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J Come sottolineaAnna Maria Pedullà romanzo barocco ed aliri scritti, 2004, p. 31)
nel Sciccnlo anche il «romanzesco si accresce di due nuovi motivi: la politica e la sloia». Un folto
numero dl romanzi storici è segnalato. a I1ne Ottocento, da A. ALBunA2zl, Romanzieri e roman-
zi deI e dei Seicel1lo, 1891, pp. 355-381, e il rapporto ra romanzi e sloria è
da D. ORTOLANI, POle e violenza nel romanzo italiano dei Seicento, Catania
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monarchia assoluta, entrambi oggetto, non a caso, di un dibattito molto
accesso durante il Seicento3.
Mentre le opere, razie al l ' ampiezza dramaturgica, permettono
di illustrare i meccanismi dei potere in un arco temporale nel l ' i nterre
lazione fra personaggi4, cantate e lamenti si concentrano invece su un
unico individuo e proprio su quell'istante che rivela le consegueze più
tragiche, più imediate e quindi più espressive, di un atto di suprema
zia. Questo istante, come appare dai brani segnalati in Appendice5,
coincide, in qualche caso, con il momento n cui il tiranno si compia
ce della soferenza da lui stesso causata, e in tutti gli altri casi - di
ribelli uccisi, indotti a uccidersi 0 ridotti al lasrico, e di sovrani desti
tu i ti e decapitati da nuove forze politiche - corrisponde invece al
momento in cui la vittima sta pagando, 0 ha già pagato, spesso con la
vita, una pesante soprafazione.
J Cfr . irannide e dispOlismo nel diballito polilico Ira Cinque e SeicenlO (Ani dei convegno,
Torino, 27-28 settembre 2002), a cura di A.E. BALDINI (in stampa); alcuni conlributi in Dispolismo.
Genesi e svillippi di un concetlo fllosoi
f co-politico,
sovrano: simboli, limili, abllsi. a cura di S. SIMONETA, Bologna 2003; e II pOlere come problema
nella lelleralura poli/ica della prima elà moderna, a cura di S. TESTO!'I Br:\.ITI-M. BARD!:Lcr,
F irenze 2005. Il dibauilo sul dispotismo era legato a discussioni più ampie sul buon govemo e su lla
ragion di stato: cfr . Raison el déraison d'Élal. Théor:ien el lhéories de la raison d'Élal a/X XVIe el
VIe siée/es, a cura di YCH. ZRA, Paris 1994, e G. BORRU.L1, Ragion di S/a/o. L'arle italiana
della prudenza politica, Napo l i 1994.
, Rinvio a E. DE NGcfS, L'idea di po/ere ne/l'opera lil'ica deI Seicento, in Alessandro
Stradella e il SilO tempo (Atti dei con vegno. Siena, 8-12 sellembre 1982), «Chigiana», 39 (1988-
1989), pp. 109-124, che pur in modo generico pone alcune questioni sul tema, e ad A. RO�IAG'OLl,
«Fra ca/ene,;ra slili, e;ra veleni . . . » ossia della scena di prigione nelf'opera italiana (1690-1724),
Lucca 1995.
5 L'elenco in appendice. lungi da ll'cssere esaustivo, indica solo canlale e lamenti da cui emer
ge in modo marcato un 'idea di potere. Per non evadere eccessivamenle g l i esln:mi cronologici
arontati nel Con vegno, ho deciso di concenlranni s u l la produzionc iniziale d i questo genere com
posilivo, quella risalente ai primi decenni dopo la metà deI Sciccnto. Tuttavia, l'impossibilità di
dalare gran parte di laie rcpctorio (tradilo in fonna prevalenlementc manoscritta), mi ha coslrcllO
nella sdc�ione a sfrultare l 'unico elemenlo cronologico nolo, quello biograico: considerando solo
brani d i compositori nali nella prima metà dei seco lo, è infatti probabile che essi si collochino entTo
gli anni Novanta dei Seicento. L'analisi dei repertoio
ficoltosa da almeno due fattori: a) le cantate non sono sempre contrassegnate nelle fonti da un tito-
10 che ne espliciti il soggctto (in lai caso, se i cataloghi delle opere riportano solo l'incipit, non è
semplicc intuire se si tratti 0 meno di un brano storico-po lilico); b) la mancanza di un inventario
bibliograico infonnatizzato, ragioncvolmenle esteso e aggiomato rende ardua l'individu3Lione.
Attualmcntc, in allesa di un nuovo progello di catalogazione promosso reccntemente dalla Socielà
ltaliana di Musicologia, csisle solo i l lavoro di T.M. Gr.\LDRON1. Bibliografia
ra italiana. 1620-/740 ca., «Le fonli musicali in lIalia», 4 (1990). pp. 32-131, peTché il progetto
annuncialo anni fa da Marco Emilio Camera (il ca/alogo delle canlale italiane. i v i, pp. 173-(76)
non ha avulo grande sviluppo.
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Nonostante l' esistenza di cantate e lamenti storico-politici sia ormai
nota da anni alla letteratura musicologica6, tale repertorio, a tutt' oggi
pressoché inedito, ha ricevuto nora scarsa considerazione a parte degli
studiosi7, e manca un contributo che 10 aronti n modo organico, non
solo sul piano musicale, ma anche extramusicale. Del resto, è proprio
quest'ultimo aspetto, owero il grado di aderenza dei soggetti alla realtà
storico-sociale contemporanea, e n particolare ad alcuni eventi specii
ci, a fonire a tali composizioni un valore culturale aggiunto, che le pone
in relazione diretta 0 indiretta con il contesto di produzione e con le idee
che crcolavano n quegli anni.
Uno sguardo preliminare sul repertorio in esame permette di
segnalare a1cuni aspetti degni di nota. Si noti, in primo luogo, come il
nucleo più consistente di cantate stoiche sia quello attribuito ad
Alessandro Stradellas, nucleo concentrato in gran parte in una raccolta
manoscritta conservata a Parigi, e percio esito probabile di una speci
ica commissione9• In secondo luogo, appare cuiosamente come 10
stesso Stradella intoni più volte testi basati sul medesimo individuo -
. Cf. gli acccnni di E. RosND, Barbara Stroz::i, IvirlUosssima cantatrice»: the Composer�
Voice, <<.Jounal of the nerican Musicological Society», 3 1 /2 (1978), pp. 24 1 -28 1 (in part. p. 266),
e soprattutto le informazioni di L. BANC0\I, l Seicento, Torino 1982 (199 l', pp. 226-227).
7 Si veda il contributo di C. GUAirA, Le cantate-lamento della seconda metà dei diciassellesi
mo secolo, «Quademi della Civica Scuola di musical), 1 9-20 ( 1 990), pp. 40-57.
8 Cfr . A . GARAYAGLlA, Alessandro Stradella, Palemo 2006, pp. 94-95.
o Rinvio a K.A. CHA1KJ\, he Solo Soprano Cantatas ofAlessandro Stradella, Ph.D. di sserta
tion, Stanford University 1 975, p. 1 10. La raccolta in questione è conserva ta alla Biblioteca
Nazionale di Parigi (Res. Vm'. 639).
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altre. Come si vedrà, la realizzazione musicale, attivando risorse che
incidono drettamente sulla caratterizzazione di personaggi, diventa
decisiva per i l lustrare l' idea di potere che puo emergere dai testi.
ziano per i soggetti storici - specie romani -- si pu6 individuare un consistcnte ilone di drammi che
portano in scena la igura dei tiranno». E sul tiranno nell'opera settecentesca rinvio ad A.L. BELLl'A,
Dai mito della corie al noda della siaio: il topos dei tiranno, in Anlonio Vivaldi: lealro lIIusicale, cul
lura e società, a cura di L. BIA\CO\I-G. MORELLI, Firenze 1982, pp. 297-313.
Il S u l le dibattute responsabilità di Nerone nell ' i ncendio di Roma si veda E. CHAMPl\,
Nerone, Bari-Roma 2005 (ed. orig. Nea, Cambridge 2003), pp. 234-240, che indica sia i motivi di
372
Su Nerone e l'incendio romano, oltre a un brano di Marc'Antonio
Ziani'4, sono sopravvissute due cantate per voce di bassol5: una di
Cesti e l'altra di Stradella'6, entrambe basate sul testo "Sopra un'eccel
sa torre" di Giovanni Filippo Apolloni'7. Spesso usato per mettere in
musica personaggi infemali, il registro vocale più grave, nel casa deI
personaggio tirannico di Nerone era naturalmente d'obbligo, tanto più
che, nel brano in esame, l'imperatore è pure paragonato a Plutone, n
una metafora che, interpretando l'incendio romano, assimila l'Urbe
agli Inferi e il Tevere all'Acheronte.
1 versi di Apolloni, come avviene normalmente nelle cantate 'a
soggeto'18, sono formati da una parte narrativa, che introduce e con
clude la 'scena' e da un folle monologo deI tiranno, che occupa la parte
centrale deI brano. Nella sezione iniziale si racconta che Nerone, sedu-
colpevolezza espressi dagli antichi che gli elementi di innocenza formulati dagli studiosi modemi.
" Intitolato l Nerone (<<10 son Neron l'imperator dei mondo») e conservato a l l a
Diozesanbibliothek d i Münster (Sant. Hs. 856, n. 5). 1 versi della cantata d i Ziani sono, f a l'altro,
gli stcssi intonati da Alessandro Scarlatti.
