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PIER PAOLO PASOLINI

Petrolio
Tesi di laurea in Filologia moderna
di Chiara Distefano
MARZO 2012

Mi sono caduti per caso gli occhi sulla parola petrolio in un articoletto credo de LUnit, e
solo per aver pensato la parola petrolio come il titolo di un libro mi ha spinto poi a pensare
alla trama di tale libro. In nemmeno unora questa traccia era pensata e scritta. 1
Petrolio, romanzo incompiuto al quale Pasolini stava ancora lavorando quando fu ucciso,
apparve postumo in prima edizione nel 1992 a cura di Maria Careri e Graziella Chiarcossi,
con la supervisione di Aurelio Roncaglia, autore di una Nota filologica imponente
essenziale per la lettura del testo, il quale si presenta come uno scartafaccio di fogli
manocritti e dattiloscritti solo parzialmente numerati, con cassature, aggiunte e correzioni
spesso in contrasto tra di loro. Numerose segnature, cerchiature e segni manoscritti ci
mettono di fronte a una condizione testuale profondamente magmatica e frammentaria.
1

Appunto di Pasolini posto in calce ad un foglio dello scartafaccio del romanzo risalente allestate del 1972.

Sono pervenute a noi in tutto 522 pagine di cui 492 dattiloscritte. In realt la stesura,
secondo lautore stesso era arrivata a 600 pagine, cos come ci ricorda Roncaglia nella
sua Nota. Il critico sottolinea anche la valida prova filologica interna in merito al capitolo
scomparso Lampi sullEni, che si trova nellAppunto 22a :
ne ho gi fatto cenno nel paragrafo intitolato Lampi sullEni, e ad esso
rimando chi volesse rinfrescarsi la memoria.
Lautografo conservato presso lArchivio Contemporaneo Alessandro Bonsanti del
Gabinetto Vieusseux di Firenze, assieme ad una copia V non autografa che consta, oltre
dei vari scritti degli anni 70, di tutto il materiale giornalistico utilizzato dallautore nella
stesura del romanzo. E ad arricchire ulteriormente le fonti di Pasolini contribuiscono i
discorsi tenuti dallo stesso presidente Cefis e la risorsa per eccellenza: la fotocopia del
libro di Giorgio Steimetz Questo Cefis. Laltra faccia dellonorato presidente (Armi,
Milano 1972). Allinterno della stessa cartella figura limportantissima lettera inedita dello
psicanalista Elvio Fachinelli del settembre 1974, la quale testimonia che lo stesso medico
forn a Pasolini sia loriginale del discorsi di Cefis tenuto a Modena che la fotocopia del
libro di Steimetz.
Di Petrolio, monumentale Satyricon dei nostri tempi, esistono quattro o cinque manoscritti
a tratti discordanti, per cui la ricostruzione fa fede al confronto tra di essi. Un ruolo
chiarificatore hanno le illustrazioni, opere grafiche di stimato livello probabilmente opera
dellautore stesso. Contribuiscono a colmare i vuoti del romanzo gli innumerevoli
documenti storici attinenti con la cronaca.
I frammenti del romanzo, denominati da Pasolini stesso Appunti, sono in numerazione
progressiva e intitolati (ma non tutti). Le numerazioni giungono fino al n. 133, ma
considerando i numeri bis, ter, ecc., i numerosi contrassegni alfabetici (a, b, c, ecc.), i fogli
tra un Appunto e laltro e la lettera a Moravia, giungiamo a una stima finale di circa 200
unit. Chiaro il nesso tra i frammenti in successione, pi ostico quello tra i vari gruppi di
Appunti. Con ci rifiutiamo facilmente la nozione di associazione mentale di stampo
psicanalitico: siamo in presenza di una schizofrenia fluviale che non risponde a nessuna
logica. A tal proposito lo stesso Pasolini a chiarire il concetto:
il carattere frammentario dellinsieme del libro fa s che certi pezzi narrativi siano in s
perfetti, ma non si possa capire, per esempio, se si tratta di fatti reali, di sogni di
congetture fatte da qualche personaggio.2
Il brogliaccio incompiuto di Pasolini ambientato nellItalia del boom economico,
quellItalia lacerata da giochi di potere invisibili, da stragi sotterrate col silenzio e da un
trasformismo politico che mette sullo stesso piano fascismo e antifascismo.
Nellambito delle ente petrolifero pubblico italiano (Eni) nasce la doppia storia di Carlo
Valletti, ingegnere petrolchimico e protagonista scisso del romanzo.
Carlo primo, chiamato Carlo di Polis, viaggia in Oriente alla ricerca del petrolio ricalcando il
mitico viaggio degli Argonauti. E un cattolico moderato dellarea di sinistra, colto
imprenditore davanguardia tutto immerso nelle trame torbide che governano lelitario
mondo petrolifero. Correo dellassassinio di Mattei e della scalata di Cefis, Carlo
lemblema dellambigua fase storica della Resistenza, quella legata al connubio fra i
contrari, ovvero ai binomi indissolubili delle lobby: laici/cattolici, fascisti/antifascisti,
pubblico/privato, politica/crimine.
Carlo secondo, chiamato Carlo di Tetis si muove invece tra Roma, Torino e la Calabria
ossessionato da perversioni erotiche e incestuose che culmineranno con la sua
2

Pier Paolo Pasolini, Petrolio, Cit., pag. 4.

trasformazione in una donna. Ma in realt questa la sorte di Carlo primo, vittima come
Carlo secondo di un processo di lacerazione dellidentit e di dissociazione ossessiva che
rende questo scartafaccio un modello esemplare di antiromanzo.
Ultimo protagonista del romanzo Pasolini stesso, che muore nel mare di Calabria
rinascendo nellacqua fetale, primigenia e fortemente esoterica.
Stragi, legami e complotti di Stato costituiscono lo sfondo di un antiromanzo di formazione,
che si crea e si distrugge allo stesso tempo.
La struttura segreta delle societ brulicanti da forma al testo conferendogli le sue stesse
caratteristiche e generando un romanzo parallelo di stampo economico-sociale accanto
quello romanzesco-narrativo. I modelli sociali di Pasolini sembrano dunque Lukcs e
Goldmann, rivisitati in chiave postmoderna dentro un testo proliferante scisso tra storia e
mito, tra arcaico e contemporaneo.

La borghesizzazione dei Ragazzi di vita


Ho iniziato un libro che mi impegner per anni, forse per il resto della mia vita. Non voglio
parlarne, per. Basti sapere che una specie di summa di tutte le mie esperienze, di
tutte le mie memorie.3
In questo scartafaccio Pasolini gett tua la sua furia stilistica e le sue ambizioni,
nellintento di dipingere in toto il dramma sociale della sua epoca.
Sdegno, indignazione e piet per un affresco spietato dellultimo ventennio italiano,
scenario di un popolo mercificato e completamente assoggettato alle regole di un
neocapitalismo perverso e brutale.
Il Petrolio diventava cos il grande protagonista della divisione internazionale del lavoro,
del mondo del capitale che quello che determina poi questa crisi, le nostre sofferenze, le
nostre immaturit, le nostre debolezze, e insieme le condizioni di sudditanza della nostra
borghesia, del nostro presuntuoso capitalismo. 4
Durante gli anni 70 Enzo Biagi intervistava un Pasolini pesantemente combattuto,
fiducioso nel progresso ma non nello sviluppo, trovando proprio in questultimo concetto la
profonda motivazione della sua disillusione, politica e letteraria al tempo stesso. Le parole
dello scrittore corsaro, nellambito di quellintervista rivelarono tutto il ribrezzo di un
militante ormai spentosi, disarmato di fronte lomologazione fisica e spirituale che aveva
livellato tutti i ceti, quarto popolo incluso.
Nel corso degli anni 50 Pasolini aveva scoperto il mondo della Roma proletaria, scovando
in quelluniverso il fascino ingenuo del popolo di borgata, completamente avulso
dallomologazione neocapitalistica.
La lingua dei suoi Ragazzi di vita appariva primigenia, verace e rude. Una lingua incolta,
cruda e proprio per questo pura, diretta, aliena da qualsiasi artificio. Sempre a Biagi
lautore confidava la sua fede nel Neorealismo, perch tutte le opere neorealistiche si
fondano sullidea che il futuro sar migliore.. 5.
Ma gi nella seconda met del 1960 si registra un improvviso stravolgimento della civilt.
Lomologazione capitalistica colpisce tutti i ceti, anche le tanto decantate umili borgate.
Sono gli anni della borghesizzazione del sottoproletariato, dellinevitabile accettazione
3

Intervista rilasciata da Pasolini a Luisella Re su Stampa-Sera, 1 gennaio 1975.

Dallultimo colloquio tenuto con lamico e scrittore Paolo Volponi.

Dallintervista di Enzo Biagi, ne I grandi autori autori italiani del 900, Rai Educational, Einaudi, Tascabili.

inconscia della gretta cultura capitalistica. Il Neorealismo artistico e letterario diventa cos
un retaggio del passato e la storia stessa tende a massificarsi assieme alla cultura.
La storia si autoconsuma, prosegue imperterrita verso lautoannullamento. Equesta forza
che mette gli individui su di uno stesso piano, che nega lindividualismo, che rifiuta la
specificit del singolo. Pasolini in questo senso si fa paladino di un neo-soggettivismo
contrapposto fermamente al processo di nullificazione delluomo.
Questa fase storica e di cambiamento sociale inaugura dunque una poetica nuova per
lautore, fungendo da specchio di un popolo mediocre e governato dalla peggiore politica.
Dal 1973 Pasolini parteciper attivamente allo smascheramento di questa
contemporaneit scrivendo articoli incandescenti sul Corriere della Sera, alimentando
continuamente questo fuoco con autentiche invettive e denunce feroci. E questo fervore
incontrollabile gli coster la vita quella notte allidroscalo di Ostia tra l1 e il 2 novembre
1975.
Petrolio, romanzo edificante, nel suo messaggio non pi diretto al proletariato come
classe viva. La borgata, amata visceralmente e irrimediabilmente perduta, subisce un
processo di mitizzazione lasciando la figura del destinatario alla spietata fiera borghese.

La creazione della forma letteraria


Petrolio, scartafaccio illeggibile e torbido, fa della sua incompiutezza una carta vincente. E
non si tratta affatto dellincompiutezza di stampo cartesiano al quale si rifanno i romanzi di
Kafka, ma al relativismo di una forma che nasce, cresce e muore con la scrittura stessa.
Tratteremo un romanzo il cui progetto svolto in un disegno narrativo non tradizionale,
che in parte risulta sviluppato e coerente e in parte totalmente mozzato, con passi
completamente estranei al testo stesso.
Petrolio, nella sua sagoma talmente irregolare e polimorfa da risultare impercettibile, offre
infinite chiavi di lettura, troppe forse. E la moltitudine delle interpretazioni porta
irrimediabilmente il lettore allimmersione nel caos, non essendo egli abituato (per cultura
e tradizione) a una letteratura che sovverte qualsiasi principio narrativo. Ne consegue il
suo allontanamento, una sorta di rifiuto inconscio verso questa schizofrenia ipertestuale.
Lantiromanzo, nel suo monumentale progetto, avrebbe voluto essere una summa
dellopera pasoliniana, e per questo in esso riscontriamo tutto il background
dellesperienza dello scrittore, mista di giornalismo, poesia, narrativa, saggistica, teatro e
cinema. Ci, purtroppo, nella sua immensit progettuale, ha generato una perdita di
equilibrio e di orientamento anche da parte della critica.
Lanalisi stilistico-letteraria pressoch impossibile, ma ho deciso (umilmente e soprattutto
priva di competenze) di cimentarmi in essa con lunico obiettivo di facilitare una lettura
talmente complessa da risultare a tratti insopportabile.

Parte prima
La Prima Rosa dellEstate e lIntroduzione al tema metafisico
Ai bianchi Antefatti, preambolo perfetto di un antiromanzo che non comincia, segue
lAppunto 2, grigio nella descrizione della palazzina ai Parioli nella quale vive in affitto
Carlo Valletti.
Siamo nel maggio 1960 e la decadenza architettonica del quartiere romano il riflesso
narrativo della condizione esistenziale di un trentenne nevrotico oppresso dalla solitudine
e dallangoscia, irrimediabilmente alienato nei continui fallimenti della sua vita di tecnico.
E mattino e Carlo si trova nel terrazzino di casa, scialbo e anonimo nel suo degrado come
la visuale di una Roma che da l sembra Beirut, o Atene forse:
Correvano nel cielo nuvole calde, covando in terra, lumido della pioggia che poco prima
vi avevano tristemente scaricato. Pareva che la vita nella citt si fosse interrotta. Carlo,
come sempre, era oppresso dallangoscia; il non aver niente da fare se non loccuparsi
della casa con la certezza che in queste cose hanno gli uomini sui trentanni lo
obbligava a stare solo con se stesso, come unombra; e quindi a recitare quella scena di
solitudine di fronte al panorama di Roma (che da l sembrava una citt come Atene o
Beirut).
E qui che, ad un tratto, vede il proprio corpo cadere ritrovandolo ai suoi piedi supino e
privo di sensi. Lucido e accorto lo scrittore corsaro nella descrizione di quel corpo
accasciato, obbediente e passivo nella sua paralisi:
() ecco il suo viso pallido, quasi bianco o giallastro di adenoideo, la fronte di persona
intelligente e ostinata sotto i capelli lisci e incolori, che, nella sgradevole circostanza, si
erano un po scomposti in modo ridicolo, ecco gli occhi tondi e cerchiati, che, non protetti
dagli occhiali () parevano denudati e troppo espressivi; la pelle tirata del viso lungo e
liscio, come quello di un bambino, intorno al naso leggermente in su; la bocca, con le
labbra arricciate, a culo di gallina, semiaperta a causa dei denti fortemente sporgenti,
lunghi e gialli, o forse anche a causa del naso, che era, evidentemente, uno di quei nasi
eternamente tappati che costringono a tenere, appunto, la bocca semiaperta per
respirare; ed ecco il corpo, lungo e magro, di persona debole ma curata, coperto da un
vestito grigio non nuovissimo, e da una camicia bianca con la cravatta (di un colore cos
discreto da non essere notato).
Quel corpo disteso per terra non era altro che la conseguenza naturale dellanonima vita di
un piccolo borghese, latto finale di una vita moderata e conformista.
Carlo vede arrivare due entit che si fermano in prossimit di quellessere spettrale
supino: uno Polis, angelico e pacato; laltro Tetis, miserabile e infernale. I due esseri
cominciano a parlare una lingua meravigliosa, melodica, chiara, squisitamente onirica.
Tuttavia Carlo consapevole della natura effimera e visionaria di quel linguaggio mistico e
assiste inebriato alla disputa su chi dei due sia il detentore effettivo di quel corpo, che per
Polis di un buono, di un obbediente che ha amato il padre e la madre, mentre per Tetis
un involucro, la forma del Peso che si porta dentro quello dellaccettazione del
compromesso per lascesa politico-sociale e che lo ha consegnato al demonio.Ogni
elogio da parte di Polis di quel corpo di uomo borghese vanificato dallostinata
convinzione di Tetis: il Peso che porta dentro quel corpo suo.
Polis non resiste alla determinazione demoniaca di Tetis, consapevole della sua
inferiorit apollinea:
5

Polis sta per un po in silenzio, guardando a terra. Pensa certo che potrebbe dire altre
mille frasi come quelle che ha detto; ma poich sono tutte analoghe, come i grani di un
rosario, nessuna di esse potrebbe ottenere effetti diversi da quelle gi profferite.
Polis un angelo, dunque riconoscendo limpossibilit di dialogo viene a patti con
lInconciliabile, quasi incantato da quel fascino demoniaco:
Tu prenditi ci che tuo, e io mi prendo ci che mio () tu ti prendi il tuo Corpo. E io
mi prendo laltro Corpo che c dentro.
Polis accetta, sorridente. Pacato e composto, osserva Tetis squartare il ventre di Carlo ed
estrarne un feto, che cresce in maniera smisurata fino ad assumere i tratti di Carlo, che a
sua volta lo guarda e lo riconosce. Il corpo sventrato a terra comincia a rianimarsi: Carlo si
rialza e si avvicina a Polis, lentit dal quale dipende.
Carlo di Tetis e Carlo di Polis sono identici, si avvicinano, si fissano, sembra che si bacino.
Poi si allontanano, chiacchierando e tenendosi a braccetto, come due amici che
condividono la vita.
In queste prime pagine del romanzo si delinea la scissione-frantumazione del personaggio
Carlo, dovuta esclusivamente alla stipula di un patto col diavolo, identificato
irrimediabilmente nella figura dello Stato.

Prefazione posticipata
NellAppunto 3a lautore chiarisce il ruolo che la luce, nella sua fissit, ha allinterno del
romanzo. Non luce mitica svincolata dalle stagioni, luce estiva, normale, quotidiana.
Torner pi volte nel romanzo, soprattutto negli Appunti in cui Carlo secondo cerca la
realizzazione sessuale attraverso le esperienze pi turpi, trovandola poi, solo nella
trasformazione del suo corpo in quello di una donna.
E in questa esplosione dazzurro che lAngelo e il Diavolo passeggiano, dirigendosi verso
una piazzetta anonima e animata da diversi passanti nonostante lafa del meriggio.
NellAppunto successivo lautore cita Leopardi e il suo interesse verso le visite degli Dei
sulla Terra, e dei Demoni in particolare nelle ore pomeridiane. Si tratta di un espediente
narrativo se cos possiamo definirlo ricorrente soprattutto nella prima parte del
romanzo e dallevidente funzione dispersiva per il lettore.
E un meriggio afoso di fine anni 50 e i due angeli delle tenebre si recano in Piazza xxx,
colma di studenti liceali e universitari, genuini e fortunatamente ancora lontani dalle falsit
piccolo borghesi dellera sessantottina.
Discostandosi improvvisamente da questo tema, nella Prefazione posticipata (III) Pasolini
annuncia listituzione di uno schema di viaggio, allegorico e demoniaco, quale nodo
essenziale della sua (non) intenzione narrativa:
Poich non ho intenzione di scrivere un romanzo storico, ma soltanto di fare una forma,
sono inevitabilmente costretto a istituire le regole di tale forma. E non posso che istituirle
in corpore vili, cio nella forma stessa.
Nel corso del romanzo parecchi interventi diretti di Pasolini aiutano il lettore a
comprenderne la poetica. Tuttavia lillogicit, lirrazionalismo, la dissociazione ossessiva
dellio esasperano la scrittura stessa, che risulta ostica sia nei contenuti che
nellelaborazione della forma stessa.
6

Proprio per questo motivo non cercher una sistematicit accademica nellanalisi anche
perch impossibile attenendomi esclusivamente a seguire passo per passo il percorso
di uno scartafaccio svincolato da qualsiasi logica oltre che dal pi elementare principio di
causa-effetto.
Dunque Tetis si dirige in autobus verso la parte opposta di Roma, va a cercare qualcuno.
Risponde alla porta una donna senza et che, dimessa e mite, comunica al diavolo che la
persona da lui cercata non in casa, ma che si trova a Siracusa. Ecco allora che Tetis,
osservando lo squallore di certi paesaggi romani, sale su un altro autobus dirigendosi
verso la stazione. Nella descrizione del viaggio in treno verso la Sicilia, Pasolini non
rinuncia a quel crudo realismo tipico della poetica dei Ragazzi di vita:
Laria era greve di un fetore inafferrabile: merda, gas, cloache, ma anche terra concimata
di orti, limoni, zolfo, e qualcosa di perduto, soffocante, xxx che non era altro che la polvere
della povert.
E lalba e Tetis arriva a Siracusa. Vede case gialle, qualche palazzo signorile e chiese
barocche che testimoniavano una lunga storia del dominio assoluto del potere e di
miseria. Ragazzi seminudi e sensuali animano gi le strade, e quella luce mattutina delle
cinque quasi fosse una protagonista del romanzo - talmente accecante che sembra
gi meriggio.
Tetis si reca verso la pensione senza per trovare la donna, che lo costringer ad
aspettare fino a sera. Improvvisamente arriva con un compagno, nella sua bellezza senza
tempo e con lo sguardo felino di sempre. E passionale ma umana, tempestosa ma docile:
Gli occhi erano azzurri, come quelli di certi gatti, e obliqui, ora pacifici fin troppo ora
fiammeggianti ma instabilmente, di unaggressivit nevrotica e intellettuale.
Tetis ha un importante segreto da confidarle, ma la donna, che sappiamo essere la
scrittrice Elsa Morante per via di alcuni tratti caratteristici, evita qualsiasi tipo di
confessione da parte di quellessere demoniaco. Tornano a Roma con lo stesso treno, ma
il segreto rimane ibernato:
Era molto probabile che quella persona che Tetis aveva scelto come sua confidente
cio come depositaria di un segreto che non poteva che essere di enorme valore
pubblico, una volta rivelato avrebbe avuto il coraggio, anzi la estremistica temerariet, di
farne buon uso: ma essa evidentemente non lo voleva. Passarono quindici anni, e Tetis le
stette sempre vicino. Essa per, per partito preso, o, come si usa dire nel nostro orribile
linguaggio, per scelta ideologica, aveva deciso di non ascoltarlo.
Lo scrittore corsaro sembra condannare la Morante alla mancata presa di posizione
intellettuale nellera del trasformismo democristiano. Sono gli anni delle stragi di Stato e
troppi intellettuali rimangono in silenzio anche di fronte levidenza:
E poich quella persona inutilmente cercata e pregata da Tetis era uno scrittore, se ne
deduce facilmente come nei libri di quello scrittore, per quanto pieni e completi in se stessi
fossero, mancava in realt qualcosa: e ci li destinava, di conseguenza, a una fatale
ambiguit.
Questo tema del silenzio degli scrittori contemporanei di Pasolini ricorre soprattutto ne La
Divina Mimesis, altra sorta di scartafaccio costruito sul nesso Dante-modernit, quasi un
remake della Commedia trasposta allera in cui vive lo scrittore.
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Il nome del padre e la Follia prefatoria


