Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
La vita di Tito Lucrezio Caro (98-55 ca a.C.) è avvolta nel mistero perché il poeta, preso dagli studi, trascorse
l'esistenza in solitudine e in isolamento.
Lucrezio era probabilmente anticesariano ed epicureo, non era un emarginato bensì un altolocato, forse la
leggenda si è formata per il fatto che egli era accusato come Democrito ed Epicuro di insamnia /
deliramentum (accusa spesso fatta agli epicurei quando venivano riletti da autori cristiani).
È stato interpretato nei modi più disparati, di lui si è detto tutto e niente, in quanto si inizia a pensare
esistessero un Lucrezio e un anti Lucrezio: da una parte come personalità psicanalitica, poeta maledetto
suggestionato dall’esistenzialismo (se ne occupano psichiatri ma anche romantici e poeti francesi che
individuano delle contraddizioni nelle affermazioni che riporta, un anti Lucrezio). Lucrezio è un aristocratico e
ha paura del vulgus, non è marxista.
Indifferente per natura alla vita pubblica e mondana, non fece nulla per farsi conoscere e non pubblicò
nemmeno il suo poema.
Ipertrofia e ipotrofia: in Tasso Marte sopravvive perché Venere fatica ad imporsi.
Poeti sprotetti (non avevano mecenate dietro, erano soli e liberi, senza controllo e protezione: ha grande
valenza negativa perché è simbolo di precarietà ma ha anche valenza positiva perché ha libertà di pensiero e
scrittura) che scrivono lucida carmina. Sia Dante sia Lucrezio (sconosciuto, diventa solo un errore anagrafico)
erano due sprotetti e esiliato.
Giorgio Petrocchi, critico letterario, dice che Tasso è il Lucrezio cattolico: bifrontismo e stessa capacità di
penetrare il cuore umano, gli ruba la metafora del bicchiere orlato di miele. Leopardi, invece, rappresenta il
Lucrezio ritornato sulla terra, sotto la mediazione di Tasso
Non si sa se avesse amici, anche se l'importanza data dai suoi versi all'amicizia fa pensare comunque che ne
avesse: uno doveva essere quel Memmio propretore in Bitinia e in seguito condannato all'esilio per brogli
elettorali, al quale dedicò il De rerum natura ; probabilmente lo era Cicerone, che dopo la morte di Lucrezio
ne pubblicò il suo poema. (Voleva essere a Roma ciò che Cicerone fu nel mondo stoico, vuole essere
l’apostolo di Epicuro)
Carenti, molto posteriori e avvolte in un alone di leggenda sono le sue notizie biografiche: la fonte principale è
rappresentata da un breve testo della Cronaca di san Girolamo (sec. IV d.C.) che, accogliendo notizie del De
poetis di Svetonio (sec. II d.C.), afferma che Lucrezio fu colto da follia per aver assunto un filtro d'amore e,
dopo aver composto negli intervalli di lucidità la sua opera, si suicidò a quarantaquattro anni. La lucida e dura
analisi della passione erotica e la condanna dell'amore presente nei suoi versi sembrano indicare che nella vita
di Lucrezio ci sarebbe stato un amore sventurato.
L'anno di nascita del poeta è posto da san Girolamo nel 96 o 94 a.C: la morte oscillerebbe, quindi, fra il 53 o il
51 a.C.; tuttavia in contrasto con quanto si ricava dalla testimonianza fornita dalla Vita di Virgilio del
grammatico Elio Donato (sec. IV d.C.), che colloca la morte di Lucrezio nel 55 a.C.: in questo caso l'anno di
nascita verrebbe anticipato. Pertanto si può collocare con una certa attendibilità la vita di Lucrezio tra il 98 e il
55 a.C., poiché è sicuro l'ultimo dato fornito da san Girolamo, cioè che Cicerone revisionò il poema di Lucrezio,
rivedendone il manoscritto e curandone l'edizione. Di Cicerone, che pure non citò mai Lucrezio negli scritti
filosofici in cui illustra le dottrine epicuree, resta anche un giudizio sul poeta contenuto in una lettera al
fratello Quinto del febbraio 54; in tale data il De rerum natura era già stato letto (si trattava, di certo, di una
lettura e non di una revisione) in vista della pubblicazione postuma, dunque Lucrezio doveva essere già
defunto. Cicerone, riferendosi al poema lucreziano, ne riconosce sia il genio poetico sia l'arte con cui è scritto.
Del tutto sconosciuto è il luogo di nascita di Lucrezio, da alcuni collocato in Campania da altri a Roma, e oscure
sono la sua estrazione sociale e la formazione culturale; nessun contemporaneo parla di lui, a parte Cicerone.
Viene ora anche comunemente accettata la notizia, relativa alla follia di Lucrezio, contestata da alcuni studiosi
come astiosa invenzione creata ad arte o enfatizzata dalla propaganda cristiana, ostile al pensiero del poeta.
