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UGO FOSCOLO

Un’esistenza sofferta e solitaria


Ugo Foscolo (il cui vero nome era Niccolò) nacque nel 1778 a Zante, una delle isole
ionie della Grecia, da madre greca e padre veneziano. Dopo la prematura scomparsa
di quest’ultimo e per ovviare a un periodo di difficoltà economiche, nel 1792 la
famiglia si trasferì a Venezia, dove Ugo poté proseguire gli studi, iniziati a Spalato. Fin
dall’inizio egli cercò di inserirsi negli ambienti culturali e mondani della città, vivaci e
pieni di fascino agli occhi di un giovane di origini modeste e pieno di ambizioni come
lui. Il suo carattere scontroso, la sua forte personalità e i suoi straordinari interessi
culturali destarono l’interesse del mondo veneziano, tanto che iniziò a frequentare
alcuni salotti, tra i quali quello di Isabella Teotochi Albrizzi, alla quale si legò con una
travagliata e intensa passione sentimentale. Presso questo salotto conobbe Ippolito
Pindemonte, poeta a cui dedicò il suo carme Dei sepolcri. Instaurò anche interessanti
rapporti culturali con Melchiorre Cesarotti, docente all’università di Padova, di cui
frequentò i corsi. Gradualmente si accostò allo studio dei classici latini e greci, dei più
importanti autori della letteratura italiana e degli illuministi più significativi. A partire
dagli ultimi anni del secolo, iniziò anche a comporre testi poetici.
Dal punto di vista ideologico si orientò su posizioni giacobine e democratiche. Decisiva
in tal senso fu la prima campagna d’Italia di Napoleone nel 1796: l’arrivo dei francesi
ebbe l’effetto di radicalizzare in direzione rivoluzionaria il pensiero foscoliano. Dopo
essersi rifugiato sui colli Eugenei per sottrarsi ai sospetti del governo oligarchico
veneto, nel 1797 riuscì a far mettere in scena a Venezia la sua prima tragedia di
matrice alfieriana, Tieste, che gli procurò un notevole successo, ma accentuò
ulteriormente il controllo politico nei suoi confronti.
Foscolo ritenne così più prudente rifugiarsi a Bologna, che nel frattempo era entrata a
far parte della Repubblica Cispadana guidata dai francesi. Qui si arruolò nell’esercito e
compose l’ode A Bonaparte liberatore. Quando il governo rivoluzionario si insediò a
Venezia abbattendo la repubblica oligarchica, Foscolo vi tornò e prese parte alla
municipalità con incarico di segretario. Ma il suo entusiasmo nei confronti di
Napoleone svanì, nel 1797, con il Trattato di Campoformio. Foscolo non attese
l’insediamento dei nuovi “padroni” di Venezia, e si trasferì a Milano, dove conobbe
Giuseppe Parini e Vincenzo Monti, poeta neoclassico di notevole fama, della cui
moglie, Teresa Pikler, si innamorò.
Nel 1799, dopo la ripresa austriaca in Italia conseguente alla sconfitta napoleonica in
Egitto, Foscolo si arruolò volontario a Bologna nella Guardia Nazionale e combatté a
fianco dei francesi. Dopo il ritorno di Napoleone, rimase nell’esercito ed ebbe diversi
incarichi. A questo periodo risalgono due storie d’amore tormentate, quella per
Isabella Roncioni a Firenze e quella per Antonietta Fagnani Arese a Milano, per la
quale scrisse l’ode All’amica risanata.
Il difficile rapporto con la realtà politica francese portò Foscolo a distaccarsi sempre
più dalle idee giacobine e rivoluzionarie. A questi anni risale la pubblicazione delle
Ultime lettere di Jacopo Ortis (1802, già pubblicate nel 1799 in un’edizione incompleta
e non riconosciuta dall’autore) e delle Poesie (1803), oltre alla traduzione dall’inglese
del Viaggio sentimentale di Laurence Sterne. Dopo un periodo trascorso tra
l’Inghilterra, Parigi e Milano, tornò a Venezia, che dal 1806 si era liberata dal dominio
austriaco. Nel 1807 compose e pubblicò il carme Dei sepolcri, indirizzato e dedicato
all’amico Ippolito Pindemonte. Nel 1808 ottenne la cattedra di eloquenza presso
l’università di Pavia, cattedra che venne però soppressa l’anno successivo.
La sua esistenza si fece sempre più travagliata, tra passioni amorose travolgenti,
difficoltà economiche e insoddisfazioni sempre più aspre nei confronti della politica
francese in Italia. Fu costretto ad abbandonare Milano dopo la rappresentazione della
sua tragedia Aiace, nella quale le autorità individuarono sgradite allusioni
antinapoleoniche.
Il soggiorno fiorentino tra il 1812 e il 1813 risultò particolarmente tranquillo e
gradevole per Foscolo, che frequento il salotto della contessa d’Albany, visse serene
vicende amorose, si dedicò alla stesura delle Grazie e pubblicò la traduzione del
Viaggio sentimentale di Sterne preceduta dalla Notizia intorno a Didimo Chierico.
Dopo soggiorni difficili a Milano e in Svizzera, nel 1816 si trasferì a Londra. Qui
dapprima fu accolto con entusiasmo dagli ambienti culturali della capitale, poi però, a
causa del suo carattere impulsivo e intollerante e della sua vita sregolata, fu
emarginato anche da chi aveva inizialmente dimostrato simpatia nei suoi confronti. A
causa dei debiti accumulati fu incarcerato e successivamente costretto a vivere sotto
falso nome, per non essere raggiunto dai numerosi creditori.
Morì per idropisia (malattia caratterizzata dall’accumulo di liquidi nei tessuti) in un
sobborgo si Londra nel 1827. i suoi resti furono trasportati nel 1871 a Firenze, nella
chiesa di Santa Croce, dove tuttora si trovano vicino alle “urne dei forti” che aveva
celebrato nei Sepolcri.

