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FOSCOLO:

Niccolò Foscolo nacque nel 1778 a Zante, una delle isole Ionie, possedimento della repubblica di Venezia. La
madre, Diamantina Spatis era greca, questo fattore fu molto importante per Foscolo che, nascendo in terra
greca, si avvicinò alla cultura classica e si sentì suo erede. Invece il padre, Andrea Foscolo, era medico.
Subito dopo la sua morte, la famiglia di Foscolo fu costretta, a causa delle gravi difficoltà economiche, a
trasferirsi a Venezia, dove Foscolo li raggiunse pochi anni dopo, a soli quattordici anni. Foscolo, seppur non
nobile, aveva una grande voglia di apprendere, per cui si ritagliò uno spazio culturale degno di rispetto. Già
dall’età di quindici anni infatti, Foscolo nutrirà una certa ammirazione per gli ideali rivoluzionari. Egli infatti
scriverà una tragedia, il “tieste”, che presenta vari riferimenti al concetto di oppressore, oppresso, tiranno,
ma che ricalca anche il concetto di libertà. Nel 1797 attirò anche le antipatie del governo oligarchico
veneziano per cui si troverà costretto a migrare nei colli euganei. Foscolo, essendo completamente
d’accordo con gli ideali della rivoluzione, sogna un’Italia libera, indipendente, che sia in grado di scacciar via
l’oppressore straniero riprendendosi la propria libertà. Con il trattato di Campoformio e dunque con
l’annessione di Venezia all’Austria, Foscolo si sente tradito. Foscolo a Venezia, ebbe l’opportunità di
frequentare i salotti della nobiltà veneziana, facendo parlare di se e facendo una certa “carriera”.
Successivamente si reca a Milano, dove conosce Monti, persona molto influente con cui stringerà un forte
legame d’amicizia. Successivamente inizierà la carriera militare, che lo porterà anche ad atti di eroismo. Lui
infatti combatteva per mostrare che l’uomo è capace di compiere atti di eroismo per la propria patria. Morì
a 49 anni, a Londra, nel 1827 di idrossia (problemi ai reni), solo successivamente i suoi resti furono portati
in Italia vicino alle tombe di quei grandi uomini di cui aveva cantato tanto nei sepolcri. Il nome di Foscolo è
legato a poche opere di una bellezza incredibile, come per esempio “le ultime lettere di jacopo ortis”,
considerata anche l’unica opera completa del foscolo. L’epistolario è molto importante perché ci permette
di capire a pieno la psicologia foscoliana. Questo infatti è anche uno dei più interessanti della letteratura
italiana poiché non ricalca la tradizione classica, non è infatti come quello di Tasso o Leopardi, ma ha delle
importanti caratteristiche che lo contraddistinguono. A differenza di Cicerone, per esempio, Foscolo non si
mette a nudo ma crea un se ideale, un alterego, una maschera. Egli infatti si presenta in maniera narcisistica
ed esibizionistica idealizzando se stesso e cercando una figura nella quale nascondersi (es, Ortis o Didimo
Chierico). Lui non racconta la sua vita, ma la filtra attraverso la letteratura, parlando sempre tra verità e
menzogna.

IN FOSCOLO TROVIAMO TRE ELEMENTI FONDAMENTALI:

1. Indulgenza per il suo mondo psicologico: cerca sempre di celebrare il “se ideale” scusandosi
dinnanzi ai fatti della vita
2. Tratti adolescenziali che lo caratterizzano: atteggiamenti insicuri, volubili e instabili, che non
troviamo invece in Alfieri (modello di foscolo)
3. Confine tra spontaneità e artificio marcato e indefinibile.

Per quanto riguarda “le ultime lettere di Jacopo Ortis”, possiamo dire che è un romanzo epistolare scritto
sotto forma di lettera che ha una lunga gestazione e una genesi travagliata, questo romanzo infatti è stato
scritto nell’arco cronologico di vent’anni. Questo romanzo epistolare è caratterizzato dalla presenza di una
finzione narrativa, infatti troviamo uno scambio di lettere tra due personaggi: Jacopo Ortis (alterego di
Foscolo) e un suo amico, Lorenzo Alderani. Durante le lettere Ortis racconta di come lui si sia esiliato
volontariamente nei colli euganei (parallelismo con la vita di foscolo) e di come abbia incontrato una
giovane donna, Teresa, descritta da lui come la donna angelo, una ragazza bella, intelligente, di buona
famiglia, colta, luminosa e sveglia. Questa ragazza però era già stata promessa in sposa a un uomo,
Odoacre, mediocre rispetto a Ortis, ma ricco, quindi capace di riassettare il patrimonio familiare della
giovane. Qui dunque troviamo il contrasto fra intellettuale e società: l’intellettuale non riesce ad accettare
questo fatto per cui non riesce a vivere la vita nel suo tempo, si sente un estraneo. Nell’Ortis viene
affrontata anche una tematica importante, quella del suicidio, visto non come gesto banale, ma come
sacrificio, come cammino verso la redenzione. Il protagonista sacrifica se stesso per la possibilità di
redenzione. Questo romanzo segue il modello de “i dolori del giovane Werther” di Goethe e della “ Nuova
Eloisa” di Rosseau.

