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LA VITA (1896-1981)

Nasce a Genova nel 1896.


Trascorre l'infanzia e la giovinezza tra Genova e Monterosso.
Studia canto e ottiene il diploma di ragioniere.
Nel 1917 parte per il fronte come volontario e rientra a Genova nel 1919.
Entra in contatto con gli intellettuali che si riuniscono intorno a Gobetti
(politico e giornalista antifascista) e pubblica alcune poesie sulla rivista
Primo Tempo.
Nel 1925 pubblica Ossi di seppia, un articolo intitolato Omaggio a Svevo
(è il primo a scoprirne la grande novità) e firma il Manifesto degli
intellettuali antifascisti di Benedetto Croce.
Nel 1927 si trasferisce a Firenze dove lavora per la Casa Editrice
Bemporad.
Nel 1928 esce la seconda edizione di Ossi di seppia e Montale viene nominato
direttore del Gabinetto Viesseux.
Inizia la collaborazione con la rivista Solaria, conosce Vittorini, Gadda,
Contini e molti altri letterati.
A Firenze conoscerà le donne muse ispiratrici della sua opera; Anna degli
Uberti, Irma Brandeis e Drusilla Tanzi; quest'ultima diventerà sua moglie.
Nel 1932 pubblica la raccolta La casa dei doganieri e altre poesie (poi
inserita nella successiva raccolta Le Occasioni).
Nel 1939 pubblica Le Occasioni e collabora con riviste dell'ermetismo
fiorentino.
Tra il 1943 e il '45 pubblica la raccolta Finisterre (poi inserita nella raccolta
La bufera e altro) entra nel Comitato di Liberazione Nazionale e per
qualche tempo nel Partito d'Azione.
Nel 1946 comincia la collaborazione con Il Corriere della Sera, soprattutto
come inviato speciale all'estero.
Del 1956 è il volume La bufera e altro.
Nel 1961 riceve la laurea honoris causa all'Università di Milano.
Nel 1967 viene nominato senatore a vita.
Dal 1971 pubblica Satura e Diario del '71 e del '72.
Nel 1975 gli viene conferito il Premio Nobel per la Letteratura.
Muore a Milano nel 1981.

IL PENSIERO E LA POETICA

I problemi che M. si trova ad affrontare durante la sua vita orientata


all'esercizio del mestiere di intellettuale sono:
-il rapporto con il fascismo: egli sceglierà un antifascismo non violento
rifuggendo ogni etichetta politica. Questo non significherà per lui né
assenza, né estraneità, ma piuttosto scelta morale, rifiuto di ogni
strumentalizzazione del ruolo dell'intellettuale;
-la posizione da assumere nei confronti dell'ideologia di sinistra (dopo
la Seconda Guerra Mondiale);
-la definizione dell'area della propria attività nei confronti dei suoi
fruitori.
Montale è stato definito il poeta della disperazione perché, chiuso in un
freddo e insensibile dolore, proietta il suo male di vivere sul mondo
circostante, dando quasi origine a un dolore che non è soltanto umano,
ma cosmico e universale.

I suoi paesaggi, che appartengono per lo più alla Liguria, sono nudi, aridi,
desertici, sempre bruciati da un sole implacabile, o ricoperti soltanto
da nude pietraie, e sono descritti attraverso una sintassi rigorosa e
persuasiva che si libera a volte in improvvise folgorazioni.
La concezione della vita e della poesia in Montale parte dall'esigenza di
essenzialità e povertà d'espressione e ciò lo porta a una spoliazione
del linguaggio per raggiungere l'essenza della parola.

La povertà diventa negatività, ossia il poeta può solo negare e dire "ciò
che non siamo e ciò che non vogliamo".
In Montale c'è un rapporto inscindibile tra la meditazione sulla vita e la
ricerca stilistica di levigatezza e nudità.

Per lui la vita è una terra desolata in cui uomini, oggetti e la stessa
natura sono scabre e nude presenze senza significato.
Il vivere è una discesa precipitosa verso il Nulla.

