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IL ROMANZO (di Federico Bertoni)

Per quanto riguarda il passaggio tra ‘800 e ‘900 sono presenti due ipotesi: 1) della continuità ossia si
afferma che molte innovazioni del XX secolo erano già presenti nei movimenti artistici e culturali
dell’800. 2) della rottura ossia una cesura che fa piazza pulita del passato e si manifesta nelle
avanguardie. Tutto ciò è accompagnato da una serie di cause e dal fattore geografico (divario tra
nord-sud, città-campagna) evidente nel momento in cui si parla di romanzo modernista italiano. Il
termine MODERNISMO è apparso nella prima metà del ‘900 anche se entra nel lessico critico solo a
partire dagli anni 60 e 70 per indicare vari settori che hanno apportato varie innovazioni per quanto
riguarda le strutture poetiche e narrative. Esso oscilla tra due categorie: 1) categoria storiografica
poiché movimento artistico e culturale. 2) categoria estetica in quanto insieme di tratti distintivi. La
codificazione del termine è avvenuta in un momento di forti tensioni ideologiche e culturali=tra anni
‘70 e ‘80 nel momento in cui si diffondevano etichette peggiorative del termine. Oggi ha subito un
processo di espansione e rivalutazione così da rendere la letteratura italiana più confrontabile con
le altre letterature europee. Da questo processo è nata una nuova critica “New modernist studies” e
“Modernist studies association” con lo scopo di espandere il canone modernista. Come il
romanticismo, non indica un movimento organizzato ma una somiglianza di famiglia=ossia l’esigenza
che accomuna vari scrittori che vogliono distaccarsi dalle convenzioni estetiche, tecniche ed etiche
della tradizione a cui appartenevano. Ciò che accomuna Tozzi, Svevo e Pirandello (scrittori
modernisti) è il fatto di aver sgretolato del tutto il romanzo classico. Musil=coglie la funzione
primaria del racconto=trasformazione della continuità del tempo simile al tick tock di un orologio. La
riflessione sul racconto viene introdotta da una contrapposizione tra città e campagna ovvero
l’uomo appare senza qualità e privo di esperienza. La riflessione di Musil è simile a quella di
Benjamin sul narratore in cui vi è una rottura tra soggetto ed esperienza (non si tratta di
un’esperienza vissuta ma accumulata nel tempo). Sia per Musil che per Benjamin la funzione del
racconto è legata ad un processo di modernizzazione in cui i poteri dell’uomo sono astratti quindi
incapaci di padroneggiare la complessità della vita. Di fronte a questa complessità gli scrittori sanno
che devono narrare ma non possono farlo con gli strumenti tradizionali. Hanno bisogno di nuove
forme e nuovi stili quindi sgretolano la percezione di una realtà esterna e ciò che veniva considerato
realtà materiale ora è realtà interiore. Saltano i principali modelli di spiegazione del mondo:
l’attenzione si sposta sugli elementi significativi che il romanzo classico aveva trascurato. Nell’Ulisse
di Joyce ciò che prima era inessenziale, diventa centro dell’azione. I modernisti giudicano l’idea che il
mondo si esaurisca nella sfera del visibile di ciò che può essere verificato dalla ragione. Come scrive
Pirandello “c’è un oltre in tutto” = i personaggi continuano a muoversi nel mondo ma non capiscono
quello che fanno poiché le ragioni del loro essere e agire si trovano oltre.

LINEE DI FRATTURA

Lo sviluppo del romanzo modernista non è stato del tutto lineare; possiamo notare delle linee di
frattura: 1) Realtà e rappresentazione. Nel “Fu Mattia Pascal” Pirandello si libera dei vari generi
romanzeschi e critica la vero somiglianza. Pirandello invita a guardare oltre in cui i personaggi si
muovono all’interno di una realtà che appare solida ma che all’improvviso si deforma e apre abissi
interiori. 2) Narratore. In questo caso Zeno è un narratore inattendibile che a causa della sua scelta
di narrazione in prima persona esclude punti di vista alternativi. 3) Tempo e trama. L'ordine è
spezzato e il personaggio non trova il suo rapporto con gli eventi. Un esempio è “Con gli occhi chiusi”
di Tozzi in cui la trama è destrutturata perché legata agli squarci della vita interiore del protagonista.
4) Personaggio. Spicca la figura dell’inetto in cui il soggetto è destinato all’anonimato. Il personaggio
si perde nella massa: Kafka con nomi sgretolati e Palazzeschi con uomo di fumo. A livello morfologico
parliamo di “invasione vittoriosa dei brutti” in cui i personaggi sono deformi e lacerati interiormente
dalla consapevolezza che l’io non è padrone in casa propria.

