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627-664

UNITÀ 14
EUGENIO MONTALE

Eugenio Montale nasce a Genova nel 1896. Fa parte di una famiglia borghese numerosa: è il sesto
figlio di Giuseppina Ricci e Domenico (titolare di una piccola ditta commerciale).
Nel 1915 si diploma in ragioneria. Prende anche lezioni di canto ed è un amante della musica.
Partecipa alla prima guerra mondiale come sottotenente e ha dei rapporti di amicizia con poeti
liguri (come ad esempio Camillo Sbarbaro). Montale tra il 1922 e il 1923 frequenta nella villa di
Monterosso Anna degli Uberti [la donna che chiamerà nelle sue poesie con il nome di Annetta-
Arletta].
Nel 1922 esordisce come poeta sulla rivista “Primo tempo”, di Giacomo DeBenedetti. Entra anche
in rapporto con l’ambiente intellettuale torinese e pubblica sul primo numero del “Baretti” il saggio
Stile e tradizione (un testo programmatico della sua poesia).
Pubblica Omaggio a Italo Svevo e ne segnala il suo valore letterario.
Nel 1925 esce la sua prima raccolta Ossi di seppia e nello stesso anno firma il Manifesto degli
intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce. Collabora con varie riviste (tra cui “Solaria”)
e nel 1927 si trasferisce a Firenze per lavorare come redattore presso la casa editrice Bemporad.
Nel 1929 dirige il Gabinetto letterario Viensseux (un’istituzione che ha l’obiettivo di promuovere
la cultura e lo scambio di idee) fino al 1938.
Nel 1933 incontra Irma Brandeis, una giovane studiosa americana però di origine ebrea. Irma
Brandeis viene chiamata da Montale – nelle sue poesie – con il nome di Clizia e anche lei come
altre donne ritorna nelle varie raccolte.
Nel 1939 pubblica la sua seconda raccolta le Le occasioni e comincia a vivere con Drusilla Tanzi
che diventa sua moglie nel 1962 [la chiamerà affettuosamente ‘Mosca’ perché era solita indossare
degli occhiali molto spessi].
Nel 1943 grazie a Gianfranco Contini escono le poesie di Finisterre che poi confluiranno nella
raccolta La bufera e altro del 1956.
Montale ospita nella sua casa Umberto Saba e Carlo Levi (perseguitati per motivi razziali) e si
iscrisse al Partito d’Azione.
Nel 1948 a Milano ha un altro incarico: diventa
redattore presso il Corriere della sera. Un anno dopo
conosce la scrittrice Maria Luisa Spaziani durante
una sua conferenza. La scrittrice diventa un’amica
speciale e la soprannomina ‘Volpe’ mentre lui si fa
chiamare Orso.
Nel 1954 diventa anche critico musicale per il
“Corriere d’informazione”. Nel 1956 esce la raccolta
La Farfalla di Dinard.
Montale è nominato senatore a vita ma vincerà anche
un altro premio molto importante
Nel 1971 pubblica Satura e il volume comprende
anche gli Xenia che sono dei doni dedicati alla
moglie che è venuta a mancare.
Nel 1975 Montale riceva il premio Nobel per la
letteratura con un bellissimo discorso “E’ ancora possibile la poesia?”
Muore nel 1981 a Milano.
OSSI DI SEPPIA

Ossi di Seppia è la prima raccolta di Eugenio Montale datata 1925. La prima edizione è per Piero
Gobetti: un editore, intellettuale, liberale e antifascista.
Nel 1928 esce la seconda edizione torinese – presso l’editore torinese Ribet - con l’aggiunta di
alcuni nuovi testi.
Ossi di Seppia è divisa in 4 sezioni:

MOVIMENTI
OSSI DI SEPPIA MERIGGI E OMBRE

MEDITERRANEO
22 Componimenti brevi
Testi più difficili

Liriche giovanili influenzate da Sorta di ampio


D’Annunzio poemetto composto
da 9 liriche

Quali sono le influenze di Montale:


 Il pessimismo di Schopenhauer;
 La poesia di D’Annunzio;
 La lezione di Pascoli
 L’esperienza crepuscolare di Gozzano;
 Govoni e i poeti legati alla rivista “La Voce” (come Sbarbaro).

