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Aristotele

L’apogeo della filosofia antica, filosofo più importante della tradizione antica, per certi aspetti
supererebbe anche Platone, visto come colui che mette un ordine definitivo. Per un millennio
Aristotele incarnò la filosofia, i pensatori medievali vedevano in lui l’incarnazione della verità.

Per Dante, Aristotele è “il maestro di coloro che sanno”

BIOGRAFIA
Nasce a Stagira, il padre è un medico (infatti Aristotele avrà una particolare attenzione per
le scienze naturali), entra nell’accademia di Platone a 17 anni e la lascia a 37 anni con la
morte del maestro. Aristotele è il cigno di Platone (riferimento Diogene di Laerzio)

“sono amico di Platone, sono amante di Platone, ma sono più amico della verità” Nel
Parmenide sembra esserci quasi un dibattito tra Aristotele e Platone

342 a.C Aristotele viene chiamato da Filippo II di Macedonia, per formare il figlio
Alessandro Magno. Si ritiene che la consapevolezza di Alessandro sulla superiorità della
cultura greca le rifare da collante al suo impero

Torna ad Atene e fonda la sua scuola: il Liceo (allievi peripatetici, περιπατείν=camminare


passeggiare> faceva lezione mentre camminavano)

Cambia il clima non c’è più la democrazia. Morto Alessandro Aristotele fugge ad Atene
perché vogliono uccidere tutti gli amici di Alessandro.

OPERE
Due tipologie di testi
- essoteriche: destinate al pubblico di Aristotele, avevano un finalità di pubblicazione.
Riprendeva il dialogo platonico, queste erano le opere più conosciute. Es: Protrettico (sulla
filosofia), ci sono altri dialoghi che ricordano Platone: simposio, sofista. Ma sono anche i
dialoghi che sono andati perduti.

- esoteriche (appunti delle sue lezioni, o appunti personali sui vari temi che tratterà, a uso
interno della scuola). Es: Scritti di logica (quando possiamo dire un ragionamento vero, un
concetto). Abbiamo la metafisica e molte opere scientifiche degli scritti etico-politici. Trattato
di etica più importante della

Andronico da Rodi viene a conoscenza di testi aristotelici che non fossero quelli essoterici e
li ordina, sarà lui a chiamarli Metafisica.

Scienze si distinguono perché hanno oggetti diversi e metodi diversi


- Le scienze teoretiche: hanno come oggetto ciò che è necessario, come metodo
quello dimostrativo, come scopo la conoscenza disinteressata. Filosofia, fisica,
matematica
- Le scienze pratiche: hanno come oggetto ciò che è possibile, come metodo un
ragionamento non dimostrativo, come scopo l’orientamento nell’azione. Etica e
politica
- Le scienze poietiche: hanno come oggetto ciò che è possibile, come metodo un
ragionamento non dimostrativo, come scopo la produzione di oggetti e opere d’arte

-Aristotele ha un filosofare organizzato, è colui che cerca di mettere ordine.

PER ARISTOTELE LA FILOSOFIA NASCE DALLA MERAVIGLIA

LA METAFISICA (προτε φιλοσοφια)


Nella sua opera Aristotele dà ben quattro definizioni di metafisica:

1) La metafisica studia le cause e i principi primi


2) La metafisica studia l’essere in quanto essere
3) La metafisica studia la sostanza
4) La metafisica studia Dio e la sostanza immobile

Dire che la metafisica studia l’ESSERE IN QUANTO ESSERE, equivale a dire che essa non
ha per oggetto una realtà particolare, bensì la realtà in generale, cioè l’aspetto
fondamentale e comune di tutta la realtà. (infatti il dominio dell’essere è diviso fra le
singole scienze es. la matematica ha per oggetto l’essere come movimento).

Solo la metafisica considera l’essere in quanto tale studiando le caratteristiche


universali che strutturano l’essere come tale e quindi tutto l’essere e ogni essere.

Il punto di vista della metafisica ci consente di raggruppare vari individui, ad esempio un


sasso, un uomo, un albero nella generalissima categoria dell’essere e di considerarli per
l’unica caratteristica che essi, tutti, hanno in comune: l’essere appunto.

I significati dell’essere e la sostanza


L’essere e i suoi molti significati: la metafisica è dunque lo studio dell’essere.