LAppunto 4 spiega il perch del nome del protagonista. Carlo il nome del padre di Pier
Paolo, e viene scelto seguendo un principio irrazionale dato che i due non condividono
nulla. In realt un nesso logico c: Carlo Valletti, da cattolico moderato di sinistra si
convertir in un nuovo fascista non appena avr completato la sua ascesa al potere,
anche se a sua insaputa e inconsciamente.
Limmagine che Pasolini riporta del padre terrificante: un ufficiale dellesercito che ader
al fascismo senza intenderne i principi, ricco materialmente ma povero di valori, bello ma
tarchiato, lontano dalla riflessione politica e viziato da una famiglia ricca e decaduta. Ogni
suo atteggiamento fu talmente egoistico nei confronti del nucleo familiare che lautore si
pronuncia cos, senza metafore n mezzi termini:
Si fatto una famiglia e lha terrorizzata. Poi andato in Africa a combattere la sua terza
guerra; rimasto prigioniero alcuni anni, ed riapparso a Casarsa, il paese di mia madre,
il paese inferiore, che egli aveva sempre disprezzato, rifacendosi con questo dellamore
non ricambiato verso mia madre ed ha cominciato ad ubriacarsi, come fanno gli uomini.
Si vede che non aveva mai pensato al suo destino come non aveva pensato alla politica.
Carlo protagonista era invece un ingegnere dellet di Pasolini, diligente e moderato, ma
poco intellettuale per farsi carico delle profonde contraddizioni sociali e politiche del
tempo. Egli, se fosse riuscito a filtrarle attraverso la coscienza, avrebbe trovato
quellipocrita unit individuale nutrita di falsi miti, ma data questa sua incapacit di sintesi,
vive una vita da schizoide dissociato.
Carlo padre non avrebbe mai accettato una dissociazione, sarebbe stato persino capace
di uccidere per preservare la sua unit. Viceversa, Carlo protagonista non avrebbe mai
finto di essere uno e uno solo.
Carlo, nasce nel 1932 a Ravenna o forse a Torino. Roncaglia nella sua Nota filologica
scrive di due versioni contrastanti (cos come per le sorelle e altri particolari) negli Appunti,
io personalmente credo che questa fosse una mossa strategica dello scrittore per la
costruzione-distruzione della sua opera.
Carlo destinato a diventare un cattolico di sinistra, forma religiosa dettata dallabitudine e
connessa alleducazione familiare e sociale. In realt, il cattolico di sinistra non altro che
il prototipo perfetto del democristiano, figura politica apparentemente moderata e
diabolicamente corrotta al contempo.
Dallinfanzia al 45 vive a Ravenna (la citt del padre dellautore), una citt che non cambia
dai primi del 900 al secondo dopoguerra nonostante il fascismo. Gli uomini che la abitano
sono gli stessi, ugualmente genuini dalla rivoluzione contadina alla prima
industrializzazione (lautore insiste molto sul modello neocapitalistico quale causa della
borghesizzazione della classe contadina e proletaria).
Pasolini stesso, quasi fosse un terzo protagonista del romanzo, spiega lucidamente quali
siano le origini della trasparenza intellettuale di Carlo:
Si potrebbe dedurre, quindi, che la sua onest morale, la sua innocente volont di non
opporsi alla propria dissociazione, reale, necessaria, storica, potrebbe essere anche una
delle tante forme positive che pu prendere quel contenuto negativo che lipocrisia: si, la
vecchia ipocrisia cattolica, controriformistica. Voglio dire che la dissociazione poteva
derivare anche, classicamente (e classicisticamente) da un meccanismo di
conservazione, com ben noto: e venire poi a coincidere con quella dissociazione reale,
necessaria, storica che dicevo. Alla dissociazione prima presiederebbe lipocrisia
cattolica, ed avverrebbe fuori dal dominio della coscienza. Alla dissociazione seconda
8

presiederebbe lonest del vecchio mondo (per coincidenza cattolico) e avverrebbe non
solo nel dominio della coscienza, ma per la stessa volont della coscienza.
LAppunto 5 dedicato a Carlo primo, nato a Torino nel marzo del 1932 e diventato
ingegnere a Bologna nel 56, come Carlo secondo. Neolaureato, conferma
immediatamente la sua indole di buono, di cattolico moderato, di pragmatico. Lavora per
lEni e cresce nella Bologna comunista di fine anni 50, dove conosce la sociologia
americana, la psicanalisi e le nuove correnti di cattolicesimo sociale. Qui trova terreno
fertile per le sue idee e si converte in un cattolico di sinistra, ma la sua ascesa allinterno
dellente petrolifero nazionale gli mette davanti anche laltra faccia della medaglia: quella
del gioco del potere.
Ogni volta che Carlo si trova di fronte la propria coscienza su questioni morali, entra in
scena la resistenza alla dissociazione, espressa soprattutto attraverso la sfera sessuale.
Nel corso della lettura il Carlo dissociato e allucinato dal sesso verr chiamato Carlo II,
Karl, Tetis o semplicemente Carlo. Il lettore si accorge della dissociazione inconsciamente;
tutto ci che far Carlo II allinterno del romanzo, trascende letteralmente i limiti della
sopportazione borghese, che alla fine la nostra stessa sopportazione.
Carlo primo invece viaggia per lavoro, vede il mondo e conosce le realt degli emirati
arabi. Ci, intellettualmente, lo allontana da un modello italiano profondamente
contraddittorio e ormai smascherato, allontanamento che provoca la dissociazione, e che
dunque accettazione al contempo:
Nel momento stesso in cui Carlo si staccava dalItalia, riconoscendone le caratteristiche
come antiche e poetiche, egli si specializzava in quella particolare scienza italianistica che
la partecipazione al potere. Egli era perfettamente libero di desiderare il potere: sia pure
un potere non detto, non nominato, definito solo empiricamente; sia pure senza vanit, e
quasi quasi, verrebbe voglia di dire, senza ambizione e con ascetismo.
Carlo primo superiore a Carlo secondo per questioni sociali, ma non riesce a gestirne
linferiorit:
Il secondo Carlo, come tutti gli umili, privi di autorit sociale, - un po come i cani
buono. Inferiorit sociale e bont coincidono. Tuttavia in Karl che si concentrano i
caratteri cattivi di Carlo; mentre in Carlo che si concentrano i caratteri buoni di Karl.
Carlo il padrone di Karl, ma come ogni dialettica servo-padrone, egli non libero. La
libert appartiene invece a Carlo secondo, ed anomala e non classificabile in quanto
vive al di fuori del conformismo della ragione. Proprio in virt di questa condizione,ogni
azione volgare eseguita dal servo lecita, poich svincolata dal sociale e quindi dal
perbenismo borghese:
Ci che lo protegge il non possedere niente e il non appartenere a niente.
La determinazione apportata dalla sfera professionale non viene recepita da Karl. La
cosiddetta lotta di classe che tormenta lanima di Carlo procurandogli conflitti e dilemmi
esistenziali non ha nessun riscontro su Carlo secondo, entit avulsa dal dramma del suo
padrone; padrone a sua volta profondamente dipendente dal suo servo in quanto unica
valvola di vita.
NellAppunto 6b il lettore viene avvisato dellirragionevolezza che impera allinterno del
testo, un testo che non rimanda a una realt definita, ma solo e solo a se stesso. Dunque
la logica interna del romanzo si crea da s e non risponde a nessuna regola narrativa,
determinandosi col puro e semplice accumularsi della materia.
9

Un testo illogico presuppone dunque anche linconsistenza dei personaggi, immaginari


come immaginario lambito del potere, sconosciuto ai cittadini come allo scrittore stesso:
Per la verit la mia totale inesperienza di ogni ambiente che si collochi nello spazio del
potere, impedisce addirittura a me stesso di immaginare la strada, ledificio,
lappartamento dove la riunione cos importante per il destino del mio protagonista si
svolga. Mi difficile immaginare anche i tipi fisici dei personaggi che si radunano,
discutono il caso di Carlo ecc.
I personaggi ombrosi si riuniscono dunque in un appartamento immaginario decidendo
allunanimit di pedinare Carlo, o meglio la parte demoniaco-sessuale. Si tratta di un
espediente narrativo per giustificare il cambiamento drastico di registro linguistico al
quale assistiremo.
Viene dunque incaricato un picciotto, un ragazzo di chiare origini meridionali che lautore
chiamer Pasquale:
() un giovane sui trentanni con la nuca oblunga, i capelli fitti corti e neri, il viso molto
bruno, quasi arabo, un profilo numismatico, sensuale, quasi da adolescente ()
LAppunto 6 ter vede Carlo prendere il treno che lo porter a Torino, la citt natale nella
quale manifesta laltro uomo che porta dentro e che trascende i limiti della morale
(borghese e non) elevando il linguaggio dellautore allacme della violenza narrativa.
Tra paesaggi catastrofici e selvaggi, egli sembra essere uno di quei pochi eletti coscienti
del cambiamento drastico che colpir lItalia da l a pochi anni, quando londa del
neocapitalismo sovvertir il sistema sfigurando paesi, citt e uomini:
In quel Maggio della fine degli Anni Cinquanta, lItalia ancora intatta, e soltanto gli spiriti
critici notano, con un giudizio negativo dal quale sentivano gratificato il proprio narcisismo,
i primi indizi della nuova epoca che sta per deturpare per leternit le vecchie citt e le
vecchie campagne. La delicatezza di Carlo lo classificava per naturale diritto tra questi
eletti ()
Monitorare Carlo semplicissimo: egli non si cura minimamente di nascondere o rivelare
la sua vera identit (se di identit possiamo parlare).
Nella sua dissociazione non riscontra alcun conflitto e niente immorale per lui. Si
concede ai pi lussuriosi piaceri della carne e non sente neanche la repressione del
Potere (che lo Stato), che accetta e al quale non si ribella. Rimedia al suo disordine
interiore e naturale optando per la via dellordine, quellordine borghese di default che
una consuetudine del mondo civilizzato.
Siamo al di l del conflitto interiore primo-novecentesco: la scissione (diventata
frantumazione) non genera pi alcuna sofferenza, si trasformata in accettazione.
La compostezza danimo di Carlo non d filo da torcere a Pasquale, perch il nostro
protagonista non sospetta di essere spiato, e anche se ne fosse a conoscenza, ci non
costituirebbe un problema:
Pasquale Bucciarelli, al suo primo incarico importante, non si trova dunque di fronte a
difficolt particolari: per lui quasi un giochetto. Gli andata bene. Potr far bella figura
con i suoi capi, porre xxx xxx per la sua carriera, pregustando gi, nel suo cuore
impenetrabile, le gioie che questa gli avrebbe procurato, soldi, macchina, donne, e tutti
quei beni che uomini come Carlo si godono con tanta naturalezza e incoscienza.

10

DellAppunto 6 quinquies, intitolato Due parole su questo Pasquale, ci rimane solo il


titolo, mentre nel successivo assistiamo al viaggio di ritorno del picciotto da Torino verso
Roma. Questo servo dello Stato stragista ha dettagliatamente riportato in un verbale tutti i
movimenti di Carlo a Torino:
Dentro quella valigia, cera il tesoro di Pasquale, cio il suo verbale. Durante tutto quel
periodo, infatti, egli aveva appuntato in un linguaggio preciso, burocratico,
contemporaneamente prolisso e essenziale, tutto ci che aveva scoperto nella vita di
Carlo. Era quel verbale che egli avrebbe offerto, come un vero e proprio capolavoro di
solerzia e obbedienza, ai suoi capi.
Addormentatosi durante il viaggio, Pasquale si sveglia a Roma alle prime luci dellalba. Ma
la sua valigia non c pi, e sul tema del verbale rubato, lautore si pronuncia
chiaramente:
Riferire ci che fece Carlo nel suo soggiorno a Torino, desumendolo dal verbale di
Pasquale avrebbe fatalmente fatto pendere lequilibrio del racconto dalla parte della
leggibilit. Invece il mio dovere di scrittore quello di fondare ex novo la mia scrittura: e
ci non per partito preso, anzi, per una vera e propria coazione a cui non posso in alcun
modo oppormi. Anche se io non lavessi deciso e voluto, questo scritto doveva per forza
essere anche se magari lessicamente e formalmente un nuovo ludo: tutto in esso
greve allegoria, quasi medioevale (appunto illeggibile). Non posso venir meno a questo
assunto. E il lettore mi perdoni se lo annoio con queste cose: ma io vivo la genesi del mio
libro.
Lintento non-narrativo di Pasolini evidente: il romanzo cresce con lidea, e questultima
non esiste al di fuori della scrittura stessa.

11

Parte seconda
Carlo a Torino: lesasperazione del sesso
Con lAppunto 7 Pasolini comincia a mettere alla prova il lettore. Il livello di crudezza e la
libert cos radicale nella rappresentazione narrativa della perversione sessuale rendono
queste tra le pagine pi turpi e sovversive della nostra letteratura.
Limpatto forte, il realismo inquietante, il registro estremo. Niente potrebbe
scomporre maggiormente il lettore, soprattutto per limprevedibilit stilistica della scrittura.
LAppunto 19, chiamato Consuntivo, una summa dellesperienza di Carlo a Torino
secondo gli occhi rozzi di Pasquale:
Tutto questo stato da me riferito, con molta difficolt, come visto da Pasquale, e cio
attraverso il suo verbale. Ora Pasquale aveva finito il suo compito. E noi possiamo
liberarci di lui e della sua restrizione linguistica. Perch, sia subito chiaro, Carlo avrebbe
continuato per tutti i seguenti anni e decenni a comportarsi come si era comportato in quel
ritorno alla sua citt natale: e ancora peggio.
Carlo ha rapporti sessuali completi con tutte le donne di Villa Valletti: la madre, le sorelle,
la nonna, lamica della nonna, con la serva e la figlia quattordicenne, con ventiquattro
minorenni, con una dozzina di donne cinquantenni dalto borgo. Fanatico della
masturbazione, ossessionato dalle esibizioni in pubblico e in privato.
LAppunto 7 distoglie per un attimo lattenzione del lettorei con i versi del Tot Merumeni di
Gozzano nellincipit (ripresi anche nellAppunto successivo), autore citato spesso in
Petrolio (risale a quegli anni la recensione ledizione delle sue poesie curata da
Sanguineti). Nello stesso incipit dellAppunto in questione troviamo anche alcuni versi della
Signorina Felicita, supporto alla descrizione della villa nel Canavese appartenente alla
famiglia Valletti, che apparentemente aulica nel ricordo, viene bruscamente interrotta dal
drastico cambiamento di registro linguistico, dora in poi violento e carnale come mai nella
storia della nostra letteratura.
Emma, la madre di Carlo, viene dipinta in tutta la sua sensualit di donna cinquantenne e
ancora piacente; mentre questa vacca dai fianchi enormi si prepara per recarsi a una
festa, il nostro viscido protagonista trentacinquenne la sorprende da dietro, costringendola
al rapporto incestuoso:
Emma si concentra sul trucco, e si passa della cipria sul viso: Carlo si china sul suo collo
e le d un altro bacio; non solo, ma le lecca la schiena. Emma dice: Ma cosa fai?, come
una qualsiasi ragazza o puttana. Carlo le risponde ( il colmo): Sta zitta, mamma. Lei
sta zitta e ricomincia con la sua cipria. Naturalmente non sta succedendo niente. Gli occhi,
per, non li comanda lei, ed essi si abbassano di nuovo sullo specchio e vedono, senza
possibilit di equivoci: il pene di Carlo, dritto fuori dai calzoni, teso, duro, puntato verso di
lei. Emma allora si spaventa, e fa per alzarsi dallo sgabello su cui sta seduta e discinta.
Carlo non si oppone, ma quando lei in piedi, la prende sotto le ascelle e la spinge verso
il letto. () Carlo riesce a buttarla sul letto e a montarle sopra, dopo averle strappato le
mutande.
Non sar lunica esperienza sessuale con la madre; Carlo tiene questo atteggiamento ogni
volta che si reca a Torino, ambiguo nido familiare che gli permette di ritrovare se stesso.
NellAppunto 8, Pasolini cerca di chiarire ci che succeder dora in poi:

12

Dopo un simile esordio, tutto quello che Carlo destinato a fare in quella villa del
Canavese e nella vicina Torino non potr che impallidire al confronto.
E il turno della nuova cameriera, rozza nei modi e con un fare elefantesco tipico da
massaia. Mentre la donna gli serve il pranzo, Carlo si sbottona i calzoni e afferra il fallo
con violenza: pronto per una delle molteplici esibizioni sessuali. E mentre si masturba
fissandola e costringendola a rispondere a domande su figli e famiglia, Carlo si concentra
sul pensiero di Viola, la figlia quattordicenne della serva, raggiungendo rapidamente
leiaculazione. Sporco del suo seme, si alza dalla tavola per dirigersi in stanza.
Lossessione per il sesso e la sua visione distorta e perversa di esso non lo abbandonano
mai durante il soggiorno nel Canavese:
Lunica sua preoccupazione era quella tremendamente piacevole di soddisfare il sesso:
quello che stringeva nel pugno, e tutto il resto.
Vuoto e stanco, Carlo si riaddormenta. Ma lossessione morbosa per il sesso lo tormenta,
e sentendo delle voci provenire dalla finestra, si sveglia e si reca a guardare:
Sempre stringendosi il membro Carlo si alz, sentendo fuori delle voci () A parlare,
vociando, erano le tre sorelle di Carlo, Chiara, Natalia e Emilia. Con loro cera una
bambina di tredici quattordici anni, che esse chiamavano Viola: era quindi la figlia della
serva. Carlo, guardando tutte quelle donne, si strinse ancora pi forte il sesso tra i
pantaloni slacciati, preso dallangoscia.
A un certo punto il giardino si svuota e Carlo, agonizzante nella sua condizione, si rimette
a letto riprendendo la masturbazione grazie al pensiero eccitante della madre. Incapace di
non pensare alla sua fissazione morbosa e ossessiva, cerca di distrarsi pensando
allimmenso patrimonio familiare:
Disturbato da quei pensieri che non lo riguardavano, Carlo si abbotton i calzoni, e senza
cambiarsi n lavarsi usc.
Alla sera, nei cessi di casa Oddone, in occasione di unulteriore festa mondana, Carlo e
la madre consumano lennesimo rapporto. La foga con cui Carlo penetra la madre
assolutamente innaturale:
L dentro la puzza di urina femminile era veramente acuta. Cosa vuoi disse Emma. Era
una donna avanzata, conosceva Freud attraverso i libri di divulgazione degli psicanalisti
italiani: ma ci che le capitava era fuori dai limiti. Certamente pensava che suo figlio era
pazzo a fare quelle cose che a lui, invece, parevano tanto naturali. Taci, puttana egli le
rispose.
Chiara Valletti invece la sorella pi giovane, nonch quella che accende pi di tutte le
perversioni sessuali di Carlo. Le tre sorelle erano grossolane e umili nei modi, quasi
appartenessero a unaltra famiglia o, ancor peggio, avessero riconosciuto il degrado di
certa borghesia:
Finirono collevitare i luoghi mondani frequentati dalla madre. In principio per istintiva
timidezza, sentendosi appunto non cos lavorate dalla condizione sociale come le loro
amiche, che con quella condizione sociale si erano identificate. Poi perch finirono col
sentirsene escluse e indegne. Si risarcirono assumendo appunto un modo di fare
13

sbrigativo, privo di debolezze femminili, un po rude e maschio, che sostituisse la grazia


con la praticit e il comportamento mondano con cultura.
La genuinit delle sorelle e la loro benevolenza verso le classi meno agiate (Viola, la figlia
della serva, sempre con loro) fanno di loro delle perfette socialiste. Anche la madre,
nonostante la mondanit, frequentava lambiente culturale comunista. Questo un tema
delicato per Pasolini, ossessionato dagli atteggiamenti fascisti di certi perbenisti di sinistra,
sia in politica che nella vita. Vedremo pi avanti che molti degli individui appartenenti
allEni assumeranno atteggiamenti in totale antitesi con la loro condizione di uomini della
Resistenza durante il secondo conflitto mondiale.
Carlo, nella speranza di realizzare ogni suo desiderio di depravazione, durante il suo
soggiorno a Torino si reca spesso alla stazione attendendo qualche minorenne ignara
della realt sessuale che lo noti. Alla vista di una bambina, lansia di esibirsi gli corrode
anima e corpo:
Quei suoi occhi dovranno pure alzarsi e posarsi prima su Carlo e poi sul suo grembo. Se
ci non dovesse accadere Carlo potrebbe anche morire a causa della tensione che gli sta
spezzando i nervi, che lo rende gi mezzo morto. Nel tempo stesso, questo suo dolore di
agonizzante che aspetta di essere restituito alla vita da uno sguardo, una gioia immensa
che riempie come una luce tutta la stazione, in quella malinconica ora crepuscolare.
La gioia nellangoscia che Carlo prova quando rischia di non essere visto, genera un misto
di sentimenti che trascendono lumano avvicinandosi a una sorta di estasi demoniaca. Non
esiste realt al di fuori di questa per lui: tutto si riduce a quellimpeto ingovernabile.
Quando fallisce o non riesce nella sua esibizione, riesce a notare le circostanze ambientali
e sociali, e lo sconforto aumenta. Il pensiero della morale, di Dio e del conformismo
sociale prendono il sopravvento generando desiderio di morte.
LAppunto 10 bis comincia con gli ultimi due versi del sonetto 129 di Shakespeare (ripreso
anche nellAppunto successivo):
All this the world well knows yet none knows well,
To shun the heaven that leads men to this hell
Si pu evitare linferno che conduce gli uomini a questo paradiso?
Carlo afflitto e angosciato. Il sesso linfa vitale e il non poterne manifestare la potenza
sovrumana genera in lui un senso di vuoto incolmabile.
E cos che si reca nella tenuta familiare, avido, sudato e fremente. Ancora la luce, con la
sua funzione emblematica allinterno del romanzo, colpisce i suoi sensi accecandolo. In
villa non trova nessuno, il bisogno di esibirsi sessualmente talmente forte che potrebbe
costargli la vita.
La serva gli comunica che le sorelle si trovano dalla nonna e Carlo, solo nella gioia della
meta sessuale, si incammina verso la serenit paradisiaca dellincipit dellAppunto:
Carlo, sanguinante per la ferita che la lontananza dei luoghi dove il sesso poteva,
attraverso linferno raggiungere il paradiso, brancolante per la tristezza emanata dalla
luce persistente nellaria, si era aggrappato allunica possibilit di salvezza. Fare con
Chiara (o con Natalia, o con Emilia) ci che faceva con le bambine ai giardini pubblici o
alla stazione. Doveva farlo subito.
Scomparse le sorelle in bici, Carlo si accinge a entrare nel casale della nonna, rimasta
sola con Viola. La luce rossa, malinconica e abbagliante lo perseguita insieme al tormento,
fino a scomparire con esso nel momento in cui lanziana donna lo invita a rimanere a
14

cena. Carlo, vincente nel suo piano diabolicamente perverso, pervaso da un sentimento
di pace assoluta:
Ormai era proprio notte; la luce era scomparsa, lasciando il posto a un buio innaturale.
Non cera alcuna illuminazione pubblica, intorno, per molti chilometri, e non si era ancora
alzata la luna. Restavano le stelle. Le stupende stelle della giovinezza, ch poi non si
guardano quasi pi, mentre esse continuano a splendere, con la loro luce granulosa e
inquieta, pur nella suprema calma. Il loro tremolio insistente era come un linguaggio. E ad
esso si aggiunge di colpo il linguaggio, fraterno, del concerto dei grilli, vicino e
infinitamente lontano. Tutti due quei linguaggi parevano voler ripetere senza sosta un
concetto solo, ma inesauribile: sarebbe stato troppo facile pensare chesso alludesse alla
tristezza e alla morte; era qualcosa di ben di pi: era un sapere puro, un pensiero
estremamente significativo, ma senza oggetto. Carlo non se ne fece un problema; fu solo
felice di godere per qualche istante quel fitto incombere del firmamento su di lui. Non
gliene importava niente; non era che contorno, sublime contorno.
E luce relativa, trascendentale. Non c mito n simbolismo, tutto ridotto alla realt
sessuale del protagonista.
Viola stata portata via dal casale da suo padre e la nonna Emilia e Carlo si ritrovano
ubriachi davanti un Barolo di collezione privata.
La donna, nellubriachezza, dimostra le chiari origini volgari di proprietaria terriera rozza
come i suoi braccianti. Parla di Shakespeare, nientaltro se non una maniera banale di
nascondere la sua provenienza:
Bifolca o accademica dotata del miglior tipo di sapere, umanistico e filologico, proprio
quello del buon tempo antico, la nonna era contemporaneamente anche una terza cosa:
era una piccola borghese, una qualsiasi Bovary soddisfatta. Ed era quello il peggior
ostacolo al disegno di Carlo. Ma per fortuna era ormai completamente ubriaca.
Stavolta tutto pi semplice, nessun tipo di angoscia tormenta il protagonista nel
compimento del suo piano. Tutto si svolge con assoluta libert e impudicizia: Carlo si
sbottona, si masturba ed eiacula sulla donna, macchiando quel suo bel vestito bianco di
vecchia.
Una volta lasciata la tenuta di Emilia, il nipote si dirige verso casa Valletti. E soddisfatto e
pronto per lennesima masturbazione che culminer nel solito sonno profondo e
improvviso.
NellAppunto 17 Pasolini ci racconta un sogno del protagonista non verbalizzato da
Pasquale. Carlo legato nudo a una Ruota enorme sospesa nel vuoto cosmico, la quale
gira portandolo sempre allo stesso punto, un punto non percettibile nello spazio
inconsistente della materia onirica. Nel perno della Ruota vede un groviglio di due
serpenti. Al giro successivo, Carlo vede i due serpenti separarsi e giacere nel suolo (un
suolo anche questo di non-materia) come senza vita. Al loro posto vede una donna
dallaspetto selvaggio, come se si trovasse allo stato brado. Dal suo ventre piccolo pende
un fallo molle, mentre un uomo dalle dimensioni incredibilmente piccole (forse un nano) le
sta accanto, nudo e con il membro scoperto. Allaltezza inguinale un solco profondo, una
ferita scura e decisa. E una vulva. Al giro successivo tutti i personaggi scompaiono:
rimane Carlo, ma morto e il suo corpo si indurito fino a pietrificarsi. Un coro avverte
Carlo che quella era la gioia per eccellenza. Un altro giro e quel corpo marmoreo si
trasforma in un fallo gigante, affiancato da un vecchio santo con la barba bianca e gli occhi
da buono. Lennesimo giro e sul perno della Ruota compare un ragazzo in riva al mare
spinto da quelluomo su di una barca che partir e andr lontano da l. Il coro dice a Carlo
che egli nato per la seconda volta.
15