Possiamo notare alcune delle analogie e differenze con il Werther di Goethe:

ANALOGIE

1. La prima analogia che possiamo notare è certamente l’intreccio (tema amore e morte, binomio
indissolubile): un giovane uomo che si suicida a causa del fatto che la donna che ama è già
promessa in sposa a un altro uomo.
2. La seconda analogia che chiaramente possiamo notare è quella del giovane intellettuale in conflitto
con il suo tempo, un intellettuale che si sente un estraneo all’interno della propria società.
3. La terza analogia è il tema della patria, molto caro sia a Goethe che a Foscolo.
4. La quarta analogia, quella più evidente, è il fatto che entrambi siano romanzi epistolari (INSIEME DI
LETTERE DEL PROTAGONISTA + RARI INTERVENTI NARRATORE ESTERNO)
5. La quinta analogia è dettata dal fatto che entrambi vanno alla ricerca di valori positivi (es. famiglia,
affetti, poesia, patria), quindi sono accomunati dal fatto di non essere romanzi nichilisti (=che
approdano al nulla).

DIFFERENZE:

1. La prima differenza che possiamo evincere è quella dell’ambientazione e dunque anche


del tema politico, nel caso di Werther infatti troviamo quella che era la Germania
dell’assolutismo prerivoluzionario, dominata quindi da assolutismo e borghesia
reazionaria; nel caso dell’Ortis troviamo invece il periodo dell’Italia napoleonica e il
delinearsi del nuovo regime oppressivo del “tiranno straniero”.
2. La seconda differenza è il modello di Alfieri, presente nell’Ortis e mancante in Werther,
come il personaggio di Alfieri si ribella e combatte le ingiustizie, l’Ortis si ribella afli
austriaci scegliendo la libertà, la rivoluzione.
3. Un’altra differenza è dettata dal fatto che l’Ortis non accetta la provvidenza divina, per
lui quindi Dio non regola le cose e quindi viviamo in un reo tempo. Con questo pensiero
Foscolo all’interno dell’Ortis si riallaccia anche al pessimismo di Hobbes e Macchiavelli:
HOMO HOMINI LUPUS, l’uomo dunque per lui non ha una natura buona ma un istinto
felino simile a quello degli animali, tutto diventa frutto del caso e delle scelte umane.
Foscolo inoltre non crede in una divinità che agisce infatti concorda con il trattato del
poeta latino Lucrezio: ”De rerum natura”, in cui si afferma che tutto è natura e che
quello che noi vediamo e percepiamo non è rappresentato da dio ma da tutti gli atomi
che compongono la materia. Lui dunque crede nel principio: nulla si crea, nulla si
distrugge, tutto si trasforma.

“ IL SACRIFICIO DELLA PATRIA NOSTRA E’ CONSUMATO”

Questa è la lettera di apertura del romanzo, durante il quale Jacopo si è rifugiato nei colli euganei per
sfuggire alle persecuzioni dell’oligarchia di Venezia contro i patrioti giacobini. Questa lettera è datata 11
ottobre 1797, giorno in cui Napoleone si incontrò con gli austriaci per iniziare le trattative di quello che poi
sarebbe stato il trattato di Campoformio del 17 ottobre 1797. In questa lettera i temi principali sono tre:

1. La morte come unica soluzione e come forma di sopravvivenza nel ricordo


2. Il nichilismo
3. Tema dell’illusione
Già nella parola “sacrificio” possiamo evincere una serie di connotati cristologici, il protagonista si vuole
sacrificare perché gli altri prendano il suo gesto estremo, rinuncia a vivere negli agi e vede la morte come
porto quiete. Il protagonista si sente un eroe, si è tolto la vita per non vivere sotto i tiranni stranieri, la
morte viene vista come cosa positiva perché si crea una forma di sopravvivenza illusoria per chi continua a
vivere, la morte viene vista quindi come sopravvivenza della memoria: il morto vive nel ricordo di chi
ancora sopravvive. Il protagonista non può più vivere in quel mondo perché sotto il giogo straniero, anch’
se la vita continuerà, non sarà più lo stesso, decide di ricorrere all’esilio. Lui si sente perseguitato (dice che il
suo nome è stato inserito nella lista di proscrizione). Foscolo si rivolge a un interlocutore (“tu”),
l’interlocutore in questione è Lorenzo Alderani. Nel quarto verso, con la parola “tradito”, si riferisce a
napoleone, colui che è responsabile di aver ceduto Venezia all’Austria, il nemico. Alla fine, conclude il suo
discorso dicendo che preferirebbe morire in qualunque posto in patria (intesa come Italia) piuttosto che
cedere in mani straniere.

TEMI FONDAMENTALI IN FOSCOLO:

ILLUSIONI: per Foscolo le illusioni sono importantissime perché rappresentano l’ultimo caposaldo in cui
l’uomo trova un senso alle cose, una ragione di vita. Ortis, per esempio, è trattenuto dal suicidarsi da un
illusione, quella dell’amore.