Ma che cos’è l’essere? Considerando anche le riflessioni della filosofia precedente,


Aristotele giunge alla conclusione che l’essere può venire inteso in modi diversi:

- univoco: quando in tutte le sue occorrenze è inteso sempre nello stesso senso
ovvero come “esistere”. È questo l’errore della filosofia di Parmenide, secondo il
quale dell’essere si poteva dire soltanto che è, mentre ogni altra affermazione o
negazione doveva essere ritenuta contraddittoria. Tale posizione per Aristotele è
assurda.

- equivoco: l’essere va inteso ogni volta in senso diverso a seconda del contesto.
Ma in questo modo si approderebbe all’impossibilità stessa di comunicare.

- polivoco: Resta un’ultima possibilità, e cioè che l’essere, nelle sue varie occorrenze,
vada inteso in parte nel medesimo senso e in parte in senso diverso: esso non
sarebbe dunque né univoco, né equivoco, bensì polivoco, poiché come afferma
Aristotele “l’essere si dice in molti modi”. Si giustifica in tal modo il fatto che noi vi
attribuiamo significati particolari diversi, ai quali però riconosciamo un comune
significato di fondo

gli studiosi medievali parleranno di significati analoghi (polivocità e analogia dell’essere)


Es. “il latte è un alimento sano” (rapporto causale)
“Tizio è sano” (rapporto di proprietà )
“il colorito di Tizio è sano” (per rendere manifesta una proprietà)

IN RIFERIMENTO ALL’UNIVOCO: Il Parmenide di Platone


Nel Parmenide molte delle obiezioni sulla teoria delle idee sembrano essere quelle
dell’allievo (Aristotele)

Si incontrano un giovane Socrate, Zenone e Parmenide, e iniziano a discutere sulle aporie


della dottrina delle idee. In particolare tratta la partecipazione delle cose alle idee, secondo
questo dialogo, l’idea della partecipazione è vuota e non fa altro che disintegrare la teoria.

- L’aporia dell’uno e dei molti. Se l’idea si frammenta per partecipare alle cose? Non
perde così la sua unità? Es l’idea della bellezza si frantuma nelle cose, cadendo in
contraddizione

- Moltiplicitá delle idee e non essere: Se l’idea c’è ogni volta che dobbiamo abbiamo
un’unificazione tra molteplici, tra i molteplici uomini e l’idea di molteplicità degli
uomini si crea un terzo uomo, e così via arrivando ad un proliferare infinito di idee.
Se le idee sono molteplici allora sono e non sono. Es: dualismo: se due idee sono
legate da un dualismo però non sono l’altra. Le idee sono in comunicazione le une
con le altre.

Il sofista di Platone
Testo in cui si parla della distinzione tra filosofo e sofista. Avviene il parmenicidio perché la
tesi di parmenide é: l’essere é e non può essere, e dunque l’essere é uno (perché
introducendo la moltiplicita introduco il nulla che non è e non può essere). Platone invece ha
pensato le idee come molteplici, e quindi per Parmenide Platone ha introdotto il non
essere. Platone nel sofista cerca di superare il problema del nulla.

Platone arriva alla teoria dei generi sommi: i caratteri supremi generali delle idee, questo
dialogo parla dei caratteri generali delle cose

E sono
- essere (ogni idea è)
- identità (ogni idea ha un identità con se stessa, es: l’idea del bene ha una sua
identità)
- diversità (ogni idea è diversa dalle altre, segna il parmenicidio: appartiene alle idee il
genere della differenza, ogni idea è differente dalle altre, e dunque non è le altre >
qui è dove c’è l’errore di parmenide)
- quiete (ogni idea può essere concepita contemplata in quieta, in se stessa)
- movimento (ogni idea può entrare in movimento con le agree, e dunque può essere
concepita con il movimento, in rapporto con le altre idee)

Dalle categorie alla sostanza (in riferimento all’essere polivoco)


Negando che l’essere abbia un’unica forma e un’unica accezione, Aristotele gli attribuisce
una molteplicità di aspetti. L’essere può significare diverse cose a seconda di come è
inteso, in senso assoluto: esistere, in senso relativo:
- l’essere come accidente
- l’essere come categorie (o “essere per sé)
- l’essere come vero
- l’essere come atto e potenza

CATEGORIE: Per categorie Aristotele intende le caratteristiche fondamentali e strutturali


dell’essere, cioè quelle determinazioni generalissime che ogni essere ha e non può far a
meno di avere. Esse sono:
- La sostanza: es. Socrate è un uomo
- La qualità: Socrate è bello
- La quantità: Socrate è alto
- La relazione: Socrate è figlio di Fenarete L’agire: Socrate sta facendo qualcosa
- Il subire: Socrate sta subendo qualcosa
- Il dove (luogo): Socrate è in un certo luogo
- Il quando (tempo): Socrate è in un certo tempo Avere: Socrate è con le scarpe
- Giacere: Socrate è seduto

Se dal punto di vista ontologico le categorie sono i generi supremi dell’essere, ossia i
modi fondamentali in cui la realtà si presenta, dal punto di vista logico sono i vari modi
con cui l’essere si predica delle cose.