Montale è comunque alla ricerca di un varco da cui fuggire per potersi


salvare.
La sua è una negatività che, anche se vanamente, ricerca sempre la
positività.
Infatti nella negazione totale si offre una speranza di salvezza, una
grazia riservata a chi saprà fuggire da se stesso, dalla propria
chiusura, tramite il tema del ricordo che affiora continuamente e che
diventa la creazione dell'anima quando scopre che anche la storia è un
male di vivere.
Il solo valore positivo è l'accettazione virile dell'esistenza per quello
che è, senza mai rinnegare le proprie convinzioni pessimistiche su di
essa.

La poesia per M. è il manifesto della non conoscenza, poesia


dell'ignorare, che sceglie gli aspetti della realtà (la natura e gli oggetti)
come correlativo oggettivo (immagine emblematica) dell'avventura di
vivere e della sua concezione della vita.
La poetica dell’oggetto emblematico, elaborata da Montale, ha molti punti di contatto con quella del
“correlativo oggettivo” di Eliot (poeta, saggista e drammaturgo statunitense, più o meno contemporaneo
a Montale), che ne applicò i principi nei Poems, usciti a Londra nel 1925, lo stesso anno degli Ossi di
seppia montaliani. Fu l’illustre anglista Mario Praz a divulgare l’opera eliotiana in Italia, attraverso la
rivista «Solaria», cui collaborava anche Eugenio Montale. La teoria del “correlativo oggettivo” era stata
definita da Eliot nel 1919 in un suo articolo (Hamlet and his problems): «L’unica via per dare espressione
artistica all’emozione è di trovare un correlativo oggettivo: in altre parole un insieme di oggetti, una
situazione, una catena di avvenimenti che sarà la formula di quella particolare emozione: dati i fatti
esterni, che debbono avere per termine l’esperienza dei sensi, l’emozione sarà immediatamente
evocata». Gli oggetti rappresentati sono cioè «tra loro legati e correlati a specifiche emozioni in cui si
risolve il significato più profondo della poesia: questo significato si dà attraverso la densità fisica degli
oggetti, l’intensità con cui essi si impongono alla mente del lettore» (Ferroni). Montale, entusiasta
dell’analisi di Eliot, tradusse in poco tempo il Mercoledì delle ceneri di Eliot, il quale ricambiò, pubblicando
nel 1928 sulla sua rivista «Criterion» Arsenio, una lirica di Ossi di seppia. Le analogie tra i due poeti sono
evidenti soprattutto nella visione del mondo, che appare ai loro occhi inaridito, spiritualmente sterile,
mentre negli oggetti emblematici di Montale si intravede il tentativo di esorcizzare lo scorrere del tempo,
di riprodurre i «barlumi» del passato e di fissare le emozioni in un’«eternità d’istante»
Il lessico usato da M. è di una precisione naturalistica, con presenze
dialettali, gergali o tecniche, e non ambizioni di tono alto; il discorso appare
quasi prosaico, ma in realtà è raffinato e ricco di figure sintattiche.
La sua poesia raggiunge la musicalità in modo personale con un fitto uso di
rime con una fusione tra versi regolari e misure libere.

LE OPERE

Ossi di seppia (1925)

La raccolta comprende testi elaborati tra il 1920 e il 1925 (con la sola


eccezione di “Meriggiare pallido e assorto”, che risale al 1916), in parte
già apparsi in rivista.
La raccolta è divisa in quattro sezioni intitolate:
1)Movimenti
2)Ossi di seppia
3)Mediterraneo
4)Meriggi e Ombre

La poesia degli Ossi è una poesia antieloquente e in negativo: non ha


nessuna verità o certezza da rivelare, ma si limita a registrare la
profonda angoscia del poeta, la sua “disarmonia” con il mondo, il suo
“male di vivere”, che trova espressione in celebri metafore, quali
camminare lungo un muro ”che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia”,
essere imprigionati in una rete, essere legati da una catena.

In questa raccolta si intravede ancora una possibilità di salvezza. Ma è


una possibilità suggerita, vaga e spesso anche sentita come vana.

