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PLATONE

Platone era un figlio della guerra del Peloponneso che durò piu di trent’anni e si conclese
con la sconfitta di Atena quando platone ne aveva 24.

Nasce dal padre Arstine e aveva tra antenati il mitico re di atene Codro.
Mentre la madre imparentata con il primo legislatore di Atene e degli esponenti
dell’oligarchia dei Trenta Tiranni.

Il vero nome è Aristocle e tra le varie motivazioni del soprannome abbiamo:


● alcuni sostengono venne dato dal maestro di ginnastica e. significa vasto e ampio
● detiva dalla vastità della fronte
● altri riferimento all’ampiezza del suo stile letterario

Il primo maestro di platone fu l’eraclito Cratilo. Durante la gioviale pensava che la politica
sarebbe stato il suo futo ma per due fattori cambia idea
1. conosce socrate e gli fa sorgere una riflessione generale sulla politica
2. disgusto della politica ateniese: macchiata di ingiustizie e violenze
alla morte del filosofo capisce che Atene non è piu un posto sicuro e si sposta a : Megara,
Egitto e Cirene.

tra le fonti riguardanti P la più importante è quella che scruve riguardo la morte di S in cui
dice che il genere umano si sarebbe liberato dal male solo se i governanti fossero filosofi.

Tra questi a Siracusa cerca di convertire Dionigi il Vecchio e il figlio dionigi il giovane. Non
riuscendoci stringe amicizia con Dione.
Dionigi il vecchio è sospetto e lo consegna a un ambasciatore spartano che lo vende come
schiavo a Egina.

Lungo il tragitto Anniceride lo riconobbe e lo libera

Le opere e la scelta della forma del dialogo


Platone è il primo filosofo di cui ci sono giunte tutte le opere. P iniziò a scrivere a 30 anni. i
suoi scritti formano un corpus (= una raccolta completa e ordinata di opere la cui
costituzione permette di facilitare le analisi linguistiche, storiche e filologiche di un
determinato autore) Che comprende 34 dialoghi, l’apologia di Socrate e 13 lettere. Sotto il
nome di Platone però sono giunti a noi altri dialoghi ritenuti apocrifi ovvero non scritti da
Platone stesso.

Oltre al problema della autenticità delle opere gli studiosi hanno cercato di ricostruire un
ordine cronologico dei dialoghi presumibilmente cominciata dopo la morte di Socrate e
proseguita per vari decenni.

le opere di Platone si distinguono in


- scritti esoterici: da eso -> dentro
- scritti essoterici: da exo-> fuori

Vengono inoltre Catalogati anche in base ai temi:


➔ Dialoghi giovanili
◆ Prevale la tematica etico-politica.
◆ Parla in difesa di Socrate e della sua dottrina in contrasto con i sofisti la loro
visione
➔ apologia, il Gorgia, il Protagora, critone
➔ dialoghi della maturità
◆ Platone supera Socrate ma non in polemica
◆ Elabora il pensiero platonico
◆ Parla e cita la teoria delle idee
◆ Elabora politica
◆ Recupero la filosofia della natura in modo nuovo e con la realtà
soprasensibile (Oltre ciò che percepisci con i sensi)
➔ Melone, simposio, Repubblica, Fedro, Fedone
➔ dialoghi della vecchiaia
◆ Platone rivede e rielabora le idee precedenti
➔ le leggi, sofista, timao, lettere 7 e 8

è nella lettera VII che abbiamo trovato importanti notizie sulla vita di Platone soprattutto
riguardanti gli Anni giovanili e al suo interesse per la vita politica e questo interesse che lo
indusse a insegnare la filosofia ai tiranni di Siracusa ma i risultati deludenti lo convinsero che
la filosofia non poteva essere insegnata a chiunque o in qualunque modo ma richiedeva
tempo impegno nonché la profonda comunità di vita e pensiero.

la Filosofia di Platone si tratta di un sapere aperto in continua evoluzione.


