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Pensare con Deleuze 08/03/2016

In margine al libro Gilles Deleuze di Rocco Ronchi


Fabbrichesi
Il Deleuze di Ronchi destrutturato e ripresentato per essere digerito in modo diverso (a partire dal
pensiero originale di Ronchi, cfr. articolo Immanenza assoluta su Nema), a partire dalla
centralit degli aspetti etici e politici. Deleuze come personaggio concettuale. Quale percorso?
La filosofia non arrivata alla fine, come qualcuno pensa. Ci si riferisce ad una linea minore nella
filosofia (Cusano, Vico, Spinoza, Nietzsche, James, Whitehead, Bergson, Gentile, Sini) che
insegna che si d filosofia laddove emerge un problema filosofico: la filosofia creazione di
concetti di fronte ad una problematizzazione.
Il problema si offre al pensiero, e non il pensiero a governare le pratiche, anche la pratica
teoretica. Noi siamo NEL pensiero, cit. Peirce, e raccogliamo quello che il pensiero ci offre.
Qui si supera ogni idea di eccezione umana (l'uomo come coscienza dell'essere, primato dell'esserci
sugli enti) generando cos un'attenzione per l'esperienza come assoluta immanenza, ovvero
empirismo trascendentale.
Trascendentale come campo transindividuale, campo di coscienza impersonale alla Sartre, come
processo (Whitehead) del reale in cui credere.
Questa processualit costantemente in atto e di carattere prassico un uno assolto dalla relazione a
(=relazione semiotica).
Reale empirico che assolutizza ogni 'minaccia' di trascendentale nel senso di relazione ad una
trascendenza, nella linea jamesiana.
Ronchi
Deleuze ha avuto per Ronchi un senso magistrale anzitutto perch ha salvato l'onore della
filosofia in un tempo in cui la dismissione del filosofico imperante, con la conseguente
sostituzione con il narrativo, (cfr. Heidegger, La fine della filosofia e il compito del pensiero)
Egli rivendicava, come tutta la linea minore, non solo il suo ruolo di filosofo ma anche il valore
dell'ingenuit (lo stigma usato contro chi non avrebbe compiuto fino in fondo l'epoch, ): egli
continua ingenuamente a fare filosofia. Pourparler: ero il pi ingenuo tra i filosofi della nostra
generazione, non il migliore, ma il pi ingenuo. Non il pi profondo, il pi innocente. Quello con
meno sensi di colpa nel fare filosofia. Non mettevo in discussione la postura del filosofo. E qui sta
la magistralit di Deleuze per chiunque faccia filosofia entro un clima claustrofobico in cui si deve
dimostrare a tutti i costi che la filosofia non pu mai cominciare a meno di diventare ideologia.
Deleuze scommette su questo: la filosofia pu cominciare. E' la questione del Parmenide platonico,
testo fondamentale per Deleuze come per la grande filosofia del Novecento: cosa fare per
cominciare in filosofia? La sfida alla filosofia sul cominciare. Ogni grande filosofia l'apertura di
questa questione: la possibilit del filosofico, che anche la possibilit della vera scienza (della
scienza che pensa, e non resta una mera tecnica senza valenza ontologica, ...).
Bergson nel 1903, quando si apre il secolo della 'distruzione della metafisica' scrive una
Introduzione alla metafisica in cui propone un metodo di accesso all'assoluto attraverso l'intuizione:
sta rimettendo in gioco una serie di questioni ingenue nella loro enormit.
Whitehead al primo posto tra gli abiti prevalenti di pensiero da rifiutare per poter fare filosofia pone
la sfiducia nella filosofia speculativa stessa, intesa solo come elemento ideologico totalmente
relativo.
Questi autori sono ingenui e proprio per questo scommettono sulla filosofia, sulla comprensione
dell'essere e non sull'uomo come unico orizzonte dove radicare ogni discorso sull'essere.
Rispondono alla profonda esigenza veramente speculativa che attrae alla filosofia.
Brioschi
1 - Quale rapporto in Deleuze tra etica e ontologia?
Il libro inizia presentando l'etica e non l'ontologia. Fin da subito per si introduce la tesi

