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Nei dialoghi della vecchiaia Platone torna a riflettere su alcuni dilemmi che sono risultati dalla
teoria delle idee:
Nel Parmenide Platone immagina l’incontro fra il giovane Socrate e l’anziano Parmenide seguito
dal suo allievo Zenone. Socrate gli espone, anche un po' ingenuamente, la teoria delle idee,
criticata subito dopo da Parmenide stesso (maestro venerando e terribile). Parmenide (che in
pratica è Platone che si autocritica) trova tutti i difetti della teoria delle idee. La più importante
obiezione fornita da Parmenide riguarda il rapporto tra idee e cose che Aristotele rinominerà
“argomento del terzo uomo”. Se per esempio ci focalizziamo sull’idea di Uomo (prima idea), e la
paragoniamo all’idea che tutti gli uomini si somigliano (seconda idea) noteremo che entrambe si
riferiscono all’uomo ma ciò che le unisce è l’idea di somiglianza (terza idea). In breve, la relazione
tra l’idea di uomo e l’idea che tutti gli uomini si somigliano è a sua volta un’idea. Abbiamo quindi
una terza entità. Questo procedimento però potrebbe essere ripetuto all’infinito: se rapporto
l’idea di somiglianza con le altre due potrebbe nascere una quarta idea a così via. In questo modo
le idee potrebbero moltiplicarsi all’infinito annullando così l’unicità dell’idea, caratteristica
appartenente alle idee secondo i precedenti scritti platonici. Parmenide obbietta che, se un’idea
fosse in relazione con le cose del mondo sensibile che la imitano, allora appunto perderebbe
l’unicità. Ad esempio, se l’idea di uomo fosse presente in due uomini diversi, essa esisterebbe in
due luoghi diversi. Infine, l’obiezione fondamentale alla teoria Platonica è: soltanto l’essere è. Un
mondo intellegibile composto da una molteplicità di idee che funzionano come modelli per le cose
nel mondo sensibile, finirebbe per spezzare l’unicità dell’essere, confondendolo con il non essere e
generando inevitabilmente incongruenze e assurdità.
Il mito di Atlantide
Nel Timeo (e successivamente nel Crizia) secondo Platone la storia dell’umanità inizia ed è
paragonata al mito di Atlantide, la città perfetta, ubicata in vari luoghi del mondo. Attraverso
questo mito Platone ritorna a riflettere sulla politica. Atlantide fu costruita dal dio del mare
Poseidone. Inizialmente essa prosperava felicemente perché era abitata da uomini perfetti e
virtuosi. Con il passare del tempo, però, i cittadini di Atlantide si abbandonarono alla bramosia e
alla cupidigia e la città cadde preda della corruzione fino a quando Poseidone decise di farla
sprofondare in mare. Platone vede nella vicenda di Atlantide una rappresentazione del
decadimento di Atene che dall’età dell’oro si sarebbe corrotta con l’arrivo della democrazia e dei
30 tiranni. Nelle Leggi Platone progetta una colonia ideale in cui realizzare stabilmente la felicità
che chiama Magnesia.
Filippo di Ocunte è uno dei discepoli di Platone che rese noto il dialogo delle leggi dopo la sua
morte.
Le Leggi
Le Leggi hanno 12 libri che riportano la rivisitazione dello stato platonico. Nelle Leggi l’obiettivo
principale di Platone è quello di progettare un modello di Stato realizzabile. Innanzitutto, egli notò
che i veri filosofi sono ben pochi e non riuscirebbero a gestire il potere anche se si dovessero
mettere alla guida della comunità, perciò, il modello di stato presente nella Repubblica non poteva
essere attuato. Platone concepisce un nuovo ruolo per i filosofi: quelli che prima erano i filosofi
reggitori diventano filosofi legislatori che hanno appunto il potere di amministrare e far rispettare
le leggi, guidando indirettamente la comunità. Inoltre nelle Leggi Platone riconosce che la scrittura
è lo strumento principale mediante il quale i filosofi possono contribuire alla felicità dello Stato
quando le circostanze storiche molto spesso non permettono di esercitare direttamente il potere.