Lui riprende da Socrate la filosofia come dialogo ovvero traverso il confronto con
l’interlocutore

Platone solitamente inventa i miti di cui si serve il inserisce in un discorso razionale. Questi
racconti fantastici svolgono due principali funzioni:
1. Funzione divulgativa: sono in efficace espediente didattico in quanto attirano
l’attenzione dell’interlocutore e lo aiutano a capire meglio un ragionamento.
2. Funzione allusiva in quanto alludono a una dimensione che va oltre la capacità
dell’indagine filosofica
il mito senza alcun rimando filosofico sono solo storielle e dunque hanno una logica e un
compito solo con la filosofia di Platone

Platone riprende da
- ERACLITO: mondo caratterizzato da molteplicità e mutamento
- PARMENIDE: essere eterno e immutabile
- però per Platone:
1. L’essere è eternoo e non molteplice
2. mondo sensibile e sovrasensibile (alcuni ritengono intendesse realtà
trascendente al mondo fisico; altri vedono le idee come criteri della mente che
permettono di pensare il mondo)

DUALISMO GNOSEOLOGICO
riprende teoria della metempsicosi e la adatta alla sua visione.
L’anima, prima di incatenarsi nel corpo e tra una vita e l’altra quando è disincarnata, sia
vissuta nell'iperuranio dove ha potuto contemplare le idee, modelli perfetti.
Quando si reincarna beve prima dal “Fiume della dimenticanza” ma conserva un ricordo
sbiadito delle idee che ha visto. Facendo esperienza l’anima recupera le conoscenze che
aveva dentro di sè.
Per Platone conoscere significa ricordare: teoria dell’anamnesi

Empirismo:
- l’anima è come un foglio bianco sul quale le esperienze imprimono le cose
- prima non c’è niente
- esperienza-> fonte di conoscenza

-> opposto a Platone: INNATISMO (reminescenza/ anamnesi)-> esperienza che stimola il


ricordo delle conoscenze

Nel Menone, Platone porta come esempio Socrate che interroga uno schiavo e dunque
ignorante
-> descrive come Socrate riesca con opportune domande a fargli dimostrare il teorema di
Pitagora (dimostrazione che possediamo innate idee).

Si deduce che l’anima sia immortale: inoltre punto di partenza x spiegare la concezione di
filosofia e come mai gli uomini abbiano destini diversi
-> si avvale del mito di Er che si trova nella “Repubblica”

FILOSOFIA: preparazione al momento (morte) nel quale l’anima si libera dal corpo per
tornare a contemplare le idee (nel “Fedone”)

MITO DI ER
il guerriero Er, morto in battaglia, ottenne dagli dei il dono di tornare tra i vivi per raccontare
loro cosa aspetta alle loro anime. Racconta che l’anima si trova al cospetto delle parche
(dette anche moire- dee del destino) in tutto tre (passato, presente, futuro) e queste la
invitano a scegliere il proprio destino prima della reincarnazione. Vi è dunque una libertà di
scelta (rivoluzionario) secondo virtù e aiuto della filosofia. La libertà di scelta viene
condizionata dalla vita precedente, infatti Er incita a scegliere con giudizio e saggezza.

esempio
anima di Ulisse (famoso x molteplice ingegno) sceglie una vita modesta, che non porta
sofferenze e mali, in base alle esperienze di vita passata

“Il Fedro” contiene il mito della biga (carro a due ruote) alata.
L’anima tende ad avvicinarsi al mondo delle idee (in particolare e soprattutto le idee valori).
Anima composta da varie parti: la natura dell’anima e le difficoltà che trova ad arrivare
all’iperuranio
L’anima è raffigurata come la biga alata mentre i due cavalli:
- bianco; docile, obbediente e verso l’iperuranio
- nero; imbizzarrito, verso mondo sensibie (impulsi e passioni)
Vi è presente un terzo personaggio: l’auriga che rappresenta la ragione e ha il compito di
guidare i cavalli che tirano in due direzioni opposto (iperuranio, mondo sensibile)
-> andamento altalenante dell’anima:
se ha contemplato più a lungo nell’iperuranio si incarnerà in un uomo vicino alla ricerca della
verità (contrario se ha contemplato meno tempo nel mondo delle idee)
-> spiega natura dell’anima a differenza nella vita dell’uomo.
c’è un’idea che aiuta la biga a raggiungere l’iperuranio: bellezza

L’amore platonico è fine a se stesso e non fisico. L’amore è desiderio di bellezza, cioè
armonia, proporzione e misura. Platone affronta l’argomento dell’amore all’interno dei
dialoghi il Simposio e il Fedro.

