Sei sulla pagina 1di 10

NIETZSCHE (1894-1900)

VITA

Friedrich Wilhelm Nietzsche nasce a Lipsia nel 1894. Il padre muore quando lui ha solo cinque
anni. Il padre a il nonno erano due pastori protestanti, ma lui, seppur studiando teologia, non
diventa pastore. Si distingue fin da giovane per il suo rispetto delle regole. A 24 anni era già
docente universitario di lingua e letteratura greca, a Basilea, in Svizzera. Burckhardt era collega di
Nietzsche. Nietzsche soffre di problemi di salute che non gli permettono di continuare la
professione, nel frattempo scrive molto, più sta male più scrive, fino al 1889 in questo anno c’è il
tracollo, seppure le sue opere iniziano ad avere successo, lui inizia uno stato vegetativo, fino alla
morte nel 1900.

Il pensiero di Nietzsche non è né democratico né egualitario. Tuttavia non si è mai interessato di


politica. Non c’è un vero antisemitismo per come lo intendiamo oggi, ma effettivamente c’è un
rifiuto della religione ebraica e del modo in cui essi hanno visto la morale. Può venire considerato
precursore del nazismo, tuttavia in realtà ha solo prestato le idee.

Nel 1933, la sorella invita Hitler a visitare il museo di Nietzsche. Ella ha curato la pubblicazione
dell’ultima opera del fratello, dando probabilmente un orientamento diverso da quello che egli
poteva intendere. Quindi anche la sorella ha contribuito a dare questa idea di precursore del
nazismo a Nietzsche.

L'opera di Nietzsche viene convenzionalmente suddivisa in alcune fasi, le quali tuttavia non vanno
intese alla stregua di scansioni rigide, ma come tappe transitorie di un pensiero in divenire che
riunisce in sé stesso rottura e continuità.

OPERE E PERIODI

 Gli scritti giovanili del periodo wagneriano-schopenhaueriano (1872-1876): La nascita della


tragedia (1872), le quattro Considerazioni inattuali (1873-1876) e alcune opere inedite, tra
cui La filosofia nell'epoca tragica dei Greci (1873) e Su verità e menzogna in senso
extramorale (1873).
 Gli scritti intermedi del periodo "illuministico" o "genealogico" (1878-1882): Umano,
troppo umano (1878-1880), Aurora (1881), La gaia scienza (1882), Gli idilli di Messina
(1882) e una serie coeva di frammenti pubblicati postumi.
 Gli scritti "del meriggio" o "di Zarathustra" (1883-1885): Così parlò Zarathustra e i relativi
frammenti pubblicati postumi.
 Gli scritti degli ultimi anni o "del tramonto" (1886-1889): Al di là del bene e del male (1886),
Genealogia della morale (1887), Il caso Wagner, Crepuscolo degli idoli, L'Anticristo, Ecce
homo, Nietzsche contra Wagner (tutti del 1888).
PERIODO GIOVANILE

Sui 20 anni Nietzsche legge Il mondo come volontà e rappresentazione di Schopenhauer,


rendendosi però conto che il suo pensiero non combacia totalmente col proprio. Infatti Nietzsche
rifiuta totalmente la terza via di liberazione, l’ascesi. Instaura anche un’amicizia con il compositore
musicale Wagner, la quale però sarà destinata a interrompersi. Questo periodo è importante e si
costituisce da due fasi: il tema dell’arte e quello della storia.

Se da Schopenhauer Nietzsche deriva la tesi del carattere doloroso e «raccapricciante» dell'essere,


di Schopenhauer respinge la tematica dell'ascesi, contrapponendo alla noluntas
schopenhaueriana, fin dall'inizio, un atteggiamento di entusiastica accettazione dell'essere nella
globalità dei suoi aspetti. Di Schopenhauer, Nietzsche critica anche il modo di conoscere, perché la
rappresentazione è legata all’uso delle forme a priori, è una modalità troppo razionale. Nietzsche
non si inserisce in nessuna corrente filosofica, così come non si può considerare né ottimista né
pessimista.