Per la prima e unica volta, Socrate non è presente in un dialogo platonico, il protagonista è
chiamato semplicemente l’Ateniese.
A Magnesia, tutti i cittadini condividono gli stessi diritti e doveri, compresi quelli che riguardano
l’educazione e tutti possono partecipare alla vita politica in quanto devono essere tutti
adeguatamente educati, indipendentemente dalla classe. In realtà Platone pensava che i cittadini
avrebbero potuto vivere più felici senza leggi (spesso non vengono rispettate), ma allo stesso
tempo senza le leggi non ci sarebbe ordine e vigerebbe l’anarchia.
Forme di stato fisiologiche:
Monarchia \
Democrazia (peggiore di tutte) – hanno leggi, cosa che nei modelli degenerati non esiste
Aristocrazia /
Religione importante perché facilita la coesione sociale
No matrimoni combinati
Consiglio notturno filosofi legislatori garanti di leggi usi e costumi
Introdotta proprietà privata in maniera discreta e famiglia
Governo misto tra la monarchia e l’aristocrazia filosi legislatori ma a governare sono le leggi
Platone pone alla base di questo modello di stato un fondamento storico fornitogli da due città
rivali e opposte: Sparta e Atene, le più potenti poleis del tempo. Egli cercò di conciliare il primato
del bene pubblico della città (Sparta) e la felicità individuale (Atene).
Egli voleva promuovere un modello di stato in cui se si agisce per lo stato si agisce anche per sé
stessi.
Vero nome di Platone: Aristocle
Alcuni aspetti rimangono inalterati come il comunismo platonico (partecipazione di tutti i cittadini
alla vita pubblica).
Il tempo storico che divide Platone e Aristotele è poco ma la loro concezione è diversa. Aristotele
fu influenzato dal periodo storico in cui è vissuto in quanto, con la Grecia diventata provincia
macedone, cambiano gli interessi del cittadino greco o, per meglio dire, gli interessi del nuovo
suddito macedone. Questo scontro tra culture e voglia di libertà, portano Aristotele ad avere una
mente più aperta rispetto a quella di Platone, acquisisce una visione cosmopolitica, meno carica di
pregiudizi.
Il verbo essere
Secondo un'ipotesi di ricerca sviluppata nella metafisica, il linguaggio tende a rispecchiare la
realtà, per cui interrogarci sulle cose di cui parliamo ci aiuta a stabilire quali cose esistono. In
quest'ottica, il fatto che l'essere sia la più fondamentale delle nozioni filosofiche è rispecchiato dal
ruolo cruciale che il verbo essere svolge il nostro linguaggio, permettendoci di collegare tra loro gli
altri termini. Sebbene il linguaggio si usino anche i verbi diversi da essere tutti gli altri si possono
esprimere come combinazione del verbo essere con un predicato ricavato dal participio presente
del verbo in questione: ad esempio, invece di camminare si può dire essere camminante e così via.
Il termine essere e quindi usato con molte accezioni nel senso che possiamo ricorrere al verbo
essere per attribuire un predicato a un soggetto, oppure per stabilire l'identità fra due soggetti, ho
ancora per affermare l'esistenza di un soggetto. Quest'ultimo uso è quello da cui dipendono anche
altre 2: per attribuire un predicato ho stabilito un'identità, infatti, dobbiamo presupporre qualcosa
esista. L'indagine sull'essere richiede dunque di stabilire quali cose esistono.
“L’essere” di Aristotele ha un significato polivoco, cioè si riferisce ad una molteplicità di significati
che sono affini tra loro.
l’essere inteso come verbo fa da predicato, congiunge il soggetto con una caratteristica peculiare
del soggetto stesso che non può non possedere (Socrate è uomo).
L’Essere come “sostanza prima” si riferisce all’uomo mentre l’essere come primo motore immobile
si riferisce a Dio.
Per Parmenide l’essere ha un unico significato, Aristotele gli da più significati rendendolo un
concetto concreto e non astratto.