Il Simposio è un banchetto dove si parla dell’amore, cioè la bellezza con i suoi diversi gradi,
si beve in onore degli dei e si cerca di definire il termine “eros”. Come con Socrate i
partecipanti cercano di arrivare alla definizione attraverso casi particolari e successivamente
lo stesso Socrate si occupa di trovare la definizione unitaria.
Secondo Pausania esistono 2 tipi di amore: l’amore volgare, cioè l’amore rivolto verso i
corpi, e quello celeste, cioè rivolto verso le anime. Aristofane invece spiega l’amore
attraverso un mito: quello degli androgini. Nell’antichità l’umanità era divisa in 3 generi: i
maschi, le femmine e gli androgini, composti da 2 parti maschili e 2 femminili. Questi
androgini erano molto potenti, avevano 2 teste, 4 braccia e gambe inoltre erano molto
superbi tanto che tentarono la scalata all’Olimpo. Gli dei e in particolar modo Zeus decise di
dividerli in 2 condannandoli a cercare la loro metà perduta. Questo sottolinea la mancanza di
qualcosa a cui Socrate si aggancia.

Socrate racconta il mito di Eros, prendendo spunto dal mito classico. Eros, l’amore, sarebbe
figlio di Penia che è la dea della povertà e della mancanza e di Poros, il dio dell’ingegno. Il
mito narra che Poros si trovava al banchetto in occasione della nascita di Afrodite. Poros era
ubriaco di nettare e andò nel giardino di Zeus dove si sdraiò e cadde in un sonno profondo.
Penia arrivò e fece l'elemosina, dopodiché si diresse verso il giardino dove si trovava Poros,
si sdraiò vicino a lui e concepì Eros.

Eros non era un dio, a differenza dei suoi genitori, ma era un demone che faceva da
intermediario tra i mortali e gli dei, inoltre era privo di bellezza, essendo figlio di Penia, però
ereditò dal padre l’astuzia. Eros è l’immagine del filosofo che non possiede sapienza ma la
desidera. La filosofia non è fatta né per gli dei né per gli ignoranti, ma è per coloro che sono
amanti della sapienza.

Eros è l’immagine del filosofo che non possiede sapienza ma la desidera. La filosofia non è
fatta né per gli dei né per gli ignoranti, ma è per coloro che sono amanti della sapienza, la
forma più alta di bellezza.
L’amore è un cammino verso la bellezza, più precisamente del 5o gradino, che procede per
gradi (scala di Eros):
1. bellezza di un bel corpo che attrae
2. bellezza dell’anima
3. bellezza delle leggi e delle istituzioni
4. bellezza delle scienze (del sapere, attività che conducono alla conoscenza)
5. bellezza a sé
La bellezza non è solo un impulso ma un processo razionale verso le idee.

LA REPUBBLICA-> il titolo originale dell’opera di Platone sarebbe “politeia” che in greco


generalmente significa sistema politico, mentre in italiano viene tradotto in Repubblica dal
latino “res publica”, ovvero sistema politico, comunità.

Alla politica, Platone dedicò diversi dialoghi, in particolare l’imponente Repubblica, in 10 libri:
un’opera che rappresenta il vertice della sua maturità intellettuale e che fu probabilmente
scritta in diversi anni.
Il filosofo presenta il progetto per la “coine politike” ideale, uno stato in cui ogni uomo
realizza se stesso. Tale stato è governato da filosofi o dediti allo studio di filosofia (ha in
mente una sofocrazia-> al potere ci sono i sapienti).
Platone parte dal definire il fine per la formazione di uno stato perfetto: la giustizia. Ma cosa
intende per giustizia? La giustizia è la condizione prima per esistenza di ogni stato.
Distingue i cittadini in tre classi, ciascuna della quale possiede una propria virtù:
1. governanti o filosofi-re: corrisponde alla parte razionale dell’anima; tipica è la virtù
della saggezza che li rende adatti a svolgere nel migliore dei modi la loro delicata
funzione;
2. guerrieri o guardiani: corrisponde alla parte irascibile dell’anima; tipica è la virtù del
coraggio che li fa essere sprezzanti del pericolo nel caso in cui lo Stato venga
attaccato;
3. cittadini o produttori: sono dediti a varie attività; a quest’ultima corrisponde una virtù
caratterizzante la temperanza e consiste nella concordia tra governati e governanti
governanti + guerrieri = custodi
tutti= cittadini dello stato
Vi è giustizia nel momento in cui ogni classe svolge solo il proprio compito, ottenendo in
cambio tutto ciò di cui hanno bisogno per una vita felice. Prima della giustizia dello stato ci
deve essere la giustizia dell’anima di ogni uomo.
Platone riprende la tripartizione dell’anima dal mito della biga alata:
1. concupiscibile o petitiva (cavallo nero)
2. irascibile o volitiva (cavallo bianco), che provoca le emozioni forti
3. razionabile (auriga): saggezza
La giustizia dell’anima si presenta quando le 3 parti dell’anima trovano un accordo.