EGOTISMO: tendenza in Foscolo a idealizzare il proprio “io”

Foscolo scrisse 12 sonetti e 4 odi (componimenti che hanno l’intento di celebrare/esaltare), il tema
ricorrente in questi componimenti è quello della bellezza, considerata come motivo di poesia. Qui Foscolo
crea una sorta di gioco letterario in cui si celebra la donna che ha connotati neoclassici attraverso la poesia.
Qui emerge anche il lato pariniano, per Parini la poesia è tutto e deve essere utilizzata per celebrare,
attraverso la poesia tutto può essere immortale: l’uomo non muore nel ricordo. Qui emerge anche una
differenza sostanziale con l’illuminismo: secondo gli illuministi alla base di tutto vi era il pensiero scientifico,
per Foscolo il pensiero scientifico è subordinato alla poesia.

I SONETTI:

“ALLA SERA”:

Scritta tra l’agosto del 1802 e l’aprile del 1803.

Si divide in una parte descrittiva e una parte riflessiva, è formata da due quartine e due terzine.

La sera richiama l’immagine in cui subentra la tenebra, l’oscurità, momento in cui si traggono le conclusioni
della giornata. La sera però richiama anche un’altra immagine, quella della morte intesa come fine di tutto,
come assenza di sensibilità. La sera porta ristoro al cuore, pace all’anima e agli affanni della giornata.

“IN MORTE DEL FRATELLO GIOVANNI”:

TEMI: Esilio (elemento cardine di chi, essendo senza patria, è costretto a errare) e Tomba

Richiama il carme 51 di Catullo (ripreso poi nel ‘900 anche da Govoni), troviamo al suo interno anche
l’immedesimazione di Foscolo nel fratello: entrambi hanno vissuto una vita tormentata.

Il tema fondamentale del sonetto è la visione dell’immagine della tomba, vista come ricettacolo per la
famiglia e simbolo di un legame affettivo. La tomba non richiama solo il dolore per la perdita del fratello,
ma anche l’immagine della madre che piange il figlio morto. La tomba serve per ricreare l’unità familiare: IL
VIVO VIVE CON IL MORTO E IL MORTO RIVIVE CON IL VIVO, Foscolo quindi crea una corrispondenza di
amorosi sensi ricostruendo il nido familiare dopo la morte.

La parte iniziale del componimento è costituita sulla base del carme catulliano.

“A ZACINTO”:

Il titolo richiama Zante, prima patria originale di Foscolo, troviamo una simbiosi tra la terra in quanto luogo
d’origine e la terra legata alla cultura classica dunque a quella greca. Qui ritroviamo il tema dell’esule che è
costretto ad errare, a soffrire e a scontrarsi con i dolori della vita. In questo sonetto Foscolo presenta se
stesso come eroe romantico, creando quindi un parallelismo tra lui e Ulisse, eroe classico. Il viaggio viene
visto come condizione esistenziale che implica la presenza dell’eroe romantico e dello sradicamento.

Foscolo sente il bisogno di regredire, quindi di tornare a Zante, terra dove ha vissuto un’esistenza felice: la
fanciullezza. Qui è presente anche il tema della morte, lui non tornerà più in patria ma verrà sepolto e
morirà in terra straniera (illacrimata sepoltura). Tuttavia lui chiede alle “straniere genti” di venir sepolto in
patria così da poter consolidare e riunire il cosiddetto “nido familiare”.

“I SEPOLCRI”:

I sepolcri fanno parte della poesia d’occasione, questo significa che c’è stata un’occasione che ne ha
permesso la nascita, in questo caso l’occasione era proprio la comparsa, nel 1804 dell’editto di Saint Cloud,
che aveva portato Foscolo, Pindemonte e Isabella Teotocchi Albrizi a discuterne a Venezia, nel 1806.
Questo editto infatti prevedeva la sepoltura dei morti al di fuori delle cinta murarie. I sepolcri sono
un’epistola in versi dedicata a Ippolito Pindemonte, autore de “I cimiteri” (opera incompiuta). Foscolo
stesso definiva i sepolcri un carme, dunque una poesia celebrativa, anche se secondo Giordani, i sepolcri
erano un “fumoso enigma”, questo perché erano caratterizzati dalla presenza di un linguaggio aulico,
elevato e da una struttura argomentativo filosofica.

Il tema principale nei sepolcri è l’utilità della tomba. Secondo Pindemonte la tomba ha grande utilità,
secondo lui infatti questo tipo di editto è impensabile per una società civile (visione religiosa). Secondo
foscolo invece la tomba è inutile per il morto (visione laica). Foscolo però successivamente cambia idea
anteponendo l’illusione che qualcosa sopravviva, in questo modo supera il nichilismo: LA TOMBA SERVE
PER IL VIVO. Prima infatti Foscolo negava la sopravvivenza dell’anima dopo la morte, ma poi supera il
nichilismo dicendo che la morte non è la fine di tutto. Per foscolo quindi, questo editto divemta scorretto
dunque rifiuta l’egualitarismo: non è vero che tutti siamo uguali, se i morti vengono seppelliti fuori dalle
cinta murarie cosa mi impedisce di essere sepolto accanto a un ladro o a un assassino?

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