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Montale non prese parte ad alcun movimento politico se non firmando il documento redatto da Benedetto Croce in

opposizione a quello redatto da Gentile, ovvero quello degli intellettuali fascisti. Non prese la tessera del partito
fascista e volle partecipare alla creazione di una nuova Italia in seguito al secondo conflitto mondiale.
Ossi di seppia
Nel 1925 verrà pubblicata per la prima volta “Ossi di seppia”, sottoscritta da un altro intellettuale, Pietro Gobetti,
una persona che aveva messo se stesso in prima fila per affrontare un contesto politico in cui non si riconosceva.
Montale gli è vicino, lo capisce, e gli offre le sue liriche da pubblicare.
Gli ossi di seppia è la parte calcarea delle seppie, che spesso arrivano sulla riva dopo essere state pulite dai pesci e
dal mare. Sceglie questo nome perché è qualcosa che in molti possono aver visto e riconosciuto, oltre ad essere un
chiaro esempio della degenerazione, della morte e della difficoltà della sopravvivenza. La raccolta doveva
inizialmente chiamarsi “Rottami”, dato che sono quello che caratterizza la vita degli individui, è ciò che rimane di
una persona che ha sofferto e che è stata spezzata dalla vita.
In questa raccolta vi è un ambiente correlabile alla vita di Montale per poter contestualizzare gli scritti. L’ambiente
desertico e brullo della Liguria è quello che egli proporrà all’interno della raccolta, ed è l’ambiente in realtà
portatore di morte che accompagna le diverse liriche. La lingua di terra ligure pianeggiante è stretta tra il mare, che
può essere visto come simbolo di speranza ma che è anche invasivo, e la montagna difficilmente agibile, dove è
difficile pascolare le mandrie. L'uomo ha dovuto creare i terrazzamenti per coltivare, e proprio come questi si è
aggrappato alla vita cercando di scapparne i soprusi.
Montale è simile a Leopardi e ha molte derivazioni dantesche. E’ un uomo di cultura, ma all’interno di quella cultura
cerca l’umanità. Parla di situazioni in cui si rivede, ma quando parla della sua situazione di uomo non lo fa in modo
esplicito, parte da quel presupposto per poi universalizzare e renderlo il più generico possibile.
Montale, come Leopardi, sarà convinto che l’illusione e l'immaginazione possono aiutare l’uomo a sopportare il
dolore della vita. Quella che lui chiamerà “Speranza di ricerca del varco” sarà la speranza di trovare quella crepa nel
mure che abbiamo davanti attraverso la quale possa passare della luce, è la speranza di trovare un’alternativa. Egli
riprende argomenti e letteratura del passato perché ritiene che contengano del vero, e riporta questi temi
correlandoli al suo tempo tramite il “Correlativo oggettivo"; come dice la parola stessa, è il trovare una correlazione
tra una sensazione che proviamo con un oggetto identificabile. E’ il modo che Montale ha per spiegare al mondo ciò
che vuole raccontare, concretizza il sentimento per renderlo visibile, condividendo un pensiero e forse anche
trovando una soluzione.
Montale dà nomi specifici alle cose di cui parla, ufficializza sulla carta ciò che gli logora il cuore. Il logorio dell’uomo
è una tematica di Montale, ma l’uomo senza logorio non è uomo. All’interno di questa raccolta, ma soprattutto nella
successiva, predilige come figura di riferimento quella femminile. Egli conosce molte donne nella sua vita che gli
saranno d’ispirazione in diversi modi; esse erano per lui un occhio nuovo per vedere le cose e un supporto emotivo
fondamentale. Egli capirà che in realtà è l’uomo ad essere fragile, non la donna, e questa sua ispirazione è
paragonabile alla figura della donna stilnovistica di Dante, in questo caso quello di una persona abbastanza forte da
poter ispirare e trascinare colui che è accanto a lei, portandolo alla ricerca corretta di ciò che lui possiede.
La lingua in “Ossi di Seppia” è semplice e comprensibile, ma anche alta; il correlativo oggettivo viene usato, ma è
ancora comprensibile ai più (Prende spunto da Elliot).
LE OCCASIONI
Le occasioni è una raccolta che è stata pubblicata tra 39 e il 40. Montale, con Ungaretti, vive in un'epoca, in cui già
la comunicazione, di quello che si volesse dire può avvenire attraverso mezzi che raggiungono tutti, e quindi
successivamente utilizzeranno, e quindi spiegheranno, la televisione, quindi saranno protagonisti di interviste
dirette, radiofoniche o televisive, e questo li avvicinerà al pubblico (avvicinerà paradossalmente al pubblico un
ambiente come quello poetico, che fino fino a quel momento, era stato profondamente elitario).
Montale scrive delle informazioni che possono chiaramente dire, che cosa lui voglia comunicare, quale fosse il suo
stato d'animo in quel momento.