Cosa sono gli ‘Ossi seppia’?


Sono i residui calcarei dei molluschi che il mare deposita sulla riva. Alludono a una condizione
vitale impoverita e prosciugata. Gli ossi sottolineano la condizione dell’uomo che deve ripiegare
sui detriti che la vita lascia dietro di sé.
La dimensione metafisica del paesaggio ligure

È un paesaggio arido, disseccato dall’aria salmastra e da un sole


TEMI implacabile – che non è simbolo di energia vitale – che rappresenta
una forza crudele che prosciuga e inaridisce ogni forma di vita.

Il muro - Lo “scalcinato muro”

L’uomo non può andare al di là del muro per raggiungere la pienezza


vitale e la verità o stabilire un rapporto più profondo con la realtà che
lo circonda e dare in questo modo significato all’esistenza.

L’eterno ritorno del tempo e immoto andare dell’uomo

Si tratta di una vera e propria prigionia entro i confini della realtà materiale
che si manifesta nell’eterno ritornare del tempo su se stesso, nel ripetersi
monotono di gesti e azioni senza alcun mutamento. L’uomo si illude di
muoversi e andare in qualche direzione, ma in realtà il suo è un “immoto
andare”.

Frantumazione dell’anima e condizione di disarmonia e


rimpianto dell’infanzia felice

A causa di questa condizione di aridità e prigionia l’anima dell’uomo non


ha più una consistenza unitaria, coerente: si frantuma e assistiamo alla
perdita dell’identità individuale. L’individuo è in disarmonia con il mondo
esterno: non vi può essere salvezza neppure nella memoria, un’immagine
offuscata. Resta solo una sensazione di inquietudine, che fa sì che tutto sia
indifferente.

Il poeta si protende cercando un VARCO (=una sorta di miracolo) che gli consenta di uscire dalla
prigionia. Ma questo varco non si apre. Gli Ossi si chiudono con auspicio: che un giorno l’anima
“possa rifiorire nel sole che investe riviere”.

LA POETICA DI MONTALE
Montale mostra una sfiducia nella parola poetica come formula magica capace di arrivare
all’essenza profonda della realtà. La poesia non è in grado di proporre messaggi positivi, certezze
di qualunque tipo: può solo offrire ormai definizioni in negativo di un modo di porsi davanti alla
realtà.
Ne consegue un rifiuto della musicalità del verso: Montale non ricorre al linguaggio analogico.
Quella di Ossi di Seppia è una poetica degli oggetti: questi compaiono nella poesia come
equivalenti concreti di concetti astratti.
Le soluzioni stilistiche di Montale consistono in dei ritmi anti musicali, un lessico aulico e
prezioso, la reintroduzione dell’endecasillabo e la ripresa della tradizione metrica.

ANALISI POESIE

Il Manifesto poetico di Montale è rappresentato dalla poesia “LIMONI” in cui si rivolge a un


interlocutore anonimo. La prima strofa è costruita sul paragone tra i “poeti” (come Montale) e i
“poeti laureati” (come Petrarca e D’Annunzio). Montale si vuole differenziare da questo tipo di
poeti e poesia perché vuole narrare le cose semplici e comuni, come gli alberi dei limoni – che
caratterizzano il paesaggio ligure.

NON CHIEDERCI LA PAROLA pp.639

Un’altra lirica di Montale molto importante è NON CHIEDERCI LA PAROLA in cui esprime la
sua crisi spirituale - e quella di altri intellettuali - a causa del regime fascista che aveva contaminato
la cultura. Il poeta non ha nessun motivo positivo e parola positiva da comunicare ma può solo
constatare aspetti negativi della storia e della condizione umana.

METRO: Tre quartine di versi Non chiederci la parola che squadri da ogni lato Metafora
liberi, rimati secondo lo schema l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
ABBA CDDC EFEF. lo dichiari e risplenda come un croco
Perduto in mezzo a un polveroso prato. Similitudine

TEMI: un paesaggio di aridità e (= come un fiore)


Ah l'uomo che se ne va sicuro,
di solitudine – il vuoto dei valori agli altri ed a se stesso amico,
e la mancanza di certezze -
l'errore di chi presume di aver
e l'ombra sua non cura che la canicola
capito tutto e di essere padrone stampa sopra uno scalcinato muro!
della propria vita – il ruolo della
poesia: testimoniare la crisi. Non domandarci la formula che mondi possa aprirti
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo
Anafora: ripetizione di una parola
all’inizio del verso o versi successivi.