dell'univocit del reale, tesi metafisica ma anche immediatamente etica: un atto di fede nella
posizione del reale, al di l di ogni valutazione morale. Da qui viene il superamento di soggetto ed
oggetto entro il reale puro. Senza questa affermazione del carattere assoluto dell'esperienza non
sarebbe possibile uscire da quei dualismi che la ricerca novecentesca non ha potuto superare. Ed
ecco forse perch l'etica deve precedere l'ontologia.
Ma come pu una scelta etica fondare una nuova possibilit di fare filosofia? E dunque qual'
questo nuovo spazio per fare filosofia?
E in che modo il pluralismo non comporta un pluralismo totale in campo etico? Se egli rifiuta la
resa al relativismo, cosa significa la sua idea di fede nell'accadere in ambito etico?
2 Quale rapporto tra segno ed evento?
I segni della semiotica deleuziana hanno natura ontologica: a lasciare un segno la dynamis,
l'insorgenza che muta la situazione in cui ci si trova, la 'brutalit' di questa irruzione porta in primo
piano la firstness, quindi l'evento.
Ma legittima, entro il pensiero deleuziano, la totale coincidenza tra segno ed evento?
Deleuze dice che la thirdness non pu essere un punto di arrivo, perch vi sempre un nuovo
elemento creativo, un nuovo possibile. Qui non si ha pi unesplosione della visione periceana,
che per mantiene un ruolo forte per secondness e thirdness?
Ronchi
1 Cos' l'etica per Deleuze? Amor fati! Ovvero la stessa risposta di Spinoza: c' una coincidenza
tra il piano etico ed il piano ontologico. Il che significa in fondo tutto bene, come in ogni
razionalismo, che alla fine necessariamente ottimistico. Questo pu o non pu convincere, ma in
fondo lo stesso Deleuze di pi non dice.
2 Ronchi enfatizza la firstness nella triade faneroscopica perch Deleuze nel concetto di evento
revitalizza l'idea che l'essere dell'ente si risolve nell'atto. Alla luce di questa definizione di ente si
comprende la semiotica deleuziana: il segno qui non il segno della relazione triadica peirceana,
bens ha il valore del tramite, dell'incontro, inteso per in senso traumatico. Come si inizia a
filosofare per Deleuze? Quando si incontra un segno, segno del trauma (cfr. Fede e scetticismo... di
Santayana: trauma=segno del puro accadere e non dell'accaduto). Segno che non ci dice cosa
accade, bens che qualcosa accade. Questo il senso della dynamis nel Sofista platonico: perch
qualcosa possa dirsi reale deve colpirci.
Questa la dimensione cui si riferisce Deleuze quando parla di simulacro nella Logica del senso,
che per lui non la superficialit, bens proprio questo segno del puro accadere, che il genere di
segni che si incontra in Proust.
Cambria
Come fare per la filosofia che da Deleuze parte, ma va oltre? Quale ruolo per un programma
filosofico che abbia una forte matrice etica?
Ronchi legge il Sessantotto come cifra di una trasformazione che Deleuze ha saputo incarnare nella
sua portata affermativa. L'evento Sessantotto evento di una fine, fine di un ordine gerarchico e di
un rapporto di debito con il passato, con i padri, e cos di un modo di essere al mondo e fare mondo
che si giocava sul piano di quei dualismi che Deleuze ad ogni costo ha cercato di superare.
Una lettura cos metafisica, come quella di Ronchi, non pu non dare un valore non solo storico ad
un evento come il Sessantotto, alla luce dell'unit del reale, dell'esperienza pura, dell'affermazione,
che in Deleuze sono necessariamente centrali.
In tale lettura si sottolinea ad ogni costo la radicalit, purezza, che non possono non negare ogni
relativismo: il Sessantotto La fine di un modo di fare filosofia (antropocentrismo, priorit della
coscienza\dell'io, dualismi, gerarchia ) e L'avvento di una nuova prospettiva, anzitutto sul piano
etico, che simultaneamente un piano metafisico.
Un piano in cui si rompe con la distinzione orizzontale-verticale, sintomatica la nozione di rizoma:
stare al mondo nel senso di un'adesione pura all'esperienza pura del reale puro.
Questo amor fati, ci ha detto Ronchi. Ma il rischio di questa postura etico-metafisica,

sottolineato dallo stesso Ronchi, un fraintendimento: la caduta nell'indifferenziato.


