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I due fondamentali impulsi (o istinti) naturali e artistici che, nell’età greca arcaica, influenzano le vicende
umane in generale e le produzioni artistiche in particolare sono:
È l’istinto che trasfigura la visione dionisiaca del È l’istinto originario, che si esprime al massimo grado
mondo nella musica
«Il tragico è per Nietzsche la prima formula fondamentale per la sua
conoscenza dell'essere. La realtà è per lui contrasto degli opposti primordiali.
Per questo pathos tragico Nietzsche si pone già all’inizio del suo cammino
filosofico in un contrasto insanabile col cristianesimo. L'insegnamento
cristiano, al quale appartiene essenzialmente l’idea della redenzione, è in
contraddizione non soltanto con gli istinti di Nietzsche ma col suo
sentimento fondamentale, con la disposizione fondamentale della sua vita e
con la sua conoscenza della realtà. In un mondo tragico non c'è alcuna
redenzione, intesa come salvezza di un Ente finito nella sua limitatezza; in
esso c'è soltanto l'inesorabile legge della fine di tutto ciò che è emerso dal
fondo dell’essere nell'esistenza individuata, di ciò che si è strappato
all'agitata vita fluttuante del tutto»
E. Fink, La filosofia di Nietzsche
Eugen Fink con Martin Heidegger
Scoperta del dramma doloroso dell’esistenza, evidente l’influsso di Schopenhauer. Da questa, però,
Nietzsche trae una conclusione diversa. Non si tratta di fuggire questo livello di esistenza, ma di
comprendere come si possa accettare, cioè come si possa essere educati ad esso. E questo va visto in
riferimento a chi ha saputo affrontare tale verità, quindi i greci, intesi come educatori del genere umano, in
parallelo allo stesso Schopenhauer, che ha saputo rivelare il carattere di semplice apparenza della
rappresentazione del mondo
«L'antica leggenda narra che il re Mida insegui a lungo nella foresta il saggio Sileno,
seguace di Dioniso, senza prenderlo. Quando quello gli cadde infine fra le mani, il re
domandò quale fosse la cosa migliore e più desiderabile per l'uomo. Rigido e
immobile, il demone tace; finché, costretto dal re, esce da ultimo fra stridule risa in
queste parole: 'Stirpe miserabile ed effimera, figlio del caso e della pena, perché mi
costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo non sentire? Il meglio è per te
assolutamente irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa
in secondo luogo migliore per te è – morire presto’»
F. NIETZSCHE, La nascita della tragedia, 3
La dimensione tragica dell’esistenza, racchiusa nella rivelazione del Sileno, ripresa in effetti dai
tragediografi, rappresenta in fondo un bivio nell’impostazione del pensiero di N tra Schopenhauer e la
rinuncia a questa vita in nome di una superiore destinazione, e quello che N verrà elaborando già nella Sileno ubriaco, opera
Nascita della tragedia, e negli anni successivi, una dialettica dell'unificazione tra dionisiaco e romana del II sec. d.C.
apollineo, che possa restaurare l’antico spirito della tragedia greca
«Nell'effetto complessivo della tragedia il dionisiaco prende di nuovo il sopravvento; essa si chiude con un accento
che non potrebbe mai risuonare dal regno dell'arte apollinea. E con ciò l'inganno apollineo si dimostra per quel che
è, cioè per il velo che per tutta la durata della tragedia ricopre costantemente il vero e proprio effetto dionisiaco: il
quale è tuttavia così potente, da spingere alla fine lo stesso dramma apollineo in una sfera in cui esso comincia a
parlare con sapienza dionisiaca, e in cui nega se stesso e la sua visibilità apollinea. Così si potrebbe in realtà
simboleggiare il difficile rapporto fra l'apollineo e il dionisiaco nella tragedia con un legame di fratellanza fra le
due divinità: Dioniso parla la lingua di Apollo, ma alla fine Apollo parla la lingua di Dioniso. Con questo è
raggiunto il fine supremo della tragedia e dell'arte in genere»
F. NIETZSCHE, La nascita della tragedia, 21
MAURITS C. ESCHER
Mani che disegnano
«[…] potremo ormai avvicinarci all’essenza del socratismo estetico, la cui legge suprema suona a un dipresso:
‘Tutto deve essere razionale per essere bello’, come proposizione parallela al principio socratico: ‘solo chi sa è
virtuoso’»
F. NIETZSCHE, La nascita della tragedia, 12
Socrate incarna, agli occhi di N, il
fondamento del principium
individuationis, che, come già
Schopenhauer prima di lui, era causa
della perdita di quella profondità di
vita che la tragedia rappresentava
nella sua forma suprema. Il motto del
tempio di Apollo, «conosci te stesso»,
costituisce il principio in cui
l’individualità si fissa
definitivamente: il dominio della
coscienza singola, vale a dire della
razionalità