Montale non vuole e non può darci la formula risolutiva; nessuna


certezza positiva, ma solo “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”.

Gli ossi di seppia che danno il titolo alla raccolta, e cioè le conchiglie di
certi molluschi, presenze inaridite e ridotte al minimo, appaiono
emblematici di questa poetica dello “scabro ed essenziale”.

I motivi che attraversano la raccolta sono:


-il paesaggio: vi domina quello ligure, arido, disseccato e roccioso, che
vuole rappresentare simbolicamente la condizione umana;
-l’amore,
-l’evasione, la fuga.

Il linguaggio poetico è preciso ed esatto.


Ogni oggetto poetico è designato dalla parola con assoluta precisione, e
ha un solo significato.

Essenziale e non ridondante è il lessico, e a tal fine Montale ricorre sia a


termini tecnici che dialettali, che aulici.
La caratteristica preminente della lingua degli Ossi è la ricchezza lessicale:
sono molti i vocaboli con un numero di occorrenze basso, talora veri e
propri Hapax (cioè vocaboli che si presentano nell’opera una sola volta).

Per quel che riguarda la metrica montaliana: fondamentale è stato il


contributo di D’Annunzio, soprattutto per l’uso dei versi sdruccioli (versi che
terminano con una parola sdrucciola, cioè con accento tonico sulla terzultima
sillaba), la rima ipermetra, l’assonanza.
La metrica degli Ossi non è una metrica rivoluzionaria.
I metri tradizionali sono frequenti: settenari, novenari, endecasillabi.
Oltre che della lezione dannunziana, gli Ossi risentono anche di altri modelli:
-il Dante della Commedia e quello delle rime petrose.
-Pascoli, dal quale Montale eredita non pochi usi a livello metrico e
lessicale: motivi quali la presenza dei morti e l’ostilità della natura.
-i simbolisti francesi, soprattutto Verlaine.

Le Occasioni (1939)

Permane il motivo fondamentale della “disarmonia” e del dolore


esistenziale, ma cambiano alcuni elementi:

1)Il paesaggio non è più solo ligure ma anche toscano (il poeta si è
trasferito nel frattempo a Firenze).
2)Se negli Ossi il poeta dialogava solo con il mare (tema principale
della prima raccolta) o con un generico Tu, ora cerca interlocutori
reali, concreti (ma per lo più fisicamente assenti); l’interlocutrice
prediletta è una figura femminile.
3)Gli Ossi esprimono la consapevolezza del “male di vivere”, mentre nelle
Occasioni domina la ricerca di ciò che può costituire un’eccezione alla
negatività, all’assurdo del reale: la ricerca insomma del “fantasma che
ti salva”, che è qui un “fantasma” femminile, quello di Clizia (nome
sotto cui si cela Irma Brandeis).

La valenza simbolica degli oggetti si accentua e si assolutizza.

La raccolta è caratterizzata da un profondo ermetismo, a volte di difficile


comprensione.

Altro tema centrale è quello del tempo e della memoria.


Le occasioni che il poeta ha incontrato durante la sua vita e che
recupera attraverso la memoria non offrono ancore di salvezza ma si
dissolvono inesorabilmente sotto i colpi di forbice del tempo.
La bufera e altro (1956)

Raccolta di poesie scritte tra il 1940 e il 1954.


La situazione storica, esterna, che fa da sfondo alla nuova produzione
poetica si è fatta intanto, e si va facendo, sempre più cupa: il regime
dittatoriale si è inasprito e all’orizzonte si prepara la guerra.
A differenza degli Ossi e delle Occasioni, La bufera e altro appare una
raccolta non unitaria ma varia per tempi di composizione, temi e
intonazione poetica.

Il nucleo più unitario è il primo, quello di Finisterre: sono quindici poesie


fortemente influenzate dalla congiuntura bellica.
Per la prima volta la storia entra con tragica violenza nella poesia
montaliana: la seconda guerra mondiale diventa cupo sottofondo delle
liriche di Finisterre.