1 ) Esiste anche un'altra cantata intitolata JI Nerone, in un manoscritto custodito presso il
Conservatorio d i Napoli (33.5.29), ma i n realtà non riguarda affatto il tiranno romano ed è basata su
un teste pastorale. L'equivoco, probabilmente dovuto alla somiglianza dell'incipit (<<Sovra cima
eminente») con il Neone di Apolloni, non è sciolto da M. A'·ti\TO, Le antologie di arie e cantate
tardo-seicentesche alla biblioteca dei Conservalorio San Pie/ra a Majella di Napoli, tesi di dotto
rato, Cremona, Scuola di Paleograia e Filologia Musicale del l'Univcrsità di Pavia, 1996, vol. Il, p.
1 5 7.
16 La cantata di Cesti si trova in una raccolta manoscritta della Bibl ioteca Estense di Modena
(Mus E 279, cc. 70r-73v), da cui ho ricavato gli esempi. Il brano di Stradell a è lI1vece tradito in
numerose fonti (citate da GlANTURC-McCRJCKARD, Alessandro S/radella ci!., pp. 49-50; vari tito
li: Incendio di Nerone, La crudellà di Nerone. L 'incendio di Roma, L'incendio di Roma per Nerone,
La /irannide di Nerone, Nerone 0 "incendio di Roma, Nerone sopra l'incendio di Roma ed è ripro
dotto in facsimi le, da una fonte conservata a Cambridge (Fitzwill iam Museum, MU.MS. 44), in
ALESSANDRO ST A DEL LA , Cantatas, a cura di C. GIANTURCO. New York-London 1 986, pp. 93-98
(The lIalian Cantata in the Seventeenth Centy, 9).
17 Il teste di Apolloni è tramandato, con il tilolo Nerone, in varie raccolte Ictterarie manoscrit
te. Mechelli (pp. 268-270; cfT. infra) trascrive i versi da un'antologia della Bib1ioteca Valicana
(Ferrajoli 1 ), mentre Morel li (p. 25 1 ) indica la presenza dei componimento in raccolle consevale a
Roma (Biblioteca Nazionale, Erborense 26), a Parma (Biblioleca Palatina, Palatino 573) e a Firenze
(Biblioleca Nazionale, Cl. VJ1, 651). Cf. P. MECHEl.l.I, Giovanni Filippo Apollon! ri(lessioni sui
tesli per le cantale di Cesti, in La igura e l'opera di Anlonio Cesti nel Seicen/o europeo (Alti dei
convegno intemazionale, rezzo, 26-27 aprile 2002), a cura di M. DELLABORRA, Firenze 2003, pp.
227-271; G. MORELLI, L'Apolloni Iibreuis/a di Cesti, Stradella e Pasquini, in Alessandro Stradella
e il suo tempo (Alli dei convegno, Siena, 8-12 settembre 1 982), «Chigiana», 39 ( 1 988-1989), pp.
2 1 1 -264.
'" La deinizione Sujetkantate, che si applica ai brani basati sulla rapprcscntazione di un per
sonaggio, risale a E. SClI\llTZ, Geschichte der Kan/ale und des geistlichen Konzerts, 1 : Geschichle
der wei/lichen Solokantate, Leipzig 1 9 14.
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to su un'alta torre a osservare con attenzione e meraviglia Roma che
brucia sotto i suoi occhi, si gode 10 spettacolo cantando al suono della
cetra e rivedendo nella devastazione della Città etema la distruzione di
Troia (<<e dei troiano scempio 1 rilegendo l'esempio»), come racconta
no anche le fonti classiche. In realtà i tre autori principali che darmo
conto dell'incendio romano - Dione, Tacito e Svetonio - divergono
sopratutto sul luogo in cui si trova Nerone durante la tragedia: solo
Svetonio 10 colloca su una torre, poiché Dione 10 pone invece sul tetto
di un palazzo e Tacito nel suo teatro privatol9.
Nerone, deinito da Apolloni « ... cor di pietra, 1 di sangue sitibon
dm>, di ronte alla scenario apocalittico di Roma è completamente esta
siato e divertito (<<sol di gioia tutt'ebro, 1 aile lagrime alrui Claudio
ridea», «che né potè mostrarsi 1 spettacolo più bello 1 a tirarmiche
luci»), al punto che il suo intervento è avviato, intercalato e concluso
da un verso-refrain che sintetizza in forma esortativa il nucleo concet
tuale e drammatico di tutta la scena: «Claudio ida e Roma avampi»
(con le varianti «Claudio rida e Roma abbruci», «Claudio rida e ' 1
mondo perm>, che servono di volta in volta a far rimare i l ritomello con
il verso precedente). Sia Stradella che Cesti intonano i itomelli mar
cando con stili musicali differenti proprio la contrapposizione di due
siuazioni emotive opposte: la libidne di Nerone nella prima parte
(evidenziata da una coloratura che suggerisce la risata sarcastica e da
una linea 'ad arco' che, ritomando al punto di partenza, simboleggia la
stabilità dell'autorità imperiale), e l'angoscia della città in iamme
nella seconda parte (grazie a una linea vocale spezzata da salti e pause,
che non allude solo al movimento ondeggiante delle iame, ma anche
alla paura concitata)20.
Il monologo di Nerone elaborato da Apolloni è particolarmente
inte�ssantc nella prospettiva dei potere, perché il tirarmo, oltre ad
amcttere la sua responsabilità nell'incendio (<<ed in pochi momenti 1
i colossi, i trofei di cento lustri 1 cadano a' cermi miei disfatti ed arsi»),
si soferma più volte sui propri scellerati principi di govemo, sopratut-
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to nei pezzi strofici, spesso destinati alla rilessione generica. Nell 'aria
«Chi desia di salde tempre», che cade a metà dell'intervento diretto,
Nerone sottolinea l'importanza per un monarca di un atteggiamento
iracondo, implacabile, malfidente e ingannevole, e nella secona dichia
a, a mo' di slogan, che i metodi violenti e repressivi sono gli unici che
risolvono tutti i problemi ai regnanti (<<fem, veleni e lacci 1 tragano i
rei di vita, i re d'impacci»).
Il recitativo successivo è di nuovo l'occasione per Nerone di esal
tare, attraverso la igura di Giove, i vantaggi deI dominio monocrati
co, che consente al sovrano di avere un potere assoluto e di trasforma
re in legge qualunque sua volontà (<<Giove è solo al govemo, 1 a lui
cede ogni stella. 1 Il suo volere è legge, 1 punisce e non corregge»),
incoraggiando se stesso a un uso deI tutto arbitrario e opportunistico
della sua autorità (<<si, si, viva Nerone, 1 e per maggior suo vanto 1 ogni
legge calpesti»). Questa scellerata ed egoistica pretesa di libertà è evi
denziata da Cesti con colorature sui due elementi verbali sostanziali
nella caratterizzazione deI tiranno, il «vanto», ovvero il bene e piace
re personale, e «calpesti», che si riferisce al crudele e tracotante uso
della supremazia :
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tutte le possibilità metriche della declamazione, descrive sul piano
sonoro il piglio e la determinazione dei tiranno 21•
Nell'ultima aria della cantata Apolloni afronta di nuovo, attraver
so Nerone, gli aspetti che stanno alla base dei potere opressivo: l'im
peratore, nell' aria bipartita, declama infatti orgoglioso che il successo
dei suo govemo sta proprio nell'impiego di durezza, determinazione e
falsità (<<la mia raggion di stato 1 è la forza e l'inganno»), mettendo in
luce i motivi che gli permetteranno di essere ricordato dai posteri come
un despota spietato.
Nel brano di Cesti si incontra uno degli episodi più signiicativi
nella rappresentazione sonora dei potere, e soprattutto della sua malva
gità. Nerone, dopo aver lanciato uriose invettive contro parenti e
amici, scaglia efferate maledizioni contro il Lazio e la città di Roma, e
in questo punto la musica, attraverso un arioso, assume n andamento
fortemente concitato. Le quartine di semicrome nel basso strumentale
hano probabilmente l'obiettivo di suggerire all'udito non solo gli
efetti della crudeltà di Nerone, in termini di angoscia, sofereza e agi
tazione, ma anche l'energica e diabolica veemenza da cui il tiranno è
animato:
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nuo, traducano in musica l'idea della forza imperturbabile e della
determinazione deI sovrano22, espediente che si ritrova con signiica
to analogo anche nel Lamento di Cossoni che analizzo a breve.
Nerone, tuttavia, non si macchia solo deU 'incendio romano, ma
pure della morte deI suo principale consigliere politico e spirituale,
Seneca. Quando nel 65 viene scoperta a Roma la cospirazione senato
riale contro di lui, egli la svena e si accanisce sul ilosofo, che non era
affatto coinvolto. Sul suicidio imposto a Seneca si conoscono due can
tate di Stradella, entrambe su testi anonimi23: «Se Nerone 10 vuole» in
chiave di basso e «Se Neron pur mi vuol morto» per voce di tenore24.
Gli incipit, molto simili, evidenziano, in dal primo verso, che il ilo
sofo deve subire la volontà indiscutibile dei tiranno.
