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Platone, il padre della filosofia occidentale.

Platone può essere sicuramente considerato uno dei padri della filosofia occidentale:
l’influsso delle sue speculazioni filosofiche, infatti, fu fondamentale, insieme alle idee di
Aristotele, persino nel corso del Medioevo, grazie ai due filosofi emblematici per la filosofia
del Medioevo, Sant’Agostino e San Tommaso.

Innanzitutto, visse nella Magna Grecia a cavallo tra il terzo e il secondo secolo a.C.,
lasciandoci, dopo la sua morte, un vastissimo numero di opere, essendo il primo filosofo a
servirsi concretamente della scrittura: 34 dialoghi, 13 epistole e un’opera a sé stante in
difesa del maestro, l’Apologia di Socrate.
A causa della quantità degli scritti, questi sono stati divisi in tre periodi: nel primo gruppo,
gli scritti giovanili o socratici, che presenta una matrice fortemente socratica, affronta temi
in ambito etico, gnoseologico e della dialettica, oltre che una polemica contro i sofisti.
Il secondo periodo, quello degli scritti della maturità, che presentano una via di mezzo tra
l’interpretazione personale e la sempre presente influenza socratica, comprende
investigazioni nel campo della dialettica, già presente negli scritti giovanili, e dell’amore,
oltre che lo sviluppo di un filone utopistico.
Negli scritti della senilità, che compongono l’ultimo dei tre periodi in cui è divisa la
produzione di Platone, comprende un ulteriore sviluppo della Repubblica, in cui è
approfondito il tema dello Stato ideale; si trovano, quindi, speculazioni in campo
ontologico, gnoseologico ed etico.

Caratteristica fondamentale delle opere di Platone è, innanzitutto, la tripartizione del


discorso, secondo le teorie nell’ambito della dialettica di Socrate, in tesi, antitesi e sintesi.

La forma dialogica è accompagnata dall’uso di miti, molto frequente nell’opera platonica,


ossia racconti di fantasia tramite i quali l’autore espone concetti filosofici.

Tra questi il mito ritenuto il più esaustivo nella produzione di Platone è, sicuramente, il mito
della caverna, tramite il quale sancisce il dualismo gnoseologico e ontologico, che implica la
teoria delle idee, la quale prevede un ulteriore dualismo in campo cosmologico: esistono
infatti, secondo Platone, due mondi: il mondo delle idee, o iperuranio, una zona d’Essere
aspaziale e atemporale dove sono contenute le idee, e il mondo sensibile.

Secondo la teoria delle idee, l’iperuranio e il mondo sensibile sono collegati da un rapporto
di mimesi, secondo il quale le cose sensibili imitano archetipi perfetti presenti nel mondo
delle idee; metessi, secondo la quale il mondo sensibile è parte integrante del mondo delle
idee; e la parusia, secondo la quale nelle stesse cose sensibili è presente il principio a esse
corrispondente.
Si distinguono quindi, nel pensiero platonico, due tipi fondamentali di idee: le idee-valori,
che corrispondono a princìpi etici, estetici e politici: e le idee matematiche, ovvero i princìpi
dell’aritmetica e della geometria.
Platone parla, inoltre, di idee di cose naturali e di idee di cose artificiali.

Le idee sono, quindi, conoscibili all’uomo non tramite i sensi, ma tramite una visione
intellettuale e noi, che viviamo in un mondo caratterizzato dal divenire e dall’imperfezione,
siamo in grado di ottenere questa visione, spiega Platone basandosi sulla metempsicosi,
poiché la nostra anima stessa ha vissuto nel mondo delle idee, prima di calarsi nel corpo
mortale. Una volta discesa l’anima conserva un ricordo, seppur offuscato, di ciò che ha
visto: questo spiega l’innatismo, presente nella gnoseologia di Platone, che individua la
genesi della conoscenza in elementi innati, ovvero da idee o concetti connaturati con il
soggetto cosciente.

