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Introduzione a Foscolo

Letteratura
Università degli Studi di Siena
11 pag.

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INTRODUZIONE A FOSCOLO – Marco Cerruti
Società e Cultura ai tempi di Foscolo
Tra Milano e Venezia, a partire dagli ultimissimi anni del 1700. Periodo di grandi cambiamenti:
crisi dell’Antico Regime, Rivoluzione, età Napoleonica e poi prima Restaurazione. Foscolo in
questo periodo si sviluppa come fervido assertore dei valori della Rivoluzione. Al servizio di essi
mette la sua azione letteraria, politica e anche militare. La rivoluzione tanto celebrata non va però a
buon fine, i militanti più accesi vengono esiliati e nascono le tre Repubbliche con centro a Milano:
grandi modificazioni della società, nel diritto, nel costume, nell’economia: viene meno l’Antico
Regime, cambiamento epocale.
Anche la figura del letterario vive un periodo di forti mutazioni: in questo periodo è più diffuso
l’intellettuale engagé, che partecipa ad assemblee, riunioni delle società di pubblica istruzione,
scrive polemico sui giornali e versi politici, a volte entra nello scontro armato. È una cultura
variegata e complessa che da vita a questo tipo di intellettuale:
Da un lato, la cultura delle riforme.
Dall’altro, il radicalismo utopistico di quegli autori che inneggiavano alla Rivoluzione ma che ne
rimasero poi delusi, come Alfieri.
E da un altro lato ancora, un mondo letterario molto esteso diviso tra preoccupazioni per le vicende
in Francia, per una possibile invasione francese, tra meditazioni sul passato… è bene ricordare che
la maggior parte di questi intellettuali si era impegnata per la costruzione delle Repubbliche.
Metà 1797: retour à l’ordre. Gli intellettuali entusiasti della rivoluzione dovevano decidere se tener
fede a quegli ideali e subire perciò isolamento, solitudine; oppure se adeguarsi alle ragioni del
nuovo potere. Fu la via scelta dai più: alcuni tra loro (Monti, Lamberti…) finirono per detenere il
controllo degli studi, ma la maggior parte dovette accontentarsi di scrivere per un giornale e
comporre versi per lodare Napoleone.
Foscolo sceglie una via intermedia tra queste due: da una parte si attestava sul parti du silence,
senza però rinunciare a lanciare cauti attacchi al regime filo-napoleonico; e dall’altra cercava
aggiustamenti con lo stesso.

La formazione e i primi scritti, sino ai “versi giovanili”


Foscolo nasce a Zante, in Grecia, nel 1778. Gli viene dato il nome di Niccolò, al quale lui
aggiungerà Ugo e che diventerà poi il suo nome. Ha una sorella e due fratelli, Gian-Dionisio (il
Giovanni del sonetto) e Constantino Angelo, entrambi morti suicidi. Il padre, veneziano, fa il
medico di bordo. Forse originario di una famiglia nobile ormai decaduta. La madre è greca.
Quest’ultima compare in molte poesie mature, mentre il padre, morto prematuramente, compare in
vari sonetti giovanili di grande intensità.
1785, la famiglia si trasferisce in Dalmazia per il lavoro del padre. Qui, a Spalato, Foscolo inizia gli
studi in seminario.
Nel 1788 il padre muore e la madre deve trasferirsi a Venezia. Foscolo torna a Zante, dove rimane
presso una zia materna fino al 1792. Poi si stabilisce dalla madre a Venezia fino al 1797.
Gli anni veneziani sono di fondamentale importanza per la sua formazione letteraria. La città è
molto vivace come centro letterario e culturale, grazie alla grande attività nei salotti e vedeva
l'affluire di letterati di gran nome, Ippolito Pindemonte e Aurelio De' Giorgi Bertola.

Bertola, scrive diversi volumi sia in prosa che in versi, dove il tema di fondo è la tensione verso una
felicità garantita da un rapporto autentico con la semplice Natura.
Pindemonte, dopo aver assistito come Alfieri all'inizio della Rivoluzione, viveva in aristocratico e
malinconico ritiro tra Venezia e Verona. Nel 1795 aveva pubblicato le Prose Campestri e le Poesie
Campestri, dove offre un tributo al movimento di fuga dal mondo storico e di abbandono ad una
natura confortante e soprattutto di immersione nel proprio sé.
Questa linea verrà sperimentata anche da Foscolo, a seguito della delusione prodotta dalla
situazione politica.
Pindemonte nel suo libro L'Abaritte inoltre, esprime un netto rifiuto del presente per l'antico.

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Sarà lui l'ideale interlocutore scelto da Foscolo nei Sepolcri.
Cesarotti, grande traduttore di opere tedesche, ha un forte interesse, illuministicamente consapevole,
per la poesia antica. È inoltre conosciuto per il suo disprezzo nei confronti degli eruditi pedanti.

Molto importante per capire i progressi di Foscolo tra i sedici e i diciotto anni, è il suo Piano di
Studi, del 1796. una serie di appunti personali divisa in due parti: da una parte gli autori e le opere
da leggersi; dall'altra la critica e le arti.
Questa seconda parte è interessante in quanto vengono anche elencati gli scritti da realizzarsi nel
prossimo futuro. Vi si trovano anche le Lettere, il momento d'avvio della travagliata elaborazione
dell'Ortis. Tale seconda parte mostra anche un'autoesaltazione di fondo verosimilmente narcisistico,
che sarà una costante dello psichismo foscoliano; e una disponibilità alle scelte più disparate.
Essa è però anche segnale di un disorientamento e di una crisi futura, che nascono dalla delusione
politica, e che portano ad una decisione di non scrivere più.

Esito abbastanza copioso dei primi esercizi di poesia erano i Versi dell'adolescenza, dedicati
all'amico Costantino Naranzi e che lasciano vedere le linee di gusto, di cultura, le ascendenze
politiche e intellettuali.
Netta è l'influenza della tradizione classica, dai lirici greci come Orazio fino al 700 arcadico. Si
vede inoltre l'influsso di poeti molto noti come Bertolia, Rolli, Savioli.

