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UGO FOSCOLO

 Foscolo nasce nel 1778 a Zante (o Zacinto) da madre greca e padre veneziano. Il nome di
battesimo era Niccolò e lui si firmava Ugo o Niccolò Ugo.
 Nasce sotto il dominio di Venezia infatti, nonostante fosse nato in Grecia, si sentiva veneziano.
 È un uomo che lega le sue esperienze personali al clima storico in cui vive.
 La madre rimase vedova e si trasferì a Venezia nel 1793. Foscolo passa tutta la sua vita a spostarsi
in vari luoghi a causa delle vicende politiche che lo riguardano, va a Milano, Genova, Francia ecc.
perché, dopo il trattato di Campoformio del 1797 con cui Venezia smette di essere dipendente e
diventa austriaca, lui non vuole più essere cittadino di queste patria che non sente più sua e quindi
comincia a viaggiare.
 A Milano ha l’occasione di conoscere i grandi della letteratura italiana dell’epoca, combatte contro
gli austriaci quando assediano Genova. Va in Inghilterra con l’unico conforto della figlia che aveva
avuto con Fanny. Ebbe molte donne e tanti amori.
 Oltre a scrivere poesie, tragedie e il romanzo epistolare Ultime lettere di Jacopo Ortis, lui fu molto
impegnato come critico letterario. Fu anche professore a Pavia di eloquenzia però per poco perché
spesso si espresse in maniera negativa nei confronti di Napoleone e di altri.
 Abitò anche a Firenze; nel 1813 tornò a Milano e riuscì ad accordarsi con gli austriaci che volevano
dargli il peso che lui meritava come intellettuale ma, nel momento in cui gli chiesero di giurare
fedeltà come ufficiale austriaco, lui si rifiutò e quindi nel 1813 si auto inflisse questo esilio
volontario. Non accettava di sottostare alla regole che gli venivano imposte quindi, per amore
della sua libertà, andò in esilio, prima in Svizzera e poi a Londra dove trascorse una vita non molto
semplice poiché era inseguito dai creditori per i suoi debiti, aveva una salute abbastanza
cagionevole e fu aiutato solo da sua figlia.

ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS


 Vengono definite come un testo autobiografico ma Jacopo è un personaggio che Foscolo crea sia
per condividere la sua esperienza sia per incarnare l’ideale di un eroe della libertà (con questo
spirito di sacrificio che è anche un po’ quello di Foscolo) però la differenza tra Jacopo e Foscolo è
che Jacopo si suicida quando si rende conto che il mondo a cui aveva sognato di appartenere non
esiste più.
 Il modo in cui Foscolo fa parlare Jacopo è anche il modo in cui lo stesso Foscolo parlava perché
leggendo alcune sue lettere si notano delle frasi uguali che Foscolo scriveva alle sue donne.
 Inizia a scrivere l’Ortis nel 1798 ed è un’opera che percorre tutta la sua vita. Non lo pubblica, arriva
fino alla lettera 45 ma un editore continua l’opera a partire da una serie di appunti di Foscolo,
falsifica il testo per arrivare alla fine e lo pubblica come “Vera storia di due amanti infelici” quindi
cambia anche il titolo. Foscolo lo denuncia e si arrabbia per questa presa di posizione dell’editore.
Fino a quell’epoca non c’era il rispetto per l’ultima volontà di autore (quello che un autore vuole
scrivere).
 Nel 1802 Foscolo finisce di scrivere le ultime lettere e lo pubblica. Nel corso dei decenni continua a
lavorarci e lo ripubblica nel 1816 a Zurigo con una serie di modifiche e lo pubblica con una falsa
indicazione, infatti sul frontespizio si legge ‘Londra 1814’ e non ‘Zurigo 1816’, per una serie di
motivi regali. Lo ripubblica nel 1817 che però ha poche differenze rispetto a quella del 1816 perché
la struttura era già stata stravolta.
 È la storia che questo giovane esiliato veneto ci racconta attraverso le lettere inviate all’amico
Lorenzo Alderani. Jacopo fugge da Venezia in seguito al trattato di Campoformio, viaggia, si ferma
sui Colli Euganei e si innamora di Teresa ma non può sposarla perché è già promessa sposa ad
Odoardo. Continua le sue peregrinazioni e quando ritornerà sui Colli Euganei lei si sarà già sposata
e, alla fine della storia Jacopo, consapevole del fatto che la sua situazione sentimentale e politica
non può cambiare, decide di suicidarsi.