Il de rerum natura è un poema didascalico, andando contro le dottrine epicurea, la proibizione di Epicuro è in
realtà un consiglio
Lucrezio - Riassunto
Tito Lucrezio Caro è uno degli scrittori più importanti della letteratura latina. Molte notizie su di lui sono state
fornite dallo scrittore cristiano San Gerolamo il quale riporta che Lucrezio è nato nel 94 a.C., che è impazzito a
causa di un filtro amoroso e ha scritto la sua opera nei momenti di lucidità, in latino “per intervalla insaniae”,
per poi uccidersi all’età di 44 anni. L’opera è stata curata da Cicerone per la pubblicazione.
Noi oggi riteniamo che tutte queste notizie siano inattendibili, ovvero che Lucrezio sia vissuto tra il 94 e il 50
a.C. e che Cicerone abbia commentato la sua poesia dicendo che essa brilla per qualità d’ingegno (prodotto di
grande ingegno) ma anche di una grande arte (frutto della tecnica).
Abbiamo anche altre testimonianze sulla vita di Lucrezio: probabilmente visse un’esistenza piuttosto
appartata rispetto alla vita politica seguendo uno dei precetti di Epicuro, il filosofo a cui si ispira. Questo
precetto era “Lathe biosas”, ovvero "vivi nascosto", fondato sull’idea che l’uomo debba vivere lontano dagli
impegni politici che possano creare turbamento e inquietudine.
Lucrezio scrive un’opera in latino dal titolo De rerum natura, “sulla natura”: si tratta di un poema, quindi è in
versi. L’opera si rifà alla filosofia epicurea, non è un caso che sia una traduzione di un’opera perduta di
Epicuro, che si intitolava "Perí Physeos", anch’essa in greco significava “sulla natura”. Lucrezio attraverso
quest’opera intende trasmettere e insegnare la filosofia epicurea.
Epicuro era un filosofo greco di età ellenistica, vissuto tra il IV ed il III secolo a.C., creò ad Atene una scuola
filosofica che prese il nome dal luogo in cui si svolgeva, ovvero “Il giardino”.
Riassunto della filosofia di Epicuro che Lucrezio vuole trasmettere nella sua opera.
• Per Epicuro tutto è formato da Atomi, quindi, è materia anche quello che noi definiamo spirituale come
l’anima (materialismo).
• Epicuro crea un quadrifarmaco (quadruplice rimedio) o in greco tetrafarmaco, per liberare l’animo dai mali e
dalle inquietudini che lo affliggono:
1. È vano il timore degli Dei, perché essi esistono e sono immortali ma vivono negli intermundia e di
conseguenza sono totalmente indifferenti rispetto alla vita degli uomini.
2. È vana la paura della morte perché essendo materia quando moriamo cessiamo semplicemente di
esistere, il nostro corpo e la nostra anima si disgregano, di conseguenza non dobbiamo temere quello
che c’è dopo e le pene dell’oltretomba.
3. Per Epicuro è possibile raggiungere facilmente il piacere. Egli distingue 3 tipi di piacere, quelli naturali
e necessari, come bere e mangiare, quelli naturali e non necessari, ad esempio quelli sessuali e quelli
non naturali e non necessari tipo le ricchezze e gli onori. Il segreto per raggiungere il piacere è quello
di soddisfare i primi, soddisfare con moderazione i secondi e non ambire ai terzi, in modo da ottenere
l’atarassia, cioè l’assenza di inquietudine e turbamento.
4. Epicuro dice che il dolore è facilmente sopportabile, se esso è acuto e intenso è di breve durata,
invece quando dura a lungo è di lieve intensità.
• Un altro punto importante della filosofia epicurea è il Lathe biosas, cioè "vivi nascosto": secondo
Epicuro l’uomo non si deve occupare di politica e deve dunque vivere appartato per evitare il
turbamento che gli può derivare dalla partecipazione alla vita politica. Per Epicuro vi è un sentimento
molto importante, l’amicizia.
novaes res (cose nuove) -> formazione di parole nuove, un nuovo codice
progresso e tecniche
Voluptas= cardine della fisica atomistica (mondo epicureo), dichiarazione filosofica che ha la
disgregazione/aggregazione degli atomi, Venere rappresenta l’attrazione e quindi l’amore universale che tiene
unita la materia, dà la vita, lotta perennemente contro la guerra/odio che è disgregazione e annientamento
(Marte). Venere è una grande allegoria che riprende l’innografia della Grecia. Celebrazione della divinità e
delle sue imprese, l’umanità che gradualmente chiede aiuto perché si sente impotente.
Lucrezio ha grande libertà creativa ma vuole mettersi nei canoni della tradizione, il proemio ha dunque
caratteristiche greche:
1. Argomentum
2. Invocazione divinità/musa
3. Dedica a un personaggio illustre
Venere è antitesi della morte e dell’inverno, è vita e rinascita primaverile. Venere è principio di creazione
poetica, che Lucrezio preferisce alle Muse per sottolineare l’analogia con le altre allegorie.
Gli accostamenti analogici (non spiegati o non concatenati logicamente, ma solo enunciati) tra i vari aspetti
allegorici creano un inno mistico alla vita e alla forza generatrice come principio assoluto, che supera il potere
conoscitivo della mente
Arcaismi: per dare solennità, scegliere -is invece che -es nei casi n.a.v. della terza declinazione dona finezza e
patina arcaica alle composizioni letterarie