LA NOVELLA (di Massimiliano Tortora)

Il modernismo esiste e non esiste: 1) esiste perché la definizione racchiude una certa area letteraria
che si distingue dalle altre 2) non esiste perché nessun scrittore si è definito modernista ma si tratta
di una costruzione a posteriori quindi di una certa debolezza. Diversi critici hanno individuato nei
primi trent’anni del Novecento la narrativa modernista infatti proprio in questo periodo di tempo
prende vita una forma di scrittura sperimentale. Tre autori di questo periodo sono: Tozzi, Svevo e
Pirandello, accanto a questi troviamo Palazzeschi e Bontempelli.

- La vita quotidiana

Nell’interpretazione dei sogni (Freud 1899) l’intersezione tra io e mondo non è più tra soggetto e
oggetto, non solo, ma l’interiorità dell’individuo si rivela ingestibile e inconoscibile: l’inconscio non è
un deposito di emozioni e ricordi ma un dispositivo incontrollato che si agita e provoca azioni e
decisioni quindi l’io si ritrova in una situazione di dover scoprire e conoscere sé stesso: questo è
l’obiettivo principale della narrativa. Joyce, Proust, Pirandello, Svevo rielaborano la COSCIENZA.
Svevo sosteneva che ciò che conta nella vita di un individuo non sono i grandi eventi che rimangono
impressi nella memoria ma i giorni vuoti quelli a cui l’individuo non presta attenzione. Zeno Cosini
quindi stabilisce la superiorità della vita rispetto a quella dei grandi eventi. È nella routine di tutti ii
giorni che si verificano i lapsus capaci di tradire ciò che il soggetto vuole nascondere. Allo stesso
modo della rappresentazione della vita quotidiana, funziona la descrizione dell’interiorità del
personaggio legata ai suoi gesti e alle sue decisioni. I tratti dell’interiorità sono legati all’azione
secondo un rapporto di causa/effetto mentre la vita quotidiana è annullata.

- La scissione dell’Io

Un esempio di scissione dell’Io possiamo notarlo in due novelle: “Tu ridi” di Pirandello e “Il giorno e
la notte” di Palazzeschi. In entrambe c’è la contrapposizione tra Io sociale e Io interiore quindi tra
maschera e Io vero quindi opposizione tra giorno/notte, veglia/sogno. In “Tu ridi” il protagonista
Anselmo conduce una vita insoddisfacente ma quando si addormenta è come se si trovasse in un
mondo gradevole, questo perché la vera identità del protagonista non è quella che appare. Anche la
novella di Palazzeschi pone le stesse questioni. Il protagonista è Montesoli, un ragioniere che
gestisce scrupolosamente gli interessi di una società ma di notte è un ladro. Quindi l’io è diviso e la
parte esteriore non può conoscere quella interiore profonda che determina le scelte di vita.

- Il narratore che non sa

Un esempio è la novella del 1925 di Svevo “Corto viaggio sentimentale” in cui il protagonista,
Giacomo Aghios si vede contrapposto al suo amico di treno un uomo serio, il ragionier Borlini. La
loro conversazione è casuale ma ricca di invenzioni. In seguito alla difficoltà di Aghios di trovare
qualcosa che possa accendere la sua sigaretta, la conversazione cade nel ridicolo ovvero sulle tasche
degli indumenti maschili metafora di caos della vita in generale. Insomma nelle tasche non c’è una
via di fuga così come il narratore deve raccontare il mondo dall’interno con un’ottica parziale e
limitata. Negli stessi anni Svevo era interessato alle scoperte scientifiche in particolare di Einstein.
Egli aveva spiegato che ci muoviamo in un campo gravitazionale che non è nello spazio ma che è
esso stesso spazio. Poiché lo spazio si curva e di conseguenza anche il campo gravitazionale si nota
come spazio/tempo si modifichino a seconda del punto dell’universo in cui si trova. Quindi il
soggetto si muove sempre all’interno di un unico spazio da cui è impossibile uscire. Allo stesso
tempo i novellieri modernisti sono convinti che ogni loro riflessione può avere valore per quel
contesto e tempo ma che in ambiente e tempo diverso subisce delle smentite. Da qui deriva
l’incertezza. Il narratore è condannato ad avere uno sguardo limitato del mondo che racconto senza
aspirare ad una visione superiore.