Non….Non
In questa lirica, Montale riflette sul ruolo del poeta, rifiutando il ruolo di guida della società. Egli,
infatti, è un uomo come gli altri, che può osservare il mondo, senza la pretesa di dare risposte che
diano una spiegazione definitiva. Si comprende bene che cosa significhi “poetica del negativo”: le
uniche certezze che ha il poeta riguardano ciò che egli non è, come viene ripetuto costantemente
in questa lirica. L’altro aspetto fondamentale della poetica montaliana sono gli oggetti: essi
“riempiono” le poesie, portando con sé un significato nuovo, su cui occorre riflettere.

MERIGGIARE PALLIDO E ASSORTO pp.637

Il male di vivere è un motivo montaliano che emerge nella poesia MERIGGIARE PALLIDO E
ASSORTO dove troviamo la descrizione di un paesaggio arido e immobile immerso nella luce di
un pomeriggio estivo che intorbidisce le membra e la mente dell’uomo. Le forme di vita sono le
piccole creature della natura (serpi, cicale, formiche, ecc.). Si intravede in lontananza il tremolio
delle onde del mare (una speranza nella desolazione). Il poeta aspira, dunque, ad intuire il senso
universale delle cose: la muraglia oltre la quale può esistere qualcosa che dia senso all’esistenza. Il
poeta ricerca un possibile varco verso la felicità Tuttavia è come se fosse cinto da una
muraglia invalicabile, dai cocci aguzzi.
Oltre al male di vivere emerge l’impossibilità di conoscere la verità dell’esistenza perché siamo
imprigionati Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
METRO: Quattro strofe di versi ascoltare tra i pruni e gli sterpi Onomatopea
liberi: tre quartine e una strofa schiocchi di merli, frusci di serpi.
di cinque versi comprendenti
endecasillabi, decasillabi e Nelle crepe del suolo o su la veccia
novenari. Lo schema delle rime spiar le file di rosse formiche
è: AABB CDCD EEFF GHIGH
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche

Osservare tra frondi il palpitare


lontano di scaglie di mare Sinestesia
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbaglia Ossimoro


sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio Metafora
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia
Il poeta trascorre le ore più calde di un pomeriggio estivo osservando gli elementi più minuti della
natura circostante. Il paesaggio ligure, assolato e riarso dal sole, diventa in questa lirica espressione
della sofferenza e del male di vivere che accomuna tutte le creature. Passeggiando, il poeta constata,
con triste stupore, che vivere è come camminare da soli costeggiando un muro invalicabile,
sfiorando il vero senso dell’esistenza senza però mai comprenderlo appieno. Il suo punto di
vista sembra quindi sfumare in uno sguardo più ampio, che riguarda tutti gli uomini.

Il male di vivere nella poesia SPESSO IL MALE DI VIVERE HO INCONTRATO emerge in 3


immagini di vita interrotta:
1. Il ruscello ostacolato nel suo corso;
2. La foglia accartocciata
3. Il cavallo sfinito fatiche
In questa poesia però emergono anche i simboli del bene che sono:
 Una statua nell’ora del meriggio;
 Una nuvola sospesa nel cielo azzurro;
 Un falco in volo in uno spazio lontano e infinito.
Parola chiave del bene si contrappone a una scelta del
poeta che vive invece nell’indifferenza, poiché permette
di guardare al male e alla vita con distacco.
L’indifferenza è l’immagine poetica della ricerca del varco

Le OCCASIONI
Le Occasioni sono la seconda raccolta poetica di Montale del 1939.
La poetica degli oggetti ritorna e viene portata a conseguenze estreme. Ogni commento scompare
e resta solo l’oggetto con la sua carica di significati che però sono difficili da decifrare. Su queste
soluzioni agisce l’influenza di Eliot e della sua poetica del correlativo oggettivo: sensazioni e
emozioni sono rappresentati attraverso oggetti che suscitano in noi quello che prova il poeta.