Di queste categorie la più importante è quella della SOSTANZA, poiché in qualche modo
tutte le altre la presuppongono. La sostanza è il polo unificante o il centro di
riferimento delle categorie (e come vedremo, anche dell’accidente, del vero e del falso, e
della potenza e dell’atto)

Considerazioni: se l’essere si identifica con le categorie e le categorie si poggiano tutte sulla


sostanza, la domanda “che cos’è l’essere?” diventerà “che cos’è la sostanza?”

Dal principio di non contraddizione alla sostanza


Aristotele afferma che la metafisica deve auto-costituirsi in analogia con le altre
scienze.
Ora, le varie scienze procedono per astrazione, cioè spogliando le cose di tutti i caratteri
che sono diversi da quelli che esse prendono in considerazione.
Ad esempio il matematico spoglia le cose di tutte le qualità sensibili (peso, leggerezza ecc.)
per ridurle alla quantità, cioè al numero e alle forme geometriche. A questo scopo, il
matematico stabilisce certi principi generali o assiomi, che concernono la specifica natura
dell’oggetto della loro indagine.
Allo stesso modo deve procedere la filosofia: deve ridurre tutti i molteplici significati della
parola essere a un significato unico e fondamentale.
Per far questo, la filosofia ha bisogno di un principio, o assioma fondamentale: questo è il
principio di non-contraddizione, che Aristotele esprime in due modi:

- «È impossibile che la stessa cosa insieme inerisca e non inerisca alla medesima
cosa e secondo il medesimo rispetto» (Metafisica, IV,3)
- «È impossibile che la stessa cosa sia e insieme non sia» (Metafisica, IV,4)

La prima formula esprime l’impossibilità logica di affermare e allo stesso tempo negare
un medesimo predicato intorno a un medesimo soggetto.
(Es Non si può contemporaneamente affermare: “l’uomo è un animale ragionevole” e
“l’uomo non è un animale ragionevole”.)
Se una di queste due affermazioni è necessariamente vera, l’altra è necessariamente falsa.

La seconda formula esprime l’impossibilità ontologica che un determinato essere sia e


insieme non sia quello che è.
(Es. se l’uomo è un animale ragionevole, a ogni uomo bisogna riconoscere la natura di
animale ragionevole; e se si nega che sia tale, si nega anche che sia uomo.)

Dal punto di vista ontologico, il principio di non-contraddizione significa dunque che ogni
essere ha una natura determinata, che è impossibile negare e che in tal senso è
necessaria, non potendo essere diversa da com’è. Aristotele chiama appunto sostanza “la
natura necessaria di un essere qualsiasi”.
Essa è pertanto l’equivalente ontologico del principio logico di non-contraddizione.

La dimostrazione del principio di non contraddizione


Vista l’importanza che il principio di non-contraddizione riveste nel pensiero aristotelico,
analizziamo la “dimostrazione” offerta dal filosofo.
La natura assiomatica del principio: Per Aristotele non tutto può essere dimostrato: le
dimostrazioni, infatti, devono avere un fondamento ultimo che non necessiti a sua volta di
una dimostrazione, altrimenti si sarebbe coinvolti in un regresso all’infinito. E tale è anche,
secondo Aristotele, il principio di non-contraddizione, da lui stesso definito come principio
più saldo di tutti.

Ma, in quanto assioma, o postulato, il principio di non-contraddizione va creduto con una


sorta di atto di fede razionale nella sua evidenza, oppure esiste un modo, magari indiretto,
per farne risaltare l’imprescindibilità, difendendolo così dagli argomenti di quanti lo negano?
Il filosofo offre una dimostrazione confutatoria, che non dimostra direttamente il principio,
ma che nega che il principio di non-contraddizione possa essere negato. E se esso non può
essere negato, va da sé che è necessario affermarlo.

Il procedimento di Aristotele si articola in alcuni passaggi ben precisi.