(pag 200. il nostro libro mette due righe che sono di pugno dell'autore. Montale dice, il tempo che è intercorso è
questo) Montale, come Ungaretti, ricerca costantemente la sicurezza della comunicazione, ricerca la parola adatta,
perfetta, non deve esserci un'altra che possa essere utilizzata come sinonimo, per spiegare la parola deve essere
necessa soltanto la perifrasi (partire da un sinonimo vuol dire che già probabilmente l'autore non ha trovato la
parola corretta da utilizzare). Montale è abbastanza preciso, vuole che le sue informazioni siano strutturate come
lui ritiene sia il modo più opportuno, è una ricerca quasi maniacale (come Ungaretti)

Le occasioni sono costituite da 61 scritti e questi sono suddivisi in quattro sezioni, così come in quattro sezioni era
divisa la raccolta Ossi di seppia. Di queste quattro sezioni le più importanti forse sono la seconda e la terza. La
seconda, che si intitolerà Mottetti e la terza che si intitolerà invece Bellosguardo. Nel titolo Mottetti si trova
un’altra passione di Montale, che era la musica lirica, e il Mottetto è proprio una breve composizione che ha origini
medievali e prosegue anche nel Rinascimento, e che racconta in termini veloci e ritmati, quelle che sono le
dinamiche della vita di tanti personaggi. All'interno dei Mottetti ci sono tanti protagonisti, e ognuno di loro hanno
un ruolo ben preciso. In questa seconda sezione di occasioni, nella sezione Mottetti, forse noi troviamo il Montale
più diretto, anche se il linguaggio rispetto a Ossi di seppia, si complica. L'altra sezione, abbastanza corposa, che è la
terza che è Bellosguardo, in realtà è una sezione un po più intimistica, e infatti riguarda un luogo vicino a Firenze,
dove c'è una vista meravigliosa, e da dove lui trarrà ispirazione per alcuni dei suoi componimenti.

I temi che vengono trattati: ovviamente le occasioni, come dice il titolo stesso, cioè quelle situazioni che si sono
create o che l'autore si è trovato ad affrontare improvvisamente, e che gli hanno permesso una riflessione, una
riflessione che lo abbia quindi spinto ad approfondire tematiche di vita, e gli abbia permesso di raccontare qualcosa
di sé.

I fatti che vengono narrati, sono sì fatti che riguardano la sua vita, ma non sono mai detti direttamente. Se
Ungaretti parla di trincea, quindi non possiamo sbagliarci su dove sia capitato quello che lui racconta. Qui invece
noi abbiamo un racconto in termini generali. Quello che gli è accaduto gli ha suscitato dei sentimenti, delle reazioni,
però il modo in cui ce lo racconta, è un modo che ci impedisce di individuare il fatto in sé.