Se non c' pi la gerarchia uno-molti (divenire in atto che il reale), se c' pari legittimit del reale
in tutte le sue declinazioni, come evitare il magma dell'indifferenziato?
Si tratta di permanere nella purissima affermazione ontologica, il credere nel reale del sottotitolo.
un'adesione ingenua nel reale, un'affermazione plurivoca che in qualche modo un'etica che
potremmo definire egualitaria, pensando all'obiettivo del progetto filosofico platonico.
Ma allora come si legge filosoficamente l'evento di questa fine? Quel che c'era prima (dualismi, )
e quel che c' dopo dove si tagliano? Si tratta di un passaggio storico? Si tratta di un effetto di
differente contesto economico, di pratiche sociale? Se prendiamo come trauma il Sessantotto, in
base a cosa come possiamo intendere la differenza tra il prima e il dopo?
Perch altrimenti il rischio, che gi sta in Deleuze, che se si prende la strada spinoziana senza
vedere questo la si deve prendere fino in fondo, ammettendo l'atto di pensiero in cui le differenze di
colgono. Serve un nuovo pensare che permetta di cogliere le differenze restando nella differenza.
Anche la differenza Sessantotto.
Ronchi
1 - Il Sessantotto evento nella misura in cui rappresenta sul piano empirico la tesi dell'univocit
dell'ente: la sfera infinita del Libro dei quattro filosofia in cui tutto si guarda, in cui vengon meno
i rapporti centro-periferia, Assume quindi un senso radicalmente affermativo: liberare il dominio
dell'esperienza dal primato della negazione.
La vera tautologia fondativa del pensiero metafisico non l'essere , ma il non essere non , e
tutto si deve specificare rispetto a questo. Rispondere alla domanda metafisica giustificare quello
che rispetto all'unico fondamento del pensiero metafisico, ovvero l'evidenza del Nulla. E da qui
nasce la meraviglia.
Ecco, contro questo modo di vedere si scaglia Deleuze. E cos si spiega la costante polemica di
Deleuze con Hegel, che per altri aspetti sarebbe ben raffrontabile (processo). Perch attraverso il
negativo si d un ruolo centrale all'uomo, che l'essere che incarna il negativo.
La sfida di Deleuze pensare sempre affermativamente. E pensare una politica che superi il
Sessantotto significa pensare una politica che non si fondi sulla negazione, ed la politica che
Deleuze impara da Nietzsche.
2 Puro significa trascendentale in filosofia: pensare l'esperienza prima della sua scissione
soggetto-oggetto, nella dimensione di assoluta neutralit che precede i poli che dovrebbero
costituirla ma mai possono davvero costituirla (empirismo trascendentale). Ci cui si giunge non
nemmeno l'identit soggetto-oggetto, bens qualcosa che sta prima di entrambi. James: neutralit, n
soggetto, n oggetto. Unico piano in cui tutto comunica.
3 In base a quale terzo puoi stabilire una distinzione pre e post Sessantotto? Deleuze un
pensatore radicalmente monista. Questa la formula magica che tutti i filosofi cercano
(Introduzione a Mille Piani): la coincidenza di pluralismo e monismo, superando ogni dualismo.
Come a dire: solo qui si fa filosofia. Finch si pensa, ad esempio, il rapporto sostanza-accidente
come una relazione determinata grammaticalmente e non il rapporto tra gli accidenti nella sostanza
infinita, non si davvero nel discorso filosofico. Si nella non filosofia travestita da filosofia.
Parmenide di Platone: la cosa pi thaumaston, la questione che se davvero risolta darebbe avvio
definitivo alla filosofia, come l'uno molti e come i molti SONO l'uno, mentre si spiega
facilmente come l'uno diventa molti (partecipazione, ).
Bisogna davvero pensare il carattere infinito dell'attributo come infinito diverso della sostanza
infinita. Questa questione iperclassica il senso del pensiero della filosofia: o la si affronta, o si
dualisti, e mai si potr superare quell'abisso, quindi non si fa filosofia.
Fabbrichesi
James: L'esperienza del puro that si pu solo esperire, non dire.
Peirce: S, c' uno stacco, ma l'esperienza sempre triadica. E il momento in cui io dico di aver
avuto un'esperienza, ecco l sta il primo, perch il terzo pone i due poli. C' la discontinuit, ma sta

