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Colleoni Alessandro - CL.

1^B

LA CULTURA GRECA E LE ORIGINI DEL PENSIERO EUROPEO


Capitoli 1-3
(Bruno Snell)

1.

Luomo nella concezione di Omero

La comprensione filologica della concezione omerica delluomo deve partire da unanalisi


approfondita del testo omerico, allontanandosi dalle forme e dagli sviluppi culturali successivi. In
questottica diventa chiara la prospettiva prettamente concreta della cultura greca arcaica,
che non ha ancora fatto lo sforzo di astrarre. Affermare che Omero non conoscesse determinati
concetti non deve per sembrare una svalutazione qualitativa, bens uno sforzo di comprensione,
e non si pu sostenere una voluta stilizzazione da parte di Omero stesso in quanto ridicolo
tentativo di sostenere lesistenza di una sorta di spirito umano universale sempre eguale a se
stesso, concetto che non permette certo di comprendere la cultura arcaica.
Il primo ambito preso in considerazione quello dei verbi di vedere: Omero non ne conosce
alcuno di generico, ne conosce invece una grande quantit che hanno significati specifici:
drkesthai indica uno sguardo particolare, etimologicamente il lampeggiare dello sguardo,
come viene percepito dallesterno (non si rappresenta lazione in s o alla funzione del vedere,
ma a come essa vista). Paptainein significa invece guardarsi intorno cercando qualcosa con
sgurado circospetto o con apprensione: anche qui ci si riferisce a come appare chi guarda, non
al vedere. Lessein significa guardare qualcosa di lucente (leuks) quindi guardare lontano,
un modo di guardare fiero, gioioso, libero, sentimenti che prova chi guarda: questo verbo trae
il significato dalleffetto sul soggetto ma non dallazione in s. Lo stesso vale per ssesthai: avere
qualcosa di minaccioso dinanzi agli occhi, quindi presentire; ma anche per altri verbi come
thesthai, vedere spalancando la bocca, evidentemente avendo provato un sentimento di
stupore. invece evidentemente pi recente theorin, essere spettatore (cfr. thatron), che
concentra evidentemente il senso sullazione.
Il secondo invece il concetto di corpo e anima presente in Omero: soma significa per esso
cadavere proprio come sma. Il poeta si riferisce invece molto pi spesso alle singole parti del
corpo, non avendo evidentemente compiuto il processo di astrazione che porta al concetto
unitario di corpo. Si parler allora di gia o mlea ove le prime sono le membra mosse da
articolazioni (gli arti) mentre le seconde quelle che ricevono forza dai muscoli. Vi poi il
drma, la pelle, una sorta di involucro, di limite del corpo, che contiene le membra. Il corpo
quindi una pluralit, non ununit, come dimostra anche liconografia arcaica greca (ad
esempio vascolare), che rappresenta il corpo appunto come uninsieme di parti nettamente
separate, molto lontana dalla ricerca di armonia e unitariet dellarte greca classica. Qui si
coglie veramente il movimento: il corpo costituito solo da parti mobili, mlea ki gia. Per