Il primo testo, che inizia con un intervento diretto di Nerone e si
conclude con una breve sezione narrativa, è quello in cui è più viva
l'attenzione dei poeta sul rapporto vittima-oppressore, e n cui è più
aspra la critica verso l'uso dispotico dei potere. Seneca dice di non
essere scosso dal tragico destino che 10 attende, essendo consapevole
che « ... sotto un mal prencipe la morte 1 primo giono è di vita», ovve
ro che sia meglio morire piuttosto che essere al servizio di un cattivo
sovrano e do ver rinunciare alla libertà sociale, politica e morale. Il ilo
sofo non stenta a defmire Nerone «quel Cesare spietato 1 che Roma
inceneri, 1 che di stragi assetato lia vita de' più prossimi tradî», metten
do in evidenza la sua responsabilità nell'incendio, e interpreta l'ordine
22 a sezione è trascritta e commentaa anche da MEUIELLI, Giovanni Filippo Apolloni cit., pp.
240-243. che a proposito delle semiminime ribattute parla giustamente di «vocalità lapidaria» (p. 241).
2J In realtà la prima cantata potrebbe essere di Apolloni, dato che è l'autore dei Nerone, e la
seconda di Sebastiano Baldini. Sebbene nel catalogo dei testi di Baldini destinati alla musica la can
tata «Se Neron pur mi vuol morto» non sia citata (cfr. SEBASTLANO BLDINI, Le poesie per mllsiea
nei eodiei della Biblioteea Apostoliea Vaticana, a cura di G. MORELLI, Roma 2000), il suo alto for
malismo metrico e prosodico ricorda quello di un'altra cantata della stesso autore, intonata sempre
da Stradel.la, Lo sehiavo liberato (cfr. alcuni accenni in GARAVAGLlA, Alessandro Stradella cit. p.
108), e induce a supporre che anche i versi su Nerone siano suoi.
2' Da G1A\·uRCO-McCJCRD, Alessandro Stradella cit., p. 42, si ricava che la prima canta
ta, anch'essa intitolata Seneca svenato, è tramandata da tre manoscritti conservati in rnghiltera,
mentre la seconda, riportata in altrettante fonti, ha svariati titoli: La morte di Seneea, Lamento di
Seneea moribondo e Lamento di Seneeajatto morir da Nerone. L'esempio musicale della prima can
tata è trascritto da un manoscritto che si trova a Parigi (Bibliothèque Nationale, Rés.H.659, n.6),
mentre la seconda è pubblicata in facsimile, secondo una fonte di Cambridge (Fitwilliam Museum,
Ml!.MS.129), in Alessandro SDru.A, Cantalas cit., pp. 38-48.
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neroniano di non tanto come «sdegnm} 0 rabbia del-
!'imperatore, quanto invece pietà, perché Seneca è convinto il
tiranno sappia il per il suo superi
tonnento (<<sa più d'ogni strazio il suo regno»).
Nonostante vittima di una decisione di
Nerone 10 vuole ... mora», «obbedisco al e vengo
meno»), ran parte testo e dell'intonazione rilettono la
e la stoica con cui . afronta il suo crudele
no (<<non pavento quest'ora, 1 benché l'ultima ch'io miro il sole»,
non mi duole lia mia Il primo in cui
la musica la capacità di reazione dei filosofo di ronte alla
morte che 10 attende è i l in ribadisce con come
la sua superi di la sua collera (<<... non è la violenza 1
Nerone mi cagion di 1 sua rabbia è la mia
gioia»). Dopo un andamento statico
to), l'intonazione si libera in un basato su serrato """ntrln"
l Sulla inovata fortuna de! neostoicismo ne! Seicento rimando a G. OESTRFlCH, Neosloism
and Modern State, 1982.
CfT. GARAVAGUA, Alessandro Stradella ciL, pp. 99- 100.
378
Nella seconda composizione stradelIiana, «Se Neron pur mi vuol
morto», i l discorso diretto di Seneca occupa quasi interamente l a lun
ghezza deI brano, eccetto quattro versi narrativi nella parte centrale,
nei quali si anticipa la tragica conclusione della scena. nche in que
sto brano si rappresenta Seneca che cerca di morire con il coraggio
degno di uno stoico, come appare nell'arietta «Ma trioni di tanti vigo
ri», nella quale il ilosofo afenna: «io con petto di forte adamante 1
sostero gl'estremi dolori». L'intonazione di questo passo è eloquente,
perché Stradella evoca in musica la forza spirituale deI ilosofo, asse
gnando alla voce (su «sosterro») n suono tenuto di ben cinque semi
minime puntate.
In questo brano la critica verso il potere tirannico di Nerone è più
attenuata rispetto al precedente (il sovrano è deinito «discepolo infe
dele» e «imperator crudele») e la riflessione politica si concentra
soprattutto nell'ultima lunga aria, «Restan l'onde tranquille», nel l a
quale l'oggetto del la critica non è tanto il tiranno, quanto invece la
corte. Una metafora instaura un eficace parallelismo ra il mare e
l'ambiente cortigiano: come nel primo, anche nella seconda vi sono
'onde tranquille' che, sebbene ra gli scogli siano torbide, grazie alla
dissimulazione appaiono limpide27. Il verso-refrain delI'aria, «È un
mare la corte», è intonato da Sradella con un lungo mclisma inesora
bilmente discendente sulla parola «mare», che per trasposizione sim
boleggia il vortice che risucchia e trascina in profondità chi entra in
contatto con la corte.
[1:;:j: :0 : } :: :: :
Es. 3 Stradella, "Se Neron pr mi uol morto"
.
�7 Sulla dissimulazione come arte politica si veda R. VILLAJ, Elogio della dissimula:ione. La
10110 polilica nel Seicenlo, Roma-Bari 1987.
379
Dopo queste amare constatazioni di Seneca su Il 'entourage corti
giano, che riflettono probabilmente una reale critica sociale, la cantata
si conclude con una domanda, venata di pessimismo, che rimane volu
tamente irrisposta. In sostanza il ilosofo si chiede come egli - e tutti
quelli che hano a cuore il bene collettivo - potrà esercitare il suo aiuto
verso chi continua a essere oppresso da rapporti di forza e abusi di
supremazia, se venisse eliminato, perché risucchiato nel «mar si torbi
do e profondo» della corte.
1B Il testo della cantata, intitolato LamenlO di Marine/la, moglie di Masaniello, capo delle sole
vazioni di Napoli nel giugno deI /647, è stampato per la pima volta in FRANCESCO MELOSIO, Poesie
e prose, Bologna 1674, pp. 127-132 (come segnalato da Holzer, p. 382; cF,r
ristampa vencziana dei L678 (lI parte, pp. 408-4 1 1; cfr. ROSA\D, Barbara Sirozzi cil., p. 266n), tra
dito in foma manoscrita nella raccolta Delle rivolll:ioili di Napoli (Biblioteca Apostolica Vaticana,
Chigi, G,vn.21O, cc. 459-462v; cr. Bianconi e Walker, p. 393), e riportato integralmcnte da Holzer
(pp. 895-897). L'attribuzione dei versi al poeta romano Melosio non è dei tutto accettata da Fabris
p. 200) per la presenza di inserti dialettali in napoletano. La partitura dei Lamento di Marinel/a, è
invecc tramandata in una raccolta manoscritta conservata a Bologna (Ci vico Museo Bibliograico
Musicale, Q 47) e trascritta modemamente sempre da Holzer (vol. JI, pp. 879-894; edizione a cui
faccio riferimento e da cui ho ricavato l'escmpio), Cfr. L. BJANCONJ-TH, WALKER, Dalla "Finta
pazza" alla" Veremonda ": storie di Febiarmonici, «Ri vista Italiana di Musicologia», LO ( 1975), pp,
379-454; R,R, HOlZER, Music and Poely in /7th Centuy Rome: SeUings of the canzonetta and can
tata Texts of Francesco Baldllcci, Domenico Benigni, Francesco Melosio, and Antonio Abali, Ann
rbor 1990, D, FABRIS, Music in Seventeenth Centuy Naples: Francesco Provenzale (1624-/704),
A ldershot 2007.
:'J La composizione della Srozzi u p ubb licat a in Canlate, arieue e duetCi. Op. 2, Venez i a 1651
380
delle più note congiure aristocratiche contro Richelieu, quella che
vide coinvolto un favorito di Luigi XIIIJo. Va da sé, che le due com
posizioni, ampliicando il dolore di personaggi uccisi 0 dei loro con
giunti, incamano un'aspra critica verso l'ordinamento monarchico più
spregiudicato.
Il 7 luglio dei 1647, capeggiando un'insurrezione contro il gover
no spagnolo, Masaniello, garzone di pescivendolo, si fa carico dei mal
contento popolare napoletano, provato da una tassazione indefcssa. La
sommossa partenopea, scoppiata nella piazza dei mercato per l'impo
sizione di una gabella sulla vendita della rutta, è una delle varie solle
vazioni antiiscali che agitano in quegli ani le città europee: il peso
esercitato, attraverso il isco, dal potere assoluto spagnolo è ormai
diventato insopportabile, ma è pure l'ignavia e la complicità dei patri
ziato cittadino a essere sotto accusa, poiché quest'ultimo aveva spesso
avallato le disposizioni tributarie vicereali, scaricando sulle masse
mena abbienti i costi di questa coniveza. Masaniello, nominato capi
tano generale dei popolo, con sottile abilità diplomatica avvia trattati
ve proprio con il viceré, per permettere al ceto umile di armarsi e di
limitare i privilegi e le prepoteze nobiliari (è il motivo per cui recen
temente si è propensi a riconoscere alla rivolta napoletana anche un
carattere antinobiliare, oltre che antispagnolo). Il ruolo politico di
Masaniello ha breve durata perché, dopo una decina di gioni dall'ini
zio della sommossa (il 1 6 luglio), viene assassinato.