In una parte di questi versi si vede l'esperienza del privato, dell'io vissuta, per influenza epicurea, in
termini di misura, di equilibrata ricerca del piacere, ricerca al cui centro e di cui acme sono l'amore,
inteso nella sua pienezza psico-fisica, l'immersione felice nella natura, la fruizione della bellezza.
Esemplare di ciò è l'anacreontica “Il desiderio”. Già qui si vede l'insinuarsi della tematica patetico-
sentimentale, dove l'influenza maggiore è quella di Saffo, esemplare di un'esperienza d'amore
supremamente infelice, tale da portare al suicidio.
Il tema del suicidio che per la prima volta compare qui, sarà poi frequente e sempre più ossessivo
fino al 1803.
Ci sono altre due componenti in questi versi adolescenziali:
la prima è l'osservazione e la restituzione del proprio io, sulla cui linea si deriva il noto sonetto
autoritratto.
La seconda componente sono il gusto e l'esercizio del tradurre, che trova riscontro nella cultura del
medio e tardo Settecento.

I Versi Giovanili sono invece più articolati e compositi, composti sparsamente tra il 1794 e il 1797,
e tra i quali abbiamo L'Oda a Bonaparte Liberatore. Una buona parte di essi si costruisce all'insegna
di un esasperato younghismo, con ascendenze varaniane e ossianiche. Ci sono quindi temi mortuari
e cimiteriali, visionarismo e una varia imagery religiosa.

Su tutto l'arco della sua vita, la sensibilità, il gusto e la poesia di Foscolo appaiono segnati da
un'alterna e dialettica tensione, o più semplicemente disponibilità al bello e al sublime. I testi
giovani sono quindi segno di questa tensione al sublime e anche allo stesso tempo di una crisi
esistenziale causata dalla morte del padre.
Tale immagini mortuarie si ritroveranno anche in altri sonetti del 1802-1803 e ovviamente nei
Sepolcri.
Una sezione consistente dei versi giovanili è occupata da motivi politici. Si osserva quindi l'apertura
di Foscolo, attorno ai 15 anni, alla realtà politica circostante, cioè alla realtà complessa della
Rivoluzione. Nei versi iniziali si mostra lo sgomento per quanto sta avvenendo in Francia, e la
convinzione che il presente soqquadro sia rapportato all'ira divina.

L'esperienza e la scrittura patriottica


Evoluzione del Foscolo dall'egotismo tra edonistico e larmoyant dei suoi quindici anni al caloroso e

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accanito impegno politico e civile che gli esplica e vistosamente manifesta a cominciare dal
principio del 1797.
Questa evoluzione è preparata da alcune letture, tra cui Rousseau. Importanti sono delle suggestioni
di Alfieri e soprattutto il clima di forti accensioni, di appassionamento e di azione politco-civile in
chiave libertaria del tempo. Sono per lo più uomini tra i venti e i quarant'anni, studenti, borghesi di
medio livello, liberi professionisti, abati ed esponenti del clero. Il Veneto in particolare era un'area
molto ricca di queste figure liberali. Esse escono da ambienti ed esperienze formative molto diverse
tra loro, e si ritrovano negli anni successivi al 1797 a Milano capitale delle due Repubbliche
Cisalpine. La città è come un grande melting pot dove si incontrano e interagiscono culture molto
diverse.

Tra il 1795 e il 1706 vediamo allora maturare il verace patriottismo di Foscolo. È però questo anche
un momento critico, con un'evoluzione all'insegna della malinconia, con ossessioni e fantasie di
morte simili a quelle che si ritrovano nei Versi Giovanili. Tale crisi si configura sempre più come
disagio verso la società, che emerge in una lettera sfogo al Cesarotti, dove Foscolo parla anche di un
desiderio di verità, di virtuosa autenticità e il rifiuto di una società che appare come insensato gioco
delle parti. Questa idea sarà poi ricorrente nei ribellismi giovanili fino al Novecento e saranno
proiettati nel personaggio di Jacopo.

Il salto nella militanza politica del 1797 è preceduto due anni prima da una serie di letture,
riflessioni e scritti che attestano il maturare di queste posizioni radicali. Esemplificativo di ciò è
anche il già nominato Piano di studi. Ci fu inoltre un libretto di odi, di cui Foscolo parlò in alcune
lettere, ma mai pubblicato, dove si trovava anche una dedica a Vittorio Alfieri, e che comprende
anche tre odi con riflessione politico-civile. Anche la cantica di Robespierre rimane incompiuta.
Concreti sono invece due lavori teatrali, due tragedie: Edippo e Tieste, che nascono da motivazioni
e interessi molteplici.
Da una parte la crescente passione per Alfieri e il suo teatro, una passione che sfocerà nel ritratto
presente nei Sepolcri. Vediamo inoltre in queste opere l'influenza del Cesarotti e il suo interesse per
il mondo greco antico e la sua letteratura, Sofocle, Eschilo.
La decisione di confrontarsi con il mondo antico è anche probabile segno di una grande sicurezza di
sé del giovane Foscolo.
Inoltre, tali tragedie gli permettevano di confrontarsi sulla situazione politica a lui contemporanea.
In queste prime tragedie Foscolo ipotizzava l'esistenza di un sovrano buono e giusto, contrapposto
al tiranno. Questo spiega il rapporto si critico ma mai conflittuale con Napoleone.
È importante però notare, che nella Tieste è assente un insistito discorso presente in Edippo. È la
visione negativa della peble come massa irrazionale, incontrollabile e infida. È un motivo centrale
della fine del 700 che attesta la paura dei vecchi ceti proprietari verso la realtà popolare, sempre
meno ferma e controllabile. In questo, l'Edippo è comune all'ode I miei Tempi.
Tale assenza nel Tieste indica una riflessione successivamente intervenuta di carattere democratico,
ed è per questo che questa tragedia avrà maggiore successo.