Nella ristampa del 1949 Montale inserisce una DEDICA a I.B (IB= Irma Brandeis). La donna
americana che conosce a Firenze non viene mai nominata con il suo nome ma attraverso dei giochi
di parole o con il nome CLIZIA. Clizia è la ninfa innamorata del dio Apollo che però preda della
gelosia uccide rivale e viene trasformata da
Zeus in un girasole. Particolarità di Clizia -
trasformata in girasole - è che non potesse
muoversi, ma Clizia ancora innamorata di
Apollo segue movimento del sole e quindi di
Apollo stesso

L’edizione definitiva del 1960 è divisa in 4 sezioni:


I. Liriche descrittive con impressioni e ricordi di viaggi e sono presenti figure femminili sullo
sfondo storico dell’antisemitismo. Sono delle creature travolte dal dolore che riescono a
resistere grazie a degli amuleti che le proteggono.
II. Abbiamo dei “mottetti”: componimenti brevi dedicati al tema dell’amore e della donna
fisicamente assente (Clizia). Le apparizioni di Clizia hanno un valore salvifico;
III. Costituita dal poemetto “Tempi di Bellosguardo” incentrato sulle barbarie della storia e sulla
guerra che incombe;
IV. Ripropone il paesaggio ligure di Ossi di seppia e la figura di Annette.

LA BUFERA E ALTRO

La raccolta la Bufera e altro viene pubblicata nel 1956. Questa raccolta si differenzia dalle due
raccolte tanto che si parla quasi di un “terzo Montale”: è mutato il contesto storico e biografico da
cui il libro nasce. Le speranze della Liberazione ormai vengono meno ed è venuta alla luce una
società sempre più massificata. Si sono anche imposte la Democrazia cristiana e il Partito
comunista.
Montale, inoltre, in questo periodo vive delle esperienze che lo scuotono:
 La morte della madre;
 La lontananza di Irma Brandeis;
Ma nel frattempo inizia anche la collaborazione con il Corriere della Sera.
Da Clizia si passa a VOLPE: Maria Luisa Spaziani è una nuova figura femminile indicata con il
soprannome di “Volpe” e rappresenta una sorta di ‘anti donna-angelo’. Non è più una creatura
salvifica ma una donna erotica e sensuale. Si profila anche la figura della moglie (Mosca)
La raccolta si compone di 6 sezioni.

L’ultimo Montale vede alcuni temi:


 Xenia;
 La polemica verso la società
 Ironia e sarcasmo;
 Rassegnazione e disincanto;
 La moglie.
Dopo la Bufera Montale non scrive più versi e riprende nel 1966 con gli Xenia (brevi
componimenti che accompagnano i doni). Confluirà poi nel 1971 nella raccolta SATURA.
Uno dei componimento più famosi di questa raccolta è:

HO SCESO DANTOTI IL BRACCIO


ALMENO UN MILIONE DI SCALE pp.662

L’immagine principale della poesia è quella del poeta che aiuta la donna a scendere le
scale offrendole il braccio, un gesto delicato e cavalleresco che evoca profondo amore e rispetto.
Montale ricorda con nostalgia l’abitudine di scendere dando il braccio a sua moglie, una metafora
delle “scale della vita” (le vicissitudini, le difficoltà) che era solito condividere quotidianamente
con lei. Rimasto solo, sente la mancanza di questo gesto di affetto che li aveva sempre uniti.
Il poeta descrive con grande tenerezza la figura della moglie, della quale ricorda il buon senso, la
saggezza ed anche una miopia piuttosto accentuata che non le permetteva di vedere bene.
Nonostante tale difetto agli occhi, Mosca (questo il soprannome datole dal marito) faceva da guida
a lui, e le sue pupille riuscivano a guardare oltre le apparenze, cogliendo il senso profondo di ogni
cosa. La vita insieme a sua moglie, seppure lunga e felice, ora che lei non c’è più sembra che non
sia durata abbastanza. Montale soffre la solitudine, è affranto per la mancanza della moglie e nei
versi sottolinea la sua stanchezza esistenziale.
Attraverso la metafora del viaggio, si riesce a cogliere la concezione montaliana dell’esistenza:
la realtà non è fatta di coincidenze di treni, prenotazioni di alberghi e viaggi (che simboleggiano
gli impegni e la casualità): la vita va aldilà delle trappole e delle continue delusioni, è piuttosto un
mistero insondabile per l’uomo.

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