 Un personaggio molto legato alla politica e all’amore, due passioni per il giovane Foscolo e il
giovane Ortis fondamentali. ‘Giovane’ perché la struttura delle ultime lettere di Jacopo ricalca la
struttura del Giovane Werther;
- vicinanze: amore per una donna, forma del romanzo epistolare;
- differenze: Ortis inizia in autunno mentre Werther a maggio, nell’Ortis c’è molto più il tema
politico e civile rispetto al Werther, infatti Jacopo è anche un patriota che si fa rappresentante
attraverso la sua narrazione di un’intera generazione che si sente tradita dal trattato di
Campoformio (usa spesso la parola “nostro”).
 Foscolo prende la sua esperienza biografica e la traferisce sul piano letterario creando una sorta di
autobiografia ideale del patriota di fine ‘700 inizio ‘800 che si confronta con la sua realtà storica.
Foscolo voleva allontanarsi dai romanzi che erano di moda all’epoca che erano soprattutto
romanzetti d’amore, non c’era la politica. Prende la storia di Jacopo e Teresa e la inserisce in un
contesto politico reale, vuole fare un qualcosa di molto più moderno ed europeo, sta ampliando i
suoi orizzonti ed è per questo che è importante il paragone con Werther.
 La vicenda di Jacopo è simile a quella di Ugo ma l’obiettivo è che la sua storia diventi un esempio.
Nel momento in cui uno scrittore decide di raccontare la sua autobiografia ideale lo fa per dare
degli esempi ai lettori. Jacopo diventa un perfetto eroe romantico che conclude la sua vita con “la
bella morte” ovvero il suicidio, unico atto di libertà in un contesto in cui non si può più decidere di
stare nella propria terra.

 Jacopo invia queste lettere all’amico Lorenzo Alderani che, dopo la morte di Jacopo, le pubblica.
Foscolo è sia Jacopo sia Lorenzo dunque ha la doppia veste di autore ed editore del testo.
 Per Jacopo, Lorenzo è l’interlocutore perfetto perché condividono la stessa ideologia, hanno una
comunione di intenti, parlano la stessa lingua, oltre al fatto che sono molto amici.
 Le ultime lettere di Jacopo Ortis iniziano con questa nota al lettore in cui Lorenzo Alderani ci chiede
di avere compassione (parola boccacciana) per quel giovane infelice (come i dolori del Giovane
Werther), è necessario che noi ci immergiamo nella lettura di questa storia per soffrire insieme a
Jacopo. Con questa storia vuole erigere un monumento alla virtù sconosciuta, cioè vuole che si
ricordi una storia che altrimenti sarebbe dimenticata perché potrebbe essere la storia di uno
qualsiasi che va in auto-esilio per le sue credenze politiche. Lorenzo vuole che si porti avanti la
memoria, per Foscolo è fondamentale che si racconti la storia e per raccontare la storia è
necessario che ricordiamo quello che è successo quindi che continuiamo a raccontare.
“Quelle lacrime che mi si vieta di spargere”= Lorenzo non può piangere sulla tomba di Jacopo
perché la situazione politica glielo impedisce; la vita personale delle persone è direttamente
collegata alla vicenda politica. Noi lettori dobbiamo trarre esempio e conforto, quindi la storia di
Jacopo/Foscolo può essere sia d’esempio (come le grandi storia della Bibbia) ma possono anche
darci conforto se ci troviamo in una situazione simile (Foscolo si rivolge ad altri potenziali esuli).
 Tanti riferimenti letterari (Petrarca, Boccaccio…) perché i lettori capiscano qual è l’orizzonte di
riferimento, chi sono gli scrittori che sono per lui importanti.
PRIMA LETERA
Scritta dai Colli Euganei, 11 ottobre 1797.
Un clima non positivo, un autunno cupo e grigio (a differenza del Werther che inizia a maggio); ci
troviamo dopo il trattato di Campoformio quindi in questo caso Jacopo è veramente come
Foscolo. Dopo il trattato, quelli come Foscolo che soffrirono questa pressione su Venezia, si
sentirono come dei superstiti, senza alcun tipo di speranza, c’è chi decise di rimanere in Veneto e
chi di andare in esilio (come Foscolo). Il modo in cui parla Jacopo è molto vicino al lessico del
romanticismo, questa ricerca di pathos, tono patetico che deve rendere la situazione di sofferenza
in cui si trova.