Riguardo appunto tale successo, Foscolo scrive una lettera al Cesarotti, in cui spesso emerge il
compiacimento per la sua giovane età, solo diciotto anni. Di Tieste invia anche una copia alla
“Saffo italiana” Diodata Saluzzo e ad Alfieri. La copia al secondo è accompagnata da una lettera, in
cui Foscolo esprime la volontà di raccogliere l'eredità di scrittore civile che fosse in grado di
stimolare e risvegliare gli italiani.
Ma ormai, con il costituirsi della Repubblica Cispadana, Foscolo sta per compiere il salto nella
militanza politica sulle linee politico-democratiche. Essendo poi Venezia ancora immune alla
Rivoluzione, Foscolo decide di spostarsi a Bologna, città-guida della Cispadana, dove si arruola
nello squadrone dei Cacciatori a cavallo.

Arrivato a Bologna, Foscolo si affretta a stampare l'ode A Bonaparte liberatore, che assieme alla ode

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Ai novelli repubblicani e il sonetto A Venezia, costituisce il primo contributo di rilievo sul piano
poetico-letterario, alla causa patriottico-repubblicana.

Vediamo emergere in questa ode l'attenzione per i grandi modelli antichi, che si ritrova anche
nell'altra ode politica, Ai novelli repubblicani. Tale presenza classica è molto importante bella
cultura patriottica di Foscolo, almeno fino all'Ortis. In particolare è importante la figura di Plutarco,
che appare come introduttore e guida ai grandi esempi della Grecia e della Roma antiche, stimolo
all'azione politico-civile, conforto nei momenti di debolezza, in quanto testimone di una realtà altra
rispetto a quella presente. Quest'ultima funzione di Plutarco è al massimo visibile nell'Ortis.
Ma dell'Ortis si può ben dire che chiude l'esperienza patriottica.
Comunque, ritornando ai fervori del 1797, sappiamo che in Foscolo, forte del successo del Tieste e
della prospettiva di usare la spada e la lira per sostenere, difendere e promuovere il processo di
rigenerazione politico-civile, si contrapponeva ad autori come Alfieri, che non erano riusciti ad
assumere la spada.
Allo stesso tempo però Foscolo scrive molti versi e altrettanti ne progetta. Progetta anche
un'orazione al popolo sovrano di Venezia.

Per quanto riguarda la spada, Foscolo richiede quasi subito il congedo per una ferita di cui non
sappiamo molto, che gli viene concesso probabilmente per la sua fama di poeta, e viene nominato
tenente onorario aggregato alla Legione Cispadana. A Venezia riceve inoltre l'incarico di redattore
della Municipalità ed entrava a far parte della Società patriottica dell'istruzione pubblica. Essa è
un'istituzione tipica del triennio patriottico e permetteva ai partecipanti di esprimere le loro
opinioni, confrontarsi e discutere in libertà e democrazia.

Foscolo si rese subito molto attivo e dopo aver scritto una lettera ai cittadini, fu eletto socio per
acclamazione. Dopo tale elezione fece un intervento di carattere pratico-operativo che riguardava la
chiusura dei circoli di svago degli aristocratici.
Secondo alcuni studi gli interventi di Foscolo non furono più di una ventina, e molti erano a
carattere persuasivo e istruttivo.
In particolare un intervento fu incentrato contro Alfieri e la sua decisione di ritirarsi a Firenze
invece di combattere per la causa rivoluzionaria.

Guardando tale acceso patriottismo, si può ben immaginare la reazione violenta che Foscolo ebbe
nell'ottobre del 1797 quando fu firmato il trattato di Campoformio, con il quale la Francia cedeva
all'Austria, in cambio del Belgio e di Milano, la Repubblica Veneta e Venezia. Per Foscolo e gli altri
patrioti, abbandonatisi all'entusiasmo per la nazione rigenerata e la sua utopia e impegnati ed
esposti, fu una grande delusione, che Foscolo proiettò nell'Ortis.
Tale sdegno furente non ebbe le sue radici solo nel temperamento incontrollato del giovane Foscolo,
ma anche nel clima del tempo.
Pur essendo così esasperato però Foscolo decide quasi subito di piegarsi allo stato di cose esistente
e di venire a patti con esso. Si sposta quindi nella nuova capitale della Repubblica Cisalpina,
Milano, che essendo capitale era viva di centri amministrativi e tecnici, di dibattito politico e di
attività editoriali e giornalistiche. Qui si incontrarono quindi patrioti di diverso livello e
provenienza.

Giunto a Milano, Foscolo fece subito richiesta di un buon impiego nell'ambito della cultura. Ma,
essendo Milano un centro tanto importante, c'erano molti aspiranti ad impieghi simili, anche di
fama ben maggiore (come Monrti). Quindi Foscolo non ottenne il posto. Poco dopo gli fu affidato
l'incarico di redattore del Monitore Italiano, insieme ad altri due letterati di spicco: Melchiorre
Gioia e Pietro Custodi. Tale episodio giornalistico è di notevole interesse nella vita del Foscolo:
esso si configura come l'esito concreto della scelta di venire a patti con il nuovo stato di cose. La
tecnica di Foscolo è però sottile: istituzionalmente, il giornale informava i cittadini sui fatti della