LA NASCITA DELLA TRAGEDIA DALLO SPIRITO DELLA MUSICA

Nel 1862 pubblica La nascita della tragedia dallo spirito della musica. Quest’opera viene molto
contestata dai colleghi, perché parla della cultura greca in termini opposti ai consueti. Nietzsche
afferma che la cultura greca non è nata con armonia, perfezione, proporzione, ma sostiene che
all’origine di questa cultura c’è il caos, l’irrazionalità, il disordine.

Il motivo centrale della Nascita della tragedia è la distinzione tra apollineo e dionisiaco. Con
questa coppia di opposti (che si concretizza in altre sottocoppie, come forma-caos, stasi-divenire,
finito-infinito, sogno-ebbrezza, luce-oscurità, serenità-inquietudine) Nietzsche intende indicare,
innanzitutto, i due impulsi di base dello spirito e dell'arte greci.

o L'APOLLINEO, che scaturisce da un impulso alla forma e da un atteggiamento di fuga di


fronte al divenire, si esprime nelle forme limpide e armoniche della scultura e della poesia
epica.
o Il DIONISIACO, che scaturisce dalla forza vitale e dalla partecipazione al divenire, si esprime
nell'esaltazione creatrice della musica e della poesia lirica.

Apollo è il dio del carro del sole, della luce, della pittura, scultura, poesia; Dioniso è il dio
dell’ebrezza, del vino, della festa. Essi rappresentano due atteggiamenti di porsi davanti alla vita. Il
modo apollineo è ciò che è finito, che ha un contorno, luce; il modo dionisiaco è l’opposto,
esuberanza, esaltazione della vita.

Lo spirito apollineo è la “rappresentazione” di Schopenhauer, lo spirito dionisiaco corrisponde alla


“volontà”.

Il vero spirito originale per Nietzsche è quello dionisiaco. Tuttavia l’uomo ha bisogno di tenere
sotto controllo il dionisiaco, quindi interviene quello apollineo.
Nel mondo greco c’è stata la prodizione artistica della tragedia, che noi ancora oggi apprezziamo.
Nietzsche riflette sull’antica tragedia greca. In quest’epoca sono vissuti Eschilo e Sofocle
(L’Antigone), che stima, ed Euripide, che critica. I primi due sono riusciti a realizzare l’equilibrio
perfetto tra spirito apollineo e dionisiaco. Nelle loro tragedie la parte dionisiaca, quella del caos,
della passione, dell’esuberanza della vita, viene come trasfigurata e sublimata nella parte
apollinea, senza che però sia condannata, messa da parte, schiacciata.

La tragedia greca era costituita da una parte cantata, quella del coro che eseguiva danze e
cantava. Secondo Nietzsche il coro è la parte che esprime il dionisiaco. Poi c’è la parte recitata, che
esprime lo spirito apollineo, cioè razionale. Dunque nella tragedia greca, spirito dionisiaco e
apollineo trovano un equilibrio perfetto.

Eschilo e Sofocle riescono a stabilire un equilibrio anche tra parte recitata, ossia apollinea, e
cantata, ossia dionisiaca. Euripide invece inserisce al centro delle sue tragedie, come protagonista,
l’uomo insicuro si sé, che si ripiega su sé stesso, quotidiano. Egli aggiunge anche il numero di
attori, quindi la parte razionale prevale. Secondo Nietzsche, Euripide ha dato più importanza allo
spirito apollineo, facendo sparire l’equilibrio tra i due spiriti. Questa prevalenza deriva dal fatto
che Euripide si è lasciato influenzare da Socrate, il filosofo più importante del suo periodo, il V
secolo a.C. Quindi inizia la decadenza della civiltà, perché è lo spirito dionisiaco il più importante.

Wagner, compositore musicale e amico di Nietzsche, scrive delle tragedie che ricreano le stesse
situazioni della tragedia di Eschilo e Sofocle, con il giusto equilibrio tra i due spiriti. È attraverso la
musica, che infatti si può far rinascere la tragedia. Wagner però, agli occhi di Nietzsche, inizia a
comporre per compiacere il pubblico, cosa che porta Nietzsche ad interrompere l’amicizia.

Etimologia di tragedia: Nietzsche dice che trage- viene da tragos (uomini che durante i riti di
Dioniso indossavano dei capri, pelli di capre); -dia viene da ado (io canto). Ciò dimostra che la
tragedia viene appunto dallo spirito dionisiaco.