Ancora un altro giro e sul perno c il padre di Carlo accompagnato da un uomo senza
volto ma con un sesso scuro e imponente.
Da questo momento il sogno non pi ambientato nel cosmo vuoto, ma in un deserto nel
quale sta per sorgere il sole: due uomini arrivano da due parti opposte e si incontrano:
diffidano luno dallaltro ma poi si stringono la mano. Ed ecco arrivare altri giovani uomini
nudi e col fallo scoperto, grande e imponente. Bevono vino e il coro avvisa Carlo che sono
tutti fratelli e orfani, provocandogli un dolore lancinante e indescrivibile. E la fine del
sogno:
In quel momento egli si svegli. Ma per un attimo il sogno continu anche nella veglia:
lattimo necessario perch egli avesse coscienza (una coscienza suggerita, da lontananze
ormai indescrivibili, dal coro) che tra quei fratelli stava sopravvenendo un nuovo
personaggio, qualcosa come un Diavolo, uno Spirito del Male, fornito addirittura da un
nome, Polis o qualcosa di simile ().
Il giorno seguente, a tavola, la famiglia al completo assieme al padre. Carlo lo fissa e
ricorda un altro spezzone del sogno nel quale il coro lo avvisa che egli ritorner in quel
punto del Giro, che non il punto di prima bens la parte bassa, quella dellabisso
cosmico. Ed qui che Carlo riceve lilluminazione: prima o poi avrebbe dovuto subire, da
parte di individui del suo stesso sesso, la stessa brutalit corporale che aveva inflitto alle
sue vittime.
Limpero dei Troya
Siamo a Roma, di nuovo. Sotto il sole accecante della fiera di Porta Portese e un certo
letterato veneto dal cognome in -on si muove tra la folla delle bancarelle. Viene attratto
da una valigetta piena di libri, gli stessi di quella rubata nel treno che portava Carlo a
Torino. E l cera anche il verbale di Pasquale:
Lintellettuale cominci a scorrerlo un po divertito, mentre l sotto, accucciati accanto alla
loro roba, i tre napoletani silenziosi, nella loro eccitata beatitudine, lo sbirciavano
aspettando le sue decisioni ()
A questo misterioso inciso segue lAppunto 20, decisivo per la separazione dei due
protagonisti. Il focus si sposta infatti sulla carriera di Carlo primo e sui misfatti dellEni,
provocando cos lennesimo cambio di registro, sia linguistico che tematico.
Entrano in scena Guido Casalegno, compagno di liceo del protagonista e segretario di
Enrico Bonocore, presidente dellente petrolifero (stiamo parlando di Enrico Mattei), e
soprattutto Aldo Troya, personaggio chiave del romanzo facilmente assimilabile alla figura
di Eugenio Cefis, colui che, alla vicepresidenza dellEni, verr identificato come il
mandante dellomicidio del presidente Mattei, uomo onesto e disposto a cambiare le
regole del gioco capitalistico delloro nero, tratto peculiare che gli coster la vita.
Guido Casalegno, coetaneo di Carlo e uomo intraprendente anche se fondamentalmente
onesto, un tuttofare nel senso letterale del termine
() era quindi il Casalegno () a firmare il corriere ordinario per Enrico Bonocore:
siglando per esteso, con ammirevole imitazione della firma originale del Capo. In
conseguenza di tale sua sconfinata pazienza manuale, Guido Casalegno, occupava
presentemente la carica che abbiamo detto: oltre a essere Dirigente Amministrativo della
Snam, e direttore della divisione Segisa, controllando cos amministrativamente e
16

finanziariamente il Giorno: ed era entrato a fare parte della piccola fluttuante oligarchia
del cosiddetto impero dei Troya.
Ecco che allora Carlo e Guido si dirigono assieme verso il salotto della Sig.ra F., la cui
identit viene svelata dallautore nellAppunto 22f. Si tratta di una borghese appartenente
allelite romana, la quale
investiva la sua intraprendenza in imprese culturali. Non soltanto organizzava quasi
settimanalmente dei Ricevimenti (come lattuale) in cui si incontravano letterati, giornalisti,
scienziati e uomini politici, ma si dava anche a una certa attivit pi specifica: una piccola
scuola e laboratorio teatrale, un centro di ricerche audiovisive. Per questo la F. aveva
bisogno di finanziamenti, sia pur minimi: qualche milioncino: diciamo una ventina di milioni
in tutto lanno.
I soldi di cui ho appena accennato erano garantiti in via amichevole dallEni (si trattava di
fondi abbastanza corposi), il cui entourage era formato da uomini di sinistra insospettabili
perch attivi durante la fase della Resistenza: erano i nuovi fascisti, alcuni membri del
governo, altri no.
Ma torniamo allAppunto 20, che in qualche modo rappresenta linizio di quellagonia che
porter Pasolini alla morte. Comincia qui la sequela infinita di nomi, societ e giornali, tutti
protagonisti di una trama talmente torbida che non trova chiarezza neppure oggi, a
distanza di trentanni.
LEni il topos del potere e la stampa diventa il mezzo primario della disinformazione:
Cera stato in quegli anni () un oscuro spostarsi di pedine in un settore importante per
un organismo di potere, statale e insieme non statale, comera lEni: il settore della
stampa. Per esempio, edito dalla Nuova Editoriale Italiana Spa, usciva a Milano nuovo
Avvenire, nato dalla fusione tra il quotidiano cattolico bolognese e lomonimo quotidiano
lombardo. LEni aveva una particolare predilezione per questo giornale, che non si
limitava a privilegi pubblicitari. Gli stipendi dei redattori e dei collaboratori vennero
talmente aumentati da suscitare linvidia del Corriere della sera () Il presidente della
Nuova Editoriale Italiana Spa diventa uno dei massimi dirigenti dellEni, Ettore Zolla: costui
, soprattutto, uomo di fiducia di Troya.
Guido Casalegno viene nominato vicepresidente della Nuova Editoriale Italiana Spa,
diventando cos uno dei personaggi principali dellimpero dei Troya.
La potenza dellamico suscita in Carlo ammirazione e disprezzo al contempo, sentimenti
necessari per linizio di una scalata sociale. Egli si finalmente liberato di Karl (o almeno
crede), ovvero di quellalter ego che gli impediva di crescere socialmente, confinandolo a
una vita parallela alla sua in grado di trascendere il concetto stesso di libert. Scisso
consapevolmente una volta per tutte, Carlo pu cominciare la sua ascesa.
Eccoci cos al rinomatissimo Appunto 21, Lampi sullEni, scritto e scomparso
misteriosamente dopo la morte dello scrittore. La prova filologica dellesistenza di questa
preziosa parte del romanzo ci viene data da Pasolini stesso nellAppunto 22a, riferendosi
esplicitamente alle vicende di Cefis:
ne ho gi fatto cenno nel paragrafo intitolato Lampi sullEni, e ad esso
rimando chi volesse rinfrescarsi la memoria.

17

Aldo Troya, abile cinquantenne dal sorriso stereotipato e ammiccante, decisamente un


sorriso da colpevole (come si legge nellAppunto 22), viene dipinto dallautore in maniera
impietosa:
Infine questo sorriso esprimeva anche un altro messaggio, che un messaggio
essenziale, indispensabile e direi quasi sacro in Italia: Troya, cio, sorridendo
furbescamente, voleva far sapere ininterrottamente, senza soluzione di continuit, e a tutti
che egli era furbo. Quindi che lo si lasciasse andare, per carit, che lui sapeva certe
cose, aveva certi affari urgenti dimportanza nazionale (che un giorno o laltro si
sarebbero saputi), che lui era cos abile e diciamo pure strisciante da cavarsela sempre
nel migliore dei modi e nellinteresse di tutti.
Il ritratto di Aldo Troya gode di una fonte preziosa e indiscutibile: il libro di Steimetz, di cui
abbiamo gi parlato nella parte introduttiva.
Singolare la descrizione fisica del presidente, che rimanda pi alla figura di Giulio
Andreotti che a quella di Cefis individuo. Rispetto al libro del misterioso pseudonimo,
cambia il luogo di nascita di Troya, ma non la data: Sacile invece di Cividale, paesini
entrambi della provincia di Udine. Luso di una vecchia auto non intestata a lui e la volgare
collezione di oggetti in ceramica bianca rimandano direttamente alla fonte. La somiglianza
di questi piccoli soprammobili a delle lapidi marmoree sembra quasi metafora della
freddezza omicida delluomo, mandante certo dellattentato di Mattei e del giornalista De
Mauro:
e si sapeva anche che faceva raccolta di oggetti in ceramica bianca (cosa che dava laria
di piccoli cimiteri a certi tavolini, non certo pezzi rari dantiquariato, della sua casa e anche
del suo ufficio).
Bonocore e Troya sono uomini della Resistenza, questo un fatto noto. Ci che non fu
mai chiarito riguarda la scomparsa del generale Alfredo Di Dio, al comando della Divisione
Patrioti nel novarese, morto in circostanze torbide proprio nei giorni in cui Cefis abbandon
il reparto della formazione partigiana di cui era capo Mattei per entrare a far parte della
Divisione di Di Dio:
Cera una formazione mista degasperiana e repubblicana (il misto cominci subito, come
si vede) che lottava sui monti della Brianza ()
Il riferimento chiaro ma il passaggio narrativo a tratti incomprensibile. Ci pertiene alla
frammentariet del testo e Pasolini non esita a ricordarcelo:
Il mio non un romanzo a schidionata, ma a brulichio e quindi comprensibile che il
lettore resti un po disorientato.
Circolavano voci autorevoli gi allinizio degli anni 70, secondo le quali Cefis avrebbe
saputo e mai rivelato i contorni della scomparsa del comandante palermitano. Da Giorgio
Galli a Eugenio Scalfari vennero lanciate aperte accuse allambiguo vicepresidente.
LAppunto 21 avrebbe dunque svelato il passato partigiano di Cefis, ma ci che ci rimane
una pagina tristemente bianca sormontata da un titolo.
LAppunto 22a interessante nellanalisi della condizione di vice di Aldo Troya. Come fu
secondo nella fase della Resistenza dietro il comandante Bonocore, continua ad esserlo
allinterno dellente petrolifero, mantenendo una posizione di controllo non ufficiale che gli
permette di muoversi come vuole:

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In qualit di secondo (vicecomandante o vicepresidente), la sua tendenza ascetica a


realizzare si attuava molto meglio. Probabilmente egli non lo calcolava, ma si limitava
semplicemente ad ammassare e costruire il proprio destino secondo la propria natura. Egli
non avanzava, accumulava. Non saliva, si espandeva. Sarebbe troppo lungo, e per me,
poi, impossibile, seguire tutta la lenta storia (due decenni) di questa accumulazione e di
questa espansione. Mi limiter dunque a dare un panorama, quale poteva presentarsi a
un osservatore nel momento della nostra storia. Le incongruenze tra il carattere grigio e
ascetico di Troya, con il finto ritratto fisico che ne ho dato: ma ci fa parte del brulichio, o
vortice, che la figura strutturale del mio raccontare; e il lettore deve prenderlo come un
divertimento.
Gli Appunti 22a, 22b, 22c e 22d sono esclusivamente dedicati allimpero privato di
Troya e della sua famiglia. La fonte ancora il libro di Steimetz, oro colato per le ricerche
di Pasolini sullonorato presidente.
Il fratello Alberto Cefis, nel romanzo Ivan Troya, gestiva piantagioni in America (dal
Canada allArgentina), mentre Amelia Gervasoni, cognata di Aldo e sua prestanome,
richiama la signora Righi del libro di Steimetz, cognata di Cefis e intestataria di una
Societ Immobiliari e Partecipazioni alla quale facevano capo altre otto societ, i cui nomi
costituiscono chiari rimandi a societ realmente esistenti elencate da Steimetz.
Il personaggio Quirino Troya e le sue attivit alludono invece a quelle che Steimetz
attribuisce ad Alfredo Cefis, detentore di Trevalor, che nel romanzo diventa Pentavalor,
della Sosvic, trasformata in Sosmel, ecc.
La lista interminabile e sarebbe impossibile, anche per lo scrittore stesso, riuscire a dare
un quadro chiaro e sistematico di tutte le attivit oscure della famiglia Cefis; tutta la parte
del romanzo concernente il reame di Troya incentrata sul gioco allusivo di nomi e societ
reali tratti dalla fonte Steimetz, volutamente storpiati a fini narrativi (se di fini narrativi si
pu parlare).
E letteralmente impossibile comprendere questa e altre parti del testo, ma ci rispecchia,
in tutta la sua fluvialit, lintento non-narrativo del nostro meta romanzo:
De Sade minsegna che non bisogna esigere troppo dal lettore
Negli Appunti 22f, 22g, 22h, 22i e 23 la protagonista la napoletana Signora F., di cui si
gi parlato precedentemente. Ci si chiede da dove provengano i soldi che finanziano le
sue discutibili attivit e a tal fine Pasolini inserisce un grafico, (chiamato puzzle) spiegato
dettagliatamente nellAppunto 22i:
Il lettore dunque osservi questo grafico. I rettangoli che rappresentano le varie Societ, o
Enti dellimpero di Troya sono tratteggiati: il tratteggio significa cifra, cio, nella fattispecie,
capitale sociale, dichiarato e reale. Lultimo rettangolino tratteggiato solo a met. Si
tratta delle Iniziative culturali della Sig.ra F., della cui consistenza finanziaria ci nota
appunto soltanto una met.
Il passaggio oscuro, non si riesce bene a estrapolarne il contenuto; daltronde, proprio
lilleggibilit la chiave di lettura del testo.
Proseguendo, gli Appunti 20-30, mancanti, mai scritti o magari vuoti per lirrazionale
motivo stilistico del romanzo, contengono delle bozze , alcune elaborate, altre no. E
interessante tuttavia la nota nella quale si accenna alla Visione della strage che
analizzeremo a breve:
- In ambedue i delitti Carlo prende parte attiva:
19

nel I Blocco incoscientemente ( in un abnorme rapporto fra lIo e lEs) diventando membro
attivo del complotto
nel II Blocco allucinatoriamente (facendo esplodere la bomba appunto visionaria alla
stazione di Torino)
(16 ott. 1974)
A questo inciso enigmatico segue direttamente lAppunto 31, con il quale lautore ci
avverte esplicitamente di non provare in alcun modo a dare un quadro psicologico dei
personaggi:
In questo mio racconto su ci devo essere brutalmente esplicito la psicologia
sostituita di peso dallideologia. Il lettore dunque non si illuda: egli non si imbatter mai in
quei personaggi che misteriosamente si svolgono e si evolvono,rivelandosi agli altri
protagonisti, e al lettore, man mano che gli avvenimenti di cui sono causa o da cui sono
giocati li costringono a una drammatica coerenza.
E chiaro lintento demolitore dellauctor Pasolini: il personaggio unentit incontrollabile
che ha perso la coerenza psicologica di cui godeva nella letteratura precedente. E e non
allo stesso tempo, ha perso i contorni che lo caratterizzano abbandonando le dinamiche
spazio-temporali della realt.
Non c corpo e quindi non ci pu essere anima:
Cos questanimo umano? E una presenza; una realt; ecco tutto. Esso incombe
attraverso lindividuo cui appartiene, e su lui, come un suo doppio monumentale e nel
tempo stesso inafferrabile.
Due gruppi di personaggi immaginari percorrono questa parte di romanzo: quelli
appartenenti ai salotti e quelli che spiano la vita di Carlo. Analogie, differenze e rapporti tra
i due verranno chiariti nel corso della lettura. O forse no.
Appunto 32: finalmente giungiamo al ricevimento che vedr lassunzione di Carlo
allinterno dellente petrolifero nazionale e lincarico burocratico assegnatogli che implica
un viaggio in Oriente (viaggio reale e mistico, come vedremo pi avanti).
In quellequivoca dimora borghese tra i Parioli e Villa Glori, si muovono i nostri personaggi
immaginari, longevi detentori del potere circondati da menti giovani pronte per essere
addestrate e introdotte nelloblio del potere (statale e non):
Mi commuove quella certa ingenuit in cui cose del genere erano vissute da uomini
giovani come Carlo. E mi commuove anche lingenuit pervicace, incallita, mostruosa con
cui le vivevano dei vecchi gi allora cadenti e ora decrepiti; oppure uomini e donne
soltanto anziani, ma nel pieno dellattivit professionale, al culmine del potere sociale.
Segnati profondamente nei lardi, o tirati da infauste magrezze, essi tutti ci credevano. Ci
credevano come ci credevano dei morti.
E sconcertante lattualit dellultima scrittura pasoliniana: quei personaggi immaginari
sono gli stessi di quelli che potrei immaginare io adesso, nel 2012.
Torna la luce, la cui funzione narrativa non mai definita: torna per illuminare quei morti
coi sorrisi incollati sulle labbra:
Lo sfavillare della luce, come di una nave ancorata in un porto buio ma in festa, si
mecolava alla luce di quella verit cos profondamente e sinceramente vissuta: e il rosso
di certi velluti o carte da parati, il verde del vestito pi audace di qualche signora, il
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luccichio degli ori e delle perle: tutto resta l, in quellangolo vivente di un mondo di
defunti.
E la prima volta che Carlo entra in contatto con questa dimensione parallela. Con lui ci
sono altri intellettuali, anche quello dal cognome contadino in on, figura creata su
quella reale di Ferdinando Camon, gi incontrato precedentemente alla fiera di Porta
Portese; un intellettuale inquieto (chiaro il richiamo ad Alberto Moravia) e un altro
aggressivo, quasi un alter ego dellautore stesso; un membro del Comitato centrale del Pci
(sicuramente Antonello Trombadori) e un politico la cui descrizione non genera alcun
dubbio, si tratta di Giulio Andreotti:
Cera anche un uomo politico era ministro da dieci anni e poi lo sarebbe stato per altri
quindici seduto su una poltroncina rossa, con un viso tondo di gatto ritratto tra le spalle,
come non avesse collo o fosse un po rachitico: la fronte grossa di intellettuale era in
contrasto col suo sorriso furbo, che aveva qualcosa di indecente: voleva cio manifestare,
con furberia e degradazione, la coscienza della propria furberia e degradazione.
Tra questi personaggi immaginari c anche il perno dirigenziale dellEni, affiancato da
coloro i quali avevano posto tutte le loro attenzioni su Carlo, che si trovava l, con
quellaria provinciale e disorientata di chi non conosce:
Carlo era l, presente-assente, deferente, autorevole. La prova per lassunzione di un
grande Ente come lEni, che, come abbiamo visto, era tuttaltro che una semplice azienda,
sia pure di Stato, era quasi puramente formale: si trattava di un incarico, di carattere
burocratico, che prevedeva un viaggio in Oriente.
LAppunto 34 bis, Prima fiaba sul Potere (dal Progetto), inserito tra la parte dedicata
agli incontri nei salotti della Sig.ra F. e lAppunto 34 ter, intitolato Fine del ricevimento e
costituito solo da una nota che analizzeremo tra poco ma che non venne mai elaborata
dallautore.
Proprio per la posizione dellAppunto e per il cambiamento improvviso del punto di vista
del narratore, si suppone che laffabulatore, incaricato di raccontare la storia di un
intellettuale di cui non vuole svelare lidentit, sia uno degli ospiti della signorotta dei
Parioli.
Lintellettuale in questione un trentacinquenne provinciale, tondo e giallastro. La sua
descrizione fisica mette in difficolt il lettore, che cerca invano di dargli un volto a causa
dellabitudine a una lettura logica e sistematica. Petrolio tutto fuorch questo, dunque
perch porci interrogativi del genere?
Di questuomo, lunica notizia funzionale al racconto la sua nevrosi (degenerata in
ordinaria pazzia) e lobiettivo che lha condotto a questa, il Potere:
Non essendo ancora una persona in vista, nessuno se ne accorgeva: ma in realt egli
era un repellente mostro di passionale servilismo. Sarebbe stato capace delle azioni pi
abbiette pur di ottenere il favore di una persona. Nel tempo stesso, coltivava anche il mito
della propria innocenza. Il fatto che il suo desiderio di affermarsi e di avanzare
apparteneva allordine dei desideri clinicamente ansiosi: ed era dunque la malattia che
provvedeva a preservare linnocenza, come primitiva condizione di grazia, giustificando
contemporaneamente tutte le povere infrazioni ad essa.
La nevrosi cronica gli provoca una visione durante la fase di dormiveglia: il Diavolo,
pronto ad aiutarlo nella conquista del Potere, unico scopo della sua anonima vita. Tra i
tanti mezzi a disposizione per raggiungere lobiettivo, lIntellettuale sceglie la via della
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santit, e il Diavolo l, pronto ad accontentarlo. Il giorno dopo gi un santo cattolico:


rinuncia ai beni materiali del mondo, si rifugia in un convento e accetta la castit come
condizione essenziale della sua nuova esistenza. Cos comincia lascesa, prima attraverso
il prestigio, poi mediante la devozione dei cattolici che lo circondano.
Allacme della fama, il nostro Intellettuale-Santo (che ha realizzato pure linconciliabilit tra
cattolicesimo di sinistra e Vaticano) cade nella disperazione pi umana, riconoscendo il
Bene che profetizzava come un prodotto del Male e la Verit di cui si faceva portavoce
come prodotto della Menzogna. E mentre cade per terra incosciente mentre il Diavolo gli
apre due stimmate nelle mani, ecco che raggiunge il delirio estatico, arrivando alla visione
di Dio. Questa Forza Luminosa dal volto anonimo, gli confessa linesistenza del Diavolo:
E stato uno Scherzo. Il Diavolo non una persona, ma una maschera. Io me la son
messa sul viso e ti sono apparso, nella miserabile casa della miserabile citt del
miserabile mondo, dove vivi. Dovevo usare il peggiore per farlo diventare il migliore, e di
una arbitraria contraddizione in termini per far trionfare lassenza di contraddizioni. Adesso
va, torna sulla terra; va a testimoniare tutto questo.
Dio avvisa lIntellettuale che il compromesso da accettare perch egli possa godere del
suo perdono quello di non voltarsi indietro per guardarlo, e il Santo accetta il patto senza
esitare:
Ma non aveva fatto una ventina di passi che una curiosit irresistibile si impadron di lui:
fu un nuovo rapimento che lo travolse come un fuscello: non pot, letteralmente,
trattenere una forza che alla cervice lo obbligava a torcersi allindietro e gettare alle sue
spalle un ultimo sguardo su ci che gli era impedito guardare. Il rigurgito dei bassi
sentimenti che, evidentemente, non sono superati da quelli alti, ma continuano a
coesistere con essi fu come una legge della natura: ed egli si volt indietro, un attimo,
un solo attimo.
LIntellettuale-Santo non resiste e, voltandosi, vede il Diavolo; immediatamente si pietrifica
precipitando dal Terzo Cielo, di un marmo mistico composto da uninfinit di materie
sconosciute alluomo.
A questa lautore avrebbe fatto seguire altre storie sul popolo e il potere, cos come si
legge nella nota del maggio 1974:
*seguono le altre storie: il popolo e il potere (comerano fino a prima del 68) e come
cominciarono a non essere pi ()
Linciso fiabesco, apparentemente oscuro e lontano dai limiti della ragione,
perfettamente consono alla poetica del romanzo: in una realt caotica e controversa il
Bene non pu che essere il Male e la Verit non pu che coincidere con la Menzogna.
LAppunto 34 ter, Fine del ricevimento, contiene solo questa nota:
Alla fine del ricevimento riportare frase paziente schizofrenico (Roheim citato da Brown)
Il riferimento alle frasi dellantropologo e psicanalista Geza Roheim che riporta Norman
O. Brown in Corpo damore, romanzo americano anni 60 costruito come un montaggio di
citazioni e utilizzato molto nella stesura di Petrolio.
Diverse espressioni dei pazienti schizofrenici di Roheim sembrano confarsi alla scrittura
dello scartafaccio, e i riferimenti alla nascita anale e alla continua permutabilit di pene e
vagina hanno rispettivamente assunto la funzione di modello per la figura del personaggio
Merda (che incontreremo pi avanti) e per le trasformazioni di Carlo.
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Gli Argonauti
Il ciclo degli Argonauti costituisce certamente la parte pi ostica del romanzo, che
addirittura lautore avrebbe voluto scrivere in greco (o neo-greco) per attenersi alla follia
stilistica dellopera, ovvero quella di costruire una forma durante la scrittura stessa:
Ebbene, queste pagine stampate ma illeggibili vogliono proclamare in modo estremo
ma che si pone come simbolico anche per tutto il resto del libro la mia decisione: che
quella non di scrivere una storia, ma di costruire una forma (come risulter meglio pi
avanti): forma consistente semplicemente in qualcosa di scritto. Non nego che
certamente la cosa migliore sarebbe stata inventare addirittura un alfabeto, magari di
carattere ideografico o geroglifico, e stampare lintero libro cos. Del resto lha fatto
recentemente xxx Michaux (?), disegnandosi lintero libro, riga per riga, in una paziente e
infinita invenzione di segni non alfabetici. Ma la mia formazione culturale e il mio carattere
mi hanno impedito di costruire la mia forma attraverso simili metodi, estremistici, si, ma
anche estremamente noiosi. Ecco perch ho scelto di adoperare, per la mia costruzione
autosufficiente e inutile, dei materiali apparentemente significativi.
Lalfabeto a cui fa riferimento lautore quello di Henri Michaux nelle due opere Alphabet
(1927) e Exorcismes (1943), con le quali lartista belga (la cui opera si pone in relazione
con la corrente surrealista nonostante egli non abbia mai fatto parte del movimento) si
spinse verso la creazione di un alfabeto totalmente reinventato.
Pasolini si limita dunque a riportare il mito nella lingua originaria, compito che non port
mai a termine e di squisita natura neosperimentalista, lasciando un vuoto incolmabile nella
nostra letteratura.
Ma torniamo agli Argonauti, figure della mitologia greca che, al fine di conquistare il vello
doro (il prezioso mantello dorato di pelle dariete in grado di conferire la capacit di volare)
partirono sulla nave Argo, guidati da Giasone.
Sappiamo che il mito sembrerebbe rifarsi ai primi viaggi dei mercanti-marinai proto-greci
alla ricerca doro, secondo la leggenda tramandata da Apollonio Rodio nelle Argonautiche.
Questo viaggio mitico in Oriente diventa per Pasolini metafora perfetta per il viaggio di
Carlo alla ricerca delloro nero, nella fase della sua ascesa allinterno dellEni:
Serie di visioni rifatte sul Mito del Viaggio come iniziazione ecc., miste a visioni
realistiche di viaggi veri (senza nomi o precisazioni, come nei sogni ecc.) - - - scriverlo
tutto in greco (con la traduzione riassunta telegraficamente ma esaurientemente nei titoli
dei paragrafi) - - - Inteso come iniziazione, fondamento del viaggio secondo ma anche
come passaggio di tempo per la maturazione di un tempo politico: larrestarsi della
situazione per la sostituzione di Troya al Presidente dellEni e quindi dellassassinio di
questultimo. Larrivo di Carlo da un sognato viaggio in Oriente lo mette come sognante
automa nelle mani dei sicari.
Gli Appunti 36 36n sono interamente scritti come bozze di un libro a s stante mai
elaborato. Lidea per chiara: lopera, trascritta in greco, avrebbe congiunto dimensione
onirica e dimensione reale, personaggi mitici e politici, linguaggio aulico e turpiloquio.
A mio modesto parere, se questa bozza fosse stata portata a compimento, avrebbe
costituito un capolavoro di letteratura sperimentale senza pari.
Riporto lAppunto 36e, al fine di renderne lidea:

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Meditazione di Orfeo La vera nascita la seconda nascita Limitazione; la nascita


culturale, ? Orfeo Il viaggio vero il secondo viaggio Il primo sonno (nella
caverna, sotto lalbero: tutto dentro il ventre materno) Il secondo viaggio quello vero
perch realistico Non potrebbe esserlo se non avesse le fondamenta di sogno del
primo Noi andiamo sulle tracce di Eracle che ha sognato il nostro viaggio Facciamo
quello che ha fatto Alessandro, e che hanno fatto molti altri Verr il momento che lo
spazio del sogno del viaggio sar saturo Ci sar solo lo spazio del viaggio Noi
forse siamo gli ultimi, e infatti il nostro sogno molto vicino alla realt: alla [banale
mappizzazione] di ogni luogo [Siamo tardi, siamo marci alessandrini, siamo uomini
colti] che chiss come hanno ancora una certa possibilit di iniziazione Morte di Orfeo
(malaria) Sepoltura di Orfeo Allora del crepuscolo nella periferia verso il mare due
giovani appena tornati dal lavoro, stendono fuori dalla casetta sulla sabbia un piccolo
tappeto scolorito Lasciano le scarpe sulla sabbia si siedono a gambe incrociate sul
tappetino e cominciano a suonare due loro strumenti (un tamburo e una specie di
mandolino molto rustico, dalla pancia gonfia e tonda come le navi persiane) sono due
operai, immigrati, molto scuri di pelle; due sudanesi.
(testo greco)
LAppunto 40 sancisce la fine della prima parte del testo inaugurando la seconda (sia ben
chiaro che, essendo lopera incompiuta, non possibile seguire la suddivisione
immaginaria dellautore in tre parti) come la vera e propria essenza del romanzo.
Lincipit dellAppunto costituito da un passo de LABC del leggere di Ezra Pound (1934):
Oscurit e solennit sono del tutto fuori posto nello studio (anche il pi rigoroso) di unarte
intesa originariamente ad allietare il cuore umano:
Gravity, a mysterious carriage of the
body to conceal the defects of the mind
Laurence Sterne
Quanto sono consoni, Gravit e Solennit, al rapporto tra lIo e lEs di Carlo Valletti?
Apparentemente legati, in realt Soggetto e Inconscio del protagonista vivono due
dimensioni distinte e separate:
Dal punto di vista psicanalitico, sia ortodosso che eterodosso, sia freudiano che
junghiano, sia frommiano che lacaniano, tali rapporti sono talmente liberi da poter essere
lecitamente definiti arbitrari, anzi provocatori. Raramente si visto giocare con tanta
disobbedienza con concetti ubbidientemente accettati.
E palese la necessit dello scrittore corsaro di voler sovvertire irrimediabilmente regole
psicanalitiche dogmatiche e universali.
LIo di Carlo agisce e rimuove in piena libert, seguendo leggi che non appartengono alla
realt e che appaiono totalmente disconnesse da questo mondo.
Niente risponde a una logica, e quindi anche il linguaggio pasoliniano si svincola dai limiti
del comprensibile:
la divisione in due dellIo di Carlo, pone in realt ogni volta il rapporto tra un Mezzo Io
e un Es intero. La rimozione per met rimozione classica, scientificamente analizzabile,
per laltra met semplicemente un intontimento simile a quello di certi paralitici a cui
funziona solo met del cervello. Non c oscurit e gravit, in questo, lo si deve
ammettere: e tutte le eventuali implicazioni allegoriche non possono che essere divertenti.
Cos almeno spero.
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Queste parole sanciscono la fine della prima parte del romanzo, ma anche qui si tratta di
una decisione stilistica in itinere; il lettore viene colto di sorpresa da un auctor che non ha
alcuna intenzione narrativa e che vive il suo poema in forma progressiva e magmatica.

Trasformazione di Carlo e Visioni di stragi


Appunti 41 e 43: due digressioni depistano un lettore stanco e disorientato. Giana,
schiavetta negra delloccidentale Tristam, costretta ad assecondare le perversioni
falliche del suo padrone, ricordando per un istante i giovani e indifesi protagonisti di Sal:
() era tenuta a stare sotto il tavolino, con in bocca il membro, anche se non
necessariamente eretto, del suo padrone. La trasgressione a tale obbligo avrebbe dato
luogo a una punizione prestabilita, con saggezza legislativa, a base di frustate: due se la
bambina avesse abbandonato per un solo istante presa da qualche necessit corporale
o da qualche fanciullesca distrazione il membro del suo padrone: dose che naturalmente
era destinata a aumentare in proporzione allentit della disobbedienza.
Tristam, che ha studiato a Cambridge e vive a Londra, affida Giana a un padre cattolico
olandese e parte per Il Cairo. Passando per Alessandria torna in Inghilterra dopo una
sosta di due giorni a Napoli, citt nella quale trova (con sorpresa) una situazione analoga
a quella africana:
In certi giardinetti irresistibilmente sporchi, dove dei bambini, come un ventennio prima,
facevano il bagno in mutandine dentro una vasca, vide selvaticamente in disparte, una
scugnizza scura e lacera () Non cera dubbio, essa assomigliava a Giana. Le era quasi
sorella. Apparteneva a una cultura uguale. Quella che dava la stessa qualit fisica () a
quei ragazzini plebei di Napoli che si tuffavano nella fontana e quelli di Khartoum che
dormivano nel dormitorio di padre xxx.
Tristam si lascia avvolgere dal fetore del parco di Forcella convertendosi di colpo al
marxismo (in aeroporto aveva letto il Capitale per la prima volta).
Il racconto termina anticipando La storia di xxx e xxx e dei loro tre figli xxx, Appunto
rimasto bianco.
Cinque annotazioni dellautore potrebbero aiutarci a decifrare il significato del racconto di
Tristam; le riporto integralmente, data limpossibilit interpretativa:
-

esperienza della schiavit ( simbolico ecc.)


liberazione della schiava
indifferenza della schiava sia alla schiavit che alla libert. Sua sparizione senza
tracce, non esistenza. Ci che diverso non esistente. Enigma non posto oltre che
non risolto ecc. ecc. [lasciata a una Missione lei non si volta indietro a guardare]
mescolanza e integrazione culturale mancata: in lei e in lui
catabasi: passaggio per Napoli (per nave) Bambina napoletana Ceduta di
Damasco Impossibilit di unintegrazione culturale reale, vivente [democratica]
Unica possibilit porsene il problema per salvare la coscienza e poi fregarsaene.
Iscrizione di Tristam al Partito comunista (conversione al marxismo)

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Sforzarsi nellanalisi non si addice alla poetica del nostro antiromanzo, ma lintento
allegorico evidente, soprattutto se si pensa alla continua denuncia di Pasolini al fascismo
di sinistra e ai valori costruiti ad hoc dalla nuova e ambigua classe dirigente rossa, figlia
della Resistenza e incline al pi bieco trasformismo.
LAppunto 43 narra di Sardar e dellepidemia che caus a Patna e in altri luoghi del Bihar.
E il preludio alle stragi visionarie dei capitoli successivi, il cui nesso poco chiaro se non
inesistente, com giusto che sia.
Ecco che si ripetono gli Appunti 41 e 42, diversi dai precedenti per i contenuti e preceduti
da unannotazione che lascia intuire il tema centrale, quello tanto atteso che vede la
trasformazione di Carlo in una donna:
*Lamore di Carlo il mite per i giovani del popolo comunisti che lo trasforma in donna, lo
fa loro succube si rovescia in odio in Carlo del Potere, il quale partecipa
(inconsciamente in modo per psicoanaliticamente anomalo) alla strage in funzione
anticomunista.
Carlo il mite e Carlo di Tetis. E non si tratta affatto di una svista dellautore, n di un
controsenso; siamo di fronte un Es frantumato, irriconoscibile nel saper vestire tutti i ruoli,
apollinei o dionisiaci che siano. Carlo primo Carlo secondo, Polis Tetis, la scissione
dellidentit ha lasciato il posto alla sua disintegrazione.
Precisazione il titolo del secondo Appunto 42, lume allinterno delloscurit testuale del
meta romanzo:
Questo poema non un poema sulla dissociazione, contrariamente allapparenza. La
dissociazione altro non che un motivo convenzionale (). Al contrario , questo poema
il poema dellossessione dellidentit e, insieme, della sua frantumazione.
La dissociazione ordine. Lossessione dellidentit e la sua frantumazione il disordine.
Il motivo della dissociazione altro dunque non che la regola narrativa che assicura
limitatezza e leggibilit a questo poema; il quale, a causa dellaltro motivo, pi vero,
dellossessione dellidentit e della sua frantumazione, sarebbe per sua natura illimitato e
illeggibile.
Ma vero anche il contrario: cio sul primo motivo (quello della dissociazione) che
fondandosi lordine del romanzo si anche fondata lidea simbolico-allegorica in cui il
romanzo consiste; e che dunque lo rende, in pratica, illeggibile. Mentre dal secondo
motivo (quello dellossessione dellidentit e della sua frantumazione) che nascono quelle
folate di vita e quella concretezza, sia pur folle e aberrante ()
Appunto xxx, Gli incontri serali: non c numerazione, si inserisce tra il 43 e il 43a
costituendo lennesimo intervento diretto dellautore.
Ogni notte, alla stessa ora, Carlo primo e Carlo secondo si incontrano per confrontare le
loro esperienze. Ma il loro non un rapporto equo ed Carlo secondo che, con orgoglio
superiore, detta le regole della conversazione. E lui che parla, perch Carlo primo colui
che ha rinunciato al piacere; ogni volta che Polis tenta di raccontare il suo rapporto con la
societ, Tetis sbadiglia annoiato, volutamente disattento per non cadere nel tunnel
dellangoscia.
Lanarchia sessuale di Carlo secondo richiama analogie e differenze col male assoluto di
Dostoevskij, il diavolo per eccellenza Stavrogin de I demoni:
Attraverso i suoi peccati, Stavrogin, aveva, della propria societ, la stessa idea che ne
avevano coloro che laccettavano e partivano alla sua conquista. Guadagnato o perduto,
un valore sempre un valore. Anche il nostro Carlo secondo non era privo della piccola
dose di demoniaco necessaria a spianargli la via della degradazione. Ma poich il valore
26

che in tal modo egli perdeva era modesto, anche il suo perdersi era modesto. () Carlo
secondo non avrebbe mai lasciato una delle sue minorenni impiccarsi in uno sgabuzzino,
stando a osservare un ragnetto rosso.
Non il primo n lultimo riferimento che Pasolini far allopera di Dostoevskij; spesso
troveremo annotazioni con rimandi a I demoni. Poco dopo, infatti, paragoner limpero di
Troya a quello degli Spigulin, i ricchissimi proprietari di una fabbrica allinterno della quale
scoppia unepidemia.
Carlo secondo dunque, dopo lincontro col suo primo, sistematicamente si recava presso
larido mondo della prostituzione per tentare di soddisfare il suo piacere, che in realt
coincideva con lansia-angoscia provocata dallattesa del piacere stesso.
Affascinante il binomio povert-corpo nella descrizione del sesso mercificato, meccanico
ma necessario:
Inoltre il tutto era a sua volta legato a miserabili patteggiamenti di denaro, a un mondo
economico reso pericoloso e sfuggente dalla povert. Allora Carlo non aveva capito quale
legame intimo e supremo ci fosse tra povert e corpo: e come il corpo ne fosse
avvantaggiato, preservato comera, cos, nella sua pasta popolare, che era salute,
innocenza, barbarie, delinquenza: tutto fuori che senso di colpa, banalit e volgarit.
Questo Carlo lavrebbe scoperto in seguito.
da notare linciso dellautore sulluso dellimperfetto incoativo, sostituito al presente
indicativo con lintento di evidenziare la continuit e il ripetersi sistematico delle azioni di
Carlo. C in gioco una volont determinata, ovvero quella di concepire la storia nella sua
consistenza, nella sua materia:
Posso concedermi il passato remoto, vero: che un presente, per pura finzione mitica,
allontanato indietro nel tempo. Ma sia il presente che un simile passato remoto stanno a
testimoniare potentemente una volont: quella di concepire la storia come unica e
unilineare, in cui le azioni e i personaggi si allineino come in una galleria o in una serie di
nicchie o di altari. Limperfetto incoativo, alludendo al passare del tempo e della vita,
denuncia invece lo spessore della storia: lo presenta come un vasto e profondo fronte
lavico, anzi, come un illimitato fiume senza fondo, che scorre, in quellimperfetto, che, di
tale scorrere sceglie e indica un particolare che si ripete, o appunto, unabitudine, ma
come puro schema ()
LAppunto 50, inserendosi con irriverenza tra la solitudine di Carlo e la sua ricerca
ossessiva del sesso nei pressi della stazione Termini, ci descrive un corteo di fine
novembre del 1969. uno sciame confusionario di studenti, di lavoratori, di proletari;
lincarnazione di una nuova forza politica, misteriosa, controversa, intrisa di rosso e di
borghesia. Lallusione alle profonde ambiguit sessantottine sempre presente nellultimo
Pasolini e in Petrolio:
..vestivano di poveri abiti da lavoro, ma di una foggia nuova; i calzoni erano pi stretti dei
soliti; e molti indossavano giubbotti e casacche grigio-verdi, americane. Tutti avevano un
fazzoletto rosso al collo. Tutti lo avevano annodato allo stesso modo elegante e allegro,
da ragazzetti sensuali e spavaldi.
Alla parentesi provocatoria su quella borghesizzazione della classe proletaria che tanto
amareggi lo scrittore corsaro, segue lAppunto 51, vero e proprio fulcro dello scartafaccio
nel quale il corpo di Carlo assume sembianze femminili.
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Non chiaro se si tratti di un sogno, di unallucinazione o semplicemente di un atto di


scrittura schizoide; del resto lautore ci aveva gi avvisati di certe incongruenze narrative,
specchio della struttura vorticosa e brulicante del meta romanzo:
And dritto in camera e si spogli, guardandosi al grande specchio disadorno dellintimit
virile. Subito vide che cosera successo di lui. Due grandi seni gli pendevano non pi
freschi nel petto; e nel ventre non cera niente: il pelame gli scompariva tra le gambe, e
solo toccandola e allargandone le labbra, Carlo, con lo sguardo lucido di chi ha imparato
da unesperienza di bandito la filosofia del povero, vide la piccola piaga chera il suo
nuovo sesso.
Bullicame il titolo dellAppunto 51a: il termine dantesco del XII canto dellInferno indicava
il liquido in ebollizione in cui venivano puniti i Violenti (Guido di Montfort), mentre nel XIV
canto (maiuscolo) il riferimento era al ruscello in cui si bagnavano le peccatrici
(prostitute) di Viterbo.
Pasquale Voza e Walter Siti si sono soffermati insistentemente sul viaggio dantesco
operato da Pasolini in Petrolio nella costruzione delle due parti che formano il romanzo,
ovvero quella del Progetto (nel tentativo di creare due forme paradisiache, neocapitalista,
comunista laltra) e quella del Mistero (il magma infernale, espresso dal caos concettuale
e dal turpiloquio linguistico).
A mio modesto parere, un nesso Dante-Pasolini non pu che generare ulteriore
confusione e disorientamento, soprattutto a causa della grave incompiutezza narrativa di
fronte la quale ci troviamo. Lespediente talmente fragile e inconsistente che non lascia
spazio allo sviluppo di una teoria in merito, la quale sicuramente esistente, ma che
lascerei volentieri alla critica ufficiale.
Tornando allAppunto 51a, chiaro come Carlo stia per incontrare alla stazione un
giovane chiamato Tonino, e come con lui, quasi certamente, consumer il suo primo
rapporto omosessuale. LAppunto incompiuto (i tre che seguono riportano solo i titoli)
porta lautore quasi allapice dellincomprensibilit metascritturale:
LAcqua Bullicante col pratone notturno comera alla fine degli Anni Cinquanta, rimasta
uguale ancora per un anno o due. Sua descrizione assicurando (giurando) sulla sua
autenticit. Linfinit dei tipi e degli episodi della bolgia notturna. Passaggio attraverso essi
di Carlo che non osa che osservare. Poi Carlo prende il tram e arriva alla Stazione
Termini, l, come ad aspettarlo, Tonino.
Da Tonino, entit sconosciuta ma certamente poco funzionale al romanzo, passiamo alla
cronaca attraverso il secondo viaggio in Oriente dellingegnere Carlo Valletti.
Unimportante notizia trapela in questAppunto 54, e la fonte ancora Steimetz:
Attraverso la Comip, lEni aveva investito in Marocco dai 12 ai 15 miliardi: ma non vi si
era trovato neanche una goccia di petrolio.
Il riferimento alla Somip, lambigua societ con la quale lente petrolifero nazionale aveva
investito quasi 15 miliardi di lire nel 1958. Altrettante ingenti somme di denaro furono
investite a vuoto in Sudan e nel massiccio dello Zagros.
Improvvisamente e senza rispondere a nessuna logica narrativa, Carlo si trova ne Il
pratone della Casilina, titolo dellAppunto 55. Ci che succeder in questo contesto
talmente imbarazzante che lautore sente la necessit di rivolgersi al lettore in prima
persona:

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A questo punto, mio lettore, questo poema decolla. Ti pregherei di lasciarti trasportare
senza opporre troppa resistenza. Comincia intanto col non sorridere allaccenno al cosmo,
fatto con seriet forse un po inopportuna, anche se, vorrai ammetterlo, non veramente
eccessiva. Il fatto che non desidero n sorridere n scherzare sulla mia materia. Il
sorridere e lo scherzare, distanziandomene, mi sarebbero in realt di grande aiuto, vista la
scabrosit di tale materia o meglio, la sua enormit. Ma il cuore di Carlo era puro, pur
nella tensione dei suoi nervi: tensione dovuta peraltro a un desiderio sessuale cos forte e
esclusivo da essere in conclusione tragico.
Senza perderci in dettagli: Carlo consuma un rapporto orale con una ventina di ragazzini,
Sandro, Sergio, Claudio, Gianfranco, Fausto, Augusto, Gustarello, Erminio, Carmelo e
cos via (Carmelo torner nellAppunto 60, in qualit di cameriere durante una cena di
potenti e come incarnazione del Dio-Sesso). Terminer concedendosi integralmente,
sublimando cos le pulsioni sessuali in estasi mistica, che lo acceca e che rende quei
ragazzi di borgata veri e propri Dei degli Inferi:
() poveri Dei, che se ne andavano in giro lasciando dietro a s il loro odore di cani,
astuti e rozzi, sinistri e camerateschi, usciti dai loro simulacri di tufo ()
Si tratta delle pagine pi crude di tutta la nostra letteratura. I particolari sono di un realismo
estremo, turpe, abominevole al punto di indurre il lettore alla nausea. Daltronde lauctor
Pasolini ci aveva avvisati. E ci aveva implorato di non opporre resistenza.
Senza giustificazioni n smorzamenti di tono, lautore torna al Progetto con il ritorno di
Carlo dal secondo viaggio in Oriente.
Si parla della morte di Feltrinelli, militante comunista membro del GAP morto in
circostanze mai chiarite nel 1972. Eugenio Scalfari parl di assassinio da parte della CIA,
ipotesi che Pasolini sembra approvare:
Ma il giorno del ritorno di Carlo dalla Siria, ancora non si sapeva nulla dei particolari della
morte di Feltrinelli: si sapeva solo che il morto era lui. E cera stato il precipitoso
comunicato firmato da un gruppo di intellettuali in cui si dichiarava che egli era stato
assassinato dai fascisti o meglio, probabilmente, da unorganizzazione non italiana, cio
la Cia per creare un ambiente favorevole alla destra nelle imminenti elezioni.
Ma Carlo non appartiene a quelle frange estreme, ricordiamolo, un moderato di sinistra,
e come tale certamente abbracciava lipotesi secondo la quale leditore militante mor
mentre preparava un ordigno per un attentato:
Carlo aveva interpretato subito in cuor suo che Feltrinelli si era ammazzato da solo,
facendo il guerrigliero.
Eppure Carlo, non essendo un fascista, sentiva che qualcosa stava cambiando nel
panorama italiano. Avvertiva, in cuor suo, quelloffuscarsi dei valori per colpa del
progresso, quel senso di angoscia sancito dallavvento di unera in cui verit e menzogna
camminavano a braccetto, divertite nel nascondersi dietro maschere democristiane:
Anche la sera, quella sera del diciotto marzo 1972, non dava altro al cuore di Carlo che
terribili, insopportabili fitte di dolore. Possibile che a un uomo come Carlo importasse tanto
del cambiamento del mondo? Non aveva contribuito lui stesso a tale cambiamento? O,
nel caso in cui il suo contributo a tale cambiamento, fosse stato casuale o insincero, non
aveva lottato per il possesso di quel mondo, comunque esso fosse? Anzi tale
cambiamento, non gli garantiva lavoro e successo?
29

Invece, il fatto che le cose non fossero pi solo come dieci anni prima, gli si presentava
come una tragedia.
Carlo ossessionato dalla sua accettazione delle regole del potere, e nel momento in cui
si trova costretto a fronteggiare la sfera etica e morale che fa di tutto per evitare, trova una
e una sola via duscita: Carlo secondo:
Era gi notte. Bench stanco, gli sorrideva almeno unidea: avrebbe incontrato Karl,
lavrebbe incaricato, come il solito, di andarsene fuori, nella notte, per lui, a godere almeno
tutta la solitudine possibile.
Negli Appunti successivi si racconta della scomparsa di Karl e del profondo dolore che
Carlo prova per questa mancanza. Tuttavia ci era inevitabile per via dellascesa sociale di
Carlo allinterno dellEni, anche se in realt Karl aveva fatto la sua comparsa nella vita
dellingegnere proprio a causa della sua entrata nel gioco del potere. Dunque come si
spiega la sua fuga? Se il lettore non vuole entrare in crisi deve accontentarsi di una sola
spiegazione: la nevrosi.
Nel tentativo di rimpiazzare la presenza di Karl, Carlo decide di ripercorrere i suoi itinerari
notturni, quelli delle borgate romane colme di prostitute e delinquenti, con lintenzione di
caricare una donnaccia in macchina:
La fitta lancinante di dolore che per tutta la giornata gli aveva trapassato le viscere, si
fece se possibile, ancora pi dolorosa; e comunque si trasform in un senso di nausea,
che costrinse Carlo ad accelerare verso un angolo un po in ombra sotto il muraglione,
dove, fingendo di pisciare cosa che era contro tutti i suoi principi, anzi, era la prima volta
in vita sua che lo faceva vomit; o meglio ebbe dei conati di vomito, senza vomitare
nulla. Certamente egli non era fatto per rimpiazzare un uomo di unaltra natura, o almeno
costretto a unaltra esperienza. La sua vita privata per lui doveva indubbiamente
considerarsi finita. Non gli restava che scegliere di essere soltanto pubblico, e quindi
santo.
Alla separazione tra Carlo e Karl, che in fondo non altro che limmaginazione di una
separazione ai fini del raggiungimento della santit di Carlo, seguono cene, incontri,
visioni, accettazioni di compromessi.
Il nuovo fascismo culturale e politico si impone con forza nel panorama italiano e
lingegnere dallidentit frantumata comincia a inglobarne una parte; i responsabili della
morte di Feltrinelli sono gli stessi della strage di Piazza Fontana e delle altre duecento
bombe che stragi non ne avevano fatte, ma facevano parte dello stesso programma .
Carlo sa e ne complice, anche se inconsciamente:
Malgrado che Carlo, come tutti i piccolo-borghesi intellettuali sapesse questo sapere
dovuto al buon senso e avesse pronunciato la sua condanna, non banalmente contro gli
opposti estremismi con cui i vecchi imbroglioni della politica italiana cercavano di
aureolarsi dellaureola della popolarit, ma disperatamente contro tutti tuttavia aveva
dentro di s qualcosa che obbediva, come anguilla in un branco di anguille, che sa trovare
dal fondo delloceano la strada che la fa ritornare alla piccola sorgente del torrente alpino,
a un profondo richiamo che io non oso nemmeno nominare.
Una cena decreta lingresso di Carlo nel tempio della santit, che altro non che la sede
della corruzione pi fine e segreta dello Stato, quella che comprende fascisti, uomini
falsamente di sinistra, democristiani e cattolici:
30

Mai cena fu pi ontologica. Si mangi della polenta con lo stracotto, un po allalpina, con
del buonissimo vino trentino, perch lonorevole da cui la cena si svolse, era di quelle
parti; mentre, eccettuato Carlo, degli altri invitati, due erano romani, quattro meridionali (un
siciliano). xxx xxx
Cos lo spostamento a destra di Carlo fu oggettivato. Egli non lo disse, non lo ammise,
non lo seppe mai pubblicamente; lo disse, lo ammise e lo seppe in privato, ma come fatto
puramente momentaneo, diplomatico, tattico, machiavellico.
Il riferimento alla presenza di deputati mafiosi siciliani genera il dubbio circa lidentit di
questi deputati: vengono citati Andreotti e Franco Restivo, esponente di spicco della Dc
siciliana. Non stiamo qui a cercarne unidentit, visto che lo stesso autore a comunicarci
la sua totale inesperienza su certe cene e certi incontri. I riferimenti a personaggi politici
derivano da indizi, sospetti, orme, ma mai prove oggettive:
Questa descrizione consiste in uno o due timidi accenni (una certa pietanza, una certa
marca di vino). Il minimo chiesto da un racconto che non voglia essere campato del tutto
in aria. In realt io non so niente di cene simili; e gli accenni non sono che supposizioni.
Dopo quel maledetto incontro, Carlo ha una visione nel suo giardino: si tratta di suo padre,
vecchio e seduto accanto una presenza vestita di una tunica romanica: la Previdenza,
seduta davanti quattro piccoli Dei.
Ecco che torna la luce, tanto osannata nella sua funzione allinizio del romanzo e poi
tralasciata fino a questo momento estatico, in cui si fa universale nella sua provenienza
dal cosmo.
Vicino questi Dei (uno dei quali tiene una falce) Grazia e Parsimonia, e ancora indietro
Pazienza, Rassegnazione, Piet, Volont, Salute, Disobbedienza, Spavalderia, Crudelt,
Rabbia, Violenza, Malattia. Il giardino colmo, sarebbe impossibile elencarli tutti. Alcuni di
essi sono legati ai polsi, altri nudi e senza sesso. Spicca Follia, che gratta la testa di
Potere, divinit di bassa statura rispetto al resto.
Queste pagine, quasi meta-allegoriche direi, anticipano la figura di Salvatore
Dulcimascolo, figura onirica e simbolo della passivit sessuale come atto supremo di
realizzazione. Questa sorta di Dio maschio, incarnando il desiderio supremo, superiore
agli altri Dei:
In altre parole, il Dio Salvatore Dulcimascolo economicamente nelle mani degli Dei, che
lhanno assunto tra loro, ma nel tempo stesso anchegli ha nelle sue mani gli Dei: infatti li
potrebbe sempre, in qualsiasi momento e per qualsiasi ragione, ricattare.
In quel corpo addormentato, scuro, meridionale, Carlo trova la sublimazione del Sesso,
realizzazione onirica del Mistero pasoliniano.
Ladesione inconscia al fascismo corrisponde al Secondo momento basilare del poema
(Appunto 58), che vede per la seconda volta Carlo riflesso in un corpo femminile.
Accettazione delle regole del potere e accettazione della trasformazione del sesso si
fondono:
Gli Dei e gli altri Celesti, guardando verso la strada e il cancello immobili e frontali ora
voltavano le spalle alla casa, nel cui interno Carlo si stava spogliando, con le mani che gli
tremavano. Il cuore, risucchiato dallubriachezza in un oscuro fondo melmoso, era
sconvolto da un sentimento sconosciuto e, bench abbietto e forse proprio per questo
esaltante, meraviglioso. Nel Fascismo c un fascino che nessuno ha mai avuto il
coraggio di spiegare.
31

Ottobre 1972, governo Andreotti. Il trasformismo democristiano e il consolidamento dei


valori del boom hanno canonizzato la borghesizzazione di tutti i ceti. Non c destra n
sinistra, i loro valori si sono amalgamati al punto di renderne impercettibili le differenze. Il
Dio Salvatore Dulcimascolo l che governa corpo e anima di Carlo senza lasciare via
duscita.
Lingegnere ha subito una trasformazione irreversibile; le cene, i locali frequentati da
potenti, mafiosi e politici sono gli stessi che frequenta lui. E tra i ristoranti altolocati emerge
il Toul, sede indiscussa per la preparazione delle stragi di Stato:
Questo Toul, cos pomposamente ufficiale e consacrato esclusivamente al potere
politico, non era poi un locale cos divino: laria vecchiotta era abbastanza triste, e tutto vi
stava un po stipato: i camerieri accuratamente vestiti di nero col cravattino, il bar in un
piccolo vano stretto a destra dellentrata, le tavole accuratamente imbandite, davano
naturalmente un senso di lusso e di alto privilegio; ma, come dire, in quel localetto basso,
in cui si scendeva, entrando per una porta quasi da edificio burocratico, attraverso due o
tre gradini, con intorno altri piccoli separs pi alti, proseguiva, senza soluzione di
continuit, lo squallore di tutto ci che statale, e dove quindi per eccellenza, abita il
potere.
E nel guardaroba del Toul che Carlo sente per un attimo la vita. Si tratta di Carmelo, uno
di quei ragazzi che avevano consumato lamore omosessuale e orgiastico con Carlo, o
Karl, o Carlo secondo.
Ci fu subito complicit tra i due, pur nel rapporto di sottomissione reciproca. Alla
superiorit sociale dellingegner Valletti corrispondeva linferiorit carnale, la dipendenza
sessuale nei confronti di quel giovane servo, cosciente e quasi compiaciuto del prezzo che
avrebbe avuto il suo silenzio:
Con un sorriso quasi stucchevole, Carmelo aiut Carlo a infilare il cappotto, guardandolo
come se lo conoscesse () Carlo in quegli attimi aveva completamente perso la testa. Il
suo biondiccio settentrionale divenne, se possibile, ancor pi duro e tetro, e, quasi con
malumore e rabbia malcontenuta (dovuta a ragioni daltro carattere e superiori) lasci
scivolare una grossa mancia, nella mano di Carmelo: che sent grossa, tumida, calda,
dura e servizievole.
Fu cos che Carlo cominci a frequentare il Toul in maniera un po controcorrente: solo e
per mangiare. Nessuno mai aveva osato, infatti, recarsi in quello pseudo-ristorante del
potere se non per attuare delle manovre politiche.
Il rituale del cappotto era diventato un atto abituale, finch Carmelo non diede a Carlo un
biglietto con il suo numero di telefono.
Lindomani mattina il potente uomo daffari chiam il giovane cameriere, si incontrarono e
si recarono nei quartieri della Roma bassa, gli stessi che frequentava Karl. La felicit di
Carlo sfiorava la commozione, nulla avrebbe potuto dargli pi gioia del sentirsi di nuovo
sottomesso a un giovane ragazzo:
Il piacere cieco di obbedire gli toglieva ogni inquietudine di borghese, che di tutto quel
mondo sa solo che c: ma si guarda bene dallapprofondirne, in un modo qualsiasi, la
conoscenza. Daltra parte, il mistero di maggiore virilit e pienezza, che egli attribuiva da
razzista alla qualit di vita dei quartieri di poveri, era lo stesso che attribuiva a Carmelo:
e di fronte a cui, dunque, si sentiva inferiore (e, in quel momento, felice di esserlo).
Carmelo si volt verso di lui, ed ecco che gli tese galantemente la mano, per aiutarlo a
salire e a discendere su quei monta rozzi fangosi, irti di pietre e di ciuffi derba lurida. A
quellimprovviso gesto galante e un po ostentato di aiuto e di protezione, Carlo entr
32

come in trance: non disse nulla, non dimostr nulla: lobbedienza doveva essere cieca,
totale.
I giorni seguenti furono tra i pi felici della vita della giovane vergine Carlo. Innamoratosi di
quellatto violento che era solito consumare con Carmelo, si convinse che questultimo
fosse lincarnazione di Salvatore Dulcimascolo, dunque di una sorta di Dio. Ma poche sere
dopo, quel ristorante statale avr sostituito il giovane cameriere meridionale con una
scialba donnetta nordica; niente dolore, niente disperazione, Carlo finalmente libero
dalla sua ossessione.

Il Merda (allegoria di una crisi) e ricovero di Carlo


Successivamente alla visione del giardino medievale, una nuova e pi complessa visione
si ha attraverso la storia di un giovane proletario, il Merda, allegoria della crisi italiana negli
anni del monopolio democristiano e della lenta degradazione giovanile verso
lomologazione neoborghese.
Landamento ha sapore dantesco, soprattutto nel richiamo allincompiuta Divina Mimesis
dellautore. La prima parte di questo romanzo termina con una serie di Appunti in cui vari
narratori, presenti a un ricevimento ufficiale in occasione della festa della Repubblica (ci
sono tutti i notabili e i politici pi in vista del tempo), raccontano storie vagamente
allegoriche. Della seconda parte rimane poco: ancora una festa a I demoni di Dostoevskij,
una passeggiata di Carlo nella campagna e poi nella nuova periferia della citt (il titolo
della sezione, I Godoari, tratto dal nome di un popolo barbarico presente in un racconto
di Anna Banti, La villa romana).
La lettura complessiva di questa parte del meta romanzo ostica e ancor pi
frammentaria della prima; Pasolini sembra voler decretare limpossibilit di lettura (oltre
che di scrittura).
Con lAppunto 82, Terzo momento basilare del poema, Carlo si guarda allo specchio
riscoprendosi uomo: non ha pi i seni ed ricomparso il membro.
A questa tragedia la soluzione una e una sola: il ricovero in clinica e la castrazione.

La critica
Dalla sua pubblicazione nel 1992 ad oggi, la critica a Petrolio ha sofferto di uneccessiva
povert di contenuti e di poco interesse da parte della miglior critica. Ci che abbiamo a
disposizione non altro che una raccolta di articoli giornalistici e recensioni che, tuttavia,
non riescono ad abbracciare limmensa vastit di valori dei quali il meta romanzo si fa
portavoce.
Tutta la critica al romanzo incentrata sulla frammentariet del testo e sul relativismo
letterario come chiave unica per la sua comprensione.
Secondo Enrico Gatta lincompiutezza dellopera si manifesta a livello quantitativo e
qualitativo, dunque lunica chiave di lettura possibile sta nel rifiuto del definitivo e del
compiuto.6
Per G. Ferretti lopera costituisce il punto darrivo di una produzione letteraria e
cinematografica complessa e articolata, impregnata di miti, passioni, contraddizioni vitali e
cruda modernit. E sono le rubriche giornalistiche della seconda met degli anni 60 che
6

E. Gatta, Il Resto del Carlino, 25 ottobre 1992

33

fungono da incipit per quella lunga requisitoria sulle violentazioni e adulterazioni di uno
sviluppo senza progresso, tema essenziale della stagione corsara degli anni 70. 7
Secondo Permoli la riflessione dellultimo Pasolini acre e impietosa come non mai. Negli
anni di Sal e degli Scritti Corsari la protesta morale e politica dellautore raggiunge lacme
e in Petrolio il senso del definitivo, la problematicit e la molteplicit delle prospettive
creano una scrittura quasi barocca nel suo caos. 8
G. Marchetti crea un parallelismo tra il petrolio, nutrimento dogni infamia e di ogni
speranza e il mare di Omero e Ulisse, ovvero lelemento connettivo di storie diverse riunite
dal simbolo e dalla metafora. Pasolini discende agli inferi per noi tutti, mettendo in
quellinferno di sesso bestiale e maniacale una carica di distruzione e di contestazione
sociale inauditi.
Petrolio unopera incompiuta, dunque la sospensione del giudizio necessaria. Tutta
lopera di Pasolini nella sua totalit , come lautore stesso la defin, una melassa
plurilinguistica o matassa monolitica, in una narrativit dal chiaro senso sospeso.
Franco Fortini, in Attraverso Pasolini elogia il grande progetto dellautore, sottolineando la
sua severissima e straordinaria attenzione ai fatti politici che hanno macchiato lItalia dal
1960 al 1980. Dal punto di vista esclusivamente letterario, limmensit dellopera
incompiuta e il delirio nel quale essa affonda, giustificano il non-stile che lautore stesso
dichiarava nella lettera a Moravia.9
Enzo Siciliano ha parlato di un testo tormentato da pentimenti, rotture e da vuoti che
restano tali a causa del silenzio politico e mediatico imperante in Italia.
La crisi che Pasolini trasforma in scrittura sia politica che culturale. E la denuncia
costante del sistema genera una rabbia nuova, misteriosa come lessenza del romanzo. 10
Gli articoli apparsi sui giornali saranno un centinaio, ma raramente si discusso del
romanzo in termini di critica letteraria.
Carla De Benedetti e Maria Antonietta Grignani hanno pubblicato nel 1995 una raccolta di
saggi di autori diversi intitolata A partire da Petrolio. Pasolini interroga la letteratura,
mentre Enrico Capodaglio, con il Mulino, ha dato vita a Congetture sugli Appunti di
Petrolio. Nonostante questa non sia la sede opportuna, mi piacerebbe denunciare
lintrovabilit di questi testi, i quali avrebbero senzaltro costituito un valido aiuto per la mia
dissertazione.
La ricezione del romanzo
Aurelio Roncaglia, illustre autore della Nota filologica in appendice al romanzo, ha
felicemente notato come lincompleta elaborazione formale dellopera abbia provocato una
fondamentale alterazione nella ricezione da parte del pubblico.
Effettivamente, lincompiutezza ha focalizzato lattenzione del lettore soprattutto nelle
pagine pi estremistica crudezza, quelle in cui la libert di rappresentazione di gesti e atti
sessuali sfinisce un pubblico poco incline a un certo tipo di linguaggio, scabroso e violento
fino allinverosimile. Ne consegue, cos, una ricezione quasi inesistente e un
allontanamento irrimediabile da quella che era lintenzione dellautore, impercettibile se si
commette lerrore imperdonabile di soffermarsi sullesasperazione della sfera sessuale.