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repubblica, da un altro punto di vista, esso esponeva opinioni apertamente critiche sulla situazione
attuale.
Il governo della Cisalpina, per quanto ancora disponibile a voci critiche, non poteva permettere la
circolazione di un giornale che poteva compromettere i rapporti di Parigi con Vienna. A questo si
aggiungeva il non ben visto democraticismo di Foscolo. Ben presto dunque il Monitore fu
soppresso, e Foscolo si era ormai fatto la fama di personaggio scorbutico e da non incoraggiare. A
questo si aggiunsero alcuni problemi di cuori dati dall'amore per la giovane moglie di Monti Teresa
Pikler.
Foscolo decise quindi di lasciare Milano per la Bologna che lo aveva accolto tanto bene, dove
sperava di trovare nuovi onori.
Qui tuttavia non gli venne offerto granché e solo dopo qualche mese fu assegnato alla Sezione
Criminale in qualità di aiutante del Cancelliere e Segretario per le lettere del tribunale.
Questo posto giunse faticato e tardivo ed era tutt’altro che modesto, specie se confrontato con le sue
aspettative. A consolare tale frustrazione, arrivò l’invito a collaborare a due fogli locali: Il genio
democratico e il Monitore bolognese. Soprattutto nel primo, Foscolo svolgeva a puntate una serie di
istruzioni popolari politico-morali.
In queste sue Istruzioni Popolari, Foscolo tocca alcuni temi fra i più ricorrenti nella trattatistica del
tempo. Molti dei suoi temi rinviavano comunque alle esperienze esemplari degli antichi e degli
autori che le avevano tramandate.
Ricorrente fu anche il tema della povertà e della disparità delle classi, che troverà poi notevole
sviluppo nell’Ortis e più tardi nei Sepolcri
La collaborazione a questi due giornali risale quindi all’autunno de 1798. Nell’anno seguente
Austria e Russia cominciano l’offensiva antifrancese che porta all’occupazione della Repubblica
Cisaplina.
Foscolo, per il suo passato di fervente patriota, si arruola come volontario nella Guarda Nazionale
mobile di Bologna. In battaglia fu ferito a una gamba, rifugiatosi in un monastero fu arrestato e poi
liberato. Venne nominato “capitano aggiunto” e partì per il fronte ligure, dove, dopo aver
partecipato alla battaglia di Novi, entra a Genova, dove partecipa per diversi mesi alla sua difesa.
Questo periodo genovese è per Foscolo molto importante, sia per la diretta esperienza militare, ma
soprattutto per le frequentazioni mondane, attestate dall’Ode a Luigia Pallavicini caduta da cavallo;
e per certi incontri con personalità importanti come Fantoni.
Proprio qui a Genova Foscolo ritrova la vocazione di farsi voce e portavoce di una comunità. Come
nel Discorso su l’Italia, in cui auspica l’istituzione d’un autonoma Repubblica Italiana; oppure nella
Dedicatoria a Bonaparte e nell’ormai sesta edizione dell’oda A Bonaparte liberatore.

Novembre 1799: a Parigi avviene il colpo di stato che porta alla costituzione della dittatura
personale di Napoleone. La riedizione dell’oda risale ai giorni in cui la notizia era arrivata anche a
Genova. Qual era allora il senso dell’azione di Foscolo?
Egli voleva essenzialmente che Napoleone si facesse carico dell’Italia, fondandola come
Repubblica autonoma. In questo Foscolo si fa interprete degli orientamenti unitari di molti patrioti
di quel periodo a Genova.
Si può anche pensare che a indurre l’invocazione dell’intervento di Bonaparte fosse la ricerca di un
padre che avrebbe forse operato al fondo dello psichismo foscoliano.

Il periodo patriottico si chiude definitivamente nel 1802, benché temi patriottici e questioni politico-
civili continuino a comparire nella sua vita (in contesti e in forme ben diversi).
La prima edizione dell’Ortis è dell’ottobre 1802. Essa conclude idealmente il periodo patriottico,
dopo un momento abbastanza gratificante nella vita del poeta, cominciato nel 1800: rientrato a
Milano, confermato capitano aggiunto, partecipa alle operazioni di ripulimento tra Emilia Romagna
e Lombardia di quel che restava degli insorgenti del 1799. Ricevette inoltre l’incarico di partecipare
alla compilazione di un Codice Militare Italiano, e poco dopo quello d stendere un’orazione a
Bonaparte per l’imminente Congresso di Lione. È inoltre di questo periodo l’amore per la giovane

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fiorentina Isabella Roncioni che per molto tempo lascerà traccia nella lirica foscoliana. Di questo
periodo sono gli scritti: In difesa del generale Pino; Commenti della storia di Napoli; Rapporto sulle
segrete cagioni e sui principali avvenimenti della catastrofe napoletana. Queste opere mostrano il
tentativo di Foscolo di fare una prosa storico-narrativa di tipo tacitano.
Notevole di questo periodo è anche il Proemio ai progettati e mai realizzati Discorsi sopra gli
uomini illustri di Plutarco.
Infine l’orazione a Bonaparte per il congresso di Lione del 1801 la cui stesura fu lenta e tormentata
la pubblicazione: la dirigenza cisalpina non aveva impedito che l’orazione venisse stampata,
nonostante i pesanti attacchi alla società e ai costumi degli anni post 97, ma aveva preferito che
l’opuscolo uscisse a Congresso concluso e piuttosto alla chetichella.
Questa orazione era intrisa di irrealismo: era infatti difficile pensare che Bonaparte fosse anche solo
interessato a porre mano a un qualche risanamento di questo universo negativamente così
vividamente descritto. In questo scritto comunque il poeta dà ancora una volta sfogo al suo
protagonismo profetico-vaticinante e insieme gettava un grosso sasso nello stagno sempre più
torbido della Cisalpina.

La scrittura del “disinganno” fra l’Ortis e le Poesie


Ottobre 1802: Ultime Lettere di Jacopo Ortis. Sono il risultato di una rielaborazione lunga quattro
anni. Abbiamo già una prima edizione del 1798, che uscì all’insaputa dell’autore e integrata da altra
mano.
Il momento dell’avvio è quello che ha fatto più discutere: si pensa che la base fosse un’indicazione
contenuta nel Piano di Studi del 1796: nella rubrica Prose originali troviamo le Lettere. Forse già in
quel periodo esisteva un romanzo epistolare sentimentale già nel 1796, influenzato dalle letture di
Richardson, Rousseau, del Werther. Questo viene definito il proto-Ortis.
Comunque sia, di certo Foscolo lavorava all’Ortis durante il periodo bolognese e la prima edizione
fu stampata dal Marsigli tra il 98 e il 99. È questo il primo Ortis, o Ortis bolognese.
Ben presto però Foscolo fu costretto a partire con l’esercito, e il Marsigli pensò di non lasciare
sospesa la stampa del libro, e affidò la continuazione ad un letterato del luogo, Angelo Sassoli.
Questo lavoro finito fu immediatamente bloccato dalla cesura imperiale. Marsigli corse quindi ai
ripari con una nuova edizione rimaneggiata in cui l’attenzione si orientava verso la storia d’amore
Vera storia di due amanti infelici ossia Ultime lettere di Jacopo Ortis. Dopo Marengo, ricostituita la
Cisalpina esce una terza edizione, che riprende quella respinta dalla cesura austriaca.

