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➢ Biografia
Nacque verso il 100 a. C., forse in Campania, dove fiorì molto la scuola epicurea verso la metà del I sec. a. C. Della sua
vita abbiamo poche notizie tramandateci da S. Gerolamo (IV secolo d. C.) che le desumeva dal De poetis di Svetonio
(inizio II secolo d. C.): impazzito per effetto di un filtro magico, avrebbe scritto la sua opera nei momenti di lucido
intervallo; infine per disperazione si sarebbe dato la morte. Si tratta tuttavia di notizie non accertate, per quanto
abbastanza probabili. Morì nel 55 a. C., ma non sappiamo dove. Forse il poeta, coerentemente con la filosofia cui
aderiva, visse appartato, lontano da quella vita di società che nella sua opera dipinge a tinte fosche e giudica in
modo totalmente negativo.
➢ De rerum natura
L'opera più importante di Lucrezio è il De rerum natura, poema epico- didascalico in esametri, diviso in 6 libri,
dedicato al pretore Gaio Memmio (aristocratico, appartenente al partito degli ottimati). Lucrezio, entusiasta delle
opere di Epicuro, scrisse il poema non solo per uno scopo teoretico (già altri avevano tradotto in prosa le teorie di
Epicuro), ma anche per uno scopo romanamente pratico: vedendo le tristi condizioni del suo tempo, travagliato dalle
discordie civili, e convinto che questi mali nascessero dalla superstizione religiosa e dal timore degli dei (religio), si
propose di combattere tale superstizione ingenerando negli animi l'atarassia epicurea. Tuttavia l'ideale di Lucrezio si
rivelò un'utopia: ben altro occorreva per arrestare la generale corruzione e portare rimedio all'infelice Roma. Il
poema fu pubblicato da Cicerone. Il De rerum natura, insieme con le opere dei poetae novi e in primo luogo di
Catullo, si pone su posizioni anticonservatrici e di rinnovamento: al centro troviamo l'uomo con i suoi problemi
esistenziali a volte drammatici, con le sue passioni, o la sua lotta contro di esse, con i suoi orgogli, le presunzioni, gli
angosciosi smarrimenti. Oggetto del poema è dunque l'esposizione della filosofia epicurea, che verso la metà del I
secolo a. C. aveva già raggiunto un'ampia diffusione nel mondo romano e che il poeta si propone di diffondere
ulteriormente, poiché è sicuro che solo essa possa assicurare agli uomini la soluzione dei loro problemi esistenziali.
Epicuro (341-270) aveva insegnato ad Atene dal 306 a. C. Fino alla morte. Per quanto riguarda la fisica Epicuro
accolse l'atomismo democriteo, una concezione materialistica secondo cui tutta la realtà è costituita di atomi,
particelle materiali invisibili e indistruttibili che, aggregandosi fra loro, formano i corpi. Anche l'anima umana è fatta
di atomi, più sottili di quelli del corpo, al momento della morte, gli atomi dell'anima si separano da quelli del corpo e
la vita abbandona l'individuo che si dissolve in quanto tale, mentre gli atomi che lo costituiscono, continuando il loro
moto incessante nello spazio vuoto, si riaggregano in altri corpi. Gli epicurei combattevano la paura della morte: nel
momento in cui l'organismo umano si dissolve, essi affermavano, cessa ogni forma di coscienza e di sensibilità;
dunque non ci può più essere sofferenza. L'altra paura che affligge l'uomo e che è anch'essa del tutto infondata, è
quella degli dei: essi, secondo Epicuro, non esistono ma vivono beati in spazi lontani, posti tra mondo e mondo (che
Lucrezio chiamerà intermundia), senza curarsi degli uomini, dunque la paura delle punizione divine non ha ragione di
esistere, e nasce da stolta e vana superstizione. L'etica epicurea identifica lo scopo della della vita umana nella
felicità e il mezzo per raggiungere la felicità nel piacere: unico bene è il piacere, unico male il dolore. Il piacere poi è
definito da Epuicuro come assenza o cessazione del dolore (del turbamento, del desiderio). Il piacere si ottiene
facilmente, mediante il soddisfacimento dei bisogni naturali; mentre sono da evitare e da estirpare dall'animo le
passioni (amore, odio, ira, cupidigia, ambizione, ecc.) che impediscono il raggiungimento dell'atarassia
(imperturbabilità), indispensabile per essere felici. Per quanto riguarda i rapporti dell'uomo con gli altri uomini, la
dottrina epicurea è utilitaristica e individualistica: i rapporti sociali e le istituzioni politiche nascono dall'interesse e
devono essere sempre subordinati al vantaggio del singolo individuo. Epicuro sconsiglia vivamente l'impegno
nell'attività politica, che turberebbe la calma serena del saggio impedendogli l'atarassia: "vivi nascosto" è la celebre
massima epicurea, nascosto, cioè isolato, in compagnia di pochi amici scelti con cura, lontano dalle tensioni e dai
conflitti della vita pubblica e della carriera politica. Il titolo del poema lucreziano è la traduzione latina del greco Perì
physeos (= sulla natura): titolo di numerose opere di filosofi greci e anche dell'opera più importante di Epicuro, che
costituì quasi sicuramente la fonte principale del poeta latino. Lo stesso titolo aveva anche un poema in esametri di
Empedocle di Agrigento (V sec. a. C.), poeta amato ed elogiato da Epicuro nel suo poema e indicato come uno dei
suoi modelli poetici. Lo stesso avviene per Ennio, la cui lingua e il cui stile costituiscono per il de rerum natura un
essenziale punto di riferimento. Lucrezio, infatti, proponendosi di diffondere a Roma la dottrina epicurea, scrivendo
un poema in esametri, e lo fa per illuminare con la bellezza dell'arte una materia difficile, che risulterebbe ostica e
sgradevole ai Romani digiuni di filosofia. Lucrezio vuole dare alla poesia modernità, forma e contenuto.