La guerra non provoca una nuova visione della realtà da parte del poeta, ma
semplicemente conferma e accentua il rapporto critico e disarmonico
con la realtà, concepita come “assurda, irrazionale e ininterpretabile”.

Il tema dei morti, di parziale ascendenza pascoliana, ha grande spazio nella


raccolta.

L’attenzione poetica di Montale rimane però fortemente incentrata sulla


condizione umana, più che sugli eventi storici.
L’ispiratrice delle poesie di Finisterre è ancora Clizia, che riprende e
accentua la sua connotazione metafisica orientata in senso religioso (si è
detta ”Cristofora”, “portatrice di Cristo”, cioè colei che si fa mediatrice tra
terra e cielo).

Nelle poesie scritte nel dopoguerra compare un’altra figura femminile,


assai diversa, che Montale stesso definisce ”molto terrestre” e immanente:
è la Volpe, nella quale dobbiamo identificare la poetessa Maria Luisa
Spaziani (con la quale Montale ebbe una relazione).
In lei non è più riconoscibile alcuna salvezza, è piuttosto una sorta di
“antibeatrice”.

In conclusione Montale dichiara la sua scelta laica contro il duplice


clericalismo marxista e cattolico.

Satura (1971)

Gli anni sessanta e settanta, costituiscono lo sfondo della seconda


stagione poetica montaliana.
Dopo la seconda guerra mondiale e i primi difficili tempi della ricostruzione, lo
sviluppo capitalistico e il progresso tecnologico danno vita a una società
di massa a cui Montale guarda con un distacco aristocratico e nostalgico.
In questa crisi ideologica, il poeta, nel rimpianto dei vecchi valori che
appaiono ormai irrimediabilmente perduti, rivolge alla sottocultura
dominante uno sguardo scettico.
Il mondo che incontriamo in Satura, è ormai ridotto a detriti, a scorie, e il
negativo è ancor più forte in quanto ormai dilagante.

Il titolo Satura, per ammissione dello stesso Montale, ha più significati:


-allude alla vena satirica che percorre la raccolta;
-e allude pure al sintagma latino satura lanx, che stava a indicare prima
“un piatto pieno di cibi diversi” e poi anche un genere letterario
caratterizzato dalla varietà di metri e di temi.

Delle quattro sezioni che comprendono la raccolta (Xenia I, Xenia II,


Satura I, Satura II), le prime due costituiscono un piccolo canzoniere
scritto in occasione della morte della moglie.
Il poeta rende omaggio alla moglie: compagna affezionata e discreta,
rimasta finora quasi completamente assente. Xenia è termine latino che
indica i doni fatti a un ospite nel momento in cui lascia la casa che lo ha
ospitato.
In questa nuova stagione poetica il linguaggio di Montale si trasforma, lo
stile viene rovesciato: il lessico tende al basso, al prosastico.
Lo stile è quello della conversazione quotidiana, è antilirico.
La metrica è tradizionale, raffinata, sorvegliatissima, con una predilezione
per le forme estreme; i versi tendono a essere o molto brevi o superiori
all’endecasillabo.

Diario del '71 e del '72, Quaderno di quattro anni, Altri versi.

In queste opere, scritte tra il 1971 e il 1981, predomina la meditazione sul


tempo agente ostile per eccellenza dell'ultimo Montale.
Dio è assente, è Altro e non sono più possibili mediazioni da parte della
donna-angelo. Dio non è però il Nulla e tra esso e il mondo c'è una
frattura irreparabile che nemmeno la morte può rinsaldare.
In questa condizione disperata è angosciante Montale ricorre a un meccanismo
difensivo: fa riemergere dal passato oggetti, occasioni, presenze, con cui
ristabilire un contatto.

Montale scrisse anche pagine di prosa, saggistica e narrativa, brevi


racconti.

Notevole fu l'attività di Montale come traduttore (autori americani).

Molto ricca la sua produzione critica e saggistica: ha scoperto Svevo e


scritto pagine importanti su poeti e prosatori sia italiani che stranieri.

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