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Zohra Vineis VP - Friedrich Nietzsche

1.1 “Considera il gregge che pascola di fronte a te: non sa che cosa sia ieri, che cosa sia domani,
salta di qua e di là, mangia, riposa, digerisce, salta di nuovo, e così dalla mattina alla sera, giorno
dopo giorno……”
Queste le parole con cui si apre il primo capitolo del saggio  “Sull’utilità e il danno della storia per la
vita”, scritto e pubblicato da Friedrich Nietzsche nel 1874.
Per il filosofo, la malattia che affligge l’Ottocento e, in modo particolare , la società tedesca del
tempo, è la cosiddetta “malattia storica”, “l’eccesso storico” , consistente in una eccessiva
mistificazione del passato.
Lo storicismo, atteggiamento in cui si esprime un legame eccessivo con il passato e l’atrofizzazione di
ciò che in ogni cultura è attivo, creativo e nuovo. L’eccesso di storia, la sua idolatria, distrugge la vita
perché imita il passato, lo copia e rinuncia a creare.
Lo storicismo ottocentesco ha fatto dell’uomo un semplice imitatore del passato. Citando Goethe e
Leopardi, Nietzsche si scaglia contro «tutto ciò che istruisce senza spingere all’azione»:
Per capire meglio il suo pensiero filosofico è importante analizzare il contesto storico nel quale
Nietzsche scrive e pubblica il libro. E’ la Germania che ha da poco conseguito la sua unità politica e
sconfitto militarmente la Francia del Secondo Impero. Il Reich tedesco si avvia ad esercitare un ruolo
politico predominante in Europa, in un periodo caratterizzato dalla lunga fase di crisi dell’economia
capitalista concorrenziale nota come Grande Depressione (1873-1896), destinata a produrre
conseguenze profonde sul piano dello sviluppo capitalistico, ma anche sul piano sociale e ideologico.
Per capire Nietzsche è necessario pensare alla filosofia e non alla politica. Infatti egli, ancor più
dell’unità politica, interessa l’unità spirituale, culturale, del popolo tedesco.
L’unificazione potrebbe aprire una prospettiva di rinnovamento del costume capace di contrastare le
tendenze alla “massificazione” della società e della cultura.
Dal punto di vista culturale, egli con la sua critica radicale dello storicismo, dell’idea di progresso, dei
movimenti di massa (che riprende diversi aspetti del pensiero di Kierkegaard e di Schopenhauer)
anticipa alcuni dei temi di una cultura nuova che lascia certezze e valori per affermarne altri spesso di
segno opposto.
Dal punto di vista personale Nietzsche dopo avere conosciuto la filosofia di Schopenhauer ed avere
stretto un forte legame di amicizia con Wagner, pubblica la sua prima opera “filosofica”, la Nascita
della tragedia dallo spirito della musica, che suscita reazioni discordanti. (approfondimento NOTA 1)
Nietzsche introduce nuove forme espressive, nuove forme di comunicazione filosofica: saggi, aforismi
(brevi e folgoranti da interpretare come il più conosciuto “Bisogna avere un caos dentro di sé
per partorire una stella danzante “approfondimento NOTA 2) poesia in prosa, ricca di allegorie (“Così
parlò Zarathustra, approfondimento NOTA 3). E’ un filosofo con un carattere complessivamente
asistematico, con diverse interpretazioni possibili.
Ritornando all’antistoricismo nicciano, il filosofo non fa una critica della storia in sé stessa, bensì di
quel modo per nulla costruttivo di intendere la vita come posta al servizio della storia e di non saper
cogliere, viceversa, l’importanza del porre la storia al servizio della vita.
La storicizzazione degli eventi, fa perdere l'esperienza diretta tragica della guerra e fa sì che gli uomini
dimenticato il dolore patito, unitamente al contenuto dei suoi orrori, storicizzandola.
Quando si ripresenterà una occasione bellica, quell’ esperienza sarà dimenticata e di nuovo ritornerà
a vivere la stessa esperienza senza avere in sé il ricordo che lo potrebbe salvare .
In questo caso il ricordo è utilità della storia che serve alla vita.
Per vivere in maniera felice e necessario dimenticare il passato, ma non nel senso di dimenticare
l'esperienza tragica, ma la ricostruzione storica del passato che lo allontana da lui .
La storia è una malattia che limita le potenze vitali degli individui e delle azioni .