Non stupisce la scelta di Masaniello come soggetto di una can
tata, visto che l'episodio in questione e più ampiamente la rivoluzio
ne napoletana dei '47 ebbero vasta risonanza nella pubblicistica
coeva e nella storiografia a stampa della seconda metà dei
( facs. Stuttgart 2000), e ristampata in Cantate, ariele a una, due e tre voci. Op. 3, Venezia 1654 (ed.
modo a cura di Gail Archer, Madison 1997); una iproduzione anastatica della stampa veneziana, da
cui ho trascil10 gli esempi, è pubblicata in BARBARA S TR OZZ I , Cantatas, a cura di E. ROSND, New
York-London 1986, pp. 37-45 (The ltal ian Cantata in the Seventeenth Centuy, 5). Sul lamento si
veda anche E. ROSAD, Barbara Strozzi cil., pp. 265-266, 268-271.
JO Sui complOl1i europei, fra Cinque e Seicento, si vedano gli articoli pubbl icati in Complots
et conjurations dans l 'Europe moderne (Al1i deI Convegno intenazionale, Roma, settembre-otto
bre 1993), sotto la direzione di Y-M. BERCÉ-E. FASANO GUARINI, Roma 1996, e sulla figura deI
rivoltoso nel diciassettesimo secolo rinvio anche a R. VILLAJ, II ribelle, in L'uomo barocco, a cura
di ID., Roma-Bari, 1991, pp. 109-137.
381
Seicent031; urono anche rappresentatl ln un' opera ail' inizio dei
secolo successivo, nel Masagniello fùrioso di Reinhard Keiser su
libretto di Barthold Feind (Amburgo 1706). Nel Lamento di Melosio
a dolersi non è la vittima stessa dei potere, come in genere accade,
ma la relativa moglie (analogo è il casa dei Lamento della regina
d 'Inghilterra a cui accenno più avanti)32. Nella sezione iniziale dei
testo si racconta, con un linguaggio colorito, metaforico e popolare,
che Masaniello,
La narrazione ironizza poi sul fatto che Marinetta, grazie alla fama
dei marito, sperava di acquisire di rilesso prestigio sociale e potere
politic033, ma un giono u avvertita che Masaniello era stato ucciso (<<è
scomputo 10 chiaito [è finita la contesa]: niello è morto!»), e con lui
svaniva ogni possibilità di ambizione. Il disperato monologo della
moglie coincide proprio con le parole di rabbia e di dolore da lei pro
nunciate al momento della notizia.
Marinetta ordina, inizialmente, a «igli, amici e parenti» di vendi
care Masaniello (<<pigliate la scoppetta»), meravigliandosi che il popo-
10 non sia già insorto di ronte al sopruso subito dal marito. L'asseza
di qualunque sommossa popolare contro gli spagnoli e l'impossibilità
di conoscere i suoi assassini è ben suggerita dall'intonazione 'statica'
dei seguente passo:
31 Sui numerosi volumi del l'epoca dedicat i a Masaniello e alla ri volta napoletana e pubbl i cati
in ltalia (soprattutto a Napoli) e all'estero, si veda i l recente censimento di S. SBOQI\I Pel' una
.•
poco a poco, 1 poter di fante doventar regina, 1 per più d'un fido messo, 1 godea spiame ogni minu
to evenlo».
382
a
b b b
"6
J� Cfr. Lamento di Marineua: «né si move pur uno a dani aiuto. 1 0 città sconvenicnt:, 0
patria ingrata, 1 che d'un si bravo ïglio 1 vedi la morte e non la curi un pelo 1 cada sopra di te
l'ira dei Cielo. 1 L'avarizi spagnola 1 pagar ti faccia il dazio 1 persin d'ogni parola. 1 Fugga da te
per sem pre l'abbondanza 1 e venga tal penuria 1 .. 1 e altïn lutto il paese 1 s'empia di mal fran
.
cese».
383
come la frittura 1 scappa per ogni poco di rottura»)35, di non parlare
troppo e di continuare il suo lavoro ordinario evitando siuazioni com
promettenti (<<loca la lingua, Aniello, 1 . . . 1 statene in pascaria, 1 non
andar per le piazze 1 a far deI malcontento»), ma il marito fece di testa
sua.
L'uccisione di Masaniello è l' esito di un complotto di forze etero
genee - Marinetta stessa arnette di non sapere chi l'abbia ucciso (<<ed
io non veggio ancor chi l'ave ucciso»). Attualmente, nella letteratura
storica, si tende ad attribuire al viceré la responsabilità ultima dell'o
micidio, poiché egli probabilmente temeva la rappresentatività e la
capacità organizzativa di Masaniello, ma tale decisione aveva incon
trato anche i favori di alcuni complici dei capopopolo, che oscillavano
ra l'intenzione di sospendere la sua autorità 0 di eliminarlo isicamen
te - scelta che alla fine prevalse36.
Il personaggio di Masaniello ha un rapporto complesso con il pote
re: prima della rivolta fa parte di quel popolo che subisce la domina
zione spagnola e le vessazioni aristocratiche, poi diventa uno dei suoi
esponenti più autorevoli e quindi lui stesso uomo di potere, ma ubria
cato dal medesim037 cade vittima dei suoi stessi compagni che, temen
do il uolo politico da lui ottenuto, 10 rinnegan038. Nella sezione inale
,j La mulevolezza dell'ideologia popolare è un' idea di ffusa nel letteralura polilica seicente
sca, requcnle ne I le invcuive conlO i l ribe llismo, ed è l 'aspeUo che, secondo Gabr iel Naudé, per
mette di realizzar� i migliori colpi di Stato, perché il malconlenlo della plebe è facilmente stru
mentalizzabilc da ll 'alto. Infatti, a proposito deI pop'lo, in GABRIEL N AUDÉ, Cons idérations poli
tiques sur les coups d 'État, Roma 1 69 3 , p. 1 54, si Icggc: «Le sue cose migliori sono di essere
incoslante e variabi l�, di approvare e disapprovare qualunque cosa nello slesso lempo, di correre
sempre da un conlrario all'altro, di credere con l eggerc.za, di ribellarsi improvvisamenle, di esse
re scmprc pronto a monorare e a lamentarsi» (trad. da Considera:ioni politiche sui colpi di
Slnto, a cura di A. PIAZZl, Milano 1992, p. 232). Cfr. anche V lLl \Rl, Elogio delLa dissimulazione
...
ci!., pp. 1 0- I l .
36 Cfr. A. Musl, La rivo/ta di Masanielfo /JeUa scena politiea baroeca, Napoli 1989, pp. 1 4 1 -
1 44.
3 7 In una rdazione dei 1 6 1uglio 1 647 si legge che Masaniello si era trasfonato in «superbo e
tiranno, non udendo più consiglio, govenandosi a suo capriccio, andando per la città solo 0 con
pochi altri, correndo infuriato, fenando carrozzc ed allre persone a renderli obbedienza con paro
le aspr�, con far bandi in voce spropositati e tàr lagliar subilo la lesta a moiti, a l la semplice quere
la che gli vcniva portala a voce, col far alzare ruotc � forche in moltissimi luoghi» (G\)SEPPE
DONZELLl, Partenope fibera/a 0 vero raeeonlO deU 'eoica risolu:.ionejàua dal popoto di Napoli per
sOl/rarsi con lutto if regn o dall 'insopportabif gioeo de/fi spagnuoli, Napol i 1 647; ris!. anas!. Napoli
1 970, pp. 1 0 I ss.)
lS VILLAR l, Elogio della dlssimulazione c i l . , p. 84, sottolinea come «una voila sla b i l i to ine-
384
dei lamento si legge appunto che Masaniello «se l' porto via la barca
di Caronte 1 mentr'ei pescava un regno, 1 ma [Marinetta] si consoli pure
1 s'ei mori al in da re» ; e si sottolinea come la sua parabola si sia con
c1usa proprio quando egli raggiunse una posizione di supremazia. E
ancora: dopo la sua uccisione è trasigurato dal popolo - pentito di non
averlo difeso - quale martire delle l otte contro i potenti, ed è quindi
acc1amato e quasi santificat039. Sergio Bertelli, a tal proposito, ha evi
denziato come nella vicenda di Masaniello concorrano, tre fenomeni
socio-antropologici in sequenza: «riconoscimento di una comunità in
un capo, rinegamento deI suo corpo, infine reintegrazione e diviniz
zazione»40.
È interessante notare come i versi intonati - da un compositore la
cui identità è ancora incerta4 1 - rivelino una netta posizione antispa
gnola rispetto a quelli pubblicati a stampa da Melosio, anesso natu
rai mente che quest'ultimi, pur stampati solo nel 1674, siano stati con
cepiti prima di quelli musicati42• Si veda il confronto ra alcuni passi
della versione letteraria e dei testo posto in partitura:
q u i vocabilmente come e da chi fu presa la dec i si one di e l i m i nare Masaniel l o , non sia d i i c i le
d i mostrarc che la creazione c la d i ffusione del l a voce d e l l a sua pazzia fu un espedicl1te intenzio
nalmentc �ldottato per fac i l itare la decisione, presa i n una ri unione tra i capitani popolari e i d i ri
genti po l i ti c i dei l a rivolta, di metterlo sotto sorwg l i anza per poterlo poi defi n i t i vamente e l i m i
nan:».
