Le fonti
Socrate non scrive nulla per scelta, tutto ciò che sappiamo di lui proviene da autori contemporanei, la questione
socratica è il problema dei contemporanei di trarre le informazioni, questo provoca vari problemi interpretativi, da
vari scrittori conosciamo le sue idee:
- Aristofane: Accusa Socrate in “Le Nuvole” per aver avuto un influsso negativo sui giovani.
- Platone: Lo mitizza facendone l’ideale di umanità. Mischia teorie socratiche con le proprie. Raccoglie in alcuni
suoi scritti: Simposio, Apologia, Critone e Fedone, relativamente, i pensieri sull’amore fatti con i propri discepoli,
il processo, il tentativo di fuga, e gli ultimi momenti passati con la famiglia e gli amici.
- Senofonte: In “Memorabili” parla di lui in modo ridotto, senza un vero valore speculativo.
- Aristotele: Non era contemporaneo.
Contrapposizioni e analogie ai sofisti
- Si oppone al relativismo sofistico ponendo la domanda “che cosa è?”, implicando così l’esistenza di una verità
oggettiva.
- Si oppone alla dialettica dei sofisti, facendone strumento di ricerca della verità.
- Condivide’idea critica nei confronti dei fisici, la filosofia cosmologica è al di fuori delle possibilità umane, la
filosofia si deve occupare di problemi trattabili come quelli relativi all’uomo, tale svolta viene chiamata anche
rivoluzione socratica.
- Si oppone ai sofisti anche per il fine della filosofia. I sofisti utilizzavano la filosofia come mezzo per acculturare
futuri politici, mentre Socrate la utilizzava come mezzo per il compimento di una missione divina, ovvero la
rimozione delle opinioni dalla verità tramite un’illuminazione razionale.
L’essenza dell’uomo
I sofisti hanno voluto parlare dell’uomo senza aver prima trovato la sua essenza.
L’essenza dell’uomo per Socrate è l’anima (psyché), che ha subito varie interpretazioni nei secoli:
- Per Omero era un fantasma che vagava nell’Ade.
- Per l’Orfismo è principio divino imprigionato nel corpo (dàimon), ma non è coscienza.
- Per i fisici è parte dell’arché.
- Per Socrate l’anima coincide con la nostra coscienza, il nostro intelletto e la nostra volontà.
La ricerca della virtù
I sofisti non avevano identificato l’essenza dell’uomo quindi nemmeno le sue virtù.
Socrate ha definito l’essenza dell’uomo (anima) e quindi anche le sue virtù (areté).
Le virtù sono ciò che permettono all’anima di realizzarsi e di svolgere al meglio le sue attività.
Anima = coscienza, allora virtù = coscienza, quindi non-coscienza (ignoranza)= vizio.
Essenza dell’uomo = anima, anima = coscienza, coscienza = virtù, virtù = realizzazione dell’anima/coscienza.
Ciò che è più importante è che ora le virtù non erano più esteriori (bellezza, forza, ricchezza, potere) ma diventavano
qualità dell’anima.
Nuove virtù che Socrate cita sono la giustizia e la virtù (intesa come condotta di vita conforme al bene).
Nessuno è malvagio
Se virtù = coscienza, allora, vizio = ignoranza.
Chi fa del male lo fa perché non sa cosa fa, non perché vuole far del male.
Fare del male pur conoscendo il bene, significherebbe commettere ingiustizia nei confronti degli altri ma anche
contro noi stessi.
Quindi nessuno è malvagio volontariamente, ma lo è solo perché è ignorante.
Per essere malvagi quindi: non si deve conoscere il bene, bisogna averne la volontà (fattore in gioco poi nel ).
I concetti dell’etica socratica
Con Socrate vengono fissati alcuni concetti utili più avanti nella filosofia morale:
- Autodominio (enkràteia): dominio di sé, ragione padrona degli istinti e degli impulsi.
- Libertà (eleutherìa): libertà non politica ma morale, ciò che si ha con l’autodominio.
- Autarchia (autàrchia): Indipendenza dai bisogni fisici, controllati dalla ragione.
- Felicità (eudaimonìa): Intrapresa dal saggio che, obbedendo alla ragione, consegue il dominio delle passioni,
l’indipendenza dai bisogni fisici, arrivando ad essere libero e avere un patrimonio interiore e non esteriore
(ricchezze e onori).
Il metodo socratico
Il metodo dei sofisti era dato dalla capacità di sostenere tesi opposte quindi false, con una retorica ingannevole.
Il metodo di Socrate non inculca le idee del filosofo all’ascoltatore ma lo aiuta a giungere alla verità.
Il suo è un metodo dialogico, fondato ciò sul dialogo, tale metodo formerà la dialettica socratica.
Il metodo di Socrate non involve in retorica, o eristica.
Il sapere di non sapere
La celebre affermazione di Socrate: Il sapere di non sapere, è una prerogativa che il maestro deve avere nei
confronti dell’ascoltatore, affermando ignorante, in questo modo, non si possono dare idee “prefabbricate” in
quanto non si sanno, e quindi ci si prefigge come guida e niente di più, non portando la verità ma estraendola da
ognuno di noi.
