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Il problema dello statuto ontologico degli universali si pone dal momento che questi
mi presentano un quid, un’essenza che prescinde dal qui ed ora (essendo concetti
generali) mentre la realtà risulta costituita solo da individui, che sono qui ed ora.
- Se gli universali esistano come “conceptus mentis”, ossia come nozioni della
mente
separati dalle cose (idee platoniche)
- Oppure se esistano anche nella realtà
nelle cose (forme aristoteliche)
Ora interrogarsi sugli universali significa interrogarsi sui poteri stessi dalla ragione e
sulla validità degli strumenti intellettuali di cui essa si seve per parlare del mondo.
L’aver posto questo problema implica un cambiamento di prospettiva significativo:
l’attenzione si è spostata da Dio all’uomo. Fino a quel momento gli universali erano
stati considerati strumenti dell’azione creativa di Dio e nessuno avrebbe messo in
discussione la concezione degli universali come idee archetipe nella mente di Dio
che crea le cose imprimendo in esse tali forme (concezione agostiniana). Dal XII
secolo, invece, gli universali iniziano ad essere presi in considerazione come
strumenti o condizioni delle operazioni conoscitive dell’uomo.
REALISMO
NOMINALISMO
REALISMO MODERATO: Dottrina secondo cui gli universali, pur avendo una
certa consistenza, non sussistono ante rem ma solo in re, incorporati nelle
singole cose, in qualità di principi organizzatori immanenti (forme
aristoteliche). Il realismo moderato riconosce pienamente la realtà degli
individui, pur scorgendo la presenza, in essi, di un’essenza universale
(conciliazione di platonismo ed aristotelismo). In particolare, Tommaso
d’Aquino dirà che gli universali sono ante rem, come modelli delle cose
create, in re, come forme delle cose, post rem, come concetti astratti.
NOMINALISMO ESTREMO: Dottrina secondo cui l’essere esiste solo in forma
individuale e i cosiddetti universali rappresentano solo dei nomi, senza alcun
corrispettivo nella realtà. In particolare, sembra che Roscellino abbia ridotto
gli universali a meri flatus vocis, emissioni di voce, prive di qualsiasi valore e
significato.
Il nominalismo ritiene che l’unico modo autentico di essere sia quello dell’ente reale
che è sempre individuale e ne deduce che anche l’ente logico debba essere
individuale, altrimenti sarà un mero flatus vocis (nome a cui non corrisponde nulla
nella realtà).
Il realismo estremo di Guglielmo di Champeaux, che si pone in linea con la
tradizione platonico-agostiniana, invece, parte dal presupposto che l’unico modo
autentico di essere sia quello dell’universale, che viene ipostatizzato, collocato nella
realtà.
La questione degli universali pone con forza il problema del rapporto fra linguaggio,
pensiero e realtà. Ciò che è in gioco è la capacità del pensiero di cogliere la realtà e
del linguaggio di esprimerla, rappresentarla in modo veritiero. Il realismo
presuppone una perfetta corrispondenza fra essere, pensiero e linguaggio e
garantisce la possibilità di far metafisica dal momento che il linguaggio ed il
pensiero si propongono come capaci di fotografare la realtà, di coglierne le
strutture o forme.