indicare una persona o se ne dice il nome o lo si descrive, fisicamente o per la sua funzione
sociale, ma non lo si chiama mai persona. E fisicamente si indica ci che colpisce locchio
ovvero appunto le membra.
Lo stesso discorso va fatto per quanto riguarda lidea di anima, che si pu considerare tripartita:
la psuch lorgano della vita (il soffio vitale che tiene in vita, che anima il corpo e lo
abbandona, uscendo dalla bocca o da una ferita, nel momento della morte o dello svenimento
e che in gioco quando egli lotta, senza di essa rimane solo un idolon), il nos delle
rappresentazioni o immagini (esso per indica sia lorgano che la sua funzione di
conoscenza, con un passaggio simile alla metafora che il primo passo verso lastrazione,
rimanendo comunque legato alla realt concreta) e lo thums dei moti spirituali o pi
propriamente del movimento (che non proprio del morto, e quindi anchesso se ne va alla
morte, abbandonando le membra). Lo thums per gli animali lunica anima presente, quindi
quella che se ne va alla loro morte. Si tratta effettivamente di organi nel senso che sono
considerati parti del corpo alla pari delle altre (anche se determinate non in maniera concreta
ma in base alla loro funzione), non esiste gerarchia anima-corpo in quanto non esiste una
divisione fra i due: la prima loro divisione si deve ad Eraclito, che tra laltro costruisce il nostro
concetto di anima, che sta nel baths, illimitata, ma anche unica e koinn (sia nel senso che
penetra in ogni cosa sia di accogliere in s ogni cosa), concetto incomprensibile per Omero,
che non avrebbe mai potuto dire che due uomini hanno lo stesso spirito o la stessa anima come
non pu dire che due uomini hanno in comune un occhio o una mano. Lanima poi mortale
secondo la concezione di Omero, in quanto abbandona luomo proprio come ogni altro organo:
la concezione dellimmortalit dellanima sar successiva, consacrata solo da Platone.
Lanima infine per Eraclito si sviluppa, accresce, ma ci impensabile per Omero, in cui ogni
evoluzione deve venire dallesterno, magari da una divinit: una persona non raccoglie le
forze. bens la divinit a concedergliele. Allo stesso modo Omero non pu concepire una
razionalit e una decisionali individuale: nessuno pensa o decide della sua vita, la divinit a
mutare le sorti di una battaglia cos come della vita di ogni uomo. Di conseguenza nos e thums
non sono altro che semplici organi: da essi non potr mai nascere una scelta, una decisione:
lanima diventer primo mobile solo con Aristotele e per lungo tempo le azioni dello spirito e
dellanima saranno effetti di forze agenti dallesterno. Va per definita la natura di queste
forze. Il termine dynamis si svilupper solo successivamente come concetto generale di forza,
mentre nella lingua omerica troviamo specificazioni tipicamente concrete di forza: mnos la
forza che si sente nelle membra quando si sente limpulso di darsi ad unazione, alk la forza
difensiva di tener lontano il nemico, stenos il pieno vigore delle forze fisiche ecc. Queste
forze, nonostante il loro forte legame con la concretezza, si potrebbe dire che abbiano una loro
componente magico-religiosa: come nei popoli antichi allimperatore-dio si attribuivano poteri e
forze soprannaturali, cos anche nella grecia arcaica si svilupparono le componenti
dellirrazionale e del magico, che per al tempo di Omero erano gi cessate. Esse erano state
sostituite dal culto degli dei e le poche dizioni presenti nei testi che vi fanno riferimento non sono
che retaggi entrati in uso ma che ormai sono stati sostituiti da una religiosit ufficiale e che forse
rimangono addirittura solo per esigenze metriche o stilistiche. Ed erano state sostituite dalla
concezione di nos e thums non pi come legami delluomo con la magia, bens come semplici
organi.

2.