Nietzsche è sempre stato sostenitore del dionisiaco, esaltazione della vita, della passione, della
creatività. Tuttavia è consapevole che lo spirito dionisiaco è anche fonte di dolore, quindi
riconosce che l’uomo ha bisogno di trovare delle certezze.

Di fronte a queste due possibilità, la scelta di Nietzsche è quella di essere un discepolo di Dioniso,
poiché in quell'antica figura greca egli vede il simbolo del «sì» totale al mondo. Dioniso è il dio
dell'ebbrezza e della gioia, il dio che canta, ride e danza. Egli è l'incarnazione di tutte le passioni
che affermano la vita e il mondo.

Per Nietzsche la vita è dolore, lotta, distruzione, crudeltà, incertezza, errore. Essa non ha ordine,
né scopo; il caso la domina e i valori umani non trovano in essa garanzie precostituite. Due
atteggiamenti sono allora possibili: rinuncia e accettazione.

Soltanto l'arte riesce a comprendere veramente il mondo, che è una sorta di gioco estetico e
tragico. Da questo periodo giovanile, si deduce che per Nietzsche è importantissima l’arte. Essa
può essere come un’ancora per l’uomo, che gli permette di affrontare la vita.
CONSIDERAZIONI INATTUALI

Scrive quest’opera nel periodo giovanile, scrivendo pensieri inattuali, idee non diffuse e non
condivise. Nella seconda considerazione inattuale, ossia Sull’utilità e il danno della storia per la
vita, egli tratta il tema della storia, Marx, il positivismo, la scuola di Francoforte, Freud. Nietzsche
manifesta una visione critica della storia, scrive negli anni 70 e in quel periodo c’era un interesse
enorme per la storia, alla ricerca dei fatti, nei dettagli, erudizione e nozionismo. Secondo Nietzsche
questo non va bene, allora è inattuale e dice che bisogna diminuire l’importanza della ricerca
storica, perché si è accorto che questo interesse eccessivo porta l’uomo a sentirsi inattivo, a
svalutarsi, ad agire di meno, a non sentirsi protagonista.

Gli uomini si sentono come degli epigoni. L’epigono è il discepolo poco importante, di poco valore,
che non si distingue. Gli uomini dell’ottocento finiscono allora per pensare di essere degli epigoni,
perché gli uomini importanti sono già vissuti e smetteranno anche di pensare ad agire. Non c’è
quindi il rifiuto della storia, ma il rifiuto del fatto che essa porta l’uomo a non agire.

Secondo Nietzsche, nella vita è indispensabile il “fattore oblio”, 1) perché senza una certa dose di
incoscienza non c'è felicità e, 2) perché per poter agire efficacemente nel presente occorre saper
dimenticare il passato.

Secondo Nietzsche ci sono tre modi per approcciarsi alla storia: essi corrispondono a tre bisogni
dell’uomo. Questi tre modi sono da usare tutti, capendo quando è il momento di usare uno e
quando usare l’altro.

o La STORIA MONUMENTALE è propria di chi guarda al passato per cercarvi modelli e


maestri che non scorge nel presente: essa compete quindi a chi è attivo e nutre aspirazioni,
ovvero a colui che dall'osservazione dei monumenti trascorsi deduce che si può brillare di
nuovo. Aspetti negativi: tende a mitizzare o ad abbellire il passato cancellandone alcuni
accadimenti, oppure stimola il coraggioso alla temerarietà e l'entusiasta al fanatismo.
o La STORIA ANTIQUARIA è propria di chi guarda al passato con fedeltà e amore, al punto
da riconoscersi frutto ed erede di una tradizione che lo giustifica: essa compete quindi a chi
preserva e venera. Aspetti negativi: è sempre pronta a degenerare in «cieca furia
collezionistica», quindi tende a «mummificare» la vita, ossia è propensa a paralizzare
l'agire e a ostacolare ogni progetto di cambiamento.
o La STORIA CRITICA è propria di chi guarda al passato come a un peso da cui liberarsi per
poter vivere: essa compete quindi a chi soffre e sente la necessità di rompere con il
passato, allo scopo di rifarsi daccapo. La storia critica trascina il passato davanti a un
tribunale, lo interroga scrupolosamente e, infine, lo condanna. Chi giudica, in questo caso,
non è la giustizia, ma la vita stessa, la quale è sempre ingiusta, poiché la sua sentenza non
scaturisce da una pura sorgente di conoscenza, ma dalle passioni che la costituiscono.
Tuttavia, il più delle volte la sentenza sarebbe la stessa se la Giustizia in persona l'avesse
pronunziata. Aspetti negativi: ha la presunzione di poter recidere il passato «con il
coltello», dimenticando che noi siamo il risultato delle scelte delle precedenti generazioni e
che non è possibile liberarsi totalmente dal loro condizionamento.
PERIODO ILLUMINISTICO