)9 Come scrisse M.SOLlNO B I SACCIO:I, Historia delle guerre civili di questi ultimi tempi,
Venezia 1 652 (ed. modo a cura di Monica M iato, Firenze 1 99 1 ), p. 1 32: «Dai popolo Masaniello era
stato onorato come un re, ucciso come un reo e dopo morte adorato come santo e condotto come
trionfante» passo senalato da M US I , La rivolta cit., p. 1 25). Si veda anche VILL/\R I , Elogio della
dissimula=ione cit.. pp. 85-86. In questo contesto si spiega pure la pubblicazione a stampa dei com
ponimento di AGUSTINO TOBBIA GA'A, Masaniello Irionjc/ue, oda in dialoghi, Napoli 1 648
(rascritto in Masaniello l1ella drammalurgia europea cit., pp. 1 06- 1 1 0; ne l l o stcsso vol ume c fr.
anche R. DE S I MONE Il lamenlo di Marinella e l 'oda pel' Masaniello trion(cllle. Rijàimenti fèmna
,
385
Lamento di MELOSIO (cd. 1 674) testo musicato (solo versi variati)
È morto niello
e non si mitte ancor Napoli a sacco
e de' nemici non se fa macello? e de' spagnuoli non si fa mace l lo?
deh, pria che di me alcun più se ne rida deh, pria che 10 spagno/ più se ne rida,
chi mi vuol ben m ' uccida.
'3 C fr. Lamento di Marinel1a: « che s ' è morto Aniel l o mio, 1 sol con lui morir vogl 'io. 1 S ' i gior
ni suoi fini, 1 vuo' finirli io per li)) e « Sei morto, Aniello, ohimè, 1 ma non saesti moto, 1 se 11 c re-
386
permette, a un lato, di non interrompere la fluidità declamatoria della
moglie e, all 'altro, di non contaminare il suo registro linguistico popo
lare con un brano di stile elevato. Non è quindi un caso che il momento
più lirico e intensamente patetico deI brano - overo l'aria inale, pr
zialmente basata sulla ripetizione nel basso di un tetracordo Ùnore
discendente, secondo la tecnica tipica delle arie di lamento44 - coincida,
non con le parole di Marinetta, ma con il racconto deI suo pianto. Tra
l'altro , i prii versi della sezione narratlva, quelli intonati sul basso osti
nato, non esistono nel testo di Melosio, ma sono stati aggiunti apposita
mente per la realizzazione musicale45. L' espressività dolorosa legata alla
situazione è dunque recuperata solo alla ine, quando la dona, avendo
ormai esaurito la sua rabbia di vendetta, inizia a elaborare privatamcnte
il lutto. Tuttavia, dall' econoia della cantata emerge con forza il contra
sto, di carattere parodistico, a la maniera seria e sostenuta della musi
ca (data dal recitativo e dall' aria su basso ostinato) e il registro popolare
dei testo, cari co di immagini e metafore grottesche.
nche nel Lamento della Strozzi, pur essendo diverso il contesto
storico-politico rapprcsentato, rispetto al Lamento di Marinetta, il sog
getto è simile: un atto sovversivo pagato con la morte. Il testo fa rife
rimento all' esecuzione a Lione (il 1 2 settembre 1 642) dei ventene
cortigiano Henri d'Eiat, marchese di Cinq-Mars ( 1 620- 1 642), favori
to di Luigi XIII (eufemismo per 'amante')46 e da lui stesso condana
to a morte per la partecipazione, insieme al magistrato François-
devi a me». Gli episodi musicali conispondenti si trovano aile batl. 1 03- 1 1 6 e 1 23- 1 3 1 .
4 Cfr. E. ROSAND. The Descending Te/rachord: a n Emblem of Lament, «The Musical
Quarterly» , 55 ( 1 979), pp. 346-359.
'5 Aspetto senalato da HOL7FR, Music and Poelly cil., p. 389. Si traita dei vcrsi: «Si pianse
Marinetta il morto Aniello 1 e ben u deI suo pianto il casa degno, 1 se l' porto via la barca di Caronte
1 mentr 'ei pescava un regno».
46 Moiti pettcgolezi sul rapporto amoroso a Luigi XII I e il marchese Cinq- Marc sono rac
conlati nelle brevi bioh'Taie, le His/oriel/es, di Gédéon Tallemant des Réaux ( 1 6 1 9- 1 692), che rima
seru semiclandestine e manoscritte ino al 1 834. Nel profilo su Luigi si legge: «quando a Lione fu
condannato alla dccapitazione Cinq-Mars, sua grande scudiero, il re disse: "mi piacerebbe proprio
vedere che smome fa in questo momento sul patibolo". Non aveva nessun senso di umanità [ . . . ]
Nei primi tempi Cinq-Mars riusciva a far gozzovigliare il re: si danzava, si tri ncava. [ ..] Abbiamo
.
delto come il re 10 amasse perdulamente» (ed. ital. Poili e storielle, a cura di P. NAl.u, Milano
1 945, pp. 57-6 1 , in part. pp. 58-59). Tallemant non si rispannia neppure gli accenni a una sccna di
sesso. Cfr. anche M. DAN! ! :L, A Study ofHomosexua/iy in France During the Reigns of Louis lii
and Louis lV, «Homophile Studies», 4 ( 1 96 1 ) , pp. 1 25- 1 36 .
387
Auguste De Thou, a un complotto contro il potente primo mlmstro
rancese, il cardinale Richelieu.4 7 È solo l'ultima delle numerose con
giure contro il ministro sostenute dalla Spana, che, per scampare la
guerra con la Francia, tentava, oltre allo scontro militare, di destabiliz
zame il govemo colpendo la sua principale figura politica. Richelieu
u unD dei grandi ministri plenipotenziari, attivi nei pri mi decenni dei
Seicento, a cui i sovrani lasciarono ampie facoltà di decisione e afida
rono l ' amministrazione dei patronage regio : la rapida comparsa di
queste 'ombre deI re', impegnate ad affermare il carattere assoluto
della sovranità, base del loro stesso potere, è stata collegata alla nuova
centralità acquisita dalla corte e al deinirsi di nuovi rapporti con le éli
tes nobiliari tradizionali.
La scena rapprescntata nei versi anonimi intonati dalla Strozzi è
successiva alla decapitazione dei giovane marchese. Nella sezione nar
rativa iniziale si racconta infatti che «sul Rodano severo [che appunto
attraversa Lione] 1 giace il tronco infelice 1 di Francia il gran scudiero»
(Cinq-mars, come favorito dei re di Francia, aveva rapidamente scala
to la carriera cortigiana, da Grand-maître de la Garde-Robe a Grand
écuyer de France). La narrazione prosegue con una descrizione detta
gliata degli effetti provocati dalla morte sul corpo dei giovane, sottoli
neando come la sua solare bellezza sia stata deturpata senza pietà: il
rosa delle guance vezzose trasformato nel colore violaceo di n viso
emaciato, gli occhi segnati da lividi, la bocca con un'espressione sof
ferente, e il sangue che dal collo troncato zampilla sul petto candido.
388
Dopo la sezione narrativa, è l'ombra deI giovane marchese, deun
to e amareggiato, a lamentarsi con l'amato sovrano della tragica sorte
subita a causa sua (<<con la fredd'ombra almeno 1 il dolente garzon
segue Luigi»), chiedendogli cosa l'abbia spinto a dichiararlo in fretta
un traditore, nonostante fosse n suo favorito. improvera poi se stcs
so di essersi ingenuamente idato della disponibilità e dei beneici dei
re francese e biasima quest'ultimo di aver attirato contro di lui, con
favori e afetto, le accese invidie di altri cortigiani (<<m' hai fatto in
regia corte 1 bersaglio dell' invidia e reo di morte»). Nell' aria «Mentre
al devoto collo» il giovane mette proprio in evidenza come le attenzio
ni amorevoli dei monarca, che da un lato erano fonte di lusinghe, dal
l'altro 10 stessero già condannando alla sua ine, poiché le invidie di
alcuni uomini di goveno non hano permesso che la sua colpa fosse
perdonabile (<<ha l ' invidia voluto 1 che, se colpevol sono, 1 escluso dal
perdono, 1 estinto ancora inantinente io cada»), condanandolo alla
stessa sorte dei cervo da lui inseguito insieme al re nelle battute di cac
cia: anch' egli, come l ' animale innocentemente «dai cani lacerato», u
«esposto a' morsi di accanita gente», che lottava per conquistare mag
giore r uolo politico.
Una delle questioni giuridiche più spinose che hanno ruotato attor
no al processo a Cinq-Mars u la scorrettezza giuridica, sottolineata
anche da Montesquieu nell'Esprit de lois (1 748), di considerare il
complotto contro un primo minisro alla stregua di un congiura contro
il sovrano, e quindi n reato di lesa maestà48; ma il ministro era il
potente Richelieu. Il politologo rancese condana sostanzialmente, n
tale processo, la dipendenza dei potere giudiziario da quello esecutivo
e l'ingerenza di quest'ultimo nella fase istruttoria e dibattimentale49•
Pure François de La Rochefoucauld, che aveva favorito la congiura di
Cinq-Mars e De Thou, critica nelle sue Rélexions ou sentences ( 1 665)
l' eccesso di supremazia dei cardinale (<<ichelieu è stato padrone asso
luto dei regno di Francia quando regnava un re che gli aidava il
goveno dei suo Stato») e fa notare come «il re uttavia sacriichi il suo
'" Cr. l ' ed.il. CARLES LOUIS DE MO-.SQUIEU, Lo spirilo delle leggi, a cura di B. BA FFITO
SERRA, 1ilano 1 9 89, pp. 348-349.