Gian Carlo Ferretti, Tempo medico, 28 ottobre 1992

Piergiovanni Permoli, La Repubblica, 28 ottobre 1992

Franco Fortini, Attraverso Pasolini, Einaudi, Torino 1993

10

Enzo Siciliano Vita di Pasolini, Mondadori 2005

34

Gli Appunti, strappati forzatamente dal corpus dellopera, hanno generato non solo un
giudizio di valore sterile e riduttivo nei confronti dellultimo Pasolini, ma ne hanno fornito
unimmagine rude, imperfetta, estrema. Bisogna quindi allontanarsi da questa visione
distorta e analitica e cercare di studiare i frammenti pasoliniani allinterno dello stesso
magma letterario di cui tanto parla lautore. Al fine di comprendere la totalit del suo
pensiero, bruscamente interrotta dalla morte, utile avvicinarsi a La Divina Mimesis, altra
opera incompleta di cui possediamo solo alcuni canti e appunti per altri canti, pubblicata
nel 1975. Qui il progetto letterario di Petrolio trova dei chiarimenti; lincompletezza del
reale cos come appare ai nostri sensi, irrimediabilmente riflessa in una nuova letteratura
ormai svincolata dal canone, dalla forma stessa.

La Divina Mimesis, Petrolio e la parola illeggibile


La Divina mimesis risale al 1963-65, ma fu pubblicato nel 1975. Si tratta di un'opera
incompleta: ne possediamo solo alcuni canti e appunti per altri canti.
Il titolo riflette un rapporto con Dante di tipo metalinguistico: mentre modellato sul
sintagma "La Divina Commedia", al tempo stesso indica un commento al testo dantesco,
che per Pasolini in effetti "mimesi" (o imitazione) della realt e dei linguaggi che si
adottano per rappresentare la vita.
Come "nel mezzo del cammin di nostra vita" della Commedia di Dante, nel Canto I di La
Divina mimesis, "verso i quarant'anni" [DM, 6] [1] Pasolini immagina un viaggio
nell'oltretomba, con una guida, che non un personaggio esistito n un modello, ma
Pasolini stesso, o meglio un doppio di se stesso: il "poeta civile" che Pasolini era negli
anni Cinquanta [DM, 6], con la passione per il popolo, la storia, l'ideologia, il mito e lo stile.
Il viaggio nell'Inferno e in due Paradisi (quello capitalista e quello comunista) , in Pasolini,
un viaggio nell'"Irrealt, che non altro dalla nostra realt. Al contrario, "altro luogo non
che il mondo nell'epoca del neocapitalismo: un universo sociale percorso dal
consumismo, dalla fine di quei valori ormai trascesi nella volgarit e nel conformismo e dal
crollo degli ideali di altezza morale e onest intellettuale.
Si tratta della disillusione nei confronti tanto del capitalismo quanto delle opposizioni
tentate negli anni Cinquanta, e del riscontro dell'alienazione sociale e personale dell'Italia
neoindustriale nata col miracolo economico.
Come Dante, Pasolini critico scomodo del suo tempo, ma attualizza al presente il testo
dantesco; in parte lo imita nella suddivisione in Canti, in alcuni particolari elementi di lingua
e di stile; ma poi se ne distacca, scegliendo non i versi in terzine (come aveva fatto in Le
ceneri di Gramsci), bens una prosa standard, che sembrerebbe tra l'altro contraddire il
plurilinguismo difeso da Pasolini e da lui riscontrato anche in Dante. Sul piano linguistico,
lauctor dichiara che il modello standard di italiano non pi quello letterario, bens lo
standard basato "sull'italiano parlato nel Nord, come lingua franca della seconda
industrializzazzione": per questo scrive nella supposta lingua nuova caratterizzata
soprattutto da libert e comunicativit espressiva.
Sebbene diversa dalla lingua di Dante, e diversa dal plurilinguismo riscontrato dallo stesso
nel padre della letteratura, la lingua scelta da Pasolini dagli anni Sessanta in poi
costituisce un'innovazione fondata su uno studio della realt linguistica italiana: in tal
senso il metodo di Pasolini non dissimile da quello di Dante, che nel De Vulgari
Eloquentia individuava le lingue parlate in Italia e ne costruiva una propria basata su
quelle.
35

visibile l'interesse di Pasolini per Dante non solo sul piano della critica alla societ, ma
anche su quello dell'autobiografia. La Commedia narrata in prima persona e Dante fa
riferimento a s, in tal senso operando in parte entro il genere autobiografico; e l'ansia
dell'influenza di Pasolini lo porta a staccarsi da Dante accentuando il discorso
autobiografico.
Ne La Divina mimesis, c' una tendenza laica, lontana dalla religiosit di Dante; il
percorso teologico del poeta trecentesco viene sostituito da un cammino nuovo, simbolico
e psicologico.
Qui le allegorie dantesche diventano simboli, si esplicitano non lasciando al lettore alcun
margine di interpretazione. Le pene dei dannati qui non sono spettacolari come nella
Commedia: non c niente di pi punitivo che lesserci, per Pasolini. Al contrappasso si
sostituisce dunque la contemplazione dellesistenza.
Ne La Divina mimesis, pronunciata una severa critica anche all'assenza di impegno
degli intellettuali: i letterati sono all'Inferno, con ununica colpa da espiare: quella di non
essersi ribellati. E in questo contesto, larte ha il compito (laico) di redimere chi vive tra le
pene del presente.

Appendice
A seguire, propongo delle fonti indiscutibili e fondamentali per la comprensione del testo:
- lepistola che Pasolini scrisse ad Alberto Moravia riguardo le intenzioni stilisticonarrative del romanzo;
- la Lettera luterana a Italo Calvino dellottobre 1975, illuminante sui temi del nuovo
fascismo e sulla degradazione regressiva della nuova generazione;
- larticolo apparso sul Corriere della Sera il 14 novembre del 1974 intitolato Che
cos questo golpe?, successivamente pubblicato con il titolo Il romanzo delle
stragi nella raccolta Scritti corsari;
- larticolo del febbraio del 1974 apparso sempre sul Corriere della sera intitolato
Larticolo delle lucciole, poi pubblicato come Il vuoto del potere sempre nella
raccolta pubblicata postuma la morte dellautore;
- larticolo di Franco Fortini Pasolini e le ultime illusioni, apparso sul Corriere della
Sera nel 1977;
- larticolo di Pasolini del 18 ottobre 1975 (lo scrittore verr assassinato dodici giorni
dopo) per il Corriere, espressione del suo dissenso per il modus operandi
democristiano, intitolato Aboliamo la tv e la scuola dellobbligo;
- lomaggio di Enzo Siciliano allo scrittore corsaro nellarticolo scritto per il Corriere
della Sera intitolato Il mio corpo nella lotta, risalente allottobre del 1992.

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Lettera ad Alberto Moravia


in Petrolio
Caro Alberto,
ti mando questo manoscritto perch tu mi dia un consiglio. E' un romanzo, ma non
scritto come sono scritti i romanzi veri: la sua lingua quella che si adopera per la
saggistica, per certi articoli giornalistici, per le recensioni, per le lettere private o anche per
la poesia: rari sono i passi che si possono chiamare decisamente narrativi, e in tal caso
sono passi narrativamente cos scoperti ("ma ora passiamo ai fatti", "Carlo camminava..."
ecc, e del resto c' anche una citazione simbolica in questo senso: "Il voyagea...") che
ricordano piuttosto la lingua dei trattamenti o delle sceneggiature che quella dei romanzi
classici: si tratta cio di 'passi narrativi veri e propri' fatti 'apposta' per rievocare il romanzo.
.
Nel romanzo di solito il narratore scompare, per lasciar posto a una figura convenzionale
che l'unica che possa avere un vero rapporto con il lettore. Vero appunto perch
convenzionale. Tanto vero che fuori dal mondo della scrittura - o se vuoi della pagina e
della sua struttura come si presenta a uno della partita - il vero protagonista della lettura di
un romanzo appunto il lettore.
Ora in queste pagine io mi sono rivolto al lettore direttamente e non convenzionalmente.
Ci vuol dire che non ho fatto del mio romanzo un 'oggetto', una 'forma', obbedendo quindi
alle leggi di un linguaggio che ne assicurasse la necessaria distanza da me, (...) quasi
addirittura abolendomi, o attraverso cui io generosamente negassi me stesso assumendo
unilateralmente le vesti di un narratore uguale a tutti gli altri narratori. No: io ho parlato al
lettore in quanto io stesso, in carne e ossa, come scrivo a te questa lettera, o come
spesso ho scritto le mie poesie in italiano. Ho reso il romanzo oggetto non solo per il
lettore ma anche per me stesso: ho messo tale oggetto tra il lettore e me, e ne ho
discusso insieme (come si pu fare da soli, scrivendo).
Ora, a questo punto (ecco la ragione di questa lettera) io potrei riscrivere daccapo
completamente questo romanzo, oggettivandolo: cio scomparendo in quanto autore
reale, e assumendo le vesti del narratore convenzionale (che, (...), molto pi reale di
quello reale). Potrei farlo. Non sono privo di abilit, non sono digiuno di arte retorica, e non
manco neanche di pazienza (non certo della sconfinata pazienza che si ha solo da
giovani): potei farlo, ripeto. Ma se lo facessi, avrei davanti a me una sola strada: quella
della rievocazione del romanzo. Cio non potrei far altro che andare fino in fondo a una
strada per cui mi sono naturalmente incamminato. Tutto ci che in questo romanzo
romanzesco lo in quanto rievocazione del romanzo. Se io dessi corpo a ci che qui
solo potenziale, e cio inventassi la scrittura necessaria a fare di questa storia un oggetto,
una macchina narrativa che funziona da sola nell'immaginazione del lettore, dovrei per
forza accettare quella convenzionalit che in fondo giuoco. Non voglia pi di giuocare
(davvero, fino in fondo, cio applicandomi con la pi totale seriet); e per questo mi sono
accontentato di narrare come ho narrato.
Ed ecco il consiglio che ti chiedo: ci che ho scritto basta a dire dignitosamente e
poeticamente quello che volevo dire? Oppure sarebbe proprio necessario che io riscrivessi
tutto su un altro registro, creando l'illusione meravigliosa di una storia che si svolge per
conto proprio, in un tempo che, per ogni lettore, il tempo della vita vissuta e restata
37

intatta alle spalle, rivelando come vere realt quelle cose che erano sembrate
semplicemente naturali?
.
Vorrei che tu tenessi conto, nel consigliarmi, che il protagonista di questo romanzo
quello che , a parte le analogie della sua storia con la mia, o con la nostra - analogie
ambientali o psicologiche che sono puri involucri esistenziali, utili a dare concretezza a ci
che accade nel loro interno - esso mi ripugnante: ho passato un lungo periodo della mia
vita in sua compagnia, e mi riuscirebbe molto faticoso ricominciare da capo per un periodo
che sarebbe presumibilmente ancora pi lungo.
Certo lo farei, ma dovrebbe essere assolutamente necessario. Questo romanzo non serve
pi molto alla miavita (come sono i romanzi o le poesie che si scrivono da giovani), non
un proclama, ehi, uomini! io esisto, ma il preambolo di un testamento, la testimonianza di
quel poco di sapere che uno ha accumulato, ed completamente diverso da quello che
egli aspettava | immaginava | !
Tuo
Pier Paolo

Lettera luterana a Italo Calvino


Pier Paolo Pasolini, su Il Mondo, 30 ottobre 1975
Tu dici (Corriere della Sera, 8 ottobre 1975): "I responsabili della carneficina del Circeo
sono in molti e si comportano come se quello che hanno fatto fosse perfettamente
naturale, come se avessero dietro di loro un ambiente e una mentalit che li comprende e
li ammira".
Ma perch questo?
Tu dici: "Nella Roma di oggi quello che sgomenta che questi esercizi mostruosi
avvengono nel clima della permissivit assoluta, senza pi lombra di una sfida alle
costruzioni repressive...."
Ma perch questo?
Tu dici: "... il pericolo vero viene dallestendersi nella nostra societ di strati cancerosi..."
Ma perch questo?
Tu dici: "Non c che un passo dallatonia morale e dalla irresponsabilit sociale (di una
parte della borghesia italiana, tu dici) alla pratica di seviziare e massacrare..."
Ma perch questo?
Tu dici: "Viviamo in un mondo in cui lescalation nel massacro e nella umiliazione della
persona uno dei segni pi vistosi del divenire storico (onde criminalit politica e
criminalit sessuale sembrano in questo caso definizioni riduttive e ottimistiche, tu dici)".
Ma perch questo?
Tu dici "I nazisti possono essere largamente superati in crudelt in ogni momento"
Ma perch questo?
Tu dici "In altri paesi la crisi la stessa, ma incide in uno spessore di societ pi solido"
Ma perch questo?
Io sono pi di due anni che cerco di spiegarli e volgarizzarli questi perch. E sono
finalmente indignato per il silenzio che mi ha sempre circondato. Si fatto solo il processo
a un mio indimostrabile refoulement cattolico. Nessuno intervenuto ad aiutarmi ad
andare avanti ed approfondire i miei tentativi di spiegazione. Ora, il silenzio, che
cattolico. Per esempio il silenzio di Giuseppe Branca, di Livio Zanetti, di Giorgio Bocca, di
38

Claudio Petruccioli, di Alberto Moravia, che avevo nominalmente invitato a intervenire in


una mia proposta di processo contro i colpevoli di questa condizione italiana che tu
descrivi con tanta ansia apocalittica: tu, cos sobrio. E anche il tuo silenzio a tante mie
lettere pubbliche cattolico. E anche il silenzio dei cattolici di sinistra cattolico (essi,
dovrebbero avere finalmente il coraggio di definirsi riformisti, o con pi coraggio ancora
luterani. Dopo tre secoli sarebbe ora).
Lascia che ti dica che non cattolico, invece, chi parla e tenta di dare spiegazioni magari
dal vivo, e circondato dal profondo silenzio. Non sono stato capace di starmene zitto,
come non sei capace di startene te zitto tu ora. "Bisogna aver molto parlato per poter
tacere " ( uno storico cinese che, stupendamente, lo dice.) Dunque parla una buona
volta. Perch?
Tu hai steso un cahier de dolance in cui sono allineati fatti e fenomeni a cui non dai
spiegazioni, come farebbe Lietta Tornabuoni o un giornalista sia pure indignato della Tv.
Perch?
Eppure io ho anche da ridire sul tuo cahier, al di fuori della mancanza dei perch.
Ho da ridire che tu crei dei capri espiatori, che sono: "parte della borghesia", "Roma", "i
"neofascisti".
Risulta evidente da ci che tu ti appoggi a certezze che valevano anche prima. Le
certezze che ti dicevo in unaltra lettera che ci hanno confortato e anche gratificato in un
contesto clerico-fascista. Le certezze laiche, razionali, democratiche, progressiste. Cos
come esse sono non valgono pi. Il divenire storico divenuto, e quelle certezze son
rimaste comerano.
Parlare ancora come colpevole di "parte della borghesia" un discorso antico e
meccanico perch la borghesia, oggi, nel tempo stesso troppo peggiore che dieci anni
fa, e troppo migliore. Tutta. Compresa quella dei Parioli o di San Babila. inutile che ti
dica perch peggiore (violenza, aggressivit, dissociazione dallaltro, razzismo, volgarit,
brutale edonismo) ma inutile che ti dica perch migliore (un certo laicismo, una certa
accettazione di valori che erano solo di cerchie ristrette, votazioni al referendum, votazioni
al 15 giugno).
Parlare come colpevole della citt di Roma, ripiombare nei pi puri anni cinquanta,
quando torinesi, milanesi (friulani) consideravano Roma il centro di ogni corruzione: con
aperte manifestazioni razzistiche. Roma con i suoi Parioli, non affatto peggiore di Milano
col suo San Babila, o di Torino.
Quanto ai neofascisti (giovani) tu stesso ti sei reso conto che la loro nozione va
immensamente allargata: e la possibile crudelt nazista di cui parli (e di cui da tanto vado
parlando io) non riguarda solo loro.
Ho da ridire anche su un altro punto del cahier senza perch.
Tu hai privilegiato i neofascisti pariolini del tuo interesse e della tua indignazione, perch
sono borghesi, La loro criminalit ti pare interessante perch riguarda i nuovi figli della
borghesia. Li porti dal buio truculento della cronaca alla luce dellinterpretazione
intellettuale, perch la loro classe sociale lo pretende. Ti sei comportato - mi sembra come tutta la stampa italiana, che negli assassini del Circeo vede un caso che la riguarda,
un caso, ripeto, privilegiato. Se a fare le stesse cose fossero stati dei "poveri" delle
borgate romane, oppure dei poveri immigrati a Milano o a Torino, non se ne sarebbe
parlato tanto in quel modo. Per razzismo. Perch i "poveri" delle borgate o i "poveri"
immigrati sono considerato delinquenti a priori.
Ebbene i "poveri" delle borgate romane e i "poveri" immigrati, cio i giovani del popolo,
possono fare e fanno effettivamente (come dicono con spaventosa chiarezza le cronache)
le stesse cose che hanno fatto i giovani dei Parioli: e con lo stesso identico spirito, quello
che oggetto della tua "descrittivit".
I giovani delle borgate di Roma fanno tutte le sere centinaia di orge (le chiamano
batterie) simili a quelle del Circeo; e inoltre, anchessi drogati.
39

Luccisione di Rosaria Lopez stata molto probabilmente preterintenzionale (cosa che non
considero affatto unattenuante): tutte le sere, infatti, quelle centinaia di batterie implicano
un rozzo cerimoniale sadico.
Limpunit di tutti questi anni per i delinquenti borghesi e in specie neofascisti non ha
niente da invidiare allimpunit dei criminali di borgata. (I fratelli Carlino, di Torpignattara,
godevano della stessa libert condizionale dei pariolini.) Impunit miracolosamente
conclusasi in parte con il 15 giugno.
Cosa dedurre da tutto questo? Che la "cancrena" non si diffonde da alcuni strati della
borghesia (romana) (neofascista) contagiando il paese e quindi il popolo. Ma che c una
fonte di corruzione ben pi lontana e totale. Ed eccomi alla ripetizione della litania.
cambiato il "modo di produzione" (enorme quantit, beni superflui, funzione edonistica).
Ma la produzione non produce solo merce, produce insieme rapporti sociali, umanit. Il
"nuovo modo di produzione" ha prodotto quindi una nuova umanit, ossia una "nuova
cultura" modificando antropologicamente luomo (nella fattispecie litaliano). Tale "nuova
cultura ha distrutto cinicamente (genocidio) le culture precedenti: da quella tradizionale
borghese, alle varie culture particolaristiche e pluralistiche popolari. Ai modelli e ai valori
distrutti essa sostituisce modelli e valori propri (non ancora definiti e nominati): che sono
quelli di una nuova specie di borghesia. I figli della borghesia sono dunque privilegiati nel
realizzarli, e, realizzandoli (con incertezza e quindi con aggressivit), si pongono come
esempi a coloro che economicamente sono impotenti a farlo, e vengono ridotti appunto a
larvali e feroci imitatori. Di qui la loro natura sicaria, da SS. Il fenomeno riguarda cos
lintero paese. E i perch sono ben chiari. Chiarezza che certo, lo ammetto, non risulta da
questa tabella che ho qui stilato come un telegramma. Ma tu sai bene come documentarti,
se vuoi rispondermi, discutere, replicare. Cosa che finalmente pretendo che tu faccia.
NB. I politici sono difficilmente recuperabili a una tale operazione. La loro una lotta per la
pura sopravvivenza. Devono trovare ogni giorno un aggancio per restare attaccati e inseriti
l dove lottano (per s o per gli altri, non importa). La stampa rispecchia fedelmente la
quotidianit, il vortice in cui sono presi e travolti. E rispecchia anche fedelmente le parole
magiche, o i puri verbalismi, cui sono attaccati riducendovi le prospettive politiche reali
("morotei", "dorotei", "alternativa", "compromesso", "giungla retributiva"). I giornalisti autori
di tale rispecchiamento sembrano essere complici di tale pura quotidianit, mitizzata
(come sempre la "pratica") in quanto "seria". Manovre, congiure, intrighi, intrallazzi di
Palazzo passano per avvenimenti seri. Mentre per uno sguardo appena un po
disinteressato non sono che contorcimenti tragicomici e, naturalmente, furbeschi e
indegni.
I sindacalisti non possono essere di maggiore aiuto. Lama, sotto cui tutti i facitori di
opinione hanno preso labitudine di accucciarsi come cagnette in fregola sotto il cane, non
saprebbe dirci nulla. Egli uguale e contrario, ossia contrario e uguale a Moro, con cui
tratta. La realt e le prospettive sono verbali: ci che conta un oggi arrangiato. Non
importa se Lama costretto a questo, mentre i democristiani vivono di questo. Oggi pare
che solo platonici intellettuali (aggiungo: marxisti) - magari privi di informazione, ma certo
privi di interesse e di complicit - abbiano qualche probabilit di intuire il senso di ci che
sta veramente succedendo: naturalmente per a patto che tale loro intuire venga tradotto letteralmente tradotto - da scienziati anchessi platonici, nei termini dellunica scienza la cui
realt oggettivamente certa come quella della Natura, cio lEconomia politica.