Gli illuministi hanno spirito critico, a differenza dei positivisti. In Nietzsche non si trovano tuttavia
tutti i contenuti dell’illuminismo del 700, ma lo spirito critico sì.

UMANO, TROPPO UMANO

Qui Nietzsche afferma che dietro alle affermazioni più solenni e dietro ai comportamenti migliori e
nobili, si celano delle motivazioni umane, anche troppo umane. Quindi Nietzsche vuole
smascherare le vere motivazioni che stanno dietro alle apparenze positive. Dietro alle generosità
si celano dei meschini interessi egoistici.

La metafisica è un insieme di certezze, ma essa è un inganno perché nasconde la sofferenza e il


dolore della vita, fa dimenticare lo spirito dionisiaco. Quindi essa è una menzogna. Anche e
soprattutto la religione è una menzogna: Dio è la più antica delle bugie vitali

Nietzsche diviene quindi "illuminista" e dedica la prima edizione di Umano, troppo umano a
Voltaire. Illuminista, si intende, non perché dotato della ingenua fiducia, sia settecentesca che
positivista, nella ragione e nel progresso, ma perché impegnato in un'opera di critica della cultura
tramite la scienza. Per "scienza", infatti, il filosofo non intende l'insieme delle scienze particolari (a
cui egli appare comunque interessato), bensì un metodo di pensiero in grado di emancipare gli
uomini dagli "errori" che gravano sulle loro menti.

Il metodo storico-genealogico nietzschiano assume la forma concreta di una «chimica delle idee e
dei sentimenti», impegnata a far scaturire un determinato atteggiamento proprio dal suo opposto
(la verità dalla menzogna, l'altruismo dall'egoismo ecc.) e a mettere a nudo le matrici umane,
«troppo umane», dei cosiddetti valori "sovrumani".

Nietzsche sostiene che la scienza debba mettersi in discussione per definirsi tale. È nei principi
stessi della scienza mettersi in discussione. È questo l’aspetto che lui recupera dalla scienza, ossia il
confutabile.

Il filosofo francese Paul Ricœur, specializzato nell’ermeneutica, sostenne che Marx, Freud e
Nietzsche sono i filosofi del sospetto. Essi ci inducono ad essere sospettosi.

Dove noi vediamo l’altruismo, Nietzsche ci induce a pensare che dietro c’è dell’egoismo,
dell’interesse personale. Dietro la verità, c’è sempre la menzogna. Anche la metafisica, che si
presenta come verità, non è tale.

Nietzsche afferma che la vita dell’uomo deve essere come un esperimento: l’uomo del suo tempo,
che si aspetta che tutto avvenga sempre secondo i suoi piani, dovrebbe pensare di trovarsi come
di fronte ad un esperimento, ossia pensare che l’esito non sia mai certo.

La fiducia nel processo è criticata da Nietzsche perché è fin troppo cieca, andrebbe contro la
transitorietà e l’incertezza.
I concetti (o le "figure") in cui si concretizza la filosofia illuministica di Nietzsche sono lo spirito
libero e la filosofia del mattino. Lo spirito libero si identifica con il «viandante», ossia con colui che,
grazie alla scienza (una «gaia» scienza, dai tratti liberanti) riesce ad emanciparsi dalle tenebre del
passato, inaugurando una «filosofia del mattino» basata sulla concezione della vita come
transitorietà e come libero esperimento senza certezze precostituite. Lo spirito libero è come
dovrebbe essere l’uomo.