Il linguaggio è la chiave che permettere di connettere cose che sono connesse ed evidenziare la
differenza tra cose non connesse. Non si può dire che Socrate non è un uomo perché si
disgiungono cose che sono connesse. Il linguaggio deve essere valido.
Le 10 categorie
Aristotele introduce 10 categorie (predicati primi dell’essere, qualcosa che mette insieme 2 cose
che sono effettivamente congiunte e disgiunge ciò che è effettivamente disgiunto) compilando una
tavola:
1. Sostanza
2. Quantità
3. Qualità
4. L’agire
5. Il subire
6. Il dove
7. Il quando
8. La relazione
9. l’avere
10. Lo stare (il giacere)
Ogni essere ha questi predicati e non può non possederli, per esempio la sostanza uomo avrà
determinate qualità e avrà determinate quantità, in relazione sarà vicino o lontano da me, si
troverà in questo luogo o in un altro luogo, in questo momento o in altro momento, sarà in quiete
o agirà, starà subendo qualcosa o starà facendo qualcos’altro. Quando si parla di sostanza, le altre
categorie sono intrinseche in essa, aspetti che si ritrovano all’interno della sostanza. Aristotele
ritiene che le categorie siano il modo più generale che abbiamo per catalogare tutto ciò di cui si
parla. Si possono individuare anche altre categorie ma esse discenderanno dalle prime dieci, i
predicati primi, e saranno soggettive.
La sostanza ha molteplici significati: si può riferire a Dio se si intende il cosiddetto “primo motore
immobile” ma si può riferire anche all’uomo, definito sostanza prima, per distinguerlo dalle
sostanze seconde.
La sostanza ha un significato tanto ontologico quanto logico riferito alle categorie: ontologico
perché nel momento in cui ci riferiamo alle categorie allora ci stiamo riferendo a quelli che sono i
supremi generi dell’essere, mentre logico perché attraverso le categorie si uniscono due cose che
sono già (rapporto dei predicati).
Dalla sostanza prima, uomo, (=> tode ti= il questo qui) si distinguono anche le sostanze seconde,
tutto ciò che non è uomo. Inoltre, distingue dalla sostanza quelle che sono le sue caratteristiche
accidentali. Gli accidenti sono caratteristiche fortuite che esistono solo in relazione alla sostanza,
non hanno vita propria e sono temporali (Socrate è malato).
Materia e forma
Quando Aristotele si riferisce alla sostanza ne parla anche in termini di “sinolo”: unione
indissolubile di forma e materia.
Sostanza: è l’aspetto fondamentale della nostra realtà ed è qualcosa di tangibile e concreto, non
ideale come le idee platoniche.
La materia è l’elemento passivo (potenza), l’elemento ricettivo, il sostrato che sta sotto e sorregge
la forma che invece è l’elemento attivo (atto), ciò che determina la materia e le fa assumere un
determinato aspetto.
Esiste una materia prima ed una materia seconda che è il prodotto finale (argilla-vaso, se il vaso si
rompe non c’è più forma ma la materia rimane in ogni coccio). La potenza è la possibilità della
materia di assumere un determinata forma, l’atto è la realizzazione di tale potenzialità.
Molto spesso Aristotele al posto di sinolo usa spesso direttamente il termine forma perché
secondo lui la forma ha la priorità in quanto rende la materia ciò che è. Ma cosa viene prima la
materia o la forma? L’atto ha una priorità logica, ontologica e cronologica rispetto alla potenza. È
nato prima l’uovo – materia - o la gallina – forma – ? la risposta è la gallina (forma) perchè ci
dev’essere sempre qualcosa o qualcuno che ha dato origine alla realtà, senza la forma la materia
sarebbe inutile perché non può essere cambiata. La forma determina ciò che la materia sarà.
Secondo Aristotele le Idee erano inutili doppioni che invece di semplificare la realtà non fanno
altro che complicarla. Non scriveva miti
Platone: Filosofare aperto ai dubbi, ritorna costantemente sui suoi passi.
Aristotele: Filosofare chiuso, una conoscenza una volta raggiunta non deve essere più toccata