Solo dopo Marengo Foscolo venne a conoscenza delle iniziative del Marsigli e scrisse sulla
Gazzetta universale una lettera in cui enunciava il proposito di riprendere la stampa del romanzo.
Tale stampa si compiva in due tempi, e riproponeva il testo dato due anni prima al Marsigli con una
breve aggiunta a mo’ di conclusione provvisoria.
Una seconda stampa si concludeva con lettere che portavano al decisivo suicidio del protagonista e
fu affidata alla stamperia milanese del Genio Tipografico.
Tale stampa ebbe molta fortuna e numerose riedizioni, alcune fatte uscire all’insaputa dell’autore.
Questo successo è segno del fatto di come il libro desse voce a problematiche e tensioni molto
diffuse al tempo.

La versione bolognese tratta essenzialmente di un amore infelice, che si fonda si su un quadro di


difficoltà e inquietudini storico-politiche, ma lasciate nel vago e non condizionanti. Diversa, nel
1802, è anche la condizione di Teresa, giovane vedova con figlia di cui Jacopo si innamora non
ricambiato, e anche Odoardo è diverso.
Nel 1799 si trattava di una storia normale per il tardo Settecento: irrequietezze interiori, sensibilità
iperattive, passioni irrealizzabili.
Nel 1802 tali dolori vengono inseriti in un preciso contesto storico, un contesto denso di delusioni
post Campoformio. Tale cambiamento potrebbe essere stato influenzato da una crisi complessa e
strisciante del Foscolo, la cui delusione politica, l’esperienza diretta della guerra e della morte,

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l’amore irrisolto per Isabella e il suicidio del fratello, si legavano ad una visione delle cose laica e
materialistica, su una linea di epicureismo pessimistico.
Un segno del maturare di questa crisi si può trovare nel già citati Proemio ai Discorsi, che si
conclude con un dubbio sull’effettiva grandezza di questi autori illustri greci e latini.

È palese come nel personaggio Foscolo proiettasse la propria condizione intellettuale ed


esistenziale.
Il romanzo è strutturato in lettere, presentate dall’amico di Jacopo, Alderani, che presenta e
conclude la vicenda con qualche sua parola. È una struttura tipica del 700, che però ha una trama
più profonda: la prima parte è di carattere essenzialmente idillico: campi, selve, abitanti poveri ma
felici. Col progredire della vicenda, tale realtà risulta improponibile per chi abbia sperimentato la
negatività del mondo storico e abbia sperimentato la negatività dell’esserci. È in pratica un
Bildungsroman che non porta però alla maturità ma alla consapevolezza dell’inevitabilità
dell’autodistruzione, del suicidio. Questo mito è incredibilmente suggestivo per i tanti giovani
intellettuali inquieti come Jacopo.
Nutrito nel profondo di urgenze etico-civili, politiche, sentimentali, l’Ortis costituiva anche una
notevolissima performance di genere, con un alto grado di leggibilità e con una forte inclinazione al
sublime.
Dando a Jacopo una connotazione politica, Foscolo compie un preciso gesto politico: nel suicidio,
Foscolo trasmette un messaggio di rifiuto della congiuntura come si stava delineando, l’idea del non
volerci stare. Del resto l’Italia stessa in questo periodo stava vivendo la divaricazione tra quegli
autori che fanno propria la nascente causa del regime (Lamberti, Monti) e quelli che scelgono la via
silenziosa della non partecipazione, che non significava rinuncia ad una professione negli organi
dello stato, ma evitare di competere per incarichi di spicco.
Foscolo sceglie questa strada e dopo la pubblicazione dell’Ortis si chiude in un cauto ritiro. Qui
vediamo una crescente tendenza introspettiva, culto ed esercizio del bello artistico. Risultati di
questa pausa sono il frammentario e inconcluso scritto Della poesia lucreziana, e il graduale
attestarsi su posizioni atomistico-epicuree, centrali nei sepolcri.
In questo clima di pacate riflessioni, di studiosità appartata, di insistite introversioni, amarezze e
rimembranze dolorose, nasce la grande lirica foscoliana.
L’edizione milanese delle Poesie, del 1803, presso la stamperia Agnello Nobile, include le due odi e
dodici sonetti, di cui solo il terzo recante un titolo.
L’ode a Luigia Pallavicini era già comparsa in una raccolta di omaggi poetici di vari autori a
Genova nel 1799. La stessa ode era poi ricomparsa nel fascicolo di ottobre 1802 del tomo IV del
Muovo Giornale dei letterati di Pisa e sempre nello stesso anno, in un’autonoma edizione (Poesie di
Ugo Foscolo), stampata presso la tipografia Destefanis e conteneva una dedica all’amico fiorentino
Giovan Battista Nicolini e tre sonetti che saranno considerati i più significativi: Forse perché della
fatal quiete, Né mai più toccherò le sacre sponde; Pur tu copia versavi alma di canto. Nell’edizione
di Nobile si aggiungeva poi “Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo”.