" A. ROYEJ, Richelieu: un cardinale Ira guerre dia vo/i e slreghe, Napoli 2003, p. 1 3 0.
3 89
favorito Cinq-Mars alla vendetta dei Cardinale e acconsenta che egli
muoia sul patibolo»50.
Il lamento musicato dalla Strozzi ri lette indubbiamente le istanze
anti-monarchiche, anti-assolutistiche e repubblicane difuse nella
Serenissima e veicolate soprattutto dall' Accademia degli lncogniti.
L'anonimo poeta, rappresentando il grave abuso di autorità subito dal
marchese e soprautto il pentimento inale dei sovrano francese, che
riconosce la sua colpa, condanna in modo esplicito le aberrazioni deI
regime assolutistico. Ellen Rosand ha ipotizzato, in base al tono e al
soggetto della canata, che l'autore sia un membro dell' Accadeia
degli lncogniti, avvaUando la supposizione con una serie di fattori con
comitanti: le soferenze inflitte dal potere assoluto erano un tema pre
diletto daU'Accademia; il giovane Cinq-Mars è anch' egli un libertino,
legato al circolo parigino di Jacques Vallée des Barreaux; e il brano è
ristampato in una raccolta, l ' Op. 3 , dedicata proprio agli Incogniti, deI
cui sottogruppo musicale, gli Unisoni, era membro il padre della com
positrice, Giulio Strozzi5 1 . lnine, altro fattore non mena importante è
la rappresentazione nel lamento di una situazione omoafettiva, legitti
mata, coltivata e sponsorizzata, in quel periodo, soprattutto dalla cul
tura libertina elaborata da Il 'Accademia veneziana52.
Nella drammaturgia musicale deI lamento, la Strozzi, ritraendo il
più possibile l' intensità afettiva, la iducia e l 'ingenuità vissute dal
giovane marchese nel suo rapporta con il sovrano, marca per contrasto
la gravità deI tradimento e le spietate logiche di potere che inducono
un amante e bcnefattore a trasformarsi senza sClllpoli in un camefice,
o per 10 mena a non opporsi a una condanna di morte. L'esempio più
ec1atante di quest'idea drammaturgica si osserva nell' aria centrale
della composizione, «Mentre al devoto collo», quella in cui Cinq-Mars
ricorda con nostalgia momenti felici trascorsi con il monarca, che già
preludevano alla sua ine: con n ampio basso ostinato (lungo ben sei
. , Sui rapporti fra Incogniti, teorie l ibertine ilo-omosessuali e musica prodotta a Venez ia rin
vio aile considerazioni e ai ri ferimenti bibl iograici di D. DAOLMI-E. SL\ICI, «L 'omosessualilà è un
modo di cantare» : il contributo qucer ail 'indagine su/! 'opera in ml/sica, «Il Saggiatore musicale»,
7/ 1 (2000), pp. 1 37- 178 (in pat. pp. 1 48 - 1 50).
390
misure), ripetuto 1 3 volte in un lento tempo temari o, la Strozzi dilata
l ' intonazione di soli 1 2 versi ino a farla durare un terzo del!' intero
brano.
Â
aria = ca. 1 /3 della tantata ( 79/2 - 1 batt . )
391
lute dei Seicento, sia rancesi che inglesi, durante l a loro fase di afer
mazione e assestamento, sono spesso insidiate da nuove forze politi
che, in grado di sobillare il popolo, 0 da eredi che vorrebbero usurpa
re il trono al re in carica. Nel repertio cantatistico vi sono tre brani
che riguardano l' uccisione di due regnanti anglosassoni quasi coevi,
Maria di Scozia e Carlo 1 di Inghilterra, entrambi appartenenti al casa
to degli Stuart. La morte della prima è rappresentata in una cantata di
Giacomo Carissimi su versi di Apol loni, ovvero il Lamento di Maria,
regina di Scozia53• La decapitazione deI secondo è invece afrontata sia
in n brano di Carlo Donato Cossoni, "Il regnator ing1ese"54, in cui è i l
monarca stesso a lamentarsi, s i a i n uno di Antonio Bertali, i l Lamento
della regina d 'lnghilterra su testo del l ' arciduca Leopoldo Guglielmo
d'Asburgo, in cui è invece la moglie di Carlo a dol ersi del l a morte dei
marito (come nella Lamento di Marinetta)55.
La decapitazione dei due sovrani ebbe moita risonanza nella cultu
ra europea, soprattutto nei paesi cattolici, che avevano elevato i due
renanti, entrambi apparentemente vicini al l ' antica chiesa romana, a
martiri della propria fede e quindi a simboli del la nuova forza anti-pro
testante prodotta dal movimento controriformistico. In realtà, le esecu-
e in MORI:U.I, L' Apolloni Iibrettista cil., p. 246, che segnala i l testo in raccolte manoscritte custodi
te a Panna (Bibli oteca Palatina, Palatino 573) e a Modena (Biblioteca ESlense, Campori 760). La
musica è invece tramandata da manoscritti conservati a Londra (British Library, Harley 1 265), a
Parigi ( B i bl iothèque Nationale, Ms.H.659), a Münster (Santini-B ibliothek, Sant Hs 868), a Bologna
(Civico Museo Bibliograico Musicale, Ms. 1 1 008) e, a Vienna (Gesellschaft der Musikfreunde,
MS.Vl.499 1 1 ). Una riproduzione facsimilc della fonte londinese, da cui ho ricavato gli esempi, s i
trova i n GIACOMO CARISSI\-II, Cantalas. a cura di G. M.\SSEŒIL, New York-London 1 986, pp. 1 29-
1 37 (The [talian Cantata in the Seventeenth C entuy, 2).
J 1 versi della composizione di Cossoni, di cui non si conosce l'autore, sono riportati (come
segnalato da ROSA\D, Barbara Strozzi cil., p. 266n) nella Mineva al /avo/ino di Cristoforo
Ivanovich (Venezia 1 6 88, pp. 33 7-340), con il titolo Lamento di Carlo, re d'Inghilterra, decapitalo
in Londra, in una sezione di testi poetici di vari autori ( Varie gemme poetiche di più penne en/dite).
a partitura è invece pubblicata nella raccolta Cantate a una. due e tre voci. Op. 13, che, cssendo
pervenuta in unica copia senza frontesp izio, è possibile collocarla cronologicamentc grazie al nume
ro d'opera delle stampe contine, ovvero Fra il 1 675 (Op. 1 2) e il 1 679 (Op. 1 4). Testo intonato (con
le varianti rispetto ai versi riportati nclla Minerva) e musica deI Lamento sono tra scritti da L. UGGË,
Carlo Donato Cossoni: le cantate a lIna, dlle e Ire voci. Op. 13, tesi di laurea, Cremona, Scuola d i
Paleografia c Filologia Musicale dcl l ' Università di Pavia, 1 9 89, p p . 35 1 -3 5 4 e 475-49 5 , da c u i ho
ricavato gli esempi riportati .
• , La musica manoscritta di questo lamento, "Mort a l i , vedete", è conservata alla
392
zioni dei regnanti, oltre ad alimentarsi di agiografismo cattolico, rilet
tono la durezza dei conlitti di potere in atto in nghilterra e in Europa
che rendono tali individui vittime anche del l a monarchia assolutistica
da loro stessi incamata e capri espiatori di n cruento rito di passaggio
dallo stato medievale a quello modeno.
Maria Suarda, per il suo appoggio al la fede cattol ica, ebbe sempre
rapporti tesi con le varie componenti deI regno scozzese da lei gover
nato: il Parlamento, senza i l suo assenso, proclamo il protestantesimo
religione di stato; il popolo non apprczzo i l suo matrimonio con il cat
tolico Lord Danley; e nel 1 5 67 la regina u costretta ad abdicare.
Riugiatasi in Inghilterra, sul cui trono vanava diritti dinastici, u fatta
imprigionare dalla cugina Elisabetta l, che alla fine deI 1 586 la fece
processare insinuando i l falso sospetto che Maria avesse partecipato a
una congiura contro di lei e che quindi, per les a maestà, dovesse esse
re condannata a morte. In ltalia l'uccisione della sovrana scozzese
(avvenuta nel 1 587) u il pretesto, nel corso deI Seicento, per varie
compilazioni biografiche e perfino il soggetto fortunato di drammi e
poemi56. È indubbio che l ' ampio favore, tributato alla regnante deun
ta dal pubblico italiano, dipendeva anche dal fatto che Maria aveva
sempre combattuto afmché il cattolicesimo fosse riconosciuto in
Scozia quale religione uficiale.
Il testo di Apolloni ritrae gli ultimi istanti di vita di Maria Stuarda
e drammatizza, come per Carlo l, le sue ultime parole prima della deca
pitazione (nei versi narrativi finali si dice che « . . . un colpo indegno e
rio 1 divise il corpo e uni l'alma a Dio»). A diferenza del la maggior
5'Fra le opere storiograichc segnalo: Il compassionevole e memorabi1 casa de11a morle della
regina di Scœia, Vicenza 1 5 87; FRA\CESCO Dl\l, Vera e compila rela:ione deI succe.sso della morte
della cristianissima regina di Scozia, Genova [dopo 1 587] ; N ICOLAS CAUSSIN, Historia di Maria
Sluarda regina di Francia. e di Scœia . . . Portata dol ji"ancese nell 'ilaliano dol padre Carlo
Antonio, Bol ogna J 648 (ris!. J 652). Limi tandomi a l Seicento, segnal0 fra i drammi: CARLO
RUGGEJ, La reina di Sco::ia, lragedia. Napoli 1 604; FEDERICO D U .L'I VAL LE. La reina di Scozia.
lragedia, M i lano 1 628; ORAZIO CEl.L1, La Maria Stuarda regina di Scozia e d 'Inghi/terra, tragedia.