AFORISMA 125

Un aforisma è una frase breve ma ricca di significato. Per tutto il periodo illuministico, Nietzsche si
serve di aforismi.
Avete sentito di quel folle uomo che accese una lanterna alla chiara luce del mattino, corse al mercato e si mise a gridare incessantemente: "Cerco
Dio! Cerco Dio!". E poiché proprio là si trovavano raccolti molti di quelli che non credevano in Dio, suscitò grandi risa. "È forse perduto?" disse uno.
"Si è perduto come un bambino?" fece un altro. "Oppure sta ben nascosto? Ha paura di noi? Si è imbarcato? È emigrato?" - gridavano e ridevano in
una gran confusione. Il folle uomo balzò in mezzo a loro e li trapassò con i suoi sguardi: "Dove se n'è andato Dio? - gridò - ve lo voglio dire! Siamo
stati noi ad ucciderlo: voi e io! Siamo noi tutti i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto questo? Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino
all'ultima goccia? Chi ci dette la spugna per strusciar via l'intero orizzonte? Che mai facemmo, a sciogliere questa terra dalla catena del suo sole?
Dov'è che si muove ora? Dov'è che ci muoviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E all'indietro, di fianco, in avanti, da
tutti i lati? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si
è fatto più freddo? Non seguita a venire notte, sempre più notte? Non dobbiamo accendere lanterne la mattina? Dello strepito che fanno i becchini
mentre seppelliscono Dio, non udiamo dunque nulla? Non fiutiamo ancora il lezzo della divina putrefazione? An che gli dèi si decompongono! Dio è
morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di più sacro e di più possente il
mondo possedeva fino ad oggi, si è dissanguato sotto i nostri coltelli; chi detergerà da noi questo sangue? Con quale acqua potremo noi lavarci?
Quali riti espiatori, quali giochi sacri dovremo noi inventare? Non è troppo grande, per noi, la grandezza di questa azione? Non dobbiamo noi stessi
diventare dèi, per apparire almeno degni di essa? Non ci fu mai un'azione più grande: tutti coloro che verranno dopo di noi apparterranno, in virtù
di questa azione, ad una storia più alta di quanto mai siano state tutte le storie fino ad oggi!". A questo punto il folle uomo tacque, e rivolse di
nuovo lo sguardo sui suoi ascoltatori: anch'essi tacevano e lo guardavano stupiti. Finalmente gettò a terra la sua lanterna che andò in frantumi e si
spense. "Vengo troppo presto - proseguì - non è ancora il mio tempo. Questo enorme avvenimento è ancora per strada e sta facendo il suo
cammino: non è ancora arrivato fino alle orecchie degli uomini. Fulmine e tuono vogliono tempo, il lume delle costellazioni vuole tempo, le azioni
vogliono tempo, anche dopo essere state compiute, perché siano vedute e ascoltate. Quest'azione è ancora sempre più lontana da loro delle più
lontane costellazioni: eppure son loro che l'hanno compiuta!". Si racconta ancora che l'uomo folle abbia fatto irruzione, quello stesso giorno, in
diverse chiese e quivi abbia intonato il suo Requiem aeternam Deo. Cacciatone fuori e interrogato, si dice che si fosse limitato a rispondere
invariabilmente in questo modo: "Che altro sono ancora queste chiese, se non le fosse e i sepolcri di Dio?".

L’uomo che cammina con la lanterna accesa nell’aforisma 125, ricorda il filosofo antico Diogene,
un filosofo cinico del IV secolo. Egli beveva da una scodella, ma vedendo che un cane beveva
direttamente dal ruscello fece come lui e buttò la scodella. Anche lui andava in giro con una
lanterna accesa, ma diceva di cercare l’uomo invece che Dio come nell’aforisma di Nietzsche. Gli
uomini che nell’aforisma si mettono a ridere sarebbero gli atei superficiali, che non sin pongono
domande.

Nietzsche afferma che allora l’uomo deve diventare qualcos’altro, noi stessi dobbiamo diventare
dei. L’uomo non ha punto di riferimento, se non che l’uomo sia perennemente vita, movimento,
creatività.

