco, Jean-Pierre Vernant, pone in risalto il legame tra la democrazia e la
nascita della filosofia: <<il pensiero positivo in Grecia nasce nelle colonie democratiche,
data l’assenza qui di autorità politiche e religiose che potessero imporre con la forza e
per tradizione una legge senza argomentarla con la ragione. Si tratta di una tesi
affascinante, che lega indissolubilmente filosofia e democrazia e che fa apparire
come “non-pensiero” quello che sorge in contesti politici e culturali autoritari>>11.
Bene, ora andiamo a vedere la nascita vera e propria della filosofia greca.
Partiamo da una scansione temporale: la civiltà greca ha inizio nel IX secolo a.C. mentre
la nascita del pensiero filosofico la possiamo datare al VI secolo a.C. Cosa abbiamo in
questi tre secoli? Ebbene tra il IX ed il VI secolo si afferma e si sviluppa il “mito”.
Vediamo di cosa si tratta. La parola deriva dal greco mythos e vuol dire narrazione,
racconto. <<Consiste nella narrazione di vicende che riguardano il mondo degli dei e
degli eroi, in generale connessione con l’origine del mondo e dell’uomo […], ed è
presente in tutte le culture a noi note. […] Il mito è considerato la prima forma, già in
qualche modo “razionale”, di spiegazione del mondo, delle sue origini e del suo
“senso”>>”12.
Il rapporto tra il mito e la nascita della filosofia è molto dibattuto ed in sostanza si
traduce in due visioni (con molte sfumature intermedie) che vedono la filosofia come
“figlia” oppure come “contrapposta” al mito. Non approfondiremo la questione, ma qui
di seguito daremo conto di alcuni miti principali.
8 Nel testo originale il titolo non è in corsivo.
9 Oriente e Occidente. La nascita della filosofia, Treccani, scaricabile da
http://www.treccani.it/scuola/lezioni/scienze_umane_e_sociali/oriente_e_occidente_la_nascita_della_filosofia.html
(visitato il giorno 4/9/2016).
10 Ibidem.
11 Ibidem.
12 Pancaldi M., Trombino M., Villani M., Atlante della filosofia. Gli autori e le scuole. Le parole – Le opere, Hoepli,
Milano, 2006, pp. 511-512.
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Esiodo fu, secondo Aristotele, il primo a cercare il principio delle cose. Si tratta senza
dubbio di un problema filosofico, ma la risposta è mitica. Secondo Esiodo dal caos e
dalla terra traggono origine tutte le cose. L’uomo non ha alcun mezzo per sfuggire al
volere degli dei ed alla giustizia che li ispira. La dea Dίke (Giustizia) impersonifica la
Legge e vigila affinché siano puniti gli uomini che commettono una ingiustizia.
L’infrazione alla legge è vista come “tracotanza”: è la hýbris, dovuta alla sfrenatezza
delle passioni ed in generale alle forze irrazionali. Altro nucleo mitico importante si è
affermato nel VII secolo a.C. nel movimento religioso dell’orfismo. Scopo dei loro riti
era quello di purificarsi ed in questo modo sottrarsi al ciclo della morte e nascita (cioè
alla reincarnazione), dove il corpo era visto come la prigione dell’anima. Secondo questa
religione la conoscenza avrebbe condotto l’uomo alla vita autentica. Un secolo dopo uno
dei più grandi filosofi greci, Platone, riprenderà questa concezione e nell’opera Fedone
si rifà esplicitamente alle credenze orfiche. Ultima notazione interessante è che l’orfismo
era praticato soprattutto dai ceti sociali subalterni (schiavi in primis) e con la liberazione
dal ciclo delle nascite e della miseria interpreta <<le tristi condizioni degli schiavi nel
quadro mitico di un destino di sofferenza e liberazione>>13.
Concludo con una citazione che mi sembra molto equilibrata relativamente al rapporto
tra mito e filosofia: <<La filosofia occidentale, nata nel mondo greco le cui categorie
interpretative più importanti erano state forgiate dai miti […] aspira a sostituirsi a
essi nel fornire una spiegazione dell’origine delle cose, a volte anche riprendendone
termini, concetti, o la stessa tendenza alla narrazione, come fa Platone, anch’egli
narratore di miti>>14.