Nella prima lettera troviamo la sofferenza che ha a che fare con la situazione politica, nelle altre
questo lessico ricco di pathos ha a che fare sia con la parte politica sia con l’amore per Teresa.
Il sacrificio è quello che lui sta offrendo alla nostra compassione, la storia che ci sta raccontando.
Subito abbiamo una sorta di condanna a morte: “tutto è perduto”, non si può fare nulla e questo è
il preludio a quello che poi sarà il suicidio, non c’è alcuna possibilità di salvarsi.
Le nostre sciagure e la nostra infamia: non è solo la storia di Jacopo ma è la storia di tutti i
veneziani di quel periodo.
“Il mio nome è nella lista di prescrizione”= la lista delle persone che andavano esiliate o
imprigionate, ma nonostante ciò lui non può accordarsi con chi lo ha tradito solo per salvarsi,
dunque il suo ideale politico è più importante di tutto, potrebbe anche rimanere a Venezia e
accordarsi con gli austriaci ma Foscolo sceglie di non farlo e di conseguenza anche Jacopo non lo
fa, scappa sui Colli Euganei.
È in esilio ma ha sempre un occhio per quelli che sono rimasti lì, chiede a Lorenzo di aggiornarlo,
c’è questo senso di comunità tra tutte le vittime delle conseguenze del trattato di Campoformio.
“Ci laviamo le mani nel sangue degli italiani”= Foscolo vuole porre l’attenzione sul fatto che,
essendo ancora nella metà del ‘700, non esiste l’Italia ma esiste già l’idea di Italia, ci sono già
italiani che si sentono tali pur non esistendo ancora l’Italia unita. Foscolo dice invece di accordarci
con gli austriaci e farci la lotta tra i vari stati in cui l’Italia era suddivisa, non troviamo un accordo
per essere Italiani. Foscolo non avrà occasione di vedere l’Italia perché morirà prima ma già ai suoi
tempi si sentiva la necessità di unire l’Italia. Il sentimento italiano si sentiva molto, persino in
Veneto (‘noi italiani’).
Lui è in una situazione in cui accetta l’ineluttabilità della sua situazione, qualsiasi cosa accada sa di
non poter fare nulla, non ha fiducia né per la sua patria né per se stesso, il suo destino è legato in
maniera indissolubile a quello della sua patria e lo accetta serenamente, anche se alla fine non
finirà né imprigionato né ucciso ma sarà lui stesso a decidere come concludere la sua vita.
“Il mio cadavere almeno non cadrà tra le braccia straniere”= La cosa peggiore per un patriota è
che il suo cadavere finisca in mani straniere, dunque la sua unica tranquillità è che, avendo
abbandonato la terra ora occupata dagli austriaci, se dovesse morire almeno il suo cadavere non
finirà in mani straniere. Morirà nella sua patria e sarà pianto da quei pochi uomini buoni con cui
condivide le stesse sofferenze (infatti lui dice “le nostre miserie”).
Jacopo sta parlando, Foscolo gli sta raccontando di una disfatta generazionale, di una crisi
collettiva di tutti i giovani veneziani che non potevano reagire alla situazione storica in cui si
trovavano. C’è una sintassi non matura perché Foscolo dà la parola ad un ventenne, non ad un
uomo adulto, gli interessa trasmettere il messaggio con più forza possibile piuttosto che scriverlo
bene, le frasi sono molto brevi e dure, e nelle sue parole non c’è alcun tipo di speranza.
Quando inizia a raccontare del suo amore per Teresa cambia il suo modo di scrivere, da una parte
continua a scrivere con molto pathos ma in altre lettere la narrazione è molto più spensierata, nel
momento in cui Jacopo si innamora lo racconta con la tranquillità di un qualsiasi ventenne.
NOVEMBRE
Jacopo conosce Teresa e la descrive come una divina fanciulla, si sente rasserenato.