Ecco perché lo scrittore apre il suo saggio facendo un paragone  tra la bestia e l’uomo: l’animale,
privo di memoria e ricordi, non sente su di sé il peso del passato, è libero di vivere il presente, un
presente fatto di una piccolissima ma costante ed ininterrotta felicità, al contrario dell’uomo che, ha
la facoltà del ricordare, è destinato ad una perenne sofferenza , un dolore che lo “blocca”,
impedendogli la felicità. (approfondimento NOTA 3)
1.2 L’analisi di Nietzsche si avvale del confronto tra l’animale e l’uomo che ricorda Leopardi nel
Canto notturno di un pastore errante dell’Asia. Nietzsche descrive il diverso atteggiamento che
l'uomo ha rispetto alla grandezza della natura , diverso dall' atteggiamento che può avere il gregge in
quanto privo di coscienza , inconsapevole del suo destino vive nella sua naturalità. L'uomo di fronte
all’ immensità dell'universo è spaventato per la sua piccolezza. Il tono della narrazione è molto
lontano da un trattato filosofico, è un pensiero poetico.
2.1 L'uomo si meraviglierà di se stesso per il fatto di non poter imparare a dimenticare. Mentre l
animale ha la capacità di dimenticare ,l'uomo ha la memoria del passato.
Vivere “in modo storico” significa non godere dell' istante presente perché troppo legati al passato.
L'uomo invidia l'animale , vorrebbe vivere come lui ma non è in grado , l'uomo si fa carico del
passato, l'uomo ricorda , ed è proprio questo il più grande ostacolo verso la felicità , perché la felicità
vera , grande o piccola che sia , può esistere solo se vissuta in un tempo non storico , in un tempo
presente. La memoria dell'uomo è lunghissima e il rischio è di far perdere all'uomo la felicità degli
istanti .
2.2 L'uomo invidia la bestia che vede ogni attimo sparire per sempre , l'animale vive in modo non
storico perché esso nel presente, è come un oggetto, non finge, non nasconde nulla e appare in ogni
momento esattamente come ciò che è .
L'uomo è oppresso, schiacciato dal passato e ciò rende la sua vita insopportabile, egli è commosso
nel vedere il gregge che pascola o il bambino che non ho ancora niente di passato da rinnegare e
gioca in beatissima cecità.
E’ decisamente opportuno cercare di tendere al tempo non-storico , cercare di dimenticare il passato,
poiché è quella condizione in cui un artista produce un'opera .
Nietzsche affronta il tema della storia, l'uomo ancora una volta deve trovare il giusto equilibrio, se
farà della storia una scienza pura sbaglierà, la storia non deve essere al centro della vita ma allo
stesso tempo non deve essere completamente dimenticata. (approfondimento NOTA 4)
3.1 Il significato del titolo della 2^ Inattuale “Sull’utilità e il danno della storia per la vita”, esprime
chiaramente la questione che Nietzsche intende affrontare. Potremmo formularla in questi termini: la
storia – intesa come ricordo, conoscenza e studio del passato – è utile o nociva per un uomo, un
popolo e una civiltà? Essa costituisce una condanna o una risorsa per l’uomo? Si può sciogliere il
dilemma in un senso o nell’altro, oppure vi è un limite oltre il quale la storia da utile può diventare
dannosa?
Le suddette Considerazioni sono “inattuali”, insomma, perché sono contro l’opinione allora corrente,
perché mirano più a gettar le basi per un futuro migliore.
Il titolo  dell’opera esprime la questione che Nietzsche intende affrontare nel suo scritto, ovvero le
opzioni  e i limiti che la storia, intesa non solo come conoscenza del passato,  ma anche come ricordo
e memoria, offre all’uomo.
L'uomo quindi deve essere in grado di poter dimenticare sia per poter essere felici ma anche per
potere mantenere la sua salute , un uomo che non dimentica nulla andrebbe incontro alla follia, il
segreto sta proprio qui, nel giusto equilibro tra il saper dimenticare il saper ricordare, nessuno dei
due aspetti deve prevalere in maniera estrema altrimenti l'essere umano arriva a perdere se stesso.
APPROFONDIMENTI
(approfondimento NOTA 1)
L'obiettivo di Nietzsche fu quello di individuare un'alternativa ai "valori" decadenti esaltati dal
Positivismo e il nucleo essenziale dell'interpretazione della vita come realizzazione che dipende
dall'affermazione, sono da rintracciare nei suoi studi sulla filosofia greca  e in particolare sulla critica
al modo in cui gli accademici del tempo trattavano la cultura classica ridotta a pura curiosità.