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Il romanzo delle stragi


Dal "Corriere della sera" del 14 novembre 1974 col titolo "Che cos' questo golpe?"
Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realt
una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpes,
sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia, infine, gli "ignoti" autori materiali
delle stragi pi recenti.
Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi opposte, fasi della tensione: una
prima fase anticomunista (Milano 1969), e una seconda fase antifascista (Brescia e
Bologna 1974).
Io so i nomi del gruppo di potenti che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei
colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una
crociata anticomunista, a tamponare il 1968, e, in seguito, sempre con l'aiuto e per
ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginit antifascista, a tamponare il disastro
del referendum.
Io so i nomi di coloro che, tra una messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato
la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di
un potenziale colpo di Stato), a giovani neofascisti, anzi neonazisti (per creare in concreto
la tensione anticomunista) e infine ai criminali comuni, fino a questo momento, e forse per
sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista).
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici
come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Citt
Ducale (mentre i boschi bruciavano), o a dei personaggi grigi e puramente organizzativi
come il generale Miceli.
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno
scelto le suicide atrocit fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a
disposizione, come killers e sicari.
Io so tutti questi nomi e so tutti questi fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono
resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perch sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ci che
succede, di conoscere tutto ci che se ne scrive, di immaginare tutto ci che non si sa o
che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e
frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica l dove
sembrano regnare l'arbitrariet, la follia e il mistero.
Tutto ci fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile
che il "progetto di romanzo" sia sbagliato, che non abbia cio attinenza con la realt, e che
i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri
intellettuali e romanzieri sappiano ci che so io in quanto intellettuale e romanziere.
Perch la ricostruzione della verit a proposito di ci che successo in Italia dopo il 1968
non poi cos difficile.
Tale verit - lo si sente con assoluta precisione - sta dietro una grande quantit di
interventi anche giornalistici e politici: cio non di immaginazione o di finzione come per
sua natura il mio. Ultimo esempio: chiaro che la verit urgeva, con tutti i suoi nomi, dietro
all'editoriale del "Corriere della Sera", del 1 novembre 1974 [L'editoriale di Paolo
Meneghini era intitolato "L'ex-capo del Sid, generale Miceli arrestato per cospirazione
41

politica]. Probabilmente i giornalisti e i politici hanno anche delle prove o, almeno, degli
indizi.
Ora il problema questo: i giornalisti e i politici, pur avendo forse delle prove e certamente
degli indizi, non fanno i nomi. A chi dunque compete fare questi nomi? Evidentemente a
chi non solo ha il necessario coraggio, ma, insieme, non compromesso nella pratica col
potere, e, inoltre, non ha, per definizione, niente da perdere: cio un intellettuale.
Un intellettuale dunque potrebbe benissimo fare pubblicamente quei nomi: ma egli non ha
n prove n indizi. Il potere e il mondo che, pur non essendo del potere, tiene rapporti
pratici col potere, ha escluso gli intellettuali liberi - proprio per il modo in cui fatto - dalla
possibilit di avere prove ed indizi.
Mi si potrebbe obiettare che io, per esempio, come intellettuale, e inventore di storie, potrei
entrare in quel mondo esplicitamente politico (del potere o intorno al potere),
compromettermi con esso, e quindi partecipare del diritto ad avere, con una certa alta
probabilit, prove ed indizi.
Ma a tale obiezione io risponderei che ci non possibile, perch proprio la ripugnanza
ad entrare in un simile mondo politico che si identifica col mio potenziale coraggio
intellettuale a dire la verit: cio a fare i nomi.
Il coraggio intellettuale della verit e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia.
All'intellettuale - profondamente e visceralmente disprezzato da tutta la borghesia italiana si deferisce un mandato falsamente alto e nobile, in realt servile: quello di dibattere i
problemi morali e ideologici.
Se egli vien meno a questo mandato viene considerato traditore del suo ruolo: si grida
subito (come se non si aspettasse altro che questo) al "tradimento dei chierici". Gridare al
"tradimento dei chierici" un alibi e una gratificazione per i politici e per i servi del potere.
Ma non esiste solo il potere: esiste anche un'opposizione al potere.
In Italia questa opposizione cos vasta e forte da essere un potere essa stessa: mi
riferisco naturalmente al Partito comunista italiano. certo che in questo momento la
presenza di un grande partito all'opposizione come il Partito comunista italiano la
salvezza dell'Italia e delle sue povere istituzioni democratiche.
Il Partito comunista italiano un paese pulito in un paese sporco, un paese onesto in un
paese disonesto, un paese intelligente in un paese idiota, un paese colto in un paese
ignorante, un paese umanistico in un paese consumistico.
In questi ultimi anni tra il Partito comunista italiano, inteso in senso autenticamente unitario
- in un compatto "insieme" di dirigenti, base e votanti - e il resto dell'Italia, si aperto un
baratro: per cui il Partito comunista italiano divenuto appunto un "paese separato",
un'isola. Ed proprio per questo che esso pu oggi avere rapporti stretti come non mai col
potere effettivo, corrotto, inetto, degradato: ma si tratta di rapporti diplomatici, quasi da
nazione a nazione. In realt le due morali sono incommensurabili, intese nella loro
concretezza, nella loro totalit.
possibile, proprio su queste basi, prospettare quel "compromesso", realistico, che forse
salverebbe l'Italia dal completo sfacelo: "compromesso" che sarebbe per in realt una
"alleanza" tra due Stati confinanti, o tra due Stati incastrati uno nell'altro.
Ma proprio tutto ci che di positivo ho detto sul Partito comunista italiano ne costituisce
anche il momento relativamente negativo.
La divisione del paese in due paesi, uno affondato fino al collo nella degradazione e nella
degenerazione, l'altro intatto e non compromesso, non pu essere una ragione di pace e
di costruttivit.
Inoltre, concepita cos come io l'ho qui delineata, credo oggettivamente, cio come un
Paese nel Paese, l'opposizione si identifica con un altro potere: che tuttavia sempre
potere.
Di conseguenza gli uomini politici di tale opposizione non possono non comportarsi
anch'essi come uomini di potere.
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Nel caso specifico, che in questo momento cos drammaticamente ci riguarda, anch'essi
hanno deferito all'intellettuale un mandato stabilito da loro. E, se l'intellettuale viene meno
a questo mandato - puramente morale e ideologico - ecco che , con somma
soddisfazione di tutti, un traditore.
Ora, perch neanche gli uomini politici dell'opposizione, se hanno - come probabilmente
hanno - prove o almeno indizi, non fanno i nomi dei responsabili reali, cio politici, dei
comici golpes e delle spaventose stragi di questi anni? semplice: essi non li fanno nella
misura in cui distinguono - a differenza di quanto farebbe un intellettuale - verit politica da
pratica politica. E quindi, naturalmente, neanch'essi mettono al corrente di prove e indizi
l'intellettuale non funzionario: non se lo sognano nemmeno, com' del resto normale, data
l'oggettiva situazione di fatto.
L'intellettuale deve continuare ad attenersi a quello che gli viene imposto come suo
dovere, a iterare il proprio modo codificato di intervento.
Lo so bene che non il caso - in questo particolare momento della storia italiana - di fare
pubblicamente una mozione di sfiducia contro l'intera classe politica. Non diplomatico,
non opportuno.
Ma queste categorie della politica, non della verit politica: quella che - quando pu e
come pu - l'impotente intellettuale tenuto a servire.
Ebbene, proprio perch io non posso fare i nomi dei responsabili dei tentativi di colpo di
Stato e delle stragi (e non al posto di questo) io non posso non pronunciare la mia debole
e ideale accusa contro l'intera classe politica italiana.
E lo faccio in quanto io credo alla politica, credo nei principi "formali" della democrazia,
credo nel Parlamento e credo nei partiti. E naturalmente attraverso la mia particolare ottica
che quella di un comunista.
Sono pronto a ritirare la mia mozione di sfiducia (anzi non aspetto altro che questo) solo
quando un uomo politico - non per opportunit, cio non perch sia venuto il momento, ma
piuttosto per creare la possibilit di tale momento - decider di fare i nomi dei responsabili
dei colpi di Stato e delle stragi, che evidentemente egli sa, come me, non pu non avere
prove, o almeno indizi.
Probabilmente - se il potere americano lo consentir - magari decidendo
"diplomaticamente" di concedere a un'altra democrazia ci che la democrazia americana
si concessa a proposito di Nixon - questi nomi prima o poi saranno detti. Ma a dirli
saranno uomini che hanno condiviso con essi il potere: come minori responsabili contro
maggiori responsabili (e non detto, come nel caso americano, che siano migliori).
Questo sarebbe in definitiva il vero colpo di Stato..

Il vuoto del potere


Dal Corriere della Sera del 1 febbraio 1975 con il titolo Larticolo delle lucciole
La distinzione tra fascismo aggettivo e fascismo sostantivo risale niente meno che al
giornale "Il Politecnico", cio all'immediato dopoguerra..." Cos comincia un intervento di
Franco Fortini sul fascismo ("L'Europeo, 26-12-1974): intervento che, come si dice, io
sottoscrivo tutto, e pienamente. Non posso per sottoscrivere il tendenzioso esordio. Infatti
la distinzione tra "fascismi" fatta sul "Politecnico" non n pertinente n attuale. Essa
poteva valere ancora fino a circa una decina di anni fa: quando il regime democristiano era
ancora la pura e semplice continuazione del regime fascista. Ma una decina di anni fa,
successo "qualcosa". "Qualcosa" che non c'era e non era prevedibile non solo ai tempi del
"Politecnico", ma nemmeno un anno prima che accadesse (o addirittura, come vedremo,
mentre accadeva).
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Il confronto reale tra "fascismi" non pu essere dunque "cronologicamente", tra il fascismo
fascista e il fascismo democristiano: ma tra il fascismo fascista e il fascismo radicalmente,
totalmente, imprevedibilmente nuovo che nato da quel "qualcosa" che successo una
decina di anni fa.
Poich sono uno scrittore, e scrivo in polemica, o almeno discuto, con altri scrittori, mi si
lasci dare una definizione di carattere poetico-letterario di quel fenomeno che successo
in Italia una decina di anni fa. Ci servir a semplificare e ad abbreviare il nostro discorso
(e probabilmente a capirlo anche meglio).
Nei primi anni sessanta, a causa dell'inquinamento dell'aria, e, soprattutto, in campagna, a
causa dell'inquinamento dell'acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono
cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi
anni le lucciole non c'erano pi. (Sono ora un ricordo, abbastanza straziante, del passato:
e un uomo anziano che abbia un tale ricordo, non pu riconoscere nei nuovi giovani se
stesso giovane, e dunque non pu pi avere i bei rimpianti di una volta).
Quel "qualcosa" che accaduto una decina di anni fa lo chiamer dunque "scomparsa
delle lucciole".
Il regime democristiano ha avuto due fasi assolutamente distinte, che non solo non si
possono confrontare tra loro, implicandone una certa continuit, ma sono diventate
addirittura storicamente incommensurabili. La prima fase di tale regime (come
giustamente hanno sempre insistito a chiamarlo i radicali) quella che va dalla fine della
guerra alla scomparsa delle lucciole, la seconda fase quella che va dalla scomparsa
delle lucciole a oggi. Osserviamole una alla volta.
Prima della scomparsa delle lucciole
La continuit tra fascismo fascista e fascismo democristiano completa e assoluta. Taccio
su ci, che a questo proposito, si diceva anche allora, magari appunto nel "Politecnico": la
mancata epurazione, la continuit dei codici, la violenza poliziesca, il disprezzo per la
Costituzione. E mi soffermo su ci che ha poi contato in una coscienza storica
retrospettiva. La democrazia che gli antifascisti democristiani opponevano alla dittatura
fascista, era spudoratamente formale.
Si fondava su una maggioranza assoluta ottenuta attraverso i voti di enormi strati di ceti
medi e di enormi masse contadine, gestiti dal Vaticano. Tale gestione del Vaticano era
possibile solo se fondata su un regime totalmente repressivo. In tale universo i "valori" che
contavano erano gli stessi che per il fascismo: la Chiesa, la Patria, la famiglia,
l'obbedienza, la disciplina, l'ordine, il risparmio, la moralit. Tali "valori" (come del resto
durante il fascismo) erano "anche reali": appartenevano cio alle culture particolari e
concrete che costituivano l'Italia arcaicamente agricola e paleoindustriale. Ma nel
momento in cui venivano assunti a "valori" nazionali non potevano che perdere ogni realt,
e divenire atroce, stupido, repressivo conformismo di Stato: il conformismo del potere
fascista e democristiano. Provincialit, rozzezza e ignoranza sia delle "lites" che, a livello
diverso, delle masse, erano uguali sia durante il fascismo sia durante la prima fase del
regime democristiano. Paradigmi di questa ignoranza erano il pragmatismo e il formalismo
vaticani.
Tutto ci che risulta chiaro e inequivocabilmente oggi, perch allora si nutrivano, da parte
degli intellettuali e degli oppositori, insensate speranze. Si sperava che tutto ci non fosse
completamente vero, e che la democrazia formale contasse in fondo qualcosa. Ora, prima
di passare alla seconda fase, dovr dedicare qualche riga al momento di transizione.
Durante la scomparsa delle lucciole
In questo periodo la distinzione tra fascismo e fascismo operata sul "Politecnico" poteva
anche funzionare. Infatti sia il grande paese che si stava formando dentro il paese - cio la
massa operaia e contadina organizzata dal PCI - sia gli intellettuali anche pi avanzati e
critici, non si erano accorti che "le lucciole stavano scomparendo". Essi erano informati
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abbastanza bene dalla sociologia (che in quegli anni aveva messo in crisi il metodo
dell'analisi marxista): ma erano informazioni ancora non vissute, in sostanza formalistiche.
Nessuno poteva sospettare la realt storica che sarebbe stato l'immediato futuro; n
identificare quello che allora si chiamava "benessere" con lo "sviluppo" che avrebbe
dovuto realizzare in Italia per la prima volta pienamente il "genocidio" di cui nel "Manifesto"
parlava Marx.
Dopo la scomparsa delle lucciole
I "valori" nazionalizzati e quindi falsificati del vecchio universo agricolo e paleocapitalistico,
di colpo non contano pi. Chiesa, patria, famiglia, obbedienza, ordine, risparmio, moralit
non contano pi. E non servono neanche pi in quanto falsi. Essi sopravvivono nel clericofascismo emarginato (anche il MSI in sostanza li ripudia). A sostituirli sono i "valori" di un
nuovo tipo di civilt, totalmente "altra" rispetto alla civilt contadina e paleoindustriale.
Questa esperienza stata fatta gi da altri Stati. Ma in Italia essa del tutto particolare,
perch si tratta della prima "unificazione" reale subita dal nostro paese; mentre negli altri
paesi essa si sovrappone con una certa logica alla unificazione monarchica e alla ulteriore
unificazione della rivoluzione borghese e industriale. Il trauma italiano del contatto tra
l'"arcaicit" pluralistica e il livellamento industriale ha forse un solo precedente: la
Germania prima di Hitler. Anche qui i valori delle diverse culture particolaristiche sono stati
distrutti dalla violenta omologazione dell'industrializzazione: con la conseguente
formazione di quelle enormi masse, non pi antiche (contadine, artigiane) e non ancor
moderne (borghesi), che hanno costituito il selvaggio, aberrante, imponderabile corpo
delle truppe naziste.
In Italia sta succedendo qualcosa di simile: e con ancora maggiore violenza, poich
l'industrializzazione degli anni Settanta costituisce una "mutazione" decisiva anche rispetto
a quella tedesca di cinquant'anni fa. Non siamo pi di fronte, come tutti ormai sanno, a
"tempi nuovi", ma a una nuova epoca della storia umana, di quella storia umana le cui
scadenze sono millenaristiche. Era impossibile che gli italiani reagissero peggio di cos a
tale trauma storico. Essi sono diventati in pochi anni (specie nel centro-sud) un popolo
degenerato, ridicolo, mostruoso, criminale. Basta soltanto uscire per strada per capirlo.
Ma, naturalmente, per capire i cambiamenti della gente, bisogna amarla. Io, purtroppo,
questa gente italiana, l'avevo amata: sia al di fuori degli schemi del potere (anzi, in
opposizione disperata a essi), sia al di fuori degli schemi populisti e umanitari. Si trattava
di un amore reale, radicato nel mio modo di essere. Ho visto dunque "coi miei sensi" il
comportamento coatto del potere dei consumi ricreare e deformare la coscienza del
popolo italiani, fino a una irreversibile degradazione. Cosa che non era accaduta durante il
fascismo fascista, periodo in cui il comportamento era completamente dissociato dalla
coscienza. Vanamente il potere "totalitario" iterava e reiterava le sue imposizioni
comportamentistiche: la coscienza non ne era implicata. I "modelli" fascisti non erano che
maschere, da mettere e levare. Quando il fascismo fascista caduto, tutto tornato come
prima. Lo si visto anche in Portogallo: dopo quarant'anni di fascismo, il popolo
portoghese ha celebrato il primo maggio come se l'ultimo lo avesse celebrato l'anno prima.
ridicolo dunque che Fortini retrodati la distinzione tra fascismo e fascismo al primo
dopoguerra: la distinzione tra il fascismo fascista e il fascismo di questa seconda fase del
potere democristiano non solo non ha confronti nella nostra storia, ma probabilmente
nell'intera storia.
Io tuttavia non scrivo il presente articolo solo per polemizzare su questo punto, bench
esso mi stia molto a cuore. Scrivo il presente articolo in realt per una ragione molto
diversa. Eccola.
Tutti i miei lettori si saranno certamente accorti del cambiamento dei potenti democristiani:
in pochi mesi, essi sono diventati delle maschere funebri. vero: essi continuano a
sfoderare radiosi sorrisi, di una sincerit incredibile. Nelle loro pupille si raggruma della
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vera, beata luce di buon umore. Quando non si tratti dell'ammiccante luce dell'arguzia e
della furberia. Cosa che agli elettori piace, pare, quanto la piena felicit. Inoltre, i nostri
potenti continuano imperterriti i loro sproloqui incomprensibili; in cui galleggiano i "flatus
vocis" delle solite promesse stereotipe. In realt essi sono appunto delle maschere. Son
certo che, a sollevare quelle maschere, non si troverebbe nemmeno un mucchio d'ossa o
di cenere: ci sarebbe il nulla, il vuoto. La spiegazione semplice: oggi in realt in Italia c'
un drammatico vuoto di potere. Ma questo il punto: non un vuoto di potere legislativo o
esecutivo, non un vuoto di potere dirigenziale, n, infine, un vuoto di potere politico in un
qualsiasi senso tradizionale. Ma un vuoto di potere in s.
Come siamo giunti, a questo vuoto? O, meglio, "come ci sono giunti gli uomini di potere?".
La spiegazione, ancora, semplice: gli uomini di potere democristiani sono passati dalla
"fase delle lucciole" alla "fase della scomparsa delle lucciole" senza accorgersene. Per
quanto ci possa sembrare prossimo alla criminalit la loro inconsapevolezza su questo
punto stata assoluta; non hanno sospettato minimamente che il potere, che essi
detenevano e gestivano, non stava semplicemente subendo una "normale" evoluzione,
ma sta cambiando radicalmente natura.
Essi si sono illusi che nel loro regime tutto sostanzialmente sarebbe stato uguale: che, per
esempio, avrebbero potuto contare in eterno sul Vaticano: senza accorgersi che il potere,
che essi stessi continuavano a detenere e a gestire, non sapeva pi che farsene del
Vaticano quale centro di vita contadina, retrograda, povera. Essi si erano illusi di poter
contare in eterno su un esercito nazionalista (come appunto i loro predecessori fascisti): e
non vedevano che il potere, che essi stessi continuavano a detenere e a gestire, gi
manovrava per gettare la base di eserciti nuovi in quanto transnazionali, quasi polizie
tecnocratiche. E lo stesso si dica per la famiglia, costretta, senza soluzione di continuit
dai tempi del fascismo, al risparmio, alla moralit: ora il potere dei consumi imponeva a
essa cambiamenti radicali nel senso della modernit, fino ad accettare il divorzio, e ormai,
potenzialmente, tutto il resto, senza pi limiti (o almeno fino ai limiti consentiti dalla
permissivit del nuovo potere, peggio che totalitario in quanto violentemente totalizzante).
Gli uomini del potere democristiani hanno subito tutto questo, credendo di amministrarselo
e soprattutto di manipolarselo. Non si sono accorti che esso era "altro": incommensurabile
non solo a loro ma a tutta una forma di civilt. Come sempre (cfr. Gramsci) solo nella
lingua si sono avuti dei sintomi. Nella fase di transizione - ossia "durante" la scomparsa
delle lucciole - gli uomini di potere democristiani hanno quasi bruscamente cambiato il loro
modo di esprimersi, adottando un linguaggio completamente nuovo (del resto
incomprensibile come il latino): specialmente Aldo Moro: cio (per una enigmatica
correlazione) colui che appare come il meno implicato di tutti nelle cose orribili che sono
state, organizzate dal '69 ad oggi, nel tentativo, finora formalmente riuscito, di conservare
comunque il potere.
Dico formalmente perch, ripeto, nella realt, i potenti democristiani coprono con la loro
manovra da automi e i loro sorrisi, il vuoto. Il potere reale procede senza di loro: ed essi
non hanno pi nelle mani che quegli inutili apparati che, di essi, rendono reale nient'altro
che il luttuoso doppiopetto.
Tuttavia nella storia il "vuoto" non pu sussistere: esso pu essere predicato solo in
astratto e per assurdo. probabile che in effetti il "vuoto" di cui parlo stia gi riempiendosi,
attraverso una crisi e un riassestamento che non pu non sconvolgere l'intera nazione. Ne
un indice ad esempio l'attesa "morbosa" del colpo di Stato. Quasi che si trattasse
soltanto di "sostituire" il gruppo di uomini che ci ha tanto spaventosamente governati per
trenta anni, portando l'Italia al disastro economico, ecologico, urbanistico, antropologico.
In realt la falsa sostituzione di queste "teste di legno" (non meno, anzi pi funereamente
carnevalesche), attuata attraverso l'artificiale rinforzamento dei vecchi apparati del potere
fascista, non servirebbe a niente (e sia chiaro che, in tal caso, la "truppa" sarebbe, gi per
sua costituzione, nazista). Il potere reale che da una decina di anni le "teste di legno"
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hanno servito senza accorgersi della sua realt: ecco qualcosa che potrebbe aver gi
riempito il "vuoto" (vanificando anche la possibile partecipazione al governo del grande
paese comunista che nato nello sfacelo dell'Italia: perch non si tratta di "governare"). Di
tale "potere reale" noi abbiamo immagini astratte e in fondo apocalittiche: non sappiamo
raffigurarci quali "forme" esso assumerebbe sostituendosi direttamente ai servi che l'hanno
preso per una semplice "modernizzazione" di tecniche. Ad ogni modo, quanto a me (se ci
ha qualche interesse per il lettore) sia chiaro: io, ancorch multinazionale, darei l'intera
Montedison per una lucciola.