Qui il correlativo oggettivo diventa più impegnativo. Qualcuno ha chiamato le occasioni, il Canzoniere di Montale.
Perché il Canzoniere di Montale? (vi ricordate che Saba ha scritto una raccolta che era il Canzoniere, riprendendo
esattamente le tematiche che in qualche caso Petrarca aveva sottolineato). Perché siccome alcune liriche parlano
del suo approccio con la donna amata, o con le donne che lui ha amato fisicamente e intellettualmente, donne che
hanno in ogni caso aperto lo sguardo del poeta in diverse direzioni, ecco che allora lui racconta questa vicissitudine,
come se stesse tramontando l'amore nei loro confronti, e allora chi ha letto queste righe ha pensato che il
Canzoniere di Montale potesse essere una giusta definizione per questa raccolta. La visione della donna è una
visione salvifica, non nel senso di salvezza dell'anima, non è la donna angelicata in quanto tale, ma è una donna
che lo accompagna e lo sostiene, la donna salvifica permette di vedere la verità delle cose, ma la situazione
negativa non può essere risolta dalla donna salvifica (cosa che accadeva con la donna dello stilnovo), in realtà il
poeta è sollecitato da lei, la donna gli permette di ritrovare quella virtù che lo costringa ad affrontare quella
situazione. Qui prenderà vigore la figura di una donna che lui ha amato molto, Irma Brandeis, donna con cui ha
avuto un rapporto intellettuale molto forte, e in qualche modo forse anche un rapporto amoroso (più platonico che
fisico), è forse una delle prime muse ispiratrici, è la prima musa intellettualmente ispiratrice, perchè è colta.
La bufera e altro
Montale vivrà il periodo della seconda guerra mondiale e quello precedente ad essa. Egli scrive ancora e lavora
ancora, e finchè il Corriere della Sera non gli darà un posto fisso nel 1948 lui sarà angosciato dalla possibilità di
mantenersi autonomamente. Il titolo è abbastanza emblematico, e il racconto viene sviscerato in modo quasi
cronologico; la bufera è qualcosa che stravolge l’ambiente, e difficilmente si riesce a ripararsi da essa. La bufera è
una metafora della seconda guerra mondiale, e l’altro riguarda i dolori del poeta in questi anni. L’ultima raccolta di
Ungaretti si intitola “Il dolore”, e parte della morte del figlio e del fratello del poeta per poi universalizzare quel
dolore, perché partendo in modo generico non si riesce ad essere abbastanza convincenti. Ungaretti voleva far
sentire il proprio dolore per far vedere che la condivisione poteva dare all’uomo quella speranza che altrimenti non
si trova.
Qui si parte dalla guerra, che porta la bufera, all’interno della quale vi sono i dolori personali; è come se facesse il
percorso inverso rispetto ad Ungaretti, dall’universalizzazione delle sofferenze passa all’individualità. Montale sarà
deluso dalla vita del suo tempo e non amerà la società di massa; come poeta si chiederà più volte quanto il suo
ruolo nella società possa ancora essere valido. Non è il fatto di dire che non vi sono parole per descrivere le
assurdità che l’uomo sta compiendo, ma è presunzione di percepire il netto distacco tra la sua capacità sentimentale
e quella della massa che si abbassa a livelli mediocri, come se non si riconoscesse più in questa società che riduce
l’uomo a un piccolo ingranaggio di una macchina che, in fondo, potrebbe anche sostituirlo; l’uomo è fagocitato da
qualcosa che eventualmente lo distruggerà e non se ne rende neanche conto. Montale, allora, tende ad isolarsi,
manifesta la sua solitudine e si libra in alto rispetto gli altri; in “La bufera ed altro” userà un livello più alto e uno stile
più complicato. Il correlativo oggettivo diventerà qualcosa di astruso per chi non è abituato a letture di quel genere,
ma questo sarà il modo per lui di continuare ad esprimere ciò che prova. Come Leopardi, non riuscirà ad allontanarsi
per troppo tempo, e cercherà di ritrovare la speranza nella condivisione del suo pensiero.
In questa raccolta compaiono esplicitamente due figure femminili tramite la metafora: Irma Brandeis, donna
studiosa di Dante con cui aveva avuta una relazione e con cui aveva poi mantenuto un rapporto intellettuale, e che
era dovuta fuggire in America dopo la promulgazione delle leggi contro gli ebrei con mille promesse di
ricongiungimento con il poeta che non sono state mantenute. Viene paragonata a Clizia, donna che si era
innamorata del dio Sole, che però non la ricambiava perché innamorato di un’altra ninfa. Clizia decide di fare in
modo che la ninfa morisse, ma Apollo non si rivolge a lei, e la donna si era accasciata e trasformata in un girasole,
che si sarebbe girato per sempre a guardare colui che aveva suscitato il suo amore, quindi il Sole.
Clizia (Irma Brandeis) si era dimostrata più determinata a proseguire la relazione, e quello che un po’ vigliaccamente
si era allontanato era Montale. Clizia, come figura poetica e angelicata, sarà presente in questa raccolta e verrà
citata in modo esplicito ne “La primavera hitleriana”.
L’altra donna ha come correlativo oggettivo un animale, la volpe, ed è Maria Luisa Spaziani; sarà per lui una fonte di
ispirazione molto potente ma in modo attivo e concreto, spingendolo ad agire dopo che la moglie si ammalerà e
morirà. In questa raccolte le due figure sono una l’antitesi dell'altra, ma entrambe saranno come le varie
sfaccettature della donna come forza necessaria all’uomo per gestire il proprio sentimento. Questo era stato detto
anche da Saba, che troverà nella moglie e la figlia la possibilità di uscire dalle repentine crisi nervose che gli
si presenteranno nel corso della vita; la donna è il bastone su cui far pressione per sostenersi.
Montale dedicherà alla moglie “Ho sceso dandoti il braccio almeno un milione di scale”, e avrà bisogno del suo
sostegno per uscire da quel guscio che altrimenti l’avrebbe rinchiuso e distrutto. Anche Svevo, ne “La coscienza di
Zeno”, esprime un concetto simile. Queste donne rappresentano il filo conduttore delle liriche, e MOntale utilizzerà
queste figure per esprimere se stesso.

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