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ELEMENTI di
GNOSEOLOGIA e METAFISICA

Gnoseologia: dottrina della conoscenza (è un termine moderno, estraneo all’uso greco).


La dottrina della conoscenza studia il rapporto tra soggetto e oggetto. Il soggetto è l’elemento attivo:
colui che conosce; l’oggetto è l’elemento passivo: la cosa conosciuta.
Quando questa relazione viene pensata nella sua totalità, per esempio come relazione tra pensiero e
realtà, i temi della gnoseologia assumono anche una valenza metafisica, in quanto si spingono al di là di
ogni esperienza possibile (nessuno può avere presente la totalità del pensiero per poi confrontarla con la
totalità del reale). Nella storia della filosofia le coppie di termini attraverso cui si declina il rapporto tra
soggetto e oggetto sono differenti e mettono in luce problemi diversi, da problemi logici a problemi
metafisici. Ma il tema di fondo e il tema di partenza resta comunque il problema di come il soggetto
possa conoscere l’oggetto.

soggetto -> oggetto


(è l’elemento attivo: (è l’elemento passivo:
->
colui che conosce) la cosa conosciuta)
Knowing -> Known
Uomo -> Natura
Io -> Mondo
Pensiero -> Realtà
Pensiero -> Essere (Parmenide)
Pensiero -> Idee (Platone)
Concetto Essenza o Sostanza
->
(logica) (metafisica) (Aristotele)
Pensiero -> Numeri (Pitagorici: l’archè)
Scienza -> Natura/realtà
Comunità scientifica Mondo (Husserl 1859-1938)
Umanità -> Mondo
Intersoggettività Mondo

NB: Quando i termini della nostra relazione sono totalità infinite e non verificabili nell’esperienza
vissuta, si entra nel campo della METAFISICA.
Infatti i filosofi SCETTICI sostengono che nessuno può verificare veramente la relazione tra pensiero e
realtà, ecco perché le affermazioni più estreme della gnoseologia sconfinano nel campo della
metafisica.

Metafisica: (tà metà tà fysikà = quelli dopo quelli di fisica) i sistematori alessandrini delle opere di
Aristotele posero i libri di ontologia o filosofia prima (come la chiamava Aristotele) dopo quelli di
fisica, in quanto nelle opere di fisica ci si è occupati del problema delle cause naturali (le 4 cause) ed
ora si intende affrontare il problema delle cause ultime (o cause prime), da cui tutte le altre cause
derivano. Per estensione, il termine fu interpretato come “le questioni che vanno al di là di quelle di
fisica”, ovvero le questioni che vanno al di là della filosofia della natura e che si occupano quindi di un
campo che va oltre l’esperienza sensibile, ovvero il campo della realtà dell’essere, essere inteso come
causa prima e principio della realtà stessa. Il termine metafisica divenne perciò sinonimo di ontologia.

Ontologia: dottrina dell’essere, o meglio dottrina di ciò che è. (essere, einai; essente, on; ciò che è = to
on; essenza, ousia). Il primo a elaborare una dottrina dell’essere è Parmenide (scuola di Elea)

Significato dei termini soggettivo e oggettivo


Attenzione! I termini soggettivo e oggettivo nel linguaggio comune sono spesso usati in modo
improprio dal punto di vista filosofico. Spesso infatti per soggettivo si intende individuale, particolare,
personale, ovvero legato al gusto e alle idee di un singolo individuo. Anche oggettivo spesso viene
usato per dire universale, valido per tutti. In filosofia soggettivo e oggettivo sono semplicemente gli
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aggettivi di soggetto e oggetto. E quindi soggettivo significa semplicemente “del soggetto” e oggettivo
significa semplicemente “dell’oggetto”, senza alcuna altra connotazione più specifica.

HUSSERL (1859-1938): la nozione di correlazione


In realtà soggetto e oggetto non esistono mai separati e di per sé. Non esistono un soggetto e oggetto
separati che poi in un secondo momento entrano in relazione. Al contrario, ciò che realmente esiste è
sempre l’unità di soggetto e oggetto, la loro relazione o correlazione. Il pensiero, in un secondo
momento, è in grado di distinguere all’interno di questa correlazione ciò che chiama soggetto e oggetto,
o meglio è in grado di distinguere all’interno della correlazione una polarità soggettiva e una polarità
oggettiva.