Con queste poesie Foscolo puntava molto in alto, e in esse ritroviamo fitte corrispondenze con
l’Ortis: il motivo della solitudine, specie notturna; il senso profondo della morte; la presenza della
figura materna (che troviamo anche nei versi giovanili).
In particolare, l’ossessione per la morte e per il funebre, presenti nell’Ortis, sono il segno distintivo
delle Poesie. Essa si può trovare perfino nel sonetto Ritratto.
Di questo sonetto ci sono moltissime varianti, che sono segno di come Foscolo avesse gradualmente
cambiato modo di vedere sé stesso e in sé stesso.

Caratteristica fondamentale dei sonetti è la loro particolare complessità, soprattutto in Alla Sera, A
Zacinto e Alla Musa, dove è evidente una delicata e ardua ricerca tecnico-formale e la volontà di
sondare un porto sepolto che porta ad esiti nuovi nella poesia settecentesca.
Con Alla Sera porta alla luce un momento saliente della sua esperienza psichica e mentale, mentre

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con A Zacinto fissava il motivo del riincontro con il mondo ellenico.

Dal lavoro sulla “Chioma di Berenice” sino a “i Sepolcri”


Difficile capire cosa avesse spinto Foscolo, nel 1803, a tradurre la Chioma di Berenice del poeta
ellenista Callimaco (già tradotto da Catullo).
Era quello un periodo difficile per lui: l’amore difficile per Antonietta Fagnani Arese, la militanza
politica non esaltante eccetera…
Molti pensavano che, coltivando una forma di poesia che si alimenti nell’antico, volesse ottenere
una cattedra.
Era certo un momento vivace di assegnazione di cattedre, in genere date per compensare le
benemerenze patriottiche di molti letterati. In genere però i beneficiari erano sulla sessantina e,
dopo le iniziali accensioni repubblicano-rivoluzionarie, avevano messo la testa al partito o
comunque davano garanzie.
Probabile è che Foscolo tentasse di mantenere e migliorare la posizione di capitano aggiunto, in
quanto cominciava ad avere problemi di soldi e puntava quindi ad un definitivo e buon inserimento
nell’esercito napoleonico che potesse offrirgli prospettive di impiego come scrittore e esperto di
cose militari.
Proprio per questo esercitò forti pressioni sul Monti per venir ammesso all’Istituto nazionale, un
organismo superiore di coordinamento, decisione e finanziamento di quel che si facesse, in sede di
cultura, nell’ambito dell’Italia napoleonica. È un organismo importante che consentirà ai membri di
esercitare una vera e propria dittatura culturale fino alla fine del regno nel 1814.
Questo inserimento però non avviene, ed è uno degli elementi che spiegano il crescente isolamento
del Foscolo negli anni seguenti e il suo ritrovarsi ad essere, dopo i Sepolcri, il leader dell’area del
dissenso. Inoltre, perse ben presto fiducia nel lavoro sulla Chioma e non lo considerava con
equilibrio in quanto si trovava in un momento di depressione acuta. Il lavoro è però ricco di
componenti di rilievo e importante per la maturazione intellettuale ed estetica. Interessante in
particolare è la profonda riflessione sulle età eroiche, sulla profonda, sulla diversità del mondo
antico da quello moderno, sul senso della poesia antica e di quella del presente.
Nel 1804, dopo un 1803 difficile e irritato per non essere stato inserito nell’Istituto, Foscolo è
costretto a lasciare Milano, dove viveva il fratello Giulio e partire per mare con le truppe che
avrebbero dovuto attaccare l’Inghilterra. Ci furono in questo periodo alcuni amori, da cui sarebbe
poi nata quella Floriana che a Londra lui riconoscerà poi come sua figlia.
Ben presto però la campagna contro l’Inghilterra fallisce e già nel 1805 lo ritroviamo a Milano, poi
l’anno seguente tra Brescia, Verona e Venezia.

In tutto questo tempo Foscolo era entrato nelle grazie dell’attuale ministro della guerra Caffarelli,
grazie al quale riuscì a mettere in porto il suo vecchio disegno di una professione passabilmente
retribuita che gli consentisse di scrivere di cose storico-militari. Di qui l’idea di tradurre la Relation
de la bataille de Marengo, di mettere insieme una Histoire de l’Art de la Guerre. Nel 1807 decise
infine di rimanere a Milano per vari incarichi, a disposizione dello stesso ministro. Qui si impegnò
nell’edizione degli scritti militari del celebre maresciallo Raimondo Montecuccoli, vissuto nel 600.
La sua idea era quella di promuovere la formazione di un esercito italiano consapevole delle proprie
tradizioni e che fosse autonomo da quello dell’impero.

Intanto, dopo la fallita missione antibritannica, Foscolo cercava di reinserirsi nei milieux
intellettuali della capitale del Regno. Pubblicò probabilmente con questo scopo le Osservazioni sul
poema del Bardo: questo poema epico-lirico aveva rappresentato uno dei massimi impegni di
Monti, poeta ufficiale di sostegno e di celebrazione del bonipartismo. Napoleone aveva ben
ricompensato tale impresa ed è quindi probabile che Monti avesse suggerito a Foscolo le
Osservazioni, per permettergli di trovare uno spazio letterario nell’ambiente di Milano e dintorni.
Furono questi momenti difficili, ricordati nella Lettera apologetica. Qui Foscolo ricorda di aver
apprezzato lo stile del poema ma di essersi dispiaciuto del soggetto, cioè la celebrazione di

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Napoleone, e che per questo aveva scelto di non firmare, per non apparire coinvolto in tale
celebrazione. Una serie di giochi sottili, che lo porteranno alla nomina a professore di eloquenza
nell’Università di Pavia.
Rimane però un momento di fastidi e sgradevolezze e Foscolo trova consolazione alle proprie
frustrazioni nell’esercizio della poesia. Da qui la pubblicazione nel 1807 di due libri: il carme dei
Sepolcri e l’Esperimento di traduzione dell’Iliade.
Quest’ultimo mette le radici negli scritti dedicati alla Chioma di Berenice e nel riconoscimento della
poesia omerica come radicalmente altra in quanto espressione di un mondo diverso rispetto al
moderno, e nei primi tentativi concreti di tradurre il poema già nel 1804 in Francia.