La morte di dio coincide dunque con l’atto di nascita del superuomo.


PERIODO DI ZARATHUSTRA

Zarathustra sarebbe un antichissimo personaggio vissuto tra il VII secolo a.C., profeta del mondo
medio orientale, che avrebbe fondato una religione, lo zoroastrismo. Avendo egli fondato una
religione, ci insegna a comportarci bene, a dire il vero. Dice Nietzsche, chi meglio di un fondatore
della religione può dire il vero. Sara infatti Zarathustra a smascherare, a dire il vero. Nietzsche
scrive allora Così parlò Zarathustra. Nietzsche ha effettivamente una formazione religiosa e crede
che essa debba insegnare il vero.

COSÌ PARLÒ ZARATHUSTRA

Con l'opera intitolata Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno (1883-1885) si apre la
terza decisiva fase del filosofare nietzschiano. Una fase che comincia là dove si conclude la filosofia
del mattino, ossia con la consapevolezza, propria della filosofia del meriggio, che con
l'eliminazione del "mondo vero" è stato tolto di mezzo anche il "mondo apparente" cioè ogni
scissione dualistica della realtà.

Così parlò Zarathustra si accompagna a un'autentica rivoluzione stilistica. L'opera, infatti, non è un
saggio, né una raccolta di aforismi, bensì una sorta di poema in prosa che mette capo a una
singolare forma di "poesia pensante" e di "pensiero poetante". Il tono profetico che lo caratterizza
e il profluvio di immagini e di parabole in cui si articola lo rendono talvolta di difficile lettura e
interpretazione.

Zarathustra è sceso per la prima volta dalle montagne in cui viveva e va in una città per portare il
suo messaggio. Ma sta per iniziare uno spettacolo con un funambolo, quindi tutti preferiscono
seguire lo spettacolo. Il funambolo parte ma cade e muore, così tutti scappano e Zarathustra darà
sepoltura al funambolo. Quel funambolo è l’uomo che vive secondo lo spirito dionisiaco, quindi è
instabilità, esuberanza e caos. Nietzsche quindi dà una sorta di avvertimento.

Quando inizialmente Zarathustra scende dalle montagne per portare il suo messaggio agli uomini,
si rivolge a tutti, ma accorgendosi che non tutti capiscono, inizia a rivolgersi ad un gruppo
selezionato, a chi si avvicina di più al suo modello di superuomo.

Dal punto di vista concettuale, i temi di base dell'opera sono sostanzialmente tre: il superuomo
(annunciato nella prima parte), la volontà di potenza (annunciata nella seconda parte) e l'eterno
ritorno (annunciato nella terza parte).

SUPERUOMO

Il superuomo è un concetto filosofico di cui Nietzsche si serve per esprimere un modello di uomo
in cui si concretizzano i temi di fondo del suo pensiero. Il superuomo è colui che è in grado di
accettare la dimensione tragica e dionisiaca dell'esistenza, di dire «si» alla vita, di "reggere" la
morte di Dio e la perdita delle certezze assolute, di far propria la prospettiva dell'eterno ritorno, di
emanciparsi dalla morale e dal cristianesimo, di porsi come volontà di potenza, di procedere oltre
il nichilismo, di affermarsi come attività interpretante e prospettica ecc.
L'espressione Übermensch si può tradurre con "oltreuomo". Il prefisso über, indica un uomo "oltre
l'uomo", cioè un uomo che si colloca al di là di ogni tipo antropologico dato. Il superuomo può
assomigliare all’esteta dannunziano e all’ariano, ma non è la stessa cosa.

L'uomo vive sulla terra ed è nato per vivere sulla terra. L'anima, che dovrebbe essere il soggetto di
un'ipotetica esistenza ultraterrena, è insussistente: l'uomo è sostanzialmente corpo
(antiplatonismo).

L’uomo attuale è come una corda tesa tra la bestia e la scimmia da una parte, e l’oltreuomo
dall’altra.

Se l’uomo vuole diventare oltreuomo, deve cambiare, quindi il suo spirito deve subire delle
metamorfosi. Nel primo discorso di Zarathustra, intitolato Delle tre metamorfosi, Nietzsche
descrive la genesi e il senso del superuomo alla stregua di una libertà che libera sé stessa, per
approdare a un'innocente e creativa affermazione della vita.