- La trama

All’interno del racconto modernista possiamo trovare tre tipi di trama: 1) di tipo analitico di cui
Svevo è il punto cardine. Il narratore segue il protagonista in tutti i suoi pensieri e le sue riflessioni
estendendo la trama e accostandola ad altre. Le dimensioni del testo si ampliano, la struttura è di
tipo granulare e il finale si configura come un’interruzione all’interno di un flusso. 2) il cui punto
cardine è Tozzi, queste novelle sono piccole unità sottratte ad un continuum più ampio, il cui finale è
ingiustificato. 3) punto cardine di questa è Pirandello e Palazzeschi. Si tratta di una trama piuttosto
classica che appaiono come delle parodie.

- Le raccolte

Possiamo notare tre forme di raccolte novellistiche: 1) il cui punto cardine è Pirandello con “Novelle
per un anno” in questo casoo egli cerca di offrire una rappresentazione concreta del caos della vita e
l’impossibilità di ricondurlo ad una forma qualsiasi di ordine. 2) il cui punto cardine è Tozzi che
predilige una raccolta volta a frammentare. Infatti nella sua opera “Giovani” l’obiettivo è quello di
smentire quanto dichiarato nel titolo cioè la giovinezza non è un’età della vita ma una malattia
dell’anima. 3) è la novella di tipo progressivo-narrativo punto cardine Bontempelli con “Vita
intensa” in cui i testi vengono uniti gli uni agli altri al fine di dare al lettore l’idea di evoluzione. Si
tratta di raccolte che sembrano avere ispirazione romanzesca di narrazione lunga ma con l’unico
obiettivo di una forma frammentaria.

LA POESIA (di Raffaele Donnarumma)

La storia della poesia oscilla tra due poli opposti: da un lato c’è la resistenza a porre sotto un solo
nome personalità diverse e il sostenitore di questo è Mengaldo, dall’altro c’è la tendenza contrario
cioè fare storia della poesia oltre la pluralità senza negare le differenze e il sostenitore è Mazzoni.

Per quanto riguarda il suo inizio, va associato all’inizio del Novecento con i crepuscolari e le
avanguardie. Inoltre possiamo distinguere 4 tempi di poesia modernista.

PRIMA FASE:

I primi modernisti sono i crepuscolari. Dal 1904 con Corazzini sino al 1911 con Gozzano. I
crepuscolari non si organizzano in gruppo anche se la loro poesia è un luogo di transito con quella
futurista, non credono che l’arte debba cambiare il mondo, il loro è uno scivolamento disincantato
verso qualcosa di nuovo.

SECONDA FASE:

Questa fase coincide con l’avanguardia (Manifesto del futurismo di Marinetti del 1909) considerando
che il futurismo è l’opposto del modernismo. La data di inizio può essere il 1913 con “Frammenti
lirici” di Clemente Rebora, “Canti orfici” di Dino Campana del 1914 e “Porto sepolto” di Ungaretti del
1916. Ungaretti vuole restituire alla lirica la capacità di dire le ultime cose e di trovare nell’io la
radice di un discorso. Per Campana il simbolismo è sgretolato dai sensi. Rebora invece non sa darsi
pace ed esalta il simbolo. Sbarbaro è eccentrico, lessico comune, regolarità metrica e l’opposto del
lirismo tragico di Ungaretti.

