Sei sulla pagina 1di 14

La nascita della tragedia

La condizione tragica dell'esistenza e la rinascita della


grecità
La prima opera di N., La nascita della
tragedia, viene pubblicata nel 1872, e va
incontro a giudizi contrapposti.

Wagner e gli amici di N.


ne forniscono resoconti
entusiastici

Il mondo dei filologi di professione, invece,


lo stronca senza appello. Anche il vecchio
maestro di N., Ritschl, ne prende le distanze
«Lo scopo immediato di questo libro è «Su una cosa insisto però: il signor N. mantenga la parola, brandisca il
espresso con chiara determinazione dal tirso, viaggi dall'india alla Grecia, ma scenda giù dalla cattedra sulla
titolo. Qui si apre una nuova strada per la quale egli deve insegnare la scienza; ai suoi piedi raduni tigri e pantere,
comprensione del più profondo mistero ma non la gioventù filologica della Germania che nell'ascesi e
estetico: le mirabili creazioni dell'arte nell'abnegazione del lavoro deve imparare a cercare la verità prima di
tragica che fino ad oggi, considerate per tutto, a emancipare il proprio giudizio con volenteroso impegno,
così dire dal di fuori come figure finite e affinché a questa gioventù l'antichità classica accordi quell'unica cosa
pronte, negli innumerevoli tentativi di imperitura che il favore delle Muse promette e che in tale pienezza e
interpretazione banali e profondi restavano purezza solo l'antichità classica può accordare»
rigidamente impenetrabili, saranno qui U. Von Wilamowitz-Moellendorff, Filologia dell’avvenire!
completamente illuminate come dal di
dentro fino all'intima cognizione:
apprenderemo ciò che esse sono nella loro
vera natura, considerando come nacquero»
Recensione di E. Rohde

Di fatto, la considerazione del mondo accademico nei confronti di N.


verrà scossa profondamente dai giudizi negativi che si abbattono sulla
sua opera
«Avremo acquistato molto per la scienza
estetica, quando saremo giunti non
soltanto alla comprensione logica, ma
anche alla sicurezza immediata
dell'intuizione che lo sviluppo dell'arte è
legato alla duplicità dell'apollineo e del
dionisiaco, similmente a come la
generazione dipende dalla dualità dei
sessi, attraverso una continua lotta e una
riconciliazione che interviene solo
periodicamente. Questi nomi noi li
prendiamo a prestito dai Greci, che
rendono percepibili a chi capisce le
profonde dottrine occulte della loro
visione dell'arte non certo mediante
concetti, bensì mediante le forme
incisivamente chiare del loro mondo di Dioniso a cavallo di un ghepardo Apollo del Belvedere
dèi» Mosaico a Pella, Grecia copia romana di età ellenistica
IV secolo a. C. (350 a.C.)
F. NIETZSCHE, La nascita della
tragedia, I Fin dall’inizio opera, vengono introdotti i concetti di apollineo e dionisiaco come coppia di
opposti, valori determinanti dell’arte in contrapposizione e ricomposizione. Ad essi sono
associate due forme di conoscenza, logica e intuitiva. È l’intuizione l’elemento determinante di
queste righe, opposta alla conoscenza logico-concettuale di matrice platonico-hegeliana
«i due impulsi così diversi
procedono l'uno accanto all'altro,
per lo più in aperto dissidio fra loro
e con un'eccitazione reciproca a
frutti sempre nuovi e più robusti,
per perpetuare in essi la lotta di
quell'antitesi, che il comune
termine «arte» solo
apparentemente supera; finché da
ultimo, per un miracoloso atto
metafisico della «volontà»
ellenica, appaiono accoppiati l'uno
all'altro e in questo accoppiamento Maschera teatrale di Dioniso
Il teatro di Epidauro
producono finalmente l'opera d'arte
altrettanto dionisiaca che apollinea
L’intuizione è qui fondamentale per comprendere non solo la nascita della tragedia, ma di
della tragedia attica»
tutta l’arte in generale. L’arte è relazione di opposizione ap/dion, come maschio/femmina,
F. NIETZSCHE, La nascita della
sogno/ebbrezza. Quindi la coppia presenta una sua determinazione naturale, radicata nella
tragedia, I
cifra della realtà come lotta di opposti: polarità. In questo senso, la tragedia greca fornisce
uno schema generale di come si sviluppa la creazione artistica, in quanto risultante di una
lotta continua tra elementi in reciproca negazione. L’arte sarebbe allora il momentaneo
punto di incontro di questi elementi in lotta
LA RINASCITA DELLO SPIRITO TRAGICO

I due fondamentali impulsi (o istinti) naturali e artistici che, nell’età greca arcaica, influenzano le vicende
umane in generale e le produzioni artistiche in particolare sono:

SPIRITO APOLLINEO SPIRITO DIONISIACO


Fa capo ad Apollo, dio del sogno Fa capo a Dioniso, dio dell’ebbrezza

Produce un’apparenza illusoria, strutturata in base al


Rivela la realtà oltre l’illusione
principium individuationis

Realtà come unità primigenia e indistinta, come


Apparenza come bellezza, grazia, ordine, armonia
volontà potente e irrazionale

Suscita serenità ed equilibrio Suscita piacere e dolore, esaltazione e orrore

È l’istinto che trasfigura la visione dionisiaca del È l’istinto originario, che si esprime al massimo grado
mondo nella musica
«Il tragico è per Nietzsche la prima formula fondamentale per la sua
conoscenza dell'essere. La realtà è per lui contrasto degli opposti primordiali.
Per questo pathos tragico Nietzsche si pone già all’inizio del suo cammino
filosofico in un contrasto insanabile col cristianesimo. L'insegnamento
cristiano, al quale appartiene essenzialmente l’idea della redenzione, è in
contraddizione non soltanto con gli istinti di Nietzsche ma col suo
sentimento fondamentale, con la disposizione fondamentale della sua vita e
con la sua conoscenza della realtà. In un mondo tragico non c'è alcuna
redenzione, intesa come salvezza di un Ente finito nella sua limitatezza; in
esso c'è soltanto l'inesorabile legge della fine di tutto ciò che è emerso dal
fondo dell’essere nell'esistenza individuata, di ciò che si è strappato
all'agitata vita fluttuante del tutto»
E. Fink, La filosofia di Nietzsche
Eugen Fink con Martin Heidegger

Scoperta del dramma doloroso dell’esistenza, evidente l’influsso di Schopenhauer. Da questa, però,
Nietzsche trae una conclusione diversa. Non si tratta di fuggire questo livello di esistenza, ma di
comprendere come si possa accettare, cioè come si possa essere educati ad esso. E questo va visto in
riferimento a chi ha saputo affrontare tale verità, quindi i greci, intesi come educatori del genere umano, in
parallelo allo stesso Schopenhauer, che ha saputo rivelare il carattere di semplice apparenza della
rappresentazione del mondo
«L'antica leggenda narra che il re Mida insegui a lungo nella foresta il saggio Sileno,
seguace di Dioniso, senza prenderlo. Quando quello gli cadde infine fra le mani, il re
domandò quale fosse la cosa migliore e più desiderabile per l'uomo. Rigido e
immobile, il demone tace; finché, costretto dal re, esce da ultimo fra stridule risa in
queste parole: 'Stirpe miserabile ed effimera, figlio del caso e della pena, perché mi
costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo non sentire? Il meglio è per te
assolutamente irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa
in secondo luogo migliore per te è – morire presto’»
F. NIETZSCHE, La nascita della tragedia, 3

La dimensione tragica dell’esistenza, racchiusa nella rivelazione del Sileno, ripresa in effetti dai
tragediografi, rappresenta in fondo un bivio nell’impostazione del pensiero di N tra Schopenhauer e la
rinuncia a questa vita in nome di una superiore destinazione, e quello che N verrà elaborando già nella Sileno ubriaco, opera
Nascita della tragedia, e negli anni successivi, una dialettica dell'unificazione tra dionisiaco e romana del II sec. d.C.
apollineo, che possa restaurare l’antico spirito della tragedia greca
«Nell'effetto complessivo della tragedia il dionisiaco prende di nuovo il sopravvento; essa si chiude con un accento
che non potrebbe mai risuonare dal regno dell'arte apollinea. E con ciò l'inganno apollineo si dimostra per quel che
è, cioè per il velo che per tutta la durata della tragedia ricopre costantemente il vero e proprio effetto dionisiaco: il
quale è tuttavia così potente, da spingere alla fine lo stesso dramma apollineo in una sfera in cui esso comincia a
parlare con sapienza dionisiaca, e in cui nega se stesso e la sua visibilità apollinea. Così si potrebbe in realtà
simboleggiare il difficile rapporto fra l'apollineo e il dionisiaco nella tragedia con un legame di fratellanza fra le
due divinità: Dioniso parla la lingua di Apollo, ma alla fine Apollo parla la lingua di Dioniso. Con questo è
raggiunto il fine supremo della tragedia e dell'arte in genere»
F. NIETZSCHE, La nascita della tragedia, 21

Come afferma N, l’arte è l’unica giustificazione


dell’esistenza. Per lui è questa la vera lezione della
grecità, che però è andata perduta a causa della
decadenza della tragedia per colpa di Socrate ed Euripide
«La tragedia greca perì in modo diverso da tutti gli antichi generi d’arte affini: morì suicida, in seguito a un
insolubile conflitto, dunque tragicamente […] Dioniso era già stato cacciato dalla scena tragica, cacciato da
una potenza demonica che parlava per bocca di Euripide. Anche Euripide era in certo senso solo maschera:
la divinità che parlava per sua bocca non era Dioniso e neanche Apollo, bensì un demone di recentissima
nascita, chiamato Socrate. È questo il nuovo contrasto: il dionisiaco e il socratico, e l'opera d'arte della
tragedia greca perì a causa di esso.»
F. NIETZSCHE, La nascita della tragedia, 11; 12

La decadenza storica della tragedia e la sua scomparsa hanno per N un


responsabile preciso: Socrate e la sua filosofia razionalista. Egli impone
un’immagine razionale del mondo, l’assenza di ogni tensione tragica e dolorosa
dell’esistere, mancanza di partecipazione emotiva, e quindi di forza e di potenza.