La fede negli dei olimpi

La religiosit greca, ed in particolare quella che inizia con i poemi omerici, molto diversa da
quella che noi concepiamo pensando alle grandi religioni monoteiste, soprattutto perch non
incentrata sul senso della paura, ma su quello dellammirazione. Se la paura caratterizzava la
prima religiosit greca, legata strettamente alla magia, a incantesimi per ottenere favori, da
essa la religione olimpica sembra essersi definitivamente allontanata gi in Omero.
I greci non metteranno i discussione lesistenza degli dei in quanto per loro era un fatto
naturale: non serviva un dogma di fede che lo dicesse perch era gi ovvio a tutti, era
evidente, gli dei esistono come esistono il riso e il pianto, come vive intorno a noi la natura.
Leffetto tradisce ovunque la causa vivente: chi potrebbe negare ad esempio lesistenza di
Afrodite? Essa agisce in modo visibile presso tutti gli altri popoli nello stesso modo che presso i
Greci e persino tra gli animali Cos ovvio e naturale che gli dei delle altre civilt non erano
affatto rifiutati, ma considerati corrispettivi di quelli greci: gli dei degli Egiziani sono diversi da
quelli dei greci, ma si possono pur sempre <<tradurre>> in lingua greca e in concetti greci,
come una qualunque altra parola, che ha lo stesso significato ma viene espressa diversamente.
La negazione degli dei in Grecia nascer solo in un contesto particolare (il tramonto della cultura
della plis) e da parte di personalit particolari (i filosofi prima), che saranno perseguite per
asbeia, empiet, poich rifiutavano di compiere i loro doveri verso gli dei. Quando si dice che
Socrate colpevole di non credere negli dei, in realt si sta traducendo scorrettamente
nomizein, che invece significa ritenere degni e quindi venerare, non conta il crederci: la religione
greca, come anche quella romana, una religione di stampo puramente ufficiale. A Roma ai
Cristiani non fu mai chiesto di rinnegare la loro fede, bens soltanto di partecipare alle
cerimonie prescritte di culto. Il rifiuto dei cristiani per deriva dal fatto che per essi la religione
cosa di fede e di sentimento. Ci si interroga ancora infatti se la vera religiosit in Grecia fosse
quella ufficiale o fosse costituita da quei culti, di origine lontanamente orientale, come quello di
Dioniso o di Demetra e Kore, che permettevano un rapporto diretto con la divinit, un intimo
legame con il proprio dio.
Un altro aspetto importante la mancata onnipotenza degli dei: essi non potranno mai far s che
lordine naturale sia invertito, poich anche gli stessi dei sono sottoposti allordine del cosmo,
a Tuche. Inoltre gli dei greci non possono creare dal nulla (non esiste perci presso i greci una
storia della creazione); essi non possono che inventare o trasformare. Si potrebbe quasi dire che il
soprannaturale si attui in Omero secondo un ordine prestabilito. E se gli dei non hanno la
possibilit di stravolgere lordine delle cose, luomo per Omero addirittura assolutamente
impotente, poich la sua azione non ha un principio, in quanto a introdurre una svolta, una
decisione o un cambiamento sempre una divinit che interviene, ma non ha neppure un fine
poich proprio la divinit che spinge verso il suo fine lazione umana, sempre nei limiti che gli
sono posti. La superiorit degli dei sarebbe solo quella di essere dispensati dalla morte e dalla
sofferenza, ma nella realt in Omero hanno molto pi potere proprio per lindecisione umana, e
per questa ragione giungono a poter conoscere preventivamente e in parte decidere (ovvero
nei limiti di quanto gi imposto dalla sorte) la conclusione di qualunque vicenda. Sono i rheia

zontes, coloro che vivono con facilit grazie allimmortalit, al nettare ed allambrosia, ma essi
non possono non conoscere le passioni, le liti, gli scontri, altrimenti (nellideale greco) sarebbero
morti, non viventi. Essi sono molto pi simili alluomo di quanto non lo siano gli dei, anche
antropomorfi, di molte altre religioni. Comunque essi alla fine, secondo lordine stabilito,
torneranno a Dike e si riconcilieranno di fronte a Zeus, che ne garante, dopo aver sconfitto le
forze precedenti: la titanomachia e la gigantomachia sono la dimostrazione di forza degli dei
Olimpi e quindi della nuova grecit basata su ordine, diritto e bellezza sulla barbarie primitiva, su
cui probabilmente si basava anche la primitiva religione greca. Rimangono per tracce
dellantica religione nelle divinit ctonie, nel culto della Madre Terra (Gea e Demetra), ma anche
negli epiteti, che spesso ricordano lantico aspetto animale delle divinit
Gli di per Omero non sono nemmeno artifici stilistici (si pu dire che la religiosit greca sia
stata fondata e forgiata da Omero e dai poeti arcaici, modelli sia poetici che culturali per tutta
la cultura greca successiva) perch essi non arrivano a introdurre cambiamenti altrimenti
insensati, semplicemente si sostituiscono allindividualit delleroe, che non decide mai, ma si fa
consigliare da una qualche divinit e da essa spinto alla decisione. In Omero non esiste la
coscienza della spontaneit dello spirito umano, cio la coscienza che le determinazioni della
volont e in genere i moti dellanimo e dei sentimenti abbiano origine nelluomo stesso. Quello
che vale per le vicende dellepopea vale anche per il sentimento, il pensiero e la volont:
ciascuno di essi ha origine presso gli dei. Ci che pi tardi verr inteso come <<vita interiore>>
si presenta in origine si presentava come intervento della divinit, luomo non ha ancora
acquistato la consapevolezza della propria libert. Lintervento del divino serve a coprire il
gap dellincomprensibilit del proprio io interiore.
Il rapporto tra uomo e divinit per non di timore o reverenza, bens di parit, di rispetto
reciproco: le scelte delle divinit sono sempre portate come consigli, e se nellIliade sono gli dei
motori di ogni scelta gi nellOdissea questo ruolo stemperato. Certo che da stolti non
seguire un consiglio divino, e i pi devoti e cari agli dei sono i pi forti, il senzadio Tersite,
Achille invece addirittura figlio di una divinit. Il rapporto rimane per di parit, seppur
accompagnata da parte delluomo dalla sorpresa e dallammirazione. La preghiera stessa un
gesto di ammirazione del dio, ammirazione nel senso pienamente greco di thaumazein: non
timore dellignoto e del potente, ma allopposto interesse per ci che non si conosce. Ricordiamo
che un motto cristiano dice nil admirari, nellottica di un freddo ascetismo. Aristotele coglie nel
segno quanto sostiene che da questo spirito nasce la filosofia (e la scienza), perch i greci
consideravano il mondo bello, pieno di seduzione ed esso prometteva loro di svelare il suo
significato e la sua armonia. Questo modo di vedere il mondo spiega anche il mancato timore
della morte: la vita si esaurisce qui sulla terra, qui davanti a noi la bellezza, non altrove, ed
tutta da scoprire e le miserie si compensano con il pensiero della bella vita che si pu ammirare
in quella degli dei, che non hanno sofferenze e preoccupazioni, ed il fatto di meravigliarsi di essi
eleva al di sopra delle cose terrene e delle nostre debolezze. Chi per rompe il rapporto con dio,
pecca di hybris, certo non avr vita facile. comunque ovvio che luomo del V secolo non si
sentir pi vincolato dalla divinit, ma anzi i sentir protagonista della sua vita e responsabile
delle sue scelte e capisce lastrazione e lesistenza di concetti, che non sono pi come in origine
divinit personificate.
Se la filosofia e il nuovo modo di pensare della Grecia classica dunque ha progressivamente
eliminato gli dei dal pensiero greco, essi sono ampiamente sopravvissuti nellarte, che ha
continuato a rappresentarci gli dei greci, ma non in maniera terribile bens serena, libera e
purificata, a differenza delliconografia che rispecchia il pensiero ad esempio cristiano.