Per comprendere quindi i temi salienti della filosofia di Nietzsche, bisogna partire proprio da
"La nascita della tragedia", opera che fu all’epoca molto criticata. Nietzsche, infatti, sosteneva che
l'idea che noi moderni abbiamo della Grecia antica è del tutto sbagliata e  che questo dipende dal
fatto che gli storiografi avevano da sempre trasmesso l'immagine di una cultura greca incentrata
sull'idea del bello e della razionalità. L'attacco che Nietzsche rivolge a questa interpretazione falsa
data dagli storiografi ha un solo intento: dimostrare che il vero spirito greco non è quello delle forme
perfette riconducibili al periodo classico e per fare questo Nietzsche si prefigge di spiegare le origini
della tragedia attica.
Ne "La nascita della tragedia" troviamo tutte le "figure" presenti nelle opere filosofiche successive in
cui il "paradosso", la contrapposizione  trovano la loro spiegazione nella metafora
di Apollo e Dioniso. Lo spirito greco quindi -secondo il filosofo tedesco- trae le origini nella
contrapposizione di due principi opposti: il dionisiaco quale espressione massima dell'ebbrezza e
dell'istintività e l'apollineo definito "il mondo perfetto dell'intuizione".
Dioniso rappresenta il caos, l'ebbrezza ma anche la definitiva liberazione dalla propria individualità e
la riunione con la natura. Dioniso è la divinità che non ha limite che produce dolore, il dio che crea e
distrugge e nel contempo pietrifica, la divinità che si manifesta nella danza e nella musica; Apollo è la
figura che invece esige chiarezza, forma, misura e precisione, il dio delle forme razionali che si
materializzano nella scultura e nell'architettura.
La nascita della tragedia viene definita da Nietzsche come l'unità originaria dove Apollo e Dioniso
erano paradossalmente la ragione stessa di un equilibrio che, seppur precario, non poteva esistere
senza la presenza di entrambi. Tuttavia in questo equilibrio necessario delineato da Nietzsche, la
figura di Dioniso assume un ruolo centrale: la tragedia nasce grazie alla liberazione delle pulsioni vitali
ed istintive messe in atto da Dioniso che non potrebbe arrivare a manifestarle senza Apollo,
indispensabile per dare forma all'istinto ma assolutamente mancante di creatività.
Quel che è importante comprendere è che per Nietzsche Apollo non ha senso senza Dioniso e
viceversa Dioniso non può manifestarsi in forma compiuta senza Apollo, la tragedia attica è il
momento in cui Apollo parla la lingua di Dioniso, è la fase del rapimento estatico che, grazie
all'elemento musicale, è sogno e incantesimo. Ma se Nietzsche delinea in modo puntuale la nascita
della tragedia individua anche il responsabile della sua morte: Euripide che eliminando la musica dalla
tragedia ne ha deliberato la sua fine, una tragedia senza l'elemento dionisiaco per eccellenza perde la
sua stessa ragione d'essere. È Euripide colui il quale inaugura la stagione dell'ottimismo e della
razionalità, un uomo così non può comprendere la "gaya scienza" ed è ostile al pessimismo della
tragedia e al senso di sofferenza che aveva il greco delle origini. Colui il quale però ha eliminato
qualsiasi possibilità di rinascita della tragedia è Socrate che fa irruzione nel palcoscenico dove veniva
rappresentata la tragedia per cacciare qualsiasi elemento irrazionale; dalle sue idee troverà
ispirazione Platone considerato da Nietzsche l'iniziatore del romanzo nel quale si mescola dramma e
tensione emotiva, lirica e prosa. E con il razionalismo socratico e le idee di Platone nascerà una
cultura debole che condizionerà per sempre il pensiero occidentale.
Nietzsche sembra ipotizzare l'idea della rinascita della tragedia in epoca moderna ed individua nella
musica di Wagner, nella filosofia di Kant e di Schopenauer gli elementi che permettono alla grecità di
risorgere, ma questa ipotesi sarà abbandonata quando si verificò il definitivo distacco da Wagner.
La Grecia antica per il filosofo tedesco ha sempre rappresentato  il vertice di ogni civiltà e il tentativo
di annientarla nasceva solo dall'invidia e dal risentimento di chi ne percepiva la profonda distanza e
superiorità.
(approfondimento NOTA 2)
Come ben sappiamo Nietzsche si opponeva con tutte le sue forze all'ordine, la razionalità e l'idea di
verità. Avere un caos dentro di sé vuol dire essere folli, aperti, irruenti come un fiume in piena. Solo
in questo modo si potrà generare una stella danzante, ovvero un qualcosa di magnifico, di
inconsueto, un qualcosa che, utilizzando le parole di Nietzsche, vada "al di là del bene e del male".