Il contesto storico
Ugo Foscolo ha una personalità estremamente complessa, che si sottrae a ogni
tentativo di inquadrarla all’interno di categorie semplici e schematiche; ma proprio per
questa sua straordinaria ricchezza di sfaccettature egli è l’interprete più fedele e
suggestivo delle contraddizioni e dei travagli politici e culturali che hanno segnato il
passaggio tra il Settecento e l’Ottocento in Italia.
Il periodo in cui il poeta ha vissuto è segnato da due eventi storici fondamentali di
segno opposto: il dominio napoleonico e la Restaurazione. La personalità foscoliana si
è trovata a misurarsi con entrambe queste dimensioni, vissute in ogni caso in modo
problematico e conflittuale. La presenza napoleonica, considerata in un primo
momento come la possibilità di allargare all’Italia la politica libertaria ed egualitaria
della Rivoluzione francese, fu dapprima sostenuta e caldeggiata da Foscolo, che si
schierò successivamente su posizioni fortemente critiche nei confronti di Napoleone, a
partire dal Trattato di Campoformio con cui questi cedeva Venezia, fino ad allora
indipendente, agli austriaci. D’altra parte, il dominio austriaco era ancor meno amato
da Foscolo perché, soprattutto dopo il 1815, fu improntato a una politica
antidemocratica e assolutistica che soffocava qualsiasi legittima aspirazione alla libertà
da parte delle popolazioni sottomesse.
La contraddittorietà di quegli anni si manifesta anche a livello artistico a culturale.
Infatti il passaggio tra Settecento e Ottocento è segnato dalla compresenza di due
atteggiamenti estetici opposti e complementari: il Neoclassicismo, legato alla cultura
settecentesca, e il Romanticismo, che già negli ultimi trent’anni del XVIII secolo fa
sentire la sua presenza. Entrambe queste tendenze sono presenti in Foscolo: il
Neoclassicismo, che egli vive intimamente e profondamente, essendo nato in terra
greca e avendo quasi assorbito la visione classica del mondo, e che esprime l’esigenza
di ordine in una personalità sempre lacerata e insoddisfatta; il Romanticismo, che dà
voce alla passionalità e all’irruenza di un animo sempre visceralmente coinvolto in
eventi ed emozioni.
La vita di Foscolo, la sua opera e gli avvenimenti storici degli anni in cui ha vissuto
sono strettamente intrecciati: è questo un altro aspetto da considerare, in quanto la
volontà di avvicinare la vita e l’arte è l’obiettivo fondamentale di Foscolo come di ogni
artista romantico.