HUSSERL: la nozione di intersoggettività


Il filosofo Husserl, pensa che i filosofi stessi abbiano fatto confusione quando hanno pensato il soggetto
conoscitivo come un soggetto astratto, unico, singolare e isolato.
Il soggetto della conoscenza è invece sempre un soggetto collettivo, una comunità di esseri pensanti. A
ben vedere, un soggetto singolo isolato non può propriamente essere l’origine di nessuna conoscenza,
perché ogni conoscenza si fonda sul confronto tra esperienze diverse.
Husserl parla quindi di intersoggettività, ovvero una comunità di soggetti conoscitivi.
L’umanità costituisce una intersoggettività ovvero una comunità linguistico-entropatica che si
costituisce sulla scorta di un’analogia corporea.
Una comunità linguistica in quanto per comunicare le proprie esperienze e per confrontarle, gli uomini
usano il linguaggio, che è uno strumento intellettuale tutto umano.
Una comunità entropatica, in quanto ogni uomo è dotato della capacità empatica di riprodurre dentro di
sé gli stati d’animo degli altri uomini e quindi di confrontarsi e intendersi con essi. (per esempio il
tipico modo attraverso cui viene trasmesso il sapere è una lezione scolastica, in cui l’insegnante
trasmette attraverso il linguaggio le nozioni, ma allo stesso tempo è in grado di comprendere se gli
alunni lo stanno seguendo e comprendono ciò che spiega, guardando le loro espressioni).
Il legame che permette l’incontro tra gli uomini è il corpo. Ovvero la relazione empatica tra uomini si
stabilisce attraverso una analogia corporea, io posso comprendere gli altri e ciò che essi provano o
pensano in quanto il loro corpo è analogo al mio, il corpo dell’altro uomo appartiene a un soggetto
pensante e senziente così come il mio corpo proprio appartiene a me in quanto soggetto pensante e
senziente.
L’intersoggettività è quindi una comunità che è estesa quanto l’intera umanità. Ma nel caso della
conoscenza scientifica, all’interno di questa comunità così vasta (l’umanità) si costituisce una comunità
più ristretta: la comunità scientifica ovvero una comunità intersoggettiva che condivide un linguaggio
specifico, una serie di metodi, una serie di conoscenze, ovvero tradizione scientifica.
Quindi il soggetto conoscitivo vero e proprio è una comunità scientifica intesa come intersoggettività.
Una comunità linguistico entropatica che condivide una tradizione di studi che comprende linguaggi,
metodi e procedure.

Oggettivismo logico
I Pitagorici pensavano che i numeri fossero degli enti perfettissimi che non erano stati prodotti dal
pensiero umano ma che esistessero di per sé già prima che gli uomini li scoprissero o conoscessero.
Questo è il primo esempio che abbiamo di oggettivismo logico.
Per oggettivismo logico si intende una posizione filosofica (assunta anche da parte di molti logici e
matematici del ‘900), secondo cui esistono idealità logiche o enti logici che sono veri in sé e per sé, la
cui verità non dipende dal fatto di essere pensati.

In generale, tutto il pensiero greco è un pensiero oggettivista, (con l’eccezione della parentesi dei
Sofisti, i quali sono soggettivisti, per cui la verità dipende dal soggetto). O meglio: tutto il pensiero
antico e medioevale è oggettivista.
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Oggetivismo antico (e medioevale): la metafora visuale del pensiero
Nel pensiero greco vi è l’idea che gli oggetti del pensiero (per es. i numeri, le idee, le essenze delle
cose) non vengano creati ma semplicemente scoperti, infatti in greco “verità” si dice ALETHEIA da
aletho che significa “scopro”, poiché il pensiero non produce il proprio oggetto bensì riflette una realtà
di ordine superiore. Se un oggetto viene scoperto significa che esisteva già prima di essere trovato. Nel
pensiero greco prevale una metafora di tipo visuale: così come l’occhio non produce l’oggetto che vede
ma lo riflette soltanto, anche il pensiero non produce il proprio oggetto bensì descrive una realtà di
ordine superiore.
Possiamo trasformare questa metafora in una proporzione matematica e dire:
“l’occhio sta all’oggetto sensibile come l’intelletto sta all’oggetto intelligibile”
(occhio : oggetto sensibile = intelletto : oggetto intelligibile)

I verbi scoprire, svelare, rivelare, inventare (da invenio: trovo) indicano l’azione per cui il pensiero
trova il proprio oggetto ma non lo produce. Anche i verbi riflettere e speculare indicano che il pensiero
si limita a riflettere un oggetto che esiste fuori dal pensiero. L’immagine è quella dello specchio: la
realtà sta fuori dallo specchio e il pensiero è invece l’immagine speculare di una realtà che lo trascende
(sta al di là).
L’idea dell’inventare, cioè del creare qualcosa dal nulla, è estranea alla mentalità greca e proviene di
più dalla mentalità ebraica.
Ci sono tutta una serie di espressioni tipiche dell’oggettivismo antico, secondo cui la verità degli enti
logici o delle idealità logiche come i numeri, i teoremi della geometria, le idee o l’essere, non viene né
aumentata né diminuita per il fatto di essere pensata e neppure dipende dal dove, dal quando e da
chi la pensa. In questo caso si parla di verità assoluta.