TERZA FASE:

Questa fase è occupata da Eugenio Montale attraverso “Ossi di seppia” del 1925, “Occasioni” del
1939 e “Bufera e altro” del 1956. La prima raccolta riconsidera il simbolismo respinto in precedenza
poiché considerato via di fuga. I due libri seguenti riguardano una poesia più matura, il verso tende a
regolarizzarsi. In questo periodo il modernismo non ha l’egemonia ma al contrario si impongono altri
movimenti classicisti (“La Ronda”) tra cui il neorealismo e l’ermetismo. L'influsso di Montale si fa
sempre più grande. Quello di Montale è un classicismo sui generis, non è malinconico, è un insieme
di valori culturali e morali, la difesa di un ethos umanistico e borghese da opporre al fascismo, alla
volgarità delle società di massa. Impone di guardare a occhi aperti la negatività dell’essere. Il
classicismo è un legame con la tradizione che identifica e distingue la letteratura italiana dalle altre,
quindi è la possibilità di dialogo con un pubblico scelto e ridotto.

QUARTA FASE:

In questa fase vi è un conflitto tra la neoavanguardia dei “Novissimi” del 1961 e lo sperimentalismo
della rivista “Officina. La neoavanguardia sembra conquistarsi l’egemonia. Un neoavanguardista è
Elio Pagliarani che esordisce nel 1954 con “La ragazza Carla”. Neoavanguardisti e neomodernisti
presuppongono un canone in comune: l’High modernism di lingua inglese con Eliot, Pound e
Williams.

- GLI SPAZI DELLA POESIA

Per i poeti modernisti fare poesia non è una convenzione, ciascuno di essi si chiede quale spazio
possa avere la poesia. Mentre Leopardi fonda la poesia sul suo sentire, sul suo pensiero e
immaginazione, la poesia modernista fa i conti con la propria crisi cioè immagina una lotta con la
modernità perché vede nella modernizzazione un agente di disumanizzazione. Prima di tutto la
critica rivela che la poesia non basta a sé stessa perché deve rendere espliciti i suoi valori. Per
quanto riguarda la metafisica, la poesia deve pensare a sé stessa, in questo modo i modernisti si
sulla loro individualità quindi sullo statuto dell’Io, quell’Io legato al genere poetico della lirica.

- LO STATUTO DELL’IO: CRISI DELL’ESPERIENZA ED EPIFANIA

L’Io lirica è più profondo, il modernismo invece mette in dubbio. Le possibilità di scampo da un
mondo-prigione sono due: 1) promuovere la poesia in quanto minacciata dalla distruzione
(Ungaretti) 2) la speranza della rigenerazione cioè l’epifania (Montale e Gozzano). L'EPIFANIA è una
discontinuità di attimi di pienezza e tempo perduto, di illuminazioni che sfuggono all’individuo e che
difficilmente integra dentro di sé. Ha a che fare con lo choc e con il trauma, non con l’esperienza.
Essa però funziona a tratti. In “Ossi di seppia”, per esempio, c’è la figura della donna amata Irma
Brandeis che dopo essere diventata una veggente capace di leggere il destino degli uomini, ora
incarna i valori di un angelo quindi valori eterni. Si instaura così un’antropologia aristocratica cioè il
poeta è il fedele illuminato, colui che adora la salvezza spirituale.

- NARRATIVITA’ E LIRICA

L'epifania non è solo un tema, ma intorno ad essa si costruisce il testo. I racconti dei modernisti
hanno una diversa narratività. Il racconto assume una declinazione lirica perché viene incorniciato
dall’io che è il vero focus del testo. Il racconto di Gozzano è antilirico perché mette da parte il
protagonismo e porta in scena altri personaggi. Montale invece ha un modello preciso. Per lui il
racconto è solo una descrizione di ambienti, segue un’azione drammatica, il discorso è rivolto ad un
tu (generalmente una donna) e la conclusione è la riflessione di ciò che è successo nel corso della
narrazione. Il rivolgersi ad un tu rappresenta un collegamento tra narratività e lirica.

- POESIA E PROSA

L'apertura del linguaggio della poesia alla prosa comporta il decadimento e la progressiva scomparsa
di una grammatica secolare definita da Hegel “prosa del mondo”, fatta di diversi punti di vista ed
esperienze. In un saggio del 1964 Montale la definisce “poesia inclusiva” cioè tende a distinguersi
dalla prosa. Il modernismo non intende rompere con la tradizione, anzi la sottopone a giudizio e
sceglie cosa va abbandonato e cosa continuato. Il lavoro critico dei poeti serve a rintracciare un
insieme di valori nel momento in cui il passato non è indiscutibile.