Uno stretto legame tra vita e poesia


Le numerose opere di Foscolo sono strettamente intrecciate ai diversi momenti della
sua esistenza e riflettono i travagli del suo animo, le innumerevoli esperienze, le
incertezze e le contraddizioni del suo carattere, che riflettono quelle dell’epoca
turbinosa in cui si trovò a vivere. Le vicende sentimentali e la passione politica sono le
due componenti fondamentali della sua personalità, entrambe vissute in modo intenso
e viscerale.
Tutta l’esistenza del poeta fu attraversata dalla provvisorietà, dall’instabilità, dalla
sensazione di essere uno sradicato, in qualunque luogo si trovasse. La sua isola,
Zacinto (Zante), rimase però il luogo delle origini, quello a cui si sentiva legato in
modo viscerale.
Costretto ad allontanarsi dalla sua isola, trovò una patria adottiva a Venezia, ma qui,
come in tutte le altre città dove si trasferì successivamente, entrò in conflitto con il
luogo, con le persone, con la politica, non riuscendo mai a sintonizzarsi con il modo di
vita dominante, che gli pareva caratterizzato da un intollerabile grigiore e da una
mediocrità inconciliabili con le sue ambizioni, con le sue aspirazioni politiche e
sentimentali. La sua figura incarna quasi il modello di eroe romantico della letteratura,
sempre insoddisfatto, costantemente alle prese con problemi sentimentali, economici,
con una società inizialmente affascinata della sua personalità, ma poi portata a
“scaricarlo” come individuo scomodo.
La vita e l’arte in Foscolo si intrecciano indissolubilmente, ed egli si riflette nelle sue
opere, direttamente o attraverso delle maschere, come quella tragica di Jacopo Ortis e
quella ironica e distaccata di Didimo Chierico. Con la sua scelta neoclassica incarna
l’aspirazione alla conquista del bello ideale, di una dimensione assoluta e perfetta in
cui le contraddizioni del mondo vengono sublimate nel culto della forma. Accanto al
gusto neoclassico però in lui trovò spazio una sensibilità ormai romantica, che
risentiva della conoscenza dell’opera di Vittorio Alfieri e di Jean – Jacques Rousseau.
La sua sensibilità era portata a cercare esperienze drammatiche, estreme, spesso
impossibili; i suoi amori erano di solito irrealizzabili, intensi, di breve durata; erano un
mezzo, forse l’unico, per farlo uscire eroicamente dalla mediocrità della vita quotidiana
e per dargli la sensazione di comunicare in modo totale con una donna che
rappresentava la quintessenza della perfezione e che veniva considerata un essere
superiore. Così anche le sue scelte politiche erano avverse a qualsiasi moderazione e a
ogni compromesso, ed erano orientate a un intervento attivo sulla realtà per
modificarla, se necessario con la forza. Tanto più “eroici” erano questi slanci, tanto più
cocenti furono le delusioni, che accompagnarono come una drammatica costante le
sue esperienze.
Questa inquietudine si riflette anche nel suo lavoro letterario: Foscolo torna
continuamente a correggere, a revisionare, a modificare in parte i suoi testi, quasi
trasferendo, anche nella scrittura, quell’insoddisfatta aspirazione alla perfezione che
ha accompagnato tutta la sua esistenza.

