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L'uomo, per Nietzsche, ha dovuto illudersi per dare un senso all'esistenza, in quanto ha
avuto paura della verità, non essendo stato capace di accettare l'idea che "la vita non ha
alcun senso", che non c'è nessun "oltre" di essa e che va vissuta con desiderio e libero
abbandono pieno di "fisicità". Se il mondo avesse un senso e se fosse costruito secondo
criteri di razionalità, di giustizia e di bellezza, l'uomo non avrebbe bisogno di auto-illudersi
per sopravvivere, costruendo metafisiche, religioni e morali. L'umanità occidentale,
passata attraverso il cristianesimo, percepisce ora un senso di vuoto, trova che "Dio è
morto", cioè che ogni costruzione metafisica vien meno davanti alla scoperta che il mondo
è un caos irrazionale. Fino a che non sorgerà l'Oltreuomo, cioè un uomo in grado di
sopportare l'idea secondo cui l'Universo non ha un senso, l'umanità continuerà a cercare
dei valori assoluti che possano rimpiazzare il vecchio dio (inteso come qualsiasi tipo di
realtà ultraterrena e non come semplice entità quale potrebbe essere il Dio cristiano); dei
sostituti idolatrici quali, ad esempio, lo Stato, la scienza e il denaro. [10]
Nel primo testo filosofico di Nietzsche La nascita della tragedia del 1872, che è anche una
messa a fuoco della sua cultura classica e della mitologia greca, egli concentra la sua
attenzione sulle origini del teatro nell'antica Grecia. Si serve di e teorizza perciò due
concetti-base, che diverranno poi "ideologici" per lo stesso autore e portatori di numerosi
valori, lo spirito dionisiaco e lo spirito apollineo. Il dionisiaco (dal dio Dioniso) in quanto
“ebbrezza” rappresenta l'elemento dell'affermazione della vita, della spontaneità,
dell'istinto umano, della giocosità e raffigurerà nelle successive opere la volontà di
potenza. È l'impulso che esprime la forza vitale propria dell'oltreuomo nella sua totale
libertà, l'ebbrezza che trova la sua manifestazione più compiuta nella musica e nella
danza.[10]
Secondo Nietzsche la decadenza è il rifiuto dell'amore per la vita e della creatività, della
spontaneità del vivere naturale e nello stesso tempo "tragico", dunque dello spirito dionisiaco. Per
lui colui che per primo ha condizionato negativamente la civiltà occidentale verso questo
annullamento della vita è stato Socrate: l'errore di Socrate è di aver sostituito alla vita il pensare
alla vita e la conseguenza di ciò è il non-vivere. Socrate ritiene che la ragione sia l'essenza
dell'uomo e che le passioni, residuo di animalità, possano e debbano essere dominate.
Per Socrate una vita fondata sulla ragione è una vita felice, mentre una vita dominata dalle
passioni è destinata a dolorosi conflitti e turbamenti.[10] Anche Platone ha indirizzato la vita verso
un mondo astratto e irreale, e in questo processo di decadenza si inserisce poi il Cristianesimo.
Quest'ultimo ha prodotto un modello di uomo malato e represso, in preda a continui sensi di colpa
che avvelenano la sua esistenza, dettati dal motto cristiano del continuo pentimento e della
richiesta implorata di salvezza e perdono. Perciò l'uomo cristiano, al di là della propria maschera di
serenità, è psichicamente tormentato, nasconde dentro di sé un'aggressività rabbiosa contro la vita
ed è animato da risentimento contro il prossimo. Nietzsche crea in questo periodo le metafore del
guerriero e del sacerdote: il primo rappresenta il manifestarsi della volontà di potenza, il secondo
invece, timoroso dei propri mezzi, costituisce il "sottomesso" che a una morale dei forti, antepone
una morale dei deboli, facilmente accessibile, che costituisce la negazione vera e propria
dell'incondizionata gioia di vivere.[
propugna l'avvento di un nuovo tipo di uomo, individualista e capace di liberarsi dai pregiudizi e
dai vecchi schemi, di smascherare con il metodo genealogico l'origine umana troppo umana dei
valori, nonché di farsi consapevole creatore di valori nuovi: l'oltreuomo.
Per Nietzsche ogni momento del tempo, cioè l'attimo presente, va vissuto in modo spontaneo,
senza continuità con passato e futuro, perché passato e futuro sono illusori: infatti ogni momento si
ripete identico nel passato e nel futuro, come un dado che, lanciato all'infinito (poiché il tempo è
infinito), darà un numero infinito di volte gli stessi numeri, in quanto le sue scelte sono un numero
finito.