Descrive questa scena idilliaca in cui lei è seduta in un giardino, appena compare Teresa cambia
anche il clima che prima era cupo mentre ora è diventato un luogo quasi fatato in cui tutto sembra
funzionare. Deve essere ospitato dalla famiglia di Teresa e lei gli deve riferire che il padre non c’è,
è nella campagna e arriverà poco dopo; arriva questa sorellina con cui poi Jacopo legherà e Teresa
la rassicura dicendole che Jacopo è un amico di Lorenzo.
A Jacopo sembra una famiglia idilliaca, lo rasserena vedere la tranquillità di Teresa e della sua
famiglia. Finché l’amore è un sentimento di gioia, il tono usato da Jacopo è diverso dal pathos
drammatico che abbiamo visto nella prima lettera.
Signor T è il padre di Teresa, non ci sono i cognomi perché serve a darci l’idea che sta raccontando
una storia vera e proprio perché è vera non può dire il cognome, questa scelta rende tutto più
realistico.
Il padre presenta la sua famiglia a Jacopo, non c’è una madre. Chiacchierò a lungo con il Signor T
(si ciarló lunga pezza) come se avesse trovato persino nel padre un suocero perfetto, una
situazione di famiglia in cui a lui piacerebbe entrare.
Solo aver parlato con Teresa per poco gli ha cambiato completamente la percezione della realtà
quindi torna a casa con il cuore in festa.
Comincia ad interrogarsi sulla tranquillità che questo amore gli ha dato e quindi si chiede se è
possibile dimenticare tutta la sofferenza solo perché ha conosciuto Teresa; lui non sa se è
possibile, però conclude dicendo che lui sente di essere destinato ad avere l’animo
perpetuamente in tempesta.
La felicità apparente che vede nella famiglia di Teresa in qualche modo gli trasmette una certa
tranquillità.
Il padre di Teresa parla bene di Odoardo, dice che è un uomo paziente, ma Jacopo nelle lettere che
manda al suo amico commenta dicendo “qualcos’altro?”, sarà anche buono e paziente però non
sorride, dal suo volto non si vede alcun tipo di pietà, come un rosario senza fiori. È geloso di
Odoardo e, parlandone con l’amico Lorenzo, dice che sì il suocero parla bene di lui ma in realtà
non è nulla di che, non lo riconosce un suo pari, i pari di Jacopo non sono quelli come Odoardo
dalla faccia non animata dall’allegria, non gli sembra giusto che una donna così vivace e
interessante come Teresa sia accompagnata da un uomo così freddo come Odoardo.
Odoardo non viene descritto da Jacopo con un occhio oggettivo, ne parla male perché è il suo
rivale in amore e lo deve prendere in giro, lo descrive come un uomo vuoto che si occupa solo di
descrivere le grandezze della sua biblioteca. Jacopo in questo caso si comporta come un narratore
inaffidabile perché il suo punto di visto è interno alla vicenda, non racconta in modo lucido, ma a
noi comunque interessa il suo punto di vista non la realtà della storia perché sono appunto le sue
lettere.

8 MAGGIO
Non è chiaro se è Jacopo che riporta le parole di Lorenzo o se è semplicemente un suo pensiero.
Nonostante lui sappia che non può incoronare il suo amore con Teresa, continua a sperare, ma pur
volendo non potrebbe fare questo alla famiglia di lei a cui è così legato. Dunque sceglie di
appigliarsi a questo angelico lume cioè questo unico barlume di speranza che gli dà la presenza di
Teresa. Jacopo si paragona al contadino che si ubriaca la sera per non sentire la fatica della
giornata di lavoro e la preoccupazione per l’inverno futuro che sta arrivando, si considera un
ubriaco d’amore e l’amore è una distrazione, lui sa che andrà a finire male, come i contadini che
sanno che il giorno dopo dovranno scontrarsi con le fatiche del loro lavoro, ma lui vuole essere
alleggerito per un momento, vuole avere una speranza anche se speranza non c’è.

14 MAGGIO
Jacopo scrive a Lorenzo per raccontargli che Teresa gli ha confessato di ricambiare il suo amore.