Solo se si è folli si può strabordare di umanità, di spirito dionisiaco, e solo in questo modo si potrà
essere degli oltreuomini, i quali potranno costruire una nuova epoca lontani dalle ipocrisie e dalla
fredda staticità cui ci costringe la nostra epoca attuale. La stella danzante siamo noi stessi, ovvero
"diventa ciò che sei".
E' il “ sii te stesso” di Oscar Wilde, oppure l' “ esci dalla caverna” di Kant. Indaga profondamente la
tua vita ed arriva a conoscere l' essenza di te. Sii consapevole della tua condizione mortale e prendi
coscienza della tua limitatezza , della tua finitezza e della tua debolezza morale .Percepisci il mistero
della condizione umana. Pascal diceva “sii grande nella misura in cui ti riconosci miserabile”.
Personalmente credo che ci siano due interpretazioni alla storica frase nicciana. La prima è che
l'individuo deve sviluppare i suoi talenti latenti, deve trovare un ruolo che si adatti a lui nella vita e
vivere in modo accettabile, senza timori. La seconda interpretazione è che noi siamo già persone
illuminate, ma dobbiamo sforzarci a realizzarlo. In sostanza il nostro problema non è DIVENTARE nel
senso di cambiare ciò che siamo ora in qualcosa di migliore, ma ESSERE. Una volta raggiunto l'essere,
siamo già diventati qualcosa.
(approfondimento NOTA 3)
La consapevolezza e il senso del tempo, conclude Nietzsche, non rendono un buon servizio alla vita:
non rendono felici. Per vivere il presente, occorre dimenticare il passato. Un eccesso di memoria
ostacola la vita. Quale è dunque la buona memoria? Quella che rende il presente più ricco e fecondo
di prospettive.
C’è bisogno di oblio per essere felici: “L’uomo chiese una volta all’animale: perché non mi parli della
tua felicità e soltanto mi guardi? L’animale dal canto suo voleva rispondere e dire: ciò dipende dal
fatto che dimentico subito quel che volevo dire – ma subito si dimenticò anche questa risposta e
tacque; sicché l’uomo se ne meravigliò.”
Bisogna saper dimenticare il passato per poter agire efficacemente sul presente.
Nella sua opera “Così parlò Zarathustra”, Nietzsche nomina Zarathustra a portavoce delle proprie
idee. I temi di base di Zarathustra sono il superuomo (lo Übermensch), la volontà di potenza e
l’eterno ritorno dell’eguale.
E’ l’opera che apre la terza fase della filosofia di Nietzsche, quella del meriggio: matura
la consapevolezza che con l’eliminazione del mondo vero è stato tolto di mezzo anche il mondo
apparente; una concezione, quest’ultima, di origine platonica, secondo cui il mondo reale altro non è
che la copia brutta di un mondo vero, metafisico, immutabile e perfetto.
Dal punto di vista stilistico, c’è l’abbandono dell’aforisma; così Nietzsche costruisce un poema in
prosa, dal carattere biblico, dal tono profetico, ricco di immagini e parabole.
Zarathustra, o Zoroastro, è il profeta persiano, vissuto probabilmente tra il 1000 e il 600 a.C,
fondatore dello Zoroastrismo. Zarathustra è il primo che ha tradotto la morale in termini metafisici e
il primo ad accorgersi di questo errore fatale. Egli scende dalla montagna e annuncia la morte di
Dio e l’avvento del superuomo, in virtù del suo amore per gli uomini (“io vi insegno il superuomo”).
Finora gli uomini hanno sempre creato qualcosa al di sopra di loro stessi, mentre ora l’uomo sembra
voler tornare indietro.
Il superuomo (l’Übermensch) di Nietzsche è un nuovo tipo di uomo, non è un uomo potenziato come
lo interpreterà D’Annunzio, non è un uomo evoluto in senso darwiniano, ma è l’uomo che va oltre se
stesso, (Über = sopra, mensch= uomo, oltreuomo) crea nuovi valori, si rapporta in modo nuovo con la
realtà, colui che sa andare oltre la “vecchia umanità” , oltre se stesso (come evidenzia il filosofo
contemporaneo Vattimo). Il superuomo di Nietzsche ancora non è giunto, anche il saggio è un ibrido
tra pianta e fantasma, ed è irriducibile a qualsiasi personaggio del passato.