Il cittadino appartiene ad una classe non per diritto di nascita o per fattore ereditario, MA da
natura: parte dominante dell’anima e può essere aurea, ferrea o bronzea, argentea.

MITO DELLE STIRPI


- uomini d’oro (in cui prevale l’anima razionale, coloro che hanno propensione a vivere
secondo ragione e dovranno dunque far parte della classe dei governanti)
- uomini d’argento (+ impulsivi, corrispondono alla classe dei guerrieri)
- uomini di bronzo (prevale il desiderio del corpo, si tratta di un’anima appetitiva e
dunque corrispondono ai cittadini
Questa classificazione non implica che i figli non possono cambiare classe: ammessione
mobilità sociale con Platone.
ESEMPIO: se qc nasce da un’uomo d’argento non significa che non possa essere argento
(anche se di solito i figli tendono ad imitare i genitori).
Si tratta di una visione rivoluzionaria per l’epoca.
COMUNISMO PLATONICO (vale solo per i custodi): Per il filosofo l’abolizione della famiglia
garantisce l'impossibilità di sfruttare il potere per i propri interessi e consente di garantire
individui sempre migliori. I governanti e i guerrieri infatti potranno solo temporaneamente
unirsi ai membri dell’altro sesso per mettere al mondo dei figli (detti figli di tutti, in quanto
accuditi e amati dallo stato).

- comunanza delle donne


- comunanza dei beni

FILOSOFIA
Platone introduce un modello moderno che riguarda la parità dei sessi, infatti sia uomini che
donne avevano la possibilità di fare parte delle classi dei custodi. L’educazione dei figli,
generati dai migliori individui, è gestita dallo Stato per fare in modo che nascano secondo la
loro natura per l’individuazione della classe sociale. Le unioni sono organizzate dallo Stato
secondo il criterio dell’eugenetica, utilizzata anche dai nazisti per promuovere la nascita di
soggetti psichicamente e fisicamente desiderabili.

Platone si domanda chi custodisce i custodi, quindi chi controlla come si comportano. Lui
dice che la risposta va cercata nella coscienza di ogni governante, perché è lui che deve
sapere controllare se stesso e agire per il bene comune.

Platone sa che il suo modello ideale è irrealizzabile, però guarda alla realtà e evidenzia 4
forme di governo che sono degenerate ricalcando i difetti. La prima è la timocrazia, il
governo fondato sull’onore, infatti i governanti timocratici amano il potere perché conferisce
loro fama e gloria. Segue l’oligarchia, il governo di pochi, fondato sulla ricchezza in quanto
solamente ai ricchi è consentito accedere alle cariche pubbliche e i governatori tendono
solamente ad arricchirsi. Troviamo poi la democrazia, il governo del popolo, che è molto
pericolosa in quanto comporta il rischio di ribellione dei poveri contro i ricchi e porta
disordine e anarchia. Infine c’è la tirannide, dove il tiranno prende il potere con violenza e si
circonda dei peggiori individui della società. È l’uomo più infelice di tutti in quanto la felicità si
raggiunge solo vivendo secondo giustizia ed inoltre vive sempre nella paura di essere tradito
e ucciso e non è mai libero perché schiavo delle sue passioni.