Anche il carme Dei Sepolcri intendeva essere una cosa decisamente nuova. Nuova era innanzitutto,
in quel periodo di maturo neoclassicismo, la scelta di saltare la tradizione moderna per richiamarsi a
certa poesia antica greca e al sublime, già richiamato nell’Ortis.
C’è inoltre la decisione di non celebrare lo stato presente e il suo supremo reggitore, ma piuttosto di
introdurre punte polemiche contro la Francia, contro la stessa Milano.
Un’esperienza di cultura militante all’interno del sistema bonapartista: dalle lezioni
pavesi alla tragedia Aiace
Man mano che ci si avvicina al 1810 si fa sempre più crescente il potere di uomini dotti
assolutamente ligi alla dirigenza napoleonica. Questo portò all’eliminazione, nelle università, di
discipline chiave in senso critico, come la storia, l’economica pubblica, l’eloquenza. A dicembre
quindi si vede sopprimere la cattedra, benché per un anno gli fu concesso di tenere le lezioni.
In queste lezioni offre una riconsiderazione organica della letteratura, studiata da angolazioni
molteplici, come fenomeno linguisticamente e storicamente determinato e in trasformazione. Si
domanda che senso avesse al presente, essere uomo di lettere.
Lo spirito della lezione era sottilmente conciliativo in quanto riconosceva che una rivoluzione nella
società non era attuabile. Per Foscolo, l’uomo di lettere aveva il compito di promuovere la civile
concordia. Allo stesso tempo però, l’atmosfera culturale milanese andava appesantendosi. Era il
momento di crescente affermazione degli ambiziosi venduti al Regime. Per questo, pur essendo
molto moderate, Foscolo non pubblicò le sue lezioni.
In questa sua lotta contro i poeti venduti al potere, Foscolo aveva dalla sua parte Giovanni Rasori,
direttore degli Annali di scienze e lettere. Tra il 1810 e 1811 Foscolo vi partecipò attivamente, sia
scrivendo personalmente che consigliando altri collaboratori. Tra gli scritti foscoliani compare Sulla
Traduzione dell’Odissea, una riflessione sulle traduzioni di Omero, con punte di polemiche versi
Cesarotti e Monti, che aveva tradotto senza sapere il greco.

Intanto, nel 1811, Foscolo si dedicava alla complessa tragedia Aiace, densa si implicazioni e
intenzioni di natura politica.
Tale politicità è articolata su due livelli:
uno più superficiale, dove nei diversi personaggi è possibile individuare un’allusione a Napoleone e
ad altri personaggi importanti.
Era però questo un momento politicamente difficile per Napoleone, che si stava preparando alla
campagna di Russia, e il vicere raccomandò all’autore maggiore prudenza politica.
Un secondo livello, più profondo, è quello della riflessione sul potere illimitato del sovrano, il peso
dell’astuzia e del cinismo privati e politici, la condizione umana segnata dal prepotere della forza e
da una sorta di universale infelicità, che investe tutti.
La tragedia fu male accolta e solo nel 1961 riscoperta dai critici come una grande opera.

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Il Biennio Fiorentino: la Ricciarda, l’edizione del Viaggio sentimentale e l’avvio
delle Grazie
Foscolo giunse a Firenze nell’estate del 1812 e ripartì nell’autunno dell’anno successivo. Questo
periodo, cominciato all’indomani della pubblicazione dell’Aiace, fu un momento di incontri sereni,
amori non travagliati, raffinate sperimentazioni letterarie…
Prima di trasferirsi a Firenze, passa qualche periodo a Venezia, dove intrattiene una relazione con la
nobildonna Isabella Teutocchi, la quale inserì la sua descrizione, il suo ritratto, in un libretto che
conteneva i profili di altri uomini importanti del tempo da lei conosciuti, come il Cesarotti e Byron.

Nel 1812 inoltre, fece ritorno a Milano, ma molto in ombra. Cadeva ammalato, e viveva in un
profondo senso di disagio e depressione, come si capisce da molte lettere.
È proprio in questo momento che riemerge quel suo gusto antico per una poesia pura, lontana dalle
asperità del momento storico.
Poco dopo questo periodo milanese, Foscolo si concede un periodo di villeggiatura in campagna
che sembra rinvigorirlo. Ritornato però a Milano, ritornano anche la febbre e nuove noie. Di qui la
decisione di partire per Firenze.