1. Il CAMMELLO rappresenta l'uomo che porta i pesi della tradizione e che si piega di fronte a
Dio e alla morale, all'insegna del "tu devi". È colui che obbedisce.
2. Il LEONE rappresenta l'uomo che si libera dai fardelli metafisici ed etici, all'insegna dell"io
voglio" e nell'ambito di una libertà ancora negativa: libertà "da" e non libertà "di", perché
si è veramente liberi quando si è liberi di fare.
3. Il FANCIULLO rappresenta l'oltreuomo, cioè quella creatura non risentita, di stampo
dionisiaco, che, nella sua innocenza ludica, sa dire «si» alla vita e inventare sé stessa al di là
del bene e del male, a guisa di «spirito libero». È colui che è veramente libero, perché può
inventare, creare e scoprire.

ETERNO RITORNO

Zarathustra si trova a dover scalare la salita di una montagna, in più sulla sua schiena si è
appollaiata la figura di un nano, metà uomo metà talpa, che rappresenta lo spirito di gravità. Esso
lo appesantisce e lo porta verso il basso, facendogli fare ancora più fatica. La salita che deve
compiere va verso la comprensione del superuomo. Camminando, Zarathustra si trova di fronte
ad una porta carraia aperta con su scritto “attimo”, dove ci sono due sentieri opposti. Zarathustra
chiede al nano se questi due sentieri sono destinati ad incontrarsi ed il nano risponde di sì.
Nietzsche preferisce l’eterno ritorno, perché tutto è destinato a ripetersi, come il sentiero che
attraversa la porta. Nietzsche non accetta una via lineare, che tende verso una meta. Ora succede
che tutto scompare e Zarathustra si trova in un paesaggio lunare. Zarathustra vede un giovane
pastore rotolarsi, soffocato, convulso, stravolto in viso, cui un serpente nero penzola dalla bocca.
Il serpente gli era strisciato dentro le fauci e li si era abbarbicato mordendo. Con la mano tenta di
tirare con forza il serpente, ma invano. Il pastore allora morde il serpente e gli stacca la testa. Il
serpente indica la concezione circolare del tempo, ossia l’eterno ritorno. Nel momento in cui il
pastore gli stacca la testa, egli si libera di quella concezione, quindi l’eterno ritorno rimane ma
cambia.
Aforisma 341: Che accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse:
«Questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di
nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e
tutte nella stessa sequenza e successione - e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L'eterna
clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!»? Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e
maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: «Tu
sei un dio e mai intesi cosa più divina»? Se quel pensiero ti prendesse in suo potere, a te, quale sei ora, farebbe subire una metamorfosi, e forse ti
stritolerebbe; la domanda per qualsiasi cosa: «Vuoi tu questo ancora una volta e ancora innumerevoli volte?» graverebbe sul tuo agire come il peso
più grande! Oppure, quanto dovresti amare te stesso e la vita, per non desiderare più alcun'altra cosa che questa ultima eterna sanzione, questo
suggello?

Nietzsche immagina che un demone dichiari ad un uomo che la sua vita si ripeterà sempre uguale
e l’uomo può avere due reazioni: egli potrebbe disperarsi, oppure potrebbe essere
accondiscendente e pronto a rivivere tutto quanto, ossia accetterebbe l’eterno ritorno. L’uomo di
questa seconda possibilità è colui che ha vissuto con pienezza, il superuomo. Nietzsche ha una
visione estremamente elitaria. Solo qualcuno può diventare oltreuomo, non tutti sono uguali. Si
tratta fondamentalmente di destino.

Nietzsche esclude la CONCEZIONE LINEARE DEL TEMPO, ossia che c’è un fine, uno scopo da
raggiungere. Se si ha uno scopo da raggiungere, vuol dire che di questo scopo non si è in possesso.
Quindi ammettere la concezione lineare del tempo presuppone una mancanza, presuppone che
all’uomo manchi qualcosa. L’oltreuomo non accetterà mai la concrezione lineare del tempo.
Schopenhauer è fonte di ispirazione per Nietzsche, infatti questo concetto di mancanza è comune
ad entrambi.