Il superuomo è il senso della terra […] restate fedeli alla terra e non prestate fede a coloro che vi
parlano di speranze ultraterrene.
Il superuomo di Nietzsche, annunciato da Zarathustra, è contro ogni forma di ascetismo che mortifica
il corpo, la vita per esaltare l’anima e la vita ultraterrena.
Il superuomo sostiene l’accettazione totale della vita: «un tempo l’anima guardava con disprezzo al
corpo»; se il bambino afferma: «io sono anima e corpo», l’uomo desto, cosciente sostiene: «io sono
corpo in tutto e per tutto e l’anima non è altro che una parola per indicare qualcosa del corpo». Il
corpo non è la tomba dell’anima, ma è un modo d’essere concreto dell’uomo.
In verità l’uomo è sporca corrente. Bisogna essere mare per poter accogliere una sporca corrente
senza diventare impuri.
Il superuomo di Nietzsche non si lascia contaminare dal disprezzo della vita, ma la accetta in tutte le
sue forme. Il fanciullo è l’oltre uomo, quella creatura di stampo dionisiaco, capace di dire sì alla vita e
inventare se stessa al di là del bene e del male, in quanto spirito libero.
Nella terza parte di Così parlò Zarathustra, Nietzsche presenta la teoria dell’eterno ritorno
dell’uguale: tutti gli eventi sono destinati a riproporsi infinite volte.
Nella “Gaia scienza” aveva già esposto l’idea della circolarità del tempo: in natura esiste questo
ciclo(alternarsi del giorno-notte, le stagioni…) tutto si ripete nel tempo e nella storia.
Per Nietzsche l’eterno ritorno è una certezza cosmologica (teoria scientifica), una concezione etica
(non è importante come sia il tempo, ma è importante che l’uomo nuovo viva con la convinzione che
“tutto debba ripetersi” ), una “concezione edipica del tempo” cioè lineare, progressiva e teleologica.
“Edipica”(da Edipo che uccise il padre senza saperlo): ogni istante distrugge il successivo.
L’individuo è sempre schiacciato tra passato e presente. La questione deleteria è che l’uomo essendo
nel presente l’uomo non riesce a goderselo perché si aspetta sempre che arrivi qualcosa di più
importante e ciò fa si che egli disprezzi il presente.
L’uomo (il pastore) può trasformarsi in creatura superiore e ridente (il superuomo) solo a patto di
vincere il pensiero dell’eterno ritorno (il serpente, emblema del circolo) e di prendere una decisione
coraggiosa nei suoi confronti (il morso alla testa del serpente).
Nietzsche recupera una concezione precristiana del mondo, la quale presuppone una visione ciclica
del tempo, opposta a quella rettilinea di tipo cristiano-moderno.
Credere nell’eterno ritorno dell’uguale significa ritenere che il senso dell’essere sia nell’essere stesso,
significa vivere la vita come coincidenza di essere e di senso.
L’uomo capace di credere nell’eterno ritorno, è il superuomo (l’Übermensch che uno “stato” di pochi
privilegiati) in grado di vivere la vita come un gioco creativo che ti fa valorizzare il presente
(approfondimento NOTA 4)
Il filosofo distingue tre modi positivi di porsi in rapporto con la storia:
quella monumentale, l’antiquaria e la storiografia critica.
La storiografia monumentale corrisponde all’atteggiamento di chi è attivo e coltiva grandi aspirazioni:
la grandezza fu comunque una volta possibile e perciò anche sarà possibile un’altra volta, è
quindi l’approccio di chi cerca grandi modelli, ma rischia di mitizzare il passato per renderlo degno di
imitazione.
La storiografia antiquaria è coltivata dai conservatori che hanno cura delle proprie origini e assumono
la tutela della tradizione come compito. È la storia come feticcio, come preservazione fine a stessa
che ha come limite il servire il passato fino al punto di mummificare la vita.
Il terzo atteggiamento, quello critico, è proprio di chi è insofferente del passato che vive come un
peso di cui liberarsi. Il critico porta la storia passata davanti al tribunale del presente e pretende di
separarsene drasticamente, perché la storia è per lo più ingiusta: uomini o tempi che servono la vita
in questo modo, giudicando e annientando un passato, sono sempre uomini e tempi pericolosi.
Sarà nell’opera successiva, Umano, troppo umano, che Nietzsche porterà la storiografica critica sul
terreno della genealogia, per mostrare come all’origine dei fatti creduti naturali e dei valori pretesi
eterni ci siano interessi e passioni, cioè la volontà di potenza di individui e gruppi.

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