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ARISTOTELE

Il tempo storico di Aristotele è un tempo di crisi della polis,seconda metà


del IV secolo,di fronte alla pressione della potenza macedone. Il cittadino
Greco perde la passione per la politica ,che aveva costituito la molla del
platonismo. Da ciò consegue l’emergere di altri interessi,conoscitivi ed
etici ,che costituiranno una delle caratteristiche dell’età ellenistica.

Le opere

Gli scritti essoterici sono destinati al pubblico ,scritti in forma dialogica


,in modalità vicina alla lingua parlata perchè appare una forma aperta e
non chiusa .In questi scritti Aristotele utilizza il mito e ornamenti vivaci e
la sua scrittura appare eloquente e vivace. Nei suoi dialoghi non solo
riprende la forma letteraria del maestro Platone,ma alle volte anche gli
argomenti e i titoli delle opere come il Convito,il Politico,il Sofista……
Da questi scritti appare chiaro che Aristotele dapprima ha aderito al
pensiero platonico per poi distaccarsene….
Infatti se inizialmente si rivolge ai problemi filosofici,in un secondo
momento si rivolgerà a problemi scientifici particolari.

Gli scritti acroamatici o esoterici(di logica,di metafisica,di etica ,fisica)


sono destinati all’insegnamento, ai peripatetici (discepoli).Qui è utilizzata
una scrittura severa e scarna .
Da questi scritti il pensiero di Aristotele appare sistematico e compiuto,
come se il suo pensiero non abbia mai subito mutamenti,ripensamenti.

Il DISTACCO DA PLATONE E L’ENCICLOPEDIA DEL SAPERE

Platone aveva una concezione verticale gerarchica e piramidale del


sapere,distingueva realtà vere da quelle apparenti ,ovvero realtà superiori
da quelle inferiori laddove la filosofia aveva come oggetto di studio la
perfezione ,l’idea del bene,il sapere più alto ,le altre scienze erano tutte
inferiori. Platone crede nella finalità politica della conoscenza e vede il
filosofo come un reggitore e legislatore della città.
Aristotele ha una concezione orizzontale e unitaria della struttura del
sapere .Tutte le scienze hanno pari dignità ontologica, la stessa
importanza, ognuno ha un esclusivo settore di competenza,studiano una
parte dell’essere, la matematica studia l’essere come quantità ,non ci sono
scienze superiori o scienze inferiori .La filosofia è scienza prima perché
studia l’oggetto comune a tutte le scienze ,cioè l’essere nella sua totalità
.La filosofia è la regina di tutte le scienze. Aristotele fissa lo scopo della
filosofia nella conoscenza disinteressata del reale e vede il filosofo come
uno scienziato professore. Se in Platone prevale il momento politico
educativo ,in Aristotele prevale quello conoscitivo e scientifico

La struttura del pensiero e della realtà

Aristotele distingue tre gruppi di scienze


le scienze teoretiche che hanno per oggetto il necessario sono finalizzate a
conoscere la realtà in maniera disinteressata per il puro amore di conoscere
e sono metafisica, fisica e matematica; le scienze pratiche che hanno per
oggetto il possibile ,hanno lo scopo di guidare le azioni sia del singolo
essere umano (etica), sia degli esseri umani associati fra di loro (politica);
le scienze produttive o poietiche hanno per oggetto il possibile sono
dirette alla conoscenza tecnica di come produrre qualcosa (oggetti artistici
ecc.). A queste si deve aggiungere la logica, che non ha un oggetto
specifico, ma studia i procedimenti generali del ragionamento, mediante i
quali si conosce qualcosa, ed è perciò uno strumento per tutte le altre
scienze.   

La Metafisica di Aristotele

 I 14 libri che indichiamo con il nome di Metafisica non furono scritti


da Aristotele con l’idea di comporre un’opera unitaria, né erano
indicati da lui con il titolo attuale: secondo un aneddoto tradizionale,
Metafisica deriverebbe dal fatto che l’editore Andronìco di Rodi li
sistemò ‘metà tà physicà’, che in greco significa ‘dopo i libri sulla
Fisica’. La posterità ha preferito indicare con il nome metafisica ciò
che Aristotele chiamava Filosofia prima.

Nella sua opera Aristotele ci da quattro definizioni di metafisica o filosofia


prima:

1) è la scienza che studia le cause e i principi primi.


2) È la scienza che studia la sostanza .
3) È la scienza che studia Dio e la sostanza immobile.
4) È la scienza che studia l’essere in quanto essere.