Il mito della caverna si trova nel VII libro de La Repubblica, uno dei più celebri dialoghi di
Platone. Il tema generale del dialogo è la natura della giustizia. Occuparsi della giustizia, per
Platone vuol dire essenzialmente occuparsi di politica. L’allegoria della caverna trova posto
nel dialogo nel momento in cui si tratta di spiegare come si diventa filosofi, cioè come si
acquisisce il sapere necessario per ben governare la città, liberandosi dalle opinioni e
accedendo alla conoscenza della realtà. All’inizio del VII libro del dialogo, Socrate propone
a Glaucone un’allegoria. Immagina – gli dice – delle persone che vivono fin dall’infanzia
rinchiuse in una caverna, incatenate così strettamente da non poter neanche girare la testa.
La caverna ha un’apertura che dà sull’esterno, ma la gente che ci vive ha lo sguardo rivolto
verso la parete in fondo, e non vede l’uscita. Alle spalle dei prigionieri, in alto e lontano da
loro, c’è un fuoco acceso che fa luce. Fra il fuoco e i prigionieri c’è un muro, lungo e basso,
come quelli che costeggiano le strade di campagna. Dietro al muro, altre persone tengono in
mano degli oggetti (statuette di animali e di uomini e altri oggetti di ogni genere) e li fanno
sporgere al di sopra del muro. La luce del fuoco proietta dunque le ombre degli oggetti sulla
parete di fronte ai prigionieri. Quelle ombre sono le uniche cose che i prigionieri abbiano mai
visto, costretti come sono a star lì fermi, senza potersi voltare. Dunque – afferma Socrate –
quelle persone credono che le ombre siano oggetti reali. Socrate dice che i prigionieri sono
«simili a noi». Anche noi abbiamo conosciuto solo ombre, proiezioni degli oggetti reali,
perché gli oggetti veramente reali, le idee, non sono conosciuti come tali da tutti. Ci vuole
una buona educazione filosofica per uscire dalla caverna dell’opinione e accedere alla
conoscenza e alla scienza. Socrate dice ora a Glaucone di immaginare che uno di questi
prigionieri sia improvvisamente liberato dalle catene, costretto ad alzarsi, girarsi e muoversi
verso l’entrata della caverna. Il racconto va avanti. Dopo essere stato legato al buio tutta la
vita, all’inizio sarebbe accecato dalla luce e gli farebbero male gli occhi. Vorrebbe tornare
indietro e non crederebbe a nulla di ciò che vede. Avrebbe bisogno di tempo per abituarsi –
dice Socrate. Solo piano piano riuscirebbe a vedere qualcosa. All’inizio gli sarebbe più facile
guardare il cielo e le stelle di notte, piuttosto che le cose illuminate dalla luce del giorno.
Infine, abituatosi alla luce, arriverebbe a guardare direttamente il sole. Il prigioniero liberato,
finalmente in grado di vedere il sole, sarebbe felice della sua nuova condizione e
compiangerebbe chi è rimasto nella caverna. Ora – dice Socrate a Glaucone – prova a
immaginare cosa accadrebbe se il prigioniero liberato tornasse nella caverna. Come prima
aveva avuto bisogno di tempo per abituarsi alla luce, così ora non riuscirebbe subito a
vedere nell’oscurità. Nessuno gli crederebbe, lo considererebbero un impostore. Addirittura,
se lui provasse a liberarli, a portarli fuori – conclude Socrate – lo ucciderebbero per
impedirglielo.

All’interno del mito della caverna sono presenti il dualismo gnoseologico e ontologico e
anche il compito e destino del filosofo per Platone.
Con il piano ontologico abbiamo i diversi piani dell’essere: la caverna rappresenta il mondo
sensibile, gli schiavi sono gli uomini e le catene l’ignoranza, le passioni quindi ciò che
ostacola la nostra conoscenza. La liberazione dello schiavo rappresenta il momento in cui
può iniziare il suo percorso verso la conoscenza e la filosofia che è in salita. Il mondo fuori
dalla caverna è il mondo delle idee, con il sole il più alto grado, quindi è l’idea del bene.
Anche il piano gnoseologico, la conoscenza, si divide in mondo dentro e fuori della caverna.
La conoscenza dentro alla caverna corrisponde alla doxa, le opinioni, ciò che percepiamo
con i sensi e corrisponde al piano più basso della conoscenza. La doxa si suddivide poi in
due: l’eikasia, l’immaginazione, il grado della credenza, e la pistis, la conoscenza delle cose
sensibili. Queste due sono la conoscenza che riescono a raggiungere gli uomini comuni.
La conoscenza al di fuori della caverna corrisponde all’episteme, la scienza, la conoscenza
del mondo sovrasensibile, quindi le idee. A sua volta si divide in due: la dianoia, la
conoscenza scientifica, inerente le idee matematiche che all’interno del mito corrisponde alle
cose riflesse nell’acqua e agli astri di notte, e la noesi, la dialettica che consiste nel
contemplare gli astri ed è il grado più alto di conoscenza dei filosofi.