1) Un ipotetico negatore del principio dovrebbe qualificarsi per l’appunto come il suo
“negatore”, attribuendo un significato preciso a tale termine. Ma nel momento in cui
si definisse in questo modo, escludendo che “negare” possa significare altro, nei fatti
starebbe rispettando il principio di non-contraddizione, che impone di intendere le
parole in maniera non-contraddittoria, cioè come dotate di un significato preciso e
mai ambiguo.
2) Se poi il negatore decidesse di praticare “in concreto” la contraddizione, allora
dovrebbe contraddirsi. Ma per contraddirsi, in quanto negatore del principio,
dovrebbe dire allo stesso tempo che ne è anche il sostenitore: in tal modo, però,
cesserebbe di esserne davvero e solo il negatore.
3) Infine, se il negatore, non potendo negare a parole il principio, decidesse di non
parlare più, sarebbe il suo comportamento a tradirlo. Osserva infatti Aristotele che
il negatore coerente del principio di non contraddizione dovrebbe, per andare a
Egina, buttarsi in un pozzo. Solo così, infatti, mostrerebbe di contraddirsi realmente.
Ma se, per andare a Egina, egli andasse a Egina, ancora una volta agirebbe in modo
non-contraddittorio.

In definitiva: poiché è evidente che solo un pazzo potrebbe riuscire a negare


coerentemente il principio di non contraddizione, quest’ultimo risulta in questo modo
“dimostrato” come fondamento imprescindibile di ogni discorso e, più in generale dell’intera
razionalità (anche pratica).

Che cos’è la sostanza


Abbiamo visto come, qualunque via si imbocchi (l’analisi dei molti significati dell’essere,
ovvero delle categorie, oppure dei risvolti ontologici del principio di non-contraddizione), alla
fine si è costretti a riconoscere che la sostanza è l’essere dell’essere, cioè il suo significato
fondamentale. In tal modo il problema dell’essere diventa il problema della sostanza nel
quale si determina il compito della metafisica.

«Ciò che da tempo, e ancora ora, e sempre, abbiamo cercato, ciò che sempre sarà un
problema per noi: che cos’è l’essere? Significa questo: che cos’è la sostanza?»
(Metafisica, VII, 1)

Analizziamo dunque la natura della sostanza.


Per sostanza Aristotele intende in primo luogo l’individuo concreto che funge da soggetto
reale di proprietà e da soggetto logico dei predicati.
Sostanza è ad esempio “questo” uomo, al quale io riferisco una serie di proprietà o qualità
(bruno, biondo, alto ecc.) e che assumo come soggetto grammaticale e logico dei predicati
che lo caratterizzano. Per sottolineare meglio la concretezza individuale della sostanza,
Aristotele la chiama anche, caratteristicamente, τοδε τί, ossia questo qui.
Il soggetto sostanziale, il “questo qui”, è un ente autonomo, cioè qualcosa che ha vita
propria. (quest’uomo, quest’albero, questo animale)

Ognuna di queste sostanze forma un sinolo, cioè un’unione indissolubile, di due


elementi: la forma e la materia

Forma: per forma Aristotele non intende l’aspetto esterno di una cosa, ma la sua natura
propria, ossia la struttura che la rende quella che è. Ad esempio, negli esseri viventi la
forma è la specie a cui essi appartengono (come l’umanità per gli uomini).
- Materia: per materia Aristotele intende invece ciò di cui una cosa è fatta, ossia il
quid, o materiale ricettivo, che la compone e che funge da sostrato del suo
divenire (ad esempio il bronzo di cui è fatta la sfera)

- Se la forma è l’elemento attivo e determinante del sinolo, che struttura la materia,


la materia è l’elemento passivo, la sua natura propria, la struttura profonda che la
rende quella che è

Di conseguenza, si può dire che la forma sia ciò che costituisce la sostanzialità della
sostanza, ovvero ciò che fa sì che un individuo sia quello che è. (la sua essenza).
La sostanza è al tempo stesso l’essere dell’essenza (la cosa esistente, o sinolo) e
l’essenza dell’essere (la natura della cosa o forma).

Ricapitolando: alla domanda “che cos’è la sostanza?” Aristotele risponde dicendo che essa
è
● il τοδε τί (questo qui) cioè il sinolo concreto di materia e forma (individuo)
● sia la forma, o natura, che fa sì che il sinolo sia quello che è.
● Talora Aristotele chiama sostanza, ma in senso debole e improprio anche la materia
che costituisce il sostrato di cui sono fatte le cose.

In senso forte e proprio, tuttavia, sostanza è solo il sinolo e la forma.