Vorrebbe che la sua situazione si cristallizzasse in quel momento, Teresa gli ha detto che lo ama, lo
ha baciato e piange perché non possono stare insieme dato che il suo matrimonio è imminente. La
sera stessa riscrive a Lorenzo e gli dice di essersi un po’ calmato, poiché la prima lettera l’ha scritta
in quella situazione di sconvolgimento emotivo in cui loro si erano appena baciati, lui è
completamente sottosopra e non riesce a scrivere altro al suo amico se non il fatto che Teresa
ricambia il suo amore e lo ama, lui vorrebbe rimanere fermo in quel momento.
“Quanto volte ho ripigliato la penna e non ho potuto continuare” cioè non riusciva a scrivere. Lei gli
ha detto di amarlo (vi amo, si davano il voi perché siamo nell’800, il tu si dava quando si era
sposati ma non quando si era fidanzati). La situazione è talmente perfetta per Jacopo che lui dice
che avrebbe voluto morire in quel momento perché era tutto perfetto. Tutta la natura sta gioendo
insieme a Jacopo e Teresa ma lei piange perché sa che questo amore non può avere una
conclusione positiva.

26 MAGGIO
Il ritorno di Odoardo sancisce la fine di questo sogno d’amore che dura pochissimo. Jacopo non
può fare niente, la situazione politica non è cambiata, è immobile, tutto è perduto, l’amore con
Teresa gli ha dato conforto ma è stato solo temporaneo quindi l’unica possibilità che lui ha è il
suicidio (per la libertà). Chiaramente il suicidio di Jacopo non ce lo può raccontare lui in prima
persona per questo Lorenzo Alderani prende la parola (all’inizio e alla fine del romanzo) e ci
racconta la morte di Jacopo.
Un uomo va a cercare Jacopo e lo trova riverso nel proprio sangue, cerca aiuto ma è destino che
Jacopo non venga salvato, non si trova un medico e nemmeno un prete per dargli l’estrema
unzione (il suicidio è un peccato perché è come rifiutare il dono più grande ricevuto ovvero la vita,
per questo è come se non meritasse il conforto della religione). A Jacopo non interessa più di tanto
ricevere il conforto religioso perché qui il sudicio non è un fatto religioso ma è una questione civile,
la religione che interessa a Foscolo è la religione civile, la lotta per la propria libertà e l’unico modo
che Jacopo ha per conquistarla è uccidere se stesso; in più c’è la sofferenza d’amore per Teresa ma
Foscolo non lascia intendere che Jacopo si sia suicidato solo per Teresa, è il binomio patria-amore
che diventa insostenibile per Jacopo.
Teresa ora è la moglie di Odoardo e Foscolo usa queste parole volontariamente perché vuole che
ricordiamo che questo è uno dei motivi per cui Jacopo ha scelto di togliersi la vita. Lei spera di
poterlo salutare un’ultima volta e invece non vede arrivare Jacopo ma questo servo che cerca
aiuto. Quando viene informata del fatto che Jacopo è tramortito ed è in fin di vita, le sue pupille
restano fisse, continua a guardare sperando di veder arrivare Jacopo nonostante le stiano dicendo
in quel momento che Jacopo è in fin di vita. Lei, senza curarsi di quello che penserà il marito, resta
talmente sconvolta che sviene tra le braccia di Odoardo, il pensiero di Jacopo morente le fa troppo
male.
Lorenzo arriva sui Colli Euganei e viene fermato dalla folla che non sa che lui è un amico di Jacopo.
Michele (il servo che ha dato la notizia, colui che si è accorto che Jacopo non si è svegliato quella
mattina) e il padre di Teresa lo piangono.
Lorenzo resta immobile, si accerta che l’amico sia morto e lo trova freddo. Arrivano il medico e il
prete (rappresentano il potere terreno e spirituale) e cominciano ad occuparsi di cose pratiche.
L’ultima lettera si chiude con il riferimento alla sepoltura di Jacopo che, come ci aveva annunciato
nella prima lettera, avviene in patria pianto da pochi uomini buoni ovvero da Lorenzo, dal Signor T,
Odoardo e Teresa, la quale porterà la sofferenza di non poter esprimere questo lutto come
avrebbe voluto ma rende la sua sofferenza come un mortale silenzio, soffre internamente perché
non può esprimere tutto il dolore che il suicidio di Jacopo le ha causato, quindi si chiude in questo
silenzio rispettoso che salva le apparenze, potrà sempre sembrare come una donna che soffre per
un amico morto e non lasciar intendere che fosse innamorata di lui.

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