Nella parte finale del mito emerge la finalità filosofica per Platone riguardo la koiné politiké. Il
compito del filosofo è quello di tornare nella caverna per raccontare ai suoi compagni le sue
conoscenze, per questo motivo lo definisce filosofo politico. Il filosofo vorrebbe restare nella
vera realtà, la conoscenza, facendo così tradirebbe il vincolo di giustizia che ha con gli altri
uomini della caverna. Nonostante è costretto a tornare nell’oscurità non vedrà mai più quel
luogo come prima. Solamente portando fuori gli uomini dalla caverna completa il suo
compito di filosofo che non governa fine a se stesso, ma per il insegnare il bene in modo che
il governo sia governato da persone degne. Intrecciato al suo compito c’è anche il destino,
che potrebbe essere simile a quello di Socrate, quindi venire deriso, considerato pazzo e
non creduto. Molti accettano di non volerlo seguire perché non accettano di vedere stravolti i
loro schemi di vita, altri non si fidano o non vogliono perché per loro è meglio basare la vita
su delle parvenze.

Nell’educazione del cittadino e del filosofo Platone non inserisce alcun tipo di arte perché ne
aveva una visione negativa. L’arte è una copia della copia perché allontana ancora di più
dalla realtà, che riproduce il mondo sensibile, già copia del mondo perfetto. Inoltre crede che
la poesia e la commedia trasmettano emozioni negative, violente. Queste ti allontanano
dalla ragione. Nella tragedia l’uomo cerca di sfuggire al destino che in un modo o nell'altro
arriva.
All’interno del mito della caverna sono presenti il dualismo gnoseologico e ontologico e
anche il compito e destino del filosofo per Platone.
Con il piano ontologico abbiamo i diversi piani dell’essere: la caverna rappresenta il mondo
sensibile, gli schiavi sono gli uomini e le catene l’ignoranza, le passioni quindi ciò che
ostacola la nostra conoscenza. La liberazione dello schiavo rappresenta il momento in cui
può iniziare il suo percorso verso la conoscenza e la filosofia che è in salita. Il mondo fuori
dalla caverna è il mondo delle idee, con il sole il più alto grado, quindi è l’idea del bene.
Anche il piano gnoseologico, la conoscenza, si divide in mondo dentro e fuori della caverna.
La conoscenza dentro alla caverna corrisponde alla doxa, le opinioni, ciò che percepiamo
con i sensi e corrisponde al piano più basso della conoscenza. La doxa si suddivide poi in
due: l’eikasia, l’immaginazione, il grado della credenza, e la pistis, la conoscenza delle cose
sensibili. Queste due sono la conoscenza che riescono a raggiungere gli uomini comuni.
La conoscenza al di fuori della caverna corrisponde all’episteme, la scienza, la conoscenza
del mondo sovrasensibile, quindi le idee. A sua volta si divide in due: la dianoia, la
conoscenza scientifica, inerente le idee matematiche che all’interno del mito corrisponde alle
cose riflesse nell’acqua e agli astri di notte, e la noesi, la dialettica che consiste nel
contemplare gli astri ed è il grado più alto di conoscenza dei filosofi.

Nella parte finale del mito emerge la finalità filosofica per Platone riguardo la koiné politiké. Il
compito del filosofo è quello di tornare nella caverna per raccontare ai suoi compagni le sue
conoscenze, per questo motivo lo definisce filosofo politico. Il filosofo vorrebbe restare nella
vera realtà, la conoscenza, facendo così tradirebbe il vincolo di giustizia che ha con gli altri
uomini della caverna. Nonostante è costretto a tornare nell’oscurità non vedrà mai più quel
luogo come prima. Solamente portando fuori gli uomini dalla caverna completa il suo
compito di filosofo che non governa fine a se stesso, ma per il insegnare il bene in modo che
il governo sia governato da persone degne. Intrecciato al suo compito c’è anche il destino,
che potrebbe essere simile a quello di Socrate, quindi venire deriso, considerato pazzo e
non creduto. Molti accettano di non volerlo seguire perché non accettano di vedere stravolti i
loro schemi di vita, altri non si fidano o non vogliono perché per loro è meglio basare la vita
su delle parvenze.

Nell’educazione del cittadino e del filosofo Platone non inserisce alcun tipo di arte perché ne
aveva una visione negativa. L’arte è una copia della copia perché allontana ancora di più
dalla realtà, che riproduce il mondo sensibile, già copia del mondo perfetto. Inoltre crede che
la poesia e la commedia trasmettano emozioni negative, violente. Queste ti allontanano
dalla ragione. Nella tragedia l’uomo cerca di sfuggire al destino che in un modo o nell'altro
arriva.

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