entro una trama di continuit. Faccio riferimento a un terzo, la piramide della triade peirceana (con
l'interpretante sull'apice) da James e Ronchi-Deleuze schiacciata su una retta.
Ronchi
Verissimo, ma nella prospettiva peirceana (!), che prevede una dimensione verticale che genera una
sintesi, com' tipico delle teorie dell'esperienza: esperienza = ente + 1 (verticale). 1 che sia
l'abitudine, la sintesi associativa, l'interpretante Perch n sia possibile come oggetto servono n+1
condizioni di possibilit. [cfr. Teoria generale dello spirito come atto puro, Gentile n=1, l'1
che presente costantemente in tutti i punti del piano, e quindi tutto si unifica costantemente a
velocit assoluta, e questa l'immanenza assoluta, questa l'esperienza pura]
Questa la linea maggioritaria, quella che ha costituito l'esperienza. La linea di Deleuze implica che
la piramide si schiacci. E questo l'empirismo radicale di James, il campo trascendentale di Sartre,
la proposta di Bergson, La linea, fra l'altro, di chi riflette sul vivente: l'unificazione del
molteplice l'atto stesso del processo, il processo, non qualcosa che unifica il processo.
Esperienza che non si d mai senza qualche cosa che viene a inscriversi nel campo come elemento
del campo, ma che a sua volta non pu darsi se non come elemento del campo. That e What sono
diversi per natura, ma sono intramati a tal punto da implicarsi l'un l'altro necessariamente. (cfr. Sini)
Credere nel reale non vuol dire non credere nelle cose o in un soggetto che ne fa esperienza, bens
credere che l'esperienza venga prima di soggetti e cose e che siamo fatti di questa esperienza. Non
si tratta di distinguere il puro dall'impuro, ma di capirne la relazione. Non si pu sfuggire al
destino dell'interpretante, ma per Ronchi legare strettamente coscienza ed esperienza una
metafisica dell'esperienza
Redaelli
Deleuze un autore che non possibile studiare storiograficamente. In primis perch il suo pensiero
sempre intramato con quello dei suoi autori.
Ronchi fa proprio quello che fa Deleuze con questi autori: vi si avvicina con una serie di proprie
istanze, a partire da una centrale: l'istanza della desoggettivizzazione del trascendentale. Il
soggetto desoggettivizzato: un campo di immanenza.
Ma questa desoggettivizzazione non esito di un processo che attraversa tutta la storia della
filosofia occidentale?
L'idea di una linea maggioritaria e minoritaria non nasconde un processo trasversale alla filosofia
contemporanea? Se la modernit l'et della soggettivizzazione, la contemporaneit non l'et
della desoggettivizzazione? E in Kant non vi gi il primo passo di questo processo nel dire
dell'Io penso che non pu essere pensato come io, ma perfino come X?
E poi Hegel: le condizioni trascendentali (di possibilit) stanno fuori dal soggetto, nella storia,
L'assoluto di Hegel assoluto, immanente, desoggettivizzato ( ci di cui lo spirito una piega, e lo
spirito non nemmeno il soggetto), processo.
negazione della negazione, quindi ancora visto dall'uomo. Ma in realt l'assoluto come
negazione della negazione non rimanda gi ad un altro assoluto? Non possiamo leggere Hegel in un
modo ben meno in contrasto con Deleuze di come la lettura che lui ne fa potrebbe mostrare?
Marx, Nietzsche, Freud: Foucault dice che qui giungiamo al soggetto in cui non stanno pi le
condizioni trascendentali, perch vi sono condizioni trascendentali che da sempre precedono il
soggetto.
Husserl e la fenomenologia: tentativo di desoggettivizzare la coscienza fenomenologica (ultimo
Husserl, Heidegger, Sartre, Merleau-Ponty).
In ciascuno di questi autori della linea maggiore si possono individuare modi di individuare
elementi che resistono alla desoggettivazione, ma mettendo questi tasselli uno dietro l'altro
sembrano indicare una direzione.
Ma allora in fondo Deleuze non pu essere un esito della filosofia contemporanea nel suo
complesso?
Bergson del resto non nega un rapporto coscienza-mondo, lo ricolloca. E non un processo non