Altro tema trattato da Platone, soprattutto nei dialoghi Simposio e Fedro, è l’amore, ovvero
la ricerca incessante che ci muove.
Nel Simposio l’autore pone un dialogo tra Fedro, Pausania, Erissimaco, Aristofane, Agatone
e Socrate, in cui i personaggi esprimono la preferenza per diversi tipi di amore.
Il primo a parlare è Fedro, il quale esalta Eros come un dio antichissimo, che nobilita gli
uomini, inducendoli a disprezzare il male.
Il secondo a prendere parola è Pausania, che distingue de tipi di eros: quello di Afrodite
Urania, l’amore celeste, l’eros buono e misurato; e l’Afrodite Pandèmia, l’amore volgare,
passionale.
Per terzo c’è Erissimaco, che paragona l’eros a un farmaco: può curare le anime inquiete
ma, se usato eccessivamente, porta a distruzione.
Aristofane, invece, esordisce con un mito, il mito dell'androgino.
Prima degli uomini c'erano degli altri esseri, i mostri androgini, i quali potevano essere
composti da due uomini, due donne oppure un uomo e una donna.
Dopo aver causato l’ira di Zeus, questo li divise in due; l'amore, in conclusione, non è altro
che la ricerca dell'altra metà, la nostalgia dell'unità perduta.
Il tragediografo Agatone è il quinto a parlare; egli afferma che l'amore è il più giovane e
felice tra gli dei, portatore di virtù a cui lascia partecipare gli uomini.
L'ultimo a parlare tra i commensali è proprio Socrate, secondo il quale l'amore è la ricerca
continua nell'altro di ciò che non si ha e di cui si ha la necessità.
Questo porta a definire Eros un “demone”, piuttosto che un dio, in quanto gli dèi sono
sapienti, mentre Eros, come il filosofo, non ha la sapienza, quindi la ricerca.

La maggior parte delle speculazioni filosofiche di Platone, però, sono riassunti nella sua
massima opera, la Repubblica, divisa in dieci libri.
In tale opera, Platone espone la necessità della giustizia in una qualsiasi società in quanto
elemento fondamentale di questa, contraddicendo i sofisti, i quali erano dell’idea che la
giustizia sia un concetto relativo, che dipenda dallo Stato di appartenenza.
Platone attua una tripartizione alla sua società utopistica, basata sulla tripartizione
dell’anima ipotizzata da lui stesso secondo la quale, nell’anima di ciascun uomo, sono
presenti tre parti distinte: quella concupiscibile, la più bassa, associata alla virtù della
temperanza; la parte irascibile, che corrisponde al petto, associa il coraggio; alla parte
razionale associa la saggezza, corrispondendo, in anatomia, alla testa dell’uomo.
Su questa tripartizione, appunto, è sostenute la tripartizione della società ideale, basata non
sulla casta di nascita, ma sulle virtù personali.
Compongono la classe dei governanti, coloro nella cui anima prevale la componente
razionale, la casta dei guerrieri, coloro in cui prevale l’irascibilità, i produttori, invece, sono
coloro che sono dominati dalla componente concupiscibile.
Secondo Platone, inoltre, per le classi superiori non deve esistere la proprietà privata e
comunanza dei beni poiché, solo non dovendo difendere beni personali si può fare il bene
della comunità.
Questo ragionamento, per Platone, si estende anche all’ambito coniugale, senza essere però
sinonimo di promiscuità: le unioni coniugali sono considerate temporanee e sono volte solo
alla procreazione di figli sani.

Altro nodo tematico affrontato nella Repubblica è la conoscenza, affiancata dall’idea della
conoscenza del riflesso del prototipo ideale.
Platone individua, allora, quattro gradi di conoscenza: due che si distinguono nella
conoscenza sensibile, altri due nella conoscenza razionale.
I primi due sono l’eikasía, che ha per oggetto le immagini delle cose, come nel caso della
raffigurazione pittorica, che per Platone non è un’espressione razionale, come la musica,
poiché manifestazione di dati sensibili; e la pístis, la conoscenza diretta delle cose sensibili.
La conoscenza scientifica, a sua volta, si scinde in due tipi di conoscenza: la diánoia, che ha
per oggetto le idee matematiche; e la nóesis, che ha come oggetto le idee-valori.
Il dualismo gnoseologico ricalca, quindi, il dualismo ontologico, secondo il quale
l’imperfetto, ovvero la doxa, muore, mentre i principi sono imperituri.

Francesca Delli Colli, III BC

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