3.

Il mondo degli dei in Esiodo

Tutto pieno di dei, questo detto greco trova pieno compimento nellopera di Esiodo, che
elenca circa trecento divinit, senza alcuna pretesa di completezza. Non si deve per pensare
ad un arida e fredda opera letteraria o ad un puro elenco di nomi, perch questi nomi sono
legati tra loro, ed ognuno ha un senso nellopera complessiva. Inoltre lopera di questo poeta ci
fa rivivere un po di quella religiosit che aveva caratterizzato lui stesso, pur tenendo come base
la comune religiosit dellepoca.
Il primo elemento sono le Muse, figlie di Zeus e Mnemosine: fuor di metafora la poesia, derivando
dalla somma divinit, ha una particolare dignit e importanza e la sua funzione principale
quella di conservare loggetto della rappresentazione nella memoria. Le singole muse
rappresentano poi, come dimostrano appunto i loro nomi, aspetti singoli del canto poetico, ma
fra tutte la migliore Calliope, infatti la cosa pi importante il bel canto, ma bello secondo
la concezione della kalokagathia comprende necessariamente anche un contenuto elevato e
dolce. interessante per che qui per la prima volta le Muse compaiano come vere e proprie
divinit attive e distinte, non pi un semplice gruppo cui ci si rivolge: forse il poeta ha inventato
almeno parte di questi nomi e le ha classificate, 9 ben definite. La sua fede alimentata infatti
soprattutto dalla ragione, che lo porta a sistematizzatore il sistema delle divinit allora venerate
nella Teogonia.
Oltre alle Muse poi Esiodo classifica anche le Nereidi, divinit marine certamente gi note, delle
quali forse alcune preesistenti altre inventate, citate in Omero, anche se parte una sicura
interpolazione tratta da Esiodo, il quale include anche molte altre divinit nel novero di esse.
Queste sono creature benevoli ed amiche, favorevoli alla buona navigazione. Idea che non ha
nulla a che vedere con il concetto di mare e commercio che dimostra Esiodo nei consigli a Perse
degli Erga, dove questa attivit quasi demonizzata, in opposizione al lavoro dei campi. Il
commercio non male di per s, diventa negativo e pericoloso quanto entrano in gioco lavidit
umana e la sua insensatezza, che porta luomo a non vedere il pericolo. La differenza che qui si
tratta di esporre quasi tassonomicamente le divinit, non di giudicare, quindi anche le Nereidi
sono comprese, anche qui ci sono divinit sembra voler dire: anche lelemento profano
partecipa del divino. Esiodo vuole descrivere ci che esiste, ci che vivo e importante nel
mondo. Alla base c lidea originaria delluomo di vedere il divino in tutto linspiegabile. Esiodo
gi un passo oltre Omero: per lui non conta il mito, gli dei sono sistematizzati e in un certo senso
astratti dal contesto delle situazioni particolari, si va progressivamente verso lidea, nel senso
platonico del termine. Non possibile distinguere il nome astratto dalla divinit collegata.
Nella tassonomia di Esiodo per vi una sorta di ordine gerarchico, alla cui cima vi Zeus,
custode vero e proprio dellordine divino delle cose, custode di Dike. Nella mentalit
strettamente razionalistica di Esiodo, Zeus il principio, larch delluniverso, quello che
cercheranno poi i filosofi, ma anche il dio unico che le filosofie successive e alcune religioni
conoscono. In Esiodo ritornano alcuni miti primitivi e brutali come quelli della storia precedente a
Zeus (relativi soprattutto a Crono e Urano) che servono a mostrare come Zeus abbia imposto
lordine e il diritto-giustizia (Dike) rompendo una tradizione di Hybris e istituendo la vittoria sulla