La CONCEZIONE CIRCOLARE DEL TEMPO presuppone che tutto si ripeta allo stesso modo, ma
Nietzsche non accetta nemmeno questa. Se la storia è destinata a ripetersi, l’uomo smetterebbe di
agire. Anche il tempo circolare non si sottrae del tutto al raggiungimento di uno scopo, in quanto
lo scopo potrebbe essere rappresentato dal ripetersi continuo.

La concezione che approva Nietzsche è quella dell’eterno ritorno, ma in un modo diverso. “Così ho
voluto che fosse, così voglio che sia, così vorrò che sia”. Tutto piò ripetersi allo stesso modo, ma in
gioco deve esserci anche la volontà. Ammettiamo che tutto si ripeta allo stesso modo, ma dietro a
questi eventi ripetuti deve esserci la volontà che essi si ripetano.

Ma credere nell'eterno ritorno significa anche:

1. Ritenere che il senso dell'essere non stia "fuori" dell'essere, in un "oltre" irraggiungibile e
frustrante, ma nell'essere stesso, ossia in ciò che Nietzsche chiama il divenire «innocente»
e «dionisiaco» delle cose;
2. Disporsi a vivere la vita, e ogni attimo di essa, come coincidenza di essere e di senso
(volontà), realizzando in tal modo la «felicità del circolo».

Ovviamente, il tipo di uomo capace di "decidere" l'eterno ritorno, e quindi di vivere come se tutto
dovesse ritornare, non può essere l'uomo che conosciamo, cioè l'individuo risentito
dell'Occidente, il quale soffre la scissione tra senso ed esistenza e concepisce il tempo come una
tensione angosciosa verso un compimento sempre di là da venire, ma è un "oltreuomo", in grado
di vivere la vita come un gioco creativo e avente in sé il proprio senso appagante.
VOLONTÀ DI POTENZA

La volontà di vivere di Schopenhauer tendeva a conservarsi, a pensare a sé stessa, continuare ad


esistere. Per Nietzsche invece, la volontà di potenza tende a fare qualcosa di nuovo, ad affermarsi,
ad imporsi. La volontà di vivere porta anche al dolore, alla noia, infatti Schopenhauer era
estremamente pessimista, mentre Nietzsche non è né pessimista né ottimista. Si potrebbe dire
che la volontà di potenza ha come uno scopo.

Più in particolare, la volontà di potenza si identifica con la vita stessa, intesa come forza espansiva
e autosuperantesi. Questo costitutivo espandersi della vita, di cui troviamo tracce in ogni forma di
esistenza e di attività, trova la propria espressione più alta nel superuomo, perché la sua essenza
consiste nel continuo oltrepassamento di sé. Dire che la vita è autopotenziamento significa dire
che la vita è autocreazione, cioè libera produzione di sé medesima al di là di ogni piano
prestabilito.

L’arte come forza creatrice, non è soltanto una forma della vita, ma la sua forma suprema.
Nietzsche parla del mondo come di un'opera d'arte che genera sé stessa. Inoltre, poiché la
volontà di potenza trova la propria espressione ultima nel superuomo, l'artista può essere definito
come una prima figura dell'oltreuomo. Inizialmente Nietzsche aveva esaltato l'arte. Nella fase
illuministica ne aveva denunciato i limiti. In seguito, soprattutto nell'ultimo periodo, torna a
rivalutarla.

Il nichilismo può essere passivo e attivo. Quello di Nietzsche è il nichilismo attivo. Nel nichilismo
passivo, non ci sono certezze nella vita terrena. All’uomo che arriva a questo punto, gli può
succedere che gli venga l’idea di sostituire questo nulla con un surrogato. Ad esempio, i filosofi del
comunismo credono in quell’ideale, i positivisti ci hanno messo la scienza. Loro sono nichilisti
passivi. Il vero nichilista è quello attivo, quello che crea, non che si affida ad un assoluto. il senso,
non essendo (ontologicamente) dato, deve essere (umanamente) inventato. Per evitare di mettere
un surrogato, l’uomo deve diventare lui stesso creatore.

Potrebbero piacerti anche