LA SOSTANZA E GLI ACCIDENTI


La sostanza è il τοδε τι “questo qui”. Aristotele ci invita ad un'attenzione alla concretezza
(che secondo lui mancava in Platone). La sostanza non è l’idea di natura, ma l’albero.
La sostanza è sinolo (συν όλον= composto, unione) di materia e forma. Per Aristotele la
forma non è separata dalle cose ma nella cosa (in re= formula medievale). La materia è la
nostra materia sostanza, e la forma l’essenza. L’accidente è una qualità che una cosa
può avere o no, non per questo cessa di essere quello che è. È vero che la sostanza è τοδε
τί ma è in senso profondo la forma.

Le quattro cause
La teoria della sostanza è strettamente connessa alla dottrina delle quattro cause.

Aristotele afferma che la conoscenza e la scienza nascono dalla meraviglia di fronte


all’essere e consistono nel rendersi conto della causa delle cose.

Nello stesso tempo egli nota che, se chiedere la causa significa chiedere il perché di una
cosa, questo perché può essere diverso, per cui vi saranno varie specie di cause.

Le quattro definizioni di metafisica: ontologia, usiologia, teologia, aitiologia (cause e principi


primi), sono tutte collegate tra di loro.

Quattro tipi di cause, trovate da predecessori e collegati da lui:


- cause materiale (causa materiale di una persona: corpo, causa materiale del
dipinto: tela e colori )

- causa formale (il modo in cui agiamo è determinato dalla nostra essenza, dalla
nostra forma. Determina la forma. causa formale di un dipinto: essenza del dipinto)

- causa efficiente (principio del movimento di qualcosa, causa che da iniziò ad un


mutamento/movimento/cambiamento. es: causa efficiente del dipinto è l’artista)

- causa finale (lo scopo, il fine di un movimento, es: il frutto è la causa finale del fiore.
Causa finale di un dipinto: il motivo per cui l’artista l’ha dipinto)

Nei processi naturali la causa formale, quella efficiente e quella finale sono una cosa sola.
Ad esempio la pianta è insieme, forma causa efficiente e il fine della trasformazione del
seme,

Nei processi artificiali le quattro cause possono essere distinte fra loro. Es: statua (causa
formale), artista (causa efficiente), compenso e gloria (causa finale).

Quando Aristotele parla di ciò, sta dicendo che la causa dell’essere è la sostanza, quando
voglio comprendere la causa di qualcosa devo comprendere la sostanza.

TIMEO (dialogo cosmologico)


Tratta del rapporto tra είδος e materia (Aristotele accusa Platone di aver utilizzato solo
miti). Platone per spiegarci il cosmo usa un mito: il demiurgo, una figura divina che guarda
le forme e si trova a che fare con la κόρα (materia indeterminata ), il demiurgo guardando
le idee cerca di plasmare la materia secondo le idee creando il cosmo. Si potrebbe
paragonare al Dio monoteista, il dio platonico però non crea dal nulla, ma dalla κόρα e
είδος. Il dio cristiano è il più alto perché crea dal nulla. Il demiurgo guardando i rapporti
reali struttura matematicamente il cosmo, per questo motivo la matematica è il linguaggio
della natura. Il demiurgo è un artista, un “plasmatore .

TEOLOGIA ARISTOTELICA
esistono due tipi di sostanze, la sostanza sensibile e la sostanza
intelligibile/sovrasensibile.
DIMOSTRAZIONE DELL’ESISTENZA DEL DIVINO: si parte dal movimento, dato di fatto
che le cose si muovono: tutto ciò che si muove viene mosso da altro, risaliamo nella serie
delle cause. Non possiamo ipotizzare che questo meccanismo da causa in causa abbia
una causa prima, quindi la causa prima dovrebbe essere immobile. Se ciò che si muove è
mosso da altro, la causa prima deve essere immobile: un motore immobile (muove tutte le
cose proprio perché è immobile). Dio per Aristotele è motore immobile. Dio non è esterno
ma primo, è un atto puro, l’unica sostanza che non ha materia e dunque non ha
potenzialità, è una realtà eterna, non può finire.