Il sapere di non sapere gli è dato un segno divino che è il dàimon (principio divino o demoniaco imprigionato nel
corpo), che come una voce interiore lo spinge ad adottare in maniera acritica le norme che devono invece essere
esaminate, valutate ed eventualmente modificate.
Le fasi del metodo socratico
Il metodo socratico si divide in due fasi principali:
- La parte distruttiva (pars destruens) che si affronta con l’ironia, ovvero la distruzione delle pretese conoscenze
dell’ascoltatore dimostrandone la falsità. Ironia deriva da eironèia che significa finzione, fare finta di non sapere
è infatti una finzione.
- La parte costruttiva (pars costruens) che viene affrontata con la maieutica, ovvero l’aiuto che Socrate da
all’interlocutore facendo partorire la verità da solo, maieutica è infatti l’arte delle levatrici (ostretiche), Socrate
diventa così l’ostetrico dell’anima.
La vita di Socrate
(470 a.C. - 399 a.C.)
Figlio di Sofronisco (scultore) e Fenarete (levatrice), nasce ad Atene.
Lavora come scultore dedicandosi ogni tanto alle discussioni morali.
Si allontana da Atene per combattere nella guerra del Peloponneso.
Salva in guerra la vita di Alcibiade, aristocratico oltre che ammiratore di Socrate.
Viene condannato a morte di empietà e corruzione dei giovani.
Rifiuta di scappare dal carcere.
Viene sentenziato con il veleno di cicuta.
La sentenza
Percorribile nell’Apologia di Socrate scritta da Platone, e anche in alcuni testi di Senofonte.
399 a.C. Socrate ha 70 anni e viene condannato. La condanna viene presentata da Meleto (tragediografo), Licone
(oratore) e Anito (uomo politico).Le accuse mossegli contro sono di empietà e corruzione giovanile. Socrate viene
riconosciuto colpevole da un tribunale di 500 cittadini e viene quindi condannato a morte.
La condanna più che come mancata libertà di pensiero è da considerarsi come attentato alla sicurezza dello Stato:
- Il pilastro della religione viene leso dall’empietà di Socrate, che reputa i propri obblighi morali più che divini.
- La propaganda che Socrate attuava era considerato un consenso che minava quello politico.
- Si era appena stabilita la pace, dopo il governo dei Trenta tiranni insediati dagli Spartani.
Socrate è il primo filosofo condannato a morte.
La filosofia e la politica
La filosofia negli anni di Socrate era attuata come un dibattito pubblico, ed era vista come mezzo di formazione dei
buoni cittadini, che di conseguenza ereditavano le idee del maestro. La filosofia impegna come fosse un lavoro vero e
proprio, e in questo modo allontana dalla vita politica. Per evitare le accuse politiche, molti altri filosofi si
allontanarono da Atene per esercitare la pratica della filosofia, dove più tardi fonderanno le scuole socratiche minori.
Dopo la sua condanna a morte, la filosofia si rifugerà in istituzioni chiuse come le Accademie.
L’Apologia di Socrate
Nell’Apologia di Socrate, scritta da Platone, viene narrato di quando Cherefonte (amico di Socrate), recatosi a Delfi
avesse chiesto all’oracolo di Apollo chi fosse l’uomo più intelligente di tutta la Grecia, sentendosi rispondere il nome
di Socrate. Tale episodio spinse Socrate ad autoesaminarsi e a capire che il suo sapere non è altro che la coscienza di
non sapere. Questo episodio minerà il potere dei politici dell’epoca che lo condurranno alla morte più avanti.
L’Eutifrone
Altro testo scritto da Platone, narra di Eutifrone, il sacerdote di Apollo che viene interrogato da Socrate sulla
definizione di santità o pietà. Eutifrone definisce santo ciò che è caro agli dei, ma Socrate confuta dicendo che una
cosa cara ad un dio può non esserla per un altro. Eutifrone riformula la definizione dicendo che santo è onorare gli
dei in cambio di qualcosa, Socrate definisce tale rapporto una vile mercatura. Dopo altre definizioni confutate sia
Socrate che Eutifrone arrivano alla stessa definizione: santo e giusto è il rispetto assoluto degli altri e di se stessi, il
non commettere ingiustizia quindi.
Il Critone
Ambientato nel carcere dove Socrate aspetta per la sua condanna a morte, il Critone è un testo di Platone che spiega
perché Socrate rifiuti di fuggire con gli amici quando gli è stata data la possibilità. Socrate mette prima di tutto la vita
buona alla vita. Seguire quindi una vita guidata dalla giustizia (e quindi dalle leggi, che scappando farebbero di tale
azione un’ingiustizia) piuttosto che la vita stessa. Nel testo viene usata la personificazione delle leggi, che nell’atto di
fuggire potrebbero presentarsi dichiarando l’azione di violenza subita a Socrate, che avrebbe fatto del male verso la
città, verso gli altri e quindi anche verso se stesso. Dal testo emerge quindi come anche fare del male verso gli altri
significa commettere ingiustizia.