Di queste quattro definizioni si sofferma maggiormente sull’ultima che


indica che l’oggetto di studio della metafisica è l’essere nella sua
totalità ,mentre le altre scienze studiano solo una parte dell’essere per
esempio, la fisica studia l’essere (cioè le realtà) in movimento, la
matematica studia l’essere come quantità; cioè studiano una dimensione
specifica dell’essere. Dunque la metafisica studia l’essere ;e allora cos è
l’essere per Aristotele?
L’essere non ha un'unica forma (essere unico degli eleati),ma si dice in
molti modi ;Aristotele parla di essere *come categoria e sono 10
categorie (caratteristiche fondamentali dell’essere 1) sostanza un
individuo è uomo2)qualità è bello 3) quantità è alto 4) relazione è
vicino a me 5) agire, patire sta facendo qualcosa 6) dove è in questo
luogo 7) quando è in questo tempo….. avere e giacere. *Essere come
accidente (ciò che è casuale e fortuito),*essere come atto e potenza(ciò
che è effettivamente e ciò che ha la capacità di essere) *essere come
vero.

L’essere come sostanza


Aristotele dice che “l’essere si dice in molti modi”, ma la categoria a cui
si possono ricondurre tutti i significati è quella di sostanza. Si dice
sostanza ciascuna delle cose che si possa indicare come “questo qui”, tode
ti ,puntando l’indice contro qualcosa di concreto e individuale. Per
esempio, è sostanza questo singolo uomo (Socrate, Mario ecc.), questa
pietra, questa statua e così via. Per Aristotele ogni sostanza individuale,
nel mondo sensibile, è composta di forma e materia: la statua è fatta di
bronzo o marmo (=materia) ma ha anche una determinata struttura
(=forma); lo stesso marmo può essere impiegato per raffigurare una dea
oppure un pugile, e anche se restasse un blocco inutilizzato avrebbe
comunque una certa forma. Lo stesso vale per gli esseri viventi, che sono
fatti di carne e ossa (=materia) ma sono organizzati in maniera tale che
possano svolgere certe funzioni, come vedere, camminare, ricordare e così
via (=forma). 
Materia e forma possono essere pensate come distinte ma nella realtà
sono sempre inscindibili: Aristotele dice che ogni sostanza è un sinolo,
cioè un tutt’uno indivisibile di materia e forma.
Tutto ciò che esiste ma non è sostanza, è tuttavia comprensibile solo in
relazione alla sostanza: in particolare, quelli che Aristotele chiama
‘accidenti’ – ossia gli attributi come bianco, grande; e i predicati come
essere padre di, correre, stare seduto e così via – non possono esistere se
non sono riferiti ad una sostanza specifica.   

La critica ai Presocratici e alle idee di Platone


Insistendo sulla sostanza come sinolo di materia e forma, egli si oppone a
due particolari correnti di pensiero:   

 aggiungendo la forma alla materia, si oppone alle teorie dei


Presocratici, che avevano cercato di spiegare l’intera realtà
riferendosi ad uno o più elementi materiali da cui derivano tutti gli
altri (secondo alcuni l’acqua, secondo altri l’aria, il fuoco o ancora i
semi, gli atomi ecc.). Aristotele ritiene che la materia sia una
condizione necessaria delle cose che esistono (=senza la materia
non esisterebbero), ma non sia anche una condizione sufficiente: da
sola, non basta a far sì che esistano, perché la materia è sempre
organizzata secondo una certa forma;
 insistendo sulla sostanza individuale, cioè sui singoli enti che si
possono indicare come “questo qui”, Aristotele si oppone a Platone,
che invece credeva che ogni realtà individuale fosse una copia
imperfetta di un modello universale e privo di materia. Platone
chiamava questo modello “idea” o anche “forma”, lo riteneva eterno
e non soggetto ad alcun tipo di cambiamento, e lo collocava in un
mondo diverso da quello sensibile. La forma di cui parla Aristotele è
invece immanente alle cose sensibili, cioè interna ad esse e
inseparabile da esse.

Curiosità

Aristotele incarna un modo di fare filosofia molto diverso rispetto a quello di Platone, che pure era
stato suo maestro. Queste divergenze non dipendono da una forma di avversione per il maestro, che
invece stimava, bensì dall’amore per la verità, anche quando questa vada contro le conclusioni del
maestro stesso. I medievali sintetizzarono questo atteggiamento nella formula: “Platone è un mio
amico, ma mi è ancora più amica di lui la verità” (amicus Plato sed magis amica veritas).