Rapporto tra motore immobile e universo che si muove: Aristotele utilizza la metafora
dell'amore. Dio avrà la forma di vita di tutte quante: è pensiero. Il pensiero è sempre
pensiero di qualcosa, dio non può che pensare ciò che è perfetto, la forma più alta, se
stesso. Questo dio aristotelico non si occupa del mondo,il dio aristotelico muovo il mondo e
le cose in quanto causa finale, dio muove il mondo così come l’amato muovo l’amante. Il
mondo, le sostanze sensibili sono tutte in cammino verso dio, in cammino verso la
forma, che non si realizzerà mai. Il dio aristotelico è amato

IL MOVIMENTO
Il movimento di Aristotele è cambiamento e può essere:
- movimento locale : spostamento da un posto all’altro
- movimento qualitativo (cambiare colore di capelli)
- movimento quantitativo (es palazzo che aggiunge un piano)
- movimento sostanziale : radicalità nel movimento, avviene una trasformazione più
evidente dal punto di vista filosofico e concettuale (es da nascita a morte)

il movimento sostanziale
- potenza: potenzialità di diventare altro
- atto: (è più importante l’atto, e viene sempre prima della potenza) è il fine di
qualcosa. attualizzazione della materia stessa, è la realizzazione della potenza.
interrotta dalla kora per quanto riguarda la materia, è interrotto da Dio, la forma pura,
il fine ultimo che impedisce l’infinità. Tutte le forme precedenti a Dio sono imperfette,
Dio non é materia prima è forma.

la potenza sta alla materia come l’atto sta alla forma, il divenire è dunque un
passaggio dalla potenza all’atto.

Conclusione con riferimenti a Timeo e metafora dell’amore:


Tutte le cose hanno la motivazione nel movimento perché aspirano a Dio che non
potranno diventare o raggiungere poiché è appunto un motore immobile. È un Dio che
viene amato ma che non ama, che muove senza essere mosso. Movimento e amore
sono imperfezioni e dunque non appartengono a Dio. La prova dell’esigenza di Dio è il
movimento, prova a posteriori, parte dall’esistenza per provare l’esistenza di Dio.

LA LOGICA
la logica è lo strumento di tutte le scienze, utilizzato per comprendere e teorizzare tutte le
scienze, gli scritti logici sono gli strumenti che chiunque deve conoscere se deve dire
qualcosa di sensato e logistico. Nella logica si studia il pensiero, la logica è la scienza
della scienza. Esistono secondo Aristotele diverse analisi che possono essere portate
avanti dal punto di vista logico. La logica è la modalità di ragionamento, LO STRUMENTO,
di cui ogni scienza si avvale. Per disegnare la propria dottrina del ragionamento, Aristotele
usa il termine analitico (alludendo all’analisi del ragionamento nei suoi elementi
costitutivi). Stretto legame tra linguaggio e realtà

L’Organon aristotelico, tratta oggetti che vanno dal semplice al complesso e si articola in:
- logica del concetto: risoluzione di qualcosa nei suoi elementi semplici > Categorie
- logica della proposizione:(l’albero è verde) > Sull’Interpretazione
- logica del sillogismo: la logica del ragionamento (combinazione delle
proposizione)> analitici primi

LOGICA DEL CONCETTO (Categorie)


Secondo Aristotele gli oggetti del discorso sono i concetti, i quali possono essere disposti
lungo scale gerarchiche che vanno dall’universale al particolare. L’ordinamento gerarchico
dei concetti coincide con la loro classificazione mediamente un rapporto di genere e specie.
Ogni concetto è la specie di un concetto più universale, e nello stesso stampo è il
genere di un concetto meno universale.

Rispetto al genere, la specie è un concetto che include un maggior numero di


caratteristiche, ma che può venir riferito a un minor numero di individui e viceversa. Si può
dire che la comprensione (cioè l’insieme delle qualità o caratteristiche che contribuiscono a
definire un concetto) e l’estensione (il numero degli individui classificabili mediante il
concetto), sono in un rapporto inversamente proporzionale, si arricchisce una si
impoverisce l’altra.

Le scale dei concetti, percorse dall’alto verso il basso, offrono un progressivo aumento di
compressione è una diminuzione di estensione, fino a raggiungere la specie infima, che
presenta la massima comprensione possibile e la minima estensione possibile, tali
sono gli individui. Percorrendola invece dal basso verso l’alto, abbiamo i generi sommi :
massimo grado di estensione minimo grado di comprensione

Tra i concetti di comprensione e estensione c’è un rapporto inversamente


proporzionale. Più il concetto è universale meno caratteristiche ha (estensione), più è
specifico meno universalità ha (comprensione). Dal particolare all’universale le categorie
sono il gruppo massimo.

genere sommo/ categoria> genere > specie > sotto-specie> specie infima

LOGICA DELLE PROPOSIZIONI:


L’esperienza deve essere supportata dall’induzione. Alla base della scienza abbiamo un
ragionamento intuitivo. Genere prossimo e differenza specifica (approfondisci libro)

Un enunciato dichiarativo è detto anche proposizione, le proposizioni verbali costituiscono


l’espressione verbale dei giudizi.