Infine possiamo aggiungere un’ultima riflessione. Di ogni numero ne esiste uno solo e resta sempre
identico a se stesso (non cambia mai). Possiamo quindi dire che i numeri restano sempre unici e
identici.
Anche se per ora non li abbiamo ancora studiati, possiamo dire che i numeri dei Pitagorici hanno gli
stessi attributi dell’essere di Parmenide e delle idee di Platone, ovvero questi termini indicano tutti
degli oggetti del pensiero che restano unici e identici.

IL PROBLEMA DELLA VERITA’


(verità oggettiva, soggettiva, assoluta, relativa, universale)

Verità oggettiva: si intende una relazione di corrispondenza o di rispecchiamento tra il pensiero e la


realtà che lo trascende, ovvero tra ciò che è contenuto nella mente del soggetto (pensiero) e ciò che si
trova al di là di essa (realtà), il pensiero è un riflesso o un’immagine interiore di qualcosa che si trova al
di là o al di fuori della mente.
Verità soggettiva: si intende una relazione di accordo razionale tra i soggetti pensanti (rispetto a
determinati giudizi che si riferiscono a determinati fatti), i quali comprendono tutti allo stesso modo tali
verità e quindi convengono su di esse.
Verità assoluta: Assoluto è il contrario di relativo e significa sciolto da vincoli. Si intende che
qualcosa è vero in sé e per sé, la sua verità è una e identica (gli stessi attributi dell’essere di
Parmenide), non muta nel tempo, non aumenta né diminuisce per il fatto di essere pensata, non dipende
dal dove, dal quando e dal chi la pensa.
Universale: significa valido per tutti.
Necessario: significa che non può essere altrimenti.
Intersoggettivo: significa valido e condiviso da più soggetti.

PROTAGORA:
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L’uomo è misura di tutte le cose
(di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono).

Misura: si intende che l’uomo è il metro di giudizio, ovvero il criterio di giudizio di tutte le cose,
ovvero che la verità è relativa all’uomo ovvero soggettiva. E’ l’uomo quindi che attribuisce la loro
essenza alle cose.
I termini critica, criticare e criterio derivano dal greco crino : io distinguo, giudico.

Questa dottrina di Protagora può assumere tre significati diversi a seconda del significato che si danno
ai termini “uomo” e “cose”.
1) Se per uomo si intende un solo uomo, un individuo e per cose gli oggetti sensibili, allora il giudizio
di Protagora significa che le cose appaiono in modo diverso a seconda dei singoli uomini.
In questo caso la verità è relativa al singolo soggetto, ovvero ci sono tante verità quanti sono gli
uomini, il che equivale a dire che la verità non esiste.

2) Se per uomo si intende un gruppo di uomini, una comunità, un popolo, e per cose si intendono i
valori morali, gli usi e costumi di un popolo, allora la frase di Protagora significa che la verità è relativa
a un gruppo di uomini che condividono certe idee e convinzioni, la verità è intersoggettiva, è una
convenzione, ma non ha valore universale, perché può cambiare da una comunità all’altra, da un
popolo all’altro, (da un’epoca all’altra, sebbene i greci non tengano conto della variabile temporale).

3) Se per uomo si intende l’umanità (ovvero tutti gli uomini) e per cose la realtà in generale così come
appare alla specie umana, allora la dottrina di Protagora significa che la verità è relativa all’umanità, è
intersoggettiva, è universale ma non assoluta.

DUALISMO
Per dualismo intendiamo una concezione della realtà secondo cui tutto ciò che esiste è riconducibile a
due principi, non ulteriormente riconducibili l’uno all’altro, ovvero non possono essere uno causa
dell’altro, ma rimangono due sostanze separate ed eterogenee (= che hanno origini differenti).
Il dualismo di fondo del pensiero occidentale è la distinzione tra pensiero e materia e quindi tra anima e
corpo. Nota bene: i due termini sono neutri rispetto al loro valore. Quando si sovrappone un dualismo
morale tra bene e male, purtroppo l’anima e il pensiero diventano il termine positivo, buono e
razionale, mentre la materia e il corpo diventano il termine negativo, cattivo e irrazionale.
Il dualismo tra pensiero e materia è un dualismo ontologico: ovvero è un dualismo tra diversi modi di
essere, hanno realtà differenti, hanno natura differente, origine differente.
Per dualismo gnoseologico si intende la distinzione tra due diversi modi di conoscere due diversi
aspetti della realtà. Il dualismo gnoseologico è tra sensi e intelletto o anima (nous o psiche), esperienza
sensibile (empiria) e ragione (logos), a questi differenti strumenti corrispondono oggetti differenti:
oggetto sensibile o apparenza sensibile contrapposti a oggetto intellegibile o realtà o ESSERE
(Parmenide) ATOMI (Democrito). La stragrande maggioranza dei pensatori occidentali è dualista, con
una piccola eccezione di materialisti che sostengono che esista un unico principio: la materia.
Democrito è il primo materialista!

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