- AUTONOMIA DELL’ARTE

L’arte modernista ha un suo modo proprio: rottura della metrica regolare, rime imperfette, strofe
asimmetriche, ironia. Per i modernisti la forma è ricerca di un qualcosa di nuovo e adatto ad ogni
occasione. La forma diventa un valore etico, cioè è una misura contrapposta al disordine della vita,
un atto attraverso cui l’uomo difende le cose in cui crede e cerca di salvaguardarle dal caos. Le due
categorie che rappresentano il rapporto tra modernismo e forma sono: autonomia ed eteronomia.
Modernismo ed avanguardia nascono proprio da questo. L'arte si dà da sola delle leggi e rivendica la
propria indipendenza, l’avanguardia invece diventa essa stessa morale perciò muta tutta la vita.
L'avanguardia mira a travolgere l’arte, il modernismo continua a credere nell’arte, respinge
l’eteronomia e non vuole confondere l’autonomia con una pretesa di assolutezza.

IL TEATRO (di Luca Somigli)

- Modernismo e teatro

Tra le definizioni del modernismo una famosa sta nel brano del “Fu Mattia Pascal” (1904) in cui
Paleari esprime quella crisi nella fiducia nei valori trascendentali della società borghese. Pirandello si
servì di una metafora teatrale per articolare la propria visione della modernità, infatti il teatro è
adatto all’espressione dei temi e delle ansie che caratterizzano il modernismo. Nel 1999 Innes
sostenne che è contraddittorio includere il teatro in una discussione modernista in quanto pone dei
limiti in quanto richiede un maggiore allestimento scenico del regista e degli attori, allo stesso modo
è esposto a più richieste da parte del pubblico. Tra fine 800 e inizio 900 due generi dominano il
teatro italiano: dramma storico e dramma borghese. Il tema ricorrente è il triangolo sentimentale.
Anche nel teatro prevale il realismo infatti realismo e modernismo condividono l’intento di acquisire
ciò che era considerato vile. Ciò che permette di distinguere il realismo dal modernismo è che la
trama è costruita attraverso procedure che contraddicono i principi di coerenza spaziale, temporale
e di causalità, inoltre il personaggio non si comporta secondo regole del realismo psicologico anzi
ostenta il proprio status di manichino.

- Modernismo e Avanguardia

Uno dei dibattiti importanti è il rapporto tra modernismo e avanguardia identificata con il futurismo.
Da un lato vengono interpretati con modalità differenti ovvero il rapporto con la tradizione e il ruolo
dell’arte, dall’altro il modernismo è definito come una metacategoria che copre le diverse forme di
sperimentalismo. Condividono molte premesse tra cui quella del dramma borghese come la
Compagnia dei grandi spettacoli di Gualtiero Tumiati e un continuo scambio di idee come nel caso
del tema del teatro nel teatro de “Il suggeritore nudo” di Marinetti. Il teatro futurista parte dal primo
documento di Marinetti “Manifesto dei drammaturghi futuristi” (1911) in cui viene abolita la
distinzione tra artisti e pubblico. In questa fase iniziale Marinetti identifica il futurismo con nuove
tecniche tra cui il verso libero e tematiche di diverso tipo che però non segnano la struttura
dell’opera drammatica. Marinetti aveva dato prova di questo teatro futurista il 15 gennaio 1909 con
“La donna è mobile”, primo esempio di provocazione e antagonismo con il pubblico. Il futurismo
aveva già sperimentato una nuova forma di teatralità in cui era dedicato ampio spazio alla
propaganda pubblica e aveva pensato ad un nuovo spazio in cui superare la frattura tra arte e vita,
estetica e politica che caratterizzava l’arte borghese. Ne è un esempio “Il teatro del Varietà”.
Successivamente vengono formulate nuove tipologie di teatralità nei primi anni dieci con Emilio
Settimelli e Bruno Corra con i quali Marinetti firma il manifesto “Il teatro futurista sintetico”. Questo
manifesto ribadisce la necessità di coinvolgere gli spettatori, abolire qualsiasi forma di
verosomiglianza compresi i personaggi, la scansione lineare del tempo la concatenazione logica degli
eventi. Nella seconda metà degli anni Dieci e per tutti gli anni Venti, tutti i membri vengono coinvolti
nel processo di Sintesi ovvero minidrammi giocati sul registro del comico/grottesco, ne è un esempio
“Grigio+Rosso+Violetto+Arancione” del 1916 di Corra e Settimelli.