proposizioni apofantiche:
QUANTITÁ: universali/particolari
QUALITÁ: affermative/ negative (es: tutti gli uomini sono intelligenti, proposizione
universale affermativa, nessun uomo è intelligente: proposizione universale negativa, alcuni
uomini sono intelligenti: proposizione particolare affermativa, alcuni uomini non sono
intelligenti: proposizione particolare negativa)

a seconda della loro QUANTITÀ, possono essere divise in:


- proposizioni universali: quando il soggetto è universale
- proposizioni particolari: quando il soggetto si riferisce soltanto ad una “parte” di
una certa classe)
- proposizioni singolari (il soggetto è un ente singolo)

- A e E= contrarie (le due universali: non possono essere entrambe vere, ma possono
essere entrambe false)
- I e O : sub-contrarie (entrambe possono essere vere, ma non entrambe false)
- I e E, A e O contraddittorie (presentano la contraddizione più forte)
- A e I, E e O sub-alterne (dalla verità dell’ universale posso dedurre la verità del
particolare, dalla falsità dell’ universale non posso dedurre la falsità dell’ universale)

La verità è solo nel giudizio, ma il criterio della verità è nella realtà, io posso dire
correttamente utilizzando i concetti (Cristina è un albero), ma nella realtà è falsa. I
sillogismi possono essere coerenti dal punto di vista logico ma sono falsi, o possono
essere coerenti dal punto di vista logico e sono veri.
Se le premesse sono vere la conclusione è vera se le premesse sono false la conclusione
è falsa. Come essere certi di avere delle premesse vere:
VERITÀ E FALSITÀ STANNO NELLA REALTÀ: I giudizi sulla verità e sulla falsità lo
facciamo noi come essere umani, la realtà di fatto è neutra, non è un problema della realtà
falsità e verità. Il criterio della verità si trova nella realtà, ma il problema della verità
appartiene al pensiero.

IL SILLOGISMO ARISTOTELICO
Per ragionare bisogna unire le varie proposizioni, il sillogismo aristotelico prevede:
1) una premessa maggiore (ha l’estensione maggiore e compare come predicato nella
prima premessa)
2) una premessa minore (estensione minore e compare come soggetto nella
seconda premessa)
3) una conclusione (estensione media e si trova in entrambe, nella prima come
soggetto nella seconda come predicato)

Per legare le proposizioni maggiore bisogna trovare un elemento in comune: il termine


medio

Premessa maggiore Ogni animale (termine medio) è mortale (t. mag)

Premessa minore Ogni uomo (termine minore) è animale (t. medio)

Conclusione Ogni uomo (t. min). è mortale (t. mag)


Le figure e i modi del sillogismo
In base alla posizione occupata dal termine medio Aristotele distingue varie figure del
sillogismo, ossia varie forme, o schemi tipici, che esso può assumere.

- Prima figura, sub-prae: il termine medio è soggetto della premessa maggiore e


predicato della minore. (Ogni animale è mortale MP Ogni uomo è animale SM Ogni
uomo è mortale SP)

- Seconda figura, prae-prae: il termine medio è predicato di entrambe le


premesse. (Nessuna pietra è animale PM Ogni uomo è animale SM Nessun uomo è
pietra SP)

- Terza figura, sub-sub: il termine medio è soggetto in entrambe le premesse


(Ogni uomo è ragionevole MP Ogni uomo è animale MS Qualche animale è
ragionevole SP)

A queste figure che sono quelle fondamentali distinte da Aristotele, se ne può aggiungere
una quarta, analizzata e classificata dai logici successivi: il termine medio è predicato
della maggiore e soggetto della minore. Prae-sub.

MODI DEL SILLOGISMO


Poiché le premesse che formano il sillogismo possono essere affermative o negative,
universali o particolari si avranno varie combinazioni possibili dette modi.

Il numero delle combinazioni per ogni figura tenuto conto il numero delle proposizione
(3) e del numero delle forme che ciascuna proposizione può assumere (4), dopo di che
eseguo la potenza (sarà quattro alla terza vale a dire 64).

Poiché le figure sono 3 + 1 (4), il numero totale dei modi sarà 64 per 4= 256.

