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Le Baccanti e la critica

In vita Euripide ebbe scarso successo; appena morto invece divenne il tragico pi rappresentato,
replicato ed amato, come dimostra anche la sua profonda influenza su Menandro.
Tutta la tragedia romana gli debitrice, com' evidente da Seneca tragico.
I Padri della Chiesa lo conoscono e lo apprezzano (cfr. Clemente Alessandrino). In seguito su di
lui cala l'oblo fino alla rinascita bizantina del XII secolo.
Da quel momento in avanti le tragedie di Euripide, ed anche il suo dramma satiresco, il Ciclope,
sono oggetto di imitazione fino al Rinascimento ed al Barocco.
Il teatro della controriforma ("teatro dell'orrore") lo cita abbondantemente, creando le premesse per
la ripresa euripidea da parte del teatro elisabettiano e di Shakespeare.
Nel XVII secolo Racine ne riprende soprattutto le figure femminili (cfr. Fedra); nel XVIII Alfieri lo
ammira e lo imita, ed Euripide molto apprezzato anche da Schiller, Lessing e Goethe: proprio
quest'ultimo definisce le Baccanti "la pi bella tragedia di Euripide". Tuttavia i fraintendimenti e le
forzature interpretative sono all'ordine del giorno e l'atteggiamento di questi autori generalmente
acritico, improntato a gusto strettamente soggettivo.
Il XIX secolo, altrettanto acriticamente, svaluta Euripide per varie ragioni estrinseche al valore
della sua opera, dal suo anti-classicismo, urtante per Schlegel, al suo razionalismo, considerato
da Nietzsche l'antitesi del tragico in quanto manifestazione di dionisiaco-apollineo.
La seconda met dell'Ottocento, grazie anche al teatro di Ibsen che ne riprende alcune tematiche
(contestazione ideologica, figure femminili centrali), vede una rinascita della popolarit di
Euripide, confermata anche nel Novecento (cfr. la Fedra di D'Annunzio).

Tuttavia di vera e propria critica euripidea, esente da preconcetti e basata su valutazioni il pi
possibile oggettive, non si pu parlare prima della fine dell'Ottocento. Queste le principali
correnti critiche che si sono succedute o sovrapposte:
1. i primi ad occuparsi "scientificamente" della tragedia euripidea sono i filologi positivisti.
Capofila W. Nestle (1901), seguito a ruota da P. Masqueray e W. Verral. Per la prima
volta ci si pone il problema delle Baccanti in questi termini: cosa intende comunicare
Euripide con questa tragedia: la sua "conversione" o viceversa la sua risoluta condanna nei
confronti della religio?
2. lo storicismo intanto, rappresentato in questo caso da Murray (1913), pone la tragedia in
rapporto dialettico con le vicende dell'Atene coeva, cercandone qui la chiave interpretativa;
3. contemporaneamente il neo-idealismo, rappresentato da titani della filologia classica quali
W. Jaeger, M. Pohlenz e A. Lesky, analizza con grande finezza la psicologia dei
personaggi;

A questo punto la questione pu gi essere posta con chiarezza in questi termini: esistono
nell'interpretazione delle Baccanti tre apore irrisolte, e precisamente:
a. La figura di Pnteo condannata o viceversa esaltata?
b. La valutazione del ruolo di Dioniso positiva o negativa?
c. Che senso ha la contrapposizione tra sofon e sofa, di cui si fa portavoce il Coro? E
qual perci il ruolo del Coro?

4. sulla scia del decadentismo il grande studioso inglese E.R. Dodds pubblica intanto nel
1929 il suo fondamentale saggio I Greci e l'irrazionale, seguito da Euripides the irrationalist,
in cui fra l'altro mette in luce l'esistenza, se non la prevalenza, in Euripide di aspetti
profondamente ambigui ed irrazionali;
5. la storia delle religioni e l'etnologia danno intanto importanti contributi
all'interpretazione della tragedia, evidenziando come essa non rifletta una reinvenzione
fantastica del dionisismo, ma sia al contrario una testimonianza storicamente attendibile
su di esso;
6. ancora dal neo-idealismo (Perrotta, Lesky) viene il tentativo di risolvere tutte queste
difficolt interpretative considerando l'opera una sublime manifestazione artistica fine a se
stessa;
7. il Dodds pubblica per nel 1944 la sua edizione delle Baccanti, in cui mette in luce una
volta per tutte che il rituale dionisiaco assolutamente centrale nella tragedia, in
particolare per gli elementi dello sparagmov e della w\mofaga; sulla sua scia si pone R.P.
Winnington-Ingram. N l'uno n l'altro per risolvono le apore cui si fatto cenno sopra;
e non lo fa neppure H. Jeanmaire nel suo pur mirabile saggio Dionysos del 1951, seguito
da quelli di Gernet, Detienne e Girard;
8. proprio Girard apporta alla critica delle Baccanti nuova linfa attraverso il contributo della
psicoanalisi;
9. lo storicismo intanto riprende vigore ed esprime attraverso V. Di Benedetto il suo
contributo pi importante: Euripide: teatro e societ, del 1971, che spiega le apparenti
contraddizioni euripidee alla luce della sua totale sfiducia nella politica ateniese a lui
coeva;
10. il "teatro della crudelt" di A. Artaud intanto, negli anni '60-'70, contribuisce ad attirare
l'attenzione del pubblico sulle inquietudini cos "moderne" della tragedia euripidea; in
questa direzione vanno anche i contributi di L. Squarzina con il suo saggio Il didatta e lo
sciamano e di Ian Kott con The eating of the Gods: quest'ultimo contrappone il rituale
salvifico della Pasqua cristiana al rito dionisiaco, che al contrario celebra la vittoria della
morte sulla vita; ne scaturirebbe quindi un dramma dell'assurdo, una macabra
celebrazione della follia autodistruttiva di un intero popolo;
11. frattanto il mondo filologico produce i saggi di D.J. Conacher (1967) e J. Roux (1970-72):
il primo analizza la struttura drammatica e gli effetti scenici della tragedia, il secondo
mette in luce la contrapposizione tra sofon e sofa come due modalit antitetiche del
conoscere;
12. ancora la psicoanalisi, particolarmente in voga negli USA negli anni '80, produce diversi
contributi, di cui il pi significativo quello di C. Segal, che mette in luce la polisemia
delle Baccanti ed esclude la possibilit di un'interpretazione univoca;
13. infine, in tempi recenti U. Albini (1987) si avvalso di diverse metodiche critiche per
arrivare a conclusioni non dissimili da quelle di Segal: in definitiva, a suo parere, le
Baccanti non sono un dramma "a tesi", bens un'opera profondamente e volutamente
ambigua; ne sono spia e riflesso i continui scambi di ruolo (maschio-femmina, Penteo-
Dioniso e, linguisticamente, attivo-passivo).

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