Ultime lettere di Jacopo Ortis


Il romanzo Ultime lettere di Jacopo Ortis costituisce una delle espressioni più alte della
poetica romantica in Italia. Appartiene al genere di romanzo epistolare: è costituito
cioè da una serie di lettere, attraverso le quali emerge la vicenda vissuta dai
personaggi. È il primo romanzo di questo genere nella letteratura italiana.
La lettere che Jacopo invia all’amico Lorenzo Alderani, contengono il racconto della
sua vicenda sentimentale e le riflessioni sulle sue delusioni politiche ed esistenziali. La
voce narrante è quella di Jacopo, interrotta soltanto in qualche occasione da quella di
Lorenzo che colma alcune lacune tra una lettera e l’altra, rendendo coerente la
narrazione. La vicenda non viene ricostruita dunque dal lettore attraverso lo scambio
epistolare tra due amanti, ma viene effettuata quasi per intero dal protagonista, con
qualche integrazione dell’amico Lorenzo.
Dalle lettere che costituiscono il romanzo prende corpo una storia d’amore intrisa di
forti venature politiche. Jacopo Ortis fugge da Venezia ed è costretto a rifugiarsi sui
colli Euganei per motivi politici: con la pace di Leoben e poi con il Trattato di
Campoformio, Napoleone ha ceduto la città agli austriaci e i noti atteggiamenti
patriottici di Jacopo non sono tollerati. Nella sua nuova residenza conosce Teresa e se
ne innamora; pur venendo ricambiato dalla fanciulla, non potrà realizzare il suo amore
perché lei è già destinata in matrimonio a Odoardo, un possidente mediocre ma ricco.
Si tratta di un matrimonio dettato d necessità economiche , al quale però la ragazza
non intende opporsi, anche per rispetto nei confronti di suo padre. Jacopo decide così
di partire, e intraprende una serie di viaggi attraverso l’Italia. Tra le varie avventure e
peregrinazioni che vengono narrate, particolarmente significativo appare l’incontro a
Milano con il vecchio poeta Giuseppe Parini, che costituisce l’occasione per un’amara
riflessione sulle sorti dell’Italia. Il malessere di Jacopo diventa sempre più profondo, e
comincia a farsi strada in lui l’idea del suicidio. Dopo essere venuto a conoscenza del
matrimonio di Teresa, si reca a farle un’ultima visita e poi si toglie la vita.
Si tratta di una vicenda fortemente connotata in senso romantico: il protagonista
incarna una radicale insoddisfazione nei confronti dell’ambiente in cui vive, la cui
mediocrità gli appare umiliante. I suoi slanci eroici, le sue ambizioni, i suoi sogni
delineano una sensibilità tipicamente romantica, che risente in modo profondo del
modello alfieriano: tra la realtà e l’individuo si crea una frattura tragica e insanabile,
che potrà venire cancellata soltanto con la morte. Il gesto del suicidio, in questa
prospettiva, è il segni più radicale del conflitto inconciliabile con il mondo reale: se da
un lato equivale a un riconoscimento della forza ineluttabile della realtà, di fatto
immodificabile da parte dell’individuo, dall’altro lato costituisce l’affermazione suprema
e disperata della libertà dell’uomo, il suo grido di protesta ultimo e definitivo.
La vicenda sentimentale e quella politica si intrecciano strettamente nel romanzo fino
a sovrapporsi: l’amore è l’espressione del “forte sentire” del protagonista, e in questo
viene accomunato all’arte, in quanto entrambi rappresentano il mezzo per manifestare
il sentimento nella sua forma più pura e meno contaminata della mera quotidianità. La
realtà politica non è altro che l’espressione più evidente della mediocrità del reale, che
soffoca ogni aspirazione ideale dell’individuo, ed è nella stessa prospettiva che appare
impossibile la manifestazione dell’amore:nella relazione con Teresa, risultano più
importanti e vincenti le esigenze economiche rispetto a quelle del cuore. L’opposizione
politica e sentimentale di Jacopo nei confronti del mondo che lo circonda è destinato a
fallire.
Dalla consapevolezza dell’immodificabilità del reale emerge un radicale e inevitabile
pessimismo. Tutto è illusione: l’amore, la bellezza degli spettacoli naturali, l’arte,
l’amicizia sono importanti, contribuiscono a dare un senso alla vita, sono il luogo in cui
si manifesta il sentimento della persona, ma di fatto sono inconsistenti, destinati a
un’esistenza possibile solo in un ambito appartato, intimo e personale, seppur
importante, che nel confronto con la realtà è destinato a infrangersi
drammaticamente.
La vicenda di Jacopo è fortemente autobiografica: Foscolo crea con Ortis una sorta di
suo alter ego romanzesco, in cui proietta la sua vita, la sua esperienza, i suoi sogni, le
sue relazioni sentimentali .
Il romanzo Ultime lettere di Jacopo Ortis è stato ideato e realizzato in diverse fasi ed
ha avuto tre edizioni, che costituiscono la testimonianza di un raffinato e continuo
lavoro di intervento e di correzione sul testo. Foscolo si dedicò alla stesura dell’Ortis
intensamente dal 1798 a Bologna, lasciandolo però interrotto a causa della sua
partenza dalla città nel 1799 per l’arrivo delle armate austro – russe. L’editore lo fece
completare da Angelo Sassoli e lo pubblicò ugualmente con il titolo Vera storia di due
amanti infelici o sia Ultime lettere di Jacopo Ortis. Dopo aver protestato
energicamente per l’iniziativa scorretta dell’editore, Foscolo riprese il romanzo e lo
portò a termine, facendolo poi pubblicare nel 1802. Rispetto all’edizione presedente, la
storia d’amore dei due protagonisti fu arricchita con l’inserimento del tema politico
costituito dai riferimenti alla situazione dell’Italia e al sistema di valori di Jacopo;
inoltre venne aggiunta una suggestiva componente filosofica, basata sulle riflessioni
dei protagonista sulla vita, sull’amore, sulla morte, sulla natura e su tutto ciò che
faceva parte della sua tormentata vicenda esistenziale. Nel 1816 infine uscì la terza e
definitiva edizione che si differenziava dalla precedente soprattutto per un capillare
revisione linguistica e per l’inserimento di una lettera fortemente critica e polemica nei
confronti della politica napoleonica.

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