Gli amori occuparono gran parte della sua vita fiorentina, e qui nasce la nuova tragedia Ricciarda.
Ambientata nel Medioevo italiano, si svincola dai modelli classici ed è intesa a recuperare
atmosfere shakespeariane: vediamo l’amore contrastato, il conflitto insanabile tra due fratelli. Ci
sono elementi quali sentimentalità intensa, oscurità diffusa, clima cupo e sepolcrale che saranno
tipici del nascente teatro romantico.
Nella calma e nell’agio di questo periodo fiorentino, Foscolo riprende anche la sua traduzione del
Viaggio Sentimentale di Sterne, cominciata a Milano ma rimasta inconclusa, e la fa uscire presso il
Molini di Pisa nel luglio del 1813. Il volumetto recava in appendice una Notizia intorno a Didimo
Chierico, una sorta di breve e distaccato profilo che l’autore delineava di sé stesso: un profilo
didimo, equilibrato e disincantato, totalmente diverso dal Foscolo ortisiano tutto lacrime, passioni e
invocazioni di morte.
Dopo la composizione della tragedia, vediamo Foscolo rafforzare un’aspirazione profonda ad
un’armonia più sicura e luminosa. Da questa aspirazione deriva la scelta di riimmergersi
nell’elaborazione, già avviata, di quella sorta di ideale carme, rimasto incompiuto e frammentario,
che sarebbe passato nella tradizione degli studi e della scuola col titolo di Grazie.
L’autore ebbe di certo in mente un disegno unitario, ma non giunse mai, pur lavorandoci su, a più
riprese, per circa 20 anni, a ordinare nella forma definitiva di un’opera articolata in tre inni. Fu solo
un filologo a stabilirne l’ordine.
Sono evidenti il tentativo di riprendere il mito classico, di rendere un’immagine di bellezza
femminile estremamente aggraziata, la ricerca di armonia. È evidente la continuità con la
contemporanea ode All’amica risanata.
Su questa linea, in quello che comincia a profilarsi come un vago progetto, il Foscolo maturava
l’idea di comporre una serie di inni italiani, uno alle Grazie, uno A Zacinto e Acleo, che saranno poi
ripresi a Firenze nella prospettiva di un carme intitolato Alle Grazie.
All’inizio del 1815 però, la scelta di passare in Svizzera e poi in Inghilterra, resero sempre più
malagevole la conclusione dell’opera, che infatti conobbe pubblicazione solo nel 1822.
Le Grazie sono il simbolo di un’umanità bella, delicata, gentile, e avrebbero dovuto placare la
violenza sempre presente nel genere umano. Questa è la didattica del carme.
È quindi un’opera con un forte messaggio di speranza, in un mondo reso meno aspro dall’esercizio
della bellezza attraverso le arti e la poesia, oltre che dai valori, di cui le divine Grazie del mito, nei
culti e nella poesia antica erano state simbolo. Si tratta di un recupero dell’antico che distanzia
nettamente il Foscolo dai tanti poeti che praticano un classicismo di maniera o ornamentale, o
peggio, strumentale e funzionale alle ragioni del potere e lo avvicina invece ad alcuni grandi
contemporanei come il tedesco Holderlin, gli inglesi Keats e Shelley.

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Dal ritorno a Milano agli anni inglesi
Tra la fine di luglio e la fine di settembre del 1813, Foscolo fa il suo breve e non definitivo ritorno a
Milano, per motivi personali e per seguire l’iter censorio della Ricciarda. Nell’ottobre ci fu la grave
sconfitta napoleonica a Lipsia, così Foscolo decise di lasciare gli ozi fiorentini e di fare definitivo
ritorno a Milano, per riprendere il servizio militare.
Mentre nel 1814 le sorti di Napoleone precipitavano definitivamente, Foscolo sperò come molti che
fosse arrivato il momento per l’Italia di diventare uno stato indipendente. Il poeta ritrova così
l’energico slancio protagonistico, stavolta però in direzione moderato-costituzionale ed
indipendentistica.
I tumultuosi risvolti politici però, e l’incertissima situazione, Foscolo decise di dare le dimissioni
dalla milizia, che vennero però respinte dalla Reggenza del governo provvisorio, che anzi lo nominò
capobattaglione. Foscolo era intanto sempre più indeciso se rimanere, per ragioni economiche, e
quindi accettare il nuovo potere, o se lasciare tutto e andare altrove.

Intanto nella dirigenza austriaca maturava l’idea di dar vita ad un nuovo periodico di cultura, la
Biblioteca italiana, che doveva essere un spazio di riincontro di esperienze diverse. Nel 1815
Foscolo fu invitato a dirigerlo, ma lui decise di uscire di scena e nel marzo emigrò in Svizzera.
Durante il breve periodo svizzero, Foscolo concluse e pubblicò nel 1816 la Hyperalypseos liber
singularis, un fortebello contro quei letterati che avevano venduto la loro penna al potere. Nello
stesso anno esce anche la versione zurighese dell’Ortis. Importanti sono anche gli inediti e
inconclusi discorsi Della servitù d’Italia, in cui viene analizzata la situazione politica italiana, quano
era accaduto nei decenni precedenti e la responsabilità del readicalismo del 700.
Fu quindi un periodo denso di riflessioni politico-civili, cui però la polizia locale mise presto fine,
intimando a Foscolo di lasciare Zurigo. Foscolo parte così per l’Inghilterra.

Il conclusivo periodo inglese, è articolato in due momenti distinti. Il primo, è caratterizzato dalla
collaborazione con alcune riviste importanti, come il Quarterly Review e la Edinburgh Review. È
un periodo molto buono, e produttivo dal punto di vista scrittorio, benché si affaccino già i primi
problemi di salute e finanziari. Fu il periodo dell’amore per Carolina Russel, giovane alla quale
dava lezioni su Petrarca. È proprio sulla base di questo rapporto che Foscolo scrive i Saggi sul
Petrarca, opera assai fitta di osservazioni psicologiche. Molto importanti furono anche le Lettere
scritte dall’Inghilterra e la saggistica storico-politica: verso la fine del 1818 l’avvio di una Storia del
Regno Italico, An account of the Revolution of Naples during the Years 1798-99; e i vari interventi
a favore della Grecia che si stava emancipando, il più noto è On Parga, preparativo di Narrative of
events illustrating the Fortunes and Cession of Parga.

Il secondo periodo comincia circa nel 1822 e finisce nel 1824. È poco significativo per gli scritti e
vede il notevole aggravarsi della sua situazione economica.
Nel 1822 ricompare poi la figlia diciassettenne Floriana, che aveva ricevuto un piccolo capitale in
eredità. Foscolo decide di sistemare la villetta più grande, con stile e sfarzo neoclassici, e di andarci
a vivere con tre giovani cameriere, che dovevano essere la personificazione delle tre grazie. Questo
è evidentemente un delirio di esaltazione, il desiderio di mostrarsi come aristocratico e raffinato.
Tuttavia fu ben presto costretto a lasciare il suo Digamma Cottage perché pressato dai creditori,
nella primavera del 1824. Comincia per lui una via sempre più stentata, segnata persino da un
arresto per insolvenza, da ripetuti cambi di abitazione, di nome e dal tentativo di restare
nell’anonimato.
Fu la morte a liberarlo da questa condizione affiggente, nel settembre del 1897. Morì praticamente
solo e in miseria, con solo cinque amici oltre che alla figlia, ad accompagnare la sua salma al
cimitero.

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