Le quattro cause
Per Aristotele,la teoria della sostanza è strettamente connessa alla
dottrina delle quattro cause. si può dire di conoscere una qualsiasi cosa
quando conosciamo le sue cause, cioè quando sappiamo perché quella
cosa esiste e perché esiste così come è. La risposta a questo ‘perché’ può
essere formulata in quattro modi diversi: i primi due descrivono la
composizione della cosa stessa, che come dicevamo consiste in materia e
forma; gli altri due riguardano invece l’origine e lo scopo della cosa
considerata.    Si distinguono così causa materiale, formale, efficiente e
finale. Per esempio, in un oggetto artificiale come una statua: causa
materiale è il marmo; causa formale è la struttura che viene data al marmo,
che coincide anche con la maniera in cui definiamo l’oggetto finito (per
esempio ‘la statua di Atena’), ovvero, in termini aristotelici, l’essenza e la
definizione; causa efficiente è la mano e lo scalpello dell’artista che
imprime la forma alla materia; causa finale è lo scopo per cui l’artista
scolpisce la statua, per esempio quello di onorare la dea. Anche nelle
indagini sugli esseri viventi si possono applicare le stesse cause: per
esempio, causa materiale di un certo uomo sono la sua carne e le sue ossa;
causa formale la maniera in cui sono organizzate in maniera da realizzare
la sua essenza di ‘animale razionale’, che per Aristotele è anche la
definizione dell’uomo; causa efficiente il padre e la madre da cui è stato
generato; causa finale è la realizzazione della sua essenza, che, come
dicevamo, coincide con la piena maturazione fisica (=animale) e con il
pieno utilizzo della facoltà della ragione (=razionale).    

Non conosciamo il vero se non conosciamo la causa.

LA DOTTRINA DEL DIVENIRE


Aristotele deve risolvere un altro problema posto dai filosofi precedenti:
quello del divenire. Ogni oggetto sensibile si modifica con il tempo,
diventando diverso da com’era nel momento precedente: il bambino cresce
e invecchia, un fiore germoglia e appassisce, ecc. Parmenide era giunto
all’assurdità di negare il divenire, perché esso comporta il passaggio
dall’essere al non-essere, e viceversa: quello che adesso è (=essere) un
bambino, fra 60 anni non sarà (=non essere) più un bambino, ma un
anziano. Dunque il bambino sparisce nel nulla e l’anziano nasce dal nulla?
Per Parmenide questo era assurdo. Platone aveva individuato nell’idea (o
forma) l’elemento stabile che rimane identico durante i cambiamenti, ma
la sua teoria è rifiutata da Aristotele per le ragioni che abbiamo già
visto.  La soluzione di Aristotele risiede nella coppia di nozioni potenza-
atto: ciò che ora è un bambino in atto, è un anziano in potenza. Più in
generale, la potenza è la possibilità che una certa materia (la carne e le
ossa del bambino) assuma una certa forma (quella di uomo adulto, e poi
anziano). L’atto è la realizzazione di questa possibilità. Il divenire, cioè
ogni forma di cambiamento, non è dunque passaggio dall’essere al non-
essere e viceversa, bensì dall’essere in potenza all’essere in atto.  

La sostanza soprasensibile e il motore immobile

Fino ad adesso si è parlato solo degli aspetti comuni a tutte le sostanze


sensibili. Ma abbiamo già detto che nella Metafisica Aristotele parla
anche di quello che è al di là delle sostanze sensibili e che costituisce il
loro principio. Possiamo facilmente constatare che nel nostro mondo tutto
è soggetto a movimenti e cambiamenti, e che questi sono determinati da
causa che a loro volta sono soggette a movimenti e cambiamenti. Tuttavia
non si può proseguire in questa catena all’infinito, perché così non si
riuscirebbe a dare una vera spiegazione del movimento, e nemmeno a
garantire che esso continui sempre ad avvenire. Si deve giungere perciò ad
un primo motore immobile, cioè ad un ente che muova qualcos’altro
(=motore), ma non sia a sua volta mosso da qualcosa (=immobile). Il
motore immobile è la sostanza più perfetta, e non è soggetto alle
modificazioni a cui sono soggette le sostanze sensibili: si spiega come
anelito del mondo verso Dio,è come l’oggetto amato che resta immobile e
determina il movimento dell’amante verso di sé per questo è definito ‘atto
puro’, perché non è sottoposto ad alcuna forma di divenire, e dunque in
esso non c’è mai passaggio dalla potenza all’atto. Esso è inoltre descritto
come ‘pensiero di pensiero’: infatti, essendo perfetto, esso dovrà svolgere
infatti l’attività più elevata, che per Aristotele consiste appunto nel
pensiero; dovendo, inoltre, pensare ciò che è più elevato, il motore
immobile non potrà pensare qualcuna delle cose che gli sono inferiori, ma
potrà pensare solo sé stesso. Perciò, poiché il motore immobile è pensiero,
e poiché l’oggetto del suo pensiero è sé stesso (=pensiero), esso si può
descrivere come ‘pensiero di pensiero’.  Se, in effetti, ci fosse un
movimento avente per fine un altro movimento, questo dovrebbe avere, a
sua volta, qualche altro fine; ma, poiché è impossibile andare all'infinito, il
fine di ogni movimento dovrà essere qualcuno dei corpi divini che si
muovono nel cielo.

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