MAURITS C. ESCHER
Mani che disegnano
«[…] potremo ormai avvicinarci all’essenza del socratismo estetico, la cui legge suprema suona a un dipresso:
‘Tutto deve essere razionale per essere bello’, come proposizione parallela al principio socratico: ‘solo chi sa è
virtuoso’»
F. NIETZSCHE, La nascita della tragedia, 12
Socrate incarna, agli occhi di N, il
fondamento del principium
individuationis, che, come già
Schopenhauer prima di lui, era causa
della perdita di quella profondità di
vita che la tragedia rappresentava
nella sua forma suprema. Il motto del
tempio di Apollo, «conosci te stesso»,
costituisce il principio in cui
l’individualità si fissa
definitivamente: il dominio della
coscienza singola, vale a dire della
razionalità

Tempio di Apollo a Delfi


A chi oggi mi diventa ambiguo nei suoi rapporti In questo spirito e nell'alleanza con la potenza, nonché,
col cristianesimo, non dò neanche l’ultimo dito molto spesso, con la più profonda convinzione e lealtà di
delle mie due mani. C'è qui una sola probità: un dedizione, ha scolpito forse le più delicate figure della
«no» assoluto, un «no» della volontà e società umana che siano mai fino ad oggi esistite, le figure
dell'azione . . . Chi sa indicarmi qualcosa di più dell'alto e altissimo clero cattolico, specialmente se queste
confutato, qualcosa, tra tutti i superiori sentimenti traevano la loro origine da una nobile schiatta e fin dal
di valore, di così definitivamente giudicato come il principio rivelavano un'innata grazia di modi […] La
cristianesimo? Aver in esso riconosciuto lo potente bellezza e squisitezza dei principi della Chiesa è
sviamento come sviamento, in esso il grande sempre stata per il popolo una dimostrazione della verità
pericolo, la via verso il nulla, che è riuscita a farsi della Chiesa stessa; un temporaneo abbrutimento del clero
passare come la via verso la divinità – aver (come ai tempi di Lutero) portò sempre con sé la fede nel
riconosciuto questi valori eterni come valori di Contrario. E questo risultato di una umana bellezza e
calunnia – che cosa, se non ciò, costituisce il squisitezza, nell'armonia di figura, spirito e compito,
nostro orgoglio, la nostra distinzione rispetto a due dovrebbe essere anch'esso seppellito con la fine delle
millenni passati? religioni? E niente di più elevato si lascerebbe attingere e
F. NIETZSCHE, Frammenti postumi 1888-1889, neppure ideare?
15 [17] F. NIETZSCHE, Aurora, 60
«[…] per poter comprendere Nietzsche è necessario comprendere anche queste
contraddizioni, perché le sue contraddizioni non sono casuali […] La discrepanza
tra aspirazione e realtà è stata da sempre un elemento propulsivo nel
cristianesimo. Troppo spesso possono coesistere una accanto all’altra senza
toccarsi l’aspirazione, che pretende l’impossibile, e la realtà, che non vi ubbidisce
[…] l’ostilità nei confronti del cristianesimo come realtà è in Nietzsche
inseparabile dal suo effettivo legame col cristianesimo come istanza»
K. JASPERS, Nietzsche e il Cristianesimo

La decadenza della tragedia simboleggia la decadenza dell’intero Occidente, che si


manifesta pienamente nell’affermazione del cristianesimo. È però anche vero, come mostra
tra gli altri Karl Jaspers, che il pensiero di N si rivela contraddittorio nei confronti del
cristianesimo e della chiesa. Da un lato, il cristianesimo offre a Nietzsche un modello di
rigore e slancio verso una superiore concezione dell’uomo, che può anche confrontarsi con
l’uomo tragico greco; dall’altro lato, però, coloro che rivestono questo ruolo si rivelano
infinitamente lontani da questo modello. Un modello che Nietzsche non vuole relegare in un
iperuranio irraggiungibile, ma vuole realizzare nel mondo. A questo la sua futura filosofia
sarà indirizzata
La tragedia, la musica e Wagner
Per una rinascita dello spirito dionisiaco nella modernità.
Speranza e delusione

Potrebbero piacerti anche