Roma 1 665 (dedicata a Cami llo Pamphi l i ) ; GIOVANNI FRANCESCO SAVARO, La Maria SIl/arda , opera
.'cellica, Balogna [ 1 690]. Cf'. anche la pur datata monografia di K. KIPK,\, Maria Stuart im Drama
der Weltfileralur, Leip-ig 1 907. Sullo stesso soggctto nella narrativa italiana sciccntesca sono per
venuti almeno due poemi eroici: BASSIANO GATI. Maria regina di Scozia, poema eroico , Bologna
1 633; GELO MARIA LEN!, rea/ro di peripezie, poema eroico . . . Nella travagliosa vilu e lagrime
vol marIe di Maria Sil/arda, regina di Francia e di Scozia, Napoli 1 686 (antiporta con ritratto di
Benedetto Pamphili).
393
parte dei lamenti guello di Maria Suarda entra subito nel vivo deI
discorso diretto, senza introduzione narativa: la regina chiede «al sacri
lego ministro» di poter esprimere e proclamare ancora una volta la sua
innocenza e di riafennare con forza sia la discendenza suarda che la
dinità regale. Tali aspetti deI potere sono marcati musicalmente da
Carissimi nell ' andamento della linea vocale, razie al contrasto ra una
melodia inizialmente statica (<<se ben Fato . . . mi destina»), che acgui
sta movimento (con salti in un ambito sempre più ampio) proprio in
corrispondenza di «sangue stuardo» e dell ' afennazione «son regina»:
·1 3 13
394
cani come l ' eroina biblica, ma dai propri sensi di colpa57. Alla ine
deI suo intervento la sovrana, con coraggio quasi virile, esorta la pro
pria decapi tazione, persuasa che la soferenza provocata dal l ' estemo
non potrà in nessun casa superare il suo dolore interiore (<ulmina
pur, ché tanto 1 straziani non saprai , quant'io soffrirc»). Cari ssimi
intona questo passo con una decJamazione esagitata e veemente che,
attraverso scale ascendenti e discendenti e linee melodiche continua
mente spezzate da salti, descrive sonoramente l ' effcratezza della
decapitazione a cui va incontro la sovrana, la cui passività e impos
sibilità di movimento è forse simboleggiata dal basso strumentale
statico, in fona di pedale.
43 -13
pertinente. Gczabcle è una principessa fenicia che, una volta sposato i l re d 'lsraele, impone al
popolo ebraico il culto di un dia fenicio (cosi la rcgina inglcs� dichiara l ' anglicanesimo unico rito
uiciale dei suo regno), esiliando il profeta Elia (trasigurazione della condanna di Maria
Stuarda), l 'unico ad averla contrastata impl acabilmente nel suo progetto politico-religioso.
lnoltrc, per accaparrasi un tcrreno di campagna da annettere a una tenuta rcalc, Gczabele, corrom
pendo i magistrati, non esita a mandare a morte il relativo proprietario (come E l i sabetta tà ucci
dere Maria per avere il dominio sulla Scozia), del itto che le causa la maledizione di Elia, di esse
re di vorata dai cani.
395
descriverebbero il dolore vissuto da una sensibi lità femminile. L' unica
aria dei brano è «Per serbar giustizia e fede», intercalata dal verso « A
moire», m a ha un andamento temario sostenuto (3/4) e un carattere
non patetico. Pur essendo dunque il lamento di una dona, è più es at
tamente quello di una sovrana: il suo ruolo di potere sembra aver in dot
to Carissi mi a impiegare una scritura scevra di elementi che rilettano
un' identità feminile. Del resta Carissimi - lavorando per Cristina di
Svezia (dal 1 656), la cui i mmagine di sovrana, u sempre marcata,
come per altre regnati, da tratti simbolici ' maschili' ebbe di ronte a sé
il modello iero e deteninato di una reggente. o 1 tretutto , data la vici
nanza politica e umana della vicenda di Cristina con quella di Maria
Stuarda (entrambe ex-regine, con i tutti problemi di legittimazione
conessi aile reggenze feminili ed entrambe impegnate con la chiesa
cattolica), è possibile che la comissione della cantata fosse legata in
qua1che modo proprio alla regina svedese - da lei voluta 0 a lei dona
ta da altri.
Diversi e più complessi, rispetto alla vicenda di Maria Stuarda,
sono i motivi che portarono Carlo 1 al patibolo. Il sovrano inglese
aveva puntato su un govemo autoritario e monarchico che tentava di
esautorare il potere dei Parlamento, sebbene quest'ultimo, difendendo
i diritti della società inglese (con l ' abolizione delle imposte arbitrarie
e della legge marziale), godesse dell 'appoggio di un'ampia fascia della
popolazione londinese. Scoppiata la guerra civile, a causa dello scon
tro anato ra re e Parlamento, il primo pote va contare solo sul l ' aristo
crazia, mentre il secondo aveva dalla sua parte popolo, borghesia mer
cantile, artigiani e proprietari terrieri . La contrapposizione ra monar
ca e Parlamento avveniva su due piani sovrapposti, unD politico-ammi
nistrativo, l' altro religioso: Carlo aveva manifestato simpatie cattoliche
in dall 'inizio, non solo sposando la sorella di Luigi XIII, Erichetta
Maria, ma anche appoggiando, come seguace del l ' aninianesimo, una
forte pol itica vescovile e una nuova enfasi su liturgia, dignità dei c1ero
e sacramenti. La svolta nello scontro civile si veriico quando il gene
raIe Cromwell, a capo dei suo esercito, sconisse deinitivamente l'e
sercito reale e caccio dalla Camera la maggior parte dei parlamentari.
Carlo yenne dunque processato e condannato a morte il 30 genaio dei
1 649 (2 febbraio secondo il cal endario inglese) e un nuovo govemo
repubblicano u instaurato.
3 96
Appena dopo la decapitazione, urono vaste le reazioni di indigna
zione sia in Inghilterra che n Europa, ma scarsc le azioni dipl omati
che avviate da regnanti europei, che fingendo distrazione cercavano di
allontanare l'idea di fare la stessa fine. Moltissime urono invece le
voci che sul continente deprecarono l' uccisione attravcrso giomali,
dispacci diplomatici e pamphlets, nei quali si raccontava l' arresto, il
processo, le ore che precedettero la morte deI sovrano, e soprattutto le
sue ultimissime parole prima de Il 'esecuzionc58. Questo fcrvore, molto
simile nei motivi religiosi a quello di Maria S tuarda, coinvolse anche
l' Italia59, con la circolazione di resoconti che descrivevano Carlo come
vittima sacrificale di un potere superiore a cui neppure il popolo lon
dinese aveva osato ribellarsi 60.
Il testo musicato da Cossoni, imaginando le ultime parole pro
nunciate dal sovrano, riprende la stessa idea dei pamplets sugIi ultimi
istanti di vita. Le sezione narrative che avviano e concludono il brano
chiariscono che il monologo è idealmente ambientato sul luogo dei
patibolo: ail 'inizio si racconta che «il regnator inglese» pronuncio il
suo discorso «mentre in scena di morte 1 chinava al ferro inido il capo
augusto» e negIi ultimi versi si descrivono gli efetti materiali della
:ione di particolarità Irovate più vere e con nolicia delle risolu:ioni della Sco::ia e /rlanda, s . 1 .
[ 1 649], s i legge: «Un re, i l migl iore della terra è condotto, come agnello innocente al macello c
dato nelle mani di quest'anime barbare per saziare la lor rabbia c furore [ . . . ] il v i l e popolo di
Londra che non ha ardito di l i berarlo i n sua vita, tibutô laime e sospii i nutili alla sua spavcnte
vole morte».
397
decapitazione, come il sangue che zampilla dal tronco di Carlo, simbo-
10 di unD spietato sacriicio umano. l versi inali esprimono anche una
netta condanna ai responsabili dei delitto, impersonati da un' indefmi
ta «turba patricida», secondo l ' imagine ricorrente che, nelle crona
che, assimi lava il regicidio a un eferato «parricidio»6 ! .
All ' inizio dei suo intervento Carlo rilette, oltre che sul l ' impreve
dibile volubilità dei destino, anche sulla singolarità che le stesse trom
be, che avevano esortato e celebrato i suoi passati trioni , ora - per
colmo d ' ironia - accompagnano il suo decesso e la ine dei suo onore.
Si rende conto di aver ormai perso il suo molo politico e sociale (<<più
monarca non sono, 1 m ' è catena 10 scettro e bara il trono») e l ' amara
constatazione ritona nel corso dei mono logo in forma di verso-rerain
(<<Fantasma son di Carlo, umbra di re»). A diferenza di Maria Suarda,
Carlo l non u costretto ad abdicare e quindi durante la sua condanna
a morte era, a utti gli efetti, ancora sovrano, pur avendo perso total
mente la sua autorità. È proprio il venire mena della corrispondenza ra
i l suo ruolo simbolico e i l suo potere efettivo ad alimentare il trava
glio psicologico dei monarca e a caratterizzare la dramaurgia musi
cale dei lamento. Il mono logo di Carlo oscilla, di fatto, ra il desiderio
di ribel larsi alla condanna imposta, il d iritto di essere vendicato dai
igli e dai «regni vassalli», e la desolante consapevolezza di non ri ce
vere aiuto. Carlo si duole inoltre di non essere l ibero, pur essendo un
regnante, di morire come e quando vorrebbe e soprattutto non riesce ad
accettare di essere ucciso dai suoi stessi sudditi : per non subire l ' infa
mia di es sere decapitato da «un plebeo, un caneice, un mostro» -
concetto che richiama la sacralità dei corpo regale - spera ino all 'ul
timo di perire di morte naturale (<<Uccidetemi voi, viscere mie»).