Ora cercheremo di rispondere alla domanda “perché la filosofia è nata proprio in
Grecia?” Anche in questo caso, tanto per cambiare, ci sono più interpretazioni. Partiamo
dalla frase di uno dei più grandi storici della filosofia: Ludovico Geymonat: <<Presso
tutti i popoli antichi la nascita della filosofia fu determinata dal diffondersi di uno
stato di disagio via via più forte di fronte al patrimonio culturale tradizionalmente
accolto dalla comunità, cioè dall’insorgente esigenza di porlo in discussione, al fine
di sostituirlo parzialmente o totalmente, o fors’anche al fine di giustificarne
l’accettazione. L’una o l’altra cosa comunque, in base ad argomenti che potessero
riuscire validi agli occhi di ogni persona ragionevole>>15.
Secondo la maggior parte degli studiosi ci sarebbero state delle condizioni economiche,
sociali e politiche che avrebbero favorito la nascita della filosofia in Grecia. Ho
utilizzato volutamente il termine “favorito” e non “determinato” perché, come afferma
Nicolao Merker, un altro autorevole storico della filosofia: <<far dipendere la cultura
filosofica direttamente dalle condizioni economiche e socio-politiche, come se di queste
essa fosse nient’altro che un semplice riflesso, lascia in ombra troppe cose. La coscienza
umana è uno specchio della realtà attivo, non passivo. La sua caratteristica è anche di
costruire progetti che oltrepassano la soglia dei dati d’esperienza>>16. Fatta questa
premessa vediamo le cause che contribuirono alla nascita della filosofia nella Grecia del
VI secolo a.C.
13 Dal Pra M., Sommario di storia della filosofia. Per i licei classici e scientifici. Vol I La filosofia antica e medievale,
La Nuova Italia, Firenze, 1963, p. 4.
14 Pancaldi M., Trombino M., Villani M., Atlante della filosofia, cit., p. 512.
15 Geymonat L., Storia del pensiero filosofico e scientifico, vol. I L’antichità – Il medioevo, Garzanti, Milano, 1975 (II
ed., I ed. 1970), p. 10.
16 Merker N., Atlante storico della filosofia, Editori Riuniti, Roma, 2002, p. 39.
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Per quanto riguarda l’aspetto economico-sociale, oltre alla classe sociale egemone legata
alla terra, si forma una nuova classe sociale agiata che si dedicava al commercio.
Questa cerca di ottenere il riconoscimento di uguali diritti politici rompendo il
monopolio del potere aristocratico. Cosa più importante, si formano le polis, cioè
comunità di uomini liberi che prendono le decisioni autonomamente, attraverso
dibattiti pubblici. Questo scontro tra opinioni porta a preferire ciò che è
ragionevole, scardinando in questo modo l’ossequio verso la tradizione (religione,
poesia, mito…).
Sul versante della politica: si sperimenta in Grecia, per la prima volta, una direzione
democratica dello Stato. Le civiltà pre-greche erano monarchie accentratrici dove le
caste sacerdotali e guerriere detenevano sia il potere politico che quello della
“conoscenza”. Avevano, quindi, un carattere autoritario, tradizionalista, statico:
tendevano a conservare immutata la loro cultura. E’ del tutto evidente che una
indagine critica, razionale e libera trova qui ostacoli molto difficili da superare. In
Grecia invece manca una classe sacerdotale custode di libri sacri, indiscutibili
perché divini, dunque è possibile un pensiero più libero. A riprova di quanto detto,
la filosofia non si sviluppa a Sparta che rappresenta un modello di società
militarista, autoritaria, conservatrice.
Inoltre la filosofia greca nasce prima nelle colonie. La prima scuola filosofica, infatti,
sorge a Mileto (situata in una penisola dell’attuale Turchia), colonizzata intorno al 1100
a.C. e che nel VI secolo a.C. diventa una potente e ricca repubblica marinara. Con
l’arrivo dei Persiani, Mileto e gli altri centri perdono la loro autonomia ed a quel punto la
cultura filosofica si <<sposta>> nelle colonie greche dell’Italia meridionale e della
Sicilia. Nelle colonie si era raggiunto un certo benessere, la società era articolata e
coesistevano uomini che erano agiati grazie al possesso della terra con uomini che lo
erano perché mercanti. Circolano merci, idee ed esperienze diverse e proprio il
confronto tra idee diverse favorisce la nascita dell’indagine filosofica. In seguito
queste condizioni si troveranno ad Atene, dove si trasferirà la filosofia.
A quanto detto va aggiunto che:
* l’esistenza del cittadino greco era fortemente comunitaria (molti filosofi erano politici
o consiglieri dei politici).
* La democrazia era limitata: gli schiavi ed i cittadini stranieri non avevano diritti
politici. I cittadini liberi erano una minoranza, quindi il dibattito politico e la vita
culturale riguardavano solo un settore ristretto ed elitario della società.