Pasolini e le ultime illusioni


di Franco Fortini, da Il Corriere della Sera (1977)
Questi dialoghi con i lettori sono soprattutto dialoghi con dei comunisti, anzi con il
comunismo italiano. C' spesso, del Pasolini migliore, non solo l'ininterrotto calore della
mente, la volont di capire e di essere capito, e quella pazienza pedagogica che Zanzotto
ha cos bene messo in evidenza; c' anche - e anche questo fa parte del Pasolini migliore
- una volont di essere accettato, di avere un pubblico visibile.
Sono di quelli cui ha dato e continua a dar noia la mitografia editoriale su Pasolini; di quelli
che preferiscono inoltrarsi odiosi, incomprensivi, ingiusti - ch tale sono stato con Pasolini
vivo - piuttosto che spartire una qualit di ammirazione e di liturgia repellente, in
particolare quella votata alla memoria necrofila dell'assassinato. Essa mi pare non troppo
diversa dalla diffamazione a bassa voce che della sua poesia va diffondendosi ad opera di
quelli cui egli aveva, da vivo, data troppa ombra. Eppure m' difficile resistere alla simpatia
per queste pagine: ricchissime non solo di 'chiavi' per le pi complesse opere del loro
autore ma soprattutto per due costanti, fra loro congiunte, quella del rapporto fra
socialismo e cristianesimo e quella della riflessione sul linguaggio. Quest'ultima (mi fa
notare la sensibilit, anche professionale, di Pier Vincenzo Mengaldo) qui al centro di
alcuni dei passi migliori: l'intelligenza poetica di Pasolini gli fa intendere che per lui, ossia
per la sua opera, i temi e gli interrogativi del linguaggio traspongono proprio quelli, etici e
politici, dell''umile Italia' cattolica e della 'speranza' comunista. Avverti qui quasi tutti i nessi
dolorosi e vitali di una fase di liquidazione, ossia di una ancora forte capacit poetica che
sta per lasciando la pagina lirica per l'avventura cinematografica.
Il tono con cui Pasolini parla ai suoi corrispondenti ha l'appassionata capacit di speranza
che fu degli anni Cinquanta. Non lontano neanche l'accento del "Politecnico". E nello
stesso tempo avverti qualche impazienza e delusione. Quelli che scrivono a "Vie Nuove" e
gli argomenti ai quali si chiede risposta, sempre pi si rivelano lontani dalla 'base'
postresistenziale mitizzata e sempre pi subalterni alla cultura piccolo-borghese. Pasolini
a poco a poco avverte la impossibilit di mantenere un dialogo che si svolge ormai su temi
invecchiati. Prepara e inizia (dopo il Vangelo e il suo successo internazionale) quella
dilatazione, anche geografica, dei propri interessi che egli formuler spesso come
allontanamento da una patria che non vuole comprendere pi e che si tradurr nella
spirale di angoscia, di chiaroveggenza e di autodistruzione dei suoi ultimi anni.
In questi dialoghi giornalistici si consuma una delle ultime illusioni post-resistenziali: quella
di un dialogo, appunto, fra un 'popolo' e un 'intellettuale' sotto il segno di un grande partito
democratico-popolare. impressionante, qui, l'assenza di riferimenti al moto intellettuale e
politico che veniva crescendo in Lombardia e in Piemonte, o la incredibile sottovalutazione
di quanto stava accadendo in Cina e nel Sudest asiatico. La scena, appena accennata,
della incomprensione fra gli intellettuali di Praga e l'ospite Pasolini; quella, ancora pi
recente e ancora pi grave, dell'incontro con Lukcs, danno la misura di come il poeta
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delle Ceneri fosse entrato negli anni Sessanta con una incomparabile vitalit ma con un
bagaglio ideologico-politico piuttosto leggero; che era poi quello di "Officina". E questo pu
spiegare tanto l'impeto dei suoi interessi linguistici e semiologici degli anni successivi, con
cui ritrovava gli studi e i maestri di vent'anni prima, quanto l'incomprensione degli anni
1967-70, fisso come rimase ad una immagine mitica del Nord industriale e contadino
(Teorema) e alla irritata, e irretita, di una Roma popolata da studenti neoborghesi.
Credo che queste pagine scritte in difesa di un ottimismo che di giorno in giorno si allenta
e corrompe saranno molto utili non tanto a chi voglia conoscere qualcosa di ignorato sulla
persona poetica di Pasolini quanto a chi voglia comprendere il decennio che va dalle
rivolte in Polonia e Ungheria a quelle della giovent europea. Un ottimismo e una illusione
che gli ultimi tempi hanno distrutto, distruggendo quindi anche Pasolini. Si contempla oggi
stupefatti la somma delle menzogne 'democratiche' che ormai dalla quasi totalit
dell'orizzonte le parti politiche ci vengono raccontando e che zelanti intellettuali vanno
ripetendo. Chi, come me, persuaso che continuando per la via presente l''ordine' porter,
nel giro di qualche anno, alla pratica generalizzazione della tortura sul territorio nazionale,
anche in pagine come queste si interroga sul punto sociale e politico che proprio in quegli
anni, fra il 1960 e il 1965, avrebbe indotto, in Italia e nel mondo, l'accelerazione del
secondo quinquennio, e poi il contraccolpo di una reazione durissima. Questa ha
immobilizzato e medusato tutta una generazione europea, ha ucciso i pi sensibili e
generosi, ha travolto nella destabilizzazione ideologica anche i maggiori centri di attivit
intellettuali, ha restituito milioni di giovani all'angoscia personale e lasciato le redini della
societ europea a politici senza speranza.

Aboliamo la tv e la scuola dellobbligo


di Pier Paolo Pasolini, dal Corriere della Sera del 18 ottobre 1975
I vari casi di criminalit che riempiono apocalitticamente la cronaca dei giornali e la nostra
coscienza abbastanza atterrita, non sono casi: sono, evidentemente, casi estremi di un
modo di essere criminale diffuso e profondo: di massa.
Infatti i criminali non sono solo i neofascisti. Ultimamente un episodio (il massacro di una
ragazza al Circeo) ha improvvisamente alleggerito tutte le coscienze e fatto tirare un
grande respiro di sollievo: perch i colpevoli del massacro erano appunto dei pariolini
fascisti. Dunque c'era da rallegrarsi per due ragioni: 1) per la conferma del fatto che sono
solo e sempre fascisti la colpa di tutto; 2) per la conferma del fatto che la colpa solo e
sempre dei borghesi privilegiati e corrotti. La gioia di sentirsi confermati in questo antico
sentimento populista - e nella solidit dell'annessa configurazione morale - non esplosa
solo nei giornali comunisti, ma in tutta la stampa (che dopo il 15 giugno ha una gran paura
di essere a meno appunto dei comunisti). In realt la stampa borghese stata
letteralmente felice di poter colpevolizzare i delinquenti dei Parioli, perch,
colpevolizzandoli tanto drammaticamente, li privilegiava (solo i drammi borghesi hanno
vero valore e interesse) e nel tempo stesso poteva crogiolarsi nella vecchia idea che dei
delitti proletari e sottoproletari inutile occuparsi pi che tanto, dato che
aprioristicamente assodato che proletari e sottoproletari sono delinquenti.
Io penso dunque che anche il massacro del Circeo abbia scatenato in Italia la solita
offensiva ondata di stupidit giornalistica. Infatti, ripeto, i criminali non sono affatto solo i
neofascisti, ma sono anche allo stesso modo e con la stessa coscienza, i proletari o i
sottoproletari, che magari hanno votato comunista il 15 giugno. Si pensi al delitto dei
fratelli Carlino di Torpignattara, o all'aggressione di Cinecitt (un ragazzo percosso
brutalmente e chiuso dentro il baule della macchina e la ragazza violentata e seviziata da
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sette giovani della periferia romana). Questi delinquenti "popolari" - e per ora mi riferisco,
con precisione documentata, ai soli fratelli Carlino - godevano della stessa identica libert
condizionale che i delinquenti dei Parioli; godevano cio della stessa impunit. E' assurdo
dunque accusare i giudici che hanno mandato in giro "a piede libero" i neofascisti se non
si accusano nello stesso tempo e con la stessa fermezza i giudici che hanno mandato in
giro "a piede libero" i fratelli Carlino (e altre migliaia di giovani delinquenti delle borgate
romane).
La realt la seguente: i casi estremi di criminalit derivano da un ambiente criminaloide
di massa. Occorrono migliaia di casi come quelli della festicciola sadica del Circeo o di
aggressivit brutale per ragioni di traffico, perch si realizzino casi come quelli dei sadici
pariolini o dei sadici di Torpignattara. Quanto a me, lo dico ormai da qualche anno che
l'universo popolare romano universo "odioso". Lo dico con scandalo dei benpensanti; e
soprattutto con scandalo dei benpensanti che non credono di esserlo. E ne ho anche
indicato le ragioni (perdita da parte di giovani del popolo dei propri valori morali, cio della
propria cultura particolaristica, coi suoi schemi di comportamento eccetera). E a proposito,
poi, di un universo criminaloide come quello popolare romano bisogner dire che non
valgono le consuete attenuanti populistiche: necessario munirsi della stessa rigidit
puritana e punitiva che siamo soliti sfoggiare contro le manifestazioni criminaloide
dell'infima borghesia neofascista. Infatti i giovani proletari e sottoproletari romani
appartengono ormai totalmente all'universo piccolo borghese: il modello piccolo borghese
stato loro definitivamente imposto, una volta per sempre. E i loro modelli concreti sono
proprio quei piccoli borghesi idioti e feroci che essi, ai bei tempi, hanno tanto e cos
spiritosamente disprezzato come ridicole e ripugnanti nullit. Non per niente i seviziatori
sottoproletari della ragazza di Cinecitt, usando di lei come di una "cosa", le dicevano:
"Bada che ti facciamo quello che hanno fatto a Rosaria Lopez". La mia esperienza privata,
quotidiana, esistenziale - che oppongo ancora una volta all'offensiva astrattezza e
approssimazione dei giornalisti e dei politici che non vivono queste cose - m'insegna che
non c' pi alcuna differenza vera nell'atteggiamento verso il reale e nel conseguente
comportamento tra i borghesi dei Parioli e i sottoproletari delle borgate. La stessa
enigmatica faccia sorridente e livida indica la loro imponderabilit morale (il loro essere
sospesi tra la perdita di vecchi valori e la mancata acquisizione di nuovi: la totale
mancanza di ogni opinione sulla propria "funzione").
Un'altra cosa che l'esperienza diretta m'insegna che questo un fenomeno totalmente
italiano. Fa parte del conformismo, peraltro antiquato, dell'informazione italiana il
consolarsi col fatto che anche negli altri Paesi esiste il problema della criminalit: esso
esiste, vero: ma si pone in un mondo dove le istituzioni borghesi restano solide ed
efficienti, e continuano a offrire dunque una contropartita.
Che cos' che ha trasformato i proletari e i sottoproletari italiani, sostanzialmente, in
piccolo borghesi, divorati, per di pi, dall'ansia economica di esserlo? Che cos' che ha
trasformato le "masse" dei giovani in "masse" di criminaloidi? L'ho detto e ripetuto ormai
decine di volte: una "seconda" rivoluzione industriale che in realt in Italia la "prima": il
consumismo che ha distrutto cinicamente un mondo "reale", trasformandolo in una totale
irrealt, dove non c' pi scelta possibile tra male e bene. Donde l'ambiguit che
caratterizza i criminali: e la loro ferocia, prodotta dall'assoluta mancanza di ogni
tradizionale conflitto interiore. Non c' stata in loro scelta tra male e bene: ma una scelta
tuttavia c' stata: la scelta dell'impietrimento, della mancanza di ogni piet.
Si lamenta in Italia la mancanza di una moderna efficienza poliziesca contro la
delinquenza. Cio che io soprattutto lamenterei la mancanza di una coscienza informata
di tutto questo, e la sopravvivenza di una retorica progressista che non ha pi nulla a che
fare con la realt. Bisogna oggi essere progressisti in un altro mondo; inventare una nuova
maniera di essere liberi, soprattutto nel giudicare, appunto, che ha scelto la fine della
piet. Bisogna ammettere una volta per sempre il fallimento della tolleranza. Che stata,
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s'intende, una falsa tolleranza, ed stata una delle cause pi rilevanti nella degenerazione
della masse dei giovani. Bisogna insomma comportarsi, nel giudicare, di conseguenza e
non a priori (l'a priori progressista valido fino a una decina d'anni fa).
Quali sono le mie due modeste proposte per eliminare la criminalit? Sono due proposte
swiftiane, come la loro definizione umoristica non si cura minimamente di nascondere.
1) Abolire immediatamente la scuola media dell'obbligo.
2) Abolire immediatamente la televisione. Quanto agli insegnanti e agli impiegati della
televisione possono anche non essere mangiati, come suggerirebbe Swift: ma
semplicemente possono essere messi sotto cassa integrazione.
La scuola d'obbligo una scuola di iniziazione alla qualit di vita piccolo borghese: vi si
insegnano delle cose inutili, stupide, false, moralistiche, anche nei casi migliori (cio
quando si invita adulatoriamente ad applicare la falsa democraticit dell'autogestione, del
decentramento ecc.: tutto un imbroglio). Inoltre una nozione dinamica solo se include la
propria espansione e approfondimento: imparare un po' di storia ha senso solo se si
proietta nel futuro la possibilit di una reale cultura storica. Altrimenti, le nozioni
marciscono: nascono morte, non avendo futuro, e la loro funzione dunque altro non che
creare, col loro insieme, un piccolo borghese schiavo al posto di un proletario o di un
sottoproletario libero (cio appartenente a un'altra cultura, che lo lascia vergine a capire
eventualmente nuove cose reali, mentre ben chiaro che chi ha fatto la scuola d'obbligo
prigioniero del proprio infimo cerchio di sapere, e si scandalizza di fronte ad ogni novit).
Una buona quinta elementare basta oggi in Italia a un operaio e a suo figlio. Illuderlo di un
avanzamento che una degradazione delittuoso: perch lo rende: primo, presuntuoso
(a causa di quelle due miserabili cose che ha imparato); secondo (e spesso
contemporaneamente), angosciamente frustrato, perch quelle due cose che ha imparato
altro non gli procurano che la coscienza della propria ignoranza. Certo arrivare fino
all'ottava classe anzich alla quinta, o meglio, arrivare alla quindicesima classe, sarebbe,
per me, come per tutti, l'optimum, suppongo. Ma poich oggi in Italia la scuola d'obbligo
esattamente come io l'ho descritta (e mi angoscia letteralmente l'idea che vi venga
aggiunta una "educazione sessuale", magari cos come la intende lo stesso "Paese
Sera"), meglio abolirla in attesa di tempi migliori: cio di un altro sviluppo. (E' questo il
nodo della questione).
Quanto alla televisione non voglio spendere ulteriori parole: cio che ho detto a proposito
della scuola d'obbligo va moltiplicato all'infinito, dato che si tratta non di un insegnamento,
ma di un "esempio": i "modelli" cio, attraverso la televisione, non vengono parlati, ma
rappresentati. E se i modelli son quelli, come si pu pretendere che la giovent pi
esposta e indifesa non sia criminaloide o criminale? E' stata la televisione che ha,
praticamente (essa non che un mezzo), concluso l'era della piet, e iniziato l'era
dell'edon. Era in cui dei giovani insieme presuntuosi e frustrati a causa della stupidit e
insieme dell'irraggiungibilit dei modelli proposti loro dalla scuola e dalla televisione,
tendono inarrestabilmente ad essere o aggressivi fino alla delinquenza o passivi fino alla
infelicit (che non una colpa minore).
Ora, ogni apertura a sinistra sia della scuola che della televisione non servita a nulla: la
scuola e il video sono autoritari perch statali, e lo Stato la nuova produzione
(produzione di umanit). Se dunque i progressisti hanno veramente a cuore la condizione
antropologica di un popolo, si uniscano intrepidamente a pretendere l'immediata
cessazione delle lezioni alla scuola d'obbligo e delle trasmissioni televisive. Non sarebbe
nulla, ma sarebbe anche molto: un Quarticciolo senza abominevoli scuolette e
abbandonato alle sue sere e alle sue notti, forse sarebbe aiutato a ritrovare un proprio
modello di vita. Posteriore a quello di una volta, e anteriore rispetto a quello presente.
Altrimenti tutto ci che si dice sul decentramento scioccamente aprioristico o in pura
malafede. Quanto ai collegamenti informativi del Quarticciolo - come di qualsiasi altro
"luogo culturale" - col resto del mondo, sarebbero sufficienti a garantirgli i giornali murali e
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"l'Unit": e soprattutto il lavoro, che, in un simile contesto, assumerebbe naturalmente un


altro senso, tenendo a unificare una buona volta, e per autodecisione, il tenore di vita con
la vita.
Il mio corpo nella lotta
di Enzo Siciliano, dal Corriere della Sera del 25 ottobre 1992
Nel postumo "Il poeta delle "Ceneri", autobiografia in versi, come dettata a un
intervistatore americano - sono versi del 1966 -, parlando di progetti futuri, Pasolini,
scrisse: "...io vorrei soltanto vivere . pur essendo poeta - perch la vita si esprime anche
solo con se stessa. - Vorrei esprimermi con gli esempi. - Gettare il mio corpo nella lotta. .
Ma se le azioni della vita sono espressive, - anche l' espressione azione...". Pasolini, lo
sappiamo, non avrebbe esitato a gettare il proprio corpo nella lotta: ma ve lo gett da
scrittore, con le polemiche corsare e luterane. Aveva un'ossessione: che l'Italia stesse
vivendo un processo di adattamento alla propria degradazione - "un paese spoliticizzato,
un corpo morto i cui riflessi non sono che meccanici". Di quel processo volle essere
insieme il giudice e il ministro. Le accuse che pronun erano violente, e la sua violenza
era quella di un innamorato. La nostra letteratura conosce pochi scrittori innamorati, come
Pasolini lo fu, dell'Italia intera, della sua cultura, del suo paesaggio, della sua gente. Negli
ultimi due tre anni di vita scrisse cinquecento cartelle di un romanzo che ne avrebbe
dovuto contare duemila (cos diceva), "Petrolio", dove il furore di quelle accuse e della
passione innamorata sembrano confondersi in una drammatica necess sacrificale. Oggi
si annuncia la pubblicazione, da parte della Einaudi, delle cinquecento cartelle incompiute.
"Petrolio" dunque, in circa seicento pagine a stampa, il risultato di un lungo lavoro
filologico eseguito sotto la guida di Aurelio Roncaglia, un lavoro che pare abbia reso
semplice, nei limiti del possibile, la lettura di un testo tormentato da pentimenti, da rotture,
anche da vuoti che restano tali. Nel libro, la crisi italiana, una crisi culturale oltre che
politica, a essere con prepotenza in primo piano. Lo sfondo la societ burocratica di
Roma, quella che intreccia i propri affari e ricava sostentamento nei luoghi del potere
finanziario e statale. E il "Palazzo" che ci si spalanca davanti, con tutti i nomi e i cognomi
di sempre, travolto dalla fantasia pasoliniana e divenuto luogo di non troppo romanzesche
infamie. Contro e dentro quel "Palazzo", ecco muoversi il protagonista della vicenda, un
uomo dell'industria petrolifera, una figura sdoppiata, dal profilo androgino, replicante
provocatorio del mondo che lo circonda, suo correlativo dissolutore, e insieme l'opposto,
incarnazione di un bisogno inestinguibile di cambiamento, o della ambigua dolorosa virt
del cambiamento. Questo doppio protagonista, doppio nella sessualit , non estraneo
alla immaginazione narrativa di Pasolini. Nei brogliacci inediti giovanili, quelli da cui fu
ritagliato "Il sogno di una cosa", e ne "La divina mimesis", gi presente. Ma in "Petrolio"
la sostanza tutta diversa. C' una rabbia nuova, che ubriaca i fogli del libro incompiuto.
Lo scrittore sembra aggredire un'emozione recalcitrante alla luce che lui stesso vi proietta
sopra; e il lettore ha la sensazione di penetrare in un segreto, non soltanto da officina
letteraria, che non vuole essere violato. E che tuttavia pretende d'essere violato. Le pagine
pi felici in senso plastico, di una felicit espressiva dal colore mortuario, sono quelle
erotiche. Mai Pasolini ha rappresentato con tanta sacrale e rabbrividita esplicatezza la
sensualit omosessuale. In una scena notturna, su un prato di periferia, affollato di ragazzi
di vita che si lasciano andare al coito orale con il protagonista duplice e infemminito, come
in un rito che rimargini le ferite dell'anima e insieme le unga di sale, possibile avvertire
quanta straziata esperienza umana vi sia sigillata, quanto di vissuto e di disperatamente
incompiuto. La passione erotica, in quelle pagine, una recidiva, un ritmo ripetitivo che
rende la vita crudelmente sempre identica a se stessa. In una intervista rilasciata in
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Francia, al settimanale "Lui", Pasolini aveva detto: "Io divoro la mia esistenza con un
appetito insaziabile. Come finir tutto ci? Lo ignoro. (...) Sono scandaloso. Lo sono nella
misura in cui tendo una corda, anzi un cordone ombelicale, tra il sacro e il profano". Credo
che "Petrolio" rappresentasse per lui la chance estrema per lo scandalo. Aveva chiesto,
sulla met dell'ottobre 1975, a Dino Pedriali che lo fotografasse nudo, da fuori la vetrata
della sua stanza da letto alla Torre di Chia. Gli disse che le foto avrebbero dovuto illustrare
il romanzo cui stava lavorando. Negli scatti di Pedriali pare notte all'esterno: dentro la
stanza c' una cruda luce elettrica. In quella luce, una muscolatura da calciatore, il corpo
asciutto semisdraiato sulla coperta bianca del letto, o in piedi vicino al cassettone, il sesso
esibito, Pasolini sfoglia un libro. Nella sua fisicit non c' scandalo. Assorbito nella lettura,
mostra indifferenza all'atto, una forma di pudicizia sostanziale che sventa qualsiasi
illazione. In quell'immagine la metafora visibile del suo essere tragicamente teso fra il
sacro e il profano. Lo scandalo di "Petrolio", casomai, sta altrove: sta nell'accanimento con
cui Pasolini, un kamikaze, si lancia contro la parete vischiosa della nostra societ, nel
modo lucido in cui ne analizza la dissoluzione o la perversa tenacia autoassolutoria. Lo
scandalo sta in pagine come questa: "Degli uomini colti non vi fu uno che avesse il
coraggio di alzare la voce per protestare. Il rischio dell'impopolarit' faceva pi paura del
vecchio rischio della verit . "Del resto anche la cultura specializzata era degna del suo
tempo: ormai la sua organizzazione interna era definitivamente pragmatica: i prodotti
intellettuali erano prodotti del loro esserci, come cose o fatti: scommesse perse o vinte. La
malafede era ideologizzata come elemento del modo d'essere colti o addirittura poeti. "Dei
"gruppi" (...) facevano del "potere letterario" il loro fine dichiarato o diretto, non solo senza
pudore, ma addirittura gestendo contemporaneamente una funzione moralistica,
terroristica e ricattatrice, desunta, con inaudita sfacciataggine, dal gauchismo
pateticamente sconfitto. "L'unica realt che pulsava col ritmo e l'affanno della verit era
quella - spiegata - della produzione, della difesa della moneta, della manutenzione delle
istituzioni essenziali al nuovo potere, e non erano certamente le scuole, n gli ospedali...".

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"Pagine corsare", blog dedicato a Pier Paolo Pasolini


Autori e curatori: Angela Molteni, Bruno Esposito, Manolo Trinci
Nel sito, negli archivi e nei sommari potrai trovare gli ipertesti, gli interventi,
le notizie contenuti in oltre dodicimila documenti dedicati a Pier Paolo Pasolini

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