- Maschere e marionette: la crisi del soggetto borghese

Il teatro grottesco costituisce l’alter ego in quanto mantiene le strutture del teatro come istituzione
e mette in scena l’inautenticità del mondo borghese. Il registro è parodico, ricorre all’adulterio e
mette in evidenza non solo la natura della rappresentazione ma anche della realtà che rappresenta.
Da qui il richiamo alla figura della marionetta, creatura che si comporta secondo codici di
comportamento imposti dalla società borghese che regolano la vita pubblica e privata. Pirandello
viene avvicinato dal grottesco di questo periodo e in un testo del pirandellismo la conclusione
suggerisce che non ci sono posizioni esterne rispetto al sistema di ruoli e relazioni sociali che
strutturano il mondo borghese, senza un ruolo un individuo è un guscio svuotato e privo di vita.

- La rivoluzione pirandelliana

L'opera che segna la rottura con il dramma borghese è “Così è (se vi pare)” del 1917 di Pirandello.
Quest'opera non mette in luce le convenzioni della società ma smonta la struttura del teatro realista
che segue fino alla fine. Ciò che rende modernista quest’opera è il modo in cui viene ribaltato il
rapporto tra opera e spettatori. Pubblico e personaggi non sono più su livelli differenti e la distanza
tra palcoscenico e platea viene annullata. Lo scambio tra palcoscenico e platea si muove in due
direzioni: se il pubblico viene proiettato in uno spazio interno al dramma attraverso il suo punto di
vista con quello dei cittadini curiosi, uno dei personaggi svolge il ruolo di intermediario del pubblico
sul palcoscenico. Si parla di Raisonneur. Il tema del teatro nel teatro lo troviamo in “Sei personaggi in
cerca d’autore” del 1921 in cui Pirandello mette in scena il cambiamento di paradigma modernista:
lo spettatore assiste a due diversi regimi di rappresentazione e temporalità. Da un lato la parte iper
realista in cui si apre la vicenda vera e propria, dall’altro quella antirealista caratterizzata da una
temporalità ciclica per cui le azioni non seguono uno schema di causa ed effetto.

- Le poetiche del mito

Massimo Bontempelli amico di Pirandello intende smantellare le convenzioni della civiltà borghese.
Questa ricostruzione avviene attraverso l’invenzione di “miti freschi” ovvero narrazioni che servono
ad articolare un nuovo rapporto tra l’individuo moderno e il mondo esterno. Pirandello partecipa a
questa iniziativa con tre opere che considera miti: “La nuova colonia” del 1928, “Lazzaro” del 1929 e
“I giganti della montagna” del 1938. Il ricorso al mito è capacità di esprimere un messaggio positivo.
L'arte riacquista il suo valore però non può sottrarsi allo sguardo umoristico di Pirandello. Il mito
include anche l’opera di Andrea De Chirico che non aspira alla creazione di nuovi miti ma ritualizza
quegli antichi immergendoli nella quotidianità. Il mito è da un lato il principio ordinatore, dall’altro
uno strumento straniante.

- Il tardo modernismo di Bontempelli

Ciò che rende interessante Bontempelli è la sua capacità di assorbire e rielaborare a modo suo i vari
umori dell’epoca, pertanto Tyrus Miller lo chiama “tardo modernismo”. Bontempelli si avvicina al
teatro d’avanguardia con “La guardia alla luna” in cui la drammaturgia realista viene rifiutata in
favore di una trama frammentaria e di una ambientazione e dei personaggi simili al teatro
espressionista. Negli anni successivi collabora con Pirandello grazie ad una collaborazione con il
Teatro d’Arte per il quale scrive “Nostra Dea” del 1925 e “Minnie la candida” del 1927. Nel primo,
Bontempelli fa i conti con il tema della natura socialmente costruita dell’identità (protagonista
cambia personalità in base agli abiti che indossa), mentre nella seconda viene rielaborato il tema
dell’uomo artificiale (dramma orientato sul conflitto tra individuo e società).

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