* Nelle città greche si contrapponevano due componenti sociali. 1) L’aristocrazia che ha
una mentalità più conservatrice ed è più legata al passato; in questo filone possiamo
inserire: Pitagora, Eraclito, Parmenide, Platone 2) I democratici: cittadini benestanti con
una mentalità più progressista ed aperta al nuovo, qui possiamo menzionare i filosofi di
Mileto (Talete, Anassimene ed Anassimandro); Empedocle, Anassagora, gli atomisti ed
in parte i sofisti.
La distanza tra questi due filoni si fa via via più sfumata.
* La città-stato greca è una realtà politica, ma anche religiosa e per questo prevede una
limitazione alla libertà di pensiero anche se non al punto di bloccare lo sviluppo della
libera ricerca filosofica. Chi ha sperimentato sulla propria pelle queste limitazioni è
Socrate, accusato di empietà. Alcuni vedono in lui il primo martire che ha sacrificato la
propria vita per affermare la libertà di pensiero.
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Fin dall’inizio la ricerca filosofica in Grecia fu una “ricerca associata”: l’indagine
filosofica esigeva, secondo i greci, una concordanza di sforzi, una comunicazione
continua tra chi faceva della filosofia lo scopo della propria vita. Tra di loro si instaurava
un rapporto non solo di comune interesse e dibattito ma anche di solidarietà umana.
Per quanto riguarda le fonti della filosofia greca, senza addentrarci nei dettagli,
possiamo distinguerle tra le opere dei filosofi e le testimonianze degli scrittori
posteriori. Questi ultimi li possiamo dividere in due gruppi: 1) Platone ed Aristotele
che nei loro scritti fanno cenni più o meno ampi ai filosofi precedenti 2) i
dossografi: gli scrittori appartenenti al tardo periodo della filosofia greca e che
hanno riportato le opinioni dei vari filosofi. Tra questi citiamo solo Teofrasto e
Diogene Laerzio.
Infine, prima di studiare i singoli autori, è utile suddividere (per comodità) la filosofia
greca nei suoi 5 periodi principali in base al tema fondamentale delle speculazioni
filosofiche:
1) Periodo cosmologico: comprende le scuole presocratiche ad eccezione dei sofisti.
Si cerca di trovare l’unità che garantisce l’ordine del mondo e la possibilità della
conoscenza umana
2) Periodo antropologico: sofisti e Socrate, come dice la parola stessa il tema
centrale che si indaga è l’uomo stesso.
3) Periodo ontologico: Platone ed Aristotele. Con loro il pensiero greco arriva alla
sua piena maturità e ripropone in una sorta di sintesi, i problemi precedenti. Si
indaga sull’essere, sulla realtà in generale e sul rapporto dell’uomo con la realtà.
4) Periodo etico: si approfondisce il tema della condotta dell’uomo e comprende
stoicismo, epicureismo, scetticismo, eclettismo.
5) Periodo religioso: si cerca di trovare quella via che permette di ricongiungere
l’uomo con Dio, considerata come l’unica via di salvezza. Comprende le scuole
neoplatoniche ed affini.
Come già detto, questa ripartizione cronologica non va presa in modo assoluto, ma è
sicuramente utile per avere un quadro complessivo e schematico dello sviluppo della
filosofia greca.
Bibliografia:
Abbagnano N., Fornero G., La filosofia, vol. 1A Dalle origini ad Aristotele, Paravia, Torino, 2009.
Dal Pra M., Sommario di storia della filosofia. Per i licei classici e scientifici. Vol I La filosofia
antica e medievale, La Nuova Italia, Firenze, 1963.
Geymonat L., Storia del pensiero filosofico e scientifico, vol. I L’antichità – Il medioevo, Garzanti,
Milano, 1975 (II ed., I ed. 1970).
Merker N., Atlante storico della filosofia, Editori Riuniti, Roma, 2002.
Oriente e Occidente. La nascita della filosofia, Treccani, scaricabile da
http://www.treccani.it/scuola/lezioni/scienze_umane_e_sociali/oriente_e_occidente_la_nascita_dell
a_filosofia.html (visitato il giorno 4/9/2016).
Pancaldi M., Trombino M., Villani M., Atlante della filosofia. Gli autori e le scuole. Le parole – Le
opere, Hoepli, Milano, 2006.
Taroni P., Introduzione alla storia della filosofia occidentale, Edizioni Quattroventi, Urbino, 2009
(II ed. rivista, corretta e ampliata, I ed. 2004).
Vattimo G., Filosofia, in Enciclopedia Europea, vol. 4, Garzanti, Milano, 1977, pp. 906-910.