Accnto ai momenti in cui prevale in lui la sensazione di es sere solo
(<Umbra di re», vi sono episodi in cui al contrario emerge la convinzione
che, anche dopo la morte, egli rimarrà sempre un sovrano. n questi punti
i l compositore srutta il mezzo musicale per ampliicare le dichiarazioni
di regalità. Quando, per esempio, dice «sempre Carlo sarèm, il recitativo
volge improvvisamente in arioso e la parola «sempre» è ossessivamente
61 Cfr. Lamento di Cosson i: « I l sangue generoso 1 con più stille. sbalzando 1 di m i l l e lampi
acceso 1 in aria ancor sospeso, 1 minacci>, fulmin> l ia turba patricida 1 che uccise senza fé 1 con i
buto di piaghe i l proprio re».
398
reiterata e intonata a salti in proressione ascendente, proprio per sot
tolnere la forza, la ierezza e la certezza dell' afennazione:
AI-bi - tro di P1Ù vi-te, i-cD-le de' Scoz - Z!-sÎ, il Glll-ve (k' Bri - tan-ni, st m-prl:, s�m-p' Çmi)[e
car-la, sem-pre ("ar-la S:1 - rô. sempre, sem-pr . sem-pr� Car-Io. sem-pre Ctlr-Io sa - r6. sem -pre Car-Iù sa - ro.
( "a - si dIC - ';é. � par - v e che con - n an - dan -do .n l col - po tut - ta picn d l d e - c o - ro. di -
r - - - - - - - - - - - - -- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
1
1
1
cs- se in 1 $0 - spr ,;." r� - gnan - - do. 10 n O - TO»,
1
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - �
3 99
A partire dalla parola «regnando» il recitativo si trasforma in un
arioso caratterizzato da n basso strumentale rapidamente discendente,
che rappresenta l ' inesorabilità e l ' inarrestabilità della sua decadenza.
Al basso si contrappone il lento e graduale movimento ascendente
della parte vocale, ino a stabilizzarsi su re3, che simboleggia al con
trario la forza e l ' imperturbabilità dei suo ruolo sovrano.
Sulla morte di Carlo I, come ho accennato, esiste anche il lamento
della moglie Enrichetta Maria di Francia, intonato dal maestro di cap
pella della corte viennese ntonio Bertali. I versi dei brano, composti
dall' arciduca Leopoldo Guglielmo d'Asburgo, non rivelano uttavia
particolari elementi politici : si racconta che la regina inizialmente vor
rebbe morire, ma poi si rende conto che la sua morte non pua ridare
vita al marito; quindi desidera unicamente vendicarlo, ma, ccorgendo
si che nulla si scompone, cade nel più profondo sconforto e alla fine
sviene, come prevede il copione dei lamenti in musica. È curioso che
il lutto della sovrana per il marito sia stato afrontato anche in un altro
testo poetico i taliano, intitolato pur'esso Lamento della regina
d 'Inghifterra, nella morte del re suo marito, decapitato dal popolo
d 'Inghilterra, e pubbl icato a Macerata da n membro deU ' Accademia
dei Catenati, il Volubi le ( 1 649) . Questo componimento, pur avendo
una struttura che, a parte la lunghezza, 10 assimila ai testi delle canta
te (con discorso diretto incomiciato da sezioni narrative, senza passi
strofici), non presenta punti di contatto con quello musicato da Bertali,
ma elabora l' evento con la stessa idea letteraria e drammatica e sotto
la stessa angolaura culurale62•
62 Rispetto al testo di Bertali, il lamento stampato a Macerata contiene vari riferimenti stori
co-pol itici. La regina, nel suo di sperato intervento, esorta frequentemente altri regnanti europei a
vendicare il marito e la stessa istituzione monarchica, afinché prima 0 poi non rischino pure lare
la stcssa sorte (i versi «correte, 0 regi, a far di voi vendetta» e «correte, ahimè, corone, ai vostri
oltraggi» sono infatti ripetuti in tutto il testo). Chiede di speratamente che il ratello Luigi X I l I
intervenga (<<coni, invitto Luigi, a tor dei mondo 1 il britannico ingiusto l ia tirannica saelm), che
il cugino re di Spagna, Filippo I V d' Asburgo, venga infonato deU'esccuzione (<<che ' 1 suo cogna
to estinto 1 u da popolo infamc, 1 fu da plebaglia oscura») e che l ' i mperatore Ferdinando I I I
d'Asbugo muova gue rra contro g l i inglesi. Secondo l a regina, colpevole dell'uccisione di Carlo é
il popolo britannico, come si legge anche sul frontcspi.ôo, deinito «popolo infame», «plebag lia
oscura», «vil brittanno, 1 perfido e miscredente, 1 spergiuro parricida, cmpio tiranno». Qui il ribal
tamento é dunque chiaro: secondo la sovrana è il monarca assoluto a subire un alto dispotico da
parte dei popolo.
400
Il rapporto che si instaura, nel corso dei Seicento, ra storia e pro
dotti artistici (opere teatrali, narrative e musicali) sembra rilettere l ' e
sigenza dell ' uomo di ragionare, in modo più concreto di prima, su se
stesso e sulle dinamiche politiche e social i che 10 coinvolgon063.
Secondo un nota mito storiograico novecentesco, il Seicento u un
'secolo di crisi ' , douto non solo a eventi bell ici, dissesti inanziari e
carestie che sconvolsero l ' Europa, ma soprattutto a sostanziali trasfor
mazioni del l ' ordine pol itico, che passa dal sistema delle corti al l a
prima conigurazione degli stati modcmi . Attualmente si tende a ridi
mensionare tale prospettiva ed a limitarla ai decenni attomo a metà
Seicento, quando le varie ribel lioni europee costituiscono <una fase di
cri si dell ' ordinamento monarchico e dei si stema dei ministeriat, . , . di
radicalizzazione ideologica e di polarizzazione politica»64. Non a caso,
è proprio a partire da metà secolo che nel repertorio mus icale compaio
no cantate e lamenti storico-politici, che sembrano una reazione culu
rale alle circostanze storiche.
La nozione di ' crisi ' , nonostante aIcune riserve e il revisionismo
storiograico, ha permesso di rilettere su un tratto sal iente dei
Seicent065: la coscienza dei male e deI dolore. QuaIche decennio fa Josè
Antonio Maravall scriveva infatti che <<l ' uomo, secondo la concezione
dei diciassettesimo secolo, è un individuo [ . . . ] in conli tto con se stes
so [ . . . ] in perene e naturale lotta con i suoi simili» e metteva in evi
denza come «la denunzia del le cattive qualità del l ' essere umano, che va
dal segnalare il suo egoismo al sottolineare la sua malignità e deprava
zione, forse non è mai stata cosi diusa come nel diciassettesimo seco-
10»66. E ancora precisava come il Seicento non sia un secolo caratteriz-
40 1
una violenza al D�c:a;ntl
uv.,u, ,, «più acuta la coscieza della violenza, tanto
a lsplfare della nata
probabilmente come metodo repressivo e poi caricaa di
ti Sebbene azzardi siano
qualche egli ha comunque validamente
una componente pessimistica che, pur seza
generalizzare, percorre parte della produzione
dei Seicento e probabilmenente è la stessa ad aver alimenato la pro-
duzione di cantate qui discusse.
67 1 vi, p. 267
,,, Cf. M . FOl:CAULT, e p unire , Nascita detla prigione, Torino 1 976 (ed.
Surveiller el puni!: Naissance de priso n, Pris 1 9 75); L uPPI, Lo dei
delle esec:ioni c ap itai deI mar/irio nell 'arle elropea da! XII al .YIX secolo, Mllano
[1 e S. BUCCIN!, Semimento della morte da! Barocco al declino dei fumi, Ravenna 2000.
402
Appendice
MARINETTA (moglie d i
t'ramCèSCO Provenza [e?], "Corre a ! ' ottavo (Lamento di Marinetta,
di Massaniello), versi d i Francesco Me/osio, [dopo 1 47] : Marinetta
l 'uccisione dei capo del l a rivolta di Napol i .
di
Giacomo "Ferma, lascia c h ' Îo parli" (Lamento della Maria di
versi di Giovanni F i l i ppo Apollon i : le ultime parole di Maria Stuarda
della UV'L' ..LIVUv.
403
ZENOBIA (regina di Palmira, in Siria)
Giovanni Maria Bononcin i, "Con intrepido core" (Zenobia prigioniera), versi di
Giovanni Battista RosceUi, 1 677: la regina, caturata dai Romani , s i lamenta
dell 'umi liazione subi ta.
SENECA
Alessandro Stradella, "Se Nerone 10 vuole" (lI Seneca / Seneca svenato): ultime
parole d i Seneca prima dei suicidio voluto da Nerone.
Alessandro Stradel la, "Se Nerone pur mi vuol morto" (La morte di Seneca /
Lamento di Seneca moribondo / Lamento di Seneca Jatto morir da Neone),
[versi di Sebastiano Baldini?] : idem.
404