Ma Aristotele ritiene che non ogni modo combinatoriamente possibile sia anche valido, cioè
concludente: i sillogismi validi sono soltanto 14:

- Prima figura= 4 validi


- Seconda figura= 4 validi
- Terza figura= 6 validi.
- (considerando la quarta figura i modi validi salgono a 19)

A ciascuno dei modi validi del sillogismo i medievali attribuirono un nome:


- Prima figura: Barbara, Celarent, Darii, Ferio;
- Seconda figura: Cesare, Camestres, Festino, Baroco;
- Terza figura: Darapti, Felapton, Disamis, Datisi, Bocardo, Feriso; Quarta figura:
Baralipton, Celantes, Dabitis, Fapesmo; Frisesomorum;

Questi nomi non sono arbitrari:


Vocali di ciascun termine (A= universale affermativa, E= universale negativa, I= particolare
affermativa, O= particolare negativa) alludono alla quantità e alla qualità delle premesse.
Più precisamente: le prime due vocali si riferiscono rispettivamente alla premessa maggiore
e alla premessa minore, mentre la terza alla conclusione.

Es. Barbara: indica un sillogismo di prima figura costituito da due premesse universali
affermative e da una conclusione anch’essa universale affermativa.
Secondo Aristotele il sillogismo perfetto è quello della prima figura.

Deduzione ed induzione
DEDUZIONE: parte dalla definizione generale per arrivare a quella particolare. Con la
deduzione si rischia il regresso all’infinito

INDUZIONE: inferenza usata per lo più nella fisica, ma anche nella nostra quotidianità,
ragionamento dal particolare all’universale. Inferenza feconda ma incerta. Non posso
verificare tutti i casi concreti, ad un certo punto devo utilizzare un'interferenza deduttiva. Se
la premessa è vera non è detto che la conclusione sia vera.
Infondo l’essere umano non è razionale nel senso della deduzione ma usa l’induzione che
ricorda .

I POSTULATI: sono talmente tanto generali che valgono per ogni cosa

L’ETICA E FELICITÀ (bene, saggezza, felicità, amicizia)


Testo più importante etica nicomachea. Quando Aristotele parla di etica ha come punto di
riferimento Platone. Raffaello mette in mano ad Aristotele l’etica nicomachea (mano che
punta in basso, Platone fa errore di separare il bene dalle cose). Etica nicomachea ha una
storia degli effetti che arriva al 900.

Nell’etica abbiamo a che fare con l’ente possibile, Platone parlava di επιστημη (scienza
dell’etica)siamo nella potenzialità, la domanda che ci si pone: esiste un bene sommo?
Si, la felicità. L’uomo quando agisce ha come fine la felicità, l’ευδαιμονία (termine
italiano più simile= autenticità> αυτός : se stessi), è la vita realizzata. Il fine dell’etica è la
realizzazione della vita., in modo virtuoso. La virtù= modo ottimale di essere qualcosa,
se stessa in modo imminente. La felicità dell’uomo consiste nel condurre una vita secondo
ragione.

LE VIRTÙ
Nel de anima Aristotele distingue l’uomo in tre parti:
- vegetativa (bisogni animali)
- sensitiva (passioni)
- la parte razionale
L’uomo non è solo ragione όρexis: desiderio. L’etica è una ragione deiderante, un desiderio
ragionante. Il saggio non deve essere sapiente: è colui che ha una conoscenza pratica, c’è
anche il desiderio.
Due tipi di virtù: virtù etiche e dianoetiche. Virtù che sorgono e riguardano il controllo
che la ragione ha delle passioni, controllo non equivale alla negazione, ma si tratta di
controllo rapporto a misura equivale a limitazioni, l’etica non può essere solo passione
perché ci ucciderebbero.

Virtù etiche: Si parla di scelta del giusto mezzo (esempio coraggio virtù etica, perché è una
passione etica misurata, vilità, temerarietà sono eccessi, serve una misura. la temperanza ci
permetta di avere una condotta misurata, che non ci lascia all’apatia o la distruzione ). Etica
indicazione della giusta via, gli eccessi distruggono. La scelta etica si svolge nella
scelta del giusto mezzo (similitudini con Kant.)

Virtù dianoetiche:
1) arte. Solo un uomo che pensa può essere artistico e tecnico.
2) saggezza. La saggezza è proprio quella virtù che attiene all’esercizio del pensiero
che deve applicare il pensiero alle situazioni della vita. Il saggio non ha una
conoscenza somma, ma una conoscenza di vita, colui che ha a che fare sia con la
universale che con il particolare
3) intelligenza (virtù propriamente scientifiche, conoscere le premesse i principi e gle
intuizioni)
4) scienza (il sillogismo, capacità di dimostrazione a partire da determinate premesse)
5) sapienza. (Unione intelligenza e scienza> ideale contemplativo di Aristotele)

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