barbarie, orgoglio della Grecia.


Ma da Zeus non pu discendere anche il male. Questo problema risolto da Esiodo che divide
nettamente due rami fin dagli albori delluniverso (creando una concezione dualistica che si
riveler fortemente radicata nella tradizione greca posteriore): i discendenti di Nyx da un lato e
dallaltro tutti gli altri dei. I primi non sono spariti sebbene rappresentino la negativit del mondo
(Invidia, Inganno.), infatti a differenza di Omero, Esiodo non nega il male, lo ammette nel
mondo di tutti i giorni, ma in contemporanea ammette anche la sovranit di Zeus che garantisce
il trionfare del bene, pur nella permanenza in ogni epoca del male. Esiodo infatti crede
nellordine inviolabile e necessario grazie al quale il giusto riceve infine la sua ricompensa e
lingiusto la sua pena, e tutto ci avviene per opera di Zeus padre degli uomini e degli dei.
La sua gerarchia tra gli dei ben evidente nel secondo elenco: quello delle divinit cantate
dalle muse. Se il primo ad essere citato resta Zeus, a lui segue Era, poi gli dei propriamente
classici, ovvero Atena, Apollo e Artemide, i fratelli Giapeto e Crono, i fenomeni naturali
Aurora, Sole, Luna, Terra, Oceano, Notte, poi Temi (dea della giustizia), Afrodite ed Ebe (bellezza
e giovinezza sono meno importanti della giustizia) e insine la sacra stirpe degli altri dei. Esiodo
cos si pone in realt il problema di indagare la vera aret, e la trova in Zeus, garante della
giustizia. Il tutto inserito in un nuovo concetto di divinit, costantemente attiva e intraprendente,
continuamente operante nella vita di tutti, soprattutto di coloro che lhanno presa a riferimento.
Gli uomini sono lesatto opposto: invece del trionfo di Dike si ha il trionfo di Hybris nellultima stirpe
umana, a partire dagli uomini perfetti dellet delloro, per una ragione pressoch ignota, tanto
che il male pare essere quasi insito nella natura umana. Luomo quindi non deve e non pu
scoprire quale sia lordine voluto da Zeus, ma deve comportarsi da uomo giusto e pio, sar Zeus a
far s che questo entri nellordine delle cose; il diritto applicabile in Terra per non qualcosa di
astratto e da scoprire, bens qualcosa di semplice e concreto, perch Zeus ha dato Dike agli
uomini per distinguerli dagli altri animali che si divorano a vicenda. Il perch dei suoi
insegnamenti o di questo concetto di giustizia poi non affatto discusso da Esiodo, cos. Come
nelle stirpi divine alla fine con Zeus esso ha vinto, cos deve essere tra gli uomini, seppure essi,
essendo dellultima stirpe, tenderanno allHybris. Nasce cos un modello di come il mondo
dovrebbe essere, opposto alla nostra realt dove rimangono le figlie di Nyx: nasce cos il
binomio apparenza-essenza, idea-realt.

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