cos lontano da quello che fa Heidegger con l'intenzionalit husserliana? Perch Dasein ed enti
stanno su un piano derivato rispetto all'essere.
Ronchi
Certo, la filosofia moderna e contemporanea sono sulla linea della desoggettivazione: lo stesso
Cartesio parla di un astratto atto del pensare e gi qui si allontana da un soggettivismo dell'io.
Ma se spostiamo il problema sulla correlazione esperienza-coscienza diviene pi chiara l'esistenza
di una linea minore. L'Ereignis, stabilendo una forma radicale di rapporto Essere-Esserci la forma
pi raffinata di antropocentrismo (solo un essere finito pu rapportarsi all'essere).
E allora cos si capisce perch trascendentale radicalmente desoggettivizzato: perch non c' pi la
correlazione esperienza-coscienza. E cos si risale ad un piano che potendo sussistere
indipendentemente dalla coscienza il piano migliore dove comprendere l'esperienza assoluta, il
ruolo della scienza, E cos si pu ripensare il trascendentale, che non pu pi essere un doppio
del reale (come condizione di possibilit dell'esperienza).
Deleuze solleva la questione della geneticit del trascentale: come fare del trascendentale non la
condizione di possibilit degli elementi dell'esperienza ma come causa dell'esperienza.
Zaltieri
1 - Importante nella lettura di Ronchi il rapporto di Deleuze con la formazione filosofica, ovvero
con l'insegnamento e con la lettura degli autori che non interpretazione (ovvero una ricerca di un
senso nascosto, ...), bens qualcosa che ha a che fare con un campo di forze in grado di rendere
generativo un autore.
2 Dice Deleuze: Abbiamo bisogno di un'etica e una fede. Ma non un bisogno di credere ad altro,
ma a questo mondo qui. Una credenza nella carne, nel corpo. Il Deleuze di Ronchi abbastanza decorporizzato/de-carnalizzato. Il trascendentale soggettivizzato il corpo. Immanenza, una vita:
ricerca del pensiero del vivente (specie dopo l'incontro con Guattari, abbandonando le ricerche di
Logica del Senso). E si giunge qui al pensiero della deterritorializzazione-riterritorializzazione.
Ronchi
Manca la parte Guattari. S, vero.
Ronchi legge il credere nel mondo di Deleuze come credere nel reale, che viene prima il mondo,
viene dopo, e accompagna il mondo come sua ombra. Ed un reale molto vicino al reale
lacaniano, ed abbandona cos la forma organica/antropologica del mondo.
Nel cinema Deleuze vede la costruzione dell'occhio artificiale che permette di liberare l'esperienza
dal soggetto, dalla coscienza.
Senza che questo significhi assolutamente ignorare l'importanza dell'introduzione della natura, del
vivente, nella filosofia (linea minore), ma come natura naturans. Non verso la carne, o almeno non
verso la carne merleau-pontyana, che strettamente correlata con il trascendentale husserliano, e lo
si vede nel Bacon di Deleuze, che primariamente un Bacon figurale.
La filosofia del futuro sar una filosofia dell'atto del vivente, della natura, ed per pensare questi
che ho bisogno di modi di pensare come l'immanenza assoluta, ovvero modi di pensare qualcosa
che mentre si fa fatto, che mentre unificato unifica. Si tratta di una logica per l'atto del vivente. E
questo quello che fa anche con Guattari. E questo lo rende uno straordinario filosofo, a modo suo,
classico.
Ronchi (risposta a una domanda)
Almeno dalla Logica del senso uno dei pi importanti interlocutori di Deleuze (e Guattari) Lacan:
senza Lacan mai si sarebbe potuto pensare un godimento senza legge.
Come pensare l'originalit del trauma? Pensare il trauma in s significa pensarlo indipendentemente
da qualcosa che colpisce e qualcosa che colpito. Pensare il trauma fondamento fuori dalla serie
empirica degli eventi l'enjeu tra Deleuze e Lacan. E l'unica strada per pensare il colpo in s
la psicanalisi, che nella non-temporalit dell'inconscio individuato da Freud pone il trauma fuori

dalla catena temporale. E la Logica del senso prova proprio a immaginare questa extraterritorialit del senso, che insiste sempre nella catena e al tempo stesso non n un elemento della
catena, ma nemmeno la somma degli elementi della catena. l'inconscio inteso affermativamente,
l'inconscio cui stata tolta la negazione.

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